Language of document : ECLI:EU:T:2021:79

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

10 febbraio 2021 (*)

«Diritto istituzionale – Statuto unico del deputato europeo – Deputati europei eletti in circoscrizioni italiane – Adozione, da parte dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati (Italia), della deliberazione n. 14/2018 in materia di trattamenti pensionistici – Modifica dell’importo delle pensioni dei deputati nazionali italiani – Corrispondente modifica, da parte del Parlamento europeo, dell’importo delle pensioni di taluni ex deputati europei eletti in Italia – Competenza dell’autore dell’atto – Obbligo di motivazione – Diritti quesiti – Certezza del diritto – Legittimo affidamento – Diritto di proprietà – Proporzionalità – Parità di trattamento»

Nella causa T‑519/19,

Mario Forte, residente in Napoli (Italia), rappresentato da C. Forte e G. Forte, avvocati,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da S. Seyr e S. Alves, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della nota dell’11 giugno 2019 redatta dal Parlamento e riguardante l’adeguamento dell’importo della pensione di cui il ricorrente beneficia a seguito dell’entrata in vigore, il 1º gennaio 2019, della deliberazione n. 14/2018 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati,


IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata),

composto da J. Svenningsen, presidente, R. Barents, C. Mac Eochaidh (relatore), T. Pynnä e J. Laitenberger, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 luglio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, il ricorrente, sig. Mario Forte, ex deputato al Parlamento europeo, eletto in Italia, chiede al Tribunale di annullare la decisione del Parlamento che adegua il calcolo della sua pensione di anzianità al calcolo del livello delle pensioni percepite dai membri della Camera dei deputati (Italia) e che riduce l’importo di tale pensione.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione europea

2        La regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento europeo (in prosieguo: la «regolamentazione SID»), nella sua versione in vigore fino al 14 luglio 2009, prevedeva al suo allegato III (in prosieguo: l’«allegato III»), in particolare:

«Articolo 1

1. Tutti i deputati al Parlamento europeo hanno diritto ad una pensione di cessata attività.

2. In attesa dell’istituzione di un regime pensionistico comunitario definitivo per tutti i deputati al Parlamento europeo e qualora il regime nazionale non preveda il pensionamento o il livello e/o le modalità della pensione prevista non coincidano esattamente con quelli applicabili ai deputati al parlamento nazionale dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo, può essere erogata, su richiesta del deputato interessato, una pensione provvisoria di cessata attività a carico del bilancio dell’Unione europea, sezione Parlamento.

Articolo 2

1. L’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo.

2. Il deputato che beneficia delle disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 2, è tenuto, aderendo al presente regime, a versare al bilancio dell’Unione europea un contributo calcolato in modo da corrispondere complessivamente a quello pagato da un Membro della Camera Bassa dello Stato membro in cui è stato eletto.

Articolo 3

1. La richiesta di adesione al presente regime pensionistico provvisorio deve essere presentata entro dodici mesi dall’inizio del mandato dell’interessato.

Dopo tale termine, la data a partire dalla quale l’adesione al regime pensionistico ha effetto è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.

2. La richiesta di liquidazione della pensione deve essere presentata entro sei mesi dalla maturazione di tale diritto.

Dopo tale termine, la data a partire dalla quale ha effetto la prestazione pensionistica è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.

(...)».

3        Lo statuto dei deputati è stato adottato con decisione 2005/684/CE, Euratom, del Parlamento del 28 settembre 2005, che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (GU 2005, L 262, pag. 1, in prosieguo: lo «statuto dei deputati»), ed è entrato in vigore il 14 luglio 2009, primo giorno della settima legislatura.

4        L’articolo 25 dello statuto dei deputati così dispone:

«1. Per quanto riguarda l’indennità, l’indennità transitoria e le diverse categorie di pensioni, i deputati già in carica e rieletti prima dell’entrata in vigore del presente statuto possono optare, per l’intera durata dell’attività parlamentare, per il regime nazionale in vigore.

2. I versamenti sono a carico del bilancio dello Stato membro.

(...)».

5        L’articolo 28 dello statuto dei deputati prevede quanto segue:

«1. Il diritto a pensione acquisito da un deputato al momento dell’entrata in vigore del presente statuto a norma della legislazione ragionale conserva piena efficacia.

(...)».

6        Con decisione del 19 maggio e del 9 luglio 2008, l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha adottato le misure di attuazione dello statuto dei deputati (GU 2009, C 159, pag. 1; in prosieguo: le «misure di attuazione»).

7        L’articolo 49 delle misure di attuazione, relativo ai diritti alla pensione di anzianità, prevede quanto segue:

«1. I deputati che hanno esercitato il loro mandato per almeno un anno completo hanno diritto, dopo la cessazione del mandato, a una pensione di anzianità a vita da versare a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui compiono i 63 anni di età.

L’ex deputato o il suo rappresentante legale, salvo casi di forza maggiore, presenta la domanda di liquidazione della pensione di anzianità entro sei mesi dalla data di inizio del diritto. Trascorso tale termine, la data in cui diventa effettivo il godimento della pensione di anzianità è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.

(...)».

8        In virtù dell’articolo 73, le misure di attuazione sono entrate in vigore il giorno dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati, ossia il 14 luglio 2009.

9        L’articolo 74 delle misure di attuazione precisa che, fatte salve le disposizioni transitorie previste al titolo IV, e in particolare dell’articolo 75 delle medesime misure di attuazione (in prosieguo: l’«articolo 75»), la regolamentazione SID scade il giorno dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati.

10      L’articolo 75, relativo in particolare alle pensioni di anzianità, così dispone:

«1. La pensione di reversibilità, la pensione di invalidità e la pensione di invalidità supplementare concessa ai figli a carico e la pensione di anzianità concessa in virtù degli allegati I, II e III della regolamentazione SID continuano a essere versate in applicazione di detti allegati ai titolari che beneficiavano delle prestazioni prima dell’entrata in vigore dello statuto.

Qualora l’ex deputato che beneficia della pensione d’invalidità deceda dopo il 14 luglio 2009, la pensione di reversibilità è versata al suo coniuge, membro stabile di un’unione di fatto o figli a carico, alle condizioni stabilite all’allegato I della regolamentazione SID.

2. I diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto in applicazione dell’allegato III succitato restano acquisiti. I titolari che hanno maturato diritti in detto regime previdenziale beneficiano di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione dell’allegato III succitato purché soddisfino le condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato e abbiano presentato la domanda di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III succitato».

11      Infine, l’articolo 75 deve essere letto in combinato disposto con il considerando 7 delle medesime misure di attuazione, il quale così recita:

«Occorre anche provvedere a che nelle disposizioni transitorie i beneficiari di talune prestazioni concesse sulla base della regolamentazione SID possano continuare a goderne dopo l’abrogazione di detta regolamentazione, in conformità del principio del legittimo affidamento. Occorre altresì garantire il rispetto dei diritti alla pensione acquisiti sulla base della regolamentazione SID prima dell’entrata in vigore dello statuto. Risulta infine necessario tenere in conto il regime specifico applicabile ai deputati che, durante un periodo transitorio e per quanto riguarda le condizioni finanziarie dell’esercizio del mandato, rientreranno nei regimi nazionali dello Stato membro di elezione in virtù dell’articolo 25 o 29 dello statuto».

B.      Diritto italiano

12      Il 12 luglio 2018, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati (Italia) ha adottato la deliberazione n. 14/2018, avente ad oggetto una nuova fissazione dell’importo degli assegni vitalizi e della parte di assegno vitalizio pro rata, nonché delle prestazioni di reversibilità, relative agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011 (in prosieguo: la «deliberazione n. 14/2018»).

13      L’articolo 1 della deliberazione n. 14/2018 così dispone:

«1. A decorrere dal 1° gennaio 2019 gli importi degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, maturati, sulla base della normativa vigente, alla data del 31 dicembre 2011, sono rideterminati secondo le modalità previste dalla presente deliberazione.

2. La rideterminazione di cui al comma 1 è effettuata moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del deputato alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata.

3. Si applicano i coefficienti di trasformazione di cui alla tabella 1 allegata alla presente deliberazione.

4. L’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione, non può comunque superare l’importo dell’assegno vitalizio, diretto o di reversibilità, o della quota di assegno vitalizio del trattamento previdenziale pro rata, diretto o di reversibilità, previsto per ciascun deputato dal Regolamento in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare.

5. L’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione non può comunque essere inferiore all’importo determinato moltiplicando il montante contributivo individuale maturato da un deputato che abbia svolto il mandato parlamentare nella sola XVII legislatura, rivalutato ai sensi del successivo articolo 2, per il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età anagrafica di 65 anni vigente alla data del 31 dicembre 2018.

6. Nel caso in cui, a seguito della rideterminazione operata ai sensi della presente deliberazione, l’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità rideterminati, risulti ridotto in misura superiore al 50 per cento rispetto all’importo dell’assegno vitalizio, diretto o di reversibilità, o della quota di assegno vitalizio del trattamento previdenziale pro rata, diretto o di reversibilità, previsto per ciascun deputato dal Regolamento in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare, l’ammontare minimo determinato ai sensi del comma 5 è aumentato della metà.

7. L’Ufficio di Presidenza, su proposta del Collegio dei deputati Questori, può incrementare fino a un massimo del 50 per cento l’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e le quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione, in favore di coloro che ne facciano domanda e per i quali ricorrano i seguenti presupposti:

a)      non percepiscano altri redditi annui di ammontare superiore alla misura annua dell’assegno sociale, ad esclusione di quelli eventualmente derivanti a qualsiasi titolo dall’immobile destinato ad abitazione principale;

b)      siano affetti da patologie gravi che richiedano la somministrazione di terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione prodotta da strutture sanitarie pubbliche, ovvero, alternativamente, siano affetti da stati patologici sottesi a situazioni di invalidità riconosciuta dalle autorità competenti, in misura pari al 100 per cento.

8. La documentazione comprovante il ricorrere dei presupposti di cui al comma 7 deve essere prodotta a cura del ricorrente all’atto dell’istanza e, successivamente, entro il 31 dicembre di ciascun anno».

II.    Fatti

14      Il ricorrente è un ex membro del Parlamento europeo, eletto in Italia. Egli beneficia di una pensione di anzianità.

15      Sulla base delle regole della deliberazione n. 14/2018, l’importo della pensione del ricorrente è stato ridotto a partire dal 1° gennaio 2019.

16      A seguito della presentazione di ricorsi contro la deliberazione n. 14/2018 da parte dei deputati nazionali italiani interessati dalle dette riduzioni, la legittimità di tale decisione nazionale è attualmente esaminata dal Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati (Italia).

17      Con una nota inserita sul cedolino di pensione del mese di gennaio 2019, il Parlamento informava il ricorrente del fatto che l’importo della pensione erogatagli avrebbe potuto essere rideterminato in esecuzione della deliberazione n. 14/2018 e che detto ricalcolo avrebbe potuto eventualmente comportare un recupero delle somme indebitamente versate.

18      Infatti, secondo il Parlamento, esso sarebbe stato tenuto ad applicare la deliberazione n. 14/2018 e, pertanto, a ricalcolare l’importo delle pensioni del ricorrente, alla luce dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il quale prevede che «[l]’importo e le modalità della pensione provvisoria [di anzianità] corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo» (in prosieguo: la «regola di pensione identica»).

19      Con una nota non datata del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della Direzione generale (DG) delle finanze del Parlamento, allegata al cedolino di pensione del ricorrente del mese di febbraio 2019, il Parlamento lo ha informato del fatto che il suo servizio giuridico aveva confermato, con il parere n. SJ-0836/18 dell’11 gennaio 2019 (in prosieguo: il «parere del servizio giuridico»), l’applicabilità automatica della deliberazione n. 14/2018 alla sua situazione. Tale nota aggiungeva che, non appena ricevute dalla Camera dei deputati le informazioni necessarie, il Parlamento avrebbe provveduto a comunicare al ricorrente la nuova liquidazione dei suoi diritti pensionistici e a recuperare l’eventuale differenza sulle successive 12 mensilità. Infine, detta nota informava il ricorrente del fatto che la liquidazione definitiva dei suoi diritti pensionistici sarebbe stata fissata con atto formale contro il quale sarebbe stato possibile proporre un ricorso a norma dell’articolo 72 delle misure di attuazione o un ricorso di annullamento a norma dell’articolo 263 TFUE.

20      Il 5 marzo 2019 il ricorrente, tramite il suo avvocato, ha risposto alla nota del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della Direzione generale (DG) delle finanze del Parlamento. Inoltre, sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), il ricorrente ha chiesto di accedere al parere del servizio giuridico, alla deliberazione n. 14/2018, alla delibera n. 6/2018 del Consiglio di Presidenza del Senato (Italia) nonché ad ogni altra documentazione utile per la determinazione della pensione degli ex deputati del Parlamento.

21      Il 20 marzo 2019 l’unità «Trasparenza» della DG della Presidenza del Parlamento europeo ha risposto al ricorrente che il parere del servizio giuridico era stato pubblicato nel registro pubblico dei documenti. Detta unità ha altresì inviato un link a detta pubblicazione nonché un link ai documenti relativi alle indennità dei deputati.

22      Con nota dell’11 aprile 2019 (in prosieguo: il «progetto di decisione»), il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle Finanze del Parlamento ha informato il ricorrente che, come preannunciato nella sua nota del febbraio 2019, l’ammontare della sua pensione sarebbe stato adattato, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, a concorrenza della riduzione delle pensioni analoghe erogate in Italia agli ex deputati nazionali dalla Camera dei deputati in applicazione della deliberazione n. 14/2018. Tale progetto di decisione precisava altresì che l’importo delle pensioni del ricorrente sarebbe stato adattato a partire dal mese di aprile 2019 (e con effetto retroattivo al 1º gennaio 2019) in applicazione dei progetti di fissazione dei nuovi diritti a pensione trasmessi in allegato a tale lettera. Infine, lo stesso progetto di decisione ha concesso al ricorrente un termine di 30 giorni dalla sua ricezione per presentare le proprie osservazioni. In mancanza di tali osservazioni, gli effetti dei progetti di decisione sarebbero stati considerati definitivi e avrebbero comportato, in particolare, la ripetizione degli importi indebitamente percepiti per i mesi da gennaio a marzo 2019.

23      Con messaggio di posta elettronica del 14 maggio 2019, il ricorrente ha trasmesso le sue osservazioni al servizio competente del Parlamento.

24      Con lettera dell’11 giugno 2019 (in prosieguo: la «decisione finale»), il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze del Parlamento ha indicato che le osservazioni trasmesse dal ricorrente non contenevano elementi tali da giustificare una revisione della posizione del Parlamento, quale espressa nel progetto di decisione. Di conseguenza, l’importo della pensione e il piano di recupero dell’indebito che ne derivava, come ricalcolati e comunicati in allegato al suddetto progetto di decisione, erano divenuti definitivi alla data della notifica della decisione finale.

III. Procedimento e conclusioni delle parti

25      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 22 luglio 2019, il ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

26      Il 31 luglio 2019 il Parlamento ha chiesto, a norma dell’articolo 69, lettera c), del regolamento del Tribunale, la sospensione del procedimento in attesa che il Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati si pronunciasse sulla validità della deliberazione n. 14/2018.

27      Il 4 ottobre 2019 il Tribunale ha interrogato le parti in merito alla possibilità, da un lato, di individuare un numero ridotto di cause pilota tra le 84 cause analoghe di cui era all’epoca investito e, dall’altro, di sospendere di conseguenza le altre cause fino al passaggio in giudicato della decisione che pone fine al procedimento nelle cause identificate come cause pilota. Peraltro, il Tribunale ha invitato il Parlamento a produrre, nella sua interezza, la regolamentazione SID.

28      Il 9 ottobre 2019 il Parlamento ha depositato il controricorso.

29      Il 28 ottobre 2019 le parti hanno risposto al quesito sottoposto dal Tribunale. Inoltre, il Parlamento ha trasmesso una versione integrale della regolamentazione SID.

30      Con decisione del 14 novembre 2019 e a seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, le cause sono state riassegnate all’Ottava Sezione.

31      Il 28 novembre 2019 il Tribunale ha deciso che non era necessario un secondo scambio di memorie.

32      Il 4 dicembre 2019, il Tribunale ha chiesto al ricorrente di prendere posizione sulla richiesta di sospensione depositata dal Parlamento. Il ricorrente ha presentato le sue osservazioni l’8 gennaio 2020.

33      Il 14 gennaio 2020 il presidente dell’Ottava Sezione ha deciso di non sospendere il procedimento.

34      Il 21 gennaio 2020 il Tribunale ha chiesto al Parlamento di produrre tutti i documenti preparatori che avevano condotto all’adozione dell’articolo 75 e all’allegato III. Peraltro, il Tribunale ha interrogato il Parlamento in merito alla sua prassi amministrativa in materia di retribuzioni e pensioni. Il Parlamento ha risposto al quesito e ha trasmesso i documenti preparatori richiesti l’11 febbraio 2020.

35      Il 7 marzo 2020 il ricorrente, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura, ha chiesto che si svolgesse un’udienza

36      Il 20 aprile 2020, il presidente dell’Ottava Sezione ha deciso di far giudicare le presenti cause con priorità, conformemente all’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

37      Il 30 aprile 2020 il Tribunale ha chiesto alle parti di prendere posizione sulla possibilità di riunire il presente ricorso alle cause riunite T‑345/19 Santini/Parlamento, T‑346/19, Ceravolo/Parlamento, T‑364/19 Moretti/Parlamento, T‑365/19, Capraro/Parlamento, T‑366/19, Sboarina/Parlamento, T‑372/19, Cellai/Parlamento, T‑373/19, Gatti/Parlamento, T‑374/19, Wuhrer/Parlamento, T‑375/19, Pisoni/Parlamento e T‑385/19, Mazzone/Parlamento, alle cause riunite T‑389/19, Coppo Gavazzi/Parlamento, T‑390/19, Muscardini/Parlamento, T‑391/19, Vinci/Parlamento, T‑392/19, Mantovani/Parlamento, T‑393/19, Catasta/Parlamento, T‑394/19, Zecchino/Parlamento, T‑397/19, Novati/Parlamento, T‑398/19, Paciotti/Parlamento, T‑403/19, Fantuzzi/Parlamento, T‑404/19, Lavarra/Parlamento, T‑406/19, Cocilovo/Parlamento, T‑407/19, Speroni/Parlamento, T‑409/19, Di Meo/Parlamento, T‑410/19, Di Lello Finuoli/Parlamento, T‑411/19, Lombardo/Parlamento, T‑412/19, Contu/Parlamento, T‑413/19, Dupuis/Parlamento, T‑414/19, Frittelli/Parlamento, T‑415/19, Laroni/Parlamento, T‑416/19, Filippi/Parlamento, T‑417/19, Viola/Parlamento, T‑418/19, Mussa/Parlamento, T‑420/19, Nobilia/Parlamento, T‑421/19, Segre/Parlamento, T‑422/19, De Luca/Parlamento, T‑425/19, Ventre/Parlamento, T‑426/19, Musoni/Parlamento, T‑427/19, Concarella/Parlamento, T‑429/19, Iacono/Parlamento, T‑430/19, Bonsignore/Parlamento, T‑431/19, Azzolini/Parlamento, T‑432/19, Gawronski/Parlamento, T‑435/19, Caligaris/Parlamento, T‑436/19, Aita/Parlamento, T‑438/19, Novelli/Parlamento, T‑439/19, Mantovani/Parlamento, T‑440/19, Mattina/Parlamento, T‑441/19, La Russa/Parlamento, T‑442/19, Carollo/Parlamento, T‑444/19, Locatelli/Parlamento, T‑445/19, Chiesa/Parlamento, T‑446/19, Castellina/Parlamento, T‑448/19, Costanzo/Parlamento, T‑450/19, Gallenzi/Parlamento, T‑451/19, Gemelli/Parlamento, T‑452/19, Napoletano/Parlamento, T‑453/19, Panusa/Parlamento, T‑454/19, Musotto/Parlamento, T‑463/19, Cervetti/Parlamento e T‑465/19, Florio/Parlamento, e alla causa T‑695/19, Falqui/Parlamento, ai fini della fase orale del procedimento.

38      Su proposta dell’Ottava Sezione, il Tribunale ha deciso, il 15 maggio 2020, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, la rimessione della causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

39      Il 19 maggio 2020 il Tribunale ha interrogato le parti su diversi aspetti della presente causa.

40      Il 2 giugno 2020, il ricorrente e il Parlamento hanno presentato le loro osservazioni sulla proposta di riunione ai fini della fase orale del procedimento di cui al punto 37 supra.

41      Il 5 giugno 2020 il Presidente dell’Ottava Camera ha deciso di riunire la presente causa alle cause riunite T‑345/19 Santini/Parlamento, T‑346/19 Ceravolo/Parlamento, T‑364/19 Moretti/Parlamento, T‑365/19 Capraro/Parlamento e T‑366/19, Sboarina/Parlamento, T‑372/19, Cellai/Parlamento, T‑373/19, Gatti/Parlamento, T‑374/19, Guhrer/Parlamento, T‑375/19, Pisoni/Parlamento e T‑385/19, Mazzone/Parlamento, alle cause riunite T‑389/19, Coppo Gavazzi/Parlamento, T‑390/19, Muscardini/Parlamento, T‑391/19, Vinci/Parlamento, T‑392/19, Mantovani/Parlamento, T‑393/19, Catasta/Parlamento, T‑394/19, Zecchino/Parlamento, T‑397/19, Novati/Parlamento, T‑398/19, Paciotti/Parlamento, T‑403/19, Fantuzzi/Parlamento, T‑404/19, Lavarra/Parlamento, T‑406/19, Cocilovo/Parlamento, T‑407/19, Speroni/Parlamento, T‑409/19, Di Meo/Parlamento, T‑410/19, Di Lello Finuoli/Parlamento, T‑411/19, Lombardo/Parlamento, T‑412/19, Contu/Parlamento, T‑413/19, Dupuis/Parlamento, T‑414/19, Frittelli/Parlamento, T‑415/19, Laroni/Parlamento, T‑416/19, Filippi/Parlamento, T‑417/19, Viola/Parlamento, T‑418/19, Mussa/Parlamento, T‑420/19, Nobilia/Parlamento, T‑421/19, Segre/Parlamento, T‑422/19, De Luca/Parlamento, T‑425/19, Ventre/Parlamento, T‑426/19, Musoni/Parlamento, T‑427/19, Concarella/Parlamento, T‑429/19, Iacono/Parlamento, T‑430/19, Bonsignore/Parlamento, T‑431/19, Azzolini/Parlamento, T‑432/19, Gawronski/Parlamento, T‑435/19, Caligaris/Parlamento, T‑436/19, Aita/Parlamento, T‑438/19, Novelli/Parlamento, T‑439/19, Mantovani/Parlamento, T‑440/19, Mattina/Parlamento, T‑441/19, La Russa/Parlamento, T‑442/19, Carollo/Parlamento, T‑444/19, Locatelli/Parlamento, T‑445/19, Chiesa/Parlamento, T‑446/19, Castellina/Parlamento, T‑448/19, Costanzo/Parlamento, T‑450/19, Gallenzi/Parlamento, T‑451/19, Gemelli/Parlamento, T‑452/19, Napoletano/Parlamento, T‑453/19, Panusa/Parlamento, T‑454/19, Musotto/Parlamento, T‑463/19, Cervetti/Parlamento e T‑465/19, Florio/Parlamento, e alla causa T‑695/19, Falqui/Parlamento, ai fini della fase orale del procedimento.

42      Il 17 giugno 2020 il ricorrente e il Parlamento hanno risposto ai quesiti loro rivolti dal Tribunale il 19 maggio 2020.

43      All’udienza del 7 luglio 2020 sono state sentite le difese orali delle parti e le risposte ai quesiti scritti e orali alle stesse rivolti dal Tribunale.

44      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        annullare qualsiasi atto anteriore, connesso o conseguente alla decisione impugnata e che produca effetti giuridici nei suoi confronti;

–        condannare il Parlamento alle spese.

45      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto in parte irricevibile e in parte infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

IV.    In diritto

A.      Sull’oggetto del ricorso e sulla competenza del Tribunale

46      In via preliminare, va rilevato che, certamente, il ricorrente ha espressamente indicato, tanto nell’atto introduttivo quanto nelle sue risposte ai quesiti scritti del Tribunale, che il ricorso era diretto contro la decisione impugnata.

47      Tuttavia, il Tribunale constata che, nonostante tale affermazione, la definizione dell’oggetto del ricorso in esame non è priva di ambiguità. Infatti, le memorie del ricorrente contengono numerosi argomenti basati sulla presunta violazione del diritto italiano, ed in particolare della Costituzione italiana. Peraltro, una parte sostanziale delle argomentazioni del ricorrente si basa esclusivamente sulla giurisprudenza della Corte costituzionale (Italia) e della Corte suprema di cassazione (Italia). Inoltre, diversi passaggi della domanda indicano, che il ricorrente intende contestare la legittimità della deliberazione n. 14/2018.

48      Peraltro, all’udienza, il difensore del ricorrente ha affermato di fare riferimento alle difese orali dell’avv. Maurizio Paniz, avvocato dei ricorrenti nelle cause riunite Santini e a./Parlamento, T‑345/19, T‑346/19, da T‑364/19 a T‑366/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19.

49      Orbene, poiché l’avv. Paniz ha contestato la validità della deliberazione n. 14/2018 nel corso delle sue difese orali e ha presentato, durante la fase orale del procedimento, elementi di prova a sostegno di tale tesi, occorre ricordare i limiti che si impongono alla competenza del Tribunale nell’ambito di un ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE.

50      A tal riguardo, conformemente all’articolo 263 TFUE, il giudice dell’Unione europea non è competente a statuire sulla legittimità di un atto emanato da un’autorità nazionale (v., in tal senso, ordinanza del 28 febbraio 2017, NF/Consiglio europeo, T‑192/16, EU:T:2017:128, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

51      Tenuto conto di tale giurisprudenza, la valutazione della legittimità della deliberazione n. 14/2018 esula dalla competenza del Tribunale.

52      Inoltre, il Tribunale rileva che gli elementi di prova forniti dall’avv. Paniz nel corso della fase orale del procedimento e ai quali egli si è riferito in udienza sono irrilevanti ai fini dell’esito dei presenti ricorsi. Da un lato, l’avv. Paniz ha trasmesso una copia della decisione n. 2/2020 del 22 aprile 2020, con la quale il Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati ha parzialmente annullato l’articolo 1, paragrafo 7, della deliberazione n. 14/2018. Tuttavia, secondo una giurisprudenza consolidata, nell’ambito di un ricorso di annullamento, la legittimità dell’atto impugnato deve essere valutata alla luce delle circostanze di fatto e di diritto esistenti alla data di adozione dell’atto (v. sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 37 e giurisprudenza citata). L’annullamento parziale della deliberazione n. 14/2018 non ha quindi alcuna conseguenza nel caso di specie, in quanto è successivo alla data di adozione della decisione impugnata. Tale conclusione è tanto più necessaria in quanto, in ogni caso, il Parlamento non ha ricevuto una richiesta di applicare, e quindi non ha applicato, al ricorrente norme identiche a quelle dell’articolo 1, paragrafo 7, della deliberazione n. 14/2018. Dall’altro, l’avv. Paniz ha altresì depositato una copia del dispositivo della sentenza del 25 giugno 2020 della Commissione contenziosa del Senato (Italia). Tuttavia, tale sentenza, pronunciata anch’essa dopo la data di adozione della decisione impugnata, ha ad oggetto la decisione n. 6/2018 dell’Ufficio di presidenza del Senato, e non la deliberazione n. 14/2018. Orbene, è pacifico che, conformemente a quanto prescritto dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il Parlamento ha applicato unicamente norme identiche a quelle della deliberazione n. 14/2018. Infine, il Tribunale constata che il Parlamento ha confermato in udienza che avrebbe applicato, in futuro, qualsiasi modifica del diritto italiano, e in particolare della deliberazione n. 14/2008, che potrebbe risultare dai procedimenti in corso dinanzi al Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, conformemente alla regola di pensione identica.

53      Se è vero che, sulla base dell’articolo 263 TFUE, il Tribunale non può quindi controllare la validità della deliberazione n. 14/2018, esso è, per contro, competente ad esaminare la legittimità degli atti del Parlamento. Pertanto, nell’ambito del presente ricorso di annullamento, il Tribunale può verificare se l’articolo 75 e l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, che istituiscono la regola di pensione identica, non violino le norme di rango superiore del diritto dell’Unione. Analogamente, il Tribunale può esaminare se l’applicazione delle disposizioni della deliberazione n. 14/2018 da parte del Parlamento, ai sensi della regola di pensione identica, sia conforme al diritto dell’Unione. Infine, il Tribunale è anche competente a garantire che la decisione impugnata sia conforme al diritto dell’Unione.

B.      Nel merito

54      A sostegno del suo ricorso di annullamento, il ricorrente deduce due motivi. Il primo motivo verte sul carattere illogico e contraddittorio della motivazione, su un errore di diritto, sul mancato controllo di legittimità della deliberazione n. 14/2018 alla luce dei principi di proporzionalità, di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e di tutela dei diritti acquisiti, ma anche sulla violazione del diritto di proprietà, sulla violazione delle misure di esecuzione e sulla violazione del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013 e (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e che abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1). Il secondo motivo verte sulla contraddittorietà della motivazione, sull’analisi sommaria della conformità della deliberazione n. 14/2018 ai principi generali del diritto dell’Unione, sull’applicazione retroattiva delle disposizioni, sulla violazione di diversi principi generali del diritto dell’Unione e sulla violazione del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

55      Tenuto conto del fatto che tali due motivi si basano, in sostanza, sulla stessa argomentazione, il Tribunale ritiene opportuno esaminarli congiuntamente. Di conseguenza, il Tribunale valuterà in successione le censure derivanti da tali due motivi, vertenti, in primo luogo, sull’illogicità e la contraddittorietà della motivazione nonché sulla violazione delle misure di attuazione e del regolamento 2018/1046, in secondo luogo, sulla violazione del principio della tutela dei diritti acquisiti, in terzo luogo, sulla violazione del principio della certezza del diritto, in quarto luogo, sulla violazione del principio del legittimo affidamento, in quinto luogo, sulla violazione del diritto di proprietà, in sesto luogo, sulla violazione del principio di proporzionalità, in settimo luogo, sulla violazione del principio di uguaglianza e in ottavo luogo sulla violazione del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

56      Il Tribunale ritiene altresì opportuno ricordare che l’esame della legittimità della deliberazione n. 14/2018 alla luce del diritto italiano è riservato alle autorità italiane competenti, mentre spetta al giudice dell’Unione valutare se, applicando le norme di tale deliberazione nella decisione impugnata, il Parlamento abbia violato il diritto dell’Unione (v. punti da 50 a 53, supra). Di conseguenza, il Tribunale valuterà le censure del ricorrente solo nei limiti in cui esse riguardano la decisione impugnata e il diritto dell’Unione.

1.      Sulla prima censura, relativa allillogicità e contraddittorietà della motivazione nonché alla violazione delle misure di esecuzione e del regolamento 2018/1046

57      Il ricorrente deduce, in sostanza, che la decisione impugnata non contiene alcuna motivazione circa la compatibilità dell’applicazione delle norme della deliberazione n. 14/2018 con i principi generali del diritto dell’Unione. A tal riguardo, la decisione impugnata si limiterebbe a rinviare al parere del servizio giuridico. Orbene, tale parere avrebbe concluso che le norme di cui alla deliberazione n. 14/2018 sono automaticamente applicabili alla situazione del ricorrente, senza alcuna valutazione della compatibilità di tali norme con il diritto dell’Unione, in ragione di un’asserita presunzione di legalità del diritto italiano. Tale motivazione sarebbe quindi illogica e contraddittoria, in quanto la presunzione di legalità del diritto italiano non può far sorgere automaticamente una presunzione di legalità di un atto di diritto dell’Unione. Inoltre, tale motivazione, asseritamente illogica e contraddittoria, avrebbe indotto il Parlamento a commettere un errore di diritto, in quanto, sulla base del parere del servizio giuridico, esso avrebbe adottato la decisione impugnata senza averne prima verificato la compatibilità con il diritto dell’Unione. Infine, tale motivazione, che sarebbe illogica e contraddittoria, avrebbe indotto il Parlamento a disattendere diverse disposizioni del regolamento 2018/1046 che impongono, tra l’altro, di garantire la legalità e la regolarità delle operazioni.

58      Il Parlamento conclude per il rigetto della prima censura in quanto in parte irricevibile, poiché mancherebbe di chiarezza e mirerebbe, in particolare, alla verifica della legittimità del parere del servizio giuridico, e in parte infondata.

59      A tal proposito, occorre rammentare che la motivazione prescritta dall’articolo 296, secondo comma, TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Non è richiesto che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione di decidere se la motivazione di un atto soddisfi gli obblighi di cui all’articolo 296, secondo comma, TFUE deve essere risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in tal senso, sentenza del 17 marzo 2011, AJD Tuna, C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 58 e giurisprudenza ivi citata). Per quanto riguarda, in particolare, la motivazione delle decisioni individuali, l’obbligo di motivare tali decisioni ha quindi lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per sapere se una decisione sia eventualmente affetta da un vizio che consenta di contestarne la validità (v. sentenza del 10 novembre 2017, Icap e a./Commissione, T‑180/15, EU:T:2017:795, punto 287 e giurisprudenza ivi citata).

60      Occorre parimenti rammentare che l’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, che attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. La motivazione di una decisione consiste difatti nell’esprimere formalmente i motivi su cui si fonda tale decisione. Siffatta motivazione può essere sufficiente pur esprimendo motivi erronei (v. sentenza del 31 maggio 2018, Korwin-Mikke/Parlamento, T‑352/17, EU:T:2018:319, punto 20 e giurisprudenza ivi citata). Le censure e gli argomenti diretti a contestare la fondatezza di un atto sono, quindi, irrilevanti nell’ambito di un motivo vertente sul difetto o sull’insufficienza di motivazione (v. sentenza del 19 dicembre 2019, ZQ/Commissione, T‑647/18, non pubblicata, EU:T:2019:884, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

61      Sono pertanto irrilevanti gli argomenti del ricorrente secondo cui la decisione impugnata avrebbe dovuto essere preceduta da un’analisi approfondita della compatibilità delle norme della deliberazione n. 14/2018, così come applicate dal Parlamento, con i principi generali del diritto dell’Unione e con le disposizioni del regolamento 2018/1046.

62      Ad abundantiam, anche supponendo che le argomentazioni del ricorrente possano essere prese in considerazione nell’ambito dell’esame di una presunta violazione dell’obbligo di motivazione da parte del Parlamento, esse dovrebbero comunque essere respinte in quanto infondate.

63      È infatti pacifico che la decisione impugnata ha come basi giuridiche l’articolo 75 e l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. Analogamente, non è contestato tra le parti che l’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, è applicabile alla situazione degli ex deputati europei che, come il ricorrente, hanno iniziato a percepire la pensione di anzianità prima del 14 luglio 2009.

64      A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, prevede che «[le] pension[i] di anzianità concess[e] in virtù [dell’allegato] III della regolamentazione SID continuano a essere versate in applicazione di dett[o] allegat[o] ai titolari che beneficiavano delle prestazioni prima dell’entrata in vigore dello statuto».

65      Peraltro, l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, dal canto suo, sancisce la regola di pensione identica, al centro della causa in esame, nei seguenti termini:

«L’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo».

66      La formulazione imperativa di tale disposizione – «[l]’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente» – non lascia alcun margine al Parlamento per un metodo di calcolo autonomo. Fatto salvo il rispetto delle norme di rango superiore del diritto dell’Unione, compresi i principi generali del diritto e la Carta, il Parlamento è tenuto a determinare il livello e le modalità della pensione di anzianità di un ex deputato europeo rientranti nell’ambito di applicazione dell’allegato III sulla base di quelle definite nel diritto nazionale applicabile, vale a dire, nel caso di specie, sulla base delle norme definite nella deliberazione n. 14/2018.

67      Del pari, l’uso del presente indicativo – «corrispondono esattamente» – implica che tale obbligo di applicare le stesse norme relative al livello e alle modalità fissate dal diritto dello Stato membro interessato non si limita a disciplinare la situazione passata degli ex deputati, vale a dire prima dell’adozione dello statuto dei deputati, ma continua a esplicare i suoi effetti finché sono versate le pensioni di anzianità.

68      Tale duplice interpretazione è rafforzata dall’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, il quale indica espressamente che le pensioni di anzianità «continuano a essere versate» in applicazione dell’allegato III. Anche in questo caso, il ricorso a una formulazione imperativa e al presente indicativo conferma, da un lato, la permanenza delle norme contenute nell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, anche dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati, e, dall’altro, l’assenza di un margine di manovra del Parlamento quanto alla loro applicazione.

69      Ne consegue che l’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, e l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, letti in combinato disposto, esigono espressamente che il Parlamento applichi, in ogni momento, le stesse norme relative all’importo e alle modalità delle pensioni fissate dal diritto dello Stato membro interessato. Come già indicato al punto 66 supra, il Parlamento può sottrarsi a tale obbligo solo nell’ipotesi in cui, alla luce del principio della gerarchia delle norme, l’attuazione di tali norme comporti la violazione di una norma di rango superiore del diritto dell’Unione.

70      Se è vero, quindi, che il Parlamento era tenuto ad applicare le norme contenute nella deliberazione n. 14/2018, è invece irrilevante che non abbia prima effettuato una verifica approfondita della compatibilità di tali norme con i principi generali del diritto dell’Unione e con le disposizioni del regolamento 2018/1046. Infatti, una siffatta verifica non costituisce una formalità procedurale obbligatoria alla quale il Parlamento sarebbe stato vincolato prima di adottare le decisioni impugnate. È importante unicamente che gli effetti concreti di tali decisioni non ledano norme di rango superiore del diritto dell’Unione.

71      Orbene, il ricorrente non ha fatto valere alcun argomento preciso e concreto diretto a dimostrare che l’applicazione delle norme della deliberazione n. 14/2018 avrebbe condotto il Parlamento a violare i principi generali del diritto dell’Unione e le disposizioni del regolamento 2018/1046, di modo che tale istituzione avrebbe dovuto astenersi, conformemente a quanto affermato ai punti 66 e 69 supra, dall’adottare la decisione impugnata.

72      Pertanto, la prima censura dev’essere respinta.

2.      Sulla seconda censura, relativa alla violazione del principio di tutela dei diritti acquisiti

73      Il ricorrente deduce, in sostanza, che la decisione impugnata, applicando le norme della deliberazione n. 14/2018 e riducendo così l’importo della sua pensione, ha violato il principio della tutela dei diritti acquisiti.

74      Il Parlamento conclude per il rigetto della seconda censura in quanto irricevibile, poiché il ricorrente si limiterebbe a considerazioni molto generiche senza esporre argomentazioni dettagliate che dimostrino la violazione del principio di cui trattasi nel caso di specie.

75      A tale proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale conformemente all’articolo 53, primo comma, dello stesso Statuto, e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, il ricorso deve contenere, in particolare, l’oggetto della controversia e un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Dalla giurisprudenza risulta che tale esposizione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di esercitare il suo controllo. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali un ricorso si basa devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo del ricorso stesso. Il ricorso deve, pertanto, esporre esplicitamente in cosa consista il motivo su cui è fondato, sicché la sua semplice enunciazione astratta non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2020, Elche Club de Fútbol/Commissione, T‑901/16, EU:T:2020:97, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

76      Nel caso di specie, come ha sottolineato il Parlamento, è evidente che il ricorrente si è limitato a presentare considerazioni molto generiche. D’altra parte, egli non ha fatto valere alcun argomento concreto e preciso diretto a dimostrare che la decisione impugnata avrebbe violato il principio della tutela dei diritti acquisiti. Pertanto, conformemente alla giurisprudenza di cui al punto 75 supra, la seconda censura è irricevibile.

77      Ad abundantiam, anche supponendo che, nonostante tale assenza di argomenti precisi e concreti, la seconda censura fosse ricevibile, essa dovrebbe comunque essere respinta in quanto infondata.

78      Anche se l’applicazione dell’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, letti in combinato disposto, comporta, come nel caso di specie, una riduzione dell’importo della pensione, ciò non può tuttavia essere considerato lesivo dei diritti a pensione di anzianità maturati del ricorrente.

79      Infatti, il combinato disposto dell’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, e dell’allegato III indica che i diritti alla pensione di anzianità maturati, derivanti dai contributi versati dagli ex deputati, costituiscono solo la base di calcolo di tali pensioni di anzianità. D’altro canto, nessuna disposizione dell’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, e dell’allegato III garantisce l’immutabilità dell’importo di tali pensioni. I diritti a pensione acquisiti di cui all’articolo 75 non devono essere confusi con un presunto diritto a ricevere un importo fisso di pensione.

80      Tale interpretazione della regola di pensione identica non è inficiata dal considerando 7 delle misure di attuazione, al quale il ricorrente fa riferimento. Infatti, tale considerando si limita a precisare che i diritti alla pensione prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati sono garantiti dopo tale data. Tuttavia, tale considerando non indica che l’importo delle suddette pensioni non possa essere modificato, tanto al rialzo, quanto al ribasso. Pertanto, tale considerando non fa che confermare la sostanza dell’articolo 75, paragrafo 1, letto in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

81      Né tale interpretazione è inficiata dall’articolo 75, paragrafo 2, prima frase. È vero che tale disposizione prevede che «[i] diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto in applicazione dell’allegato III succitato restano acquisiti». Tuttavia, al pari del considerando 7 delle misure di attuazione, il suddetto articolo 75, paragrafo 2, prima frase, non indica che l’importo delle suddette pensioni non possa essere modificato, tanto a vantaggio quanto a svantaggio dei loro beneficiari. Inoltre, un’interpretazione sistematica di tale articolo 75 comporta in ogni caso l’inapplicabilità del suo paragrafo 2 agli ex deputati i quali, come il ricorrente, hanno iniziato a percepire la pensione di anzianità prima del 14 luglio 2009.

82      Tale interpretazione non è neanche in contrasto con l’articolo 28 dello statuto dei deputati. Infatti, è sufficiente constatare che l’articolo 28 dello statuto dei deputati si applica, secondo la sua lettera, solo ai diritti a pensione che i deputati hanno acquisito «a norma della legislazione nazionale». Orbene, nel caso di specie, le pensioni di anzianità del ricorrente non sono state acquisite a norma di una legislazione nazionale, ma sulla base delle disposizioni dell’allegato III. Inoltre, lo stesso ricorrente riconosce, nelle sue memorie, che le pensioni non sono a carico della Repubblica italiana, ma del Parlamento. L’articolo 28 dello statuto dei deputati è quindi inapplicabile alle pensioni del ricorrente, dal momento che queste ultime rientrano in un regime pensionistico dell’Unione, e non in un regime pensionistico nazionale.

83      Infine, il Tribunale constata che la mancanza di immutabilità dell’importo delle pensioni versate ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III è confermata dalla prassi. Infatti, in risposta ai quesiti scritti del Tribunale, il Parlamento ha indicato, con elementi di prova a supporto, che, prima dell’adozione della deliberazione n. 14/2018, l’importo delle pensioni di anzianità di una decina di ex deputati europei, eletti in Italia, era già stato ridotto per tener conto della deliberazione n. 210/2017 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati. In senso contrario, il Parlamento ha precisato, altresì con elementi di prova a supporto, che il livello delle pensioni di anzianità di taluni ex deputati europei, eletti in Italia, era aumentato, tra il 2002 e il 2005, in applicazione dell’aumento dell’importo dell’indennità parlamentare deciso dall’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati.

84      Nel caso di specie, in applicazione dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il Parlamento si è limitato ad adeguare l’importo e le modalità delle pensioni di anzianità o di reversibilità del ricorrente per tener conto delle nuove regole di calcolo fissate dalla deliberazione n. 14/2018. Pertanto, sono state modificate solo le regole di calcolo dell’importo di tali pensioni di anzianità o di reversibilità, in applicazione delle nuove prescrizioni della deliberazione n. 14/2018. Il ricorrente non ha peraltro sostenuto che il Parlamento aveva male applicato le norme della deliberazione n. 14/2018. Da parte sua, il Parlamento non ha rimesso in discussione i diritti alla pensione di anzianità maturati dal ricorrente prima del 14 luglio 2009.

85      Del resto, e a titolo di raffronto, il Tribunale constata che la possibilità di una revisione dell’importo delle pensioni è già stata ammessa dalla giurisprudenza nell’ambito del contenzioso della funzione pubblica dell’Unione. Secondo quest’ultima, occorre operare una distinzione netta tra la determinazione del diritto a pensione e il pagamento delle prestazioni che ne derivano. Infatti, secondo la giurisprudenza, i diritti quesiti in termini di fissazione della pensione non sono violati quando le variazioni negli importi effettivamente versati derivino da evoluzioni legislative o regolamentari che non ledono il diritto a pensione propriamente detto (v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2006, Campoli/Commissione, T‑135/05, EU:T:2006:366, punti 79 e 80 e giurisprudenza ivi citata).

86      Alla luce delle considerazioni che precedono, il Parlamento ha soddisfatto l’obbligo ad esso incombente ai sensi dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III applicando le norme della deliberazione n. 14/2018 e, di conseguenza, adottando le decisioni impugnate. Dall’insieme di tali elementi risulta che il Parlamento poteva validamente basarsi sull’articolo 75 e sulle norme dell’allegato III, senza violarne le disposizioni, per adottare le decisioni impugnate.

87      Ne consegue che la seconda censura dev’essere respinta.

3.      Sulla terza censura, relativa alla violazione del principio di certezza del diritto

88      Il ricorrente deduce, in sostanza, che la decisione impugnata, applicando le norme della deliberazione n. 14/2018 e, pertanto, riducendo l’importo della sua pensione, ha violato il principio della certezza del diritto.

89      Il Parlamento conclude per il rigetto della terza censura, in quanto irricevibile, poiché il ricorrente si limiterebbe a considerazioni molto generiche senza esporre argomenti dettagliati che dimostrino la violazione del principio di cui trattasi nel caso di specie.

90      A questo proposito, come ha sottolineato il Parlamento, è evidente che il ricorrente si è limitato a presentare considerazioni molto generiche. D’altra parte, egli non ha fatto valere alcun argomento concreto e preciso diretto a dimostrare che la decisione impugnata avrebbe violato il principio della certezza del diritto. Pertanto, conformemente alla giurisprudenza di cui al punto 75 supra, la terza censura è irricevibile.

91      Ad abundantiam, anche supponendo che, nonostante tale assenza di argomenti precisi e concreti, la terza censura fosse ricevibile, essa dovrebbe comunque essere respinta in quanto infondata.

92      Il principio di certezza del diritto, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che le norme giuridiche siano chiare e precise ed è inteso a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nel diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento, T‑439/09, EU:T:2011:600, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

93      A tale proposito, il Tribunale ritiene opportuno sottolineare, come già rilevato ai punti da 78 a 87 supra, che il Parlamento non è autorizzato a modificare i diritti a pensione acquisiti. Né l’articolo 75 né l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III gli conferiscono un siffatto potere. Al contrario, tali disposizioni richiedono il rispetto di tali diritti alla pensione di anzianità acquisiti. Tuttavia, ciò non comporta che l’importo di dette pensioni sia stato definitivamente stabilito prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati e che sia immutabile.

94      Dopo aver formulato tali osservazioni, occorre accertare se l’adozione della decisione impugnata, sulla base di tali disposizioni, abbia violato il principio della certezza del diritto.

95      Risulta dai punti da 64 a 69 supra che l’articolo 75 prevede, in modo chiaro e preciso, che l’importo delle pensioni di anzianità sia calcolato secondo le prescrizioni dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il quale stabilisce la regola di pensione identica e dispone che «[l’]importo e le modalità [delle pensioni di anzianità] corrispondono esattamente» a quelle che ricevono, nel caso di specie, i membri della Camera dei deputati.

96      Tali norme, che non sono state modificate dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati, prevedono quindi esplicitamente l’ipotesi di una revisione, al rialzo o al ribasso, dell’importo delle pensioni di anzianità per tener conto delle pertinenti evoluzioni del diritto dello Stato membro interessato. Inoltre, va ricordato che, al punto 86 supra, si è concluso che l’adozione delle decisioni impugnate era conforme alle disposizioni dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

97      L’applicazione retroattiva di un atto senza che sia violato il principio di certezza del diritto presuppone che un’indicazione sufficientemente chiara, vuoi nella sua lettera, vuoi nei suoi obiettivi, consenta di concludere che tale atto non disponga esclusivamente per l’avvenire (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2014, Panasonic Italia e a., C‑472/12, EU:C:2014:2082, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

98      È vero che la decisione impugnata è stata adottata l’11 giugno 2019 e che essa produce i suoi effetti anteriormente a tale data, vale a dire al 1º gennaio 2019. Tuttavia, tali elementi non sono sufficienti, di per sé, a dimostrare che il Parlamento abbia violato il principio della certezza del diritto applicando i nuovi importi delle pensioni a partire da tale data.

99      Il fatto che gli importi delle pensioni del ricorrente siano stati modificati dal 1º gennaio 2019 si spiega con l’obbligo, gravante sul Parlamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, di applicare alle pensioni le stesse modalità fissate dal diritto dello Stato membro interessato. Orbene, la determinazione del punto di partenza dell’applicazione delle nuove regole di calcolo di dette pensioni fa incontestabilmente parte di tali «modalità».

100    A tal riguardo, risulta esplicitamente dall’articolo 1, paragrafo 1, della deliberazione n. 14/2018 che «[a] decorrere dal 1º gennaio 2019 gli importi [delle pensioni] sono rideterminati secondo le modalità previste dalla presente deliberazione».

101    Di conseguenza, in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il ricorrente non aveva più il diritto di pretendere, a partire dal 1º gennaio 2019, il beneficio della sua pensione, come calcolata prima di tale data. Al contrario, a partire dal 1º gennaio 2019, solo le pensioni il cui importo era stato adeguato nel rispetto delle regole fissate dalla deliberazione n. 14/2018, erano esigibili e pagabili.

102    È vero che sarebbe stato preferibile che la decisione impugnata fosse stata adottata prima del 1º gennaio 2019 e non dopo tale data. Tuttavia, tale circostanza è irrilevante nel caso di specie. L’obbligo di applicare, con effetto a tale data, le nuove regole di calcolo alle pensioni del ricorrente non deriva dalla decisione impugnata, ma dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. In tal senso, la decisione impugnata si limita a trarre le conseguenze derivanti direttamente dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III e che implicano, pertanto, che le somme indebitamente versate tra il 1º gennaio 2019 e la sua data di adozione, ossia l’11 giugno 2019, devono essere rimborsate.

103    Da tali elementi risulta che il ricorrente non ha dimostrato che il principio della certezza del diritto sia stato violato nel caso di specie. Infatti, le norme dell’allegato III comportavano che il nuovo importo delle pensioni del ricorrente entrasse in vigore il 1º gennaio 2019. Orbene, le norme dell’allegato III sono ampiamente anteriori al 1º gennaio 2019 e non successive a tale data. Inoltre, il ricorrente non ha sostenuto, e nessun elemento del fascicolo ne attesta, che il Parlamento aveva applicato tali nuovi importi prima del 1º gennaio 2019, vale a dire prima della data stabilita a tal fine dalla deliberazione n. 14/2018. Infine, come indicato al punto 19 supra, nel febbraio 2019 il Parlamento aveva confermato al ricorrente l’applicabilità automatica di tale stessa deliberazione alla sua situazione. Così facendo, il ricorrente era stato informato della modifica delle regole applicabili al calcolo dell’importo della loro pensione prima che la decisione impugnata fosse adottata.

104    Pertanto, la terza censura dev’essere respinta.

4.      Sulla quarta censura, relativa alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

105    Il ricorrente deduce, in sostanza, che la decisione impugnata, applicando le norme della deliberazione n. 14/2018 e, quindi, riducendo l’importo della sua pensione, ha violato il principio della tutela del legittimo affidamento.

106    Il Parlamento conclude per il rigetto della quarta censura, in quanto irricevibile, poiché il ricorrente si limiterebbe a considerazioni molto generiche senza esporre argomenti dettagliati che dimostrino la violazione di tale principio nel caso di specie.

107    A tale proposito, come ha sottolineato il Parlamento, è evidente che il ricorrente si è limitato a presentare considerazioni molto generiche. D’altra parte, egli non ha fatto valere alcun argomento concreto e preciso diretto a dimostrare che la decisione impugnata avrebbe violato il principio della tutela del legittimo affidamento. Pertanto, in conformità alla giurisprudenza di cui al punto 75 supra, la quarta censura è irricevibile.

108    Ad abundantiam, anche supponendo che, nonostante tale assenza di argomenti precisi e concreti, la quarta censura fosse ricevibile, essa dovrebbe comunque essere respinta in quanto infondata.

109    Secondo una giurisprudenza costante, il diritto di far valere la tutela del legittimo affidamento si estende a qualsiasi singolo che si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione ha fatto sorgere nei suoi confronti fondate aspettative. Costituiscono un esempio di assicurazioni idonee a far nascere fondate aspettative informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanano da fonti autorizzate e affidabili. Per contro, nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise che gli abbia fornito l’amministrazione. Infine, le assicurazioni fornite devono essere conformi alle norme applicabili (v. in tal senso sentenza del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e Consiglio, C‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

110    Va anzitutto ricordato, per ragioni analoghe a quelle esposte al punto 93 supra, che il Parlamento non è autorizzato a modificare i diritti a pensione acquisiti. Solo la modifica dell’importo di dette pensioni è consentita sul fondamento dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

111    Peraltro, il ricorrente non ha né dimostrato né sostenuto che il Parlamento gli ha fornito assicurazioni diverse da quelle contenute nell’articolo 75 e nell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. Orbene, è evidente che tali due articoli non prevedono l’immutabilità dell’importo della pensione del ricorrente.

112    Infatti, come risulta dai punti da 66 a 69 supra, l’unica assicurazione precisa e incondizionata data al ricorrente dal Parlamento consisteva nel garantirgli il beneficio di una pensione il cui livello e le cui modalità sono identici a quelli della pensione percepita dai membri della camera bassa dello Stato membro in cui egli è stato eletto, nel caso di specie i membri della Camera dei deputati.

113    Applicando fedelmente le norme della deliberazione n. 14/2018 ai fini dell’adozione della decisione impugnata, il Parlamento non si è quindi discostato dalla garanzia che aveva fornito al ricorrente quando quest’ultimo ha aderito al regime pensionistico organizzato dall’allegato III.

114    Pertanto, la quarta censura dev’essere respinta.

5.      Sulla quinta censura, relativa alla violazione del diritto di proprietà

115    Il ricorrente deduce, in sostanza, che la decisione impugnata, applicando le norme della deliberazione n. 14/2018 e, quindi, riducendo l’importo della sua pensione, ha violato il suo diritto di proprietà.

116    Il Parlamento conclude per il rigetto della quinta censura in quanto irricevibile poiché il ricorrente si limiterebbe a considerazioni molto generiche senza esporre argomenti dettagliati che dimostrino la violazione del diritto di proprietà nel caso di specie.

117    A tal proposito, come ha sottolineato il Parlamento, è evidente che il ricorrente si è limitato a presentare considerazioni molto generiche. D’altra parte, egli non ha fatto valere alcun argomento concreto e preciso diretto a dimostrare che la decisione impugnata avrebbe violato il suo diritto di proprietà. Pertanto, conformemente alla giurisprudenza di cui al punto 75 supra, la quinta censura è irricevibile.

118    Ad abundantiam, anche supponendo che, nonostante tale assenza di argomenti precisi e concreti, la quinta censura fosse ricevibile, essa dovrebbe comunque essere respinta in quanto infondata.

119    Secondo la giurisprudenza, il diritto di proprietà, come garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, costituisce un diritto fondamentale del diritto dell’Unione, il cui rispetto è una condizione di legittimità degli atti dell’Unione. Inoltre, tale disposizione, che enuncia il diritto di ogni individuo di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, enuncia una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (v., in tal senso, sentenza del 23 maggio 2019, Steinhoff e a./BCE, T‑107/17, EU:T:2019:353, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

120    Tuttavia, occorre ricordare che il diritto di proprietà garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non è assoluto e che il suo esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione. Ne consegue, come risulta dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, che possono apportarsi restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà, a condizione che tali restrizioni siano previste dalla legge, che rispondano effettivamente agli obiettivi di interesse generale perseguiti e non costituiscano, rispetto allo scopo prefissato, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto così garantito (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punti 51 e 53 e giurisprudenza ivi citata).

121    Per determinare, infine, la portata del diritto fondamentale al rispetto della proprietà, occorre prendere in considerazione, alla luce dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, l’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, il quale sancisce tale diritto (v. sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

122    Nel caso di specie, occorre ricordare che la decisione impugnata applica, conformemente alla regola di pensione identica, il nuovo metodo di calcolo stabilito dalla deliberazione n. 14/2008 alle pensioni di anzianità del ricorrente. Per quanto riguarda più in particolare la censura in esame, relativa a una violazione del diritto di proprietà, quale garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, è giocoforza constatare che il ricorrente non deduce alcun elemento concreto secondo il quale tale diritto garantisce un livello di protezione diverso, o addirittura superiore, rispetto alle garanzie assicurate dal diritto italiano. Il Tribunale constata che la legittimità della deliberazione n. 14/2018 è attualmente in corso di esame dinanzi al Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati e che il Parlamento ha indicato in udienza che, in futuro, esso applicherà alle pensioni del ricorrente, conformemente alla regola di pensione identica, qualsiasi modifica della deliberazione n. 14/2018, adottata dalle autorità italiane competenti.

123    Nel caso di specie, è pacifico che il Parlamento non ha privato il ricorrente di una parte dei suoi diritti a pensione, ma si è limitato ad applicare la riduzione dell’importo di tali pensioni prevista dalle disposizioni applicabili in materia. Inoltre, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, il Parlamento ha fornito una tabella che precisava la portata di tale riduzione. Secondo i dati presentati dal Parlamento, la percentuale di tale riduzione è pari al 47% e il nuovo importo della sua pensione è pari a EUR 1 644, il che è confermato, in sostanza, dal ricorrente nella domanda. Occorre constatare che la pensione del ricorrente è legata alla durata del suo mandato di deputato europeo, ossia cinque anni, e che il nuovo metodo di calcolo si basa sui suoi contributi individuali, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, della deliberazione n. 14/2008. In ogni caso, il ricorrente non sviluppa argomenti circostanziati e individuali relativi all’entità della riduzione dell’importo della pensione nel suo caso specifico. Egli si limita a dedurre argomenti di natura più generale secondo i quali il diritto di proprietà escluderebbe le riduzioni dell’importo della pensione nel caso di specie a causa della loro asserita retroattività e dell’asserita mancanza di interesse pubblico prevalente. Occorre peraltro ricordare che la valutazione della legittimità di un atto dell’Unione alla luce dei diritti fondamentali non può basarsi su affermazioni relative alle conseguenze di tale atto in un caso particolare (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2020, Commissione e Consiglio/Carreras Sequeros e a., C‑119/19 P et C‑126/19 P, EU:C:2020:676, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

124    A tal riguardo, occorre aggiungere quanto segue.

125    È già stato dichiarato che, quando una normativa prevede il pagamento automatico di una prestazione sociale, come una pensione di anzianità o di reversibilità, essa genera un interesse patrimoniale che rientra, per le persone che soddisfano le condizioni in essa previste, nell’ambito di applicazione dell’articolo 17 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 50 e giurisprudenza ivi citata). La pensione del ricorrente rientra quindi nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 17 della Carta.

126    Peraltro, anche se la decisione impugnata non comporta una pura e semplice privazione delle pensioni del ricorrente, resta il fatto che essa ne riduce l’importo. In tal senso, la decisione impugnata restringe il diritto di proprietà del ricorrente (v., in tal senso, Corte EDU, 1° settembre 2015, Da Silva Carvalho Rico c. Portogallo, CE:ECHR:2015:0901DEC001334114, punti da 31 a 33 e giurisprudenza ivi citata). Del resto, il Parlamento ha ammesso l’esistenza di una siffatta restrizione durante l’udienza.

127    Occorre quindi verificare se tale restrizione rispetti il contenuto essenziale del diritto di proprietà del ricorrente, se sia prevista dalla legge, se risponda ad un obiettivo di interesse generale e se sia necessaria a tal fine.

128    In primo luogo, il diritto di proprietà, come sancito dall’articolo 17 della Carta, non può essere interpretato nel senso che conferisce il diritto a una pensione di un determinato importo (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

129    In secondo luogo, la restrizione al diritto di proprietà del ricorrente di cui trattasi nel caso di specie è prevista dalla legge.

130    Da un lato, la decisione impugnata si basa sull’articolo 75 e sull’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. A tal riguardo, è stato rilevato supra al punto 96, che le norme dell’allegato III non erano state modificate dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati. Inoltre, l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III richiede che l’importo delle pensioni sia adeguato, al ribasso o al rialzo, per tener conto delle evoluzioni legislative o regolamentari pertinenti nello Stato membro interessato. Pertanto, le decisioni impugnate, pur adeguando l’importo delle pensioni del ricorrente, non hanno modificato il contenuto del diritto alla pensione come definito dal diritto dell’Unione.

131    Dall’altro, il Tribunale constata che le nuove regole di calcolo di tale pensione sono fissate, con sufficiente chiarezza e precisione, dalle disposizioni della deliberazione n. 14/2018, il che del resto non viene contestato dal ricorrente. Inoltre, la circostanza che la deliberazione non abbia la forma di una «legge» nel diritto italiano non ha alcuna rilevanza. Secondo una giurisprudenza costante, la nozione di «legge» deve essere intesa nella sua accezione «sostanziale» e non «formale». Di conseguenza, essa include l’insieme rappresentato dal diritto scritto, compresi i testi di rango infralegislativo, nonché la giurisprudenza che la interpreta [v. Corte EDU, 18 gennaio 2018, Fédération nationale des associations et syndicats de sportifs (FNASS) e altri c. Francia, CE:ECHR:2018:0118JUD 004815111, punto 160 e giurisprudenza ivi citata].

132    In terzo luogo, il Parlamento afferma che la giustificazione della restrizione al diritto di proprietà del ricorrente figura nella deliberazione n. 14/2018, poiché è l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati che ha scelto di adeguare il metodo di calcolo delle pensioni versate ai membri di tale camera. Più precisamente, la deliberazione n. 14/2018 sarebbe giustificata dall’obiettivo di adeguare l’importo delle pensioni versate a tutti i deputati al sistema di calcolo contributivo.

133    A tal riguardo, il Tribunale rileva che, tenuto conto dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, l’adozione della decisione impugnata dipende necessariamente dalle scelte operate dalle autorità italiane competenti. Pertanto, la valutazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito non può prescindere dagli scopi che hanno presieduto all’adozione della deliberazione n. 14/2018.

134    Su questo punto, occorre constatare che l’obiettivo invocato dal Parlamento è esplicitamente menzionato nel preambolo della deliberazione n. 14/2018. Infatti, viene ivi precisato che tale decisione mira a «procedere ad una rideterminazione secondo il metodo di calcolo contributivo della misura degli assegni vitalizi, delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata e dei trattamenti di reversibilità maturati sulla base della normativa vigente alla data del 31 dicembre 2011» e a «evitare che il ricalcolo del trattamento in essere possa determinarne un importo superiore a quello erogato attualmente».

135    Inoltre, anche se il ricorrente sostiene che non è stato invocato alcun interesse generale specifico per giustificare tale violazione del suo diritto di proprietà, egli stesso riconosce che l’adozione della deliberazione n. 14/2018 si inserisce in un intervento più generale e mira a ridurre le spese a carico della Repubblica italiana. Certo, al punto 29 del ricorso, il ricorrente afferma, in modo assoluto, che nella deliberazione n. 14/2018 «non vi è una giustificazione» che indichi l’obiettivo di interesse generale conseguito dalle autorità italiane. Al punto 20 del ricorso, il ricorrente ribadisce, anche se in modo meno assoluto, che «la deliberazione n. 14/2018 si basa non tanto su esigenze di Bilancio pubblico dinanzi ad una crisi economica (almeno, non ve ne è cenno)». Ciò premesso, al punto 19 del ricorso, egli concorda sul fatto che, in tale contesto, l’obiettivo perseguito «[può] anche consistere nel necessario contenimento della spesa pubblica dinanzi ad una crisi economica». Al punto 22 del ricorso si conviene, anche se ancora in forma ipotetica, che la deliberazione n. 14/2018 può «avere un intento riequilibratore per le finanze nazionali». Tuttavia, al punto 10 del ricorso, esso ammette, implicitamente ma necessariamente, che la deliberazione n. 14/2018 ha lo scopo di ridurre le spese pubbliche, poiché assicura che tale decisione «non dimostra il beneficio per i bilanci dello Stato [italiano]». Risulta pertanto dalle memorie del ricorrente che, nonostante alcuni dinieghi, quest’ultimo ha chiaramente stabilito un nesso tra l’adozione della deliberazione n. 14/2018 e l’obiettivo di ridurre le spese a carico della Repubblica italiana in un momento di crisi economica.

136    Da tali elementi si deduce che la deliberazione n. 14/2018 ha lo scopo di razionalizzare le spese pubbliche in un contesto di rigore di bilancio. Orbene, il giudice dell’Unione ha già riconosciuto che un siffatto obiettivo costituisce un obiettivo di interesse generale tale da giustificare una limitazione dei diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 56 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza del 14 dicembre 2018, FV/Consiglio, T‑750/16, EU:T:2018:972, punto 108).

137    Tale obiettivo legittimo deve altresì essere constatato per quanto riguarda la decisione impugnata, dal momento che l’adozione di quest’ultima non presenta alcuna ragion d’essere autonoma, ma, al contrario, come precisato al punto 133 supra, dipende dalle scelte operate dalle competenti autorità italiane. Inoltre, la decisione impugnata persegue allo stesso tempo l’obiettivo legittimo, esplicitamente affermato dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, di concedere al ricorrente pensioni il cui livello e le cui modalità sono identici a quelli della pensione che percepiscono i membri della Camera dei deputati.

138    In quarto luogo, per quanto riguarda la necessità della deliberazione n. 14/2018 e, di conseguenza, quella della decisione impugnata, la Corte ha già dichiarato che, tenuto conto del contesto economico particolare che imperversa da diversi anni, gli Stati membri dispongono di un ampio margine discrezionale in sede di adozione di decisioni in materia economica e si trovano nella posizione migliore per definire le misure idonee a realizzare l’obiettivo perseguito (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 57). Parimenti, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha già considerato che la decisione di legiferare in materia di prestazioni sociali comporta di norma un esame di questioni di ordine politico, economico e sociale. Ne discende che agli Stati viene lasciato un ampio margine di valutazione, in particolare per l’adozione di politiche di risparmio di denaro pubblico o di leggi che introducono misure di austerità imposte da una grave crisi economica (v., in tal senso, Corte EDU, 10 luglio 2018, Achille Claudio Aielli e altri c. Italia e Giovanni Arboit e altri c. Italia, CE:ECHR:2018:0710DEC002716618, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

139    Orbene, il ricorrente non ha dimostrato che le regole fissate dalla deliberazione n. 14/2018 non erano necessarie per raggiungere gli obiettivi perseguiti, quali descritti ai punti 136 e 137 supra. Il ricorrente non ha neppure menzionato l’esistenza di altre misure meno restrittive che avrebbero consentito di raggiungere i detti obiettivi.

140    Inoltre, risulta dai punti 13 e 16 del parere del servizio giuridico che la deliberazione n. 14/2018 contiene un certo numero di disposizioni che garantiscono la sua proporzionalità, e in particolare l’articolo 1, paragrafi 6 e 7, di tale deliberazione. A tal riguardo, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, il Parlamento ha fornito una tabella nella quale risulta che esso ha applicato le norme di cui all’articolo 1, paragrafo 6, della deliberazione n. 14/2018 a favore del ricorrente. Quest’ultimo, tuttavia, non ha contestato questo elemento di fatto né per iscritto, dopo essere stato messo a conoscenza della tabella, né all’udienza. Orbene, conformemente alle norme dell’articolo 1, paragrafo 6, della deliberazione n. 14/2018, il nuovo importo della sua pensione, quale ricalcolato, è stato aumentato della metà. Parimenti, in udienza, il Parlamento ha sostenuto, senza essere contraddetto dal ricorrente, che quest’ultimo aveva chiesto l’applicazione delle norme di cui all’articolo 1, paragrafo 7, della deliberazione n. 14/2018. Orbene, tali norme consentono di aumentare l’importo della pensione di persone che non percepiscono altri redditi annui di ammontare superiore alla misura annua dell’assegno sociale, affette da patologie gravi che richiedano la somministrazione di terapie salvavita o da stati patologici sottesi a situazioni di invalidità al 100%. Infine, se le affermazioni del ricorrente devono essere intese come una critica al fatto che egli potrebbe rivolgere tale richiesta solo al Parlamento, e non al Collegio dei deputati o ai Questori della Camera dei deputati italiana, è sufficiente constatare che ciò deriva dal fatto che il Parlamento è l’autorità competente ad applicare la regola della pensione identica e, con tale mezzo, a decidere, mutatis mutandis, se applicare o meno l’articolo 1, paragrafo 7, della deliberazione n. 14/2018.

141    Quanto alle conseguenze delle decisioni impugnate per il ricorrente, il Tribunale non esclude, certamente, che esse possano raggiungere una determinata soglia di gravità. Tuttavia, di per sé, tale soglia di gravità non consente di concludere che la decisione impugnata genera inconvenienti sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti, in particolare considerando l’entità delle riduzioni dell’importo della pensione in questione, vale a dire EUR 1 664, valutato in relazione alla durata del suo mandato di deputato europeo interessato, ossia cinque anni, e il fatto che il nuovo metodo di calcolo prende in considerazione il contributo individuale di quest’ultimo. Inoltre, il ricorrente si limita a osservare che l’importo della sua pensione è stato ridotto del 47%, il che lo colpirebbe «in modo significativo», mentre il risparmio sarebbe «di scarsa rilevanza» per il bilancio dell’Unione. In mancanza di elementi concreti, non si può quindi constatare che il ricorrente sopporterebbe un onere individuale esorbitante rispetto all’obiettivo perseguito. In ogni caso, la valutazione della legittimità di un atto dell’Unione alla luce dei diritti fondamentali non può basarsi su affermazioni relative alle conseguenze di tale atto in un caso particolare (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2020, Commissione e Consiglio/Carreras Sequeros e a., C‑119/19 P e C‑126/19 P, EU:C:2020:676, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

142    Da quanto precede risulta che il ricorrente non ha dimostrato che la decisione impugnata ha violato in modo ingiustificato o sproporzionato il suo diritto di proprietà.

143    Pertanto, la quinta censura dev’essere respinta.

6.      Sulla sesta censura, relativa alla violazione del principio di proporzionalità

144    Il ricorrente deduce, in sostanza, che la decisione impugnata, applicando le norme della deliberazione n. 14/2018 e, pertanto, riducendo l’importo della sua pensione, ha violato il principio di proporzionalità.

145    Il Parlamento conclude per il rigetto della sesta censura, in quanto irricevibile, poiché il ricorrente si limita a considerazioni molto generiche, senza esporre argomenti dettagliati che dimostrino la violazione del principio di cui trattasi nel caso di specie.

146    A tal proposito, come ha sottolineato il Parlamento, è evidente che il ricorrente si è limitato a presentare considerazioni molto generiche. D’altra parte, egli non ha fatto valere alcun argomento concreto e preciso diretto a dimostrare che la decisione impugnata avrebbe violato il principio di proporzionalità. Pertanto, conformemente alla giurisprudenza di cui al punto 75 supra, il sesto reclamo è irricevibile.

147    Ad abundantiam, anche supponendo che, nonostante tale assenza di argomenti precisi e concreti, la sesta censura fosse ricevibile, essa dovrebbe comunque essere respinta in quanto infondata per le ragioni esposte ai punti da 138 a 141 supra.

148    Pertanto, la sesta censura dev’essere respinta.

7.      Sulla settima censura, relativa ad una violazione del principio di uguaglianza

149    Il ricorrente deduce, in sostanza, che le disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 6, della deliberazione n. 14/2018 sono discriminatorie in base all’età, in quanto riservano il beneficio della correzione della riduzione dell’importo delle pensioni solo agli ex deputati che subiscono una riduzione superiore al 50%. Una tale correzione favorisce gli ex deputati più giovani, cosicché il ricorrente non avrebbe potuto beneficiare di tale correzione.

150    Il Parlamento conclude per il rigetto della settima censura, in quanto irricevibile, poiché il ricorrente si limiterebbe a contestare la legittimità della deliberazione n. 14/2018 secondo il diritto italiano.

151    A tal proposito, senza neanche doversi pronunciare sulla ricevibilità della settima censura, essa dev’essere respinta. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, infatti, è evidente che la concessione del vantaggio di cui all’articolo 1, paragrafo 6, della deliberazione n. 14/2018 non è subordinata ad alcun criterio relativo all’età degli ex deputati interessati. Inoltre, il ricorrente non ha dimostrato come tale disposizione, nonostante non si basi su alcuna condizione relativa all’età degli ex deputati interessati, benefici solo i più giovani di loro ed escluda coloro che, come lui, sono «leggermente più anziani». Inoltre, la tesi del ricorrente è in ogni caso contraddetta, come rilevato al punto 140 supra, dalla tabella fornita dal Parlamento in risposta ad un quesito scritto del Tribunale. Dalla tabella risulta che il Parlamento ha applicato le norme di cui all’articolo 1, paragrafo 6, della deliberazione n. 14/2018 a favore del ricorrente. Quest’ultimo, tuttavia, non ha contestato questo elemento di fatto né per iscritto, dopo essere stato messo a conoscenza della tabella, né all’udienza.

152    Pertanto, la settima censura dev’essere respinta.

8.      Sullottava censura, relativa a una violazione del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

153    Il ricorrente deduce, in sostanza, che gli è impossibile contestare la legittimità della deliberazione n. 14/2018 dinanzi al Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, in quanto non è un ex membro di tale Camera. Inoltre, il ricorrente mette in dubbio l’imparzialità di tale organo giudiziario, in quanto sarebbe composto da parlamentari italiani in carica.

154    Il Parlamento conclude per il rigetto dell’ottava censura.

155    A tal proposito, il Tribunale ritiene che l’impossibilità per il ricorrente di contestare la legittimità della deliberazione n. 14/2018 dinanzi al Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati costituisca un ostacolo procedurale che non deriva dal diritto dell’Unione, ma è inerente al diritto italiano. In ogni caso, il Tribunale rimane incompetente, nell’ambito di un ricorso proposto sul fondamento dell’articolo 263 TFUE, a valutare direttamente la conformità del diritto italiano alla luce dei diritti fondamentali, e in particolare del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

156    Di conseguenza, occorre respingere l’ottava censura, nonché il ricorso nel suo insieme, senza che occorra pronunciarsi sulla ricevibilità del secondo capo della domanda (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punto 52).

 Sulle spese

157    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il ricorrente è risultato soccombente, deve essere condannato a sopportare le proprie spese e quelle del Parlamento, conformemente alle conclusioni di quest’ultimo.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.


2)      Il sig. Mario Forte sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Parlamento europeo.

Svenningsen

Barents

Mac Eochaidh

Pynnä

 

Laitenberger

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 febbraio 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

M. van der Woude


*      Lingua processuale: l’italiano.