Language of document : ECLI:EU:T:2001:95

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

20 marzo 2001 (1)

«Banane - Importazioni dagli Stati ACP e dai paesi terzi - Calcolo del quantitativo annuale attribuito - Ricorso per risarcimento - Ricevibilità - Norme dell'OMC - Invocabilità - Sviamento di potere - Principi generali del diritto comunitario»

Nella causa T-18/99,

Cordis Obst und Gemüse Großhandel GmbH, con sede in Ostrau (Germania), rappresentata dall'avv. G. Meier,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori K.-D. Borchardt e H. van Vliet, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno che la ricorrente avrebbe subito in quanto la Commissione ha adottato, nell'ambito del suo regolamento (CE) 28 ottobre 1998, n. 2362, recante modalità d'applicazione del regolamento (CEE) del Consiglio n. 404/93 con riguardo al regime d'importazione delle banane nella Comunità (GU L 293, pag. 32), disposizioni che sarebbero in contrasto con le norme dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e con taluni principi generali del diritto comunitario,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dalla signora P. Lindh, presidente, e dai signori R. García-Valdecasas e J.D. Cooke, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 4 ottobre 2000,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto giuridico

1.
    Il regolamento (CEE) del Consiglio 13 febbraio 1993, n. 404, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1), ha istituito, a decorrere dal 1° luglio 1993, un sistema comune d'importazione delle banane che si è sostituito ai vari regimi nazionali. E' stata operata una distinzione tra le «banane comunitarie», raccolte nella Comunità, le «banane paesi terzi», provenienti da paesi terzi diversi dagli Stati d'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), le «banane ACP tradizionali» e le «banane ACP non tradizionali». Le banane ACP tradizionali e le banane ACP non tradizionali corrispondevano ai quantitativi di banane esportati dai paesi ACP che, rispettivamente, non eccedevano o eccedevano le quantità tradizionalmente esportate da ciascuno di tali Stati, stabilite in allegato al regolamento n. 404/93.

2.
    Per assicurare uno smercio soddisfacente delle banane comunitarie, nonché delle banane originarie degli Stati ACP e degli altri paesi terzi, il regolamento n. 404/93 prevedeva l'apertura di un contingente tariffario annuale di 2,2 milioni di tonnellate (peso netto) per le importazioni delle banane paesi terzi e delle banane ACP non tradizionali.

3.
    La vecchia versione dell'art. 19, n. 1, del regolamento n. 404/93 prevedeva l'apertura del contingente tariffario, il quale era ripartito nel modo seguente: il 66,5% alla categoria degli operatori che avevano smerciato banane paesi terzi e/o banane ACP non tradizionali (categoria A), il 30% alla categoria degli operatori che avevano smerciato banane comunitarie e/o banane ACP tradizionali (categoria B) e il 3,5 % alla categoria degli operatori stabiliti nella Comunità che, a decorrere dal 1992, avevano cominciato a smerciare banane diverse dalle banane comunitarie e/o ACP tradizionali (categoria C).

4.
    La vecchia versione dell'art. 19, n. 2, prima frase, del regolamento n. 404/93 era formulata nel modo seguente:

«Sulla base dei calcoli effettuati separatamente per ciascuna categoria di operatori di cui al paragrafo 1, (...) ogni operatore riceve certificati di importazione in funzione dei quantitativi medi di banane che ha venduto negli ultimi tre anni per i quali sono disponibili dati statistici».

5.
    Il regolamento (CEE) della Commissione 10 giugno 1993, n. 1442, recante modalità d'applicazione del regime d'importazione delle banane nella Comunità (GU L 142, pag. 6), definiva, in particolare, i criteri di determinazione dei tipi di operatori delle categorie A e B legittimati a presentare domande di certificati d'importazione, a seconda dell'attività dai medesimi svolta nel corso del periodo di riferimento.

6.
    Tale regime d'importazione è stato oggetto di un procedimento di composizione delle liti, nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), a seguito di reclami proposti da taluni paesi terzi.

7.
    Il detto procedimento ha dato luogo a relazioni 22 maggio 1997 del gruppo speciale dell'OMC e ad una relazione 9 settembre 1997 dell'organo di appello permanente dell'OMC, la quale è stata adottata dall'organo di composizione delle controversie con decisione 25 settembre 1997. Con tale decisione l'organo di composizione delle controversie dell'OMC ha dichiarato incompatibili con le norme dell'OMC vari aspetti del sistema comunitario d'importazione delle banane.

8.
    Al fine di conformarsi a tale decisione, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) 20 luglio 1998, n. 1637, recante modifica del regolamento n. 404/93 (GU L 210, pag. 28). Successivamente, la Commissione ha adottato il regolamento (CE) 28 ottobre 1998, n. 2362, recante modalità di applicazione del regolamento n. 404/93 con riguardo al regime d'importazione delle banane nella Comunità (GU L 293, pag. 32).

9.
    Il regolamento n. 2362/98 prevede una semplice ripartizione tra «operatori tradizionali» e «operatori nuovi», definiti dal regolamento stesso, sicché, nell'ambito del nuovo regime d'importazione delle banane, risulta eliminata la ripartizione del contingente fra tre categorie diverse di operatori. E' stata parimentieliminata la suddivisione degli operatori delle categorie A e B a seconda del tipo di attività svolta sul mercato.

10.
    Pertanto, l'art. 4 del regolamento n. 2362/98 dispone quanto segue:

«1. Ogni operatore tradizionale, registrato in uno Stato membro conformemente all'articolo 5, ottiene per ogni anno, per l'insieme delle origini indicate nell'allegato I, un quantitativo di riferimento unico determinato in base alle quantità di banane che ha effettivamente importato durante il periodo di riferimento.

2. Per le importazioni da effettuare nel 1999, nell'ambito dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali, il periodo di riferimento è costituito dagli anni 1994, 1995 e 1996».

11.
    L'art. 5, nn. 2 e 3, del regolamento n. 2362/98 dispone quanto segue:

«2. Ai fini della determinazione del proprio quantitativo di riferimento, ciascun operatore comunica ogni anno all'autorità competente, anteriormente al 1° luglio, quanto segue:

a)    il totale dei quantitativi di banane delle origini indicate nell'allegato I che ha effettivamente importato durante ciascuno degli anni del periodo di riferimento;

b)    i documenti giustificativi di cui al paragrafo 3.

3. L'importazione effettiva è attestata come segue:

a)    mediante presentazione di una copia dei titoli d'importazione utilizzati per l'immissione in libera pratica dei quantitativi indicati dal titolare (...) del titolo (...),

b)    e mediante prova del pagamento dei dazi doganali applicabili il giorno dell'espletamento delle formalità doganali d'importazione, pagamento effettuato direttamente alle autorità competenti oppure tramite un agente o un rappresentante in dogana.

L'operatore che fornisce la prova di aver pagato i dazi doganali applicabili all'atto dell'immissione in libera pratica di un determinato quantitativo di banane, direttamente alle autorità competenti o tramite un agente o un rappresentante in dogana, pur non essendo il titolare o il cessionario del rispettivo titolo d'importazione utilizzato per tale operazione (...) si considera che abbia realizzato l'importazione effettiva di tale quantitativo se è stato registrato in uno Stato membro a norma del regolamento (CEE) n. 1442/93 o se possiede i requisiti previsti dal presente regolamento per la registrazione come operatore tradizionale.Gli agenti o i rappresentanti in dogana non possono chiedere l'applicazione del presente comma».

12.
    L'art. 6, n. 3, del regolamento n. 2362/98 dispone quanto segue:

«Tenuto conto delle comunicazioni effettuate in applicazione del paragrafo 2 e in funzione del volume globale dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali di cui all'articolo 2, la Commissione fissa, se del caso, un coefficiente unico di adattamento per il quantitativo di riferimento provvisorio di ogni operatore».

Fatti e procedimento

13.
    La ricorrente, società Cordis Obst und Gemüse Großhandel GmbH (in prosieguo: la «Cordis»), è stata costituita il 1° novembre 1990, dopo la riunificazione della Germania, e ha sede nel territorio dell'ex Repubblica democratica tedesca (in prosieguo: la «RDT»). La sua attività consiste nel commercio all'ingrosso della frutta nonché, in particolare, nella maturazione e nel confezionamento delle banane.

14.
    A causa del regime di economia pianificata e centralizzata istituito nella RDT, la ricorrente non aveva potuto realizzare fatturati nel settore bananiero durante il 1993 e il 1994. Ciò aveva comportato che i suoi quantitativi di riferimento calcolati sulla base di quegli anni erano minimi.

15.
    Dopo l'entrata in vigore del regolamento n. 2362/98, la ricorrente ha chiesto alle competenti autorità tedesche di fissare a 2 591 427 kg il suo quantitativo di riferimento relativo al periodo 1994-1996, ciò che equivale ad una media anuuale di 863 809 kg. Con decisione 8 dicembre 1998, le autorità competenti hanno riconosciuto un quantitativo di riferimento provvisorio per il 1999 di 848 759 kg dal quale hanno detratto 51 064 kg in seguito all'applicazione del coefficiente di adattamento di 0,939837 fissato dalla Commissione ai sensi dell'art. 6, n. 3, del regolamento n. 2362/98, attribuendo così alla ricorrente un quantitativo di riferimento di 797 695 kg. Il 30 dicembre 1998 la ricorrente ha presentato reclamo contro tale decisione sostenendo l'illegittimità della riduzione effettuata. Essa ha inoltre sostenuto che l'arretramento di un anno del periodo di riferimento, vale a dire la presa in considerazione del periodo 1994-1996 anziché del periodo 1995-1997, era illecito e le causava un danno. Infatti, secondo le autorità competenti il quantitativo di riferimento relativo al periodo 1995-1997 sarebbe pari a 3 393 032 kg, vale a dire 823 436 kg per il 1995, 1 127 145 kg per il 1996 e 1 442 451 kg per il 1997.

16.
    Con istanza depositata nella cancelleria del Tribunale il 21 gennaio 1999, la ricorrente ha dunque proposto il presente ricorso diretto ad ottenere il risarcimento del danno subito in seguito all'adozione da parte della Commissione delregolamento n. 2362/98. In particolare, la ricorrente ha dedotto la violazione di talune intese figuranti nell'allegato 1 dell'Accordo che istituisce l'OMC (in prosieguo: l'«Accordo OMC»).

17.
    Nella sentenza 23 novembre 1999, causa C-149/96, Portogallo/Consiglio (Racc. pag. I-8395, punto 47), la Corte ha concluso che «tenuto conto della loro natura e della loro economia, [le intese e i memorandum di cui agli allegati 1-4 dell'Accordo OMC] non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie».

18.
    Con lettera 16 dicembre 1999, le parti sono state invitate a presentare osservazioni sulle eventuali conseguenze che si devono trarre da tale sentenza. La Commissione e la ricorrente hanno depositato le loro osservazioni, rispettivamente, il 6 e il 14 gennaio 2000.

19.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale del procedimento. Le difese delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all'udienza pubblica del 4 ottobre 2000.

Conclusioni delle parti

20.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    condannare la Commissione a risarcire il danno subito dalla ricorrente per il fatto che, da una parte, il periodo 1994-1996 è stato scelto come periodo di riferimento per gli operatori tradizionali e, dall'altra, la Commissione, applicando il coefficiente di adattamento, ha ridotto il quantitativo di riferimento provvisorio per il 1999 riconosciuto dalle autorità competenti;

-    condannare la Commissione alle spese.

21.
    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

-    dichiarare il ricorso irricevibile;

-    in subordine, dichiarare il ricorso infondato;

-    condannare la ricorrente alle spese.

Sulla ricevibilità

Argomenti delle parti

22.
    Senza sollevare formalmente un'eccezione di irricevibilità, la Commissione sostiene che il presente ricorso è irricevibile perché la ricorrente avrebbe dovuto anzitutto tentare di impedire il verificarsi del danno lamentato promovendo un'azioneinnanzi al giudice nazionale competente. La Commissione ritiene che l'azione risarcitoria a norma dell'art. 178 del Trattato CE (divenuto art. 235 CE) e dell'art. 215, secondo comma, del Trattato CE (divenuto art. 288, secondo comma, CE) costituisca un mezzo di ricorso sussidiario in quanto il danno lamentato è causato da un provvedimento amministrativo nazionale adottato ai sensi del diritto comunitario (v. sentenze della Corte 6 giugno 1990, causa C-119/88, AERPO e a./Commissione, Racc. pag. I-2189, e 13 marzo 1992, causa C-282/90, Vreugdenhil/Commissione, Racc. pag. I-1937, punto 12, nonché sentenze del Tribunale 14 settembre 1995, causa T-571/93, Lefebvre e a./Commissione, Racc. pag. II-2379, e 4 febbraio 1998, causa T-93/95, Laga/Commissione, Racc. pag. II-195, punto 33). Essa precisa che la determinazione dei quantitativi di riferimento spetta alle competenti autorità nazionali che, fondandosi sulle disposizioni del regolamento n. 2362/98, applicano la normativa comunitaria mediante un atto amministrativo nazionale (v. sentenza del Tribunale 9 aprile 1997, causa T-47/95, Terres rouges e a./Commissione, Racc. pag. II-481, punti 57 e 59, e sentenza della Corte 21 gennaio 1999, causa C-73/97 P, Francia/Comafrica e a., Racc. pag. I-185, punto 40).

23.
    La Commissione spiega che la sussidiarietà del ricorso per risarcimento è dovuta al fatto che il controllo dell'atto amministrativo nazionale incombe esclusivamente ai giudici nazionali, i quali, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), possono chiedere alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità delle disposizioni comunitarie applicabili (v. citata sentenza Francia/Comafrica e a., punto 40). Un ricorso diretto sarebbe ricevibile solo quando i giudici nazionali non possono assicurare una sufficiente tutela giuridica e/o la possibilità di ottenere un risarcimento.

24.
    La ricorrente contesta la tesi della Commissione. Essa sostiene di non disporre di alcun rimedio innanzi ai giudici nazionali. Infatti, essa avrebbe già promosso un ricorso amministrativo in opposizione avverso la decisione con cui le autorità nazionali hanno attribuito i certificati (v. precedente punto 15), procedimento che sarebbe ormai senza oggetto. Stando alla ricorrente, in diritto tedesco non è possibile contestare altrimenti la legittimità di tale decisione. Il presente ricorso per risarcimento sarebbe dunque il solo rimedio giurisdizionale a sua disposizione.

25.
    La ricorrente sottolinea che l'amministrazione nazionale è tenuta a rispettare le condizioni stabilite dalla Commissione nel regolamento n. 2362/98. Pertanto, il danno subito dalla ricorrente, oggetto del presente ricorso, deriverebbe dalla normativa emanata dalla Commissione e non dalla decisione adottata al livello nazionale.

Giudizio del Tribunale

26.
    Occorre rilevare che il comportamento illegittimo lamentato nel caso di specie non proviene da un organo nazionale, bensì da un'istituzione comunitaria. I danni chepotrebbero eventualmente risultare dall'attuazione della normativa comunitaria da parte delle autorità tedesche sarebbero, di conseguenza, imputabili alla Comunità (v., ad esempio, sentenze della Corte 15 dicembre 1977, causa 126/76, Dietz/Commissione, Racc. pag. 2431, punto 5, 19 maggio 1992, cause C-104/89 e C-37/90, Mulder e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-3061, punto 9, 26 febbraio 1986, causa 175/84, Krohn/Commissione, Racc. pag. 753, punti 18 e 19, e sentenza del Tribunale 13 dicembre 1995, cause riunite T-481/93 e T-484/93, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, Racc. pag. II-2941, punto 71).

27.
    Poiché il giudice comunitario ha competenza esclusiva a statuire, a norma dell'art. 215 del Trattato, sui ricorsi per risarcimento di un danno imputabile alla Comunità (v. sentenze della Corte 27 settembre 1988, cause riunite da 106/87 a 120/87, Asteris e a./Grecia e CEE, Racc. pag. 5515, punto 14, e Vreugdenhil/Commissione, citata, punto 14), i mezzi di tutela giurisdizionale nazionali non potrebbero ipso facto permettere di garantire alla ricorrente una tutela efficace dei suoi diritti (v. citata sentenza Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, punto 72).

28.
    A tale riguardo, come la Commissione ha riconosciuto all'udienza, anche qualora la Corte, nell'ambito di un procedimento pregiudiziale, ritenesse che la disciplina da applicare potesse causare un danno, il giudice nazionale non avrebbe la facoltà di adottare egli stesso i provvedimenti necessari per risarcire interamente il danno lamentato dalla ricorrente nel caso di specie, di guisa che, anche in siffatta ipotesi, sarebbe necessario adire direttamente il Tribunale in forza dell'art. 215 del Trattato (v., in tal senso, citata sentenza Dietz/Commissione, punto 5).

29.
    Pertanto, la contestazione della ricevibilità del presente ricorso da parte della Commissione deve essere respinta.

Sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità

30.
    La ricorrente deduce che il comportamento illegittimo della Commissione deriva, da un canto, dalla violazione dell'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), dell'Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS) e dell'Accordo sulle procedure di concessione delle licenze d'importazione, che figurano nell'allegato 1 dell'Accordo OMC, e, d'altro canto, dalla determinazione arbitraria dei periodi di riferimento e dalla violazione dell'obbligo di motivazione.

Sull'invocabilità di talune intese figuranti nell'allegato 1 dell'Accordo OMC

Argomenti delle parti

31.
    La ricorrente sostiene che le disposizioni del GATT sono norme superiori di diritto e che i divieti di discriminazione e la clausola della nazione più favorita, figuranti nel GATT, vanno considerati norme che tutelano i singoli.

32.
    La ricorrente ritiene che l'Accordo OMC e i suoi allegati costituiscano un vero ordinamento commerciale mondiale dotato di norme giuridiche e di competenza giurisdizionale proprie. Il nuovo diritto dell'OMC non sarebbe negoziabile, bensì comporterebbe divieti rigorosi che potrebbero essere limitati o disapplicati provvisoriamente solo da atti dell'OMC, e non già da provvedimenti unilaterali di un paese membro. Pertanto, talune disposizioni di questo nuovo diritto sarebbero immediatamente applicabili in diritto comunitario.

33.
    Quanto alle eventuali conseguenze che si devono trarre dalla citata sentenza Portogallo/Consiglio (v. precedente punto 17), la ricorrente, in risposta al quesito posto dal Tribunale, ha riconosciuto che la Corte aveva dichiarato che le disposizioni dell'OMC non avevano effetto diretto generale nell'ordinamento giuridico comunitario.

34.
    Tuttavia, essa ha aggiunto che la detta sentenza non contraddiceva l'argomentazione svolta a sostegno del suo ricorso, secondo cui le istituzioni della Comunità hanno commesso uno sviamento di potere. Stando alla ricorrente, il fatto che una decisione avente la forza del giudicato avesse dichiarato incompatibile con le norme dell'OMC il sistema comunitario di importazione delle banane e che la Comunità si fosse impegnata a eliminare le violazioni de quibus vietava a tali istituzioni di adottare nuove disposizioni incompatibili con le dette norme.

35.
    All'udienza, la ricorrente ha svolto tale argomento affermando che nel caso di specie, essendosi impegnata con l'organo di composizione delle controversie a eliminare le disposizioni della sua normativa incompatibili con le norme dell'OMC, la Comunità ha, nell'adempiere tale impegno, trasgredito il divieto di venire contra factum proprium adottando un regolamento che viola tali norme. Essa ha spiegato che il principio contenuto in tale brocardo, in quanto derivante dal principio della buona fede, costituisce un principio di diritto comunitario alla luce del quale il giudice comunitario può valutare la legittimità degli atti della Comunità. Pertanto, essa avrebbe il diritto di dedurre la violazione delle norme dell'OMC anche su tale fondamento.

36.
    Peraltro, la ricorrente precisa di non voler dimostrare che la convenuta abbia perseguito scopi illeciti. La sua tesi sarebbe che la Comunità ha scientemente violato le norme dell'OMC per raggiungere i suoi fini, vale a dire l'organizzazione dei mercati delle banane. Tale comportamento costituirebbe una nuova categoria di sviamento di potere.

37.
    Tale sviamento di potere comporterebbe un obbligo di risarcimento in capo alla Commissione, a prescindere dalla questione se le norme dell'OMC di cui trattasi mirino a tutelare i singoli. Il singolo godrebbe infatti di una tutela assoluta nei confronti degli sviamenti di potere delle istituzioni comunitarie.

38.
    La Commissione fa valere che le norme dell'OMC non hanno effetto diretto nell'ordinamento giuridico comunitario e, pertanto, non possono essere invocate dai singoli.

39.
    Essa fa osservare che da una giurisprudenza costante risulta che le disposizioni del GATT del 1947 erano sprovviste di carattere incondizionato e che non si poteva riconoscere loro il valore di norme di diritto internazionale direttamente applicabili negli ordinamenti giuridici interni dei contraenti (v. sentenza della Corte 5 ottobre 1994, causa C-280/93, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-4973). La Commissione ritiene che questa giurisprudenza si applichi anche all'Accordo OMC e ai suoi allegati giacché tali testi presentano le stesse particolarità che hanno indotto a negare l'effetto diretto alle disposizioni del GATT del 1947.

40.
    In risposta al quesito posto dal Tribunale circa le eventuali conseguenze che si devono trarre dalla citata sentenza Portogallo/Consiglio, la Commissione ha affermato che questa sentenza conferma ampiamente la sua tesi. Stando alla Commissione, da tale sentenza risulta che le disposizioni dell'Accordo OMC non costituiscono un criterio di valutazione della legittimità del diritto comunitario derivato. Ciò significherebbe anche che l'accertamento, da parte dell'organo di composizione delle controversie, della incompatibilità con le norme dell'OMC di un atto comunitario di diritto derivato non comporta che tale atto debba essere considerato illegittimo nell'ordinamento comunitario e, pertanto, non può far sorgere la responsabilità della Comunità in base all'art. 215, secondo comma, del Trattato.

41.
    Per quanto riguarda l'argomentazione della ricorrente relativa al preteso sviamento di potere, la Commissione ritiene che la responsabilità della Comunità possa essere dichiarata per tale motivo solo quando sono soddisfatte le stesse condizioni applicabili a qualunque altra violazione di diritti o di principi garantiti nell'ordinamento giuridico comunitario.

42.
    Di conseguenza, l'affermare che vi è stato uno sviamento di potere non dispenserebbe la ricorrente dal dimostrare che le disposizioni, a suo dire, violate erano dirette a tutelare i singoli.

43.
    All'udienza la Commissione ha parimenti affermato che la ricorrente non può invocare il principio secondo il quale nemini licet venire contra factum proprium al fine di eludere tale condizione.

Giudizio del Tribunale

44.
    Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità presuppone che la parte ricorrente provi l'illiceità del comportamento contestato all'istituzione interessata, l'effettività del danno e l'esistenza di un nesso di causalità tra tale comportamento e il danno lamentato (v. sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, OleificiMediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16, e sentenza del Tribunale 29 gennaio 1998, causa T-113/96, Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-125, punto 54).

45.
    Nella sentenza 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e a./Commissione (Racc. pag. I-0000, punti 41 e 42), la Corte ha statuito che il diritto al risarcimento presuppone che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli e che la violazione di siffatta norma sia sufficientemente chiara.

46.
    Quanto alla prima condizione, occorre rilevare che dalla giurisprudenza comunitaria risulta che l'Accordo OMC e i suoi allegati non sono intesi a conferire diritti che i singoli potrebbero far valere in giudizio.

47.
    Al riguardo si deve osservare che nella citata sentenza Portogallo/Consiglio (punto 36) la Corte ha dichiarato che l'Accordo OMC e i suoi allegati, pur presentando notevoli differenze rispetto alle disposizioni del GATT del 1947, riservano comunque una posizione importante ai negoziati tra le parti.

48.
    Per quanto riguarda, più in particolare, l'applicazione nell'ordinamento giuridico comunitario delle intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC, la Corte, nella citata sentenza Portogallo/Consiglio (punto 42), ha rilevato che, ai sensi del suo preambolo, l'Accordo OMC, ivi compresi i suoi allegati, resta fondato, come il GATT del 1947, sul principio di negoziati avviati su una base di «reciproca convenienza» e si distingue così, per quanto riguarda la Comunità, dagli accordi, conclusi da quest'ultima con Stati terzi, che instaurano una certa asimmetria degli obblighi o creano relazioni speciali di integrazione con la Comunità.

49.
    La Corte ha poi rilevato come sia pacifico che alcune parti contraenti, che sono, da un punto di vista commerciale, tra le controparti più importanti della Comunità, hanno tratto, alla luce dell'oggetto e dello scopo delle intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC, la conseguenza che queste ultime non figurano tra le norme alla luce delle quali i loro organi giurisdizionali controllano la legittimità delle loro norme di diritto interno. La Corte ha concluso che la mancanza di reciprocità a tale riguardo, ad opera delle controparti commerciali della Comunità, in relazione alle intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC, che sono fondate sul principio della «reciproca convenienza» e che quindi si distinguono dagli accordi conclusi dalla Comunità, rischia di condurre ad uno squilibrio nell'applicazione delle norme dell'OMC. Infatti, ammettere che il compito di assicurare la conformità del diritto comunitario a tali norme incomba direttamente al giudice comunitario equivarrebbe a privare gli organi legislativi o esecutivi della Comunità del margine di manovra di cui dispongono gli organi analoghi delle controparti commerciali della Comunità (v. citata sentenza Portogallo/Consiglio, punti 43, 45 e 46).

50.
    La Corte ha pertanto dichiarato che, tenuto conto della loro natura e della loro economia, le intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC non figurano in linea diprincipio tra le norme alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie (v. citata sentenza Portogallo/Consiglio, punto 47).

51.
    Da questa sentenza risulta che l'eventuale violazione delle norme dell'OMC non può far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità perché tali norme non sono, in linea di massima, intese a conferire diritti ai singoli.

52.
    Nelle sue osservazioni sulle conseguenze che si devono trarre dalla citata sentenza Portogallo/Consiglio, la ricorrente ha riconosciuto che le disposizioni dell'OMC non avevano effetto diretto generale nell'ordinamento giuridico comunitario. Tuttavia, essa ha sostenuto che il suo ricorso si fondava su una nuova categoria di sviamento di potere, consistente nell'adozione, da parte della Commissione, di un regolamento che contravviene sia alla decisione che dichiara il sistema comunitario incompatibile con le norme dell'OMC, sia all'impegno della Commissione di eliminare le infrazioni in tal modo constatate (v. precedenti punti 34-36), così violando il divieto di venire contra factum proprium.

53.
    Tale argomento non può essere accolto. Anzitutto, da una costante giurisprudenza risulta, da un canto, che un atto di un'istituzione comunitaria è viziato da sviamento di potere solo se è stato adottato allo scopo esclusivo, o quantomeno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati (v. sentenza della Corte 25 giugno 1997, causa C-285/94, Italia/Commissione, Racc. pag. I-3519, punto 52) e, dall'altro, che uno sviamento di potere può essere accertato solo in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti (v. sentenza del Tribunale 24 aprile 1996, cause riunite T-551/93, T-231/94, T-232/94, T-233/94 e T-234/94, Industrias Pesqueras Campos e a./Commissione, Racc. pag. II-247, punto 168).

54.
    Ora, nel caso di specie la ricorrente non dimostra, e nemmeno deduce, che la Commissione ha adottato il regolamento n. 2362/98 o talune sue disposizioni ad uno scopo diverso da quello dichiarato, vale a dire l'emanazione di tutte le disposizioni necessarie per l'attuazione del regime di importazione delle banane nella Comunità, istituito dal regolamento n. 404/93 come modificato dal regolamento n. 1637/98.

55.
    Parimenti, l'argomento della ricorrente secondo cui nel caso di specie si ha una nuova categoria di sviamento di potere va anch'esso respinto.

56.
    Infatti, accogliere l'argomentazione della ricorrente equivarrebbe a ignorare la definizione stessa dello sviamento di potere, la quale comporta il controllo, da parte del giudice comunitario, dello scopo, e non del contenuto, di un atto.

57.
    Peraltro, si deve anche respingere l'argomento della ricorrente secondo cui la Comunità avrebbe commesso uno sviamento di potere in quanto, dopo essersi impegnata a rispettare le norme dell'OMC, ha adottato un regolamento che viola le dette norme o ha mantenuto violazioni già accertate.

58.
    A tale riguardo, è sufficiente ricordare che solo nel caso in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell'ambito dell'OMC, ovvero nel caso in cui l'atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni delle intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC, spetta alla Corte e al Tribunale controllare la legittimità dell'atto comunitario controverso alla luce delle norme dell'OMC (v. citata sentenza Portogallo/Consiglio, punto 49).

59.
    Orbene, né le relazioni 22 maggio 1997 del gruppo speciale dell'OMC né la relazione 9 settembre 1997 dell'organo di appello permanente dell'OMC, adottata il 25 settembre 1997 dall'organo di composizione delle controversie, contenevano obblighi particolari cui il regolamento della Commissione n. 2362/98 avrebbe «inteso dare esecuzione» ai sensi della giurisprudenza (v., per quanto riguarda il GATT del 1947, sentenza della Corte 7 maggio 1991, causa C-69/89, Nakajima/Consiglio, Racc. pag. I-2069, punto 31). Parimenti, tale regolamento non rinvia espressamente né a obblighi precisi derivanti dalle relazioni degli organi dell'OMC né a disposizioni precise delle intese di cui agli allegati dell'Accordo OMC.

60.
    Ne discende che la ricorrente non può fondare la sua istanza né sulla presunta violazione di talune intese figuranti nell'allegato 1 dell'Accordo OMC, né sul presunto sviamento di potere.

Sulla determinazione arbitraria del periodo di riferimento e sulla violazione dell'obbligo di motivazione

Argomenti delle parti

61.
    La ricorrente sostiene che, scegliendo gli anni 1994-1996 come periodo di riferimento, la convenuta si è intromessa nel precedente sistema di organizzazione comune dei mercati delle banane e lo ha profondamente modificato. Ai sensi della vecchia versione dell'art. 19, n. 2, del regolamento n. 404/93, il periodo di riferimento rilevante per il 1999 dovrebbe corrispondere agli anni 1995-1997. Nell'ambito del sistema del «periodo di riferimento mobile», in forza del quale il triennio di riferimento era anticipato ogni anno di un anno, gli operatori erano fortemente incoraggiati a migliorare i loro risultati in termini di smercio delle banane, risultati che servivano di riferimento due anni dopo. Stando alla ricorrente, la Commissione, arretrando nel tempo il periodo di riferimento e fissando un periodo ad hoc che può essere mantenuto o modificato e che, ad ogni modo, non è più prevedibile, ha frustrato la legittima attesa degli operatori che appartenevano alla categoria A. Taluni operatori, tra cui la ricorrente, sarebbero dunque particolarmente danneggiati.

62.
    In proposito, la ricorrente contesta che non fosse conosciuta la situazione reale delle importazioni effettuate nel 1997. In ogni caso, dato il sistema di ripartizione,la Commissione, per attribuire diritti di importazione agli operatori tradizionali, non avrebbe bisogno di conoscere la situazione reale delle importazioni effettuate.

63.
    La ricorrente mette anche in dubbio la necessità, addotta dalla Commissione, di far coincidere il periodo di riferimento con il periodo significativo per la fissazione delle quote di mercato dei principali paesi fornitori. Essa sostiene che i 'considerando‘ del regolamento n. 2362/98 non giustificherebbero affatto questa presunta necessità.

64.
    Peraltro, la ricorrente ritiene che gli effetti dell'irregolarità che vizia il regolamento n. 2362/98 siano tanto più gravi in quanto tale regolamento non prevede meccanismi per rimediare, in caso di rigore eccessivo, alle patenti ingiustizie causate agli operatori dall'arretramento di un anno del periodo di riferimento. Stando alla ricorrente, l'art. 30 del regolamento n. 404/93 conferisce alla Commissione ampi poteri. Tuttavia, questi poteri sarebbero destinati solo ad agevolare il passaggio dalle condizioni di mercato esistenti prima dell'entrata in vigore del regolamento n. 404/93 al regime introdotto da tale regolamento. Nel caso del regolamento n. 2362/98, si avrebbe invece una revisione della stessa organizzazione dei mercati delle banane.

65.
    Infine, la ricorrente ritiene che la Commissione abbia violato l'obbligo di motivazione in quanto nel regolamento n. 2362/98 non ha spiegato perché fosse necessario scegliere gli anni 1994-1996 come periodo di riferimento.

66.
    La Commissione ritiene che la censura relativa alla determinazione arbitraria del periodo di riferimento debba essere dichiarata priva di fondamento.

67.
    Anzitutto, per quanto riguarda l'argomentazione della ricorrente secondo cui la scelta del periodo 1994-1996 avrebbe deluso le attese legittime degli operatori che erano appartenuti alla categoria A, la Commissione rileva che non vi può essere attesa legittima quanto al mantenimento di un certo regime di periodi di riferimento.

68.
    La Commissione spiega poi che la scelta degli anni 1994-1996 è giustificata da vari motivi.

69.
    In primo luogo, le quote del contingente tariffario dei principali paesi fornitori di banane paesi terzi sarebbero state calcolate sulla base delle quantità che tali paesi hanno esportato verso la Comunità negli anni 1994-1996. La Commissione afferma che non poteva scegliere un altro periodo di riferimento per concedere certificati individuali di importazione agli operatori.

70.
    In secondo luogo, la Commissione sarebbe stata costretta a scegliere il periodo 1994-1996 perché, al momento dell'adozione del regolamento n. 2362/98, i dati definitivi riguardanti le importazioni effettivamente realizzate nella Comunità eranonoti solo per tale periodo, mentre i dati relativi al 1997 erano ancora solo provvisori.

71.
    La Commissione sostiene che i quantitativi di riferimento dei diversi operatori non possono essere determinati in base al metodo di ripartizione della vecchia organizzazione dei mercati perché i dati sarebbero disponibili solo alla fine di una certa campagna di vendita, quando le quantità effettivamente importate sono definitivamente accertate. Solo sulla base di tali dati sarebbe possibile determinare le quantità importate da ciascun operatore conformemente a quanto impone l'art. 5, n. 3, secondo comma, del regolamento n. 2362/98.

72.
    Quanto alla presunta assenza di un meccanismo per ovviare alle gravi ingiustizie che sarebbero causate dal nuovo sistema, la Commissione obietta che le difficoltà transitorie che possono sorgere in occasione di una modifica profonda dell'organizzazione dei mercati possono, in linea di principio, essere risolte applicando il regime previsto per i casi di rigore eccessivo. Essa aggiunge tuttavia che l'abbandono del 1997 come anno di riferimento ai fini della concessione di certificati per il 1999 non può di per sé costituire un caso di rigore. Infatti, il riconoscimento di un caso di rigore eccessivo presupporrebbe un esame dettagliato di tutte le circostanze caratterizzanti la situazione dell'operatore interessato.

73.
    Infine, la Commissione sostiene l'infondatezza del motivo attinente alla violazione dell'obbligo di motivazione. Anzitutto, secondo la giurisprudenza della Corte, l'eventuale insufficienza di motivazione di un regolamento non può far sorgere la responsabilità della Comunità (v. sentenze della Corte 15 settembre 1982, causa 106/81, Kind/CEE, Racc. pag. 2885, e AERPO e a./Commissione, citata). In secondo luogo, le ragioni che avrebbero indotto la Commissione a scegliere il periodo di riferimento in questione sarebbero indicate nel terzo «considerando» del regolamento n. 2362/98 in modo rispondente alle condizioni poste dalla giurisprudenza della Corte per quanto concerne l'obbligo di motivazione derivante dall'art. 190 del Trattato CE (divenuto art. 253 CE) (v. sentenza della Corte 12 novembre 1998, causa C-352/96, Italia/Consiglio, Racc. pag. I-6937, punto 40).

Giudizio del Tribunale

74.
    Da una giurisprudenza consolidata risulta che, disponendo le istituzioni comunitarie di un potere discrezionale nella scelta dei mezzi necessari per la realizzazione della loro politica, gli operatori economici non possono fare legittimo affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata con provvedimenti adottati da tali istituzioni nell'ambito del loro potere discrezionale (v. sentenze della Corte 28 ottobre 1982, causa 52/81, Faust/Commissione, Racc. pag. 3745, punto 27, Germania/Consiglio, citata, punto 80, e 10 marzo 1998, causa C-122/95, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-973, punto 77).

75.
    Ciò vale particolarmente in un settore come quello delle organizzazioni comuni di mercato, il cui scopo implica un costante adattamento ai mutamenti della situazione economica (v. sentenze della Corte 5 ottobre 1994, cause riunite C-133/93, C-300/93 e C-362/93, Crispoltoni e a., Racc. pag. I-4863, punto 57, e 29 febbraio 1996, cause riunite C-296/93 e C-307/93, Francia e Irlanda/Commissione, Racc. pag. I-795, punto 59).

76.
    Nel caso di specie, poiché la determinazione del periodo di riferimento da prendere in considerazione per attribuire agli operatori i certificati d'importazione rientra nella scelta dei mezzi necessari alla realizzazione della politica delle istituzioni comunitarie in materia di organizzazione comune dei mercati bananieri, queste ultime disponevano al riguardo di un potere discrezionale. Ne consegue che la ricorrente non poteva riporre un legittimo affidamento nella conservazione dello spostamento nel tempo, previsto nella versione iniziale del regolamento n. 404/93, del periodo di riferimento preso in considerazione ai fini del rilascio dei certificati d'importazione. Pertanto, la ricorrente non poteva aspettarsi legittimamente che, dopo la modifica del sistema comune d'importazione delle banane, il 1997 sarebbe stato compreso nel periodo di riferimento ai fini dell'assegnazione dei certificati d'importazione per il 1999.

77.
    Inoltre, l'argomento della ricorrente secondo cui, scegliendo gli anni 1994-1996 come periodo di riferimento, la Commissione ha adottato una decisione arbitraria è infondato. Infatti, la ricorrente non ha prodotto elementi atti a dimostrare l'erroneità dell'affermazione della Commissione secondo cui essa non conosceva la situazione reale delle importazioni effettuate nel 1997. Come la Commissione ha precisato all'udienza, in seguito alla modifica del sistema di importazione delle banane nella Comunità, i dati per il 1997 non sono stati raccolti dai servizi della Commissione, né da quelli di tutti gli Stati membri, in quanto all'epoca si era ritenuto che nell'ambito del nuovo sistema tali dati non fossero necessari. Il periodo 1994-1996 era dunque il periodo più recente per il quale la Commissione disponesse dei dati relativi alle importazioni effettivamente realizzate. Inoltre, l'argomentazione della ricorrente non ha messo in dubbio la spiegazione della Commissione secondo cui il periodo di riferimento previsto per gli operatori doveva corrispondere al periodo da prendere in considerazione per stabilire le quote del contingente tariffario dei principali paesi fornitori (v. precedente punto 69).

78.
    La ricorrente non ha fondati motivi neanche per sostenere che il regolamento n. 2362/98 non prevede meccanismi per rimediare, in caso di rigore eccessivo, alle patenti ingiustizie che l'arretramento di un anno del periodo di riferimento causerebbe agli operatori. In proposito, si deve osservare, come ha affermato la Commissione, che le difficoltà transitorie che possono sorgere in occasione della modifica dell'organizzazione dei mercati possono, in linea di principio, essere risolte, a titolo individuale, applicando il regime dei casi di rigore previsto dall'art. 20, lett. d), del regolamento n. 404/93 come modificato dal regolamento n. 1637/98, anche se ciò presuppone un esame dettagliato di tutte le circostanze caratterizzanti la situazione dell'operatore interessato (v., in senso analogo, sentenza della Corte26 novembre 1996, causa C-68/95, T. Port, Racc. pag. I-6065). Ora, la ricorrente, la quale non ha dimostrato che la sua situazione costituisce un caso di rigore, non può avvalersi della presunta assenza di siffatti meccanismi per fare dichiarare la responsabilità extracontrattuale della Comunità.

79.
    Infine, occorre respingere il motivo attinente alla violazione dell'obbligo di motivazione consistente nel fatto che la Commissione, nel regolamento n. 2362/98, non spiegherebbe perché fosse necessario scegliere gli anni 1994-1996 come periodo di riferimento. A tale riguardo, è sufficiente ricordare che, trattandosi di un motivo di mera forma, l'eventuale insufficienza di motivazione di un atto normativo non può far sorgere la responsabilità della Comunità (v. citata sentenza Kind/CEE, punto 14).

80.
    Da quanto precede risulta che la responsabilità della Comunità non può essere dichiarata per una determinazione arbitraria del periodo di riferimento o per una violazione dell'obbligo di motivazione.

81.
    Poiché la ricorrente non ha dimostrato l'esistenza di un comportamento illecito idoneo a far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità, il ricorso deve essere respinto.

Sulle spese

82.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è risultata soccombente, occorre condannarla alle spese in conformità delle conclusioni della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché quelle della Commissione.

Lindh
García-Valdecasas
Cooke

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 marzo 2001.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

P. Lindh


1: Lingua processuale: il tedesco.