Language of document : ECLI:EU:T:2014:926

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

5 novembre 2014 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti della Siria – Congelamento dei capitali – Funzioni di governatore della Banca centrale siriana – Ricorso di annullamento – Comunicazione di un atto recante misure restrittive – Termine di ricorso – Ricevibilità – Diritti della difesa – Processo equo – Obbligo di motivazione – Onere della prova – Diritto a una tutela giurisdizionale effettiva – Proporzionalità – Diritto di proprietà – Diritto alla vita privata e familiare – Applicazione di restrizioni in materia di ammissione a un cittadino di uno Stato membro – Libera circolazione dei cittadini dell’Unione»

Nelle cause riunite T‑307/12 e T‑408/13,

Adib Mayaleh, residente in Damasco (Siria), rappresentato da G. Karouni e C. Dumont, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da J.‑P. Hix e V. Piessevaux, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto una domanda di annullamento parziale, in primo luogo, della decisione di esecuzione 2012/256/PESC del Consiglio, del 14 maggio 2012, che attua la decisione 2011/782/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 126, pag. 9), in secondo luogo, del regolamento di esecuzione (UE) n. 410/2012 del Consiglio, del 14 maggio 2012, che attua l’articolo 32, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 36/2012, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU L 126, pag. 3), in terzo luogo, della decisione 2012/739/PESC del Consiglio, del 29 novembre 2012, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/782/PESC (GU L 330, pag. 21), in quarto luogo, del regolamento di esecuzione (UE) n. 363/2013 del Consiglio del 22 aprile 2013, che attua il regolamento (UE) n. 36/2012, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU L 111, pag. 1, rettifica in GU L 127, pag. 27) e, in quinto luogo, della decisione 2013/255/PESC del Consiglio, del 31 maggio 2013, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 147, pag. 14).

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da G. Berardis (relatore), presidente, O. Czúcz, I. Pelikánová, A. Popescu e E. Buttigieg, giudici,

cancelliere: J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 aprile 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il ricorrente, sig. Adib Mayaleh, cittadino siriano naturalizzato francese, è il governatore della Banca centrale siriana. Al momento della sua naturalizzazione, il suo nome è stato gallicizzato in André Mayard. Quest’ultimo nome è l’unico che compare sul passaporto francese del ricorrente.

2        Il 9 maggio 2011, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisione 2011/273/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 121, pag. 11).

3        L’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2011/273 prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie per impedire l’ingresso o il transito nel loro territorio dei responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria e delle persone ad essi associate, elencati nell’allegato alla suddetta decisione.

4        L’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2011/273 dispone che tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dai responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria e dalle persone fisiche o giuridiche o dalle entità ad essi associate siano congelati. Le modalità di tale congelamento sono definite negli altri paragrafi del citato articolo.

5        Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della decisione 2011/273, il Consiglio predispone l’elenco delle persone interessate.

6        Nella stessa data, il Consiglio ha adottato, sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, il regolamento (UE) n. 442/2011, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU L 121, pag. 1). L’articolo 4, paragrafo 1, di detto regolamento prevede il congelamento di tutti i fondi e di tutte le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone fisiche o giuridiche, dalle entità e dagli organismi elencati nell’allegato II del regolamento stesso.

7        La decisione 2011/273 è stata sostituita dalla decisione 2011/782/PESC del Consiglio, del 1° dicembre 2011, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/273 (GU L 319, pag. 56).

8        L’articolo 18, paragrafo 1, e l’articolo 19, paragrafo 1, della decisione 2011/782 corrispondono rispettivamente all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2011/273, con l’aggiunta che le misure restrittive ivi indicate si applicano parimenti alle persone che traggono vantaggio dal regime o lo sostengono.

9        Il regolamento n. 442/2011 è stato sostituito dal regolamento (UE) n. 36/2012 del Consiglio, del 18 gennaio 2012, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria e che abroga il regolamento n. 442/2011 (GU L 16, pag. 1).

10      Con la decisione di esecuzione 2012/256/PESC del Consiglio, del 14 maggio 2012, che attua la decisione 2011/782 (GU L 126, pag. 9), il nome del ricorrente è stato aggiunto all’elenco riportato nell’allegato I della suddetta decisione, con, nella lingua processuale, la seguente motivazione:

«Adib Mayaleh è responsabile di fornire sostegno economico e finanziario al regime siriano nell’esercizio delle sue funzioni in qualità di governatore della Banca centrale siriana».

11      Con il regolamento di esecuzione (UE) n. 410/2012 del Consiglio, del 14 maggio 2012, che attua l’articolo 32, paragrafo 1, del regolamento n. 36/2012 (GU L 126, pag. 3), il nome del ricorrente è stato aggiunto all’elenco riportato nell’allegato II di detto regolamento, con una motivazione uguale a quella riportata al precedente punto 10.

12      L’articolo 21, paragrafi 2 e 3, della decisione 2011/782 così prevede:

«2.      Il Consiglio trasmette la sua decisione sull’inserimento nell’elenco e relativi motivi alla persona o all’entità interessata direttamente, se l’indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dando alla persona o all’entità la possibilità di presentare osservazioni.

3.      Qualora siano presentate osservazioni o siano prodotte nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la sua decisione e ne informa la persona o l’entità interessata».

13      L’articolo 32, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 36/2012, contiene una disposizione analoga.

14      Il 15 maggio 2012, il Consiglio ha pubblicato, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, l’avviso all’attenzione delle persone ed entità cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2011/782, attuata dal regolamento di esecuzione 2012/256, e dal regolamento n. 36/2012, attuato dal regolamento di esecuzione n. 410/2012 (GU C 139, pag. 19).

15      Stando a tale avviso, le persone e le entità interessate possono presentare al Consiglio una domanda volta ad ottenere il riesame della decisione che ha incluso il loro nome negli elenchi allegati agli atti menzionati al precedente punto 14, allegandovi documenti giustificativi.

16      Il ricorrente non si è rivolto al Consiglio in seguito al suo inserimento negli elenchi in questione ma, con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 luglio 2012, ha proposto un ricorso diretto a ottenere l’annullamento del regolamento di esecuzione n. 410/2012 e della decisione di esecuzione 2012/256, nei limiti in cui tali atti lo riguardano.

17      Con la decisione 2012/739/PESC del Consiglio, del 29 novembre 2012, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/782 (GU L 330, pag. 21), sono state mantenute le misure restrittive applicate al ricorrente, il cui nome figura nell’allegato I.A della decisione 2012/739, con la seguente motivazione:

«Adib Mayaleh è responsabile per la fornitura di sostegno economico e finanziario al regime siriano attraverso la sua carica di governatore della Central Bank of Syria».

18      Il 30 novembre 2012, il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’avviso all’attenzione delle persone ed entità cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2012/739 e dal regolamento n. 36/2012 (GU C 370, pag. 6), il cui contenuto coincide in sostanza con quello dell’avviso di cui ai precedenti punti 14 e 15.

19      Con il regolamento di esecuzione (UE) n. 363/2013 del Consiglio, del 22 aprile 2013, che attua il regolamento n. 36/2012 (GU L 111, pag. 1, rettifica in GU L 127, pag. 27), il Consiglio ha sostituito l’allegato II del regolamento n. 36/2012, mantenendo però il nome del ricorrente nel nuovo allegato con una motivazione uguale a quella riportata al precedente punto 17.

20      Il 23 aprile 2013, il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’avviso all’attenzione delle persone ed entità cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2012/739, attuata dalla decisione di esecuzione 2013/185/PESC del Consiglio e dal regolamento n. 36/2012, attuato dal regolamento di esecuzione n. 363/2013 (GU C 115, pag. 5), il cui contenuto coincide in sostanza con quello dell’avviso di cui ai precedenti punti 14 e 15.

21      Con la decisione 2013/255/PESC del Consiglio, del 31 maggio 2013, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 147, pag. 14), sono state mantenute le misure restrittive applicate al ricorrente, il cui nome figura nell’allegato I.A di tale decisione, con una motivazione uguale a quella riportata al precedente punto 17.

22      Il 1° giugno 2013, il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’avviso all’attenzione delle persone ed entità cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2013/255 e dal regolamento n. 36/2012 (GU C 155, pag. 1), il cui contenuto coincide in sostanza con quello dell’avviso di cui ai precedenti punti 14 e 15.

 Procedimento e conclusioni delle parti

23      Come già ricordato al precedente punto 16, con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 luglio 2012 il ricorrente ha proposto un ricorso diretto a ottenere l’annullamento del regolamento di esecuzione n. 410/2012 e della decisione di esecuzione 2012/256, nei limiti in cui tali atti lo riguardavano. Detto ricorso è stato registrato con il numero di ruolo T‑307/12.

24      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 30 gennaio 2013, il ricorrente ha chiesto di poter adeguare le sue conclusioni nella causa T‑307/12 affinché la sua domanda di annullamento comprendesse anche la decisione 2012/739, nei limiti in cui la suddetta lo riguarda (in prosieguo: la «domanda diretta a che il ricorso comprenda la decisione 2012/739»).

25      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 27 febbraio 2013, il Consiglio ha comunicato di non avere osservazioni sulla domanda diretta a che il ricorso comprenda la decisione 2012/739.

26      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 30 luglio 2013, il ricorrente ha chiesto di poter adeguare le sue conclusioni nella causa T‑307/12 affinché la sua domanda di annullamento comprendesse anche il regolamento di esecuzione n. 363/2013 e la decisione 2013/255, nei limiti in cui tali atti lo riguardavano (in prosieguo, rispettivamente: la «domanda diretta a che il ricorso comprenda il regolamento di esecuzione n. 363/2013» e la «domanda diretta a che il ricorso comprenda la decisione 2013/255»). Nella medesima data, il ricorrente ha inoltre proposto un secondo ricorso, registrato con il numero di ruolo T‑408/13, con il quale ha chiesto l’annullamento del regolamento di esecuzione n. 363/2013 e della decisione 2013/255, nei limiti in cui tali atti lo riguardavano.

27      Nella causa T‑307/12, con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 6 settembre 2013, il Consiglio ha comunicato di non avere osservazioni sulla domanda diretta a che il ricorso comprenda il regolamento di esecuzione n. 363/2013, né sulla domanda diretta a che il ricorso comprenda la decisione 2013/255.

28      Nella causa T‑408/13, il Tribunale (Nona Sezione), a titolo di misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64 del suo regolamento di procedura, ha chiesto al Consiglio di precisare se il regolamento di esecuzione n. 363/2013 e la decisione 2013/255 fossero stati comunicati direttamente al ricorrente.

29      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 15 ottobre 2013, il Consiglio ha presentato due lettere, datate rispettivamente 13 maggio e 3 giugno 2013, con cui aveva comunicato a uno dei rappresentanti del ricorrente nella causa T‑307/12, il sig. Karouni, prima il regolamento di esecuzione n. 363/2013, e quindi la decisione 2013/255.

30      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 30 ottobre 2013, il ricorrente ha confermato che il proprio rappresentante aveva ricevuto le summenzionate comunicazioni, rispettivamente, il 17 maggio e il 6 giugno 2013. Il ricorrente ha tuttavia sottolineato che né il regolamento di esecuzione n. 363/2013 né la decisione 2013/255 gli sono stati comunicati direttamente al suo indirizzo.

31      In applicazione dell’articolo 50 del regolamento di procedura e una volta sentite le parti, le cause T‑307/12 e T‑408/13 sono state riunite ai fini della procedura scritta e orale, nonché della decisione che conclude il procedimento, con ordinanza del presidente della Nona Sezione del Tribunale del 6 novembre 2013.

32      Il 18 dicembre 2013, il Consiglio ha depositato il controricorso nella causa T‑408/13.

33      Con decisione del 6 gennaio 2014, il Tribunale (Nona Sezione) ha deciso, ai sensi dell’articolo 47, paragrafo 1, del regolamento di procedura, che non era necessario un secondo scambio di memorie.

34      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 21 gennaio 2014, il ricorrente ha chiesto l’autorizzazione a presentare una replica nella causa T‑408/13, al fine di poter prendere posizione sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dal Consiglio nel controricorso di cui al precedente punto 32.

35      Il 22 gennaio 2014, in applicazione dell’articolo 14 del regolamento di procedura e su proposta della Nona Sezione, il Tribunale ha deciso di rinviare le presenti cause dinanzi alla Nona Sezione ampliata.

36      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 22 gennaio 2014, il ricorrente ha chiesto di poter adeguare le sue conclusioni affinché le sue domande di annullamento comprendessero anche la decisione 2013/760/PESC del Consiglio, del 13 dicembre 2013, che modifica la decisione 2013/255 (GU L 335, pag. 50), e il regolamento (UE) n. 1332/2013 del Consiglio, del 13 dicembre 2013, che modifica il regolamento n. 36/2012 (GU L 335, pag. 3), nei limiti in cui tali atti lo riguardavano.

37      Con decisione del 13 febbraio 2014, il Tribunale (Nona Sezione ampliata) ha respinto la domanda del ricorrente di cui al precedente punto 34.

38      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64 del regolamento di procedura, di invitare le parti a rispondere ad alcuni quesiti. Sono state inoltre chieste informazioni alla Repubblica francese, in base all’articolo 24, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

39      Le parti hanno ottemperato a tali misure nei termini stabiliti. La Repubblica francese ha altresì fornito le informazioni richieste.

40      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 3 aprile 2014. In tale occasione, il ricorrente ha segnatamente dichiarato, da un lato, che il ricorso nella causa T‑408/13 era stato presentato in via subordinata, per l’ipotesi in cui il Tribunale avesse dichiarato irricevibili le sue domande nella causa T‑307/12, così come adeguate dalle domande di cui ai precedenti punti 24 e 26 e, dall’altro, di aver rinunciato alla domanda di adeguamento delle conclusioni menzionata al precedente punto 36. Il Consiglio, da parte sua, ha sostenuto che il regolamento di esecuzione n. 363/2013 era stato impugnato tardivamente. In via subordinata, nel caso in cui il Tribunale ritenga che la rettifica di tale regolamento di esecuzione, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 9 maggio 2013 (in prosieguo: la «rettifica del 9 maggio 2013»), avrebbe dovuto essere comunicata al ricorrente, il Consiglio ha chiesto che il ricorso venga dichiarato irricevibile per quanto concerne tale regolamento di esecuzione e si è rimesso al giudizio del Tribunale per quanto riguarda tale rettifica. Si è preso atto di tali dichiarazioni nel verbale d’udienza.

41      Nella causa T‑307/12, il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione di esecuzione 2012/256, nei limiti in cui essa lo riguarda;

–        annullare il regolamento di esecuzione n. 410/2012, nei limiti in cui esso lo riguarda;

–        annullare la decisione 2012/739, nei limiti in cui essa lo riguarda;

–        annullare il regolamento di esecuzione n. 363/2013, nei limiti in cui esso lo riguarda;

–        annullare la decisione 2013/255, nei limiti in cui essa lo riguarda;

–        condannare il Consiglio alle spese.

42      Nella causa T‑408/13, il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento di esecuzione n. 363/2013, nei limiti in cui esso lo riguarda;

–        annullare la decisione 2013/255, nei limiti in cui essa lo riguarda;

–        condannare il Consiglio alle spese.

43      Nella causa T‑307/12, il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

44      Nella causa T‑408/13, il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        in subordine, dichiarare il ricorso irricevibile per quanto riguarda il regolamento di esecuzione n. 363/2013;

–        in ulteriore subordine, dichiarare il ricorso infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

A –  Sul ricorso nella causa T‑307/12

1.     Sulla ricevibilità delle domande di adeguamento delle conclusioni

45      Il ricorrente ha chiesto di ampliare il petitum del suo ricorso nella causa T‑307/12 in modo da includervi anche la decisione 2012/739, il regolamento di esecuzione n. 363/2013 e la decisione 2013/255.

a)     Sulla domanda diretta a che il ricorso comprenda la decisione 2012/739 e la decisione 2013/255

46      Occorre rammentare che, come risulta dai precedenti punti 17 e 20, dopo la presentazione dell’atto introduttivo nella causa T‑307/12, da un lato, la decisione 2011/782, come modificata dalla decisione di esecuzione 2012/256, è stata abrogata e sostituita dalla decisione 2012/739 e, dall’altro, poiché quest’ultima non era più applicabile, è stata adottata la decisione 2013/255. Il nome del ricorrente figura negli elenchi costituenti l’allegato I della decisione 2012/739 e della decisione 2013/255, con la motivazione riportata al precedente punto 17.

47      Al riguardo, si deve osservare che, quando l’atto inizialmente impugnato viene sostituito, nel corso del procedimento, da un altro atto avente lo stesso oggetto, quest’ultimo va considerato come un elemento nuovo che consente al ricorrente di adeguare le sue conclusioni e i suoi motivi. Non si può, infatti, ammettere che un’istituzione o un organo dell’Unione europea, per far fronte alle censure contenute in un ricorso presentato contro un suo atto, possa adeguare tale atto o sostituirlo con un altro atto e valersi, in corso di causa, di tale modifica o di tale sostituzione per privare la controparte della possibilità di estendere le sue conclusioni e i suoi motivi iniziali all’ulteriore atto o di presentare ulteriori conclusioni e motivi contro di esso (sentenze della Corte del 3 marzo 1982, Alpha Steel/Commissione, 14/81, Racc. pag. 749, punto 8, e del Tribunale del 6 settembre 2013, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑35/10 e T‑7/11, Racc., EU:T:2013:397, punto 53).

48      Peraltro, per essere ricevibile, una domanda di adeguamento delle conclusioni deve essere presentata nel termine di ricorso di due mesi previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE, aumentato del termine in ragione della distanza di dieci giorni previsto all’articolo 102, paragrafo 2, del regolamento di procedura nonché, se del caso, di quattordici giorni supplementari ai sensi dell’articolo 102, paragrafo 1, del medesimo regolamento (v. il successivo punto 65). Tale termine di ricorso è di ordine pubblico e deve essere applicato dal giudice dell’Unione in modo da garantire la certezza del diritto e l’uguaglianza di tutti dinanzi alla legge. Spetta, quindi, al giudice verificare, eventualmente d’ufficio, se tale termine sia stato rispettato (v. sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 47 supra, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

49      Occorre riconoscere la ricevibilità della domanda diretta a che il ricorso comprenda la decisione 2012/739 e della domanda diretta a che il ricorso comprenda la decisione 2013/255. Infatti, dal momento che tali decisioni, in virtù delle quali il ricorrente continua a essere colpito dalle misure restrittive nei confronti della Siria, sono state adottate rispettivamente il 29 novembre 2012 e il 31 maggio 2013, è giocoforza constatare che le suddette domande, depositate presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 30 gennaio e il 30 luglio 2013, sono state necessariamente presentate entro il termine di ricorso applicabile a ciascuna delle decisioni in parola.

b)     Sulla domanda diretta a che il ricorso comprenda il regolamento di esecuzione n. 363/2013

50      Benché, nelle osservazioni depositate presso la cancelleria del Tribunale il 6 settembre 2013 (v. supra, punto 27), non abbia eccepito la tardività della domanda diretta a che il ricorso comprenda il regolamento di esecuzione n. 363/2013, il Consiglio ha sostenuto, durante l’udienza comune alle due cause riunite, che il ricorrente aveva impugnato l’atto tardivamente. In sostanza, come aveva già fatto osservare nel controricorso relativo alla causa T‑408/13, il Consiglio ha sostenuto che il ricorrente avrebbe dovuto rivolgersi al Tribunale non oltre il 29 luglio 2013, tenuto conto, da un lato, del fatto che uno dei legali che già lo rappresentavano nella causa T‑307/12 aveva confermato, il 17 maggio 2013, il ricevimento della comunicazione di tale regolamento di esecuzione, inviata dal Consiglio all’indirizzo del suo studio e, dall’altro, delle disposizioni sui termini di ricorso contenute nell’articolo 263, sesto comma, TFUE, nell’articolo 102, paragrafo 2, e nell’articolo 101, paragrafo 2, primo comma, del regolamento di procedura.

51      Durante l’udienza, il ricorrente ha sostenuto che tale comunicazione non era valida e che, di conseguenza, la domanda diretta a che il ricorso comprendesse il regolamento di esecuzione n. 363/2013 non poteva considerarsi tardiva.

52      Si deve stabilire se il Consiglio fosse tenuto a comunicare al ricorrente il regolamento di esecuzione n. 363/2013 e, in caso affermativo, quali modalità di comunicazione dovesse adottare.

 Sull’obbligo di comunicare al ricorrente il regolamento di esecuzione n. 363/2013

53      In via preliminare, si deve osservare che i principi esposti ai precedenti punti 47 e 48 si applicano parimenti quando si tratta di una domanda di adeguamento delle conclusioni riguardante un atto, come il regolamento di esecuzione n. 363/2013, che, senza abrogare un atto precedente, conferma l’inserimento di una persona negli elenchi dei soggetti interessati da misure restrittive, in seguito ad un procedimento di riesame espressamente imposto dalla normativa applicabile (v., in tal senso, sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 47 supra, punto 54).

54      Inoltre, va rilevato che, secondo la giurisprudenza, il principio di tutela giurisdizionale effettiva implica che l’autorità dell’Unione che adotta o mantiene misure restrittive individuali a carico di una persona o di un’entità, come nel caso in specie, comunichi i motivi alla base di tali misure, o al momento in cui le suddette sono adottate, o, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo la loro adozione, in modo da consentire a tali persone o entità di esercitare il diritto di ricorso (v. sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 47 supra, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

55      Nel caso di specie, tale principio viene applicato all’articolo 32, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 36/2012, ai sensi del quale:

«1. Qualora il Consiglio decida di applicare a una persona fisica o giuridica, a un’entità o a un organismo (...) misure [restrittive], esso modifica di conseguenza l’allegato II o l’allegato II bis.

2. Il Consiglio trasmette la sua decisione e i motivi dell’inserimento nell’elenco alla persona fisica o giuridica, all’entità o all’organismo di cui al paragrafo 1 direttamente, se l’indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dando alla persona fisica o giuridica, all’entità o all’organismo la possibilità di presentare osservazioni».

56      Ne deriva che il termine per proporre un ricorso di annullamento contro un atto che impone misure restrittive a carico di una persona o di un’entità inizia a decorrere solo a partire dalla data della comunicazione di tale atto all’interessato, e non dalla sua data di pubblicazione, considerato che, nei confronti delle persone interessate da queste misure, esso è assimilabile a un insieme di decisioni individuali. Del pari, il termine per la presentazione di una domanda volta ad estendere le conclusioni e i motivi ad un atto che conferma tali misure comincia a decorrere solo a partire dalla data della comunicazione di tale nuovo atto alla persona o all’entità interessata (v., in tal senso, sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 47 supra, punto 57; v. anche, in questo senso e per analogia, sentenza della Corte del 23 aprile 2013, Gbagbo e a./Consiglio, da C‑478/11 P a C‑482/11 P, Racc., EU:C:2013:258, punti da 56 a 58).

57      Nel caso di specie, il regolamento di esecuzione n. 363/2013 è un atto con cui il Consiglio ha mantenuto il nome del ricorrente nell’elenco allegato al regolamento n. 36/2012. Pertanto, il Consiglio era tenuto a comunicare tale atto al ricorrente, e questo indipendentemente dalla questione se, per decidere detto mantenimento, esso si sia fondato su elementi nuovi. Infatti, contrariamente a quanto affermato dal Consiglio durante l’udienza, dalla sentenza del Tribunale del 4 febbraio 2014, Syrian Lebanese Commercial Bank/Consiglio (T‑174/12 e T‑80/13, Racc., EU:T:2014:52, punto 149), non risulta affatto che l’obbligo di comunicazione all’interessato di un atto che mantiene misure restrittive nei suoi confronti valga solo qualora tale atto si fondi su elementi nuovi rispetto a quelli che avevano inizialmente giustificato l’adozione di dette misure. In realtà, la giurisprudenza invocata dal Consiglio concerne la questione se il rispetto dei diritti della difesa di una persona interessata da misure restrittive richieda che quest’ultima venga sentita prima dell’adozione di un atto che mantiene tali misure nei suoi confronti. È in questo contesto che la giurisprudenza ha stabilito che il diritto di essere sentiti prima dell’adozione di atti che mantengono misure restrittive nei confronti di persone già interessate da queste ultime presuppone che il Consiglio abbia ammesso nuovi elementi a carico di tali persone (v. sentenza Syrian Lebanese Commercial Bank/Consiglio, cit., punto 149 e giurisprudenza ivi citata).

58      Ne consegue che, nel caso di specie, il Consiglio era tenuto a comunicare al ricorrente il regolamento di esecuzione n. 363/2013.

 Sull’alternativa fra la comunicazione diretta agli interessati del regolamento di esecuzione n. 363/2013 e la pubblicazione di un avviso al riguardo sulla Gazzetta ufficiale

59      Al fine di determinare quale fosse l’evento da cui inizia a decorrere il termine che il ricorrente era tenuto a rispettare per contestare dinanzi al Tribunale il regolamento di esecuzione n. 363/2013, è necessario determinare quali fossero le modalità secondo cui il Consiglio avrebbe dovuto comunicargli tale atto.

60      Dalla giurisprudenza emerge che l’articolo 32, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 36/2012 deve essere interpretato nel senso che, qualora il Consiglio disponga dell’indirizzo di una persona interessata da misure restrittive, in assenza di comunicazione diretta degli atti che contengono dette misure, il termine di ricorso che la persona deve rispettare per contestare tali atti davanti al Tribunale non inizia a decorrere. È solo, quindi, nei casi in cui risulta impossibile comunicare individualmente all’interessato l’atto con il quale vengono adottate o mantenute nei suoi confronti misure restrittive che la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea fa sì che tale termine inizi a decorrere (v., in tal senso, sentenze Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 47 supra, punto 59, e Syrian Lebanese Commercial Bank/Consiglio, cit. al punto 57 supra, punti 59 e 60; v. ugualmente, in questo senso e per analogia, sentenza Gbagbo e a./Consiglio, cit. al punto 56 supra, punti 61 e 62).

61      A tale riguardo, occorre osservare che il Consiglio può essere considerato impossibilitato a comunicare individualmente a una persona fisica o giuridica o a un’entità un atto che contiene misure restrittive nei suoi confronti o quando l’indirizzo di tale persona o entità non ha carattere pubblico e non gli viene fornito, o quando la comunicazione inviata all’indirizzo di cui il Consiglio dispone non giunge a destinazione nonostante gli sforzi da esso compiuti, con tutta la necessaria diligenza, al fine di trasmetterla.

62      Nel caso di specie, non sussistono dubbi sul fatto che, il 23 aprile 2013, data di adozione del regolamento di esecuzione n. 363/2013, il Consiglio disponeva dell’indirizzo del ricorrente. L’atto introduttivo di ricorso nella causa T‑307/12, depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 luglio 2012 e notificato al Consiglio il 13 luglio 2012, riportava infatti il domicilio del ricorrente, in conformità all’articolo 44, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di procedura, e precisava inoltre che questi era domiciliato presso la Banca centrale siriana, il cui indirizzo veniva parimenti indicato.

63      Pertanto, in linea di principio, è da escludersi che la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’avviso riguardante in particolare il regolamento di esecuzione n. 363/2013, menzionato al precedente punto 20, possa essere considerata l’evento da cui inizia a decorrere il termine che il ricorrente era tenuto a rispettare per contestare tale atto dinanzi al Tribunale.

64      Nella specie, dal momento che il Consiglio non ha neppure affermato di essersi trovato nell’impossibilità di comunicare direttamente al ricorrente il regolamento di esecuzione n. 363/2013 (v., in tal senso, sentenza Syrian Lebanese Commercial Bank/Consiglio, cit. al punto 57 supra, punto 61), la data di pubblicazione di tale avviso può costituire il dies a quo del termine di ricorso solo nel caso in cui risulti che una tale comunicazione diretta non è andata a buon fine (v. il precedente punto 61). Ora, nel caso di specie, non è questa la situazione che si è verificata.

65      Peraltro, occorre rilevare che, qualora il Consiglio disponga dell’indirizzo a cui è domiciliata una persona interessata da misure restrittive e le abbia validamente comunicato a tale indirizzo gli atti che contengono queste misure, non può essere attribuita alcuna pertinenza al fatto che il termine di ricorso contro questi atti potrebbe essere più favorevole alla suddetta persona se fosse calcolato a partire dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’avviso riguardante gli atti in questione, tenuto conto in particolare dell’applicazione dell’articolo 102, paragrafo 1, del regolamento di procedura, che prevede quattordici giorni supplementari per il calcolo del termine di ricorso a partire dalla pubblicazione di un atto nella Gazzetta ufficiale (v., in tal senso, sentenza Syrian Lebanese Commercial Bank/Consiglio, cit. al punto 57 supra, punto 65). Infatti, una comunicazione diretta ricevuta dal destinatario gli consente di prendere conoscenza del contenuto degli atti che lo riguardano nonché dei motivi su cui si fondano. Pertanto, la data di ricevimento di una comunicazione di questo tipo fa scattare il termine di ricorso contro tali atti (v., in questo senso e per analogia, ordinanze del Tribunale del 4 giugno 2012, ICO Satellite/Commissione, T‑350/09, punti 29 e 33, e del 18 dicembre 2012, Ungheria/Commissione, T‑320/11, punti 19 e 23). Bisogna del resto ricordare che l’obiettivo del termine supplementare di quattordici giorni previsto dall’articolo 102, paragrafo 1, del regolamento di procedura, consiste nel garantire agli interessati un lasso di tempo sufficiente a proporre un ricorso contro gli atti pubblicati e quelli comunicati agli interessati mediante la pubblicazione di un avviso (v., in tal senso, sentenza Syrian Lebanese Commercial Bank/Consiglio, cit. al punto 57 supra, punti 64 e 65). Per contro, qualora l’atto venga fatto oggetto di una comunicazione diretta all’interessato, non esiste alcun motivo di concedere tale termine.

66      Considerato come dalle suesposte considerazioni emerga che, da un lato, il Consiglio era tenuto a comunicare direttamente al ricorrente il regolamento di esecuzione n. 363/2013 e, dall’altro, nell’ipotesi che tale comunicazione non fosse stata validamente effettuata, il termine che il ricorrente doveva rispettare per contestare tale atto dinanzi al Tribunale non avrebbe mai iniziato a decorrere, è necessario stabilire se il Consiglio abbia assolto tale obbligo.

 Sulle modalità di comunicazione al ricorrente del regolamento di esecuzione n. 363/2013

67      È assodato, da un lato, che il Consiglio non ha comunicato il regolamento di esecuzione n. 363/2013 all’indirizzo del ricorrente presso la Banca centrale siriana e, dall’altro, che uno dei legali che rappresentano il ricorrente nella causa T‑307/12 ha ricevuto, il 17 maggio 2013, una lettera del Consiglio datata 13 maggio 2013, alla quale era allegato il regolamento di esecuzione n. 363/2013 (in prosieguo: la «lettera ricevuta il 17 maggio 2013»).

68      Il ricorrente sostiene che la lettera ricevuta il 17 maggio 2013 non è una comunicazione valida in quanto il Consiglio, in primo luogo, non gli ha comunicato la rettifica del 9 maggio 2013 (v. il precedente punto 40), in secondo luogo, ha inserito la suddetta lettera in un’unica busta, che conteneva parimenti comunicazioni riguardanti altri clienti dello studio legale dei suoi avvocati e, in terzo luogo, non ha utilizzato l’indirizzo del ricorrente presso la Banca centrale siriana.

69      Riguardo al primo argomento del ricorrente, va osservato che, indubbiamente, il regolamento di esecuzione n. 363/2013 è stato fatto oggetto della rettifica del 9 maggio 2013 e che dal fascicolo non risulta che tale rettifica fosse allegata alla lettera ricevuta il 17 maggio 2013. Tuttavia, è pacifico tra le parti che la rettifica del 9 maggio 2013 mirava unicamente a correggere il modo in cui i nomi delle persone comprese negli elenchi allegati al regolamento di esecuzione erano stati scritti in arabo.

70      A tale riguardo, occorre sottolineare, prima di tutto, che il regolamento di esecuzione n. 363/2013, sia nella versione originale che in quella risultante dalla rettifica del 9 maggio 2013, indica i nomi delle persone comprese negli elenchi in allegato in caratteri latini, mentre il corrispettivo arabo figura esclusivamente fra parentesi. Inoltre, gli atti comportanti misure restrittive nei confronti della Siria adottati prima di tale regolamento di esecuzione contenevano soltanto la versione in caratteri latini dei nomi delle persone interessate, cosa che non ha impedito al ricorrente di prenderne conoscenza e di contestarli davanti al Tribunale. Infine, l’arabo non è una lingua ufficiale dell’Unione.

71      In tali circostanze, si deve considerare che la rettifica del 9 maggio 2013 non incide sulle conseguenze, a carico del ricorrente, del regolamento di esecuzione n. 363/2013 (v., in questo senso e per analogia, sentenza della Corte del 2 giugno 1994, AC-ATEL Electronics, C‑30/93, Racc. pag. I‑2305, punto 24). Pertanto, il fatto che alla lettera ricevuta il 17 maggio 2013 fosse allegato il regolamento di esecuzione n. 363/2013, ma non la rettifica del 9 maggio 2013, non permette di considerarla una comunicazione non valida, per cui il primo argomento del ricorrente deve essere respinto.

72      Il secondo argomento del ricorrente è anch’esso infondato. È infatti sufficiente rilevare che, nella lettera ricevuta il 17 maggio 2013, è stato chiaramente precisato, nel campo «oggetto», che essa riguardava il ricorrente. È inoltre evidente che l’espressione «suo cliente», che compare nel testo, chiaramente standardizzato, di detta lettera, non si riferisce a un cliente non meglio precisato dello studio dei legali del ricorrente, ma a quest’ultimo. Peraltro, la suddetta lettera è contrassegnata da un numero di registro del segretariato generale del Consiglio, che consente in linea di principio di distinguerla dalle altre lettere contenute nell’unica busta ricevuta dal rappresentante del ricorrente.

73      Per quel che riguarda il terzo argomento del ricorrente, occorre rammentare che l’articolo 263, sesto comma, TFUE, si riferisce alla «notificazione [dell’atto] al ricorrente», non alla notificazione dell’atto al suo rappresentante.

74      Ne consegue che, qualora un atto debba essere oggetto di una notifica affinché il termine di ricorso cominci a decorrere, la suddetta deve essere indirizzata, in linea di principio, al destinatario di tale atto e non ai legali che lo rappresentano. Infatti, secondo la giurisprudenza, la notifica al rappresentante del ricorrente ha valore di notifica al destinatario solo nei casi in cui una tale forma di notifica è espressamente prevista da una normativa o da un accordo fra le parti (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale dell’8 luglio 2009, Thoss/Corte dei Conti, T‑545/08, non pubblicata nella Raccolta, punti 41 e 42, e sentenza del Tribunale dell’11 luglio 2013, BVGD/ Commissione, T‑104/07 e T‑339/08, punto 146).

75      Nella fattispecie, è opportuno altresì considerare la normativa applicabile, vale a dire l’articolo 32, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 36/2012 (v. il precedente punto 55), e constatare come essa non faccia alcun esplicito riferimento alla possibilità che la notifica prevista dalla giurisprudenza di cui al punto precedente prenda la forma di comunicazione di un atto a un legale che rappresenta la persona da esso interessata.

76      Ne consegue che, comunicando il regolamento di esecuzione n. 363/2013 a uno dei legali che rappresentavano il ricorrente nella causa T‑307/12, il Consiglio non si è conformato alla lettera della suddetta normativa, cui esso stesso si è vincolato.

77      Occorre peraltro rilevare che nessun elemento del fascicolo consente di presupporre la sussistenza di un accordo fra le parti, ai sensi della giurisprudenza di cui al precedente punto 74, che consenta al Consiglio di comunicare il regolamento di esecuzione n. 363/2013 a detto legale. A tale proposito, è necessario osservare che il ricorrente non si è mai rivolto al Consiglio, né direttamente né mediante i propri legali, per cui l’esistenza di un simile accordo avrebbe potuto evincersi soltanto dai documenti presentati al Tribunale nell’ambito dei ricorsi in esame. Ora, i documenti in questione non consentono di ritenere che sia stato concluso un accordo di questo tipo.

78      In tali circostanze, è giocoforza constatare che, dal momento che il Consiglio non ha validamente comunicato al ricorrente il regolamento di esecuzione n. 363/2013, a questi non era precluso, in data 30 luglio 2013, presentare la domanda diretta a che il ricorso comprendesse tale atto. Dunque, l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio in merito a tale domanda non può che essere respinta.

79      Di conseguenza, in occasione dell’analisi del merito del ricorso nella causa T‑307/12, è da considerarsi ricevibile la domanda, presentata dal ricorrente, di annullamento della decisione 2011/782, come modificata dalla decisione di esecuzione 2012/256, del regolamento n. 36/2012, come modificato dal regolamento di esecuzione n. 410/2012, della decisione 2012/739, del regolamento di esecuzione n. 363/2013 e della decisione 2013/255 (in prosieguo, congiuntamente considerati: gli «atti impugnati»), nei limiti in cui tali atti lo riguardano.

2.     Sul merito

80      A sostegno del suo ricorso, il ricorrente invoca in sostanza quattro motivi, vertenti:

–        il primo, sulla violazione dei diritti della difesa, del diritto ad un equo processo e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva;

–        il secondo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione;

–        il terzo, sull’assenza di prove di un legame sufficiente tra il ricorrente e la situazione all’origine dell’adozione di misure restrittive nei confronti della Siria, nonché sulla violazione del principio di proporzionalità;

–        il quarto, sulla violazione del principio di proporzionalità, del diritto di proprietà, del diritto alla vita privata e familiare e del diritto alla libertà di viaggiare, nonché delle norme del diritto nazionale e dell’Unione riservate ai cittadini degli Stati membri e dell’Unione.

81      Occorre esaminare anzitutto il secondo motivo, successivamente il primo e infine gli altri.

a)     Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

82      Il ricorrente afferma che le decisioni impugnate non precisano i motivi specifici e concreti per cui il Consiglio ha considerato, nell’esercizio del suo potere discrezionale, che dovevano essergli applicate le misure restrittive nei confronti della Siria. La motivazione fornita nelle suddette decisioni sarebbe vaga e generica e si limiterebbe a menzionare le sue funzioni professionali, anziché esporre elementi oggettivi che consentano di trarre la conclusione che egli ha partecipato, con propri comportamenti effettivi, alle azioni contestate alla Banca centrale siriana e legate alla repressione nei confronti della popolazione civile.

83      Peraltro, non gli sarebbe stata comunicata alcuna ulteriore motivazione dopo l’adozione degli atti impugnati.

84      Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

85      Va ricordato che l’obbligo di motivare un atto che arreca pregiudizio, come previsto all’articolo 296, secondo comma, TFUE, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo sindacato di legittimità su tale atto. L’obbligo di motivazione così formulato costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, al quale si può derogare solo in base a ragioni imperative. La motivazione, in linea di principio, deve quindi essere comunicata all’interessato contemporaneamente all’atto che gli arreca pregiudizio. La mancanza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza dei motivi dell’atto nel corso del procedimento dinanzi al giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenze della Corte del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, Racc., EU:C:2012:718, punto 49, e sentenza del Tribunale del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, Racc. pag. II‑3967, punto 80).

86      Pertanto, a meno che considerazioni imperative attinenti alla sicurezza dell’Unione o dei suoi Stati membri o alla conduzione delle loro relazioni internazionali ostino alla comunicazione di taluni elementi, il Consiglio è tenuto a portare a conoscenza di un soggetto o entità interessati da misure restrittive le ragioni specifiche e concrete per le quali ritenga che dette misure debbano essere adottate. Esso deve, dunque, menzionare gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione giuridica delle misure in parola e le ragioni che l’hanno indotto ad adottarle (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 85 supra, punto 81).

87      Peraltro, la motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione ed al contesto in cui esso è stato adottato. La necessità di motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso di specie, segnatamente del contenuto dell’atto, della natura dei motivi invocati e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. Non è necessario che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, considerato che la sufficienza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso di norme giuridiche che disciplinano la materia interessata. In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenze Consiglio/Bamba, cit. al punto 85 supra, punti 53 e 54, e del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 85 supra, punto 82).

88      Nel caso di specie, la motivazione fornita dal Consiglio dal momento dell’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi delle misure restrittive nei confronti della Siria è sempre stata, in sostanza, che questi esercita le funzioni di governatore della Banca centrale siriana.

89      A tale riguardo, occorre notare che, contrariamente a quanto dichiarato dal ricorrente in risposta a un quesito del Tribunale, le leggere differenze di carattere redazionale, nella lingua processuale, fra la motivazione della decisione di esecuzione 2012/256 e del regolamento di esecuzione n. 410/2012 (v. i precedenti punti 10 e 11), da un lato, e quella della decisione 2012/739, del regolamento di esecuzione n. 363/2013 e della decisione 2013/255 (v. i precedenti punti 17 e 21), dall’altro, non hanno alcun effetto sulla sostanza della motivazione fornita dal Consiglio.

90      In effetti, considerare che il ricorrente fornisce sostegno economico e finanziario al regime siriano nell’esercizio delle sue funzioni in qualità di governatore equivale ad affermare che è responsabile della fornitura di tale sostegno attraverso le suddette funzioni. Sia in un caso che nell’altro, sono le funzioni del ricorrente che, secondo il Consiglio, sono di natura tale da implicare un ruolo di sostegno economico e finanziario al regime siriano.

91      Come rilevato dal Consiglio, le modifiche evidenziate dal ricorrente non trovano origine in un cambiamento di significato della motivazione inizialmente adottata nei suoi confronti, bensì nell’intenzione di rendere più coerenti fra di loro, da un punto di vista semplicemente letterale, le diverse versioni linguistiche degli atti impugnati.

92      Peraltro, occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, la necessità di un’interpretazione uniforme degli atti dell’Unione esclude che, in caso di dubbio, il testo di una disposizione sia considerato isolatamente e richiede, invece, che sia interpretato e applicato alla luce delle versioni redatte nelle altre lingue ufficiali (v. sentenza della Corte del 17 novembre 2011, Homawoo, C‑412/10, Racc. pag. I‑11603, punto 28, nonché giurisprudenza ivi citata). Ora, in varie versioni linguistiche degli atti impugnati, fra cui in particolare quella in lingua inglese, la motivazione adottata nei confronti del ricorrente non ha subito modifiche. Questa circostanza conferma, nel caso ce ne fosse bisogno, che la sostanza di tale motivazione è rimasta invariata.

93      Ciò precisato, occorre sottolineare che la lettura della motivazione degli atti impugnati ha consentito al ricorrente di comprendere di essere stato inserito negli elenchi delle persone destinatarie delle misure restrittive nei confronti della Siria a causa delle sue funzioni professionali.

94      La conferma del fatto che il ricorrente ha ben compreso che il Consiglio si era basato su tali funzioni professionali è data dalla circostanza che, nell’ambito del presente ricorso, egli ha dedotto un motivo, il terzo, con cui contesta proprio la possibilità che il Consiglio adotti misure restrittive nei suoi confronti basandosi soltanto su tali funzioni.

95      Del resto, dal momento che le ragioni della scelta del Consiglio sono state chiaramente indicate negli atti impugnati, il Tribunale è in grado di valutarne la fondatezza.

96      A tale riguardo, si deve rammentare che l’obbligo di motivare un atto costituisce una formalità sostanziale che dev’essere distinta dalla questione della fondatezza dei motivi, questione che ricade nella legittimità nel merito dell’atto controverso. Infatti, la motivazione di un atto consiste nell’esprimere espressamente le ragioni su cui si fonda tale atto. Se tali motivi sono viziati da errori, essi inficiano la legalità sostanziale dell’atto, ma non la sua motivazione, che può essere sufficiente pur contenendo motivi erronei (v., in tal senso, sentenze della Corte del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, Racc. pag. I‑4951, punto 181, e Consiglio/Bamba, cit. al punto 85 supra, punto 60).

97      Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, occorre respingere il motivo vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, in quanto la fondatezza delle motivazioni di cui si è avvalso il Consiglio nei confronti del ricorrente deve essere valutata nell’ambito del terzo motivo.

b)     Sul primo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa, del diritto ad un equo processo e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

98      Il ricorrente afferma che il suo nome è stato inserito nell’elenco delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria, che a suo avviso hanno carattere penale, senza essere stato preventivamente informato riguardo ai motivi di tale inserimento e senza essere stato sentito in proposito. La necessità che tali misure producano un effetto sorpresa non avrebbe a sua detta impedito lo svolgimento di un’audizione prima della loro adozione.

99      Inoltre, secondo il ricorrente, il Consiglio è venuto meno all’obbligo di notificargli gli atti impugnati, inclusi i motivi dell’inserimento del suo nome nell’elenco, benché fosse impossibile non conoscere il suo indirizzo. La pubblicazione di un avviso nella Gazzetta ufficiale non gli avrebbe dato la «concreta possibilità» di presentare osservazioni al riguardo. Infatti, il procedimento di riesame menzionato in tale avviso non gli consentirebbe di far valere proficuamente il suo punto di vista e non presenterebbe garanzie sufficienti. Di conseguenza, sarebbe irrilevante il fatto che egli non abbia proposto una domanda a tal fine.

100    Da ultimo, il ricorrente afferma di non aver potuto esercitare il proprio diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, in quanto il Consiglio non gli ha comunicato i motivi in base a cui gli venivano applicate le misure restrittive nei confronti della Siria.

101    Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

102    Occorre ricordare che il diritto fondamentale al rispetto dei diritti della difesa nel corso di un procedimento che precede l’adozione di una misura restrittiva è espressamente sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, cui l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei trattati (sentenza della Corte del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, Racc. pag. I‑13427, punto 66).

103    Si deve del pari ricordare che, in base ad una giurisprudenza costante, il principio di tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri ed è sancito dagli articoli 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, principio che è stato peraltro ribadito anche dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali (sentenze della Corte del 13 marzo 2007, Unibet, C‑432/05, Racc. pag. I‑2271, punto 37, e del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, Racc. pag. I‑6351, in prosieguo: la «sentenza Kadi», punto 335).

104    Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, l’efficacia del controllo giurisdizionale, che deve poter avere ad oggetto segnatamente la legittimità dei motivi su cui si è basata un’autorità dell’Unione per l’inserimento del nome di una persona o di un’entità negli elenchi dei destinatari delle misure restrittive adottate dalla suddetta autorità, implica che quest’ultima è tenuta, per quanto possibile, a comunicare tali motivi alla persona o all’entità interessata o al momento in cui tale inserimento è deciso, o, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo tale decisione, in modo da consentire ai destinatari di esercitare, entro i termini, il loro diritto di ricorso (v., in tal senso, sentenza Kadi, cit. al punto 103 supra, punto 336).

105    L’osservanza dell’obbligo di comunicare detti motivi è infatti necessaria sia per consentire ai destinatari delle misure restrittive di difendere i loro diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza della Corte del 15 ottobre 1987, Heylens e a., 222/86, Racc. pag. 4097, punto 15), sia per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo della legittimità dell’atto dell’Unione in esame, a cui è tenuto ai sensi del trattato (sentenza Kadi, cit. al punto 103 supra, punto 337).

106    Orbene, conformemente agli obblighi sanciti da tale giurisprudenza, l’articolo 21, paragrafi 2 e 3, della decisione 2011/782, l’articolo 32, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 36/2012, l’articolo 27, paragrafi 2 e 3, della decisione 2012/739 e l’articolo 30, paragrafi 2 e 3, della decisione 2013/255, prevedono che il Consiglio trasmetta la sua decisione e i motivi dell’inserimento nell’elenco alla persona fisica o giuridica, all’entità o all’organismo interessati, o direttamente, se l’indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dando loro la possibilità di presentare osservazioni. Qualora siano presentate osservazioni o siano prodotte nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la sua decisione e ne informa la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo interessati.

107    È inoltre opportuno ricordare che, da un lato, come risulta dall’articolo 25 della decisione 2011/782, dall’articolo 31 della decisione 2012/739 e dall’articolo 34 della decisione 2013/255, essi sono oggetto di costanti controlli e che, dall’altro, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 4, del regolamento n. 36/2012, gli elenchi allegati al suddetto vengono esaminati a intervalli regolari.

108    Nel caso di specie, in seguito all’adozione del regolamento di esecuzione n. 410/2012 e della decisione di esecuzione 2012/256, è stato pubblicato l’avviso di cui ai precedenti punti 14 e 15, fornendo così al ricorrente la possibilità di presentare osservazioni al Consiglio.

109    Il fatto che tale comunicazione sia avvenuta successivamente al primo inserimento del nome del ricorrente nell’elenco delle persone colpite dalle misure restrittive in questione non può essere considerato di per sé come una violazione dei diritti della difesa.

110    A tal riguardo, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa e, in particolare, del diritto al contraddittorio, con riferimento a misure restrittive, non esige che le autorità dell’Unione, prima dell’inserimento iniziale del nome di una persona o di un’entità nell’elenco che infligge misure restrittive, comunichino i motivi di tale inserimento alla persona o all’entità interessata (v., in tal senso, sentenza Kadi, cit. al punto 103 supra, punto 338).

111    Infatti, siffatta comunicazione preliminare potrebbe compromettere l’efficacia delle misure di congelamento dei capitali e delle risorse economiche che tali decisioni impongono (v., in tal senso, sentenza Kadi, cit. al punto 103 supra, punto 339).

112    Per raggiungere il loro obiettivo, siffatte misure devono, per loro stessa natura, beneficiare di un effetto sorpresa e applicarsi con effetto immediato (v., in tal senso, sentenza Kadi, cit. punto 103 supra, punto 340).

113    Pertanto, il Consiglio non era tenuto a sentire il ricorrente anteriormente al primo inserimento negli elenchi delle persone interessate dalle misure restrittive nei confronti della Siria.

114    Tuttavia, nell’ambito dell’adozione della decisione 2012/739, del regolamento di esecuzione n. 363/2013 e della decisione 2013/255, atti successivi che hanno mantenuto il nome del ricorrente negli elenchi contenenti i nomi delle persone oggetto delle misure restrittive, l’argomento dell’effetto sorpresa di dette misure non può essere, in linea di principio, legittimamente invocato (sentenze del Tribunale del 13 settembre 2013, Makhlouf/Consiglio, T‑383/11, Racc., EU:T:2013:431, punto 42, e Syrian Lebanese Commercial Bank/Consiglio, cit. al punto 57 supra, punto 148; v. ugualmente, in tal senso e per analogia, sentenza Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, cit. al punto 102 supra, punto 62).

115    Tuttavia, dalla giurisprudenza emerge che il diritto ad essere sentiti prima dell’adozione di atti che mantengono misure restrittive nei confronti delle persone già colpite dalle stesse presuppone che il Consiglio abbia accolto nuovi elementi a carico di tali persone (sentenze Makhlouf/Consiglio, cit. al punto 114 supra, punto 43, e Syrian Lebanese Commercial Bank/Consiglio, punto 57 supra, punto 149; v. ugualmente, in tal senso e per analogia, sentenza Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, punto 102 supra, punto 63).

116    Nel caso di specie, occorre rilevare che il Consiglio, quando ha mantenuto il nome del ricorrente negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria, non ha accolto alcun elemento nuovo che non fosse già stato comunicato al ricorrente in seguito all’adozione degli atti comportanti il suo inserimento iniziale negli elenchi in questione. Infatti, come constatato ai precedenti punti da 88 a 92, l’inserimento e il mantenimento del ricorrente negli elenchi suddetti si basano sulle sue funzioni di governatore della Banca centrale siriana.

117    Occorre peraltro ricordare che, in base alle disposizioni ricordate ai precedenti punti 106 e 107, il ricorrente aveva la possibilità, su propria iniziativa, di presentare al Consiglio le proprie osservazioni senza che venisse formulato un nuovo invito esplicito prima dell’adozione di ogni atto successivo, in assenza di nuovi elementi accolti a suo carico.

118    Tuttavia, il ricorrente non si è avvalso di tale possibilità.

119    Ciò premesso, si deve ritenere che il ricorrente abbia avuto l’occasione, per diversi mesi, di presentare al Consiglio le proprie osservazioni e di contestare la fondatezza dei motivi, indicati in maniera sufficientemente chiara negli atti impugnati (v. i precedenti punti da 93 a 95), che hanno portato al suo inserimento e mantenimento nell’elenco delle persone colpite da misure restrittive.

120    Quanto al fatto che il Consiglio non ha concesso un’audizione al ricorrente, è sufficiente rilevare che né la normativa di riferimento né il principio generale del rispetto dei diritti della difesa conferiscono agli interessati il diritto ad una siffatta audizione (v. sentenza del 6 settembre 2013, Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 47 supra, punto 105 e la giurisprudenza ivi citata), indipendentemente dal fatto che si tratti della prima iscrizione o del mantenimento del loro nome negli elenchi in parola.

121    Riguardo all’argomento del ricorrente relativo alla mancata comunicazione individuale degli atti impugnati, si può certamente considerare che il Consiglio disponesse dell’indirizzo professionale del ricorrente presso la Banca centrale siriana perlomeno a partire dal 13 luglio 2012, data in cui gli è stato notificato l’atto introduttivo di ricorso nella causa T‑307/12, contenente informazioni secondo cui il ricorrente era domiciliato presso tale banca, di cui viene precisato l’indirizzo (v. precedente punto 61).

122    Nonostante ciò, bisogna sottolineare che la mancata comunicazione individuale degli atti impugnati, pur incidendo sul dies a quo del termine di ricorso, non giustifica di per sé l’annullamento degli atti in questione. A tale riguardo, il ricorrente non deduce argomenti tendenti a dimostrare che, nel caso di specie, la mancata comunicazione individuale di tali atti al proprio indirizzo in Siria abbia avuto come conseguenza una violazione dei propri diritti che giustifichi l’annullamento degli atti medesimi nella misura in cui essi lo riguardano (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2013, Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 47 supra, punti 112 e 113).

123    Alla luce delle considerazioni precedenti, si deve concludere che i diritti della difesa del ricorrente e il suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva non sono stati violati né all’atto dell’inserimento del suo nome né in occasione del mantenimento dello stesso negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria, per cui il presente motivo deve essere respinto.

c)     Sul terzo motivo, vertente sull’assenza di prova di un legame sufficiente tra il ricorrente e la situazione all’origine dell’adozione di misure restrittive nei confronti della Siria, nonché sulla violazione del principio di proporzionalità

124    L’esame del terzo motivo del ricorrente, vertente sull’assenza di prova di un legame sufficiente tra questi e la situazione all’origine dell’adozione di misure restrittive nei confronti della Siria, nonché sulla violazione del principio di proporzionalità, richiede che il Tribunale si pronunci, in primo luogo, sull’intensità del controllo da esercitare, in secondo luogo, sulla questione se il Consiglio possa fondarsi esclusivamente sulle funzioni professionali del ricorrente e, in ultimo luogo, sugli altri argomenti dedotti da quest’ultimo in tale contesto.

 Sull’intensità del controllo esercitato dal Tribunale

125    Il ricorrente sostiene che il Tribunale non può limitarsi a verificare l’astratta verosimiglianza delle motivazioni addotte dal Consiglio, ma deve assicurarsi che quest’ultimo si sia basato su informazioni e prove precise e concrete, cosa che a suo giudizio non è avvenuta nella fattispecie. Il Tribunale dovrebbe esercitare un controllo analogo a quello svolto riguardo alle misure restrittive nei confronti di presunte attività terroristiche.

126    Il Consiglio afferma di disporre di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda l’adozione di misure restrittive nei confronti di un paese terzo e che, ciò considerato, il Tribunale non potrebbe rimettere in discussione l’opportunità di applicare tali misure al ricorrente a causa delle sue funzioni di governatore della Banca centrale siriana salvo il caso di errore manifesto. Il controllo del Tribunale dovrebbe riguardare l’esattezza materiale dei fatti addotti dal Consiglio in merito alle funzioni esercitate dal ricorrente.

127    Occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza, per quanto riguarda le norme generali che definiscono le modalità di attuazione delle misure restrittive, il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale in merito agli elementi da prendere in considerazione per adottare sanzioni economiche e finanziarie ai sensi dell’articolo 215 TFUE, conformemente a una decisione adottata in base al capo 2 del titolo V del trattato UE, con particolare riferimento all’articolo 29 TUE. Poiché il giudice dell’Unione non può sostituire la sua valutazione delle prove, dei fatti e delle circostanze che giustificano l’adozione di tali misure a quella svolta dal Consiglio, il controllo esercitato dal giudice suddetto dev’essere limitato alla verifica del rispetto delle regole del procedimento e della motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti, nonché dell’assenza di un manifesto errore di valutazione dei fatti e di sviamento di potere. Tale controllo ristretto si applica, in particolare, alla valutazione delle considerazioni di opportunità sulle quali sono fondate decisioni siffatte (sentenze del Tribunale del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 85 supra, punto 36, e del 25 aprile 2013, Gossio/Consiglio, T‑130/11, punto 57).

128    Quanto al controllo di legittimità della decisione di includere il nome di una persona o entità negli elenchi allegati agli atti che comportano l’adozione di misure restrittive, il giudice dell’Unione deve assicurarsi che tale decisione, la quale riveste una portata individuale per detta persona, si fondi su una base di fatto sufficientemente solida. Ciò comporta una verifica dei fatti addotti nell’esposizione dei motivi sottesi a tale decisione, cosicché il controllo giurisdizionale non si limita alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consiste invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare il medesimo inserimento, siano fondati. In caso di contestazioni, incombe al Consiglio il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 85 supra, punto 37, e del 5 dicembre 2012, Qualitest/Consiglio, T‑421/11, punto 55; v. ugualmente, in questo senso e per analogia, sentenza della Corte del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, Racc., EU:C:2013:518, punti 119 e 121).

129    Peraltro, la prova del comportamento contestato, che concerne la legalità sostanziale dell’atto di cui trattasi, implica l’accertamento della veridicità dei fatti indicati in tale atto nonché della qualificazione dei medesimi fatti quali elementi che giustificano l’applicazione di misure restrittive nei confronti della persona interessata (sentenza Consiglio/Bamba, cit. al punto 85 supra, punto 60).

130    È alla luce di queste considerazioni che occorre esaminare la fondatezza degli argomenti dedotti dal ricorrente nell’ambito del presente motivo.

 Sulla possibilità per il Consiglio di basarsi esclusivamente sulle funzioni professionali del ricorrente

131    Il ricorrente lamenta il fatto che gli atti impugnati non contengano prove tali da dimostrare l’esistenza di un legame fra, da un lato, la sua persona, il suo comportamento e le sue attività e, dall’altro, gli obiettivi delle misure restrittive nei confronti della Siria. In assenza di qualsiasi elemento a riprova del suo coinvolgimento nella repressione contro la popolazione civile e di qualunque nesso di causalità fra il suo comportamento e tale repressione, il semplice fatto che il ricorrente sia il governatore della Banca centrale siriana non giustificherebbe l’adozione nei suoi confronti di misure restrittive, che violerebbero dunque il principio di proporzionalità. Gli articoli di stampa presentati dal Consiglio davanti al Tribunale non rappresenterebbero elementi probatori sufficienti a dimostrare che egli effettivamente sostenga il regime siriano nella suddetta repressione.

132    In particolare, secondo il ricorrente, inserendolo negli elenchi in parola, il Consiglio intenderebbe in realtà danneggiare ulteriormente la Banca centrale siriana, già colpita da misure restrittive. A tale riguardo, bisogna osservare che il Consiglio ha previsto alcune deroghe all’applicazione di misure restrittive alla banca suddetta, cosa che equivarrebbe al riconoscimento del ruolo fondamentale di tale istituzione per il finanziamento di tutti i settori dell’economia del paese. A detta del ricorrente, sarebbe incoerente e sproporzionato che il Consiglio adotti misure restrittive nei confronti del governatore della Banca centrale siriana pur riconoscendo la necessità che essa possa funzionare in maniera normale. Tale funzionamento presupporrebbe infatti l’esistenza di un governatore che presieda l’istituzione.

133    Del resto, sanzionare personalmente il ricorrente non avrebbe alcun impatto sulle attività della Banca centrale siriana, né su quelle del regime siriano, tenuto conto in particolare del funzionamento di tale istituzione, che non sarebbe comparabile a quello di un’azienda privata.

134    Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

135    In primo luogo, occorre ricordare che, dal momento che le misure restrittive adottate nella decisione 2011/273 non hanno consentito di porre fine alla repressione della popolazione civile da parte del regime siriano, il Consiglio ha reputato opportuno applicare tali misure non soltanto alle persone responsabili della suddetta repressione, ma anche a quelle che traggono vantaggio dalle politiche condotte dal regime, che lo sostengono o che sono ad esso legate. Tali disposizioni si ritrovano rispettivamente all’articolo 18, paragrafo 1, e all’articolo 19, paragrafo 1, della decisione 2011/782, all’articolo 24, paragrafo 1, e all’articolo 25, paragrafo 1, della decisione 2012/739, nonché all’articolo 27, paragrafo 1, e all’articolo 28, paragrafo 1, della decisione 2013/255.

136    In secondo luogo, bisogna osservare che, sebbene tali disposizioni non contengano una definizione della nozione di «sostegno al regime», nulla permette di concludere che solo le persone che sostengono il regime siriano con il preciso obiettivo di consentirgli di svolgere le sue attività di repressione contro la popolazione civile possano essere colpite da tali misure restrittive. Infatti, vista l’impossibilità per il Consiglio di verificare a quali fini vengano utilizzate le risorse fornite al regime, è risultato necessario adottare misure intese a scoraggiare qualsiasi forma di sostegno.

137    In terzo luogo, dall’estratto del sito Internet della Banca centrale siriana prodotto dal Consiglio e il cui contenuto non è stato messo in discussione dal ricorrente, risulta evidente che detta banca ha il compito in particolare di fungere da banchiere per il governo siriano. Di conseguenza, è innegabile che essa sostenga finanziariamente il regime siriano.

138    In quarto luogo, bisogna constatare che, per quanto sia vero che, secondo la giurisprudenza, in caso di contestazioni è all’autorità competente dell’Unione che incombe il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi (sentenza Commissione e a./Kadi, cit. al punto 128 supra, punto 121), nella fattispecie il ricorrente non ha mai contestato il fatto, addotto dal Consiglio come causa del suo inserimento nell’elenco, di essere il governatore della Banca centrale siriana.

139    A tale riguardo, da un lato, pur avendo l’opportunità di rivolgersi al Consiglio in applicazione delle disposizioni menzionate al precedente punto 106, il ricorrente non ha dichiarato davanti a quest’ultimo che, pur essendo governatore della Banca centrale siriana, non sosteneva il regime siriano.

140    D’altro lato, davanti al Tribunale, il ricorrente si è limitato a semplici affermazioni secondo cui si limiterebbe a svolgere funzioni di natura amministrativa o tecnica e non avrebbe una reale influenza sulla politica della Banca centrale siriana, che è un organismo statale.

141    In risposta a questi argomenti, il Consiglio ha prodotto, in allegato al controricorso, due articoli di stampa da cui risultava in particolare come il ricorrente fosse in grado di prendere importanti decisioni relative alla politica monetaria siriana.

142    Va dunque constatato che gli articoli confermano come il ricorrente, in quanto governatore, eserciti funzioni fondamentali nell’ambito della Banca centrale siriana, funzioni che non possono essere definite semplicemente amministrative o tecniche.

143    Del resto, va osservato come una persona che esercita funzioni che le conferiscono un potere di direzione su un’entità colpita da misure restrittive possa, in linea generale, essere considerata essa stessa implicata nelle attività che hanno giustificato l’adozione delle misure restrittive riguardanti l’entità in questione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 dicembre 2013, Nabipour e a./Consiglio, T‑58/12, punto 110).

144    Ora, il ricorrente ammette egli stesso che il governatore della Banca centrale siriana è a capo di tale istituzione.

145    A tale riguardo, la circostanza, invocata dal ricorrente durante l’udienza, secondo cui la Banca centrale siriana sarebbe soggetta alla tutela politica del ministro per gli affari economici e finanziari, non è un indizio del fatto che il ricorrente, in quanto massima autorità nell’ambito di tale banca, non sia implicato nella messa a disposizione di risorse finanziarie al regime siriano. Al contrario, tale circostanza tende a dimostrare l’esistenza di stretti legami fra la gestione delle risorse finanziarie di detto regime e le funzioni professionali esercitate dal ricorrente.

146    In quinto luogo, occorre stabilire se il Consiglio ha rispettato il principio di proporzionalità che, secondo una costante giurisprudenza, è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione ed esige che gli strumenti istituiti da una disposizione di diritto dell’Unione consentano di realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non eccedano quanto è necessario per raggiungerli (sentenze della Corte del 12 maggio 2011, Lussemburgo/Parlamento e Consiglio, C‑176/09, Racc. pag. I‑3727, punto 61, e del 15 novembre 2012, Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, Racc., EU:C:2012:711, punto 122).

147    A tale riguardo, occorre prima di tutto ricordare che, come risulta dai considerando della decisione 2011/273, il Consiglio ha istituito misure restrittive nei confronti di un paese terzo, vale a dire la Siria, in risposta alla violenta repressione da parte delle autorità di tale paese nei confronti della popolazione civile. La medesima considerazione è alla base degli atti impugnati, che rientrano nel solco della decisione 2011/273. Va poi constatato che, se le misure restrittive di cui trattasi avessero riguardato esclusivamente i dirigenti del regime siriano e non parimenti le persone che sostengono tale regime, la realizzazione degli obiettivi perseguiti dal Consiglio avrebbe potuto essere compromessa, dal momento che detti dirigenti avrebbero potuto facilmente ottenere il sostegno, in primo luogo finanziario, di cui necessitano per continuare a reprimere la popolazione, tramite altre persone titolari di alte cariche dirigenziali presso le principali istituzioni dello stato siriano. Bisogna infine tener conto dell’importanza che l’obiettivo di mantenere la pace e la sicurezza internazionale, nonché di proteggere la popolazione civile, riveste per l’Unione.

148    Ne consegue che il Consiglio poteva, senza violare il principio di proporzionalità, basarsi sulle funzioni del ricorrente per decidere che il suddetto si trovava in una posizione di potere e di influenza per quanto riguarda il sostegno finanziario del regime siriano fornito dalla Banca centrale siriana. Il Consiglio poteva quindi legittimamente ritenere che l’adozione di misure restrittive nei confronti del ricorrente fosse di natura tale da contribuire a esercitare su tale regime una pressione suscettibile di porre fine alla repressione contro la popolazione civile o di attenuarla. La questione se gli atti impugnati comportino per il ricorrente limitazioni dei suoi diritti compatibili con il suddetto principio verrà esaminata nell’ambito del quarto motivo.

149    In sesto luogo, occorre osservare che non può essere attribuita alcuna pertinenza al fatto che il Consiglio, quando ha deciso di adottare misure restrittive nei confronti della Banca centrale siriana, abbia inserito specifiche disposizioni negli atti allora in vigore con la decisione 2012/122/PESC del Consiglio, del 27 febbraio 2012, che modifica la decisione 2011/782 (GU L 54, pag. 14), e con il regolamento (UE) n. 168/2012 del Consiglio, del 27 febbraio 2012, che modifica il regolamento n. 36/2012 (GU L 54, pag. 1), al fine di autorizzare deroghe.

150    A tale riguardo, è importante rilevare che, come fa notare a giusto titolo il Consiglio, tali deroghe riguardano in sostanza trasferimenti di fondi a favore di istituzioni finanziarie sotto la giurisdizione degli Stati membri e destinati a finanziare scambi commerciali da questi ultimi autorizzati, specificamente perché essi hanno avuto la possibilità di accertare che i fondi in questione non sarebbero stati percepiti da una persona o entità colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria.

151    Del resto, con il regolamento (UE) n. 867/2012 del Consiglio, del 24 settembre 2012, che modifica il regolamento n. 36/2012 (GU L 257, pag. 1), le condizioni richieste per l’applicazione di tali deroghe sono state rese più restrittive.

152    Occorre osservare, come evidenziato dal Consiglio e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, che tali deroghe non hanno come scopo quello di consentire un normale funzionamento della Banca centrale siriana, ma solo quello di non penalizzare le persone ed entità non colpite dalle misure restrittive e gli scambi commerciali non vietati fra gli Stati membri e la Siria.

153    Dal momento che le misure restrittive che colpiscono personalmente il ricorrente non sono in grado, in quanto tali, di nuocere a persone ed entità non colpite o di pregiudicare scambi commerciali non vietati, l’esistenza delle deroghe summenzionate nei confronti della Banca commerciale siriana non dà luogo a contraddizioni tali da rimettere in discussione l’adozione di misure restrittive nei confronti del ricorrente o da consentire di constatare la violazione del principio di proporzionalità.

154    Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, si deve concludere che il Consiglio non ha commesso un errore adottando misure restrittive nei confronti del ricorrente unicamente a causa delle sue funzioni di governatore della Banca centrale siriana.

 Sugli altri argomenti addotti dal ricorrente

–        Sull’asserita necessità di avviare indagini o azioni penali nei confronti del ricorrente prima di inserirlo negli elenchi delle persone colpite da misure restrittive

155    Il ricorrente dichiara di non essere stato fatto oggetto di alcuna indagine o azione penale prima dell’inserimento e mantenimento del suo nome sugli elenchi in parola.

156    Il Consiglio contesta la tesi del ricorrente.

157    Occorre osservare che il ricorrente si basa sulla sentenza del Tribunale del 9 settembre 2010, Al‑Aqsa/Consiglio (T‑348/07, Racc. pag. II‑4575) che, da un lato, è stata annullata dalla sentenza Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, cit. al punto 146 supra e, dall’altro, riguardava misure restrittive adottate in forza della posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 344, pag. 93), che prevede, per l’applicazione di misure restrittive a una persona, condizioni diverse da quelle contenute negli atti impugnati.

158    Infatti, l’articolo 1, paragrafo 4, della summenzionata posizione comune, prevede che l’elenco delle persone interessate venga «redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti».

159    Bisogna ora sottolineare che, nella fattispecie, gli atti impugnati non comportano alcuna disposizione analoga a quella citata al precedente punto 158.

160    Di conseguenza, il presente argomento va respinto.

–       Sull’entità delle risorse finanziarie personali del ricorrente e sulla sua asserita mancanza di implicazione nella politica e nella repressione nei confronti della popolazione civile

161    Il ricorrente dichiara, da un lato, che le sue risorse finanziarie personali sono di modesta entità e, dall’altro, che non esistono prove di attività politiche o militari da parte sua, e ancor meno del suo coinvolgimento nella repressione contro la popolazione civile.

162    Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

163    Va rilevato che risulta chiaramente dagli atti impugnati, e la circostanza è confermata dal Consiglio nei suoi atti davanti al Tribunale, che il ricorrente è stato colpito dalle misure restrittive in parola esclusivamente a causa del sostegno da lui fornito al regime siriano nell’esercizio delle sue funzioni di governatore della Banca centrale siriana. L’analisi effettuata ai precedenti punti da 125 a 160 dimostra che questo motivo è fondato e sufficiente.

164    Di conseguenza, i presenti argomenti del ricorrente devono essere respinti in quanto inconferenti.

165    In ogni caso, occorre rilevare che nulla di quanto riportato negli atti impugnati consente di ritenere che l’adozione di misure restrittive nei confronti di una persona dipenda dall’entità delle risorse di cui essa dispone.

166    Alle luce di tutte le considerazioni esposte in merito al terzo motivo, esso deve essere respinto nel suo insieme.

d)     Sul quarto motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità, del diritto di proprietà, del diritto alla vita privata e familiare e del diritto alla libertà di andare e venire, nonché delle norme del diritto nazionale e dell’Unione riservate ai cittadini degli Stati membri e dell’Unione

167    Secondo il ricorrente, il congelamento dei suoi capitali conseguente agli atti impugnati rappresenta una violazione sproporzionata del suo diritto di proprietà, tutelato segnatamente dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, dal momento che esso gli impedisce di godere liberamente dei suoi beni, senza essere stato sentito e senza che tale limitazione del suo diritto sia necessaria o idonea per il conseguimento degli obiettivi perseguiti dal Consiglio. Nonostante la loro natura cautelare e la loro applicabilità alle sole risorse economiche situate nell’Unione, le misure restrittive che lo colpiscono lo priverebbero del suo diritto di proprietà, dal momento che egli non ne può disporre.

168    Per ragioni analoghe, le restrizioni imposte dalle misure in parola alla sua libertà di andare e venire rappresenterebbero una violazione sproporzionata del suo diritto alla vita privata e familiare, sancito in particolare dall’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali.

169    Il ricorrente dichiara poi di possedere la doppia nazionalità siriana e francese e che quindi gli devono essere riconosciuti i diritti accordati ai cittadini dell’Unione. Afferma che il suo legame con la Francia è confermato dal fatto che vi risiede la sua famiglia. Per quanto il ricorrente ammetta che l’articolo 18, paragrafo 2, della decisione 2011/782 non obbliga gli Stati membri a rifiutare ai propri cittadini l’accesso al loro territorio, egli sostiene che tale disposizione determina una situazione ambigua, che non sarebbe conforme alle disposizioni del diritto internazionale e di quello francese che proibiscono in maniera assoluta un siffatto rifiuto. Inoltre, il ricorrente ricorda che varie disposizioni del diritto dell’Unione garantiscono a tutti i cittadini dell’Unione il diritto di circolare e soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri.

170    Infine, il ricorrente osserva che le possibilità, previste negli atti impugnati, di derogare alle restrizioni dei propri diritti non sono sufficienti, dal momento che esse comportano una domanda supplementare presentata successivamente, una volta che la sostanza stessa dei diritti in questione sia stata lesa, e che la concessione di tali deroghe dipende da scelte discrezionali del Consiglio e degli Stati membri.

171    Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

 Osservazioni preliminari

172    Occorre ricordare che il diritto di proprietà fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione ed è sancito dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali. Per quanto concerne il diritto al rispetto della vita privata e familiare, esso è sancito dall’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza della Corte del 6 dicembre 2012, O. e a., C‑356/11 e C‑357/11, Racc., EU:C:2012:776, punto 76).

173    Orbene, secondo una giurisprudenza costante, tali diritti fondamentali non fruiscono, nel diritto dell’Unione, di una tutela assoluta, ma vanno considerati in relazione alla loro funzione nella società (v., in tal senso, sentenza Kadi, cit. al punto 103 supra, punto 355). Conseguentemente, possono essere apportate restrizioni all’esercizio dei diritti in parola, a condizione che esse rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e non rappresentino, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v., in tal senso, sentenze della Corte del 30 luglio 1996, Bosphorus, C‑84/95, Racc. pag. I‑3953, punto 21, e Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, cit. al punto 146 supra, punto 121).

174    Per quel che riguarda il principio di proporzionalità, occorre, da un lato, far riferimento alla giurisprudenza di cui al precedente punto 146 e, dall’altro, ricordare che, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà da essa riconosciuti devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui (sentenza della Corte del 31 gennaio 2013, McDonagh, C‑12/11, Racc., EU:C:2013:43, punto 61).

 Sulla violazione del diritto di proprietà

175    Occorre osservare che le misure, imposte dagli atti impugnati, di congelamento di capitali, proventi finanziari e altre risorse economiche appartenenti a persone identificate come sostenitrici del regime siriano sono a carattere cautelare e non intese a privare tali persone della loro proprietà (v., in questo senso e per analogia, sentenza Kadi, cit. al punto 103 supra, punto 358). Tuttavia, le misure in parola implicano incontestabilmente una restrizione dell’esercizio del diritto di proprietà (v., in questo senso e per analogia, sentenza Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, cit. al punto 146 supra, punto 120).

176    Tali misure sono «previste dalla legge» (v., per analogia, Corte eur. D.U., sentenza Lavents c. Lettonia del 28 novembre 2002, n. 58442/00, § 135), considerato che si trovano indicate in atti che rivestono una portata segnatamente generale (v., in tal senso, sentenza Gbagbo e a./Consiglio, cit. al punto 56 supra, punto 56; v. ugualmente, per analogia, sentenza della Corte del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert, C‑92/09 e C‑93/09, Racc. pag. I‑11063, punto 66) e dispongono di un fondamento giuridico chiaro nel diritto dell’Unione, oltre a essere formulate in termini sufficientemente precisi per quel che riguarda sia la portata che le ragioni che ne giustificano l’applicazione al ricorrente (v. precedenti punti da 88 a 94).

177    Per quanto concerne l’adeguatezza delle misure in esame rispetto ad un obiettivo di interesse generale così fondamentale per la comunità internazionale quale la tutela dei civili e la salvaguardia della pace e della sicurezza internazionali, esse non possono, di per se stesse, essere considerate inadeguate (v., in tal senso, sentenze Kadi, cit. al punto 103 supra, punto 363, e Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, cit. al punto 146 supra, punto 123).

178    Con riferimento alla necessità delle misure in esame è d’uopo constatare che le misure alternative e meno vincolanti, quali un sistema di previa autorizzazione o un obbligo di giustificazione a posteriori dell’uso dei capitali versati, non consentono di raggiungere altrettanto efficacemente lo scopo perseguito, ossia l’esercizio di una pressione sui sostenitori del regime siriano, in particolare alla luce della possibilità di eludere le restrizioni imposte (v., per analogia, sentenza Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, cit. al punto 146 supra, punto 125).

179    Inoltre, si deve ricordare che l’articolo 19, paragrafi da 3 a 7, della decisione 2011/782, l’articolo 25, paragrafi da 3 a 11, della decisione 2012/739, l’articolo 28, paragrafi da 3 a 11, della decisione 2013/255 e gli articoli da 16 a 18 del regolamento n. 36/2012 prevedono la possibilità, da un lato, di autorizzare l’uso dei capitali congelati per soddisfare bisogni fondamentali o taluni obblighi e, dall’altro, di accordare autorizzazioni specifiche al fine di sbloccare i capitali, altri proventi finanziari o altre risorse economiche.

180    Infine, occorre osservare che il mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi allegati agli atti impugnati costituisce l’oggetto di un riesame periodico diretto a garantire che le persone e gli enti che non rispondono più ai criteri per comparire nell’elenco in parola ne siano cancellati (v., per analogia, sentenza Kadi, cit. al punto 103 supra, punto 365, e sentenza Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, cit. al punto 146 supra, punto 129).

181    Si deve quindi concludere che le misure di congelamento di capitali, proventi finanziari e altre risorse economiche del ricorrente rispettano il principio di proporzionalità e sono dunque compatibili con il suo diritto di proprietà.

 Sulla violazione del diritto alla vita privata e familiare e alla libertà di andare e venire, nonché delle norme del diritto nazionale e dell’Unione riservate ai cittadini degli Stati membri e dell’Unione

182    Occorre esaminare gli argomenti dedotti dal ricorrente nei confronti delle misure restrittive comportanti le limitazioni di accesso al territorio degli Stati membri distinguendo il caso del territorio della Repubblica francese, di cui il ricorrente è cittadino, da quello dei territori degli altri Stati membri.

–       Sulla limitazione di accesso al territorio francese

183    Bisogna ricordare che il Consiglio, all’articolo 18, paragrafo 1, della decisione 2011/782, all’articolo 24, paragrafo 1, della decisione 2012/739 e all’articolo 27, paragrafo 1, della decisione 2013/255 (in prosieguo: le «disposizioni sulle restrizioni di ammissione»), ha previsto quanto segue:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per impedire l’ingresso o il transito nel loro territorio delle persone responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria, delle persone che traggono vantaggio dalle politiche del regime o lo sostengono, nonché delle persone ad esse associate, elencate nell’allegato I».

184    Fra le decisioni menzionate al punto precedente è stata tuttavia inserita una speciale disposizione riguardante i cittadini degli Stati membri.

185    Infatti, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, della decisione 2011/782, dell’articolo 24, paragrafo 2, della decisione 2012/739 e dell’articolo 27, paragrafo 2, della decisione 2013/255 (in prosieguo: le «disposizioni riguardanti i cittadini»):

«Il paragrafo 1 non comporta l’obbligo per uno Stato membro di rifiutare l’ingresso nel suo territorio ai propri cittadini».

186    Questa disposizione riconosce così l’esclusiva competenza degli Stati membri per quanto riguarda l’applicazione delle restrizioni in parola ai loro cittadini. Ne consegue che, nel caso di una persona che, come il ricorrente, ha, oltre alla nazionalità siriana, anche quella francese, il diritto dell’Unione non impone alle autorità francesi di impedirle l’accesso al territorio della Repubblica francese.

187    In risposta a una richiesta di informazioni da parte del Tribunale (v. precedenti punti 38 e 39), la Repubblica francese ha precisato di considerare le disposizioni riguardanti i cittadini una clausola di salvaguardia che le consentiva di garantire ai propri cittadini il diritto di accedere al territorio nazionale, diritto secondo essa derivante in particolare dal valore costituzionale della libertà di andare e venire e dall’articolo 3 del protocollo n. 4 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La Repubblica francese ha ugualmente spiegato che il ricorrente, per il semplice fatto di avere un passaporto francese, che lo identificava come cittadino francese rispondente al nome di André Mayard, poteva recarsi in Francia, benché tale passaporto fosse ormai scaduto.

188    Nella sua risposta scritta a un quesito del Tribunale, il Consiglio ha inoltre confermato che l’applicazione delle disposizioni riguardanti i cittadini era di responsabilità degli Stati membri, che non erano neppure tenuti a informarlo di essersi avvalsi di tali disposizioni.

189    In tali circostanze, e dal momento che il ricorrente non ha contestato né le informazioni fornite dalla Repubblica francese né la risposta del Consiglio, va constatato che la sua censura relativa all’asserita impossibilità di recarsi in Francia, dove risiede la sua famiglia, manca di fondamento in fatto e deve quindi essere respinta. Lo stesso vale per l’asserito pregiudizio alla vita privata e familiare del ricorrente, dal momento che da quanto precede risulta che gli atti impugnati non rimettono in discussione l’opportunità, di cui gode, di far visita alla sua famiglia in Francia.

–       Sulla restrizione della libera circolazione nell’Unione

190    Occorre rilevare che, nonostante le disposizioni riguardanti i cittadini, un cittadino di uno Stato membro, e dunque altresì dell’Unione, il cui nome compaia negli elenchi delle persone colpite dalle disposizioni sulle restrizioni di ammissione, rientra nel campo di applicazione delle suddette per quanto riguarda gli Stati membri diversi da quello di cui ha la cittadinanza.

191    Ciò risulta dal fatto che le disposizioni sulle restrizioni di ammissione, qualora esse si riferiscano a Stati membri diversi da quello di cui è cittadina una persona colpita dalle misure restrittive in parola, non sono soggette ad alcuna deroga specifica per i cittadini dell’Unione. Di conseguenza, anche nei confronti di tali cittadini, i suddetti Stati membri sono tenuti ad applicare le restrizioni in questione riguardo ai rispettivi territori. Infatti, le disposizioni riguardanti i cittadini si applicano unicamente al territorio dello Stato membro di cui tale persona è cittadina.

192    Si deve stabilire se la situazione creata dalle disposizioni sulle restrizioni di ammissione nei confronti dei cittadini dell’Unione sia compatibile con i diritti di cui essi godono.

193    A tale proposito, bisogna ricordare che, secondo l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE:

«Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi».

194    Peraltro, secondo la giurisprudenza, il diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione non è incondizionato (sentenze della Corte del 10 luglio 2008, Jipa, C‑33/07, Racc. pag. I‑5157, punto 21, e del 17 novembre 2011, Aladzhov, C‑434/10, Racc. pag. I‑11659, punto 28).

195    Bisogna sottolineare che la riserva formulata nella seconda locuzione dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE (v. il precedente punto 193) fa riferimento ai trattati, al plurale, includendo parimenti il trattato UE. Orbene, le restrizioni di ammissione, che figurano in decisioni adottate sulla base giuridica dell’articolo 29 TUE, sono evidentemente disposizioni adottate in applicazione del trattato UE.

196    Si deve dunque constatare che, tramite l’adozione di atti che rientrano nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, il Consiglio poteva in linea di principio limitare il diritto alla libera circolazione nell’Unione di cui il ricorrente gode in quanto cittadino della medesima. Tuttavia, è opportuno verificare se il Consiglio abbia agito nel rispetto del principio di proporzionalità, secondo la definizione offertane ai precedenti punti 146 e 174.

197    A tale riguardo, si deve rilevare da un lato che le considerazioni esposte ai precedenti punti 177, 178 e 180 in merito al carattere appropriato, necessario e limitato nel tempo delle misure comportanti il congelamento dei capitali del ricorrente sono applicabili per analogia alle disposizioni sulle restrizioni di ammissione. Dall’altro, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 18, paragrafo 6, della decisione 2011/782, all’articolo 24, paragrafo 6, della decisione 2012/739 e all’articolo 27, paragrafo 6, della decisione 2013/255, l’autorità competente di uno Stato membro può autorizzare l’ingresso nel suo territorio specificamente per ragioni urgenti a carattere umanitario.

198    Per quanto riguarda l’argomento che il ricorrente cerca di far derivare dalla direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei membri delle loro famiglie di circolare e soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 e abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77), è opportuno rilevare che le disposizioni sulle restrizioni di ammissione, nella misura in cui esse si applicano ai cittadini dell’Unione, devono essere considerate alla stregua di una lex specialis rispetto a detta direttiva, e prevalgono dunque sulla suddetta nelle situazioni che mirano a disciplinare (v., in questo senso e per analogia, sentenze della Corte del 19 giugno 2003, Mayer Parry Recycling, C‑444/00, Racc. pag. I‑6163, punto 57, e del Tribunale del 14 luglio 2005, Le Voci/Consiglio, T‑371/03, Racc. FP pagg. I‑A‑209 e II‑957, punto 122).

199    Del resto, tale lex specialis non fa che rispecchiare, su un piano comune e in un particolare contesto, le restrizioni alla libera circolazione che gli Stati membri possono, uti singuli, applicare a determinate persone, conformemente all’articolo 27 della direttiva 2004/38. Infatti, quest’ultima non accorda ai cittadini dell’Unione un diritto incondizionato alla libera circolazione nell’Unione stessa, ma consente agli Stati membri di limitare tale libertà per ragioni, in particolare, di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v., in questo senso, sentenza Jipa, cit. al punto 194 supra, punti 22 e 29).

200    Alla luce dell’insieme delle considerazioni sopra esposte, occorre respingere anche il quarto motivo e, di conseguenza, il ricorso nella causa T‑307/12 nel suo insieme.

B –  Sul ricorso nella causa T‑408/13

201    Com’è stato osservato al precedente punto 40, il ricorrente ha sostanzialmente precisato, durante l’udienza, che il ricorso nella causa T‑408/13 doveva essere considerato come proposto in subordine, al fine di tener conto dell’ipotesi in cui il Tribunale constatasse perlomeno la parziale irricevibilità del ricorso nella causa T‑307/12.

202    Ora, poiché dai precedenti punti da 45 a 79 risulta che il ricorso nella causa T‑307/12 è interamente ricevibile, non occorre pronunciarsi sul ricorso nella causa T‑408/13.

 Sulle spese

203    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è fatta richiesta. Peraltro, secondo l’articolo 87, paragrafo 6, del regolamento di procedura, in caso di non luogo a provvedere il Tribunale decide sulle spese in via equitativa.

204    Nella causa T‑307/12, il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese, conformemente alle conclusioni del Consiglio.

205    Nella causa T‑408/13, un’equa valutazione delle circostanze di specie implica che il ricorrente venga parimenti condannato alle spese. Infatti, il Tribunale non ha avuto occasione di pronunciarsi sul ricorso nella causa suddetta in quanto esso era stato presentato in via subordinata, al fine di tener conto dell’eventuale irricevibilità del ricorso nella causa T‑307/12, la quale tuttavia non era stata in alcun modo sollevata dal Consiglio al momento di proporre il ricorso nella causa T‑408/13.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso nella causa T‑307/12 è respinto.

2)      Non occorre pronunciarsi sul ricorso nella causa T‑408/13.

3)      Il sig. Adib Mayaleh è condannato alle spese.

Berardis

Czúcz

Pelikánová

Popescu

 

      Buttigieg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 novembre 2014.

Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

A –  Sul ricorso nella causa T‑307/12

1.  Sulla ricevibilità delle domande di adeguamento delle conclusioni

a)  Sulla domanda diretta a che il ricorso comprenda la decisione 2012/739 e la decisione 2013/255

b)  Sulla domanda diretta a che il ricorso comprenda il regolamento di esecuzione n. 363/2013

Sull’obbligo di comunicare al ricorrente il regolamento di esecuzione n. 363/2013

Sull’alternativa fra la comunicazione diretta agli interessati del regolamento di esecuzione n. 363/2013 e la pubblicazione di un avviso al riguardo sulla Gazzetta ufficiale

Sulle modalità di comunicazione al ricorrente del regolamento di esecuzione n. 363/2013

2.  Sul merito

a)  Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

b)  Sul primo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa, del diritto ad un equo processo e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

c)  Sul terzo motivo, vertente sull’assenza di prova di un legame sufficiente tra il ricorrente e la situazione all’origine dell’adozione di misure restrittive nei confronti della Siria, nonché sulla violazione del principio di proporzionalità

Sull’intensità del controllo esercitato dal Tribunale

Sulla possibilità per il Consiglio di basarsi esclusivamente sulle funzioni professionali del ricorrente

Sugli altri argomenti addotti dal ricorrente

–  Sull’asserita necessità di avviare indagini o azioni penali nei confronti del ricorrente prima di inserirlo negli elenchi delle persone colpite da misure restrittive

–  Sull’entità delle risorse finanziarie personali del ricorrente e sulla sua asserita mancanza di implicazione nella politica e nella repressione nei confronti della popolazione civile

d)  Sul quarto motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità, del diritto di proprietà, del diritto alla vita privata e familiare e del diritto alla libertà di andare e venire, nonché delle norme del diritto nazionale e dell’Unione riservate ai cittadini degli Stati membri e dell’Unione

Osservazioni preliminari

Sulla violazione del diritto di proprietà

Sulla violazione del diritto alla vita privata e familiare e alla libertà di andare e venire, nonché delle norme del diritto nazionale e dell’Unione riservate ai cittadini degli Stati membri e dell’Unione

–  Sulla limitazione di accesso al territorio francese

–  Sulla restrizione della libera circolazione nell’Unione

B –  Sul ricorso nella causa T‑408/13

Sulle spese


* Lingua di procedura: il francese.