SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
11 luglio 1997(1)
[234s«Modifica del regime dell'olio d'oliva Mancanza di periodo transitorio
Ricorso per risarcimento danni»[s
Nella causa T-267/94,
Oleifici Italiani SpA, società di diritto italiano, con sede in Ostuni, con gli avv.ti
Piero A.M. Ferrari e Massimo Merola, del foro di Roma, e Antonio Tizzano, del
foro di Napoli, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Alain
Lorang, 51, rue Albert Ier,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Eugenio de March,
consigliere giuridico, in qualità di agente, assistito dall'avv. Alberto Dal Ferro, del
foro di Vicenza, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez
de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
convenuta,
avente ad oggetto un ricorso diretto al risarcimento del danno assertivamente
subito dalla ricorrente a causa dell'omessa previsione di un regime transitorio nel
regolamento (CEE) della Commissione 26 maggio 1992, n. 1429, che modifica il
regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli
oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi attinenti (GU L 150, pag. 17),
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),
composto dai signori R. García-Valdecasas, presidente, J. Azizi e M. Jaeger, giudici,
cancelliere: A. Mair, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 4
febbraio 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
- Con il regolamento 22 settembre 1966, n. 136/66/CEE, più volte modificato, il
Consiglio ha istituito un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi
(GU 1966, n. 172, pag. 3025; in prosieguo: il «regolamento n. 136/66»). L'art.
35 bis, in esso inserito con il regolamento (CEE) del Consiglio 2 luglio 1987,
n. 1915 (GU L 183, pag. 7; in prosieguo: il «regolamento n. 1915/87»), dispone che
i prodotti contemplati dall'art. 1, tra cui sono annoverati gli oli, possono essere
commercializzati nella Comunità solo se conformi a talune condizioni.
- Il regolamento (CEE) della Commissione 11 luglio 1991, n. 2568, relativo alle
caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi
attinenti (GU L 248, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 2568/91»), definisce,
nell'art. 1, n. 2, le caratteristiche che deve possedere l'olio d'oliva vergine lampante.
Tale regolamento esclude espressamente dal suo ambito d'applicazione gli oli
d'oliva condizionati prima della sua entrata in vigore, cioè il 6 settembre 1991, e
messi in commercio fino al 31 ottobre 1992.
- Il regolamento controverso è il regolamento (CEE) della Commissione 26 maggio
1992, n. 1429, che modifica il regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle
caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi
attinenti (GU L 150, pag. 17; in prosieguo: il «regolamento n. 1429/92»), entrato
in vigore il 5 giugno 1992. Con tale atto, la Commissione ha modificato gli allegati
del regolamento n. 2568/91 che definiscono le caratteristiche che devono presentare
i diversi oli d'oliva, in particolare il tenore massimo di isomeri-trans. Fino
dall'entrata in vigore del regolamento n. 1429/92, gli oli il cui tenore di isomeri-trans eccedeva tale massimale non hanno più potuto essere commercializzati nella
Comunità. Tuttavia, «per non recare pregiudizio al commercio», la Commissione
ha previsto la possibilità di smaltire durante un periodo limitato olio d'oliva
condizionato prima dell'entrata in vigore di tale regolamento (secondo
'considerando del regolamento n. 1429/92). E' il motivo per cui essa ha escluso
dall'ambito d'applicazione del suddetto regolamento gli oli d'oliva condizionati
anteriormente alla sua entrata in vigore, ossia il 5 giugno 1992, e commercializzati
fino al 31 ottobre 1992 (art. 2, secondo comma, del regolamento n. 1429/92).
Fatti all'origine della causa e procedimento
- Nel luglio 1991 la ricorrente importava 6 500 tonnellate di olio d'oliva vergine
lampante dalla Tunisia. Al fine di fruire del regime di perfezionamento attivo, essa,
a partire dal 29 ottobre 1991, immetteva tale olio in regime di importazione
temporanea, in più lotti, per raffinarlo. Trovandosi nell'impossibilità di vendere il
prodotto a breve termine, essa collocava, a partire dal 1° aprile 1992, un
determinato quantitativo di olio d'oliva raffinato sfuso in deposito doganale. 920
tonnellate venivano poi riesportate in paesi terzi.
- A partire dall'entrata in vigore del regolamento n. 1429/92, l'olio giacente in
deposito doganale non poteva più essere commercializzato in quanto tale nel
mercato comunitario, giacché non soddisfaceva più i criteri istituiti con il
regolamento n. 1429/92.
- Con lettera 21 dicembre 1993, la ricorrente chiedeva alla convenuta di adottare nei
suoi confronti una decisione che disponesse il risarcimento del danno che il
regolamento n. 1429/92 le avrebbe causato. Essa le annunciava pure il suo intento
di proporre ricorso per carenza nel caso in cui non si potesse trovare alcuna
soluzione.
- Successivamente la convenuta elaborava e comunicava alla ricorrente un progetto
di regolamento diretto a modificare, con effetto retroattivo, il regolamento
n. 1429/92 per renderlo inapplicabile ai quantitativi di olio d'oliva che si trovassero
in regime doganale sospensivo, purché tale regime venisse «appurato» prima del
31 dicembre 1994.
- Con lettera 20 gennaio 1994, la ricorrente informava la convenuta che non avrebbe
proposto ricorso nel caso in cui i provvedimenti previsti entrassero in vigore entro
un termine ragionevole.
- Il 29 aprile 1994 il progetto di regolamento non era stato ancora iscritto all'ordine
del giorno del comitato di gestione. Con lettera di pari data, la ricorrente, ai sensi
dell'art. 175 del Trattato CE, invitava formalmente la convenuta ad adottare i
provvedimenti destinati a risarcire il danno ch'essa avrebbe subito a seguito
dell'emanazione del regolamento n. 1429/92.
- Con lettera 5 maggio 1994, la convenuta partecipava alla ricorrente che «non
accettava alcuna responsabilità per le asserite perdite» e che «lo smaltimento
dell'olio in questione [doveva] essere effettuato in conformità con la
regolamentazione esistente».
- La ricorrente depositava l'atto introduttivo del ricorso in oggetto il 18 luglio 1994.
- Con lettera 13 febbraio 1995, la convenuta informava il ministero delle Finanze
italiano che un'eventuale autorizzazione della vendita dell'olio d'oliva in questione
rientrava nella competenza delle autorità nazionali.
- Dopo il rilascio di tale autorizzazione da parte delle autorità italiane, la ricorrente
esportava in paesi terzi, nel corso degli anni 1995 e 1996, la maggior parte dell'olio
d'oliva giacente in deposito doganale.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di passare
alla fase orale e di adottare misure di organizzazione del procedimento, ai sensi
dell'art. 64 del regolamento di procedura, consistenti nel chiedere alle parti di
rispondere per iscritto, prima della data dell'udienza, a taluni quesiti.
- I rappresentanti delle parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai
quesiti orali posti dal Tribunale all'udienza che si è svolta il 4 febbraio 1997.
Conclusioni delle parti
- Nel ricorso, la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
- dichiarare, ai sensi dell'art. 175 del Trattato, la carenza della convenuta, in
quanto ha omesso di adottare le specifiche misure atte a porre rimedio al
pregiudizio da essa assertivamente subito per effetto del regolamento
n. 1429/92;
- condannare la convenuta, ex artt. 178 e 215 del Trattato, a risarcire il danno
da essa subito a seguito dell'omessa previsione, nel regolamento n. 1429/92,
di un regime transitorio per l'olio d'oliva alla rinfusa collocato in deposito
doganale, danno valutato in 18 473 milioni di LIT, equivalenti al prezzo
d'acquisto dell'olio d'oliva controverso, maggiorato degli interessi e delle
spese di magazzinaggio, di assicurazione e di raffinazione (16 083 milioni di
LIT), nonché del mancato guadagno risultante dall'impossibilità di
rivenderlo (2 359 milioni di LIT);
- condannare la convenuta alle spese.
- Con lettera 16 settembre 1996, la ricorrente ha ridotto la sua domanda di
risarcimento a 7 345 milioni di LIT, corrispondenti alle spese di magazzinaggio, agli
interessi su tali spese e alle spese di cauzione che essa avrebbe sopportato.
- All'udienza, la ricorrente ha rinunciato alla domanda di declaratoria di carenza.
- La convenuta conclude che il Tribunale voglia:
- respingere il ricorso proposto ai sensi degli artt. 178 e 215 del Trattato;
- condannare la ricorrente alle spese.
Sul ricorso per risarcimento danni
- In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata,
il sorgere della responsabilità della Comunità presuppone che il ricorrente provi
l'illegittimità del comportamento contestato all'istituzione di cui trattasi, l'effettività
del danno e l'esistenza di un nesso di causalità tra tale comportamento ed il danno
lamentato (sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici
Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16, e sentenze del Tribunale 13
dicembre 1995, cause riunite T-481/93 e T-484/93, Exporteurs in Levende Varkens
e a./Commissione, Racc. pag. II-2941, punto 80, 11 luglio 1996, causa T-175/94,
International Procurement Services/Commissione, Racc. pag. II-729, punto 44, e 16
ottobre 1996, causa T-336/94, Efisol/Commissione, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 30).
- Se il comportamento contestato consiste in un'omissione di un'istituzione
comunitaria, esso può far sorgere la responsabilità della Comunità solo qualora
l'istituzione di cui trattasi abbia violato un obbligo legale di agire risultante da una
norma comunitaria (v., ad esempio, sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa
C-146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-4199, punto 58).
- Se l'illegittimità contestata riguarda un atto normativo, la responsabilità della
Comunità è subordinata all'accertamento della violazione di una norma giuridica
di rango superiore diretta a tutelare i singoli. Infine, se l'istituzione ha adottato
l'atto normativo nell'esercizio di un ampio potere discrezionale, la responsabilità
della Comunità può sorgere solo se la violazione è caratterizzata, cioè se ha un
carattere manifesto e grave (v. sentenze della Corte 2 dicembre 1971, causa 5/71,
Schöppenstedt/Consiglio, Racc. pag. 975, punto 11, 25 maggio 1978, cause riunite
83/76 e 94/76, 4/77, 15/77 e 40/77, HNL/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 1209,
punto 6, 19 maggio 1992, cause riunite C-104/89 e C-37/90, Mulder e a./Consiglio
e Commissione, Racc. pag. I-3061, punto 12, e sentenze del Tribunale 6 luglio 1995,
causa T-572/93, Odigitria/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2025, punto 34,
e Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, già citata, punto 81).
- Il Tribunale esaminerà anzitutto se la ricorrente abbia provato la sussistenza di un
comportamento illegittimo della convenuta.
Sull'asserito comportamento illegittimo
- Anzitutto, la ricorrente dubita che il regolamento n. 1429/92 sia qualificabile come
atto normativo implicante scelte di politica economica, ma sostiene che, comunque,
sono soddisfatti nel caso di specie i criteri elaborati dal giudice comunitario nella
sua giurisprudenza relativa alla responsabilità della Comunità per l'adozione di un
atto normativo (v. supra, punto 22).
- Non avendo previsto, nel regolamento controverso, un periodo transitorio per l'olio
d'oliva alla rinfusa collocato in deposito doganale, la convenuta avrebbe violato i
principi di non discriminazione, di proporzionalità, di tutela del legittimo
affidamento e del rispetto dei diritti acquisiti.
1. Violazione del principio del legittimo affidamento
Argomenti delle parti
- La ricorrente addebita alla convenuta di aver violato il principio del legittimo
affidamento per i seguenti motivi. In primo luogo, il regolamento n. 1429/92, che
non prevede un periodo transitorio, si basa sull'art. 35 bis inserito nel regolamento
del Consiglio n. 136/66 dal regolamento del Consiglio n. 1915/87. Ora, il
regolamento 1915/87 è entrato in vigore quattro mesi dopo la sua adozione.
Analogamente, gli altri regolamenti della Commissione che facevano espressamente
riferimento al citato art. 35 bis contenevano pure disposizioni transitorie per le
diverse categorie di olio d'oliva, sul modello del regolamento n. 1915/87, fatta
eccezione per i regolamenti vertenti su misure riguardanti il commercio al minuto,
come il regolamento (CEE) della Commissione 30 giugno 1988, n. 1860, che
stabilisce norme particolari di commercializzazione nel settore dell'olio d'oliva e che
modifica il regolamento (CEE) n. 938/88, recante disposizioni particolari relative
alla commercializzazione dell'olio d'oliva contenente sostanze indesiderate (GU
L 166, pag. 16). In quanto non prevede un regime transitorio per l'olio d'oliva alla
rinfusa, il regolamento n. 1429/92 si distinguerebbe quindi dagli altri regolamenti
citati e violerebbe pertanto il principio del legittimo affidamento.
- In secondo luogo, secondo la giurisprudenza comunitaria il principio del legittimo
affidamento imporrebbe di evitare che operatori i quali abbiano effettuato cospicui
investimenti e si siano definitivamente impegnati nei confronti della pubblica
autorità a compiere determinate operazioni possano vedere i loro interessi
economici pregiudicati dall'entrata in vigore di nuove normative, la cui adozione
non era prevedibile. Ne conseguirebbe che, in questi casi, le istituzioni interessate
hanno l'obbligo di adottare un regime transitorio a tutela degli interessi di tali
operatori, salvo che un interesse pubblico inderogabile non osti all'adozione di un
provvedimento in tal senso (sentenze della Corte 27 aprile 1978, causa 90/77,
Stimming/Commissione, Racc. pag. 995, punto 6, 16 maggio 1979, causa 84/78,
Tomadini, Racc. pag. 1801, punto 20, e 11 luglio 1991, causa C-368/89, Crispoltoni,
Racc. pag. I-3695, punto 21). Nel caso di specie, non soltanto la ricorrente avrebbe
effettuato un ingente investimento per acquistare olio e per raffinarlo, ma si
sarebbe pure impegnata irrevocabilmente nei confronti della pubblica autorità
sottoponendo l'olio d'oliva a vincolo doganale. Ora, la convenuta non avrebbe
invocato alcun interesse pubblico superiore che le impedisse di prevedere un
regime transitorio. In realtà, essa non potrebbe asserire che un regime transitorioera escluso per motivi di prevenzione delle frodi. Infatti, la presenza di isomeri-trans non sarebbe necessariamente sintomo di operazioni fraudolente, ma potrebbe
risultare pure da operazioni legittime di raffinazione. Inoltre, l'olio controverso
sarebbe stato costantemente controllato dalle autorità doganali fin dalla sua
importazione.
- La convenuta rileva la differenza fondamentale esistente tra il regolamento
n. 1915/87 e il regolamento n. 1429/92. Infatti, il primo ha modificato il
regolamento base n. 136/66, in particolare introducendovi l'art. 35 bis. Per contro,
il regolamento n. 1429/92 conterrebbe soltanto misure di attuazione del
regolamento base. Come il regolamento n. 1429/92, il regolamento d'attuazione
n. 2568/91, che era in vigore al momento dell'importazione dell'olio da parte della
ricorrente, non avrebbe previsto un regime transitorio per quanto riguarda gli oli
non condizionati.
- Inoltre, la convenuta eccepisce che la ricorrente sapeva fin dal luglio 1991 che la
Commissione aveva l'intenzione di adottare il regolamento n. 1429/92, che è entrato
in vigore solo il 5 giugno 1992.
- Per di più, l'instaurazione di un periodo transitorio per l'olio alla rinfusa avrebbe
compromesso l'obiettivo principale del regolamento n. 1429/92, e cioè la protezione
della purezza dell'olio. La possibilità di commercializzare, durante un certo periodo
dopo l'entrata in vigore del regolamento n. 1429/92, olio alla rinfusa non conforme
alle caratteristiche di purezza fissate nel regolamento avrebbe aumentato i rischi
di adulterazione che il regolamento aveva per l'appunto voluto evitare.
- D'altra parte, dato che la nomenclatura tariffaria adeguata al regolamento
n. 1429/92 è entrata in vigore solo il 19 febbraio 1993 per gli oli d'oliva in transito
verso i paesi terzi, il regolamento n. 1429/92 sarebbe stato applicabile solo a partire
da tale data, lasciando così alla ricorrente la libertà di riesportare l'olio controverso
con la denominazione di olio d'oliva raffinato fino a tale data.
Giudizio del Tribunale
- Anche se il principio della tutela del legittimo affidamento è uno dei principi
fondamentali della Comunità, gli operatori economici non possono fare
legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può
essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie,
specialmente in un settore come quello delle organizzazioni comuni di mercato, il
cui oggetto comporta un costante adeguamento in base alle variazioni della
situazione economica (v. in particolare, sentenze della Corte 21 maggio 1987, cause
riunite 133/85-136/85, Rau e a., Racc. pag. 2289, punto 18, e 5 ottobre 1994, cause
riunite C-133/93, C-300/93 e C-362/93, Crispoltoni e a., Racc. pag. I-4863, punto
57). Un operatore economico non può nemmeno vantare un diritto acquisito o
anche un legittimo affidamento sulla conservazione di una situazione preesistente
che può essere modificata da decisioni adottate dalle istituzioni comunitarie
nell'ambito del loro potere discrezionale (sentenza della Corte 5 ottobre 1994,
causa C-280/93, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-4973, punto 80).
- Alla luce dei principi così precisati, si deve accertare se, nel caso di specie, la
ricorrente potesse avere una fondata speranza nell'istituzione di un periodo
transitorio per l'olio d'oliva alla rinfusa.
- In primo luogo, la ricorrente non può basare la sua pretesa sull'esistenza, nel
regolamento n. 1915/87, di una disposizione che fissa l'entrata in vigore dello stesso
a circa quattro mesi dopo la sua pubblicazione. Infatti, mentre lo scopo del
regolamento n. 1915/87 era quello di adeguare le denominazioni e le definizioni
degli oli d'oliva onde facilitarne la commercializzazione, il regolamento n. 1429/92
mira a modificare, come misura di attuazione del regolamento di base, le
caratteristiche degli oli d'oliva allo scopo di garantirne meglio la purezza.
- Nell'ambito dell'ampio potere discrezionale di cui gode in materia di politica
agricola comune (v. supra, punto 32), il legislatore comunitario può privilegiare lo
scopo di garantire meglio la purezza di un determinato prodotto, come pure,
implicitamente, quello di tutelare i consumatori, rispetto all'obiettivo, che aveva
eventualmente perseguito in un regolamento precedente, di agevolare la
commercializzazione di tale prodotto.
- Per quanto riguarda un eventuale periodo transitorio, il regolamento controverso
dev'essere valutato con riguardo al regolamento n. 2568/91, che esso modifica e che
ha quindi la sua stessa natura giuridica. Orbene, quest'ultimo, come il regolamento
n. 1429/92, prevedeva un periodo transitorio solo per l'olio d'oliva condizionato.
- Inoltre, la ricorrente, in quanto operatore del settore, non poteva ignorare, tra il
giorno dell'importazione dell'olio controverso e l'entrata in vigore del regolamento
n. 1429/92, la probabile adozione di questo. Del resto, essa ha ammesso all'udienza
di essere stata al corrente del fatto che le norme tecniche contenute nel
regolamento n. 1429/92 erano state anteriormente negoziate e adottate a livello
internazionale dal Consiglio oleicolo internazionale (COI) prima di essere emanate
dalla convenuta.
- In secondo luogo, la giurisprudenza invocata dalla ricorrente è irrilevante nel caso
di specie. Essa invoca anzitutto la sentenza 26 giugno 1990, causa C-152/88,
Sofrimport/Commissione (Racc. pag. I-2477), nella quale la Corte ha ritenuto che
l'istituzione interessata aveva violato il principio del legittimo affidamento in quanto
aveva adottato una misura di salvaguardia omettendo completamente, senza far
menzione di un interesse pubblico inderogabile, di prendere in considerazione la
situazione degli operatori economici, come la Sofrimport, che avevano merci in
corso di spedizione, mentre vi era tenuta in forza di una disposizione specifica. Al
contrario, la normativa pertinente nel caso di specie non contiene alcuna
disposizione specifica che obbligasse la convenuta a tener conto della peculiare
situazione degli operatori che detenevano, al momento dell'adozione del
regolamento n. 1429/92, olio d'oliva alla rinfusa in deposito doganale.
- La ricorrente si richiama poi alle sentenze della Corte 14 maggio 1975, causa 74/74,
CNTA/Commissione (Racc. pag. 533, punti 28-44), e Tomadini, già citata, punto
20. Nella prima sentenza la Corte ha ritenuto che il CNTA, che aveva ottenuto
certificati d'esportazione comportanti prefissazione dell'importo della restituzione
all'esportazione, poteva legittimamente contare sul fatto che, per negozi alla cui
esecuzione si era irrevocabilmente impegnato, non sarebbero intervenute modifiche
imprevedibili che avrebbero avuto l'effetto di causargli inevitabili perdite. Nella
sentenza Tomadini, la Corte ha chiarito il principio della tutela del legittimo
affidamento nel caso in cui esista una disciplina specifica la quale consenta agli
operatori economici di garantirsi, quanto ad operazioni cui si siano definitivamente
impegnati, contro gli effetti delle variazioni delle modalità d'applicazione del
sistema dell'organizzazione comune. In un caso del genere, detto principio vieta alle
istituzioni comunitarie di modificare tale disciplina senza accompagnarla con
provvedimenti transitori purché non vi osti un interesse pubblico perentorio.
- Nel caso di specie, la ricorrente non può sostenere di essersi irrevocabilmente
impegnata all'esecuzione di un'operazione, dato che l'immissione di una merce in
deposito doganale costituisce solo una fase che ne precede la commercializzazione.
Dato che nessuno è tenuto a conservare in deposito doganale una merce che vi ha
immesso in precedenza, non si può ammettere che tale immissione abbia natura
di «impegno irrevocabile», contrariamente a quanto sostiene la ricorrente.
- Dato che la ricorrente non ha dimostrato l'esistenza di circostanze che abbiano
potuto generare un legittimo affidamento, la censura relativa alla violazione di tale
principio dev'essere respinta.
2. Violazione del principio di non discriminazione
Argomenti delle parti
- Secondo la ricorrente, prevedendo un periodo transitorio per l'olio d'oliva
condizionato ma non per l'olio d'oliva alla rinfusa, la convenuta, senza obiettive
giustificazioni, ha trattato gli operatori che detenevano olio d'oliva alla rinfusa in
modo meno favorevole rispetto a quelli in possesso di olio d'oliva condizionato.
Comunque, la finalità consistente nel prevenire le frodi non giustificherebbe tale
disparità di trattamento.
- Inoltre, la convenuta avrebbe operato una discriminazione ingiustificata trattando
in modo identico i detentori di olio d'oliva alla rinfusa in libera pratica e quelli che
avevano immesso tale olio in deposito doganale. Infatti, secondo la ricorrente,
quest'ultimo prodotto non poteva costituire oggetto di frodi a causa del controllo
esercitato dalle autorità doganali.
- La convenuta ritiene che un trattamento diverso dell'olio d'oliva condizionato e
dell'olio d'oliva alla rinfusa fosse obiettivamente giustificato dallo scopo del
regolamento n. 1429/92, ossia garantire la purezza dell'olio d'oliva. Infatti, una forte
presenza di isomeri-trans agevolerebbe la miscelazione dell'olio d'oliva in questione
con oli di qualità inferiore. In risposta ad un quesito scritto posto dal Tribunale il
15 gennaio 1997 nonché nel corso dell'udienza, la convenuta ha giustificato tale
differenza di trattamento deducendo che l'olio condizionato è soggetto a minori
rischi di adulterazione rispetto all'olio d'oliva alla rinfusa. Se la convenuta avesse
previsto la facoltà di smerciare l'olio alla rinfusa durante un periodo transitorio,
tale olio sarebbe stato esposto più a lungo al rischio di sofisticazioni. Ciò non
avrebbe potuto verificarsi per l'olio condizionato, dato che il condizionamento
impediva qualsiasi alterazione fraudolenta.
Giudizio del Tribunale
- Secondo una costante giurisprudenza, il principio di non discriminazione fa parte
dei principi fondamentali del diritto comunitario (sentenza Germania/Consiglio, già
citata, punto 67; sentenza del Tribunale 11 dicembre 1996, causa T-521/93, Atlanta
e a./CE, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 46). Tale principio impone
che, salvo obiettiva giustificazione, situazioni comparabili vengano trattate in
maniera identica.
- D'altra parte, occorre ricordare che il legislatore comunitario dispone in materia
di politica agricola comune di un ampio potere discrezionale, corrispondente alle
responsabilità politiche che gli artt. 40 e 43 del Trattato gli attribuiscono (sentenza
5 ottobre 1994, Crispoltoni e a., già citata, punto 42; sentenza del Tribunale 13
luglio 1995, cause riunite T-466/93, T-469/93, T-473/93, T-474/93 e T-477/93,
O'Dwyer e a./Consiglio, Racc. pag. II-2071, punti 107 e 113). Di conseguenza, solo
la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito rispetto allo
scopo che l'istituzione competente intende perseguire può inficiarne la legittimità
(sentenza O'Dwyer e a./Consiglio, già citata, punto 107).
- Ora, il regolamento controverso rientra nella politica agricola comune. Per stabilire
se sussista una discriminazione, si deve quindi accertare se esso abbia trattato
diversamente situazioni comparabili ed eventualmente se la differenza di
trattamento sia obiettivamente giustificata, tenendo conto, a questo proposito,
dell'ampio potere discrezionale della convenuta quanto all'obiettiva giustificazione
di un eventuale trattamento diverso.
- L'art. 2, n. 2, del regolamento controverso distingue l'olio d'oliva alla rinfusa
dall'olio d'oliva condizionato, prevedendo un periodo transitorio soltanto per
quest'ultimo. Lo scopo principale del regolamento controverso, come si rileva nei
suoi 'considerando, è garantire la purezza dell'olio d'oliva. Orbene, come risulta
dal fascicolo, se è stato surriscaldato, quest'olio contiene un'elevata percentuale di
isomeri-trans, il che consente di mescolarlo con altri oli di qualità inferiore. Tale
rischio di adulterazione, che, in linea di principio, non sussiste per l'olio d'oliva
condizionato grazie, appunto, al condizionamento, non può essere escluso per l'olio
d'olivo sfuso, nemmeno se si trovi in deposito doganale.
- La convenuta sarebbe stata tenuta a prevedere una deroga al regolamento
controverso solo nell'ipotesi in cui l'immissione nei depositi doganali nazionali
garantisse l'impossibilità di adulterare i prodotti sfusi ivi immagazzinati. Infatti,
tenuto conto del suo ampio potere discrezionale, la convenuta sarebbe stata
obbligata a prevedere deroghe solo qualora fosse stato provato che era impossibile
adulterare l'olio d'oliva sfuso collocato in un qualsiasi deposito doganale della
Comunità. Orbene, considerato il loro scopo d'ordine precipuamente doganale, le
norme comunitarie applicabili ai depositi doganali non sono idonee a escludere
ogni possibilità di frode o di manipolazione che non abbia indole doganale.
- Dato, quindi, che non era esclusa la sussistenza di un rischio di adulterazione per
l'olio alla rinfusa, nonostante la sua eventuale immissione in deposito doganale, il
Tribunale considera che, nell'ambito dell'ampio potere discrezionale di cui gode in
materia di politica agricola, la convenuta era legittimata ad adottare provvedimenti
adeguati per garantire meglio la purezza dell'olio. A tal fine, essa poteva non
concedere ai detentori d'olio d'oliva sfuso immesso in deposito doganale un termine
supplementare per venderlo.
- Ne consegue che la censura relativa alla violazione del principio di non
discriminazione dev'essere respinta.
3. Violazione del principio di proporzionalità
Argomenti delle parti
- Richiamandosi alla sentenza della Corte 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder
(Racc. pag. 2237, punto 21), la ricorrente sostiene che, omettendo di prevedere un
periodo transitorio per l'olio d'oliva alla rinfusa, la convenuta ha creato un ostacolo
per il commercio, sproporzionato rispetto allo scopo di garantire la purezza
dell'olio recando il minor pregiudizio possibile al commercio. Comunque, l'olio
trovantesi sotto controllo doganale non avrebbe potuto essere adulterato e la
necessità di prevenire le frodi non sarebbe idonea, quindi, a giustificare la
mancanza di un regime transitorio per quanto riguarda tale prodotto.
- La convenuta ribatte che la necessità di prevenire le frodi escludeva qualsiasi
possibilità di prevedere misure transitorie per l'olio d'oliva alla rinfusa. A differenza
di quanto trattavasi nella citata causa Schräder, alla ricorrente non è stato imposto
nel caso di specie alcun onere finanziario.
Giudizio del Tribunale
- Secondo la giurisprudenza della Corte, al fine di stabilire se una norma di diritto
comunitario sia conforme al principio di proporzionalità, si deve accertare se i
mezzi da essa contemplati siano idonei a conseguire lo scopo perseguito e non
eccedano quanto è necessario per raggiungere detto scopo (sentenze della Corte
11 marzo 1987, cause riunite 279/84, 280/84, 285/84 e 286/84, Rau e
a./Commissione, Racc. pag. 1069, punto 34, e 9 novembre 1995, causa C-426/93,
Germania/Consiglio, Racc. pag. I-3723, punto 42).
- Come è stato rilevato sopra (v. punto 46), nel settore della politica agricola comune
solo la manifesta inidoneità di un provvedimento rispetto allo scopo che l'istituzione
competente intende con esso perseguire può inficiarne la legittimità.
- Nel caso di specie, la censura mossa dalla ricorrente equivale a criticare laprevalenza che la convenuta ha attribuito allo scopo di garantire la purezza
dell'olio, sottolineato nel secondo 'considerando del regolamento controverso,
rispetto a quello di non provocare un pregiudizio al commercio, richiamato nel
terzo 'considerando dello stesso regolamento.
- A questo proposito occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte,
nel perseguire gli obiettivi della politica agricola comune, le istituzioni comunitarie
devono garantire la conciliazione permanente che può essere richiesta da eventuali
contraddizioni fra questi obiettivi considerati separatamente e, se del caso, dare
all'uno o all'altro di essi la prevalenza temporanea resa necessaria dai fatti o dalle
circostanze di natura economica in considerazione dei quali esse adottano le
proprie decisioni (sentenze della Corte 20 settembre 1988, causa 203/86,
Spagna/Consiglio, Racc. pag. 4563, punto 10, e 19 marzo 1992, causa C-311/90,
Hierl, Racc. pag. I-2061, punto 13).
- Ne deriva che, nel caso di specie, la convenuta poteva ponderare gli interessi
contrapposti per dare la prevalenza all'obiettivo della purezza, che mira soprattutto
alla protezione del consumatore. A questo proposito, la ricorrente non ha
dimostrato che le considerazioni della convenuta fossero manifestamente errate né
che la convenuta avesse travalicato i limiti del suo potere discrezionale in materia.
Essa non ha nemmeno provato che i provvedimenti adottati dalla convenuta
costituissero un ostacolo per il commercio o, comunque, fossero sproporzionati
rispetto allo scopo perseguito.
- Si deve aggiungere che, pur se la Commissione, nell'esercizio dei suoi poteri, deve
avere cura di evitare che gli oneri imposti agli operatori economici superino la
misura necessaria al raggiungimento degli scopi che essa deve conseguire, ciò non
significa che detto obbligo debba essere commisurato alla particolare situazione di
un operatore o di una determinata categoria di operatori (v. sentenza della Corte
24 ottobre 1973, causa 5/73, Balkan, Racc. pag. 1091, punto 22, e sentenza del
Tribunale 15 dicembre 1994, causa T-489/93, Unifruit Hellas/Commissione, Racc.
pag. II-1201, punto 74).
- Da quanto precede risulta che la ricorrente non ha dimostrato che la convenuta
abbia violato il principio di proporzionalità adottando il regolamento n. 1429/92.
4. Lesione di diritti acquisiti
Argomenti delle parti
- La ricorrente sostiene che, collocando l'olio controverso in deposito doganale, essa
aveva chiesto il passaggio dal regime di temporanea importazione al regime di
merce destinata all'esportazione. La merce avrebbe dovuto considerarsi quindi già
formalmente uscita dal territorio comunitario. La ricorrente avrebbe pure acquisito
il diritto di esportare la merce in paesi terzi senza autorizzazione, secondo le norme
vigenti al momento in cui essa ha immesso l'olio controverso in regimi di deposito
doganale. La convenuta avrebbe leso tale diritto adottando il regolamento
n. 1429/92 senza prevedere un adeguato regime transitorio.
- L'esistenza di un diritto acquisito si desumerebbe pure dall'art. 121, n. 1, del
regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice
doganale comunitario (GU L 302, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento
n. 2913/92«), il quale prescrive di tener conto degli elementi di tassazione in vigore
per la merce considerata al momento dell'accettazione della dichiarazione relativa
al vincolo di tale merce al regime di perfezionamento attivo, senza tener conto
delle successive modifiche. La ricorrente sostiene che, se tale criterio vale per la
determinazione dell'obbligazione doganale, esso vale altresì per l'esercizio del
diritto di esportare la merce sottoposta a vincolo.
- Secondo la convenuta, la ricorrente non ha acquisito il diritto al mantenimento in
vigore illimitato della normativa in vigore al momento in cui ha collocato l'olio nel
deposito doganale. Essa ha conservato il diritto di esportarlo, nel rispetto, però,
delle nuove disposizioni. Secondo la giurisprudenza comunitaria (sentenze della
Corte 21 maggio 1987, Rau e a., già citata, punto 18, e 7 maggio 1991, causa C-69/89, Nakajima/Consiglio, Racc. pag. I-2069, punto 119), nessuno godrebbe di un
diritto acquisito alla conservazione di un vantaggio di cui ha fruito in un dato
momento. Infine, l'art. 121, n. 1, del regolamento n. 2913/92 non si applicherebbe
al caso in cui il prodotto destinato ad essere riesportato non soddisfi la normativa
vigente.
Giudizio del Tribunale
- Nessuna disposizione conferisce al detentore di merci immesse in deposito
doganale il diritto soggettivo di smerciarle secondo la normativa in vigore al
momento dell'immissione. Inoltre, prevedendo la possibilità di assoggettare le merci
d'importazione a manipolazioni intese a garantirne la conservazione, a migliorarne
la presentazione o la qualità o a prepararne la distribuzione o la rivendita, l'art. 109
del regolamento n. 2913/92 consente ai detentori di tali merci di adeguarle per
conformarsi ad eventuali nuove normative. Quindi, gli operatori economici
interessati non possono esigere il mantenimento in vigore della normativa esistente
al momento del collocamento della merce in deposito doganale.
- La ricorrente non può nemmeno trarre un diritto acquisito dall'art. 121, n. 1, del
regolamento n. 2913/92. Tale articolo dispone che, «fermo restando l'articolo 122,
quando sorga un'obbligazione doganale, l'importo della stessa è determinato in
base agli elementi di tassazione in vigore per le merci d'importazione al momento
dell'accettazione della dichiarazione relativa al vincolo di tali merci al regime di
perfezionamento attivo».
- In primo luogo, il regolamento n. 1429/92 non modifica affatto l'importo del debito
doganale quale risulta dall'art. 121, n. 1, del regolamento n. 2913/92. In secondo
luogo, dal diritto della ricorrente alla determinazione dell'importo del suo debito
doganale ai sensi della citata disposizione dell'art. 121 non si può desumere il
diritto al mantenimento in vigore della normativa che determina le caratteristiche
che deve possedere l'olio d'oliva commercializzato. In terzo luogo, il citato art. 121
non è affatto pertinente al caso di specie in quanto la ricorrente aveva già
trasformato la merce in conformità al regime di perfezionamento attivo prima di
immetterla in deposito doganale.
- Alla luce di quanto precede, la censura relativa alla violazione dei diritti acquisiti
deve essere respinta.
5. Conclusione relativa al presupposto della sussistenza di un comportamento
illegittimo
- Da tutte le considerazioni sopra svolte risulta che la ricorrente non ha dimostrato
che la convenuta abbia tenuto un comportamento illegittimo. Di conseguenza, non
occorre accertare se l'atto controverso sia o no normativo, né se le asserite
violazioni siano gravi e manifeste.
- Anche se, già per questo motivo, la domanda di risarcimento non può essere
accolta, il Tribunale ritiene utile, tenuto conto delle peculiari circostanze del caso
di specie, esaminare la questione del danno asserito.
Sul danno asserito
Argomenti delle parti
- La ricorrente sostiene di aver subito un danno di 7 345 milioni di LIT,
corrispondenti alle spese di magazzinaggio, agli interessi su tali spese e alle spese
di fideiussione da essa sostenuta. A suo dire, inizialmente il danno era di 18 473
milioni di LIT (v. supra, punti 16 e 17), ma si è ridotto grazie alla vendita dell'olio
d'oliva controverso nelle more del giudizio, dopo che la convenuta aveva cessato
di opporsi al rilascio da parte delle autorità doganali italiane dell'autorizzazione a
vendere tale olio.
- Secondo la convenuta, poiché la ricorrente ha venduto l'olio controverso, nel 1995
e nel 1996, profittando dell'aumento dei prezzi dell'olio d'oliva sul mercato
mondiale, essa non ha subito alcun danno a causa dell'eventuale blocco della merce
nel deposito doganale, ma, anzi, ha realizzato un utile di 10 929 646 626 di LIT.
Comunque, il danno eventualmente provocato dal regolamento non potrebbe
essere superiore alla differenza tra il prezzo della merce controversa sul mercato
dei paesi terzi immediatamente prima dell'entrata in vigore del regolamento
n. 1429/92 e il prezzo della stessa immediatamente dopo l'entrata in vigore del
suddetto regolamento. Orbene, la ricorrente non avrebbe affatto dimostrato
l'esistenza di tale differenza.
- All'udienza, la ricorrente ha ribattuto che, se avesse potuto reinvestire prima
l'intero ricavato della vendita delle 4 788,809 tonnellate d'olio, essa avrebbe
realizzato un utile molto superiore a quello menzionato dalla convenuta.
Giudizio del Tribunale
- La ricorrente non nega di aver effettivamente venduto l'olio d'oliva controverso nel
1995 e nel 1996 né che il prezzo dell'olio d'oliva sul mercato mondiale è aumentato
durante tale periodo, consentendole di vendere la merce ad un prezzo superiore
a quello che avrebbe ottenuto se l'avesse venduta nel 1992 e di realizzare così un
utile superiore al risarcimento richiesto in definitiva. L'argomento secondo cui la
ricorrente avrebbe realizzato un utile molto maggiore se avesse potuto reinvestire
prima l'intero ricavato della vendita dell'olio controverso è irrilevante, giacché, in
primo luogo, essa non ha chiesto il risarcimento del lucro cessante e, in secondo
luogo, il pregiudizio risultante dall'impossibilità di reinvestire precedentemente il
ricavato della vendita è non soltanto puramente ipotetico, ma anche indeterminato.
- Ne consegue che il danno di cui viene chiesto il risarcimento non è effettivo.
- Di conseguenza, la ricorrente non ha provato di aver subito il danno asserito.
Conclusioni
- Dato che la ricorrente non ha provato l'esistenza di una illegittimità né la realtà
dell'asserito danno, il ricorso dev'essere respinto per intero.
Sulle spese
- Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la convenuta ne ha fatto
domanda e poiché la ricorrente è rimasta soccombente, quest'ultima dev'essere
condannata alle spese.
Per questi motivi,IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
dichiara e statuisce:
- Il ricorso è respinto.
- La ricorrente è condannata alle spese.
García-Valdecasas Azizi Jaeger
|
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'11 luglio 1997.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
R. García-Valdecasas
1: Lingua processuale: l'italiano.