Language of document : ECLI:EU:T:2000:148

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

13 giugno 2000 (1)

«Ricorso d'annullamento - Aiuti concessi dagli Stati - Art. 92, nn. 1 e 3

del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, art. 87, nn. 1 e 3, CE) - Nozione di aiuto - Garanzia prestata dallo Stato per il finanziamento

di un'impresa pubblica - Sospensione dell'aiuto - Non luogo a statuire»

Nelle cause riunite T-204/97 e T-270/97,

EPAC - Empresa para a Agroalimentação e Cereais, SA, con sede in Lisbona (Portogallo), rappresentata dall'avv. J. Mota de Campos, del foro di Lisbona, condomicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. J. Calvo Basaran, 34, boulevard Ernest Feltgen,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Dimitris Triantafyllou e dalla signora A. M. Alves Viera, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto, nella causa T-204/97, una domanda d'annullamento della decisione della Commissione 30 aprile 1997, 97/433/CE, che esige dal governo portoghese di sospendere l'aiuto sotto forma di garanzia di Stato accordato all'impresa EPAC - Empresa para a Agroalimentação e Cereais SA (GU L 186, pag. 25), e, nella causa T-270/97, una domanda d'annullamento della decisione della Commissione 9 luglio 1997, 97/762/CE, relativa alle misure adottate dal Portogallo in favore dell'impresa EPAC - Empresa para a Agroalimentação e Cereais, SA (GU L 311, pag. 25),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),

composto dai signori J.D. Cooke, presidente, R. García-Valdecasas, signora P. Lindh, signori J. Pirrung e M. Vilaras, giudici,

cancelliere: A. Mair, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 1. luglio 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine della controversia

1.
    L'EPAC - Empresa para a Agroalimentação e Cereais, SA, è una società per azioni a capitale pubblico creata con decreto-legge portoghese 11 gennaio 1991, n. 29/91, che opera sul mercato dei cereali. Essa è sorta dal progressivo smantellamento dell'impresa pubblica EPAC (all'epoca Empresa Pública de Abastecimento de Cereais), fondata nel 1977, che disponeva fino al 1985, in quanto organismo pubblico d'intervento responsabile dell'approvvigionamento nazionale di cereali e sementi, di un monopolio pubblico nella gestione di tale mercato. Nel1986, dopo l'adesione della Repubblica portoghese alle Comunità europee, i silos portuali, le attrezzature, le installazioni e i materiali ad essi pertinenti appartenenti all'EPAC erano stati trasferiti, come i crediti di finanziamento ad essi legati, ad una società per azioni a capitale pubblico creata ex novo, la Silopor - Empresa de Silos Portuarios.

2.
    L'importo del debito dovuto, a seguito di tale trasferimento, dalla Silopor all'EPAC veniva valutato nel 1989 pari a 7,5 miliardi di PTE, somma che la Silopor era manifestamente incapace di rimborsare con le proprie risorse. Nel febbraio 1997 tale debito, maggiorato degli interessi, ammontava ad un totale di 31,2 miliardi di PTE.

3.
    L'EPAC presentava una situazione patrimoniale non equilibrata caratterizzata da un eccesso di attivi immobilizzati e da un pesante onere salariale, nonché dalla insufficienza dei propri capitali per il finanziamento della sua attività commerciale. Tale situazione era conseguenza del mantenimento di un'ampia rete di infrastrutture su tutto il territorio nazionale.

4.
    A partire dall'aprile 1996 l'EPAC si rivelava incapace di assumere la maggior parte dei propri oneri finanziari.

5.
    Tale situazione induceva lo Stato portoghese ad elaborare un piano per la redditività economica e di risanamento finanziario per l'EPAC, approvato congiuntamente il 26 luglio 1996 dal segretariato di Stato per il Tesoro e le Finanze e dal segretariato di Stato per la Produzione agroalimentare . L'EPAC veniva così autorizzata a negoziare un mutuo, a condizioni di mercato, per un importo massimo di 50 miliardi di PTE, di cui 30 miliardi potevano fruire, per una durata massima di sette anni, di una garanzia prestata dallo Stato.

6.
    Con decisione del Ministero delle Finanze n. 430/96-XIII del 30 settembre 1996 , tale garanzia veniva accordata nei confronti di una parte del mutuo concluso tra l'EPAC e un consorzio di banche, per un importo di 48,7 miliardi di PTE corrispondente al totale del debito dell'EPAC alla data del 30 giugno 1996. Tale prestito era diretto alla conversione del passivo bancario a breve termine dell'EPAC in passivo a medio termine. Esso è stato previsto per una durata di sette anni al tasso di interesse «Lisbor 6 mesi» per la parte garantita e «Lisbor 6 mesi + 1,2%» per la parte non garantita.

7.
    Il 15 ottobre 1996 la Commissione riceveva una denuncia relativa ad un eventuale aiuto di Stato costituito da detta garanzia di Stato sui 30 miliardi di PTE e dal prestito supplementare di circa 20 miliardi di PTE, accordato a condizioni speciali.

8.
    Non avendo ricevuto notifica, ai sensi dell'art. 93, n. 3, del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, art. 88, n. 3, CE), da parte delle autorità portoghesi, il 31 ottobre 1996 la Commissione inviava loro una lettera con cui domandava confermadell'esistenza di tale aiuto. La Commissione, inoltre, chiedeva che, in caso di risposta affermativa, le autorità portoghesi notificassero l'aiuto di cui trattasi, per poter procedere all'esame della sua compatibilità con il mercato comune, ai sensi degli artt. 92 del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, art. 87 CE) e 93 del Trattato.

9.
    Con lettera datata 26 novembre 1996, la Repubblica portoghese confermava l'esistenza di una garanzia di Stato a favore dell'EPAC. Nondimeno, non veniva inviata alla Commissione alcuna notifica di tale operazione ai sensi dell'art. 93, n. 3, del Trattato CE.

10.
    Il 28 gennaio 1997 la denunciante sottoponeva alla Commissione una richiesta diretta all'adozione di misure provvisorie per far sospendere la garanzia accordata all'EPAC dallo Stato.

11.
    Con lettera datata 27 febbraio 1997, la Commissione informava le autorità portoghesi dell'apertura del procedimento ai sensi dell'art. 93, n. 2, del Trattato nei confronti degli aiuti accordati all'EPAC (GU C 140, pag. 16). Essa considerava che la concessione della garanzia da parte dello Stato non era subordinata ad obblighi specifici e che i tassi di interesse dei prestiti di cui trattasi erano sensibilmente inferiori ai tassi di riferimento del mercato, quando un'impresa in una difficile situazione economica, quale l'EPAC, non avrebbe potuto, alle normali condizioni di mercato, ottenere finanziamenti a condizioni più favorevoli di quelle offerte agli operatori in una situazione finanziaria sana senza violare le norme comunitarie relative agli aiuti di Stato.

12.
    La Commissione, inoltre, in tale lettera, chiedeva al governo portoghese di adottare tutte le misure necessarie per sospendere immediatamente l'effetto della garanzia accordata all'EPAC. Veniva impartito al governo portoghese un termine di quindici giorni, a decorrere dalla notifica di tale lettera, per informare la Commissione riguardo alle misure adottate per conformarsi a tale ingiunzione. Peraltro, la Commissione si riservava la possibilità di adottare una decisione formale che ingiungesse allo Stato membro di sospendere immediatamente l'aiuto di cui trattasi per le operazioni ancora da effettuare.

13.
    La Commissione concludeva tale lettera precisando che il provvedimento di cui trattasi era, a suo parere, un aiuto che, per sua natura, non poteva incentivare lo sviluppo né del settore, né della regione interessata e, pertanto, costituiva un aiuto al funzionamento contrario alla prassi costante della Commissione relativa all'applicazione degli artt. 92, 93 del Trattato e art. 94 del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, art. 89 CE).

14.
    Nell'ambito di tale procedimento, la Commissione fissava un termine per il governo portoghese, nonché per gli altri Stati membri e per le parti interessate per presentare le loro osservazioni.

15.
    Con lettera in data 21 marzo 1997, il governo portoghese informava la Commissione che l'amministrazione pubblica non era affatto intervenuta nella negoziazione del mutuo accordato dalle banche all'EPAC per il finanziamento delle sue operazioni commerciali, e forniva precisazioni riguardo a tale prestito.

16.
    Con lettera in data 8 aprile 1997 il governo portoghese presentava formalmente alla Commissione le proprie osservazioni relative alla decisione di dare inizio al procedimento ai sensi dell'art. 93, n. 2, del Trattato .

17.
    Il 30 aprile 1997 la Commissione adottava la decisione 97/433/CE, che esige dal governo portoghese di sospendere l'aiuto sotto forma di garanzia di Stato accordato all'impresa EPAC (GU L 186, pag. 25). Tale disposizione prescrive:

«Articolo 1

Il Portogallo sospende immediatamente la concessione della garanzia di Stato a favore dell'impresa [EPAC], prevista della decisione del ministro della Finanze n. 430/96-XIII, del 30 settembre 1996 e concessa in violazione dell'articolo 93, paragrafo 3 e comunica alla Commissione, entro 15 giorni, le misure da esso adottate per conformarsi alla presente decisione (...)».

18.
    Con lettera in data 21 maggio 1997 , il governo portoghese commentava tale decisione ricordando, in particolare, che «non si tratta[va] di un investimento o di una sovvenzione, ma (...) della concessione di una garanzia che copriva le obbligazioni assunte dall'EPAC e derivanti dal contratto di ristrutturazione dei crediti che essa aveva negoziato e concluso con il consorzio di banche creditrici». Aggiungeva che il contributo finanziario risultava unicamente da tale contratto, del quale non era parte lo Stato. Secondo tale governo, lo Stato stesso aveva reputato l'operazione di credito di cui trattasi necessaria, in quanto quest'ultima non aveva l'effetto di conferire un vantaggio ad un'impresa rispetto alle altre, ma piuttosto di attenuare un pregiudizio provocato dallo Stato all'impresa.

19.
    La Commissione, proseguendo il procedimento, emanava la decisione 9 luglio 1997, 97/762/CE, relativa alle misure adottate dal Portogallo in favore dell'impresa EPAC (GU L 311, pag. 25), che stabilisce:

«Articolo 1

Gli aiuti concessi dal Portogallo a favore dell'EPAC sono illegali, in quanto concessi in violazione delle norme di procedura di cui all'articolo 93, paragrafo 3 del trattato. Essi sono inoltre incompatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 92, paragrafo 1 del trattato e non rispondono alle condizioni di deroga previste ai paragrafi 2 e 3 dello stesso articolo.

Articolo 2

1.    Il Portogallo è tenuto ad abolire gli aiuti di cui all'articolo 1 entro quindici giorni dalla notificazione della presente decisione.

2.    Entro due mesi dalla data di notificazione della presente decisione, il Portogallo adotta le misure necessarie al fine di recuperare gli aiuti di cui all'articolo 1.

3.    Il recupero viene eseguito conformemente alle procedure previste dalla legislazione portoghese e comprende gli interessi calcolati a decorrere dalla data di versamento degli aiuti. Il tasso di interesse è il tasso di riferimento utilizzato per determinare l'equivalente-sovvenzione nel quadro degli aiuti a finalità regionale».

Procedimento

20.
    Con ricorsi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 7 luglio e il 14 ottobre 1997, la ricorrente ha proposto ricorso rispettivamente avverso la decisione 97/433, iscritto al ruolo col numero di causa T-204/97, e contro la decisione 97/762, iscritto al ruolo con il numero di causa T-270/97.

21.
    La Repubblica portoghese, inoltre, il 23 settembre 1997 ha adito la Corte con una domanda d'annullamento delle decisioni impugnate nei presenti ricorsi, ricorsi registrati con i numeri C-246/97 e C-330/97. La Corte, con ordinanza 15 dicembre 1998, decideva di sospendere il procedimento in queste ultime due cause in attesa della pronuncia del Tribunale.

22.
    Nella causa T-204/97, la Commissione, con atto separato depositato il 13 ottobre 1997, ha presentato una domanda di non luogo a statuire. La ricorrente il 21 novembre 1997 ha depositato le sue osservazioni riguardo a tale domanda. Con ordinanza 5 marzo 1998 della Quarta Sezione Ampliata, il Tribunale ha riunito nel merito la domanda di non luogo a statuire e ha riservato le spese.

23.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione Ampliata) ha deciso, da un lato, nella causa T-270/97, di adottare misure di organizzazione del procedimento, invitando le parti a rispondere per iscritto a taluni quesiti e a produrre taluni documenti e d'altro lato, di dare inizio alla trattazione orale nelle due cause. La Commissione e la ricorrente hanno aderito a tali domande, con lettere datate 7 e 9 aprile 1999, rispettivamente.

24.
    Con ordinanza 16 giugno 1999 le due cause sono state riunite ai fini della trattazione orale. Le parti sono state sentite nelle loro difese orali e nelle loro risposte ai quesiti del Tribunale all'udienza del 1. luglio 1999.

25.
    Essendo sono state sentite le parti riguardo a tale punto, il Tribunale ritiene che si debbano riunire le cause di cui trattasi ai fini della sentenza, ai sensi dell'art. 50 del suo regolamento di procedura.

Conclusioni delle parti

26.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    dichiarare i suoi ricorsi ricevibili e annullare le decisioni 97/433 e 97/762;

-    condannare la Commissione alle spese.

27.
    La convenuta chiede che il Tribunale voglia:

-    dichiarare il non luogo a statuire e, in ogni caso, dichiarare infondato il ricorso nella causa T-204/97;

-    dichiarare infondato il ricorso nella causa T-270/97;

-    condannare la ricorrente alle spese.

Sul merito nella causa T-270/97

28.
    La ricorrente deduce quattro motivi a sostegno del suo ricorso, relativi, in primo luogo, alla violazione dell'obbligo di motivazione, in secondo luogo, alla violazione dell'art. 92, nn. 1 e 3, del Trattato, in terzo luogo, alla violazione degli artt. 90 e 222 del Trattato CE (divenuti artt. 86 CE e 295 CE) e, in quarto luogo, alla violazione dei principi generali di proporzionalità, di certezza del diritto e del legittimo affidamento.

1. Sul primo motivo, relativo alla violazione dell'obbligo di motivazione

Argomenti delle parti

29.
    La ricorrente rileva, in primo luogo, la presenza di una contraddizione tra i fatti e la loro qualificazione giuridica nella motivazione della decisione 97/662 (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Fa osservare, al riguardo, che, nella sua lettera di notifica della decisione impugnata e nella sua decisione provvisoria del 30 aprile 1997, la Commissione menziona solo l'esistenza di un «aiuto» mentre, nella decisione impugnata, utilizza a seconda dei casi il singolare «aiuto» o il plurale «aiuti». Tale contraddizione all'interno della motivazione e tra la motivazione e il dispositivo della decisione risulterebbe dall'aver frainteso la situazione giuridica della ricorrente e da un'erronea valutazione dei fatti da parte della Commissione. Ne deriverebbe una mancanza di motivazione della decisione impugnata. La ricorrente sottolinea, a tale riguardo, che poiché il credito bancariodi circa 20 miliardi di PTE non è coperto da alcuna garanzia o intervento dello Stato, esso non può costituire un aiuto.

30.
    La ricorrente lamenta, in secondo luogo, l'insufficienza di motivazione. Tenuto conto della giurisprudenza pertinente in tale settore, considera che la Commissione era tenuta a motivare il fatto che la garanzia di Stato costituiva un aiuto, che tale aiuto incideva sugli scambi tra Stati membri, che esso falsava la concorrenza o minacciava di falsare concretamente la concorrenza e, infine, che la natura di tale aiuto imponeva il suo recupero (v. sentenza del Tribunale 8 giugno 1995, causa T-459/93, Siemens/Commissione, Racc. pag. II-1675, punto 31). La gravità delle conseguenze inerenti alla decisione della Commissione avrebbe imposto «un estremo rigore nella valutazione degli elementi di fatto e di diritto che motivano il giudizio di illegittimità e l'adozione di misure che compaiono nella decisione». La Commissione, invece, avrebbe omesso di menzionare le caratteristiche specifiche del mercato (sentenza 13 marzo 1985, cause riunite 296/82 e 318/82, Paesi Bassi e Leeuwarder Papierwarenfabriek/Commissione, Racc. pag. 809, punto 24) e di precisare gli aspetti relativi all'influenza sugli scambi commerciali e alla distorsione della concorrenza.

31.
    Infine, la ricorrente fa rilevare che la Commissione non ha preso in considerazione le osservazioni formulate dallo Stato portoghese e, in particolare, il fatto che la garanzia costituirebbe uno dei mezzi diretti al risanamento economico necessario per qualsiasi operazione di privatizzazione e sarebbe quindi una premessa indispensabile per la privatizzazione prevista riguardo all'EPAC. Infine, la Commissione non avrebbe indicato le ragioni che l'avevano indotta, tenuto conto delle circostanze della fattispecie, ad esigere il recupero dei presunti aiuti (sentenza della Corte 21 marzo 1991, causa C-303/88, Italia/Commissione, Racc. pag. I-1433, punto 54).

32.
    La Commissione replica che vi è completa corrispondenza tra il dispositivo della decisione impugnata e la sua motivazione e che la sola misura considerata dalla decisione di cui trattasi era la garanzia accordata dallo Stato portoghese all'EPAC. Essa sostiene che l'aver utilizzato il termine «aiuto» al plurale nella decisione impugnata deriva dalla sua volontà di procedere alla completa eliminazione dell'aiuto e dei suoi effetti e al ripristino dello statu quo ante. In subordine, la Commissione rileva che la misura di cui trattasi ha costituito un aiuto anche a favore della Silopor, che consentiva a quest'ultima di non onorare il proprio debito nei confronti dell'EPAC. Tale doppio effetto dell'aiuto giustificherebbe l'uso del plurale.

33.
    La Commissione fa osservare di aver fornito, a sostegno dei propri argomenti, dati numerici che consentono di considerare che l'aiuto di cui trattasi ha reso possibile la sopravvivenza dell'EPAC quale operatore di rilevante importanza sul mercato interessato e che necessariamente da ciò é risultata un'influenza sugli scambi e una distorsione della concorrenza. La Commissione afferma, infine, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il suo rifiuto di prendere in considerazionel'argomento, secondo il quale l'aiuto di cui trattasi era diretto al risanamento della situazione finanziaria dell'EPAC ed alla sua ristrutturazione, è stato giustificato nella decisione impugnata.

Giudizio del Tribunale

34.
    L'obbligo che, a norma dell'art. 190 del Trattato (divenuto art. 253 CE), incombe sulle istituzioni comunitarie di motivare le loro decisioni mira a consentire al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato di legittimità e all'interessato di conoscere le giustificazioni del provvedimento adottato per poter tutelare i propri diritti e verificare se la decisione sia o meno fondata (v. sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, cause riunite T-126/96 e T-127/96, BFM e EFIM/Commissione, Racc. pag. II-3437, punto 57).

35.
    Inoltre, nel motivare le decisioni che è portata ad adottare per garantire l'applicazione delle regole di concorrenza, la Commissione non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere dinanzi ad essa. Le è sufficiente esporre i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell'adozione della decisione (sentenza Siemens/Commissione, citata, punto 31).

36.
    Tale principio prescrive che, per quanto riguarda la qualificazione di una misura di aiuto, siano indicate le ragioni in base alle quali la Commissione considera che la misura di cui trattasi rientri nella sfera di applicazione dell'art. 92, n. 1, del Trattato.

37.
    Pur se è pacifico che la decisione impugnata impiega, contemporaneamente, il singolare e il plurale del termine «aiuto», occorre tuttavia osservare che la Commissione ha in essa ricordato il fatto, d'altra parte già preso in considerazione nella lettera 27 febbraio 1997, che il meccanismo di consolidamento del passivo dell'EPAC sembrava costituire anche un aiuto a favore della Silopor.

38.
    La Commissione menziona del pari nel suo 'considerando‘ 13, lett. c):

«La Commissione può dunque concludere che la garanzia di Stato a favore dell'EPAC costituisce altresì un aiuto di Stato a favore della sua emanazione diretta, la Silopor. Di fatto lo Stato portoghese, azionista unico di entrambe le imprese, tramite la garanzia concessa all'EPAC consente a quest'ultima di non esigere il pagamento dei propri crediti, il che costituisce un aiuto indiretto per la Silopor».

39.
    In ogni caso, poiché il dispositivo di un atto è indissociabile dalla sua motivazione e va pertanto interpretato, se necessario, tenendo conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione, il Tribunale stima che sia stata data alla ricorrente lapossibilità di comprendere che solo la garanzia accordatale dallo Stato portoghese era presa in considerazione dalla decisione impugnata (sentenza della Corte 15 maggio 1997, causa C-355/95 P, TWD/Commissione, Racc. pag. I-2549, punto 21).

40.
    Ne consegue che l'argomento della ricorrente relativo ad una contraddizione nella motivazione della decisione impugnata deve essere respinto.

41.
    La ricorrente sostiene, inoltre, che la Commissione non ha dimostrato che la garanzia di Stato costituisse un aiuto, che incidesse sugli scambi tra gli Stati membri, che falsasse o minacciasse di falsare la concorrenza e che la sua natura ne imponesse il recupero.

42.
    Ora, la Commissione espone nel secondo periodo del 'considerando‘ 4 della decisione impugnata, che la garanzia di cui trattasi costituiva un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato. Enuncia, a tal riguardo, che i tassi di interesse dei prestiti comportavano un elemento di aiuto e che la garanzia di Stato esaminata non implicava obblighi specifici, i soli in grado di giustificare un'eventuale autorizzazione del provvedimento di cui trattasi.

43.
    La Commissione, inoltre, ha menzionato gli effetti concreti dell'aiuto sulla concorrenza e sugli scambi intracomunitari. Infatti, riguardo al criterio relativo alla distorsione della concorrenza, la decisione impugnata precisa che tali misure hanno come conseguenza diretta un miglioramento delle condizioni di produzione e di commercializzazione dei prodotti dell'impresa rispetto a quelli di altri operatori della Comunità europea che non beneficiano di aiuti analoghi (v. 'considerando‘ 4, terzo periodo, della decisione impugnata).

44.
    Riguardo al criterio relativo al pregiudizio degli scambi intracomunitari, la decisione enuncia:

«La produzione cerealicola comunitaria ammonta a 173,9 milioni di tonnellate, quella portoghese a 1,52 milioni di tonnellate. Gli scambi tra la Comunità e il Portogallo sono considerevoli, dato che quest'ultimo è un paese deficitario di cereali, che importa annualmente dagli altri Stati membri un quantitativo superiore alla propria produzione (1,83 milioni di tonnellate) ed esporta verso questi Stati un quantitativo di 32 530 tonnellate. Il valore monetario di tali scambi, per quanto concerne il Portogallo, ammontava nel 1996 a circa 5,8 milioni di ECU per le esportazioni e a 310 milioni di ECU per le importazioni.

Queste misure sono pertanto in grado di incidere sugli scambi di cereali tra gli Stati membri: tali scambi risultano infatti alterati nel caso in cui determinati aiuti favoriscano un operatore attivo nel commercio intra- ed extracomunitario di cereali rispetto agli altri. Le misure in questione hanno avuto un effetto diretto e immediato sui prezzi di costo dell'impresa. Esse hanno dunque fornito un vantaggio economico rispetto alle altre imprese del settore che, in Portogallo e negli altri Stati membri, non hanno avuto accesso ad analoghi aiuti. Di conseguenza, esse falsanoo potrebbero falsare la concorrenza». (v. considerando 11 della decisione impugnata, quarto e quinto periodo).

45.
    Risulta da tale motivazione che la Commissione ha esaminato se fossero stata soddisfatte le condizioni di applicabilità dell'art. 92, n. 1, del Trattato. La motivazione consente quindi alla ricorrente e al giudice comunitario di conoscere le ragioni per le quali la Commissione ha considerato che l'art. 92, n. 1, del Trattato era applicabile alla fattispecie.

46.
    A tal riguardo, è infondato l'argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione avrebbe omesso di menzionare le caratteristiche specifiche relative al mercato.

47.
    Innanzi tutto, la ricorrente richiama a torto la sentenza Paesi Bassi e Leeuwarder Papierenfabriek/Commissione, citata, nella quale la Corte ha sanzionato, alla luce degli obblighi giurisprudenziali (ricordati supra, nel punto 30), la mancanza di motivazione della decisione impugnata in tale sentenza con riferimento ai criteri di distorsione della concorrenza e di pregiudizio del commercio intracomunitario.

48.
    Benché la Commissione, nella decisione impugnata nel ricorso in esame, non abbia indicato la quota di mercato detenuta dall'EPAC, la ricorrente non può contestarle di non aver esaminato, alla luce degli estratti pertinenti citati (v. supra, nel punto 44), gli effetti dell'aiuto sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri.

49.
    La ricorrente sostiene, inoltre, che la Commissione non ha tenuto conto delle osservazioni formulate dalla Stato portoghese.

50.
    Occorre però rilevare che l'insieme delle osservazioni del governo portoghese contenute nelle lettere in data 8 e 21 aprile 1997 è stato oggetto di una dettagliata valutazione da parte della Commissione nel 'considerando‘ 13 della decisione impugnata.

51.
    Più in particolare, riguardo all'asserzione della ricorrente relativa al fatto che la garanzia costituirebbe uno dei mezzi diretti al risanamento finanziario necessario per qualsiasi operazione di privatizzazione, si deve osservare che la Commissione non ha avuto a disposizione informazioni riguardanti mezzi alternativi. Così facendo, pur avendo esposto tale argomento nella decisione impugnata ('considerando‘ 8, secondo periodo), la Commissione ha potuto considerare che non si trattava di un fatto o di una considerazione giuridica che rivestiva un'importanza essenziale nell'economia della decisione.

52.
    La ricorrente sostiene, infine, che la Commissione non avrebbe motivato a sufficienza l'obbligo di recupero dell'aiuto di cui trattasi.

53.
    Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, quando, contrariamente alle disposizioni dell'art. 93, n. 3, del Trattato, l'aiuto programmato sia già stato corrisposto, la Commissione, che ha il potere di ingiungere alle autorità nazionali di ordinarne la restituzione, non è tenuta ad esporre specifici motivi per giustificare il suo esercizio (v., ad esempio, sentenza della Corte 17 giugno 1999, causa C-75/97, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-3671, punto 82).

54.
    Ora, risulta dalla decisione impugnata che la Commissione ha motivato a sufficienza il recupero dell'aiuto nel 'considerando‘ 15 della detta decisione enunciando che l'aiuto di cui trattasi è, quanto al merito e per le ragioni in precedenza esposte, incompatibile col mercato comune a norma dell'articolo 92 del Trattato. A tal riguardo, occorre rilevare che la Commissione ha giustificato l'importo dell'aiuto da recuperare riferendosi al vantaggio finanziario indebitamente percepito dall'EPAC, corrispondente alla differenza tra il costo finanziario di mercato dei prestiti bancari e il costo finanziario effettivamente sostenuto da quest'ultima (v. 'considerando‘ 15 della decisione impugnata, quinto periodo).

55.
    La censura relativa alla mancata motivazione del recupero dell'aiuto è di conseguenza infondata.

56.
    Alla luce di quel che precede, il primo motivo deve essere respinto.

2. Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell'art. 92 del Trattato

Sulla prima parte, relativa alla violazione dell'art. 92, n. 1, del Trattato

Argomenti delle parti

57.
    La ricorrente lamenta, in primo luogo, la violazione dell'art. 92, n. 1, del Trattato ad opera della Commissione in quanto quest'ultima ha considerato, nella decisione impugnata, che la garanzia prestata dallo Stato costituiva un aiuto di Stato ai sensi di tale articolo. A sostegno di tale argomento, afferma, innanzi tutto, che la concessione di una garanzia per una semplice operazione di ristrutturazione del suo passivo non ha comportato alcun trasferimento di risorse dello Stato dal momento che alla garanzia sarebbe data esecuzione solo nel caso in cui non essa onorasse il suo contratto di mutuo. Aggiunge, inoltre, che poiché la garanzia non le ha consentito di negoziare un credito ad un tasso di interesse più ridotto di quello di mercato, essa non può essere qualificata quale aiuto. A tal riguardo, il tasso di interesse concesso dal consorzio di banche alla ricorrente non sarebbe il risultato di un intervento dell'amministrazione pubblica nel corso delle trattative, ma della volontà del consorzio stesso di rendere possibile un'operazione di finanziamento diretta a trasformare un passivo a breve termine in un passivo a medio termine.

58.
    La ricorrente afferma poi che spetta allo Stato, unico azionista, di garantire la realizzazione dei suoi compiti di interesse generale, e che, al riguardo, la garanziaconcessa dallo Stato è analoga a quella che può concedere un investitore privato che agisca nell'ambito dell'economia di mercato. Sostiene così che «vi è aiuto di stato allorché l'autorità pubblica fornisce all'impresa risorse finanziarie a condizioni inaccettabili per un investitore privato che operi alle condizioni del mercato» e ricorda che la Commissione si è basata su una nozione pragmatica ed evolutiva di tale criterio dell'investitore privato. Così «il socio privato può ragionevolmente conferire il capitale necessario per garantire la sopravvivenza dell‘impresa che sia temporaneamente in difficoltà, ma che, eventualmente, previa riorganizzazione, sia in grado di ridivenire redditizia» (sentenza della Corte 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2263, punto 15). Tuttavia, l'intervento dell'investitore pubblico che persegue obiettivi di politica economica non è necessariamente quello del comune investitore che colloca capitali in funzione della loro capacità di produrre reddito a termine più o meno breve (sentenza 21 marzo 1991, causa C-305/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I-1603, punto 20).

59.
    Applicando detta giurisprudenza al suo caso, la ricorrente considera che era legittimo che lo Stato intervenisse per garantirle un'operazione di ristrutturazione del suo passivo a condizioni di mercato, tenuto conto tanto della sua qualità di azionista unico, quanto della sua responsabilità riguardo alla sua situazione finanziaria. A tale proposito la ricorrente ricorda il suo piano di ristrutturazione e di risanamento finanziario che deve, da un lato, portarla alla privatizzazione e, dall'altro, consentirle di ritornare redditizia sul mercato interessato. Così, pur operando per il perseguimento di un interesse generale, inerente alla realizzazione della missione della ricorrente, lo Stato contribuirebbe a «restituire efficienza» ad un'impresa pubblica e a non sminuire il proprio prestigio.

60.
    La ricorrente sostiene inoltre che, conformemente alla posizione adottata dalla Commissione nella sua comunicazione sui rapporti economici tra lo Stato e le imprese pubbliche, le autorità portoghesi avevano fornito numerose informazioni che consentivano di offrire una spiegazione plausibile alla concessione della garanzia che escludeva la qualificazione di aiuto. Nondimeno, la Commissione non avrebbe preso in considerazione il complesso di tali argomenti.

61.
    Infine, qualificando tale garanzia come aiuto di Stato, la Commissione avrebbe proceduto ad un'interpretazione abusiva del concetto di aiuto, e non potendo essere constatata la violazione dell'art. 92, n. 1, del Trattato, lo Stato portoghese non avrebbe avuto l'obbligo di notificare il presunto aiuto alla Commissione a norma dell'art. 93, n. 3, del Trattato.

62.
    La ricorrente lamenta, in secondo luogo, la violazione, ad opera della Commissione, dell'art. 92, n. 1, del Trattato, in quanto quest'ultima non avrebbe dimostrato che il presunto aiuto di Stato incidesse sugli scambi intracomunitari e falsasse o minacciasse di falsare la concorrenza. La ricorrente afferma a sostegno del proprio argomento che non è sufficiente presumere un'incidenza sugli scambi dalla mera adozione di un provvedimento di sostegno finanziario, ma che, al contrario, laCommissione deve dimostrare, concretamente, l'esistenza di una alterazione attuale o potenziale della concorrenza (v. sentenza 14 settembre 1994, cause riunite C-278/92, C-279/92 e C-280/92, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-4103, punto 32). Limitandosi a constatare l'esistenza di perturbazioni sul mercato senza individuarle e l'esistenza di un flusso commerciale tra il Portogallo e gli altri Stati membri senza dimostrare che l'EPAC influenzi a suo vantaggio tale flusso, la Commissione non dimostrerebbe che siano stati influenzati gli scambi intracomunitari, né che sia stato falsato il gioco della concorrenza.

63.
    La Commissione ribatte che la garanzia controversa costituisce un aiuto di Stato e che un investitore privato avrebbe scelto di liquidare l'EPAC e non di concederle una garanzia. L'attribuzione di risorse statali consisterebbe, nella fattispecie, non solo nella rinuncia a qualsiasi premio che sarebbe stato richiesto da un investitore privato quale corrispettivo del rischio sostenuto, ma anche nell'onere risultante dall'eventuale realizzazione di tale rischio per il bilancio dello Stato. Tuttavia, la Commissione ha anche affermato, in una risposta ad un quesito del Tribunale, che anche se tale premio fosse stato effettivamente pagato allo Stato portoghese, il suo tasso non sarebbe stato corrispondente a quello di mercato. Essa obietta, inoltre, di non essere tenuta a dimostrare l'effetto reale dell'aiuto e di avere, nella fattispecie, dimostrato l'esistenza dell'incidenza sul commercio comunitario.

Giudizio del Tribunale

- Sulla nozione di aiuto di Stato

64.
    Si deve, in via preliminare, ricordare che l'art. 92 del Trattato vieta gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che falsino o minaccino di falsare la concorrenza, favorendo talune imprese o talune produzioni, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri.

65.
    Occorre, del pari, ricordare che, secondo giurisprudenza costante, il concetto di aiuto vale a designare non soltanto delle prestazioni positive del genere delle sovvenzioni stesse, ma anche degli interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti (v., in particolare, sentenze della Corte 30 novembre 1993, causa C-189/91, Kirsammer-Hack, Racc. pag. I-6185, punto 16; 15 marzo 1994, causa C-387/92, Banco Exterior de España, Racc. pag. I-877, punto 13, e 29 giugno 1999, causa C-256/97, DM Transport, Racc. pag. I-3913, punto 19).

66.
    Per valutare se una misura statale costituisca un aiuto, secondo una giurisprudenza costante, si deve determinare se l'impresa beneficiaria riceva un vantaggio economico che non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (v. sentenze della Corte 11 luglio 1996, causa C-39/94, SFEI e a., Racc. pag. I-3547, punto 60;29 aprile 1999, causa C-342/96, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-2459, punto 41, e DM Transport, citata, punto 22).

67.
    Nella fattispecie, la ricorrente sostiene che la garanzia accordata dallo Stato portoghese è analoga a quella che avrebbe potuto concedere un investitore privato che agisca nell'ambito dell'economia di mercato.

68.
    Si deve, tuttavia, rilevare che il comportamento dello Stato portoghese, che ha concesso la garanzia controversa, non può essere paragonato a quello di un investitore privato (v., al riguardo, in materia di prestiti, sentenze 29 aprile 1999, Spagna/Commissione, citata, punto 46, e DM Transport, citata, punto 24), in quanto lo Stato portoghese non ha proceduto ad alcuna iniezione di capitali. Si deve pertanto stabilire se, alle condizioni normali di mercato, la garanzia da esso accordata all'EPAC per permetterle di ottenere un mutuo presso istituti bancari sarebbe stata concessa anche da un investitore privato tenuto conto, in particolare, del rischio di veder realizzata tale garanzia in caso di mancato rimborso del prestito concesso.

69.
    A tale riguardo, si deve anzitutto rilevare che l'EPAC si trovava in una situazione finanziaria gravemente compromessa, caratterizzata dall'incapacità di assumere i propri oneri finanziari e dalla necessità di ristrutturare il proprio passivo, nonché le proprie capacità logistiche e salariali.

70.
    La ricorrente, inoltre, ha affermato che «è lecito pensare che, senza la concessione di detta garanzia prestata dallo Stato, il contratto tra [essa] e il consorzio di banche (...) non sarebbe stato concluso», e che, se lo Stato prendesse l'iniziativa di revocare la garanzia, le banche creditrici potrebbero esigere l'immediato pagamento dei loro crediti, portandola, di fatto, al fallimento.

71.
    Ne consegue che l'EPAC ha beneficiato di un vantaggio di cui non avrebbe fruito a condizioni normali di mercato.

72.
    A tale proposito, la ricorrente non può affermare che il piano per garantire la redditività economica e il risanamento finanziario, legato alla concessione di un mutuo coperto in parte da una garanzia statale, lascerebbe intravedere una qualche prospettiva favorevole per un operatore privato atta a rendere accettabile la concessione di tale vantaggio.

73.
    Essa ammette, infatti, nelle sue memorie che tale piano per il ripristino della redditività e il risanamento finanziario non costituiva un quadro destinato a risolvere i problemi dell'impresa. Il governo portoghese enuncia, peraltro, nella sua lettera datata 8 aprile 1997, che «si deve notare che tale contratto di mutuo, pur se ha temporaneamente attenuato alcuni effetti della situazione passata, non ha affatto contribuito alla soluzione dei problemi dell'impresa per quanto riguarda il capitale di esercizio necessario alle operazioni commerciali correnti e alle necessitàdi investimenti richiesti per la ristrutturazione e le liquidazioni da versare ai dipendenti per la risoluzione del contratto di lavoro».

74.
    Ne consegue che la Commissione poteva legittimamente considerare che, nelle circostanze della fattispecie, un operatore privato non avrebbe concesso all'EPAC la garanzia controversa.

75.
    Tale conclusione non può neppure essere infirmata dall'argomento della ricorrente secondo il quale il fatto di perseguire un interesse generale, prendere in considerazione preoccupazioni salariali o ancora tentare di mantenere il prestigio e la credibilità dello Stato spiegherebbe l'intervento statale.

76.
    Infatti, l'eventuale responsabilità dello Stato portoghese nel degrado della situazione finanziaria dell'EPAC è ininfluente per la qualificazione di aiuto della garanzia di cui trattasi, in quanto l'art. 92 del Trattato non distingue gli interventi a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti (v., da ultimo, sentenza 17 giugno 1999, Belgio/Commissione, citata, punto 25).

77.
    Tale conclusione non può essere messa in discussione dall'affermazione della ricorrente secondo la quale le autorità portoghesi hanno fornito alla Commissione informazioni dirette a dimostrare l'esistenza di una spiegazione plausibile per la concessione della garanzia che consentiva di evitare la qualificazione di aiuto di Stato.

78.
    La ricorrente ricorda a sostegno del proprio argomento la comunicazione della Commissione agli Stati membri (GU 1993, C 307, pag. 3) relativa all'applicazione alle imprese pubbliche del settore manifatturiero degli articoli 92 e 93 del trattato CEE e dell'articolo 5 della direttiva della Commissione 25 giugno 1980, 80/723/CEE relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati Membri e le loro imprese pubbliche (GU L 195, pag. 35). il punto 29 di tale comunicazione dispone:

«La presente comunicazione è intesa a ridurre l'incertezza in materia, chiarendo il modo in cui la Commissione intende applicare il principio dell'economia di mercato e i criteri utilizzati per stabilire se si tratta o meno di un aiuto di Stato. La Commissione non intende affatto applicare i principi di cui alla presente comunicazione (in un campo che è necessariamente complesso) in modo dogmatico e dottrinale, dovendosi ammettere che le decisioni imprenditoriali di investimento comportano necessariamente un ampio margine di valutazione. Detti principi vanno peraltro applicati ogniqualvolta l'assegnazione di risorse pubbliche non possa essere ragionevolmente spiegata se non come aiuto di Stato».

79.
    Nondimeno, è stato in precedenza constatato, da un lato, che il comportamento dello Stato portoghese non può essere equiparato a quello di un investitore privato e, d'altro lato, che il vantaggio accordato all'EPAC, a condizioni normali mercato, non le sarebbe stato concesso da un operatore privato.

80.
    Riguardo al mancato trasferimento di risorse statali, si deve rilevare che il vantaggio accordato all'EPAC potrà comportare un onere supplementare, per il bilancio statale, nell'ipotesi di una realizzazione della garanzia (v. sentenza della Corte 1. dicembre 1998, causa C-200/97, Ecotrade, Racc. pag. I-7907, punto 43).

81.
    Alla luce di quel che precede, la concessione di una garanzia da parte dello Stato non può sfuggire al divieto di cui all'art. 92 del Trattato per il solo fatto che tale vantaggio non è stato accordato all'impresa beneficiaria mediante una mobilizzazione immediata e sicura di risorse statali.

82.
    Risulta, inoltre, dalla decisione impugnata che è stato previsto il versamento allo Stato portoghese di un premio pari allo 0,2%. Ora, non avendo la ricorrente sostenuto che tale tasso corrisponda a quello praticato sul mercato, il Tribunale considera che la Commissione ha potuto legittimamente reputare che esso non costituisse una giusta remunerazione del rischio incorso dallo Stato. Lo Stato, pertanto, subisce fin d'ora un mancato guadagno.

83.
    Risulta da quel che precede che la Commissione non ha violato l'art. 92, n. 1, del Trattato constatando che la garanzia controversa costituisce un aiuto di Stato ai sensi di tale disposizione.

- Sul pregiudizio degli scambi intracomunitari e la distorsione della concorrenza

84.
    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha dimostrato che il presunto aiuto incidesse sugli scambi intracomunitari e falsasse o minacciasse di falsare la concorrenza e che le si imponesse, a tal riguardo, di dimostrare, concretamente, l'esistenza di un'alterazione attuale o potenziale delle concorrenza.

85.
    Tuttavia, la Commissione non è tenuta a procedere ad un'analisi economica delle cifre estremamente dettagliata. Per di più, trattandosi di un aiuto che non è stato notificato alla Commissione, la decisione che constata l'incompatibilità di questo con il mercato comune non deve obbligatoriamente basarsi sulla dimostrazione delle effettive conseguenze di tale aiuto sulla concorrenza o sugli scambi tra Stati membri. In una diversa ipotesi, infatti, verrebbero favoriti gli Stati membri che versano aiuti in violazione dell'obbligo di notifica di cui all'art. 93, n. 3, del Trattato a detrimento di quelli che notificano il progetto di aiuti (v. sentenze della Corte 14 febbraio 1990, causa C-301/87, Francia/Commissione, Racc. pag. I-307, punto 33, e del Tribunale 30 aprile 1998, causa T-214/95, Vlaamse Gewest/Commissione, Racc. pag. II-717, punto 67).

86.
    Ora, si deve osservare che la decisione impugnata contiene, per quanto necessario, gli elementi che consentono di stabilire l'esistenza di un pregiudizio degli scambi intracomunitari e di una distorsione della concorrenza.

87.
    La Commissione ha, infatti, considerato, nella decisione impugnata, che le misure finanziarie di cui trattasi conducono direttamente al miglioramento delle condizioni di produzione e di commercializzazione dei prodotti dell'impresa rispetto a quelli di altri operatori della Comunità che non beneficiano di aiuti analoghi . La decisione ricorda, del pari, che l'autore della denuncia le ha presentato, nel corso del procedimento amministrativo, una domanda di sospensione della garanzia di Stato a seguito dell'apertura di una gara relativa alla riduzione del dazio all'importazione di granturco in Portogallo . Interrogata al riguardo all'udienza, la Commissione ha precisato che la denunciante, al pari dell'EPAC, aveva presentato un'offerta per ottenere una riduzione dei diritti di dazio. La situazione dell'EPAC, che ha presentato, in tale contesto, condizioni estremamente competitive che non erano sostenibili per le altre imprese, configurerebbe quindi una distorsione della concorrenza.

88.
    La Commissione indica, inoltre, nella decisione impugnata, l'entità degli scambi tra il Portogallo e la Comunità precisando nel contempo che questi ultimi sono considerevoli, dato che il Portogallo è un paese deficitario quanto ai cereali (l'estratto pertinente è riportato supra, nel punto 44).

89.
    La Commissione da ciò conclude che tali scambi sono alterati nel caso in cui determinati aiuti favoriscano un operatore attivo nel commercio intra- ed extracomunitario di cereali rispetto agli altri e che la misura in questione ha avuto un effetto diretto e immediato sui prezzi di costo dell'impresa che ha goduto così di un vantaggio economico rispetto alle altre imprese del settore (l'estratto pertinente è riportato supra, nel punto 44).

90.
    Di conseguenza, la Commissione ha potuto legittimamente constatare che gli scambi intracomunitari nella fattispecie erano alterati. La ricorrente, peraltro, non apporta a tal riguardo alcun elemento atto ad inficiare tale conclusione.

91.
    Dall'insieme di queste considerazioni risulta che l'argomento relativo alla violazione dell'art. 92, n. 1, del Trattato è infondato.

Sulla seconda parte, relativa alla violazione dell'art. 92, n. 3, del Trattato

Argomenti delle parti

92.
    La ricorrente lamenta la violazione dell'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato, in quanto la Commissione non ha giustificato a sufficienza l'esclusione dall'applicazione delle deroghe previste nel predetto articolo. La Commissione avrebbe dovuto, non solo constatare l'utilità delle informazioni fornite dalle autorità portoghesi, ma prenderle altresì in considerazione nelle sue valutazioni. Così, avendo saputo, fin dall'inizio del procedimento, che il piano per il ripristino della redditività e il risanamento finanziario dell'EPAC non era più destinato a costituire un quadro per risolvere i problemi dell'impresa, la Commissione avrebbe dovuto analizzare la garanziacontroversa facendo riferimento ai criteri applicabili agli aiuti per il salvataggio e non riferendosi a quelli relativi agli aiuti alla ristrutturazione .

93.
    Oltre al detto errore di qualificazione giuridica, la Commissione avrebbe commesso un errore di diritto nell'applicare alla fattispecie le quattro condizioni da essa delineate nella sua comunicazione 94/C 368/05 («Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà», GU 1994, C 368, pag. 12) e ciò benché essa avesse ammesso che l'EPAC era un'impresa in difficoltà, incapace di garantirsi il risanamento con i propri mezzi.

94.
    Riguardo alla prima condizione relativa al tasso di interesse della garanzia controversa, la ricorrente sostiene che i mutui sono stati negoziati senza l'intervento diretto delle autorità portoghesi e alle condizioni di mercato. Anche se fosse stato accordato un abbuono sul tasso di interesse, la formulazione del primo criterio non esigerebbe che il tasso accordato sia concesso a condizioni di mercato, dovendo essere gravati da un tasso equivalente a quello di mercato i soli crediti rimborsabili. Quanto alla seconda condizione, ovvero la limitazione dell'ammontare dell'aiuto a quanto è necessario per mantenere l'impresa in attività, la ricorrente sostiene che la garanzia non è un aiuto al funzionamento ma una «misura di carattere eccezionale e transitorio, che consentiva di sormontare tale problema in attesa di una soluzione globale». La soluzione scelta dalle autorità portoghesi mirava, secondo la ricorrente, a preservare in attività l'impresa, senza violare le norme di diritto comunitario, consolidando, così facendo, un passivo bancario a breve termine in un passivo lungo termine. Riguardo, la terza condizione relativa la durata dell'aiuto consentito, l'EPAC sostiene che la durata di sei mesi abitualmente permessa è prorogabile e che è necessario lasciare all'impresa beneficiaria dell'aiuto il tempo per elaborare un piano efficace di risanamento. Infine, quanto alla quarta condizione relativa alla giustificazione sociale della misura di cui trattasi, la ricorrente considera che, consentendo il proseguimento della sua attività, la garanzia accordata ha permesso di evitare licenziamenti, perturbazioni sul mercato dell'approvvigionamento dei cereali del paese e di perpetuare il sostegno commerciale e tecnico dell'EPAC agli agricoltori portoghesi.

95.
    La ricorrente segnala inoltre che, nell'ipotesi in cui la garanzia accordata venisse qualificata come aiuto, ai sensi dell'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato, essa non altera le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Al riguardo, essa ricorda che la Corte ha giudicato in una situazione analoga a quella della fattispecie che il pagamento di vecchi debiti, destinato a salvare un'impresa, non ha necessariamente l'effetto di alterare le condizioni degli scambi in misura contraria all'interesse comune, qualora una siffatta operazione sia accompagnata, ad esempio, da un piano di riorganizzazione (sentenza della Corte 14 novembre 1984, causa 323/82, Intermills/Commissione, Racc. pag. 3809, punto 39).

96.
    La Commissione obietta che essa ha tenuto conto delle informazioni trasmesse del governo portoghese. Inoltre, riguardo all'applicazione della comunicazione94/C 308/05, citata, la Commissione constata che era normale esaminare contemporaneamente l'ipotesi di un aiuto per il salvataggio e di un aiuto alla ristrutturazione, essendo questi ultimi due aspetti di un'unica operazione diretta, a breve termine, a salvare l'impresa e quindi, a lungo termine, a ripristinarne la redditività. Infine, essa avrebbe legittimamente considerato che la garanzia di cui trattasi non era conforme ai criteri definiti nella predetta comunicazione.

Giudizio del Tribunale

97.
    Si deve constatare, in via preliminare, che risulta dalla giurisprudenza che, nell'ambito dell'art. 92, n. 3, del Trattato a Commissione dispone di un ampio potere discrezionale, il cui esercizio comporta complesse valutazioni di ordine economico e sociale da effettuarsi in un contesto comunitario e che, pertanto, il Tribunale deve limitarsi a controllare le regole di procedura, la sufficienza della motivazione, l'esattezza materiale dei fatti e l'assenza sia di un errore manifesto di valutazione sia di uno sviamento di potere (v., in particolare, sentenza 21 marzo 1991, causa C-303/88, Italia/Commissione, citata, punto 34, e sentenza del Tribunale 13 settembre 1995, cause riunite T-244/93 e T-486/93, TWD/Commissione, Racc. pag. II-2265, pag. 82).

98.
    La ricorrente lamenta una violazione da parte della Commissione della predetta comunicazione 94/C 308/05.

99.
    A tale riguardo, essa considera, in primo luogo, che la Commissione avrebbe dovuto analizzare la garanzia di cui trattasi con riferimento ai criteri applicabili agli aiuti per il salvataggio e non riferendosi a quelli relativi agli aiuti per la ristrutturazione.

100.
    Risulta, nondimeno, dalla decisione impugnata [v. 'considerando‘ 13, lett. b)] che, pur se, all'atto dell'avvio del procedimento, la Commissione ha ritenuto che i criteri sugli aiuti al salvataggio delle imprese non fossero applicabili alla garanzia in esame, essa ha infine affermato nella decisione impugnata, alla luce delle informazioni trasmesse dal governo portoghese, che tale garanzia costituiva un aiuto al salvataggio.

101.
    La Commissione sottolinea, tuttavia, che la garanzia di Stato in favore dell'EPAC non soddisfa i criteri che la detta comunicazione indica come necessari per considerare un aiuto al salvataggio compatibile col mercato comune e si dedica, a tal proposito, ad un'analisi dell'aiuto tenendo conto dei quattro criteri definiti in tale comunicazione [v. 'considerando‘ 13, lett. b)].

102.
    Risulta da quanto precede che la Commissione si è dedicata ad un'analisi completa delle deroghe previste da tale comunicazione e, in particolare, all'esame a titolo degli aiuti per il salvataggio.

103.
    Si deve quindi constatare che l'argomento della ricorrente relativo ad un errore di qualificazione giuridica della misura di cui trattasi alla luce degli orientamenti predetti è infondato.

104.
    In secondo luogo, la ricorrente lamenta un errore della Commissione nell'applicazione dei criteri relativi all'aiuto per il salvataggio.

105.
    La comunicazione citata enuncia infatti, nel suo punto 3.1 riguardante le condizioni generali per l'autorizzazione degli aiuti per il salvataggio:

«[Per ottenere l]'autorizzazione della Commissione (...) [g]li aiuti per il salvataggio devono infatti:

-    consistere in aiuti di tesoreria sotto forma di garanzia di crediti o di crediti rimborsabili gravati da un tasso d'interesse equivalente a quello di mercato;

-    limitarsi nel loro ammontare a quanto è necessario per mantenere l'impresa in attività (ad esempio, copertura degli oneri salariali, dell'approvvigionamento corrente);

-    essere versati soltanto per il periodo necessario (di regola, non più di sei mesi) alla definizione delle misure di risanamento necessario e realizzabili;

-    essere motivati da acute difficoltà sociali e non avere effetti negativi ingiustificabili sulla situazione industriale in altri Stati membri».

106.
    La Commissione ha considerato, nella decisione impugnata, che tali condizioni non erano soddisfatte nella fattispecie, in quanto il tasso sui prestiti ottenuti dall'EPAC è agevolato, la durata prevista per l'operazione è di gran lunga superiore ai 6 mesi generalmente previsti, l'importo della garanzia non poteva essere considerato corrispondente all'importo strettamente necessario alla gestione corrente dell'impresa e, infine, non è stata invocata nessuna grave ragione sociale [v. 'considerando‘ 13, lett. b)].

107.
    Riguardo alla prima condizione relativa ai tassi di interesse, si deve ricordare che l'obiettivo perseguito dalla Commissione autorizzando tali aiuti per il salvataggio è quello di contribuire allo sviluppo economico senza alterare gli scambi in misura contraria all'interesse comunitario. In tale prospettiva, il fatto che il tasso di tale prestito sia più vantaggioso di quello offerto sul mercato non è più accettabile per un mutuo ottenuto grazie ad una garanzia statale di quanto lo sia per un aiuto costituito dal prestito stesso.

108.
    Il tasso di interesse del prestito accordato alla ricorrente è del 6,75% (tasso Lisbor) per la parte garantita del mutuo e di 6,75% + 1,2% (tasso Lisbor) per la parte non garantita. A tale proposito, le affermazioni della ricorrente, suffragate da unalettera della Banco Chemical Finance, SA, membro del consorzio di banche erogatrici, secondo la quali i tassi di interesse accordati rispecchiavano le condizioni di mercato esistenti alla data della sottoscrizione del contratto di cui trattasi non possono essere accettate.

109.
    Risulta, infatti, da un lato, dalla decisione impugnata, che il tasso di riferimento comunitario alla data della concessione del prestito era del 12,51%, che nel caso in esame può essere considerato un tasso minimo, in quanto la difficile situazione finanziaria dell'EPAC non avrebbe consentito a quest'ultima di ottenere un prestito a condizioni più favorevoli di quelle previste per gli operatori in situazione finanziaria equilibrata [v. 'considerando‘ 13, lett. d)]. A tale proposito, la Commissione ha prodotto, in risposta ad un quesito del Tribunale, una nota inviata dai suoi uffici al governo portoghese, nella quale detto tasso è menzionato quale tasso di riferimento per il Portogallo, che consentiva di calcolare, a priori, l'elemento di aiuto risultante dai regimi di interesse agevolato riguardante i mutui per l'investimento.

110.
    Risulta, d'altro lato, dai documenti provenienti dal ministero delle Finanze portoghese relativi all'attuazione del piano di restituzione di redditività dell'EPAC che il tasso applicabile alla parte garantita del prestito è inferiore al tasso di riferimento portoghese pari al 12,98% per il 1995.

111.
    Si deve quindi constatare che lo Stato portoghese era a conoscenza del tasso di riferimento che si riteneva rispecchiasse il livello medio dei tassi di interesse in vigore per i mutui a medio e a lungo termine e che la Commissione avrebbe applicato per calcolare l'elemento di aiuto. Si deve del pari considerare che è stato consapevolmente applicato nella fattispecie un tasso di interesse notevolmente inferiore a quel tasso di riferimento.

112.
    Risulta da quanto precede che la Commissione ha potuto, senza commettere un errore manifesto di valutazione, considerare che i tassi accordati all'EPAC erano agevolati.

113.
    Riguardo alle altre condizioni enunciate nella comunicazione, si deve rilevare, da un lato, che la garanzia di Stato è stata concessa per una durata di sette anni, benché la durata generalmente ammessa è di sei mesi. A tale proposito, benché la Commissione ammetta che tale durata possa esser prorogata per consentire di portare a termine l'istruttoria relativa al piano di ristrutturazione, si deve constatare che una durata di sette anni non può, a tal fine, essere considerata ragionevole.

114.
    Risulta, inoltre, dagli Orientamenti citati che gli aiuti per il salvataggio consentono di sostenere temporaneamente un'impresa durante il lasso di tempo necessario a mettere a punto un piano adeguato per porre rimedio alle difficoltà finanziarie incontrate. Alla luce di tutto ciò, la Commissione poteva legittimamente considerare che una garanzia di sette anni non poteva costituire un aiuto per ilsalvataggio e ciò a maggior ragione in quanto il piano di ristrutturazione annunciato per il 1997 non è stato mai trasmesso alla Commissione.

115.
    D'altra parte non risulta dal fascicolo che nel corso del procedimento amministrativo siano state invocate dalla ricorrente o dal suo governo impellenti ragioni sociali.

116.
    La Commissione, pertanto, non ha commesso un errore di diritto nel considerare che le condizioni relative all'aiuto per il salvataggio non erano soddisfatte.

117.
    Risulta da tutto quel che precede che il secondo motivo deve essere integralmente respinto.

3. Sul terzo motivo, relativo alla violazione degli artt. 90 e 222 del Trattato

Argomenti delle parti

118.
    La ricorrente ricorda, da un lato, che ai sensi dell'art. 222 del Trattato la Commissione è tenuta, nell'esercizio dei poteri conferitile dagli artt. 92 e 93 del Trattato, a rispettare la parità di trattamento tra imprese pubbliche e private e, d'altra parte, che, a norma del suo statuto, essa deve essere considerata un'impresa pubblica ai fini dell'applicazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza. Così, in materia di aiuti di Stato, la Commissione non dovrebbe operare una discriminazione tra gli investitori pubblici e privati. Tenuto conto della sua redditività economica e della giurisprudenza pertinente in tale settore, la Commissione avrebbe violato il principio della parità di trattamento. Risulterebbe, infatti, dalla giurisprudenza che «discende dallo stesso principio di parità di trattamento che i capitali messi a disposizione di un'impresa, direttamente o indirettamente, da parte dello Stato, in circostanze che corrispondono alle normali condizioni di un'economia di mercato, non possono essere considerati aiuti di Stato» (v. sentenza 21 marzo 1991, causa C-303/88, Italia/Commissione, citata, punto 20).

119.
    La ricorrente lamenta del pari la violazione dell'art. 90, n. 2, del Trattato in quanto la Commissione non avrebbe tenuto conto del fatto che le missioni da essa adempiute hanno una finalità sociale e corrispondono alla realizzazione di servizi d'interesse economico generale. Costituendo la concessione della garanzia una misura indispensabile alla sopravvivenza dell'EPAC, l'art. 90, n. 2, del Trattato, sarebbe applicabile, nella fattispecie, giustificando così una deroga al principio del divieto, della soppressione e del recupero del presunto aiuto.

120.
    La Commissione rileva, riguardo alla presunta violazione dell'art. 222 del Trattato, che la sua decisione è diretta a ripristinare la parità di trattamento tra l'impresa pubblica beneficiaria dell'aiuto e le sue concorrenti.

121.
    Riguardo alla presunta violazione dell'art. 90, n. 2, del Trattato, essa sostiene che la ricorrente non ha dimostrato di essere stata incaricata dallo Stato della gestione di servizi di interesse economico generale ai sensi di tale articolo.

Giudizio del Tribunale

122.
    Riguardo, da un lato, alla presunta violazione da parte della Commissione del principio di parità di trattamento tra imprese private e pubbliche, occorre sottolineare, in primo luogo, che, ai sensi dell'art. 90, n. 1, del Trattato, le regole di concorrenza sono applicabili indistintamente a questi due tipi di imprese, e, in secondo luogo, che l'art. 222 del Trattato non contravviene a tale principio.

123.
    Considerando aiuto incompatibile con il mercato comune la garanzia controversa, la Commissione non ha in alcun modo compromesso il regime della proprietà pubblica e non ha fatto altro che trattare in maniera identica il proprietario pubblico e il proprietario privato di un'impresa (v. sentenza 21 marzo 1991, causa C-305/89, Italia/Commissione, citata, punto 24).

124.
    Si deve pertanto considerare che l'argomento relativo alla violazione dell'art. 222 del Trattato è infondato.

125.
    Riguardo, d'altro lato, l'asserita violazione dell'art. 90, n. 2, del Trattato, risulta da tale articolo che, la deroga è subordinata al fatto che i pubblici poteri abbiano affidato all'impresa di cui trattasi la gestione di un servizio economico di interesse generale, al fatto che l'applicazione delle norme del Trattato osti all'adempimento della specifica missione affidatale e, infine, al fatto che non venga compromesso l'interesse della Comunità (sentenza del Tribunale 27 febbraio 1997, causa T-106/95, FFSA ea./Commissione, Racc. pag. II-229, punto 173).

126.
    A tale riguardo, le imprese incaricate della gestione di un servizio di interesse economico generale devono essere state investite di tale missione da un atto della pubblica autorità (v. sentenze della Corte 21 marzo 1974, causa 127/73, BRT/SABAM e FONIOR, Racc. pag. 313, punto 20, e 18 giugno 1998, causa C-266/96, Corsica Ferries France, Racc. pag. I-3949, punto 47).

127.
    Si deve, però, constatare che la ricorrente non ha apportato la prova che le sia stata affidata una missione di questo tipo.

128.
    Deve essere pertanto respinto l'argomento relativo alla violazione dell'art. 90, n. 2, del Trattato.

129.
    Ne consegue che anche il terzo motivo deve essere integralmente respinto.

4. Sul quarto motivo, relativo alla violazione dei principi generali di proporzionalità, di certezza del diritto e di legittimo affidamento

Argomenti delle parti

130.
    La ricorrente sostiene, innanzi tutto, che la Commissione non ha rispettato «il criterio minimo di trattamento proporzionato ed equilibrato degli interessi in gioco» esigendo la soppressione e il recupero degli aiuti concessi. Essa considera, infatti, che lo Stato azionista e gestore dell'interesse generale ha scelto, tra la liquidazione dell'impresa, l'aiuto diretto o la garanzia, la soluzione che arrecava minori danni agli interessi presenti nella fattispecie.

131.
    La ricorrente invoca, inoltre, l'impossibilità giuridica, per lo Stato portoghese, di adottare le misure richieste dalla Commissione, essendo queste ultime in contrasto tanto con l'ordinamento giuridico portoghese quanto con il diritto comunitario per quanto riguarda il rispetto degli obblighi contrattuali. Lo Stato, infatti, non potrebbe liberarsi unilateralmente delle obbligazioni da esso assunte nei confronti degli istituti bancari, in quanto solo i giudici nazionali aditi hanno il potere di dichiarare la nullità della garanzia.

132.
    Infine la ricorrente e gli istituti bancari avrebbero riposto un legittimo affidamento sulla liceità della garanzia che è stata concessa a tali istituti, e meriterebbero, per tale fatto, una tutela giuridica adeguata che sarebbe incompatibile con una decisione della Commissione che impone la soppressione della garanzia e il rimborso del presunto aiuto da essa derivante.

133.
    La Commissione considera, riguardo al carattere che si asserisce sproporzionato delle misure richieste, che risulta dal Trattato e dalla giurisprudenza che la soppressione dell'aiuto è necessaria per consentire il ripristino dello status quo ante (v. sentenze della Corte 21 marzo 1990, causa C-142/87, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-959; causa C-305/89, Italia/Commissione, citata, e sentenza 4 aprile 1995, causa C-348/93, Commissione/Italia, Racc. pag. I-673). Al riguardo, la giurisprudenza avrebbe riconosciuto che la messa in liquidazione dell'impresa beneficiaria dell'aiuto non poteva liberare uno Stato dall'obbligo di sopprimere tale aiuto (v. sentenza 15 gennaio 1986, causa 52/84, Commissione/Belgio, Racc. pag. 89).

134.
    La Commissione afferma del pari che, poiché né lo Stato, né la beneficiaria stessa o le banche si sono assicurate del rispetto della procedura di notifica e quindi della legittimità dell'aiuto, esse non possono lamentare la violazione del principio del legittimo affidamento (v. sentenze della Corte 20 settembre 1990, causa C-5/89, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3437, nonché le conclusioni dell'avvocato generale Darmon in tale causa, Racc. pag. I-3445, e 24 ottobre 1996, cause riunite C-329/93, C-62/95 e C-63/95, Germania e a./Commissione, Racc. pag. I-5151).

135.
    Essa osserva, infine, che il governo portoghese è tenuto a dare esecuzione alle misure adottate nella decisione impugnata.

Giudizio del Tribunale

136.
    Relativamente, anzitutto, al primo argomento della ricorrente fondato sulla violazione del principio di proporzionalità, per la condizione che impone la soppressione e il recupero dell'aiuto, si deve ricordare che, per costante giurisprudenza, «il recupero di un aiuto statale illegittimamente concesso, onde ripristinare lo status quo ante, non può, in linea di principio, ritenersi un provvedimento sproporzionato rispetto alle finalità delle disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato». Al riguardo, il recupero dell'aiuto illegittimo ha la finalità di ripristinare la situazione precedente alla concessione dell'aiuto (v. sentenze della Corte 14 gennaio 1997, causa C-169/95, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-135, punto 47, e 17 giugno 1999, Belgio/Commissione, citata, punto 68).

137.
    Dal momento che la Commissione aveva legittimamente dichiarato incompatibile con il mercato comune l'aiuto di cui trattasi, la soppressione e il recupero dell'aiuto indebitamente percepito sono proporzionati all'illecito constatato.

138.
    Riguardo, poi, all'asserita impossibilità per lo Stato portoghese di dare attuazione alla decisione della Commissione, si deve constatare che eventuali difficoltà, procedurali o di altro tipo, nell'esecuzione dell'atto impugnato non possono incidere sulla legittimità di quest'ultimo (sentenza della Corte 14 settembre 1994, Spagna/Commissione, citata, punto 80, e 17 giugno 1999, Belgio/Commissione, citata, punto 86).

139.
    La ricorrente sostiene infine di aver riposto un legittimo affidamento nella liceità della garanzia concessa dallo Stato portoghese al consorzio di banche.

140.
    Si deve preliminarmente constatare che, ai sensi dell'art. 93, n. 3, del Trattato, qualsiasi progetto diretto ad istituire un nuovo aiuto deve essere notificato alla Commissione prima della sua attuazione, a meno di non essere considerato irregolarmente istituito (sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C-367/95 P, Commissione/Sytraval et Brink's France, Racc. pag. I-1719, punto 35).

141.
    Ebbene, lo Stato portoghese non ha proceduto a tale notifica, benché la Commissione lo avesse invitato a farlo nella sua lettera in data 31 ottobre 1996.

142.
    Pertanto, tenuto conto del carattere imperativo del controllo sugli aiuti statali effettuato dalla Commissione, l'EPAC non può avere, in linea di massima, alcun legittimo affidamento nella regolarità dell'aiuto che le era stato concesso in violazione dell'art. 93, n. 3 del Trattato CE (v. sentenza 20 marzo 1997, causa C-24/95, Alcan Deutschland, Racc. pag. I-1591, punto 43).

143.
    Occorre, al riguardo, segnalare che, seppure la ricorrente avesse invocato circostanze eccezionali sulle quali avrebbe potuto fondare il suo legittimo affidamento per opporsi al recupero dell'aiuto, la loro valutazione spetterebbe al giudice nazionale eventualmente adito (v. sentenza Commissione/Germania, citata, punto 16).

144.
    Poiché, inoltre, tale questione non si presenta in modo diverso tanto che si tratti dell'affidamento legittimo del beneficiario oppure dell'affidamento del creditore del beneficiario dell'aiuto, incombeva anche alle banche creditrici di dar prova della necessaria prudenza e diligenza e di procedere alle doverose verifiche riguardo alla legittimità dell'aiuto.

145.
    Risulta da quanto precede che il quarto motivo deve essere respinto.

146.
    Ne consegue che il ricorso nella causa T-270/97 deve essere integralmente respinto.

Sul non luogo a statuire nella causa T-204/97

Argomenti delle parti

147.
    La Commissione afferma che la decisione 30 aprile 1997 che esige, provvisoriamente, dal governo portoghese la sospensione dell'aiuto sotto forma di garanzia di Stato è un'ingiunzione-sospensione ai sensi della sentenza Francia/Commissione, citata, e constituisce, a tal riguardo, una misura provvisoria adottata in attesa del risultato dell'esame dell'aiuto. Tale decisione non avrebbe più ragion d'essere dal momento dell'adozione della decisione definitiva che statuisce sul merito della vicenda. La decisione definitiva sostituirebbe, così, la decisione provvisoria.

148.
    La Commissione ricorda di aver adottato il 9 luglio 1997 una decisione definitiva che constata l'incompatibilità dell'aiuto con il Trattato e ne esige la soppressione e il recupero. Pertanto, gli obblighi dello Stato membro interessato e le conseguenze per l'impresa beneficiaria dell'aiuto non deriverebbero più dalla decisione provvisoria di sospensione, ma dalla decisione definitiva. La decisione provvisoria sarebbe «assorbita» dalla decisione definitiva.

149.
    La Commissione considera, in conclusione, che la presente controversia è divenuta priva di oggetto.

150.
    La ricorrente eccepisce che il presente ricorso non è divenuto privo di oggetto per il semplice fatto dell'adozione di una decisione definitiva riguardo al provvedimento statale controverso. Essa sostiene, a tal proposito, che la decisione provvisoria ha avuto profonde ripercussioni sulla sua «vita interna».

151.
    Sarebbe infatti importante che sull'argomento relativo all'illegittimità della decisione provvisoria venisse effettuato un esame giurisdizionale al fine di stabilire se lo Stato portoghese e l'EPAC sono stati tenuti in una situazione di violazione del diritto tra l'adozione della decisione provvisoria e quella della decisione definitiva.

152.
    La ricorrente sostiene, in subordine, che, qualora il presente ricorso dovesse essere dichiarato privo di oggetto, ciò avverrebbe per fatto della Commissione, a causa dell'adozione della decisione definitiva, e che sarebbe, pertanto, ingiustificato far gravare sulla ricorrente stessa le spese occasionate dalla causa T-204/97.

Giudizio del Tribunale

153.
    Si deve notare, preliminarmente, che la decisione del 30 aprile 1997 ha ordinato la sospensione della concessione della garanzia di Stato in favore dell'EPAC. Con decisione 9 luglio 1997, la Commissione ha constatato l'illegittimità del provvedimento statale di cui trattasi e ha, contemporaneamente, ordinato la sua soppressione nel termine di quindici giorni a decorrere dalla notifica di tale decisione e il suo recupero, mediante rimborso, nel termine di due mesi a decorrere dalla notifica di quest'ultima decisione, con decorrenza degli interessi dalla data nella quale era stato versato l'aiuto. La decisione del 9 luglio 1997 è stata notificata allo Stato portoghese il 18 luglio 1997.

154.
    Alla luce di tali premesse, occorre esaminare se la ricorrente conserva un interesse ad impugnare la decisione provvisoria. Al riguardo, si deve ricordare che un ricorso d'annullamento diviene privo d'oggetto dal momento in cui, nonostante l'eventuale successo di tale ricorso, la situazione giuridica del ricorrente non può essere modificata dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato. In tale ipotesi, si deve allora pronunciare il non luogo a statuire.

155.
    Per quanto riguarda l'interesse della ricorrente consistente nel far constatare che la decisione provvisoria ha prodotto effetti autonomi fino all'adozione della decisione definitiva, occorre rilevare che risulta dalle risposte dell'EPAC ai quesiti scritti del Tribunale che da parte dello Stato portoghese non è stata data attuazione alla sospensione della garanzia controversa. La ricorrente non può affermare, pertanto, di aver subito un qualsivoglia danno autonomo in conseguenza della decisione provvisoria.

156.
    Appare, inoltre, che la decisione 9 luglio 1997, dalla sua entrata in vigore, per la natura delle misura da essa ordinate, ha privato la decisione provvisoria di qualsiasi effetto giuridico autonomo. Le conseguenze della soppressione e del recupero dell'aiuto soppiantano, infatti, quelle della mera sospensione.

157.
    All'udienza, inoltre, l'EPAC ha ammesso, in risposta ad un quesito del Tribunale che, nell'ipotesi in cui il Tribunale dichiarasse illecito l'aiuto, «l'interesse a proseguire il procedimento ne risulterebbe evidentemente diminuito».

158.
    Alla luce di quanto precede, avendo il Tribunale confermato la decisione della Commissione, divenuta definitiva, che impone la soppressione e il recupero dell'aiuto e non solo la sua sospensione, la ricorrente non conserva alcun interesse ad ottenere l'annullamento della decisione impugnata.

159.
    Di conseguenza, il ricorso nella causa T-204/97 è divenuto privo di oggetto cosicché non è più necessario statuire al riguardo.

Sulle spese

Nella causa T-270/97

160.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, essa va condannata alle spese, conformemente alle conclusioni in questo senso della Commissione.

Nella causa T-204/97

161.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 6, del regolamento di procedura, in caso di non luogo a provvedere, il Tribunale decide sulle spese in via equitativa. Il Tribunale giudica che, tenuto conto delle circostanze della fattispecie, la ricorrente dovrà sopportare tutte le spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)    Le cause T-204/97 e T-270/97 sono riunite ai fini della sentenza.

2)    Il ricorso nella causa T-270/97 è respinto.

3)    Non vi è luogo a statuire sul ricorso nella causa T-204/97.

4)    La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione nella causa T-270/97.

5)    La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione nella causa T-204/97.

Cooke
García-Valdecasas
Lindh

Pirrung

Vilaras

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 giugno 2000.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J.D. Cooke


1: Lingua processuale: il portoghese.

Racc.