Language of document : ECLI:EU:C:2002:437

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

F.G. JACOBS

presentate l'11 luglio 2002 (1)

Causa C-112/00

Eugen Schmidberger Internationale Transport Planzüge

contro

Repubblica d'Austria

1.
    La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall'Oberlandesgericht (Corte d'appello regionale) di Innsbruck (Austria) riguarda in sostanza i limiti entro i quali uno Stato membro è tenuto a mantenere aperte vie nodali di transito per garantire la libera circolazione delle merci all'interno della Comunità, e in particolare se esso sia tenuto ad impedire, se necessario a tal fine, una manifestazione politica a scopo ambientale i cui organizzatori rivendicano il loro diritto fondamentale alla libertà di espressione e di riunione, nonché in quali circostanze lo Stato possa essere considerato responsabile per un'eventuale violazione del diritto comunitario a tal riguardo.

Il contesto fattuale e procedurale

2.
    Le principali vie di transito tra l'Italia settentrionale e la Germania meridionale (attraverso le quali scorre anche la maggior parte del traffico generale tra l'Italia e il Nord dell'Europa) passano attraverso le Alpi. La natura montuosa della regione da un lato limita il numero di strade percorribili e dall'altro lato aggrava notevolmente i numerosi effetti inquinanti del trasporto. La principale, se non l'unica, strada intracomunitaria percorribile dagli automezzi pesanti senza eccessive deviazioni utilizza l'autostrada che scorre lungo il corridoio del Brennero, nelle Alpi austriache, che costituisce una parte importante della rete di trasporti transeuropea. L'inquinamento lungo tale strada, da sempre fonte di notevoli preoccupazioni per l'Austria, ha raggiunto proporzioni allarmanti (2).

3.
    Il conflitto tra l'interesse al trasporto e quello alla tutela dell'ambiente è stato riconosciuto nella Convenzione alpina, approvata dalla Comunità nel 1996 (3). Nel preambolo di tale convenzione si riconosce l'importanza ambientale ed economica delle Alpi per le popolazioni locali e per le regioni extraapline quale area di transito di importanti vie di comunicazione; si riconosce inoltre la necessità di porre rimedio a danni ecologici con un grande dispendio di mezzi, costi notevoli e tempi lunghi e si dichiara di mirare all'armonizzazione degli interessi economici con le esigenze ecologiche. Ai sensi dell'art. 2, n. 1, le parti contraenti, in ottemperanza ai principi della prevenzione, della cooperazione e della responsabilità di chi causa danni ambientali, assicurano una politica globale per la conservazione e la protezione. Ai sensi dell'art. 2, n. 2, in particolare, per il raggiungimento del suddetto obiettivo esse prenderanno misure adeguate nel campo dei trasporti

«al fine di ridurre gli effetti negativi e i rischi derivanti dal traffico interalpino e transalpino ad un livello che sia tollerabile per l'uomo, la fauna, la flora e il loro habitat, tra l'altro attuando un più consistente trasferimento su rotaia dei trasporti e in particolare del trasporto merci, soprattutto mediante la creazione di infrastrutture adeguate e di incentivi conformi al mercato, senza discriminazione sulla base della nazionalità» (4).

4.
    Le misure che le autorità austriache hanno adottato per combattere l'inquinamento derivante dal trasporto su strada comprendono un divieto generale per il traffico degli automezzi pesanti dalle ore 15 alla mezzanotte del sabato, dalla mezzanotte alle ore 22 della domenica e durante i giorni festivi (5) e, per gli autoveicoli che superano determinati livelli di rumorosità, tutte le notti dalle ore 22 alle ore 5 del mattino. Sono peraltro previste numerose eccezioni, in particolare per gli animali, le merci deperibili e per le consegne urgenti.

5.
    Esiste inoltre un sistema di «ecopunti» (6) che controlla e limita l'utilizzo delle strade e le emissioni di NOx (ossido di nitrogeno) da parte degli automezzi pesanti in transito attraverso il paese, e sembra che i pedaggi sull'autostrada del Brennero siano molto più elevati di notte. Gli autoveicoli di peso superiore alle 7,5 tonnellate non possono utilizzare in ogni momento la strada nazionale parallela all'autostrada, ma una strada ferroviaria, anch'essa parallela, è disponibile per il trasporto combinato strada/rotaia («piggy bag» o «rolling road») degli autoveicoli attraverso tale corridoio.

6.
    La Eugen Schmidberger Internationale Transporte Planzüge (in prosieguo: la «Schmidberger») è un'impresa di trasporti di medie dimensioni, con sede in Rot an der Rot, nella Germania meridionale. A quanto risulta, i camion di tale impresa effettuano trasporti per lo più di acciaio e legname fra la suddetta regione e il Nord d'Italia, utilizzando l'autostrada del Brennero. Sembra inoltre che detti camion rispettino i livelli di rumorosità che li esonerano dal divieto notturno di circolazione in Austria.

7.
    Il 15 maggio 1998 il Transitforum Austria Tirol, un'associazione per la difesa dell'ambiente, annunciava alle competenti autorità austriache, conformemente alla normativa vigente in Austria, l'intento di organizzare una manifestazione su un tratto dell'autostrada del Brennero adiacente al confine italiano, che avrebbe bloccato la strada tra le ore 11 di venerdì 12 giugno 1998 e le ore 15 di sabato 13 giugno 1998. Era stato fatto notare che, per di più, quell'anno il giovedì 11 giugno era festa nazionale in Austria e che naturalmente nei giorni sabato 13 e domenica 14 giugno sarebbero scattate le ordinarie restrizioni del fine settimana.

8.
    Come risulta dal fascicolo del giudice nazionale, lo scopo dichiarato della manifestazione era, in sostanza, quello di chiedere alle autorità nazionali e alla Comunità un rafforzamento delle misure dirette a limitare e a ridurre il traffico di automezzi pesanti sull'autostrada del Brennero, nonché il conseguente inquinamento.

9.
    Le autorità locali competenti non riscontravano alcun motivo giuridico per impedire l'annunciata manifestazione - anche se non risulta che esse abbiano esaminato a fondo i possibili risvolti comunitari della questione - e pertanto ne autorizzavano lo svolgimento. Risulta che vi sia stata una collaborazione tra le suddette autorità, la polizia, gli organizzatori della manifestazione e i club automobilistici al fine di limitare i possibili disagi. La manifestazione veniva ampiamente pubblicizzata e sembra che fossero state indicate strade alternative (peraltro più lunghe) (7) e predisposti treni supplementari per consentire alle imprese di trasporto di utilizzare percorsi combinati strada/rotaia lungo l'asse del Brennero. Tuttavia, i dettagli di queste misure non sono stati del tutto chiariti alla Corte.

10.
    Di fatto, l'autostrada rimaneva completamente chiusa al traffico dalle ore 9 del 12 giugno fino alle ore 15.30 del 13 giugno e veniva riaperta al traffico di mezzi pesanti (purché rispettassero i livelli notturni di rumorosità) alle ore 22 del 14 giugno. In pratica, il blocco verosimilmente aveva colpito per lo più gli autoveicoli di oltre 7,5 tonnellate, mentre gli altri potevano utilizzare la principale strada parallela lungo il corridoio del Brennero (sebbene essa risultasse maggiormente congestionata in conseguenza del blocco ed in ogni caso meno adatta al traffico su lunga distanza).

11.
    La Schmidberger conveniva lo Stato austriaco dinanzi ai giudici nazionali, accusando in sostanza le autorità di non aver ottemperato al proprio obbligo di garantire la libera circolazione delle merci ai sensi del Trattato CE, e affermando che esse erano pertanto responsabili nei confronti dell'impresa, la quale non aveva potuto mettere in funzione i propri autoveicoli sulla normale via di transito. La ricorrente chiedeva il risarcimento dei danni consistenti in tempi di immobilizzazione, mancato guadagno e maggiori spese.

12.
    A propria difesa il governo austriaco sosteneva in sostanza che le autorità avevano deciso in modo ragionevole dopo aver soppesato i diversi interessi in gioco. Esse avevano correttamente ritenuto che, nel caso di specie, si potesse consentire l'espressione dell'inalienabile diritto democratico di riunione dei manifestanti senza gravi o permanenti disagi per il traffico su lunga distanza.

13.
    Il ricorso della Schmidberger veniva respinto in primo grado in quanto l'onere della prova delle perdite subite non era stato adempiuto conformemente al diritto austriaco applicabile. Secondo il Landesgericht (Tribunale) di Innsbruck, non era stato dimostrato che la manifestazione avesse impedito un qualsiasi trasporto programmato. Di conseguenza, esso non riteneva necessario esaminare se, nel caso in cui si fosse provata l'esistenza di un danno, lo Stato fosse responsabile ai sensi del diritto comunitario.

14.
    Tuttavia, in sede di appello l'Oberlandesgericht sosteneva che il ricorso non poteva essere respinto senza prima aver preso in esame una serie di importanti aspetti di diritto comunitario. Esso chiedeva pertanto alla Corte di pronunciarsi sulle seguenti questioni pregiudiziali:

«1)    Se i principi fondamentali della libera circolazione delle merci, ai sensi degli artt. 28 CE (ex art. 30) e seguenti, ovvero altre norme del diritto comunitario, vadano interpretati nel senso che uno Stato membro è obbligato a tenere le vie nodali di transito assolutamente, o quanto meno nella maniera più ampia possibile e praticabile, libere da limitazioni ed impedimenti, ed in particolare se tale Stato sia a ciò obbligato, tra l'altro, facendo in modo che non possa venire autorizzata una manifestazione a carattere politico annunciata su una strada di transito, o almeno facendo in modo che tale manifestazione venga successivamente disciolta, qualora o non appena essa si possa svolgere anche al di fuori della strada di transito con pari efficacia nei confronti dell'opinione pubblica.

2)    Se costituisca violazione del diritto comunitario, sufficientemente grave per fondare - sussistendo gli altri presupposti - una responsabilità dello Stato membro alla luce dei principi del diritto comunitario, il fatto che tale Stato membro, nelle proprie norme nazionali in materia di diritto di riunione e libertà di riunione, ometta di specificare che nel bilanciamento tra la libertà di riunione ed il pubblico interesse vanno rispettati anche i principi del diritto comunitario - soprattutto in materia di libertà fondamentali - e che nel presente caso in particolare vanno rispettate le norme in materia di libera circolazione delle merci, qualora - come nel caso di specie - venga autorizzata e portata a compimento una manifestazione a carattere politico della durata di 28 ore, per effetto della quale - in concomitanza con un generale divieto di circolazione nei giorni festivi a carattere nazionale, già in vigore - alla maggior parte del traffico degli automezzi pesanti venga tra l'altro preclusa per quattro giorni, salva una breve interruzione di poche ore, una via di comunicazione essenziale per il trasporto merci intracomunitario.

3)    Se costituisca violazione del diritto comunitario, di gravità sufficiente per fondare - sussistendo gli altri presupposti - una responsabilità dello Stato membro alla luce dei principi del diritto comunitario, il provvedimento di un'autorità nazionale in forza del quale le norme del diritto comunitario, in particolare quelle relative alla libera circolazione delle merci ed al generale obbligo di leale cooperazione di cui all'art. 10 CE (ex art. 5), non si opporrebbero ad una manifestazione a carattere politico della durata di 28 ore, per effetto della quale - in concomitanza con un generale divieto di circolazione nei giorni festivi a carattere nazionale, già in vigore - alla maggior parte del traffico degli automezzi pesanti venga tra l'altro preclusa per quattro giorni, salva una breve interruzione di poche ore, una via di comunicazione essenziale per il trasporto merci intracomunitario, con la conseguenza che, in forza di tale provvedimento, tale manifestazione non dovrebbe essere vietata.

4)    Se l'obiettivo di una manifestazione a carattere politico autorizzata dalle autorità, consistente nell'attivarsi per un ambiente salubre e nel richiamare l'attenzione sui pericoli per la salute della popolazione connessi al traffico di automezzi pesanti costantemente in aumento, debba essere collocato a un livello di importanza maggiore rispetto alle norme del diritto comunitario in materia di libera circolazione delle merci ai sensi dell'art. 28 CE.

     5)    Se sussista già un danno, legittimante la pretesa di un risarcimento da parte dello Stato, allorché il danneggiato, pur potendo dimostrare l'esistenza di tutti i presupposti per il conseguimento di un guadagno, vale a dire, nel presente caso, la possibilità di trasporti transfrontalieri di merci con gli automezzi pesanti da lui gestiti e rimasti bloccati per quattro giorni a causa della manifestazione durata 28 ore, non sia tuttavia in grado di provare la mancata effettuazione di un trasporto in particolare.

     6)    In caso di soluzione negativa del quesito formulato sub 4):

         Se si debba tener conto del dovere di leale cooperazione imposto alle autorità nazionali, in particolare agli organi giudiziari, dall'art. 10 CE (ex art. 5), nonché del principio dell'effetto utile, nel senso di non procedere all'applicazione delle norme nazionali di diritto sostanziale o processuale limitative dell'azionabilità delle pretese fondate sul diritto comunitario, e nel presente caso limitative del diritto di far valere la responsabilità dello Stato, fintantoché non si sia raggiunta completa chiarezza sul contenuto del diritto riconosciuto dall'ordinamento comunitario, se del caso previo intervento della Corte di giustizia in sede di procedimento di rinvio pregiudiziale».

15.
    Osservazioni scritte e orali sono state presentate alla Corte da parte della Schmidberger, del governo austriaco, sia in qualità di parte convenuta nella causa principale sia in qualità di Stato membro, ai sensi dell'art. 20 dello Statuto della Corte, nonché dai governi greco, italiano e olandese e dalla Commissione. Osservazioni orali sono state presentate inoltre in udienza dal governo finlandese.

La ricevibilità - Le norme nazionali relative alla prova del danno - Questioni nn. 5 e 6

16.
    Nella causa principale la Schmidberger chiede allo Stato austriaco il risarcimento del danno che sostiene di aver subito a causa del mancato adempimento, da parte di suddetto Stato, dell'obbligo di garantire la libera circolazione delle merci conformemente all'art. 28 CE. Benché gran parte degli argomenti presentati alla Corte si focalizzino sulla portata di detto obbligo e sul modo di conciliarlo con l'esercizio di taluni diritti fondamentali, un problema forse più essenziale per il caso di specie, riguardante la prova del danno come presupposto per il risarcimento, è stato sollevato dal governo austriaco, il quale ha posto in dubbio la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. Tale questione va affrontata per prima.

17.
    In sostanza, secondo il governo austriaco, poiché la Schmidberger non è stata in grado di dimostrare l'esistenza di un danno particolare, non avrebbe senso domandarsi se i presupposti della responsabilità dello Stato siano altrimenti soddisfatti.

18.
    Vengono qui in rilievo due aspetti della questione o della serie di questioni qui sollevate: da un lato, vi è il problema della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale e, dall'altro, quello della compatibilità con il diritto comunitario di una norma o di norme di diritto interno in base alle quali una richiesta di risarcimento può essere respinta senza un completo esame del merito della richiesta stessa. Il punto viene sollevato dal governo austriaco nell'ambito della quinta questione proposta dal giudice del rinvio e appare rilevante anche relativamente alla sesta questione. Pertanto, procederò all'esame della quinta e della sesta questione subito dopo aver valutato la ricevibilità dell'ordinanza di rinvio stessa, poiché i due problemi sono strettamente connessi.

19.
    Prima di esaminare i suddetti problemi, tuttavia, sarà utile ricapitolare brevemente la giurisprudenza della Corte in materia.

La responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto comunitario: il diritto al risarcimento

20.
    Fin dalla sentenza Francovich (8) è stato chiaro che gli Stati membri possono essere chiamati a rispondere dei danni causati ad un soggetto a causa del mancato rispetto del diritto comunitario. In numerose cause - forse in modo più generale nella sentenza Brasserie du Pêcheur (9) - è stato poi chiarito che le norme che disciplinano tale responsabilità sono analoghe a quelle che regolano la responsabilità extracontrattuale della Comunità ex art. 288 CE, come elaborata dalla giurisprudenza della Corte (10).

21.
    Il diritto comunitario riconosce un diritto al risarcimento quando sussistono tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che si tratti di violazione sufficientemente caratterizzata e che esista un nesso causale diretto tra la violazione dell'obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi (11).

22.
    Le tre condizioni sopra richiamate sono necessarie e sufficienti per attribuire ai singoli un diritto al risarcimento, che deriva direttamente dal diritto comunitario, anche se lo Stato può essere chiamato a rispondere, a condizioni meno restrittive, sulla base del diritto nazionale. E' in base alle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato, fermo restando che le condizioni fissate dalle norme nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna e non possono essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (12).

23.
    Spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro fissare i criteri che consentono di stabilire l'entità del risarcimento, che deve peraltro essere adeguato al danno subito, così da garantire una tutela effettiva dei diritti dei singoli. I criteri non possono essere meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi fondati sul diritto interno e non possono essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile il risarcimento. Il giudice nazionale può verificare se il soggetto leso abbia dato prova di una ragionevole diligenza per evitare il danno o limitarne l'entità. Tuttavia, un'esclusione totale del lucro cessante dal danno risarcibile non può essere ammessa poiché, soprattutto in tema di controversie di natura economica o commerciale, essa si presterebbe a rendere di fatto impossibile il risarcimento del danno (13).

24.
    Pertanto, il diritto comunitario conferisce un diritto al risarcimento se sussistono tre condizioni. La messa in atto di tale diritto rientra però in larga parte nelle competenze dei giudici nazionali e del diritto processuale nazionale, a condizione che sussistano taluni presupposti. In particolare, occorre che il sistema nazionale rispetti i principi dell'equivalenza (i criteri applicati non debbono essere meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi fondati sul diritto interno) e dell'efficacia (non dev'essere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento).

L'ordinanza di rinvio e le questioni sollevate

25.
    Nella quinta questione sollevata con l'ordinanza di rinvio si chiede in sostanza se, in tale contesto, un operatore nella posizione della Schmidberger possa chiedere un risarcimento dei danni allorché, pur potendo dimostrare che avrebbe potuto conseguire un guadagno se non vi fosse stata l'asserita violazione del diritto comunitario (purché, naturalmente, la violazione stessa possa essere dimostrata), non sia tuttavia in grado di provare che tale violazione gli ha di fatto impedito di realizzare un profitto specifico. Nel suo ragionamento il giudice del rinvio esplicita ulteriormente i suoi dubbi circa le norme di diritto comunitario in tema di valutazione dell'entità del danno: è possibile che il diritto nazionale limiti il risarcimento a uno specifico danno individuabile e quantificabile oppure il risarcimento dev'essere ugualmente concesso, per esempio, ad un tasso forfettario per i periodi di immobilizzazione durante i quali nessun profitto poteva essere realizzato, anche qualora non sia possibile dimostrare la perdita di una specifica opportunità di guadagno?

26.
    Nella sesta questione si chiede, in sostanza, se un giudice nazionale adito per il risarcimento di un danno che si sostiene derivante dalla violazione del diritto comunitario da parte dello Stato possa respingere il ricorso, senza aver preliminarmente esaminato gli aspetti di diritto comunitario, nel caso in cui non siano soddisfatti i presupposti prescritti dal diritto interno per ottenere il risarcimento. La questione è suggerita dalla considerazione del dovere incombente sulle autorità nazionali, giudici compresi, di garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dal Trattato in forza dell'art. 10 CE e dalla necessità di rispettare il principio dell'efficacia nell'ambito di questo tipo di ricorsi. Il giudice del rinvio sembra preoccuparsi in particolare del fatto che le norme austriache in tema di giustificazione di una richiesta di risarcimento, sulla cui sola base il giudice di primo grado ha respinto il ricorso della Schmidberger, possano essere troppo rigide per rispettare il principio dell'efficacia e possano precludere ingiustificatamente i ricorsi fondati sul diritto comunitario.

27.
    La Repubblica d'Austria sottolinea che spetta al diritto nazionale stabilire i criteri per determinare l'entità del risarcimento, purché siano rispettati i principi dell'equivalenza e dell'efficacia. Il diritto austriaco esige che venga provata l'esistenza di un danno effettivo e non ipotetico perché possa sorgere un diritto al risarcimento. Il caso della Schmidberger è stato respinto in primo grado perché simile danno effettivo non era stato dimostrato. Questo criterio si applica allo stesso modo ai ricorsi fondati sul diritto interno e a quelli fondati sul diritto comunitario, e di conseguenza non si pone il problema del mancato rispetto del principio dell'equivalenza. Né si può dire che esso renda l'esercizio di un diritto al risarcimento impossibile o eccessivamente difficile, poiché è stato sempre applicato in Austria senza dare origine a problemi o a critiche. Poiché la mancata prova dell'esistenza del necessario danno costituisce un motivo di assoluta irricevibilità di un ricorso per risarcimento, le questioni poste dal giudice del rinvio non hanno rilievo ai fini della soluzione della controversia o, tutt'al più, sono premature qualora il caso venisse rinviato al Landesgericht per un ulteriore accertamento dei fatti.

28.
    La Schmidberger dichiara di poter dimostrare che sette trasporti specifici sono stati impediti dal blocco ma che, in ogni caso, dev'essere possibile risarcire il mancato guadagno agendo contro lo Stato per inadempimento del diritto comunitario. Per garantire un'effettiva tutela dei diritti del soggetto leso, tale risarcimento dev'essere basato su tassi forfettari che dipendono dalla durata dei periodi di immobilizzazione, nel corso dei quali non era possibile realizzare profitti. Respingendo il ricorso nella causa in oggetto unicamente in base al diritto nazionale, senza esaminare se esso avesse un fondamento di diritto comunitario, il giudice di primo grado ha eluso del tutto il diritto comunitario. Questa elusione da parte dei giudici nazionali corrisponde ad un inadempimento dell'obbligo di cooperazione ex art. 10 CE, che impone loro di esaminare tutti gli aspetti del diritto comunitario, se necessario interpellando la Corte di giustizia, prima di respingere un ricorso di questo tipo.

Analisi

a) La ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

29.
    Non condivido i dubbi del governo austriaco al riguardo.

30.
    La Corte ha ripetutamente dichiarato che spetta esclusivamente al giudice nazionale valutare la necessità di una pronuncia pregiudiziale e la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte; se tali questioni sollevate vertono sull'interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire. In ipotesi eccezionali, la Corte è tenuta ad esaminare le condizioni in cui è adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza, ma può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale solo qualora risulti manifestamente che l'interpretazione richiesta non ha alcuna relazione con l'effettività o con l'oggetto della causa principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica o la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (14). Nella causa in oggetto il governo austriaco asserisce, in sostanza, che il problema ha natura ipotetica.

31.
    Esso ha peraltro fatto notare che la causa potrebbe essere alla fine decisa solo dopo un'ulteriore accertamento dei fatti. Di conseguenza, poiché tale accertamento potrebbe essere superfluo qualora risultasse che nessuna domanda di risarcimento possa avere un fondamento di diritto comunitario, non sarebbe irragionevole per il giudice nazionale chiedere indicazioni su tutti i possibili aspetti rilevanti del diritto comunitario prima di decidere se debbano esaminarsi prove ulteriori. Le risposte fornite dalla Corte possono essere rilevanti ai fini di tale decisione o possono diventare decisive in una fase successiva del procedimento. Non vi è nulla di ipotetico nelle questioni poste nell'ambito della causa, anche se alla fine non tutte risulteranno utili ai fini della soluzione. Inoltre, spetta al giudice nazionale decidere in quale fase del procedimento sia necessaria una pronuncia pregiudiziale (15).

b) La quinta e la sesta questione

32.
    Le due questioni riguardano l'applicazione delle norme nazionali in tema di prova del danno subito, in particolare in quanto esse possano aver l'effetto di precludere l'ulteriore analisi della domanda di risarcimento sulla base del diritto comunitario.

33.
    Come ho già rilevato, le domande di risarcimento sono disciplinate dal diritto nazionale, soggetto unicamente ai principi dell'equivalenza e dell'efficacia. Poiché non si fa alcun cenno ad una discriminazione connessa ai rimedi esperibili o alla relativa procedura, il principio dell'equivalenza non viene in rilievo. Sarà sufficiente esaminare se sia stato osservato il principio dell'efficacia. I paragrafi che seguono potranno essere d'ausilio all'esame del giudice nazionale.

34.
    Il diritto comunitario impone il risarcimento quando sussistono tre requisiti, ossia: i) che vi sia stata una violazione sufficientemente grave da parte dello Stato ii) di una regola giuridica volta a conferire diritti ai singoli e iii) che vi sia un nesso causale diretto tra la suddetta violazione e il danno subito. Strettamente connessa al terzo requisito è l'esistenza del danno (16); se non vi è danno, o se non è dimostrato alcun danno, qualsiasi richiesta di risarcimento va respinta. Pertanto, perché il principio dell'efficacia sia rispettato, è importante che le norme nazionali non rendano impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento per un particolare tipo di danno o provarne l'esistenza. In tale ipotesi, esse non possono essere applicate né prima né dopo aver considerato gli altri aspetti di diritto comunitario.

35.
    Nel presente contesto non è necessario esaminare le tre condizioni per la responsabilità dello Stato secondo un ordine particolare. Trattandosi di condizioni cumulative, la mancanza di una di esse sarà sufficiente per respingere il ricorso. Se non si può dimostrare alcun danno (e/o alcun nesso causale) non sarà necessario esaminare se una norma di diritto comunitario volta a conferire diritti ai singoli sia stata violata e se tale violazione sia sufficientemente grave. Al contrario, i presupposti di economia processuale sembrano militare a sfavore di questo approccio.

36.
    Il giudice del rinvio vuol sapere se, pur non potendo provare che è stato impedito uno specifico trasporto, la Schmidberger possa lamentare il mancato guadagno qualora possa dimostrare semplicemente che avrebbe potuto realizzare un profitto se non ci fosse stata l'asserita violazione del diritto comunitario. E' tuttavia difficile fornire le migliori indicazioni possibili in mancanza di dettagli precisi circa il contenuto e gli effetti della norma nazionale o delle norme che possono ostacolare la proposizione del ricorso (17).

37.
    Tuttavia, è chiaro che un operatore economico che non ha potuto svolgere la propria attività subisce una perdita economica e in linea di principio deve poter ottenere un risarcimento. Se alla Schmidberger è stato impedito di svolgere la propria attività in seguito ad una violazione del diritto comunitario da parte delle autorità austriache del tipo fatto valere il diritto austriaco non può escludere il risarcimento.

38.
    Gli argomenti della Schmidberger secondo cui le sarebbe stato impedito di effettuare un certo numero di trasporti specifici sono stati respinti dal Landesgericht essenzialmente, sembra, in quanto le sue dichiarazioni attinenti ai fatti erano state modificate nel corso del procedimento e le date riportate su numerosi documenti prodotti a sostegno risultavano essere state modificate dopo la loro redazione, compromettendo la credibilità della domanda.

39.
    Non mi sembra venga in rilievo nel caso di asserzioni specifiche di questo tipo il timore espresso dall'Oberlandesgericht secondo cui l'obbligo, previsto dal diritto austriaco, di esporre i fatti necessari posti a base della domanda in modo esauriente ed esatto e di presentare un'argomentazione completa e corretta potrebbe impedire un esame degli aspetti di diritto comunitario. Se un attore pone a fondamento della propria domanda la risoluzione di contratti specifici, è difficile capire come esigere che egli esponga il suo caso e presenti prove complete ed esatte possa comunque rendere eccessivamente difficile l'esercizio del ricorso.

40.
    La valutazione della credibilità inoltre deve restare materia di esame del giudice nazionale competente. Nulla indica che sarebbero stati applicati criteri atti a rendere eccessivamente difficile proporre il ricorso o che sarebbero stati applicati criteri diversi dalla valutazione indipendente ed obiettiva del giudice.

41.
    Il fatto che non si possa provare la risoluzione di contratti specifici non significa, tuttavia, che la Schmidberger non possa aver subito delle perdite. Il giudice nazionale suggerisce che tali perdite potevano essere provate tramite una relazione del revisore o una perizia del contabile della ricorrente. Simili documenti avrebbero avuto rilievo anche per accertare l'entità delle perdite.

42.
    Sembra che il Landesgericht abbia respinto l'offerta della Schmidberger di produrre una dichiarazione scritta del suo consulente fiscale in quanto non si sarebbe trattato di una perizia, bensì del resoconto delle cognizioni e dell'opinione del consulente, che non avrebbe potuto essere confermata senza prove a sostegno; inoltre, tale dichiarazione avrebbe dovuto in ogni caso essere presentata direttamente e verbalmente al giudice, conformemente ai principi del diritto processuale civile austriaco.

43.
    Non sembra che l'obbligo di presentare prove direttamente e verbalmente al giudice renda eccessivamente difficile l'esercizio di un ricorso; al contrario, sembra si tratti della procedura più normale seguita dinanzi a numerose giurisdizioni. Tuttavia, in determinate circostanze l'impossibilità di presentare prove di un certo tipo può essere considerata come un ostacolo. Se l'unico modo per provare la perdita di un guadagno in un dato momento è costituito dalla perizia di un contabile, una norma che impedisca di presentare tale prova sembra ostacolare l'esercizio del ricorso. Ciò sarebbe vero, peraltro, solo se non esistessero altri modi, non eccessivamente gravosi, per provare gli stessi fatti.

44.
    Nel presente contesto occorre inoltre ricordare che, per regola generale, l'onere della prova grava sull'attore. Tuttavia, non si può accettare che regole processuali rendano tale onere tanto difficile da impedire ricorsi che abbiano un fondamento di diritto comunitario, com'è avvenuto per esempio nella causa San Giorgio (18), in cui la Corte ha dichiarato che, nel caso di tributi riscossi in contrasto con il diritto comunitario, non sono ammissibili presunzioni o criteri di prova che impongano al contribuente che intenda ottenere il rimborso l'onere di dimostrare che i tributi non sono stati trasferiti su altri soggetti, né è ammissibile l'esclusione di prove di un certo tipo.

45.
    Altra questione specificamente sollevata dal giudice del rinvio è se, qualora si possa dimostrare la perdita di una possibilità di guadagno senza poter attendibilmente stabilire l'entità precisa della perdita, sia possibile concedere un risarcimento sulla base, per esempio, di un tasso forfettario per ogni ora di immobilizzo dei camion.

46.
    La Corte non può imporre ai sistemi giuridici nazionali l'uso di un metodo particolare per calcolare il risarcimento. Basta ricordare che il risarcimento dev'essere commisurato alla perdita o al danno subito. Il principio generale per il calcolo dei danni pecuniari è quello di confrontare la situazione del soggetto leso in presenza e (ipoteticamente) in assenza del danno in questione (19). Qualora non sia praticamente possibile effettuare un calcolo preciso di questo tipo, appare ragionevole sostituirvi una qualche forma di compensazione astratta, forfettaria, purché essa sia comunque «commisurata alla perdita o al danno».

47.
    Nell'ambito delle questioni relative alle prove, va inoltre sottolineato che una ricorrente nella posizione della Schmidberger deve dimostrare l'esistenza di un nesso causale tra la violazione di cui trattasi e il danno subito, e che si possono ripetere considerazioni analoghe a quelle che ho appena effettuato per quanto riguarda la valutazione dell'ammissibilità di norme di diritto nazionali che vengano in rilievo.

48.
    Infine, se sono presenti tutti i presupposti per il risarcimento del danno, è evidente che non sarebbe contrario al principio dell'efficacia se il giudice nazionale prendesse in esame il comportamento della Schmidberger verificando se essa abbia dato prova di una ragionevole diligenza per evitare il danno o limitarne l'entità (20), tenendo conto in particolare della possibilità di utilizzare strade o modalità di trasporto alternativi eventualmente disponibili.

49.
    Riassumendo relativamente alla quinta e alla sesta questione:

-    il diritto comunitario esige che si possa agire per risarcimento contro lo Stato quando il ricorrente possa dimostrare di aver subito un danno o una perdita derivante, per nesso causale diretto, da una violazione sufficientemente caratterizzata di una norma di diritto comunitario volta a conferire diritti ai singoli;

-    in tale perdita o danno è compreso il venir meno di una possibilità di guadagno, qualora sussistano tutti gli altri presupposti per il risarcimento;

-    le norme nazionali che precludono un ricorso per risarcimento sulla base di tale perdita o danno, o che rendano impossibile o eccessivamente difficile per il ricorrente dimostrare l'esistenza o l'entità del danno stesso, non possono essere applicate, né prima né dopo aver esaminato gli altri aspetti di diritto comunitario;

-    tuttavia, qualora in mancanza di tali norme il ricorrente non sia in grado di dimostrare l'esistenza del danno o della perdita, non occorre che il giudice nazionale adito esamini gli altri aspetti di diritto comunitario;

-    il risarcimento dev'essere commisurato alla perdita o al danno subito; tuttavia, se l'equivalente pecuniario non può essere stabilito con precisione, va calcolato su un'adeguata base forfettaria.

La libera circolazione delle merci e le manifestazioni politiche («violazione sufficientemente caratterizzata» del diritto comunitario); questioni 1-4

50.
    Con le prime quattro questioni il giudice nazionale chiede indicazioni in merito a numerosi punti fra loro collegati che verrebbero in rilievo qualora si potesse provare l'esistenza di un danno e di un nesso causale diretto e si dovesse stabilire se le autorità austriache abbiano commesso una violazione del diritto comunitario sufficientemente grave da far sorgere una loro responsabilità nei confronti della Schmidberger.

51.
    In primo luogo (prima questione), il giudice nazionale chiede se uno Stato membro sia tenuto, ex art. 28 CE, a mantenere aperte le vie nodali di transito per garantire la libera circolazione delle merci ed entro quali limiti possa essere obbligato ad impedire manifestazioni politiche che blocchino le suddette vie di transito. In secondo luogo, il giudice nazionale chiede se (seconda questione), nell'ambito fattuale della causa principale, la mancanza di una norma di legge che imponga di tener conto del principio della libera circolazione delle merci per soppesare il diritto alla libertà di riunione col pubblico interesse o se (terza questione) il fatto che un'autorità stabilisca che il diritto comunitario non osta allo svolgimento di tale manifestazione costituiscano una violazione del diritto comunitario di gravità sufficiente per far sorgere una responsabilità dello Stato membro. Infine (quarta questione), il giudice nazionale chiede se l'obiettivo di tutela ambientale proprio di una manifestazione possa prevalere sulle norme del diritto comunitario in materia di libera circolazione delle merci.

52.
    Si possono chiarire brevemente due punti preliminari che rispondono in larga parte alla seconda e alla quarta questione.

53.
    In primo luogo, come posto in rilievo in particolare dal governo greco e dalla Commissione, nonché dallo stesso giudice del rinvio, le autorità nazionali sono comunque tenute ad agire nel rispetto delle norme del Trattato CE. Le disposizioni del Trattato, dotate di efficacia diretta, non hanno bisogno di essere specificamente trasposte nel diritto interno. Inoltre, in forza della preminenza o della supremazia del diritto comunitario, esse prevalgono su qualsiasi norma di diritto interno contrastante (21). Di conseguenza, nel caso in oggetto qualsiasi eventuale violazione delle suddette disposizioni da parte delle autorità nazionali può derivare solo dal fatto che la manifestazione è stata autorizzata e non dal fatto che il legislatore ha omesso di specificare l'obbligo di tener conto del Trattato.

54.
    In secondo luogo, sebbene la tutela della salute e dell'ambiente nella regione alpina sia evidentemente un problema di primaria importanza, la questione che occorre decidere nel presente caso non è quella di un conflitto diretto tra il suddetto problema e la libera circolazione delle merci. A mio parere, lo scopo della manifestazione non ha rilievo per stabilire l'eventuale responsabilità dello Stato membro. Come diverrà chiaro in seguito, è vero che uno Stato membro può essere colpevole di una violazione del diritto comunitario quando ostacoli alla libera circolazione delle merci sono creati da singoli (22), ma ciò è conseguenza del fatto che esso non si è attivato per impedire simili atti. Pertanto, nei limiti in cui questioni attinenti all'intenzione possano aver rilievo, si deve tener conto solo dell'obiettivo perseguito dalle autorità nel consentire lo svolgimento della manifestazione, e sembra che le autorità siano state motivate da considerazioni relative ai diritti costituzionali dei manifestanti alla libertà di espressione e di riunione. L'obiettivo specifico perseguito tramite l'esercizio di tali libertà non può essere rilevante.

55.
    Di conseguenza, non occorre risolvere la quarta questione sollevata dal giudice nazionale nella forma in cui viene proposta. Tuttavia, la possibilità per le autorità nazionali di far leva su considerazioni relative ai diritti costituzionali dei manifestanti, questione anch'essa sollevata dal giudice del rinvio e discussa abbondantemente nelle memorie presentate alla Corte, richiede un esame.

56.
    I problemi che occorre affrontare sono pertanto i seguenti:

i)    se la chiusura temporanea di una via di transito nodale a causa di una manifestazione a carattere privato, il cui svolgimento sia stato consentito dalle autorità di uno Stato membro, possa considerarsi come una restrizione della libera circolazione delle merci imputabile al suddetto Stato membro, che ricade di conseguenza nell'ambito degli artt. 28 e segg. CE;

ii)    se, tuttavia, una simile restrizione della libera circolazione delle merci possa essere giustificata sulla base dei diritti costituzionali dei manifestanti; e

iii)    nel caso in cui si possa dimostrare una violazione degli artt. 28 e seguenti CE, se tale violazione sia di gravità sufficiente da far sorgere una responsabilità dello Stato membro interessato per i danni conseguenti.

La restrizione della libera circolazione delle merci

57.
    Ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. c), CE, la Comunità comporta «un mercato interno caratterizzato dall'eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci (...)».

58.
    L'art. 14, n. 2, CE definisce tale mercato interno come «uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci (...)».

59.
    Sotto il titolo «Libera circolazione delle merci», l'art. 28 CE vieta le restrizioni quantitative all'importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente fra gli Stati membri; l'art. 29 CE vieta le restrizioni quantitative all'esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente.

60.
    L'art. 10 CE dispone quanto segue:

«Gli Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità. Essi facilitano quest'ultima nell'adempimento dei propri compiti.

Essi si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente trattato».

61.
    Due punti appaiono relativamente chiari.

62.
    In primo luogo, il principio della libera circolazione delle merci contenuto negli artt. 3, n. 1, lett. c), 14, n. 2, e 28 e segg. CE si applica ugualmente alle importazioni, alle esportazioni e alle merci in transito. Per quanto riguarda le merci in transito, ciò deriva implicitamente dall'art. 30 CE ed è confermato dalla giurisprudenza della Corte (23). Per il caso in oggetto non ha quindi importanza se la chiusura dell'autostrada del Brennero abbia colpito merci che dovevano essere esportate dall'Austria o importate verso la stessa, ovvero merci semplicemente in transito attraverso tale paese.

63.
    In secondo luogo, il blocco temporaneo da parte di uno Stato membro di una via nodale di transito può costituire una restrizione della libera circolazione delle merci. La Corte ha dichiarato che l'art. 28 mira ad eliminare qualsiasi ostacolo, diretto o indiretto, attuale o potenziale, ai flussi d'importazione nel commercio intracomunitario (24). Essa ha inoltre affermato che le misure che ritardano la circolazione delle merci tra gli Stati membri hanno l'effetto di restringere la libera circolazione delle merci (25). Tendo a concordare con il governo austriaco sul fatto che non può sussistere un obbligo assoluto di garantire che, anche sulle vie di transito nodali, le merci possano circolare senza ostacoli in ogni momento e a qualunque costo e che il mancato adempimento di tale dovere costituisce sempre una violazione del diritto comunitario. I ritardi causati per esempio da lavori necessari per la riparazione delle strade sono inerenti al trasporto su strada e le cause possono essere inevitabili. I motivi del temporaneo blocco dell'autostrada del Brennero di cui trattasi non erano tuttavia inerenti al trasporto su strada, e il blocco non era inevitabile. Di conseguenza, il blocco in questione poteva in linea di principio costituire una restrizione della libera circolazione delle merci.

64.
    Vi sono forse due altri aspetti che meritano di essere esaminati più attentamente, ossia se gli effetti del blocco di cui trattasi avessero una portata sufficiente per far scattare l'applicazione dei divieti contenuti nel Trattato e se il blocco stesso fosse imputabile alle autorità austriache.

- De minimis

65.
    Si dice in genere che non si applica alcuna regola de minimis in relazione all'art. 28 CE. Tuttavia, come ho avuto modo di sottolineare (26), la Corte ha ammesso che alcune restrizioni possono avere effetti troppo aleatori e indiretti perché esse vengano considerate atte a ostacolare il commercio. A mio avviso, tali effetti possono essere inoltre tanto ridotti ed effimeri da ricadere nella medesima categoria. Per esempio, sembrerebbe fuor di questione che un breve ritardo nel traffico su una strada occasionalmente utilizzata per il trasporto intracomunitario possa mai rientrare nell'ambito dell'art. 28 CE. Un'interruzione più lunga su una via di transito nodale potrebbe però essere valutata diversamente.

66.
    Nel caso in oggetto non sappiamo esattamente entro quali limiti il flusso del commercio transalpino sia stato di fatto precluso da ritardi o costi supplementari; a quanto risulta, soltanto la Schmidberger ha protestato per il blocco, sebbene non sia stata in grado finora di provare alcun danno effettivo. Risulta tuttavia che circa 33 milioni di tonnellate di merce, per lo più nel commercio intracomunitario, transitano ogni anno attraverso il corridoio del Brennero (27). In particolare, se si tiene conto delle restrizioni applicabili nel fine settimana o nelle ore notturne, questa cifra rappresenta un flusso commerciale niente affatto trascurabile anche lungo un arco di 28 ore, nel corso del quale la strada resterebbe normalmente aperta. Inoltre, va ricordato che in pratica tutto il commercio via terra tra l'Italia e il resto della Comunità transita attraverso una delle pochissime strade alpine.

67.
    Alla luce di queste considerazioni, se esiste una regola «de minimis», un blocco come quello di cui trattasi costituisce, a mio parere, un ostacolo alla libera circolazione delle merci troppo rilevante per rientrare in tale regola.

- L'imputabilità del blocco alle autorità austriache

68.
    La restrizione di cui trattasi è in primo luogo il risultato dell'autonomo e volontario comportamento di singoli, e solo in secondo luogo è dovuta al fatto che le autorità austriache abbiano consentito lo svolgimento della manifestazione. E' possibile quindi imputare il blocco dell'autostrada del Brennero (anche) alle suddette autorità?

69.
    Nella sentenza Commissione/Francia (28), la Corte ha constatato l'inerzia delle autorità francesi rispetto ad atti di violenza commessi da singoli e da movimenti rivendicativi di agricoltori francesi contro prodotti agricoli provenienti da altri Stati membri. Tali atti consistevano, in particolare, nell'intercettazione di camion che trasportavano dette merci nel territorio francese e nella distruzione del loro carico, in violenze contro i conducenti, in minacce profferte contro supermercati francesi che vendevano prodotti agricoli originari di altri Stati membri, nonché nel danneggiamento di tali merci esposte negli esercizi commerciali francesi (29).

70.
    La Corte ha sottolineato che l'art. 28 CE vieta non soltanto i provvedimenti di origine statale, ma può anche applicarsi, specie in combinato disposto con l'art. 10 CE, qualora uno Stato membro abbia omesso di adottare i provvedimenti necessari per impedire ostacoli alla libera circolazione delle merci, creati da atti di singoli sul suo territorio. Alla luce della loro esclusiva competenza quanto al mantenimento dell'ordine pubblico e alla salvaguardia della sicurezza interna, gli Stati membri fruiscono indubbiamente di una discrezionalità per stabilire quali siano, in una determinata situazione, i provvedimenti più opportuni. Tuttavia, spetta alla Corte, tenendo conto di tali poteri discrezionali, accertare se le misure adottate siano idonee (30).

71.
    La Corte ha rilevato che gli incidenti in questione comprendevano reati gravi che si verificavano regolarmente da oltre dieci anni, che alle autorità francesi era stato più volte ricordato il loro obbligo di garantire la libera circolazione delle merci e che pochissime azioni preventive o punitive erano state messe in atto, sebbene le autorità fossero state preavvertite degli incidenti e i loro autori spesso potessero essere identificati (31).

72.
    La Corte ha respinto l'argomento che faceva riferimento al timore che un'azione più decisa da parte delle autorità provocasse reazioni ancor più gravi e violente, ed ha affermato che «[t]occa allo Stato membro interessato, a meno che non si provi che una sua azione produrrebbe sull'ordine pubblico conseguenze alle quali esso non potrebbe far fronte mediante i mezzi di cui dispone, adottare tutti i provvedimenti atti a garantire la portata e l'efficacia del diritto comunitario allo scopo di assicurare la corretta attuazione di tale diritto nell'interesse di tutti gli operatori economici» (32).

73.
    La Corte ha pertanto dichiarato che «non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari ed adeguati affinché atti di privati non ostacolino la libera circolazione degli ortofrutticoli», il governo francese era venuto meno agli obblighi impostigli dall'art. 28 CE, in combinato disposto con l'art. 10 CE (e dalle organizzazioni comuni dei mercati dei prodotti agricoli).

74.
    Si può aggiungere che, a seguito della sentenza Commissione/Francia - ed alcuni mesi dopo le date cui si riferisce il caso in esame - il Consiglio ha adottato il regolamento n. 2679/98 (33), che chiarisce gli obblighi degli Stati membri nei casi in cui la libera circolazione delle merci sia ostacolata da singoli.

75.
    Il regolamento riguarda gli ostacoli alla libera circolazione delle merci negli Stati membri attribuibili ad uno Stato membro, siano essi dovuti ad un'azione o ad un'inazione di quest'ultimo, che possano costituire una violazione degli artt. 28 e segg. CE e che: a) inducano una grave perturbazione della libera circolazione delle merci impedendone, ritardandone o deviandone, materialmente o in altro modo, l'importazione, l'esportazione o il transito attraverso uno Stato membro; b) causino grave pregiudizio ai privati lesi e c) esigano un'azione immediata al fine di evitare la persistenza, l'estensione o l'aggravamento della perturbazione o del pregiudizio di cui trattasi. Il termine «inazione» riguarda il caso in cui le autorità competenti di uno Stato membro, in presenza di un ostacolo causato da azioni compiute da privati, si astengono dall'adottare tutte le misure necessarie e proporzionate nell'ambito delle loro competenze, al fine di rimuovere l'ostacolo e assicurare la libera circolazione delle merci nel loro territorio (34).

76.
    Quando si verifica un simile ostacolo, lo Stato membro interessato è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie e proporzionate in modo da assicurare la libera circolazione delle merci nel proprio territorio conformemente al Trattato e ad informarne la Commissione (35). Tuttavia, il regolamento «non può essere interpretato in modo tale da pregiudicare in qualsiasi modo l'esercizio dei diritti fondamentali riconosciuti dagli Stati membri, compreso il diritto o la libertà di sciopero» (36).

77.
    Nelle sue osservazioni la Schmidberger invoca spesso la sentenza Commissione/Francia, che considera un precedente assai simile. Nel caso in esame, una via nodale di transito è stata paralizzata per quattro giorni (considerate la festività nazionale e le restrizioni del fine settimana), creando un evidente ostacolo al commercio intracomunitario. La Schmidberger sottolinea che è stato impedito agli automezzi pesanti di utilizzare l'autostrada del Brennero per il suddetto periodo, e ritiene irrilevante il fatto che, a differenza del caso francese, non siano stati commessi atti violenti. Simili incidenti si possono ripetere con l'approvazione del governo, come avvenuto in occasione degli stessi giorni festivi nel 2000.

78.
    Nelle altre osservazioni presentate alla Corte si fa distinzione fra i due casi. E' vero che il blocco di una via nodale di transito ostacola effettivamente, in linea di principio, la libera circolazione delle merci. Tuttavia, le circostanze del caso in esame sono alquanto diverse da quelle della causa Commissione/Francia: è stata bloccata soltanto una strada, in un'unica occasione e per un periodo relativamente più breve; il blocco non aveva per oggetto né ha prodotto l'effetto di impedire importazioni di un tipo particolare o di una particolare origine; non è stato commesso alcun reato.

79.
    Effettivamente, vi sono diverse notevoli differenze tra i due casi: nel caso in esame non è stato commesso alcun atto violento o reato, le proteste erano dirette non contro i prodotti provenienti da altri Stati membri, bensì contro il trasporto di prodotti in generale e l'autostrada del Brennero non è stata regolarmente bloccata per oltre 10 anni.

80.
    D'altro canto, gli artt. 28 e segg. CE contengono un oggettivo divieto di restrizioni al commercio di beni. L'intento dei responsabili di una restrizione o il fatto che una restrizione sia classificata all'interno di categorie di diritto nazionale sono in linea di principio irrilevanti. Gli effetti restrittivi sul commercio intracomunitario possono essere gli stessi quando il blocco di una via nodale di transito non sia specificamente diretto contro prodotti stranieri o quando esso sia causato da atti leciti in base al diritto interno. Occorre inoltre ricordare che l'art. 28 CE si applica anche ai provvedimenti che ostacolino solo potenzialmente il commercio comunitario. E' chiaro che analoghi blocchi dell'autostrada del Brennero potranno essere organizzati in futuro. Per di più, come ho già spiegato, a mio parere gli effetti delle restrizioni di cui trattasi non erano insignificanti.

81.
    Ritengo pertanto che le differenze tra il caso Commissione/Francia e il caso in esame dovrebbero essere tenute in considerazione principalmente a livello della giustificazione del blocco di cui trattasi (vedi l'analisi che svolgerò qui di seguito), e non hanno alcun rapporto diretto con l'imputabilità della restrizione alle autorità austriache.

82.
    Per quanto riguarda l'imputabilità, la Corte ha dichiarato nella sentenza Commissione/Francia che l'art. 28 CE vieta non soltanto i provvedimenti di origine statale che intrinsecamente determinano restrizioni al commercio fra gli Stati membri, ma può anche applicarsi qualora uno Stato membro abbia omesso di adottare i provvedimenti necessari per far fronte a ostacoli alla libera circolazione delle merci dovuti a cause non imputabili allo Stato.

83.
    Tra coloro che hanno presentato osservazioni nessuno nega che gli Stati membri abbiano un obbligo generale di mantenere le vie nodali di transito aperte per la libera circolazione delle merci. Tale obbligo assume un significato particolare nel caso di uno Stato membro che si trovi al confine di una via nodale di transito fra due altri Stati membri, e che sia parte della rete transeuropea. Nel caso in esame le autorità austriache non hanno impedito un ostacolo alla libera circolazione delle merci causato da privati.

84.
    Di conseguenza, anche se il comportamento delle autorità non ricadesse direttamente nell'ambito dell'art. 28 CE, esso rientrerebbe almeno negli artt. 28 e segg., in combinato disposto con l'art. 10 CE.

Giustificazione

85.
    Per provare una violazione del Trattato non è sufficiente che esista, in linea di principio, una restrizione che rientra negli artt. 28 e segg., e della quale sia responsabile lo Stato membro. Tale restrizione può essere giustificata in base all'art. 30 CE o conformemente alla giurisprudenza Cassis de Dijon.

86.
    Ai sensi dell'art. 30 CE, l'art. 28 non vieta le «restrizioni al [...] transito giustificat[e] da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza (...)», a patto che esse non costituiscano «un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri». In base alla giurisprudenza Cassis del Dijon (37), le restrizioni che di per sé non sono discriminatorie vanno accettate quando siano necessarie per rispondere ad esigenze imperative attinenti al pubblico interesse.

87.
    Alcune restrizioni, come per esempio le diffuse limitazioni al trasporto su strada durante il fine settimana e nelle ore notturne, esistenti in numerosi Stati membri (e per le quali la Commissione sta cercando di dettare regole armonizzate), possono essere giustificate da motivi di tutela dell'ambiente o della salute. D'altro lato, è evidente che non vi era un obiettivo legittimo attinente al pubblico interesse a giustificazione dell'inerzia delle autorità francesi nel caso Commissione/Francia.

88.
    Nel caso in esame le autorità austriache hanno ritenuto di dover consentire lo svolgimento della manifestazione perché i dimostranti stavano esercitando i loro diritti fondamentali alla libertà di espressione e di riunione, sanciti dalla costituzione austriaca.

89.
    Sembra che il caso in esame sia il primo in cui uno Stato membro ha invocato la necessità di tutelare diritti fondamentali per giustificare la restrizione ad una delle libertà fondamentali (38) del Trattato. Casi di questo tipo si sono verificati di rado probabilmente perché le restrizioni alle libertà fondamentali del Trattato vengono applicate in genere non per tutelare i diritti fondamentali dei singoli, bensì sulla base di più ampi obiettivi di interesse generale, come la salute pubblica o la tutela del consumatore. Si può peraltro presumere che simili casi si presenteranno più frequentemente in futuro: molti dei motivi a giustificazione attualmente riconosciuti dalla Corte si potrebbero anche formulare come basati su considerazioni attinenti ai diritti fondamentali (39).

90.
    E' importante innanzi tutto distinguere chiaramente tra il problema posto dal caso in oggetto e quelli sollevati in casi precedenti.

91.
    Nella sentenza ERT (40) la Corte ha richiamato le sentenze Cinéthèque (41) e Demirel (42), ed ha statuito quanto segue:

«allorché una [...] normativa [nazionale] rientra nel settore di applicazione del diritto comunitario, la Corte, adita in via pregiudiziale, deve fornire tutti gli elementi d'interpretazione necessari alla valutazione, da parte del giudice nazionale, della conformità di detta normativa con i diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto, tali quali risultano, in particolare, dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo».

92.
    Sulla base di questa formula generale la Corte, nella causa ERT, ha affermato che uno Stato membro che invochi una delle giustificazioni ammesse (come i motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o salute pubblica) per limitare una delle libertà fondamentali sancite dal Trattato (per esempio, la libera prestazione dei servizi) deve rispettare i diritti fondamentali riconosciuti dal diritto comunitario.

93.
    Prima della sentenza ERT la Corte aveva già dichiarato che gli Stati membri sono tenuti a rispettare tali diritti fondamentali quando applicano il diritto comunitario (43).

94.
    La fattispecie di cui ci occupiamo è diversa, in quanto nel caso in esame uno Stato membro invoca la necessità di rispettare diritti fondamentali sanciti dalla propria costituzione per giustificare una limitazione ad una delle libertà fondamentali del Trattato.

95.
    In un caso di questo tipo la Corte, a mio parere, dovrebbe seguire lo stesso tipo di approccio in due fasi, utilizzato per l'analisi dei tradizionali motivi di giustificazione, come l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza, anch'essi basati sulla specifica situazione vigente nello Stato membro interessato. Occorre quindi accertare:

a)    se, invocando gli specifici diritti fondamentali sanciti dal diritto austriaco in questione, l'Austria stia perseguendo, in forza del diritto comunitario, un obiettivo legittimo attinente al pubblico interesse che possa giustificare la restrizione di una delle libertà fondamentali del Trattato; e

b)    in caso affermativo, se la restrizione di cui trattasi sia proporzionata all'obiettivo perseguito.

- L'obiettivo perseguito

96.
    Può apparire a prima vista eccessivo e come un'intrusione indebita indagare se uno Stato membro che invoca un particolare diritto fondamentale riconosciuto nel proprio ordinamento giuridico stia perseguendo un obiettivo legittimo attinente al pubblico interesse.

97.
    Immaginiamo però per un momento un ordinamento giuridico (puramente ipotetico) di uno Stato membro che riconosca espressamente il diritto fondamentale alla tutela dalla concorrenza sleale da parte di altre imprese, in particolare delle imprese con sede all'estero; oppure, una giurisprudenza nazionale che sancisca un analogo diritto come parte del diritto fondamentale alla libertà di attività economica o del diritto fondamentale di proprietà. Occorre inoltre ricordare che, malgrado si possa rinvenire nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo un consenso di fondo riguardo al nucleo di diritti che vanno considerati come fondamentali, esistono numerose divergenze fra le categorie dei diritti fondamentali degli Stati membri, che sovente sono il riflesso della storia e della particolare cultura politica di un determinato Stato.

98.
    Non si può pertanto escludere automaticamente che uno Stato membro, il quale invochi la necessità di tutelare un diritto riconosciuto come fondamentale dal diritto interno, persegua uno scopo che, in base al diritto comunitario, dev'essere considerato illegittimo.

99.
    Il caso in oggetto, tuttavia, è più semplice.

100.
    Si ricordi che le autorità austriache invocano i diritti fondamentali alla libertà di espressione e di assemblea come sanciti dall'ordinamento giuridico austriaco.

101.
    Nell'ordinamento giuridico comunitario la Corte tutela gli stessi diritti, o diritti molto simili, in quanto principi giuridici generali. In base ad una giurisprudenza consolidata «i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l'osservanza. A tal fine la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell'uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato ed aderito (...). La Convenzione europea dei diritti dell'uomo riveste, a questo proposito, un particolare significato» (44). L'art. 6, n. 2, UE conferma che l'Unione europea rispetta i diritti fondamentali, quali sono garantiti dalla Convenzione e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. L'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo garantisce la libertà di espressione, inclusa «la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera». Analogamente, l'art. 11 della Convenzione garantisce la libertà di riunione pacifica e la libertà di associazione. Più recentemente, i diritti alla libertà di espressione e di associazione sono stati ribaditi negli artt. 11 e 12 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (45).

102.
    A mio avviso, se uno Stato membro intende tutelare i diritti fondamentali sanciti dal diritto comunitario, esso necessariamente persegue un obiettivo legittimo. Il diritto comunitario non può impedire agli Stati membri di perseguire obiettivi che sono imposti dalla stessa Comunità.

103.
    Ne consegue che l'Austria, volendo tutelare i diritti fondamentali alla libertà di riunione e di espressione dei manifestanti, ha perseguito un obiettivo legittimo attinente al pubblico interesse atto a giustificare una restrizione ad una libertà fondamentale.

- Proporzionalità

104.
    La questione successiva è se il fatto che la manifestazione sia stata consentita possa giustificarsi alla luce del principio di proporzionalità.

105.
    A mio parere, quando uno Stato membro invoca la necessità di tutelare un determinato diritto fondamentale, dovrebbe procedersi all'usuale verifica della proporzionalità. La situazione è simile nei casi in cui si invocano l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza interni. In entrambe le situazioni sono in gioco l'applicazione uniforme e l'efficacia delle libertà fondamentali sancite dal Trattato.

106.
    Quando però, come nel caso in oggetto, la restrizione è attribuibile in primo luogo ai singoli, è forse meno giustificabile procedere ad una verifica troppo rigida della proporzionalità. Il problema non è tanto cosa le autorità austriache abbiano fatto, quanto piuttosto se esse abbiano omesso di impedire un'azione altrui e quale tipo di azione esse avrebbero dovuto intraprendere a tal fine. Se spetta allo Stato membro attivarsi per tutelare una libertà fondamentale del Trattato dall'interferenza da parte di singoli, lo Stato membro interessato gode senza dubbio di un margine di discrezionalità per stabilire quando agire e quali misure siano più adatte per eliminare o limitare tale interferenza (46).

107.
    Nel caso in esame numerosi elementi indicano che le autorità austriache non hanno oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale e che l'autorizzazione alla manifestazione non ha determinato una restrizione alla libera circolazione delle merci sproporzionata rispetto all'obiettivo perseguito (47).

108.
    In primo luogo, il disagio causato è stato relativamente breve, si è verificato in un'occasione isolata e l'unica affermazione di un disagio analogo riguarda un'altra occasione isolata circa due anni dopo. Nella fattispecie il blocco si è protratto per un lasso di tempo di 28 ore, durante il quale l'autostrada sarebbe stata altrimenti aperta. La stretta vicinanza di questo lasso di tempo ad altri durante i quali l'autostrada sarebbe stata comunque chiusa a taluni tipi di trasporto di merci può ben essere stata una scelta deliberata da parte dei manifestanti, ma il blocco causato non può essere artificiosamente esteso per comprendervi tali periodi di tempo. (Si può inoltre mettere in rilievo che le restrizioni durante il fine settimana, le festività pubbliche e le ore notturne sono di per sé pienamente conformi agli impegni assunti dall'Austria - e dalla Comunità - con la Convenzione alpina).

109.
    In secondo luogo, sono state adottate alcune misure per limitare il conseguente disagio. Sembra che tali misure siano state prese seriamente e, a quanto pare, con un considerevole impiego di risorse, sebbene i dettagli non siano stati del tutto chiariti alla Corte e la Schmidberger contesti le affermazioni del governo austriaco circa la disponibilità di alternative «strada-rotaia».

110.
    In terzo luogo, eccessive restrizioni alla manifestazione avrebbero potuto privare i manifestanti dei diritti che le autorità intendevano tutelare. La Schmidberger e il giudice nazionale suggeriscono che la manifestazione avrebbe potuto svolgersi nelle vicinanze dell'autostrada o svolgersi con interruzioni in modo da non causare apprezzabili ritardi. I manifestanti, però, non avrebbero potuto raggiungere il loro scopo con altrettanta forza se non bloccando l'autostrada abbastanza a lungo perché la manifestazione «lasciasse il segno». La loro richiesta di un intervento da parte delle autorità nazionali e comunitarie sarebbe stata a malapena ascoltata, o non lo sarebbe stata affatto, se fosse stato loro richiesto di manifestare in un campo vicino all'autostrada o gli fosse stato consentito di causare solo una breve e simbolica interruzione del traffico.

111.
    Simili restrizioni avrebbero potuto anche causare reazioni che avrebbero dato vita a disagi maggiori di quelli implicati da una manifestazione programmata, controllata in collaborazione con le autorità. Autorizzare lo svolgimento di tale manifestazione, invece, ha ostacolato solo temporaneamente la libera circolazione delle merci; il flusso continuo del commercio lungo il corridoio del Brennero non è stato compromesso tanto quanto lo sarebbero state le libertà dei dimostranti se la manifestazione non fosse mai stata autorizzata.

112.
    Da tali elementi si deduce chiaramente che nelle circostanze del caso in esame non vi è stata alcuna violazione dell'art. 28 CE.

Violazione sufficientemente caratterizzata

113.
    Occorre tuttavia ricordare che il ricorso in oggetto non mira a far dichiarare che lo Stato membro in questione ha omesso di rispettare il Trattato. La causa principale riguarda una richiesta di risarcimento danni, per la quale non basta dimostrare una violazione del diritto comunitario: tale violazione dev'essere anche «sufficientemente caratterizzata».

114.
    Quanto alla violazione sufficientemente caratterizzata di una norma comunitaria, il criterio decisivo per rilevarne l'esistenza è quello della violazione grave e manifesta, da parte dello Stato membro interessato, dei limiti posti al suo potere discrezionale, specie nell'esercizio del suo potere normativo. Tale problema, in linea di principio, rientra nella competenza del giudice nazionale. La Corte, tuttavia, ha indicato taluni criteri applicabili. Tra gli elementi che possono essere presi in considerazione vi sono il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, l'ampiezza del potere discrezionale riservata alle autorità nazionali, il carattere intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno causato, la scusabilità o l'inescusabilità di un eventuale errore di diritto. Una violazione che continui nonostante la pronuncia di una sentenza della Corte che ne ha accertato l'esistenza, o che risulti da una giurisprudenza consolidata in materia, sarà sempre sufficientemente caratterizzata e, qualora nessun margine di discrezionalità sia lasciato alle autorità nazionali, sarà sempre atta a far sorgere una responsabilità (48).

115.
    E' questo un settore in cui la giurisprudenza riguarda l'adozione, il mantenimento o l'applicazione di norme, ovvero la loro mancata adozione, piuttosto che singoli atti amministrativi, come nel caso in oggetto. Tuttavia, due punti importanti appaiono chiari: il problema si pone solo quando uno Stato membro ha superato i limiti del potere discrezionale di cui gode in forza del diritto comunitario, e il concetto di «caratterizzazione» riguarda il modo in cui tale superamento avviene.

116.
    La questione pertinente è perciò la seguente: consentendo lo svolgimento della manifestazione, le autorità austriache hanno superato i limiti del loro potere discrezionale in modo talmente grave e manifesto da compiere una violazione sufficientemente caratterizzata del diritto comunitario ai sensi della giurisprudenza Brasserie du Pêcheur?

117.
    A mio avviso, dalle considerazioni precedentemente svolte a proposito della proporzionalità, e secondo le quali è assai dubbio che nelle circostanze del caso in esame le autorità austriache abbiano compiuto una qualsivoglia violazione del diritto comunitario, deriva che tale violazione non sarebbe stata in ogni caso sufficientemente caratterizzata per far sorgere la responsabilità dell'Austria. In particolare, la relativa brevità dell'interruzione del traffico, il suo carattere occasionale e le misure adottate dalle autorità per limitare i disagi conseguenti dimostrano che le autorità austriache non hanno superato in modo manifesto e grave i limiti posti al loro potere discrezionale.

118.
    Riassumendo, sulla base dei fatti esposti, ritengo che il giudice nazionale sia legittimato a dichiarare che tale autorizzazione:

-    concessa per consentire ai cittadini l'esercizio dei loro diritti di libertà di espressione e di riunione,

-    per una manifestazione che avrebbe bloccato per 28 ore, in un'unica occasione, una delle vie nodali di transito attraverso le Alpi,

-    quando erano state adottate in anticipo misure idonee a garantire che il disagio per il traffico delle merci, benché sufficiente ad assicurare che la manifestazione non venisse privata degli effetti voluti, non fosse sproporzionato rispetto allo scopo,

non costituisce una violazione del diritto comunitario sufficientemente caratterizzata per far sorgere una responsabilità dello Stato nei confronti di chiunque si affermi leso o danneggiato direttamente dalla manifestazione.

Conclusione

119.
    Alla luce delle precedenti considerazioni ritengo che la Corte debba risolvere le questioni sollevate dall'Oberlandesgericht di Innsbruck nel modo seguente:

«-    il diritto comunitario esige che si possa agire per risarcimento contro lo Stato quando il ricorrente possa dimostrare di aver subito un danno o una perdita derivante, per nesso causale diretto, da una violazione sufficientemente caratterizzata di una norma di diritto comunitario volta a conferire diritti ai singoli;

-    in tale perdita o danno è compreso il venir meno di una possibilità di guadagno, qualora sussistano tutti gli altri presupposti per il risarcimento;

-    le norme nazionali che precludono un ricorso per risarcimento sulla base di tale perdita o danno, o che rendano impossibile o eccessivamente difficile per il ricorrente dimostrare l'esistenza o l'entità di tale perdita o di tale danno, non possono essere applicate;

-    tuttavia, qualora in mancanza di tali norme il ricorrente non sia in grado di dimostrare l'esistenza della perdita o del danno, non occorre che il giudice nazionale adito esamini gli altri aspetti di diritto comunitario;

-    il risarcimento dev'essere commisurato alla perdita o al danno subito, ma se l'equivalente pecuniario non può essere stabilito con precisione, va calcolato su un'adeguata base forfettaria;

-    il fatto che uno Stato membro non abbia sancito, nella legislazione nazionale, l'obbligo di rispettare le disposizioni del Trattato aventi effetto diretto non può costituire una violazione del diritto comunitario;

-    lo scopo specifico perseguito da una manifestazione politica autorizzata non ha rilievo nel determinare se il fatto che le autorità di uno Stato membro ne abbiano consentito lo svolgimento costituisca una violazione del diritto comunitario sufficientemente caratterizzata da far sorgere la responsabilità dello Stato membro;

-    alla luce dei fatti del presente caso, così come comunicati alla Corte, il giudice nazionale sarebbe legittimato a dichiarare che tale autorizzazione:

    -    concessa per consentire ai cittadini l'esercizio dei loro diritti di libertà di espressione e di riunione,

    -    per una manifestazione che avrebbe bloccato per 28 ore, in un'unica occasione, una delle vie nodali di transito attraverso le Alpi,

    -    quando erano state adottate in anticipo misure idonee a garantire che il disagio per il traffico delle merci, benché sufficiente ad assicurare che la manifestazione non venisse privata dei suoi effetti voluti, non fosse sproporzionato rispetto allo scopo,

    non costituisce una violazione del diritto comunitario sufficientemente caratterizzata per far sorgere una responsabilità dello Stato nei confronti di chiunque si affermi leso o danneggiato direttamente dalla manifestazione».


1: -     Lingua originale: l'inglese.


2: -     V., tra l'altro: il Protocollo n. 9 dell'Atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l'Unione europea (GU 1994, C 241, pag. 361); la decisione del Parlamento europeo e del Consiglio 23 luglio 1996, 1692/96/CE, sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti, in particolare le sezioni 2.3, 2.8 e 2.10 del primo allegato; le conclusioni dell'avvocato generale Saggio relative alla sentenza 26 settembre 2000, causa C-205/98, Commissione/Austria (Racc. pag. I-7367, in particolare paragrafi 5 e ss.); e il rapporto della Commissione al Consiglio relativo al trasporto di merci su strada attraverso l'Austria [COM(2000) 862 def.].


3: -     V. decisione del Consiglio 26 febbraio 1996, 96/191/CE, relativa alla conclusione della Convenzione sulla protezione delle Alpi (Convenzione alpina, GU L 61, pag. 31). La convenzione è stata firmata a Salisburgo il 7 novembre 1991 ed è entrata in vigore il 6 marzo 1995. Essa era stata sottoscritta dalla Comunità e da alcuni Stati membri e non membri della regione alpina, come l'Austria, la Germania e l'Italia.


4: -     Nel maggio 2000 è stato adottato un più dettagliato Protocollo di attuazione della Convenzione alpina nel settore dei trasporti. Il 16 gennaio 2001 la Commissione ha presentato una proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome della Comunità europea, del suddetto Protocollo [COM(2001)18 def.].


5: -     Divieti analoghi esistono in altri sei Stati membri, anche se quelli vigenti in Austria sembrano essere quelli più severi (v. la Proposta di direttiva del Consiglio relativa ad un sistema armonizzato e trasparente di limiti alla circolazione, su determinate strade, dei veicoli commerciali pesanti adibiti ai trasporti internazionali [COM(1998)115 def. (GU 1998 C 198, pag. 17), e il memorandum esplicativo della Commissione ivi allegato].


6: -     Il sistema in origine era stato concordato tra la Comunità e l’Austria nel 1992. Attualmente, esso è disciplinato dal regolamento (CE) della Commissione 21 dicembre 1994, n. 3298, che stabilisce misure dettagliate relative al sistema di diritti di transito (ecopunti) per automezzi pesanti adibiti al trasporto di merci in transito attraverso l'Austria, stabilito dell'articolo 11 del protocollo n. 9 dell'Atto di adesione della Norvegia, dell'Austria, della Finlandia e della Svezia (GU L 341, pag. 20), modificato dal regolamento (CE) della Commissione 30 luglio 1996, n. 1524, che modifica il regolamento (CE) n. 3298/94 riguardo al sistema di ecopunti per autocarri in transito attraverso l'Austria (GU L 190, pag. 13); v., inoltre, la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce per l'anno 2004 un sistema di ecopunti per gli automezzi pesanti che transitano attraverso l'Austria [COM(2001) 807 def. (GU 2002, C 103 E, pag. 230)].


7: -     Uno degli itinerari alternativi menzionati nel corso del procedimento, attraverso l'autostrada del Tauern, avrebbe aggiunto, sembra, circa 240 km (circa il 55-60%) ad un tragitto Monaco-Verona; naturalmente, le differenze in ogni caso sarebbero dipese dagli effettivi punti di partenza e di arrivo.


8: -     Sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a. (Racc. pag. I-5357).


9: -     Sentenza 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93, Brasserie du Pêcheur, e C-48/93, Factortame e a. (Racc. pag. I-1029).


10: -     Punti 41-43.


11: -     Ibidem, punti 47 e 51.


12: -     Ibidem, punti 66 e 67.


13: -     Ibidem, punti 82-87. V. anche sentenza 8 marzo 2001, cause riunite C-397/98 e C-410/98, Metallgesellschaft e a. (Racc. pag. I-1727, punto 91).


14: -     Per una recente pronuncia v., in tal senso, sentenza 19 febbraio 2002, causa C-35/99, Manuele Arduino (Racc. pag. I-1529), punti 24 e 25, e la giurisprudenza ivi citata.


15: -     V., per esempio, sentenza 30 marzo 2000, causa C-236/98, JämO (Racc. pag. I-2189, punti 28-34, in particolare punti 30 e 32, nonché la giurisprudenza ivi citata).


16: -     In via di principio si può presumere che il danno sarà di tipo materiale, con un valore economico che sia accertabile o calcolabile, almeno approssimativamente. Non sembra che si sia finora presa in considerazione la possibilità di chiedere un risarcimento anche dei danni immateriali, come la sofferenza o il danno per la reputazione; in pratica, è improbabile che un danno di questo tipo possa derivare dalla violazione da parte dello Stato di una norma di diritto comunitario volta a conferire diritti ai singoli.


17: -     Sembra che l'art. 1293 del Codice civile generale austriaco (ABGB) faccia distinzione tra il danno effettivo e il mancato guadagno (damnum emergens e lucrum cessans) e che la distinzione possa aver rilievo in tema di prova. V. U. Magnus (ed.), Unification of Tort Law: Damages 2001, Kluwer/European Centre of Tort and Insurance Law, pagg. 10 e 11.


18: -     Sentenza 1983, causa 199/82, Amministrazione delle finanze dello Stato/San Giorgio (Racc. pag. 3595, in particolare punto 14).


19: -     V. Magnus, op. cit., pagg. 195 e segg., e i riferimenti interni ivi citati.


20: -     In effetti tale possibilità è stata esplicitamente riconosciuta nella sentenza Brasserie du Pêcheur, punto 84.


21: -     V., per esempio, sentenza 28 giugno 2001, causa C-118/00, Larsy (Racc. pag. I-5063, punti 50-53).


22: -     Sentenza 9 dicembre 1997, causa C-265/95, Commissione/Francia (Racc. pag. I-6959, in particolare punti 31 e 32); v., inoltre, in un diverso contesto, sentenza della Corte 21 settembre 1989, causa 68/88, Commissione/Grecia (Racc. pag. 2965, punti 22-28). Per una discussione approfondita v. i paragrafi 68 e segg. delle presenti conclusioni.


23: -     V., per esempio, sentenza 26 settembre 2000, C-23/99, Commissione/Francia (Racc. pag. I-7653).


24: -     Causa C-265/95, Commissione/Francia, già citata alla nota 22, punto 29.


25: -     Causa C-23/99, Commissione/Francia, citata alla nota 23, punto 22.


26: -     Nelle conclusioni da me presentate con riferimento alla sentenza 13 marzo 2001, causa C-379/98, Preussen Elektra (Racc. pag. I-2099, paragrafo 24); v. sentenze 18 giugno 1998, causa C-266/96, Corsica Ferries France (Racc. pag. I-3949, punto 31), 21 settembre 1999, causa C-44/98, BASF (Racc. pag. I-6269, punto 16), e 13 gennaio 2001, causa C-254/98, TK-Heimdienst (Racc. pag. I-151, punto 30).


27: -     Dati relativi al 1999 esposti in Lack of coherence in forecasting traffic growth - The case of Alpine traffic [CEMT/CM(2001)21], presentato al Consiglio dei ministri svoltosi a Lisbona, in data 29 e 30 maggio 2001, pagg. 59 e 72.


28: -     Citata supra, nota 22.


29: -     Punto 2.


30: -     Punti 30-35 (l'ultimo punto è chiaramente rilevante nei procedimenti per inadempimento, ma nell'ambito di un ricorso nazionale per risarcimento danni il ruolo della Corte è alquanto differente: v. infra, paragrafo 115).


31: -     Punti 40-53.


32: -     Punto 56.


33: -     Regolamento (CE) del Consiglio 7 dicembre 1998, n. 2679, sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri (GU L 337, pag. 8).


34: -     Art. 1.


35: -     Artt. 3 e 4.


36: -     Art. 2.


37: -     Sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe (Racc. pag. 649, punto 8).


38: -     Sebbene questa espressione non vada confusa con quella utilizzata dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, il cui titolo per esteso è «Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali».


39: -     V. causa C-36/02, Omega, attualmente pendente dinanzi alla Corte.


40: -     Sentenza 18 giugno 1991, causa C-260/89, ERT (Racc. pag. I-2925).


41: -     Sentenza 11 luglio 1985, cause riunite 60/84 e 61/84 (Racc. pag. 2605).


42: -     Sentenza 30 settembre 1987, causa 12/86 (Racc. pag. 3719).


43: -     Sentenza 13 luglio 1989, causa 5/88, Wachauf (Racc. pag. 2609, punto 19).


44: -     Sentenza ERT, citata alla nota 40, punto 41. Oltre a tale affermazione generale, riguardo alla libertà di espressione e di riunione si può far riferimento, per esempio, alla sentenza 8 luglio 1999, causa C-235/92 P, Montecatini (Racc. pag. I-4539, punto 137), o alla sentenza 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly/Commissione (Racc. pag. I-1611, punti 37 e segg.).


45: -     Proclamata solennemente dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione a Nizza il 10 dicembre 2000 (GU 2001, C 364, pag. 1).


46: -     Come risulta chiaramente dalla sentenza Commissione/Francia, citata alla nota 22. Nel Regno Unito la House of Lords ha espresso lo stesso punto di vista in Rv. Chief Constable of Sussex ex parte International Traders Ferry Ltd, 1999, 2 AC 418.


47: -     Va qui ricordato che lo scopo della manifestazione di per sé non è rilevante quando si considera la tutela della libertà di espressione e di assemblea: v. supra, paragrafo 54.


48: -     Sentenza Brasserie du Pêcheur, punti 55-57; v., inoltre, per esempio, sentenze 26 marzo 1996, causa C-392/93, British Telecommunications (Racc. pag. I-1631, punto 42), e 8 ottobre 1996, cause riunite C-178/94, C-179/94, C-188/94, C-189/94 e C-190/94, Dillenkofer e a. (Racc. pag. I-4845, punto 25).