Language of document : ECLI:EU:T:2022:313

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

1° giugno 2022 (*)

«Unione economica e monetaria – Unione bancaria – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (MRU) – Procedura di risoluzione applicabile in caso di dissesto o rischio di dissesto di un’entità – Adozione da parte del CRU di un programma di risoluzione per il Banco Popular Español – Diritto di essere ascoltato – Obbligo di motivazione – Articoli 18 e 20 del regolamento (UE) n. 806/2014 – Responsabilità extracontrattuale»

Nella causa T‑523/17,

Eleveté Invest Group, SL, con sede in Madrid (Spagna), e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato (1), rappresentati da B. Cremades Roman, J. López Useros, S. Cajal Martín e P. Marrodán Lázaro, avocats,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Flynn e A. Steiblytė, in qualità di agenti, assistiti da J. Rivas Andrés, avvocato,

e

Comitato di risoluzione unico (CRU), rappresentato da J. King e M. Fernández Rupérez, in qualità di agenti, assistite da B. Meyring, S. Schelo, F. Fernández de Trocóniz Robles, T. Klupsch e S. Ianc, avvocati,

convenuti

sostenuti da

Regno di Spagna, rappresentato da J. Rodríguez de la Rúa Puig e L. Aguilera Ruiz, in qualità di agenti,

e da

Banco Santander, SA, con sede in Santander (Spagna), rappresentato da J. Rodríguez Cárcamo, A.M. Rodríguez Conde, D. Sarmiento Ramírez-Escudero e J. Remón Peñalver, avvocati,

intervenienti,

avente ad oggetto, in primo luogo, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione SRB/EES/2017/08 adottata nella sessione esecutiva del CRU, del 7 giugno 2017, concernente l’adozione di un programma di risoluzione per il Banco Popular Español, SA, e della decisione (UE) 2017/1246 della Commissione, del 7 giugno 2017, che approva il programma di risoluzione per il Banco Popular Español (GU 2017, L 178, pag. 15), in secondo luogo, una domanda fondata sull’articolo 268 TFUE diretta ad ottenere il risarcimento del danno che i ricorrenti avrebbero subito a seguito di tali decisioni e, in terzo luogo, una domanda diretta a far dichiarare la nullità della valutazione provvisoria e ad ottenere una compensazione,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto da M. van der Woude, presidente, M. Jaeger, V. Kreuschitz, G. De Baere (relatore) e G. Steinfatt, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Contesto normativo

1        A seguito della crisi finanziaria del 2008, si è deciso di creare, nell’Unione europea, un’unione bancaria basata su un corpus di norme unico, completo e dettagliato sui servizi finanziari per il mercato interno nel suo complesso e comprendente un meccanismo di vigilanza unico e nuovi quadri di garanzia dei depositi e di risoluzione delle crisi bancarie.

2        Il primo passo verso la creazione dell’unione bancaria è consistito nell’istituzione di un meccanismo di vigilanza unico (MVU) da parte del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63). Secondo il considerando 12 di tale regolamento, si dovrebbe assicurare, tramite un MVU, che la politica dell’Unione in materia di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi sia attuata in maniera coerente ed efficace, che il corpus unico di norme sui servizi finanziari sia applicato nella stessa maniera agli enti creditizi in tutti gli Stati membri interessati e che tali enti creditizi siano sottoposti a una vigilanza ottimale sotto il profilo qualitativo e libera da considerazioni estranee all’ottica prudenziale. A tale scopo, il regolamento n. 1024/2013 attribuisce alla Banca centrale europea (BCE) compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, al fine di contribuire alla sicurezza e alla solidità degli enti creditizi e alla stabilità del sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro.

3        Successivamente, è stata adottata la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190). Al considerando 1, essa enuncia quanto segue:

«La crisi finanziaria ha evidenziato una mancanza significativa di strumenti adeguati a livello di Unione per gestire con efficacia gli enti creditizi e le imprese di investimento (...) in crisi o in dissesto. Tali strumenti sono necessari, in particolare, per prevenire stati di insolvenza o, in caso di insolvenza, per ridurre al minimo le ripercussioni negative preservando le funzioni dell’ente interessato aventi rilevanza sistemica. Durante la crisi, queste sfide sono state un fattore determinante che ha costretto gli Stati membri a procedere al salvataggio degli enti utilizzando il denaro dei contribuenti. L’obiettivo di un quadro credibile di risanamento e di risoluzione è quello di ovviare quanto più possibile alla necessità di un’azione di questo tipo».

4        Lo scopo della direttiva 2014/59 è quello di stabilire disposizioni comuni di armonizzazione minima delle norme nazionali che disciplinano la risoluzione delle banche nell’Unione e prevede la cooperazione tra le autorità di risoluzione in caso di dissesto di banche transfrontaliere. A tal proposito, la direttiva 2014/59 prevede, segnatamente, all’articolo 3, paragrafo 1, che ciascuno Stato membro designi una o, in via eccezionale, più autorità di risoluzione, abilitate ad applicare gli strumenti e a esercitare i poteri di risoluzione.

5        Tuttavia, considerando, da un lato, che la direttiva 2014/59 non stabiliva la centralizzazione del processo decisionale in materia di risoluzione, che essa metteva essenzialmente strumenti di risoluzione e poteri di risoluzione comuni a disposizione delle autorità nazionali di ciascuno Stato membro e che lasciava a queste ultime un margine di discrezionalità per il ricorso a tali strumenti e l’uso dei meccanismi nazionali di finanziamento per la risoluzione, e considerando, dall’altro lato, che tale direttiva non impediva completamente l’adozione di decisioni distinte e potenzialmente divergenti sulla risoluzione dei gruppi transfrontalieri da parte degli Stati membri, si è deciso di istituire un meccanismo di risoluzione unico (MRU).

6        Così, il secondo passo verso la creazione dell’unione bancaria è consistito nell’adozione del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del[l’MRU] e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).

7        Il considerando 12 del regolamento n. 806/2014 così recita:

«Il completamento del mercato interno dei servizi finanziari presuppone necessariamente l’efficacia nell’Unione delle decisioni di risoluzione adottate per le banche in dissesto, anche relativamente all’impiego dei finanziamenti reperiti a livello di Unione. Nel mercato interno il dissesto di banche in uno Stato membro può compromettere la stabilità dei mercati finanziari nell’Unione nel suo complesso. Assicurare l’efficacia e l’uniformità delle norme in materia di risoluzione e la parità di condizioni nel finanziamento della risoluzione nei diversi Stati membri è nell’interesse superiore non soltanto dello Stato membro in cui le banche operano, ma anche, in generale, in quello di tutti gli Stati membri, perché costituiscono un mezzo per assicurare condizioni eque di concorrenza e migliorare il funzionamento del mercato interno. I sistemi bancari sono estremamente interconnessi nel mercato interno, i gruppi bancari hanno dimensione internazionale e le banche detengono attività estere in percentuali elevate. Senza l’[MRU], le crisi bancarie che si verificassero negli Stati membri partecipanti all’[MVU] avrebbero un più forte impatto sistemico negativo anche negli Stati membri che non vi partecipano. L’istituzione dell’[MRU] garantirà un approccio neutro per il trattamento delle banche in dissesto e pertanto rafforzerà la stabilità delle banche degli Stati membri partecipanti e impedirà alle crisi di produrre ricadute negli Stati membri non partecipanti, agevolando così il funzionamento del mercato interno nel suo complesso. È opportuno che i meccanismi di cooperazione tra gli enti stabiliti negli Stati membri partecipanti e non partecipanti siano chiari e che nessuno Stato membro o gruppo di Stati membri sia direttamente o indirettamente discriminato come luogo di prestazione di servizi finanziari».

8        Il regolamento n. 806/2014, ai sensi del suo articolo 1, primo comma, ha lo scopo di stabilire regole e una procedura uniformi per la risoluzione delle entità definite all’articolo 2 stabilite negli Stati membri partecipanti, vale a dire le banche la cui autorità di vigilanza centrale è la BCE o l’autorità nazionale competente negli Stati membri la cui moneta è l’euro e negli Stati membri la cui moneta non è l’euro che abbiano instaurato una cooperazione stretta a norma dell’articolo 7 del regolamento n. 1024/2013 (v. considerando 15 del regolamento n. 806/2014).

9        L’articolo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che tali regole e procedura uniformi siano applicate dal Comitato di risoluzione unico (CRU), istituito ai sensi dell’articolo 42 del medesimo regolamento, insieme al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea e alle autorità nazionali di risoluzione nell’ambito dell’MRU creato dal medesimo regolamento. È anche previsto che l’MRU sia sostenuto da un Fondo di risoluzione unico (FRU).

10      Ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU decide in merito a un’azione di risoluzione in relazione ad un ente finanziario stabilito in uno Stato membro partecipante, quando sono soddisfatte le tre condizioni previste all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento stesso.

11      La prima condizione richiede che l’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto. La valutazione di questa condizione è effettuata dalla BCE, previa consultazione del CRU, o dal CRU, e si considera soddisfatta se l’entità si trova in una o più delle situazioni elencate all’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014.

12      La seconda condizione presuppone che non si possa ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza permetta di evitare il dissesto dell’entità in tempi ragionevoli.

13      La terza condizione implica che l’azione di risoluzione sia necessaria nell’interesse pubblico, vale a dire che essa sia necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione e che la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consenta di realizzare tali obiettivi nella stessa misura.

14      L’articolo 14 del regolamento n. 806/2014 definisce gli obiettivi della risoluzione così individuati: garantire la continuità delle funzioni essenziali; evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio; salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario; tutelare i depositanti e gli investitori, e tutelare i fondi e le attività dei clienti.

15      L’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede che, prima di decidere in merito a un’azione di risoluzione o all’esercizio del potere di svalutare o convertire gli strumenti di capitale pertinenti, il CRU provveda affinché una valutazione equa, prudente e realistica delle attività e passività dell’entità interessata venga effettuata da una persona indipendente da qualsiasi autorità pubblica, compresi il CRU e l’autorità nazionale di risoluzione, e dall’entità interessata.

16      Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014, la valutazione è parte integrante della decisione di applicare uno strumento di risoluzione o di esercitare un potere di risoluzione o della decisione di esercitare il potere di svalutazione o conversione degli strumenti di capitale.

17      Se sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU adotta un programma di risoluzione.

18      Quando agiscono nell’ambito della procedura di risoluzione, il CRU, il Consiglio e la Commissione devono garantire che l’azione di risoluzione sia avviata conformemente a taluni principi elencati all’articolo 15 del regolamento n. 806/2014, tra i quali figurano il principio secondo cui gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione sostengono per primi le perdite nonché il principio secondo cui nessun creditore sostiene perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto se l’entità interessata fosse stata liquidata con procedura ordinaria di insolvenza.

19      Nel programma di risoluzione, il CRU determina l’applicazione degli strumenti di risoluzione. L’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014 elenca i diversi strumenti di risoluzione disponibili, vale a dire lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, lo strumento dell’ente-ponte, lo strumento di separazione delle attività e lo strumento del bail-in.

20      Nel programma di risoluzione, il CRU può altresì esercitare il potere di svalutazione o conversione degli strumenti di capitale dell’entità interessata alle condizioni previste all’articolo 21 del regolamento n. 806/2014. Secondo l’articolo 19 del regolamento n. 806/2014, l’azione di risoluzione può anche prevedere la concessione di aiuti di Stato o il ricorso al FRU.

21      Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, immediatamente dopo l’adozione del programma di risoluzione, il CRU lo trasmette alla Commissione. Entro 24 ore dalla trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU, la Commissione lo approva o obietta ad esso per quanto riguarda gli aspetti discrezionali di quest’ultimo nei casi non contemplati dal terzo comma, ossia il rispetto del criterio dell’interesse pubblico o una modifica significativa dell’importo del FRU. Per quanto riguarda questi ultimi aspetti discrezionali, entro 12 ore dalla trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU, la Commissione può proporre al Consiglio di obiettare al programma di risoluzione adottato dal CRU a motivo del fatto che esso non soddisfa il criterio dell’interesse pubblico o di approvare o di obiettare a una modifica significativa dell’importo del FRU previsto nel programma di risoluzione adottato dal CRU. Il programma di risoluzione può entrare in vigore soltanto se il Consiglio o la Commissione non hanno espresso obiezioni entro un periodo di 24 ore dopo la trasmissione da parte del CRU.

22      L’articolo 18, paragrafo 9, del regolamento n. 806/2014 stabilisce che il CRU garantisce che l’azione di risoluzione necessaria per attuare il programma di risoluzione sia avviata dalle autorità nazionali di risoluzione pertinenti. Il programma di risoluzione è indirizzato a queste ultime e dà istruzioni a tali autorità, le quali prendono tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla decisione del CRU a norma dell’articolo 29 del medesimo regolamento, esercitando i poteri di risoluzione.

23      Successivamente all’adozione di un’azione di risoluzione, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014, il CRU provvede a che una persona indipendente effettui una valutazione, al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se l’ente soggetto a risoluzione fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza. Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014, detta valutazione può portare a pagare gli indennizzi agli azionisti o creditori se essi hanno sostenuto perdite maggiori nell’ambito della risoluzione rispetto a quelle che avrebbero sostenuto in una liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza.

II.    Fatti all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

24      I ricorrenti, ossia la Eleveté Invest Group, SL e le 19 persone fisiche o giuridiche i cui nomi figurano in allegato, erano azionisti o detenevano strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 o strumenti di capitale di classe 2 del Banco Popular Español, SA (in prosieguo: il «Banco Popular») prima dell’adozione di un programma di risoluzione in relazione a quest’ultimo.

A.      Sulla situazione del Banco Popular prima dell’adozione del programma di risoluzione

25      Alla data della risoluzione, il gruppo Banco Popular, di cui il Banco Popular era la società madre, era il sesto gruppo bancario spagnolo.

26      Nel 2016, il Banco Popular ha proceduto a un aumento di capitale di 2,5 miliardi di EUR.

27      Il 5 dicembre 2016, la sessione esecutiva del CRU ha adottato un piano di risoluzione per il gruppo Banco Popular (in prosieguo: il «piano di risoluzione del 2016»). Lo strumento di risoluzione scelto nel piano di risoluzione del 2016 era lo strumento del bail-in previsto all’articolo 27 del regolamento n. 806/2014.

28      Il 3 febbraio 2017, il Banco Popular ha pubblicato la propria relazione annuale per il 2016, nella quale ha annunciato la necessità di accantonamenti straordinari per un importo di 5,7 miliardi di EUR, con una perdita consolidata di 3,485 miliardi di EUR, nonché la nomina di un nuovo presidente.

29      Il 10 febbraio 2017, la DBRS Ratings Limited (DBRS) (ora DBRS Morningstar) ha declassato il rating del Banco Popular, con outlook negativo, in considerazione dell’indebolimento della posizione patrimoniale del Banco Popular a seguito di una perdita netta superiore a quella prevista nella sua relazione annuale, di cui al precedente punto 28, nonché degli sforzi del Banco Popular per ridurre il suo stock ancora elevato di attività in sofferenza.

30      Il 3 aprile 2017, il Banco Popular ha annunciato il risultato di revisioni interne che indicavano che avrebbero potuto rendersi necessarie rettifiche alla relazione annuale per il 2016. Tali rettifiche sono state effettuate nella relazione finanziaria del Banco Popular per il primo trimestre del 2017.

31      Il 10 aprile 2017, all’assemblea generale degli azionisti del Banco Popular, il presidente del consiglio di amministrazione ha annunciato che la banca stava considerando un aumento di capitale o un’operazione societaria a causa della posizione patrimoniale del gruppo e del suo livello di attività in sofferenza. L’amministratore delegato del Banco Popular è stato sostituito meno di un anno dopo l’assunzione dell’incarico.

32      A seguito dell’annuncio del 3 aprile 2017, relativo alla necessità di rettifica dei risultati finanziari del 2016, il 6 aprile la DBRS ha declassato il rating del Banco Popular mantenendo il suo outlook negativo. Anche Standard & Poor’s, il 7 aprile, e Moody’s Investors service (in prosieguo: «Moody’s»), il 21 aprile 2017, hanno declassato il rating del Banco Popular con outlook negativo.

33      In aprile 2017, il Banco Popular ha avviato una procedura di vendita privata allo scopo di realizzare la sua vendita a un concorrente forte, il che avrebbe dovuto ripristinare la sua situazione finanziaria. La scadenza affinché gli eventuali acquirenti interessati all’acquisizione del Banco Popular presentassero la loro offerta era stata fissata per il 10 giugno 2017 ed è stata poi prorogata alla fine del mese di giugno 2017.

34      Il 5 maggio 2017, il Banco Popular ha presentato la sua relazione finanziaria per il primo trimestre del 2017, annunciando perdite per un importo di 137 milioni di EUR.

35      Il 12 maggio 2017, il requisito in materia di copertura della liquidità (Liquidity Coverage Requirement) del Banco Popular è sceso al di sotto della soglia minima dell’80% fissata dall’articolo 460, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1).

36      Con lettera del 16 maggio 2017, il Banco Santander, SA ha informato il Banco Popular di non essere in grado di presentare un’offerta vincolante nella procedura di vendita privata.

37      Il 16 maggio 2017, il Banco Popular, in una comunicazione di un fatto rilevante alla Comisión nacional del mercado de valores (CNMV, Commissione nazionale del mercato degli strumenti finanziari, Spagna), ha indicato che potenziali acquirenti avevano manifestato il loro interesse nella procedura di vendita privata, ma che non era stata ricevuta alcuna offerta vincolante.

38      Il 19 maggio 2017, l’agenzia FITCH ha declassato il rating a lungo termine del Banco Popular.

39      Il 23 maggio 2017, la presidente del CRU, Elke König, ha rilasciato un’intervista al canale televisivo Bloomberg, in cui le è stato chiesto, segnatamente, della situazione del Banco Popular.

40      Nel corso del mese di maggio 2017, numerosi articoli di stampa hanno riferito delle difficoltà del Banco Popular. A titolo di esempio, va menzionato un articolo dell’11 maggio 2017, pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, intitolato «Saracho encarga la venta urgente del Popular a JP Morgan y Lazard por riesgo de quiebra» (Saracho incarica JP Morgan e Lazard della vendita urgente del Popular a causa di un rischio di fallimento). In tale articolo si afferma che il presidente della banca aveva incaricato JP Morgan e Lazard di organizzare la vendita urgente della banca a causa di un rischio di fallimento, dovuto a ingenti deflussi di depositi dei clienti privati e istituzionali e che esso considerava che l’unico modo per garantire la sostenibilità economica della banca fosse la vendita completa ed imminente dell’intero gruppo. L’articolo riporta che, «data la persistenza dei deflussi di depositi e la chiusura di fonti di finanziamento esterne, la banca correva un serio rischio di fallimento e che [il suo presidente] era stato quindi costretto ad attivare la misura più drastica e a non vendere gradualmente le sue attività per migliorare i coefficienti di capitale e soddisfare le condizioni imposte dalla BCE».

41      Il 15 maggio 2017, un articolo pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, intitolato «El BCE inspecciona a Banco Popular durante dos meses en pleno proceso de venta» (La BCE ispeziona il Banco Popular per due mesi nel mezzo della procedura di vendita), riporta che il piano di vendita del Banco Popular, attuato dal suo presidente, è stato avviato dopo l’ispezione della BCE, che aveva confermato la carenza di accantonamenti. Secondo tale articolo, gli ispettori della BCE avevano concluso che le difficoltà del Banco Popular sarebbero state legate alla sua carenza di accantonamenti per coprire la sua esposizione immobiliare e che sarebbe stato necessario evitare i deflussi occasionali di depositi. Detti ispettori avrebbero altresì espresso la loro insoddisfazione riguardo alla presentazione dei conti del 2016.

42      Il 31 maggio 2017, l’agenzia Reuters ha pubblicato un articolo intitolato «La UE, advertida de riesgo de una resolución ordenada en Banco Popular» (UE, avvertimento del rischio di risoluzione del Banco Popular). Tale articolo menziona in particolare che, secondo un alto funzionario dell’Unione rimasto anonimo, una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa aveva avvertito i funzionari dell’Unione che per il Banco Popular avrebbe potuto rendersi necessaria una risoluzione qualora non fosse riuscito a trovare un acquirente. Secondo detto articolo, tale funzionario ha altresì indicato che la presidente del CRU aveva recentemente emesso un’«allerta rapida» e aveva dichiarato che il CRU seguiva la procedura (del Banco Popular) con particolare attenzione in vista di un possibile intervento.

43      Lo stesso giorno, il CRU ha pubblicato un comunicato stampa diretto a contestare il contenuto di tale articolo.

44      Nei primi giorni di giugno 2017, il Banco Popular ha dovuto far fronte a un assalto agli sportelli.

45      Il 5 giugno 2017, il Banco Popular ha presentato, il mattino, una prima domanda di assistenza di liquidità di emergenza al Banco de España (Banca di Spagna), poi una seconda domanda, nel pomeriggio, contenente un’estensione dell’importo richiesto, a causa di movimenti di liquidità significativi. Sulla base di una domanda della Banca di Spagna e a seguito della valutazione dello stesso giorno della BCE relativa alla domanda di assistenza di liquidità di emergenza del Banco Popular, il consiglio direttivo della BCE non ha sollevato obiezioni a un’assistenza di liquidità di emergenza al Banco Popular per il periodo fino all’8 giugno 2017. Il Banco Popular ha ricevuto una parte di tale assistenza di liquidità di emergenza, dopodiché la Banca di Spagna ha affermato di non essere in grado di fornire un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare al Banco Popular.

46      Il 6 giugno 2017, la DBRS e Moody’s hanno declassato il rating del Banco Popular.

B.      Su altri fatti precedenti all’adozione del programma di risoluzione

47      Il 23 maggio 2017, il CRU ha incaricato la Deloitte, in qualità di esperto indipendente, di procedere alla valutazione del Banco Popular ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 806/2014.

48      Il 24 maggio 2017, il CRU ha chiesto al Banco Popular, sulla base dell’articolo 34 del regolamento n. 806/2014, le informazioni necessarie per la realizzazione della sua valutazione. Il 2 giugno 2017, esso ha altresì chiesto al Banco Popular di fornire informazioni sulla procedura di vendita privata nonché di prevedere un accesso alla sala dati virtuale protetta che quest’ultimo aveva istituito nell’ambito di tale procedura.

49      Il 3 giugno 2017, la sessione esecutiva del CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2017/06, indirizzata al Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria (FROB, Fondo di ristrutturazione bancaria ordinata, Spagna), riguardante la commercializzazione del Banco Popular. Il CRU ha approvato l’avvio immediato della procedura di vendita del Banco Popular da parte del FROB e ha indicato a quest’ultimo i requisiti riguardanti la vendita conformemente all’articolo 39 della direttiva 2014/59. Il CRU indicava, in particolare, che il FROB doveva contattare i cinque potenziali acquirenti che erano stati invitati a presentare un’offerta nell’ambito della procedura di vendita privata.

50      Dei cinque potenziali acquirenti, due hanno deciso di non partecipare alla procedura di vendita e uno è stato escluso dalla BCE per motivi prudenziali.

51      Il 4 giugno 2017, i due potenziali acquirenti che avevano deciso di partecipare alla procedura di vendita, il Banco Santander e il Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, SA (BBVA), hanno firmato un accordo di non divulgazione e, il 5 giugno 2017, hanno avuto accesso alla sala dati virtuale.

52      Il 5 giugno 2017, il CRU ha adottato una prima valutazione (in prosieguo: la «valutazione 1»), ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, che era intesa ad orientare l’accertamento del soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione, quali definite all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

53      Il 6 giugno 2017, la BCE ha effettuato una valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, previa consultazione del CRU, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014.

54      In tale valutazione, la BCE ha indicato che, nei mesi precedenti, il Banco Popular aveva subito un grave deterioramento della sua posizione di liquidità, dovuto principalmente a un significativo impoverimento della sua base di depositi. Il Banco Popular ha dovuto far fronte a deflussi sostanziali di liquidità in tutti i segmenti di clientela. La BCE ha elencato gli eventi che avevano portato ai problemi di liquidità cui doveva far fronte il Banco Popular.

55      A tale riguardo, essa ha rilevato che, nel febbraio 2017, al momento della presentazione dei suoi conti annuali, il Banco Popular aveva reso nota la necessità di accantonamenti straordinari per un importo di 5,7 miliardi di EUR, con perdite di 3,485 miliardi di EUR nel 2016, nonché la sostituzione del suo presidente di lunga data, il quale aveva intrapreso una revisione della strategia della banca. L’annuncio di accantonamenti aggiuntivi e di perdite di fine esercizio aveva comportato un declassamento del rating del Banco Popular da parte della DBRS, il 10 febbraio 2017, e aveva suscitato vive preoccupazioni da parte della clientela del Banco Popular, che si erano tradotte in prelievi importanti e inattesi di depositi e in una frequenza elevata di visite di clienti presso le succursali della banca.

56      La BCE ha altresì indicato che la pubblicazione da parte del Banco Popular, il 3 aprile 2017, di una dichiarazione pubblica ad hoc che informava del risultato di varie revisioni interne che potevano avere un’incidenza significativa sui bilanci dell’ente nonché la conferma che l’amministratore delegato dell’ente sarebbe stato sostituito meno di un anno dopo l’assunzione dell’incarico avevano provocato un’altra ondata di ritiri di depositi. La BCE ha rilevato che tale ondata di ritiri di depositi era stata alimentata anche da:

–        un declassamento del rating del Banco Popular da parte di Standard & Poor’s il 7 aprile 2017;

–        l’annuncio da parte del Banco Popular, il 10 aprile 2017, che non avrebbe versato dividendi e che un aumento di capitale o un’operazione imprenditoriale avrebbero potuto rendersi necessari a causa della posizione patrimoniale difficile e del necessario allineamento ai suoi omologhi riguardo alla copertura delle attività in sofferenza;

–        un declassamento del rating del Banco Popular da parte di Moody’s il 21 aprile 2017;

–        la divulgazione dei risultati del primo trimestre del 2017 che erano peggiori del previsto;

–        la copertura mediatica negativa e continua, tra cui gli articoli dell’11 e del 15 maggio 2017 menzionati ai precedenti punti 40 e 41, stando ai quali il presidente del Banco Popular avrebbe ordinato una vendita urgente della banca a causa di un rischio imminente di fallimento o di carenza di liquidità e la banca avrebbe dovuto procedere a un aumento significativo degli accantonamenti all’esito di un’ispezione in loco da parte del supervisore.

57      La BCE ha parimenti sottolineato che i depositi persi dopo il 31 maggio 2017 erano particolarmente significativi, dopo la divulgazione nei media del fatto che la banca avrebbe potuto essere messa in liquidazione se la procedura di vendita in corso non fosse stata fruttuosa entro brevissimo termine.

58      Inoltre, la BCE ha rilevato che, sebbene il Banco Popular avesse elaborato varie misure per generare liquidità supplementari nelle settimane precedenti ed avesse iniziato ad attuarle, l’entità degli afflussi realizzati e ancora attesi era insufficiente a porre rimedio al deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular alla data della valutazione. Essa ha altresì indicato che, anche con il ricorso all’assistenza di liquidità di emergenza su cui il consiglio direttivo della BCE non aveva sollevato obiezioni il 5 giugno 2017, la liquidità a tale data non era sufficiente a garantire la capacità del Banco Popular di pagare le proprie passività al più tardi entro il 7 giugno 2017.

59      La BCE ha ritenuto che le misure già adottate dal Banco Popular non fossero state sufficientemente efficaci per contrastare il deterioramento della sua posizione di liquidità. Essa ha rilevato che, come misura alternativa per garantire la sua capacità di pagare le proprie passività in scadenza, il Banco Popular tentava di attuare un’operazione imprenditoriale, vale a dire la sua vendita a un concorrente più forte. Tuttavia, la BCE ha considerato che, tenuto conto del deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular, dell’assenza di prove della capacità di quest’ultimo di risanare la situazione della propria liquidità in un prossimo futuro e del fatto che le trattative fino ad allora non avevano condotto a un risultato positivo, la conferma di una siffatta operazione privata non era prevedibile in un lasso di tempo che consentisse al Banco Popular di poter pagare i propri debiti o altre passività in scadenza.

60      La BCE ha constatato che, allo stesso tempo, non esistevano misure di vigilanza o di intervento precoce disponibili che consentissero di ripristinare la liquidità del Banco Popular in modo immediato e che gli garantissero un tempo sufficiente per attuare un’operazione imprenditoriale o un’altra soluzione. Le misure a disposizione della BCE in qualità di autorità competente, in forza della trasposizione nazionale dell’articolo 104 della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338), e degli articoli da 27 a 29 della direttiva 2014/59 o dell’articolo 16 del regolamento n. 1024/2013, non potevano garantire che il Banco Popular sarebbe stato in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, tenuto conto dell’entità e della rapidità del deterioramento osservato.

61      In conclusione, la BCE, prendendo in considerazione, in particolare, i deflussi eccessivi di liquidità, la rapidità con la quale la liquidità era stata perduta dalla banca e l’incapacità di quest’ultima di generare altre liquidità, ha ritenuto che esistessero elementi oggettivi indicativi del fatto che il Banco Popular non sarebbe stato probabilmente in grado, in un prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza. La BCE ha concluso che il dissesto del Banco Popular era considerato accertato o, in ogni caso, che ve ne sussisteva il rischio in un prossimo futuro, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

62      Il 6 giugno 2017, il consiglio di amministrazione del Banco Popular ha informato la BCE di essere giunto alla conclusione che la banca era a rischio di dissesto.

63      Lo stesso giorno, il FROB ha adottato una lettera contenente le informazioni sulla procedura di vendita (in prosieguo: la «lettera di procedura») e che stabiliva il termine per la presentazione delle offerte al 6 giugno 2017 a mezzanotte.

64      Sempre lo stesso giorno, la BBVA, uno dei due potenziali acquirenti del Banco Popular, ha informato il FROB che essa non avrebbe presentato offerte.

65      Alla medesima data del 6 giugno 2017, la Deloitte ha consegnato al CRU una seconda valutazione (in prosieguo: la «valutazione 2»), redatta ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014. La valutazione 2 aveva lo scopo di determinare il valore delle attività e delle passività del Banco Popular, di fornire una stima sul trattamento che gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza, nonché di orientare la decisione sulle azioni e i titoli di proprietà da cedere e l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Tale valutazione ha segnatamente stimato il valore economico del Banco Popular in 1,3 miliardi di EUR nello scenario migliore, a meno 8,2 miliardi di EUR nello scenario più sfavorevole e a meno 2 miliardi di EUR per la migliore stima.

66      Il 7 giugno 2017, il Banco Santander ha presentato un’offerta vincolante.

67      Con lettera del 7 giugno 2017, il FROB ha informato il CRU che il Banco Santander aveva presentato un’offerta il 7 giugno alle ore 3:12 e che il prezzo offerto dal Banco Santander per la vendita delle azioni del Banco Popular era di EUR 1. Il FROB ha dichiarato che il suo comitato direttivo aveva considerato il Banco Santander aggiudicatario nella procedura di vendita concorrenziale del Banco Popular e aveva deciso di proporre al CRU di designare il Banco Santander come acquirente nella decisione del CRU relativa all’adozione di un programma di risoluzione per il Banco Popular.

C.      Sul programma di risoluzione del Banco Popular del 7 giugno 2017

68      Il 7 giugno 2017, la sessione esecutiva del CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2017/08 concernente un programma di risoluzione per il Banco Popular (in prosieguo: il «programma di risoluzione»), sulla base del regolamento n. 806/2014.

69      Ai sensi dell’articolo 1 del programma di risoluzione, il CRU, ritenendo soddisfatte le condizioni previste dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, ha deciso di sottoporre il Banco Popular a una procedura di risoluzione a decorrere dalla data della risoluzione.

70      Pertanto, il CRU ha ritenuto, in primo luogo, che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto, in secondo luogo, che non esistessero altre misure che avrebbero potuto evitare il dissesto del Banco Popular in tempi ragionevoli e, in terzo luogo, che un’azione di risoluzione sotto forma di strumento per la vendita dell’attività d’impresa del Banco Popular fosse necessaria nell’interesse pubblico. A tale riguardo, il CRU ha indicato che la risoluzione era necessaria e proporzionata alla realizzazione di due obiettivi di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, ossia garantire la continuità delle funzioni essenziali della banca ed evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria.

71      All’articolo 5.1 del programma di risoluzione, il CRU ha così deciso:

«Lo strumento di risoluzione applicato al Banco Popular consisterà in una vendita dell’attività d’impresa in forza dell’articolo 24 del regolamento n. 806/2014 mediante la cessione delle azioni a un acquirente. La svalutazione e la conversione degli strumenti di capitale saranno effettuate immediatamente prima dell’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa».

72      L’articolo 6 del programma di risoluzione riguarda la svalutazione degli strumenti di capitale e lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. All’articolo 6.1, il CRU ha indicato le misure che aveva adottato in applicazione del suo potere di svalutazione previsto all’articolo 21 del regolamento n. 806/2014.

73      Così, all’articolo 6.1 del programma di risoluzione, il CRU ha deciso:

–        anzitutto, di svalutare il valore nominale del capitale sociale del Banco Popular di un importo pari a EUR 2 098 429 046, portando così all’annullamento del 100% delle azioni del Banco Popular;

–        successivamente, di convertire l’intero valore nominale degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 emessi dal Banco Popular e in circolazione alla data della decisione di risoluzione in nuove azioni emesse dal Banco Popular, le «nuove azioni I»;

–        poi, di azzerare il valore nominale delle «nuove azioni I», portando così all’annullamento del 100% di tali «nuove azioni I»;

–        infine, di convertire l’intero valore nominale degli strumenti di capitale di classe 2 emessi dal Banco Popular e in circolazione alla data della decisione di risoluzione in nuove azioni emesse dal Banco Popular, le «nuove azioni II».

74      L’articolo 6.3 del programma di risoluzione indica che tali misure di svalutazione e di conversione sono basate sulla valutazione 2, corroborata dai risultati di una procedura di vendita trasparente ed aperta realizzata dall’autorità di risoluzione spagnola, il FROB.

75      All’articolo 6.5 del programma di risoluzione, il CRU ha precisato che agiva nell’esercizio dei poteri conferitigli dall’articolo 24, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014, relativo allo strumento per la vendita dell’attività d’impresa e che ordinava che le «nuove azioni II» fossero cedute al Banco Santander, libere ed esenti da qualsiasi diritto o privilegio di terzi, contro pagamento di un prezzo di acquisto di EUR 1. Veniva precisato che l’acquirente aveva già acconsentito alla cessione.

76      Il CRU ha altresì indicato che la cessione delle «nuove azioni II» avrebbe dovuto essere effettuata sulla base dell’offerta vincolante dell’acquirente del 7 giugno 2017 e avrebbe dovuto essere attuata dal FROB in applicazione della Ley 11/2015 de recuperación y resolución de entidades de crédito y empresas de servicios de inversión (legge 11/2015, sul salvataggio e sulla risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di servizi di investimento), del 18 giugno 2015 (BOE n. 146, del 19 giugno 2015, pag. 50797; in prosieguo: la «legge 11/2015»).

77      Il programma di risoluzione è stato presentato alla Commissione per approvazione il 7 giugno 2017 alle ore 5:13.

78      Il 7 giugno 2017, alle ore 6:30, la Commissione ha adottato la decisione (UE) 2017/1246, che approva il programma di risoluzione per il Banco Popular (GU 2017, L 178, pag. 15), e l’ha notificata al CRU. Di conseguenza, il programma di risoluzione è entrato in vigore lo stesso giorno.

79      Dal considerando 4 della decisione 2017/1246 risulta quanto segue:

«La Commissione è d’accordo con il programma di risoluzione. In particolare, concorda con [il CRU] sulle ragioni per le quali la risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico a norma dell’articolo 5 del regolamento (UE) n. 806/2014».

80      Lo stesso giorno, il FROB ha adottato le azioni necessarie per attuare la decisione di risoluzione, conformemente all’articolo 29 del regolamento n. 806/2014. In tale contesto, il FROB ha acconsentito alla cessione delle nuove azioni del Banco Popular derivanti dalla conversione degli strumenti di capitale di classe 2 (le «nuove azioni II») al Banco Santander.

D.      Sui fatti successivi all’adozione della decisione di risoluzione

81      Il 14 giugno 2018, la Deloitte ha trasmesso al CRU la valutazione della differenza di trattamento, prevista all’articolo 20, paragrafi da 16 a 18, del regolamento n. 806/2014, realizzata al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza (in prosieguo: la «valutazione 3»). Il 31 luglio 2018, la Deloitte ha inviato al CRU un addendum a tale valutazione, correggendo alcuni errori formali.

82      Il 28 settembre 2018, a seguito di una fusione per incorporazione, il Banco Santander è succeduto a titolo universale al Banco Popular.

83      Il 17 marzo 2020, il CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2020/52 volta a stabilire se agli azionisti e ai creditori interessati dovesse essere concesso un indennizzo ai sensi delle misure di risoluzione adottate nei confronti del Banco Popular. Un comunicato relativo a tale decisione è stato pubblicato il 20 marzo 2020 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2020, C 91, pag. 2). In tale decisione, il CRU ha ritenuto che gli azionisti e i creditori che erano stati interessati dalla risoluzione del Banco Popular non avessero diritto a un indennizzo da parte del FRU ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014.

III. Procedimento e conclusioni delle parti

84      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 agosto 2017, i ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

85      Con atto depositato presso la cancelleria il 31 ottobre 2017, il CRU ha chiesto al Tribunale, ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di disporre mezzi istruttori riguardanti la produzione di taluni documenti menzionati in allegato. Con decisione del 28 novembre 2017, il Tribunale ha deciso di non accogliere detta domanda di mezzi istruttori in tale fase del procedimento.

86      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 6 novembre e il 5 dicembre 2017, il Banco Santander e il Regno di Spagna hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della Commissione e del CRU.

87      Il 16 febbraio 2018, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato il CRU a depositare l’ultima versione non riservata del programma di risoluzione nonché una versione non riservata della valutazione 2, pubblicate sul suo sito Internet. Il CRU ha depositato i documenti nel termine impartito.

88      Il 6 luglio 2018, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti principali. Le parti principali hanno ottemperato a detta richiesta nel termine impartito.

89      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1º agosto 2018, i ricorrenti hanno presentato una domanda di trattamento riservato nei confronti del Banco Santander e del Regno di Spagna di taluni allegati all’atto introduttivo.

90      Con ordinanze del 12 aprile 2019, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale ha autorizzato gli interventi del Regno di Spagna e del Banco Santander e ha accolto le domande di trattamento riservato presentate dai ricorrenti nei loro confronti.

91      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 16 aprile 2019, i ricorrenti hanno presentato una domanda di modifica delle domande di mezzi istruttori contenute nell’atto introduttivo e nella replica. La Commissione e il CRU nonché il Regno di Spagna e il Banco Santander hanno depositato le loro osservazioni su tale domanda nel termine impartito.

92      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 6 maggio 2019, i ricorrenti hanno presentato una nuova offerta di prova ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura. La Commissione e il CRU hanno depositato osservazioni su tale nuova prova nel termine impartito.

93      Il Regno di Spagna e il Banco Santander hanno depositato ciascuno la propria memoria di intervento il 4 luglio 2019 e i ricorrenti e il CRU hanno depositato le loro osservazioni su tali memorie nel termine impartito.

94      Poiché è stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato alla Terza Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

95      Su proposta della Terza Sezione, il Tribunale ha deciso, in forza dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

96      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 9 ottobre 2020, i ricorrenti hanno presentato una nuova offerta di prova ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura. La Commissione e il CRU nonché il Regno di Spagna e il Banco Santander hanno depositato osservazioni su tale nuova prova nei termini impartiti.

97      Il 16 marzo 2021, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato il CRU a produrre diversi documenti. Con lettera del 30 marzo 2021, il CRU ha risposto che i documenti richiesti erano in parte riservati e che avrebbero potuto essere prodotti se il Tribunale avesse adottato un mezzo istruttorio.

98      Con ordinanza del 12 maggio 2021, il Tribunale ha ordinato al CRU, sulla base, da un lato, dell’articolo 24, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e, dall’altro, dell’articolo 91, lettera b), dell’articolo 92, paragrafo 3, nonché dell’articolo 103 del regolamento di procedura, di produrre le versioni integrali del programma di risoluzione, della valutazione 2, della valutazione della BCE del 6 giugno 2017 sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular e della lettera della BCE al Banco Popular del 18 maggio 2017. Il Tribunale ha altresì ordinato al CRU di produrre la versione non riservata della lettera della BCE al Banco Popular del 18 maggio 2017.

99      Con ordinanza del 9 giugno 2021, il Tribunale ha ritirato dal fascicolo le versioni riservate dei documenti prodotti dal CRU in esecuzione dell’ordinanza del 12 maggio 2021.

100    A causa di un impedimento di due membri della Terza Sezione ampliata, il presidente del Tribunale ha designato altri due giudici al fine di integrare la Sezione.

101    Le parti hanno svolto le proprie difese ed hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 16 giugno 2021.

102    I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        dichiarare la nullità del programma di risoluzione e della decisione 2017/1246 (in prosieguo, congiuntamente, le «decisioni impugnate») e, di conseguenza, condannare la Commissione e il CRU a restituire loro i loro investimenti nel Banco Popular o, in alternativa, condannare gli stessi a risarcirli per responsabilità extracontrattuale;

–        condannare la Commissione e il CRU a risarcirli per responsabilità extracontrattuale;

–        dichiarare la nullità della valutazione 2 e condannare la Commissione e il CRU versare loro una compensazione;

–        condannare la Commissione e il CRU alle spese.

–        ordinare che alle somme riconosciute siano aggiunti gli interessi compensativi dal 23 maggio 2017 o, in subordine, dal 7 giugno 2017 fino alla data della pronuncia della sentenza, nonché gli interessi di mora a partire dalla data della sentenza, ad eccezione delle spese del presente procedimento, che matureranno interessi di mora solo a partire dalla data della sentenza;

–        concedere loro il beneficio di ogni ulteriore risarcimento aggiuntivo ritenuto adeguato.

103    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso di annullamento in quanto infondato;

–        respingere, in quanto irricevibile, l’azione per responsabilità extracontrattuale o, in subordine, respingerla in quanto infondata;

–        respingere, in quanto irricevibile, il ricorso contro la valutazione 2;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

104    Il CRU chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

105    Il Banco Santander e il Regno di Spagna chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

IV.    In diritto

106    Il ricorso si articola sostanzialmente in tre domande. Il primo capo delle conclusioni dei ricorrenti è diretto all’annullamento delle decisioni impugnate, il secondo capo delle conclusioni contiene domande risarcitorie e il terzo capo delle conclusioni è diretto a far dichiarare la nullità della valutazione 2 e ad ottenere una compensazione.

A.      Sulla domanda di annullamento delle decisioni impugnate

107    A sostegno della loro domanda di annullamento delle decisioni impugnate, i ricorrenti deducono quattro motivi di ricorso. Il primo motivo di ricorso verte sulla violazione dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014. Il secondo motivo di ricorso verte sulla violazione dell’articolo 20 del regolamento n. 806/2014. Il terzo motivo di ricorso verte sulla violazione del diritto di essere ascoltato e del diritto di accesso al fascicolo, sanciti dall’articolo 41, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Il quarto motivo di ricorso verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione. Nelle loro osservazioni sulle memorie di intervento, i ricorrenti sollevano un motivo nuovo di ricorso vertente sulla violazione dell’articolo 24 del regolamento n. 806/2014.

108    In via preliminare, occorre rilevare che, per quanto riguarda la portata del controllo effettuato dal Tribunale, il CRU sostiene che, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, nel caso di questioni tecniche complesse, il giudice dell’Unione deve esaminare gli accertamenti di fatto e di diritto effettuati dall’autorità, verificare che il provvedimento adottato non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere e verificare che l’autorità non abbia manifestamente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale.

109    I ricorrenti ritengono che i limiti del sindacato giurisdizionale invocati dal CRU non siano applicabili nel caso di specie.

110    A questo proposito, la giurisprudenza ha circoscritto la portata del controllo esercitato dal Tribunale tanto in situazioni in cui l’atto impugnato è fondato su una valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi quanto nel caso di valutazioni economiche complesse.

111    Da un lato, per quanto riguarda situazioni nelle quali le autorità dell’Unione dispongono di un ampio potere discrezionale, segnatamente quanto alla valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi per determinare la natura e l’ampiezza delle misure che esse adottano, il sindacato del giudice dell’Unione deve limitarsi ad esaminare se l’esercizio di un tale potere non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o ancora se tali autorità non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale. In tale contesto, il giudice dell’Unione non può, infatti, sostituire la sua valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico a quella delle autorità dell’Unione cui il Trattato FUE ha assegnato in via esclusiva tale compito (sentenze del 21 luglio 2011, Etimine, C‑15/10, EU:C:2011:504, punto 60, e del 7 marzo 2013, Bilbaína de Alquitranes e a./ECHA, T‑93/10, EU:T:2013:106, punto 76; v., altresì, sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA, T‑115/15, EU:T:2017:329, punto 163 e giurisprudenza ivi citata).

112    D’altro lato, per quanto riguarda il controllo che i giudici dell’Unione esercitano sulle valutazioni economiche complesse effettuate dalle autorità dell’Unione, si tratta di un controllo ristretto che si limita necessariamente alla verifica dell’osservanza delle regole procedurali e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti nonché dell’assenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere. Nell’ambito di tale controllo, non spetta dunque al giudice dell’Unione sostituire la propria valutazione economica a quella dell’autorità dell’Unione competente (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 1985, Remia e a./Commissione, 42/84, EU:C:1985:327, punto 34; del 10 dicembre 2020, Comune di Milano/Commissione, C‑160/19 P, EU:C:2020:1012, punto 100 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 gennaio 2020, Iberpotash/Commissione, T‑257/18, EU:T:2020:1, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

113    Poiché le decisioni che il CRU deve adottare nell’ambito della procedura di risoluzione sono fondate su valutazioni economiche e tecniche altamente complesse, occorre considerare che i principi risultanti dalla giurisprudenza menzionata ai precedenti punti 111 e 112 si applicano al sindacato che il giudice è chiamato ad esercitare.

114    Tuttavia, sebbene sia riconosciuto al CRU un potere discrezionale in materia economica e tecnica, ciò non implica che il giudice dell’Unione debba astenersi dal controllare l’interpretazione, fornita dal CRU, dei dati di natura economica su cui si basa la sua decisione. Infatti, come la Corte ha statuito, anche nel caso delle valutazioni complesse, il giudice dell’Unione deve verificare non soltanto l’esattezza materiale degli elementi di prova invocati, la loro affidabilità e la loro coerenza, ma anche controllare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per la valutazione di una situazione complessa e se essi siano idonei a corroborare le conclusioni che ne sono tratte (v. sentenze del 22 novembre 2007, Spagna/Lenzing, C‑525/04 P, EU:C:2007:698, punto 57 e giurisprudenza ivi citata; del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 104 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 dicembre 2020, Comune di Milano/Commissione, C‑160/19 P, EU:C:2020:1012, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

115    A tale riguardo, per dimostrare che il CRU sia incorso in un errore manifesto di valutazione nell’esame dei fatti, tale da giustificare l’annullamento del programma di risoluzione, gli elementi di prova forniti dalla parte ricorrente devono essere sufficienti per privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerate in detto programma (v., per analogia, sentenze del 14 giugno 2018, Lubrizol France/Consiglio, C‑223/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:442, punto 39; del 12 dicembre 1996, AIUFFASS e AKT/Commissione, T‑380/94, EU:T:1996:195, punto 59, e del 13 dicembre 2018, Comune di Milano/Commissione, T‑167/13, EU:T:2018:940, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).

1.      Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 18 del regolamento n. 806/2014

116    I ricorrenti sostengono che il CRU ha violato l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, in quanto non erano soddisfatte le tre condizioni previste da tale articolo per l’adozione del programma di risoluzione. Tale motivo di ricorso è suddiviso in tre parti, vertenti sulla violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettere da a) a c), del regolamento n. 806/2014.

117    L’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU adotti un programma di risoluzione solo qualora valuti che siano soddisfatte le seguenti condizioni:

«a)      l’entità è in dissesto o a rischio di dissesto;

b)      considerate la tempistica e altre circostanze pertinenti, non si può ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa per l’entità in questione, incluse misure da parte di un [sistema di tutela istituzionale (IPS)], sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza, tra cui misure di intervento precoce o la svalutazione o la conversione dei pertinenti strumenti di capitale ai sensi dell’articolo 21 adottate nei confronti dell’entità, permetta di evitare il dissesto dell’entità in tempi ragionevoli;

c)      l’azione di risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico a norma del paragrafo 5».

a)      Sulla prima parte, vertente sulla violazione dellarticolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014

118    I ricorrenti rilevano che il CRU ha concluso che la condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 era soddisfatta a causa di un problema di liquidità del Banco Popular e non di un problema di solvibilità. In sostanza, i ricorrenti sollevano tre censure. Essi sostengono che il CRU e la Commissione non potevano concludere che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto in quanto, in primo luogo, dovendo far fronte a un problema di liquidità, la banca avrebbe dovuto anzitutto beneficiare di un’assistenza di liquidità, in secondo luogo, tale situazione derivava dalla violazione degli obblighi di riservatezza del CRU e, in terzo luogo, detta situazione risultava da una violazione da parte del CRU e della Commissione del principio di buona amministrazione.

119    In via preliminare, è necessario esaminare l’applicazione, nel caso di specie, della condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014, riguardante il fatto che l’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto.

120    A tale riguardo, in primo luogo, il 6 giugno 2017, la BCE ha effettuato una valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, previa consultazione del CRU, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014. In tale valutazione, la BCE, considerando segnatamente i deflussi eccessivi di liquidità, la rapidità con la quale la liquidità era stata perduta dalla banca e l’incapacità di quest’ultima di generare altre liquidità, ha ritenuto che esistessero elementi oggettivi che indicavano che il Banco Popular non sarebbe stato probabilmente in grado, in un prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza. La BCE ha concluso che il dissesto del Banco Popular era considerato accertato o, in ogni caso, che ve ne sussisteva il rischio in un prossimo futuro, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

121    In secondo luogo, con lettera del 6 giugno 2017, il consiglio di amministrazione del Banco Popular ha informato la BCE di essere giunto alla conclusione che la banca era a rischio di dissesto.

122    Nella sua lettera alla BCE del 6 giugno 2017, il Banco Popular fa riferimento alla notifica effettuata alla BCE ai sensi dell’articolo 414 del regolamento n. 575/2013 in merito alla violazione dei requisiti minimi in materia di copertura della liquidità e rinvia alla valutazione effettuata dal suo consiglio di amministrazione, riportata in allegato, secondo cui il Banco Popular era in dissesto e alle informazioni ed analisi su cui il consiglio di amministrazione si è basato per giungere a detta conclusione.

123    In tale lettera si afferma quanto segue:

«Conformemente all’articolo 21.4 della legge n. 11/2015 e agli articoli 45 e 46 del regolamento delegato (UE) 2016/1075 [della Commissione, del 23 marzo 2016, che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che precisano il contenuto dei piani di risanamento, dei piani di risoluzione e dei piani di risoluzione di gruppo, i criteri minimi che l’autorità competente deve valutare per quanto riguarda i piani di risanamento e i piani di risanamento di gruppo, le condizioni per il sostegno finanziario di gruppo, i requisiti per i periti indipendenti, il riconoscimento contrattuale dei poteri di svalutazione e di conversione, le procedure e il contenuto delle disposizioni in materia di notifica e dell’avviso di sospensione e il funzionamento operativo dei collegi di risoluzione (GU 2016, L 184, pag. 1)], il Banco Popular notifica con la presente che il suo consiglio di amministrazione ha valutato che la banca è a rischio di dissesto».

124    A questo proposito, i ricorrenti sostengono che, nel suo verbale parziale del 6 giugno 2017, allegato a tale lettera, il consiglio di amministrazione del Banco Popular avrebbe indicato che quest’ultimo era in dissesto, ma altresì che avrebbe continuato a fare tutto quanto era in suo potere per rimediare a detta situazione in attesa di un’assistenza di liquidità di emergenza.

125    Si deve constatare che, in tale verbale parziale del 6 giugno 2017, il consiglio di amministrazione del Banco Popular ha sottolineato le difficoltà incontrate dal Banco Popular, ossia coefficienti di capitale del gruppo inferiori a quelli dei suoi principali concorrenti, un’esposizione elevata alle attività in sofferenza e una copertura meno significativa di queste ultime rispetto ai principali enti creditizi spagnoli e, in particolare, la pubblicazione di articoli di stampa nel corso dei mesi precedenti sulla solidità finanziaria del gruppo e i loro effetti sulla situazione della sua liquidità. Esso ha altresì rilevato i declassamenti del rating da parte delle agenzie di rating, il crollo della quotazione delle azioni del Banco Popular nel corso del 2017, nonché il deterioramento della posizione di liquidità e di finanziamento della banca. Il consiglio di amministrazione ha considerato che la posizione di liquidità del Banco Popular si era aggravata al punto da essere insostenibile e che il mancato rispetto del requisito in materia di copertura della liquidità non era più provvisorio ed era significativo ai fini della valutazione del suo dissesto. Esso ha quindi concluso che, a tale data, il Banco Popular era considerato in dissesto.

126    Questa conclusione non può essere messa in discussione dal fatto che il consiglio di amministrazione abbia aggiunto che, fino a quando le autorità competenti non avessero preso una decisione in seguito alla comunicazione della sua conclusione alla BCE, avrebbe continuato a cercare una soluzione privata alla situazione contingente mediante un’operazione imprenditoriale e che avrebbe continuato a lavorare su altre linee di azione che potessero consentire all’ente di raccogliere capitali.

127    In terzo luogo, all’articolo 2 del programma di risoluzione, il CRU ha ricordato la conclusione della valutazione della BCE e ha concluso, all’articolo 2.2, che, secondo la valutazione della BCE, la condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 era soddisfatta.

128    Pertanto, nel caso di specie, il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular è stato accertato sulla base dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, secondo il quale, ai fini del paragrafo 1, lettera a), del medesimo articolo, l’entità è considerata in dissesto o a rischio di dissesto in una o più delle situazioni seguenti:

«l’entità non è, o vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro non sarà, in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza».

129    In primo luogo, occorre rilevare che né la BCE né il CRU si sono basati sulla situazione descritta all’articolo 18, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n. 806/2014, secondo la quale l’entità è considerata in dissesto o a rischio di dissesto quando «le attività dell’entità sono, o [quando] vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro saranno, inferiori alle passività».

130    Pertanto, l’insolvenza dell’entità non è una condizione per l’accertamento del dissesto o del rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014 e, pertanto, non è una condizione per l’adozione di un’azione di risoluzione.

131    A tale riguardo, come rilevato dal CRU, dal considerando 57 del regolamento n. 806/2014 risulta che:

«È opportuno che la decisione di assoggettare un’entità alla risoluzione sia adottata prima che un’entità finanziaria divenga insolvente a termini di bilancio (balance-sheet insolvent) e quando abbia ancora del capitale. La risoluzione dovrebbe essere avviata dopo aver determinato che l’ente è in dissesto o a rischio di dissesto e che nessuna misura alternativa del settore privato eviterebbe tale dissesto in tempi ragionevoli».

132    Ne consegue che l’insolvenza del Banco Popular non costituiva l’unica ipotesi in cui quest’ultimo poteva essere considerato in dissesto o a rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014.

133    Poiché la situazione prevista all’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014 non richiede che l’entità interessata sia insolvente, gli argomenti dei ricorrenti che sottolineano che il Banco Popular era solvibile alla data di adozione del programma di risoluzione sono inconferenti. Infatti, la circostanza che un’entità sia solvibile a termini di bilancio non implica che essa sia dotata di liquidità sufficiente, vale a dire dei fondi disponibili per pagare i propri debiti o altre passività in scadenza.

134    In secondo luogo, i ricorrenti ammettono che il Banco Popular aveva problemi di liquidità alla data di adozione del programma di risoluzione. Inoltre, essi non sollevano alcun argomento volto a contestare il fatto che il Banco Popular fosse, alla data di adozione del programma di risoluzione, nella situazione di cui all’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, ossia che il Banco Popular non sarebbe stato probabilmente in grado, in un prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza.

135    A tale riguardo, occorre rilevare che, nel considerando 23 del programma di risoluzione, il CRU, riferendosi alla valutazione effettuata dalla BCE, ha constatato che la posizione di liquidità del Banco Popular si era deteriorata in modo significativo a partire da ottobre 2016, a causa dei ritiri di depositi su tutti i segmenti di clientela. Esso ne ha dedotto che la banca non disponeva di opzioni sufficienti per ripristinare la sua liquidità al fine di assicurarsi che essa sarebbe stata in una posizione di stabilità che le consentisse di pagare le proprie passività in scadenza.

136    Nel programma di risoluzione, il CRU ha elencato i vari eventi che hanno portato, a partire da febbraio 2017, a un rapido deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular. Il CRU fa riferimento, in particolare, alla pubblicazione, nel febbraio 2017, della relazione annuale per il 2016 del Banco Popular che annunciava una perdita consolidata di 3,485 miliardi di EUR, la necessità di accantonamenti straordinari per 5,7 miliardi di EUR e la nomina di un nuovo presidente, nonché la pubblicazione, nel maggio 2017, della relazione finanziaria per il primo trimestre del 2017, che annunciava risultati meno buoni di quelli attesi dal mercato. Il CRU ha menzionato i declassamenti del rating del Banco Popular da parte di diverse agenzie di rating in febbraio, aprile e giugno 2017. Esso ha altresì rilevato che la copertura mediatica negativa e continua sui risultati finanziari e sul presunto rischio imminente di fallimento o di carenza di liquidità del Banco Popular aveva comportato un aumento dei ritiri di depositi.

137    Inoltre, il CRU ha indicato che, il 12 maggio 2017, il requisito in materia di copertura della liquidità del Banco Popular era sceso al di sotto della soglia minima dell’80% fissata dall’articolo 460, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 575/2013 e che, alla data di adozione del programma di risoluzione, il Banco Popular non era riuscito a ripristinare il rispetto di tale limite.

138    Nella sua relazione del 5 giugno 2017, relativa alla domanda di assistenza di liquidità di emergenza del Banco Popular, la BCE ha altresì indicato che, in conseguenza dell’assalto agli sportelli e di un notevole calo delle attività liquide di alta qualità (high quality liquid assets), il Banco Popular, il 12 maggio 2017, aveva violato la soglia dell’80% di copertura della liquidità e da allora non era stato in grado di ripristinare il rispetto dei limiti normativi.

139    L’articolo 412, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 definisce il requisito in materia di copertura della liquidità come segue:

«Gli enti detengono attività liquide, la somma del cui valore copre i deflussi di liquidità meno gli afflussi di liquidità in condizioni di stress, al fine di assicurare che gli enti mantengano livelli di riserve di liquidità adeguati per far fronte a eventuali squilibri tra gli afflussi e i deflussi in condizioni di forte stress per un periodo di trenta giorni. Nei periodi di stress gli enti possono usare le attività liquide per coprire i deflussi netti di liquidità».

140    Questi diversi elementi figurano negli orientamenti dell’Autorità bancaria europea (ABE), del 6 agosto 2015, sull’interpretazione delle diverse situazioni nelle quali un ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto (articolo 32, paragrafo 6, della direttiva 2014/59) (EBA/GL/2015/07) (in prosieguo: gli «orientamenti dell’ABE»).

141    Detti orientamenti, applicabili a partire dal 1° gennaio 2016, forniscono un insieme di elementi oggettivi per determinare se un ente sia in dissesto o a rischio di dissesto, secondo le situazioni previste all’articolo 32, paragrafo 4, lettere da a) a c), della direttiva 2014/59. La formulazione dell’articolo 32, paragrafo 4, lettera c), della direttiva 2014/59 è identica a quella dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

142    L’articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU, il Consiglio e la Commissione si adoperino per conformarsi agli orientamenti e alle raccomandazioni dell’ABE relativi al tipo di compiti che devono svolgere.

143    Secondo gli orientamenti dell’ABE, un ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 4, lettera c), della direttiva 2014/59, se viola i requisiti regolamentari in materia di liquidità, se non è in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, o se sussistono elementi oggettivi che consentano di concludere che ciò si verificherà nel prossimo futuro.

144    Tra gli elementi da considerare, gli orientamenti dell’ABE menzionano segnatamente, in primo luogo, significativi sviluppi negativi che interessano l’evoluzione della posizione di liquidità dell’ente e la sostenibilità economica del suo profilo di finanziamento, nonché la sua conformità con i requisiti minimi in materia di liquidità come previsti dal regolamento n. 575/2013, e con i requisiti aggiuntivi prescritti stabiliti ai sensi dell’articolo 105 del medesimo regolamento o con i requisiti minimi in materia di liquidità previsti dalla normativa nazionale; in secondo luogo, una significativa evoluzione negativa degli obblighi correnti e futuri dell’ente, la cui valutazione deve considerare, se del caso, i deflussi di liquidità attesi ed eccezionali, compresi i segnali emergenti di potenziali assalti agli sportelli; in terzo luogo, gli sviluppi che rischiano di danneggiare gravemente la reputazione dell’ente, in particolare significativi declassamenti del rating da parte di una o più agenzie di rating se conducono a deflussi sostanziali o all’incapacità di rinnovare il finanziamento o all’attivazione di clausole contrattuali (contractual triggers) basate sui rating esterni.

145    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, una carenza di liquidità costituiva una circostanza sufficiente per giustificare la risoluzione del Banco Popular, tanto più che tale situazione non era più provvisoria.

146    I diversi elementi presi in considerazione dalla BCE e dal CRU, conformemente agli orientamenti dell’ABE, peraltro non contestati dai ricorrenti, hanno consentito di concludere che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014, alla data di adozione del programma di risoluzione.

147    Pertanto, il CRU e la Commissione non sono incorsi in un errore manifesto di valutazione nel ritenere che la condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 fosse soddisfatta. Questa conclusione non è rimessa in discussione dalle censure sollevate dai ricorrenti.

1)      Sulla prima censura, relativa alla necessità di un’assistenza di liquidità

148    I ricorrenti sostengono che, ai sensi del considerando 57 del regolamento n. 806/2014, qualora possa essere concessa un’assistenza di liquidità, questa soluzione dovrebbe prevalere su una constatazione del dissesto della banca. La necessità di concedere liquidità si imporrebbe qualora, come nel caso di specie, siano state le istituzioni europee e le amministrazioni spagnole ad aver provocato la carenza di liquidità del Banco Popular. Essi invocano la dichiarazione della presidente del CRU del 23 maggio 2017 in occasione della sua intervista al canale televisivo Bloomberg, l’articolo di Reuters del 31 maggio 2017 e il fatto che le amministrazioni spagnole hanno ritirato depositi per miliardi di EUR presso il Banco Popular, che avrebbero provocato un crollo della quotazione delle azioni del Banco Popular e un assalto agli sportelli. Pertanto, i ricorrenti affermano, in sostanza, che il CRU non poteva concludere che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto, in quanto, dovendo quest’ultimo far fronte a un problema di liquidità, esso avrebbe dovuto anzitutto beneficiare di un’assistenza di liquidità.

149    Tale censura si basa su una lettura erronea della parte del considerando 57 del regolamento n. 806/2014 secondo la quale «[l]a mera circostanza che l’entità necessiti dello strumento di sostegno di emergenza alla liquidità fornito da una banca centrale non dovrebbe costituire di per sé prova sufficiente del fatto che essa non è, o in un prossimo futuro non è probabile che sia, in grado di pagare le obbligazioni in scadenza».

150    Tale considerando deve essere interpretato nel senso che il fatto che un’entità richieda e ottenga un’assistenza di liquidità di emergenza da una banca centrale nazionale non porta automaticamente a concludere che essa sia in dissesto o a rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014.

151    Orbene, come rilevato dalla Commissione, il dissesto del Banco Popular non sarebbe stato determinato dal semplice fatto di aver ricevuto un’assistenza di liquidità di emergenza o di aver avuto bisogno di un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

152    Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, dal considerando 57 del regolamento n. 806/2014 non si può dedurre che, qualora una banca affronti problemi di liquidità, debba esserle concessa assistenza di liquidità di emergenza prima dell’accertamento del suo dissesto.

153    Inoltre, al considerando 26, lettera c), del programma di risoluzione, il CRU ha constatato che, il 5 giugno 2017, il Banco Popular aveva ricevuto una prima assistenza di liquidità di emergenza, a seguito dell’assenza di obiezioni da parte della BCE, ma che la Banca di Spagna non era stata in grado di concedergli un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

154    A tale riguardo, occorre notare che, in una lettera del 5 giugno 2017, la Banca di Spagna ha chiesto alla BCE il suo accordo per concedere un’assistenza di liquidità di emergenza al Banco Popular per far fronte alla grave crisi di liquidità di cui quest’ultimo soffriva. Orbene, sin dallo stesso giorno, la Banca di Spagna ha inviato una nuova lettera alla BCE contenente una domanda di estensione dell’assistenza di liquidità di emergenza a favore del Banco Popular, in quanto quest’ultimo l’aveva informata di movimenti di liquidità estremamente significativi. Queste due lettere trasmesse lo stesso giorno alla BCE rivelano la rapidità con cui la posizione di liquidità del Banco Popular si era deteriorata.

155    Come indicato dai ricorrenti stessi, l’assalto continuato agli sportelli ha avuto come conseguenza che l’assistenza di liquidità di emergenza, concessa dalla Banca di Spagna, è stata esaurita in un solo giorno.

156    Va inoltre ricordato che, il 6 giugno 2017, a causa dell’entità e della rapidità dei prelievi di liquidità, la BCE e il Consiglio di amministrazione del Banco Popular hanno concluso che la banca non sarebbe più stata in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza il 7 giugno. Pertanto, essendo stato accertato il dissesto del Banco Popular, non era più ipotizzabile un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

157    Il CRU ha altresì constatato, all’articolo 3.2, lettera d), del programma di risoluzione, che un’assistenza di liquidità di emergenza sarebbe stata insufficiente alla luce della rapidità del deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular.

158    In merito a ciò, occorre rilevare che il CRU non svolge alcun ruolo nell’erogazione dell’assistenza di liquidità di emergenza, che rientra nella competenza delle banche centrali nazionali, come riconosciuto dai ricorrenti.

159    Di conseguenza, nel programma di risoluzione, il CRU ha potuto solamente constatare, da un lato, che la BCE, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, aveva ritenuto che l’assistenza di liquidità di emergenza da essa approvata non avrebbe consentito di risolvere la crisi di liquidità del Banco Popular e, dall’altro, che la Banca di Spagna non aveva concesso un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare al Banco Popular.

160    La prima censura deve quindi essere respinta.

2)      Sulla seconda censura, relativa alla violazione degli obblighi di riservatezza

161    I ricorrenti sostengono che il dissesto del Banco Popular è il risultato di una violazione da parte del CRU degli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 339 TFUE e agli articoli 88 e 89 del regolamento n. 806/2014. La situazione di carenza di liquidità del Banco Popular sarebbe stata causata dalle dichiarazioni del CRU e dalle fughe di informazioni del 23 e 31 maggio 2017, che avrebbero portato a un assalto agli sportelli e al crollo della quotazione delle azioni del Banco Popular. I ricorrenti sostengono che il CRU non poteva concludere che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto, in quanto tale situazione derivava dalla violazione degli obblighi di riservatezza del CRU.

162    La Commissione e il CRU affermano che la validità di un programma di risoluzione e della sua approvazione da parte della Commissione richiede unicamente che l’entità sia in dissesto e che le altre condizioni di risoluzione siano soddisfatte al momento dell’adozione della risoluzione. Le ragioni che hanno condotto a tale situazione sarebbero irrilevanti.

163    Si deve osservare che, anche laddove i ricorrenti avessero dimostrato che il CRU aveva divulgato informazioni riservate alla stampa, secondo una giurisprudenza costante, un’irregolarità come quella appena esaminata può comportare l’annullamento della decisione di cui trattasi se si dimostra che, in mancanza della stessa, la suddetta decisione avrebbe avuto un contenuto diverso (v. sentenze del 6 luglio 2000, Volkswagen/Commissione, T‑62/98, EU:T:2000:180, punto 283 e giurisprudenza ivi citata; del 5 aprile 2006, Degussa/Commissione, T‑279/02, EU:T:2006:103, punto 416 giurisprudenza ivi citata, e del 3 marzo 2011, Siemens/Commissione, T‑110/07, EU:T:2011:68, punto 402 e giurisprudenza ivi citata).

164    A questo proposito, come sostenuto dalla Commissione e dal CRU, un programma di risoluzione è validamente adottato quando sono soddisfatte le condizioni previste all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014, indipendentemente dai motivi che hanno portato l’entità in questione al dissesto o al rischio di dissesto.

165    Pertanto, il CRU, avendo ritenuto che le condizioni previste all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 fossero soddisfatte, ha adottato il programma di risoluzione e la Commissione, considerando che il programma di risoluzione fosse conforme alle disposizioni del regolamento n. 806/2014, lo ha approvato. Le circostanze che hanno condotto a che il Banco Popular soddisfacesse le condizioni che giustificavano l’adozione del programma di risoluzione, in particolare la condizione che esso fosse in dissesto o a rischio di dissesto, non sono pertinenti.

166    Ne consegue che le affermazioni dei ricorrenti secondo cui la dichiarazione della presidente del CRU del 23 maggio 2017 e l’articolo di Reuters del 31 maggio 2017, di cui al precedente punto 42, sarebbero la causa della crisi di liquidità del Banco Popular non sono pertinenti ai fini della determinazione del rispetto della condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 e, quindi, ai fini della valutazione della validità del programma di risoluzione.

167    A tale riguardo, l’asserito nesso di causalità tra le suddette divulgazioni e la crisi di liquidità del Banco Popular, invocato dai ricorrenti, è irrilevante e non può condurre all’annullamento del programma di risoluzione. Per contro, nei limiti in cui i ricorrenti sostengono che la dichiarazione della presidente del CRU del 23 maggio 2017 e l’articolo di Reuters del 31 maggio 2017 costituiscono una violazione da parte del CRU del suo obbligo di riservatezza che sarebbe all’origine del danno da essi subito, il loro contenuto sarà esaminato nell’ambito della seconda domanda risarcitoria.

168    I ricorrenti contestano l’argomento secondo cui le ragioni che hanno condotto la banca ad essere in dissesto non sarebbero pertinenti. Essi sostengono che, in un caso del genere, il CRU, la Commissione e il FROB disporrebbero di un margine discrezionale non previsto dal regolamento n. 806/2014 e che ciò sarebbe contrario al principio nemo auditur propriam turpitudinem allegans.

169    Per quanto riguarda il riferimento, da parte dei ricorrenti, a tale principio, secondo il quale nessuno può invocare il proprio comportamento illecito nei confronti di altri per ottenere un vantaggio, è sufficiente constatare, al pari del CRU, che tale principio non è applicabile nel caso di specie. Come rilevato dal CRU, tale principio si applica quando una parte cerca di trarre indebitamente profitto dal proprio comportamento illecito. Orbene, i ricorrenti non indicano quale vantaggio il CRU o la Commissione avrebbero tratto dall’adozione del programma di risoluzione.

170    Pertanto, la seconda censura dev’essere respinta.

3)      Sulla terza censura, relativa alla violazione del principio di buona amministrazione

171    I ricorrenti affermano che, poiché il CRU era all’origine della crisi di liquidità del Banco Popular, il CRU e la Commissione avevano l’obbligo di minimizzare il danno causato in forza del principio di buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta. Essi ritengono che il CRU e la Commissione abbiano violato il principio di buona amministrazione per non aver esaminato con cura e imparzialità il presunto dissesto del Banco Popular, per aver trascurato il fatto che esso fosse stato causato dalle dichiarazioni del CRU e dal ritiro massiccio dei depositi delle amministrazioni spagnole e per non aver considerato che la situazione avrebbe potuto essere risolta con un’assistenza di liquidità di emergenza. Essi sostengono altresì che il CRU e la Commissione hanno violato il principio di diligenza in quanto, pur essendo a conoscenza del fatto che le dichiarazioni del CRU avrebbero provocato la crisi di liquidità del Banco Popular, essi non avrebbero fatto alcunché per porvi rimedio ed evitare la risoluzione, in particolare mediante la concessione di un’assistenza di liquidità di emergenza.

172    Nella replica, i ricorrenti spiegano che, con tale censura, essi sostengono che, in forza del principio di buona amministrazione, il CRU e la Commissione avrebbero dovuto agire diversamente per quanto riguarda la risoluzione del Banco Popular, mitigando il danno causato dalla situazione di cui erano all’origine.

173    Si deve osservare che non appare chiaro il nesso invocato dai ricorrenti tra l’asserita violazione del principio di buona amministrazione e la violazione della condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014. Allo stesso modo, il riferimento a un danno che il CRU e la Commissione avrebbero dovuto mitigare è difficilmente comprensibile nel contesto dell’analisi del rispetto di tale condizione.

174    Inoltre, occorre ricordare che dall’analisi della seconda censura risulta che le cause che hanno condotto il Banco Popular ad essere in dissesto o a rischio di dissesto non sono pertinenti per determinare se la condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 fosse soddisfatta e, pertanto, ai fini della valutazione della legittimità delle decisioni impugnate. A tale riguardo, da un lato, i ricorrenti non spiegano in quale misura, se il CRU e la Commissione avessero tenuto conto di tali circostanze, non sarebbe stato possibile constatare il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular sulla base della sua carenza di liquidità, né, pertanto, constatare che la condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 fosse soddisfatta. Dall’altro lato, gli argomenti dei ricorrenti non tengono nemmeno conto del fatto che l’accertamento del dissesto o del rischio di dissesto del Banco Popular risulta dalla valutazione effettuata dalla BCE.

175    Per quanto riguarda l’argomento secondo cui il CRU e la Commissione non avrebbero tenuto conto del fatto che si poteva porre rimedio alla situazione del Banco Popular mediante un’assistenza di liquidità di emergenza da parte della Banca di Spagna, è sufficiente rinviare all’analisi della prima censura e ricordare che una siffatta misura rientra nella competenza delle banche centrali nazionali.

176    Per quanto riguarda l’argomento secondo il quale il CRU e la Commissione avrebbero dovuto rimediare alla situazione del Banco Popular, al fine di evitare la risoluzione, con misure di intervento precoce conformemente all’articolo 13 del regolamento n. 806/2014, è sufficiente constatare che i ricorrenti non spiegano a quale tipo di misure rientranti nella competenza del CRU o della Commissione essi facciano riferimento. L’adozione di misure di intervento precoce di cui all’articolo 13 del regolamento n. 806/2014 è di competenza della BCE e delle autorità nazionali competenti.

177    Pertanto, occorre respingere la terza censura e, di conseguenza, la prima parte.

b)      Sulla seconda parte, vertente sulla violazione dellarticolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014

178    I ricorrenti deducono una violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014, dovuta al fatto che il CRU non avrebbe valutato correttamente le soluzioni alternative alla risoluzione. Essi sostengono che esistevano diverse misure possibili, alternative alla risoluzione.

179    In primo luogo, i ricorrenti ritengono che la concessione della totalità dell’assistenza di liquidità di emergenza autorizzata inizialmente dalla BCE e gli sforzi del Banco Popular per raccogliere fondi fino al 16 giugno 2017 avrebbero consentito la prosecuzione delle sue attività fino al 21 giugno 2017 e l’attuazione di una procedura di vendita privata o di un aumento di capitale.

180    Occorre ricordare che, dall’analisi della prima censura della prima parte, risulta che il CRU ha constatato, nel programma di risoluzione, che la Banca di Spagna, dopo aver concesso una prima assistenza di liquidità di emergenza al Banco Popular il 5 giugno 2017, non era in grado di concedergli un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare. Dato che la concessione di un’assistenza di liquidità di emergenza rientra nella competenza delle banche centrali nazionali, il CRU non poteva che prendere atto dell’indisponibilità di un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

181    A questo proposito, i ricorrenti sostengono che sarebbe stata possibile un’estensione dell’assistenza di liquidità di emergenza a favore del Banco Popular, nonostante il rifiuto della Banca di Spagna di concedere una nuova assistenza di liquidità di emergenza al Banco Popular. Essi affermano che una valutazione più realistica delle garanzie avrebbe consentito la concessione dell’assistenza di liquidità di emergenza supplementare richiesta dal Banco Popular e che, anche in caso di garanzie insufficienti da parte del Banco Popular, lo Stato spagnolo avrebbe potuto fornire tale garanzia. I ricorrenti ritengono che anche il FROB avrebbe potuto fornire liquidità al Banco Popular.

182    È sufficiente constatare che tali argomenti si basano su mere congetture riguardanti un aiuto che avrebbe potuto essere concesso al Banco Popular da terzi e, segnatamente, dalle autorità spagnole.

183    Si deve altresì rilevare che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 6, del regolamento n. 806/2014, «[l]e decisioni o azioni del [CRU], del Consiglio o della Commissione non impongono agli Stati membri di fornire un sostegno finanziario pubblico straordinario né interferiscono con la sovranità e le competenze degli Stati membri in materia di bilancio». Né il CRU né la Commissione disponevano quindi della possibilità di imporre alle autorità spagnole di fornire un sostegno finanziario, sotto forma di liquidità o di garanzie, al Banco Popular.

184    Inoltre, occorre osservare che, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, la BCE ha indicato che, anche con il ricorso all’assistenza di liquidità di emergenza cui il consiglio direttivo della BCE, il 5 giugno 2017, non aveva obiettato, la liquidità alla data della valutazione non era sufficiente a garantire la capacità del Banco Popular di pagare le proprie passività al più tardi entro il 7 giugno 2017.

185    Pertanto, la premessa sulla quale si fondano gli argomenti dei ricorrenti, secondo la quale il Banco Popular avrebbe potuto beneficiare della totalità dell’assistenza di liquidità di emergenza che era stata inizialmente autorizzata dalla BCE, deve essere respinta. Ne consegue che le soluzioni alternative menzionate dai ricorrenti, in quanto subordinate alla concessione di tale assistenza di liquidità di emergenza supplementare, non erano ipotizzabili. Inoltre, l’affermazione dei ricorrenti, secondo cui la concessione della totalità dell’assistenza di liquidità di emergenza avrebbe consentito al Banco Popular di proseguire le sue attività fino al 21 giugno 2017, è una mera supposizione che non tiene conto delle conseguenze della prosecuzione dei deflussi di depositi, né della loro entità.

186    In secondo luogo, i ricorrenti affermano, in sostanza, che il CRU non ha sufficientemente motivato, all’articolo 3 del programma di risoluzione, le ragioni per le quali altre misure non erano ipotizzabili.

187    A tale riguardo, occorre rilevare che, all’articolo 3 del programma di risoluzione, il CRU, tenendo conto della valutazione della BCE, ha concluso che non esisteva alcuna misura alternativa idonea a evitare il dissesto del Banco Popular in tempi ragionevoli e che la condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014 era soddisfatta.

188    Più in particolare, all’articolo 3.2 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che non si poteva ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato avrebbe permesso di evitare il dissesto del Banco Popular. La mancanza di misure siffatte poteva essere dedotta, in particolare, dalle seguenti circostanze:

–        la banca stessa, in una lettera indirizzata alla BCE il 6 giugno 2017, avrebbe riconosciuto di essere a rischio di dissesto;

–        la procedura di vendita privata non aveva condotto a un risultato positivo entro un termine che consentisse alla banca di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza;

–        era poco probabile che la banca fosse in grado di raccogliere, nei tempi necessari, liquidità supplementari sufficienti mediante operazioni di mercato, operazioni della banca centrale o mediante misure previste nel suo fondo di riserva e nei suoi piani di rilancio;

–        un’assistenza di liquidità di emergenza sarebbe stata insufficiente, tenuto conto della rapidità del deterioramento della posizione di liquidità.

189    All’articolo 3.3 del programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che non si potesse ragionevolmente prospettare che misure sotto forma di azione di vigilanza, tra cui misure di intervento precoce, avrebbero permesso di evitare il dissesto del Banco Popular. Il CRU ha rilevato che, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, la BCE aveva confermato che non erano disponibili misure sotto forma di azione di vigilanza o di intervento precoce che avrebbero potuto ripristinare la posizione di liquidità della banca in modo immediato e che avrebbero potuto consentirle di disporre di tempo sufficiente per attuare un’operazione imprenditoriale o un’altra soluzione. Le misure a disposizione della BCE in qualità di autorità competente, in forza della trasposizione nazionale dell’articolo 104 della direttiva 2013/36 e degli articoli da 27 a 29 della direttiva 2014/59 o ai sensi dell’articolo 16 del regolamento n. 1024/2013, non potevano garantire che la banca sarebbe stata in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, tenuto conto dell’entità e della rapidità del deterioramento della posizione di liquidità osservato.

190    All’articolo 3.4 del programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che mancasse altresì qualsiasi prospettiva ragionevole che l’esercizio del potere di svalutazione e di conversione degli strumenti di capitale, ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 806/2014, avrebbe permesso di evitare il dissesto del Banco Popular in tempi ragionevoli. In particolare, il CRU ha considerato che, poiché il Banco Popular si trovava in dissesto o a rischio di dissesto a causa della sua posizione di liquidità, la svalutazione e la conversione del capitale non sarebbero state sufficienti a ripristinare la liquidità della banca.

191    Tali disposizioni figurano integralmente nella versione del programma di risoluzione pubblicata sul sito Internet del CRU il 2 febbraio 2018 e allegata alla replica. Ne deriva che i ricorrenti non possono sostenere che il CRU non ha giustificato, nel programma di risoluzione, le ragioni per le quali non erano ipotizzabili misure sotto forma di azione di vigilanza, tra cui misure di intervento precoce o di intervento del settore privato.

192    Inoltre, come rilevato dalla Commissione e dal CRU, alla luce della formulazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014, il CRU poteva limitarsi a valutare le misure alternative idonee ad evitare il dissesto del Banco Popular entro un termine ragionevole, tenuto conto del tempo disponibile e delle circostanze.

193    In terzo luogo, i ricorrenti sostengono che era possibile un aumento di capitale del Banco Popular. Supponendo che la carenza di liquidità del Banco Popular fosse dovuta a una decapitalizzazione, essi affermano che il Banco Popular necessitava da 2 a 5 miliardi di EUR. Essi rilevano che, secondo la stampa, alcune banche d’investimento stavano lavorando a un aumento di capitale pari a 4 o 5 miliardi di EUR. Secondo gli analisti specializzati, tale aumento di capitale sarebbe stato praticabile per due ragioni. Da un lato, circa il 31,5% del capitale sociale del Banco Popular sarebbe stato detenuto da grandi investitori, i quali sarebbero stati disposti a sottoscrivere un aumento di capitale nel 2017. Dall’altro lato, nel maggio 2017, prima delle dichiarazioni della presidente del CRU, gli analisti avrebbero ritenuto che le azioni del Banco Popular erano sottoquotate e che, quindi, vi era fiducia nella rivalutazione di tali azioni. Essi richiamano una lettera della Barclays Bank del 3 giugno 2017 e una lettera della Deutsche Bank del 5 giugno 2017, inviate al Banco Popular, in cui si precisava che esse erano disposte a partecipare a un aumento di capitale.

194    Occorre rilevare che, come indicato dai ricorrenti stessi, tale soluzione si basa sull’ipotesi che la carenza di liquidità del Banco Popular fosse dovuta a una decapitalizzazione. Orbene, è sufficiente ricordare che la carenza di liquidità del Banco Popular derivava da ingenti deflussi di depositi causata da una perdita di fiducia dei depositanti e che solo una misura idonea a generare rapidamente una liquidità sufficiente per consentire al Banco Popular di pagare le proprie passività entro il 7 giugno 2017 doveva essere considerata una soluzione alternativa praticabile. I ricorrenti non hanno dimostrato che ciò sarebbe avvenuto nel caso dell’aumento di capitale da essi invocato, il quale, peraltro, è puramente ipotetico e sarebbe stato, in ogni caso, successivo a tale data.

195    Per quanto riguarda la lettera della Barclays Bank del 3 giugno 2017 e la lettera della Deutsche Bank del 5 giugno 2017, i ricorrenti hanno prodotto estratti di tali lettere in allegato alla replica. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 6 maggio 2019, i ricorrenti hanno prodotto una nuova offerta di prova ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, diretta a produrre la versione integrale di queste due lettere a seguito della loro pubblicazione sul sito Internet di Diario 16, il 9 aprile 2019. Nell’ambito di un articolo intitolato «La risoluzione e la vendita del Banco Popular non erano conformi ai requisiti di legge», il sito Internet Diario 16 ha divulgato un certo numero di documenti, tra i quali, integralmente, la lettera della Barclays Bank del 3 giugno 2017 e la lettera della Deutsche Bank del 5 giugno 2017.

196    A questo proposito, l’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura prevede che, in via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento o prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato.

197    Indicando di non aver avuto accesso alla versione integrale di tali lettere prima della loro diffusione su Internet, il 9 aprile 2019, i ricorrenti hanno giustificato le ragioni per le quali non hanno potuto produrli in allegato alle loro precedenti memorie. Occorre dunque considerare ricevibili tali nuove prove.

198    Per quanto riguarda il tenore delle due lettere summenzionate, si deve osservare che esse non contengono alcun impegno vincolante della Barclays Bank o della Deutsche Bank a partecipare a un aumento di capitale del Banco Popular, ma riflettono semplici discussioni su un potenziale aumento di capitale futuro. Tali lettere rivelano che, alla data del loro invio, il progetto di aumento di capitale del Banco Popular era ancora in una fase di elaborazione molto precoce.

199    Infatti, nella sua lettera del 3 giugno 2017 al Banco Popular, la Barclays Bank fa riferimento unicamente a recenti discussioni riguardanti un aumento di capitale, il cui scopo sarebbe stato, per il Banco Popular, quello di soddisfare il suo fabbisogno di accantonamenti supplementari e di raggiungere livelli di capitale notevolmente più elevati, al fine di mitigare le sfide derivanti da una particolare esposizione in materia immobiliare e da altre attività in sofferenza, cui essa doveva far fronte.

200    In tale lettera, la Barclays Bank ha ribadito il suo sostegno al Banco Popular e ha indicato di essere in grado di assisterla in questa importante operazione. La Barclays Bank ha manifestato il proprio interesse a sottoscrivere come global coordinator o bookrunner per il 50% dell’operazione a condizioni di mercato. Essa ha formulato riserve giuridiche indicando che «qualsiasi impegno o offerta riguardante una sottoscrizione di questo tipo si tradurrebbe in uno o più accordi separati da concludere tra il Banco Popular e [la stessa], sempre che le condizioni del mercato siano soddisfacenti, un controllo preventivo abbia dato buoni risultati, le parti si siano accordate sulle condizioni e sui prezzi a tale data (...) e siano state ottenute tutte le autorizzazioni interne richieste». Infine, la Barclays Bank ha sottolineato che tale lettera non costituiva un’offerta di sottoscrivere l’operazione o qualsivoglia finanziamento e non mirava a creare un rapporto giuridico tra essa e il Banco Popular.

201    Pertanto, in detta lettera, da un lato, nulla indica che la Barclays Bank fosse disposta a partecipare finanziariamente a siffatto aumento di capitale e, dall’altro lato, quest’ultima non menziona la crisi di liquidità che il Banco Popular stava affrontando e non propone alcuna soluzione per porvi rimedio.

202    Nella sua lettera del 5 giugno 2017 al Banco Popular, la Deutsche Bank menziona unicamente il suo interesse a garantire il 50% di un possibile aumento di capitale di 4 miliardi di EUR. La Deutsche Bank indica soltanto che «vi sono evidentemente talune condizioni, ma [che] la lettera si basa sulla nostra convinzione che, in circostanze che riteniamo possano essere soddisfatte realisticamente, potrebbe essere realizzato un aumento [di capitale] che stabilizzerebbe la banca». La Deutsche Bank affermava di aver contattato diversi investitori e di ritenere che, «ovviamente senza alcuna certezza assoluta», sarebbe stato possibile un aumento di capitale.

203    Tale lettera, quindi, non può essere interpretata nel senso che essa contenga un impegno definitivo della Deutsche Bank a partecipare a un aumento di capitale del Banco Popular e non riguarda una soluzione diretta a risolvere la crisi di liquidità del Banco Popular.

204    Peraltro, i ricorrenti rilevano che il Banco Popular, nel suo piano relativo al capitale dell’aprile 2017, avrebbe previsto che l’aumento di capitale potesse essere realizzato in un mese. È sufficiente rilevare che, in tale documento, il Banco Popular menziona un termine da uno a tre mesi per realizzare un aumento di capitale e che il termine previsionale di un mese è calcolato a partire dalla firma del contratto di sottoscrizione. Orbene, poiché nessuna offerta vincolante è stata formulata in vista di un aumento di capitale, tale argomento non può essere accolto.

205    Inoltre, la prospettiva che un aumento di capitale consentisse di generare liquidità sufficiente per evitare la risoluzione del Banco Popular, è contraddetta dal fatto che il consiglio di amministrazione del Banco Popular ha concluso, il 6 giugno 2017, che la banca era a rischio di dissesto.

206    Pertanto, i ricorrenti non spiegano in che modo tale aumento di capitale avrebbe potuto concretizzarsi in un termine sufficientemente breve per consentire un apporto di liquidità idoneo ad evitare il dissesto del Banco Popular, né in che modo esso sarebbe stato in grado di arginare i deflussi di depositi e di ripristinare la posizione di liquidità del Banco Popular a lungo termine. I ricorrenti non hanno quindi dimostrato che un aumento di capitale costituiva una soluzione alternativa praticabile alla risoluzione del Banco Popular.

207    In quarto luogo, i ricorrenti sostengono che era possibile una separazione delle attività del Banco Popular. Essi rilevano che il Banco Popular stava lavorando a una vendita delle sue attività immobiliari per 6 miliardi di EUR e che esso aveva indicato, il 5 maggio 2017, che erano stati fatti progressi in tal senso. Secondo i ricorrenti, i fatti successivi avrebbero confermato che la separazione di tutte o parte delle attività in sofferenza del Banco Popular era possibile. Il Banco Santander avrebbe messo in vendita il 51% delle attività pignorate e dei crediti deteriorati del Banco Popular dopo la sua acquisizione e i fondi internazionali avrebbero manifestato interesse ad acquisire tali attività. Inoltre, il Banco Popular avrebbe dichiarato, nel maggio 2017, che esso intendeva vendere le sue attività non strategiche e che avrebbe ricevuto offerte vincolanti per diverse di tali attività. I ricorrenti sostengono che, anche supponendo che non ci fosse un acquirente immediato per le attività in sofferenza e per le attività non strategiche del Banco Popular, sarebbe stato possibile trasferirle a un ente-ponte. La vendita separata delle attività avrebbe permesso al Banco Popular di ottenere liquidità a breve termine per continuare le sue attività per alcune settimane e realizzare così la vendita privata o un aumento di capitale.

208    Occorre rilevare che gli argomenti dei ricorrenti si fondano su mere supposizioni riguardo al fatto che fosse possibile vendere talune attività. Essi affermano che il Banco Popular avrebbe potuto vendere attività in sofferenza o attività non strategiche, senza spiegare quali sarebbero state nello specifico tali attività, per quale importo avrebbero potuto essere vendute, se vi fossero acquirenti interessati a tali acquisizioni o ancora se fossero in corso operazioni al riguardo. A questo proposito, occorre rilevare che i ricorrenti stessi invocano l’ipotesi che non vi fossero acquirenti immediati per tali attività. Ne consegue che i ricorrenti non dimostrano che le vendite delle attività erano effettivamente realizzabili entro un lasso di tempo sufficientemente breve per consentire al Banco Popular di generare liquidità sufficienti per far fronte all’assalto agli sportelli ed evitare di essere in dissesto o a rischio di dissesto il 6 giugno 2017.

209    Per quanto riguarda la possibilità invocata dai ricorrenti, nell’ipotesi in cui non vi fosse stato un acquirente immediato, di trasferire le attività in sofferenza o le attività non strategiche a un ente-ponte per venderle successivamente in applicazione degli articoli 25 e 26 del regolamento n. 806/2014, è sufficiente constatare che non si tratta di soluzioni alternative alla risoluzione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014, bensì di altri strumenti di risoluzione il cui utilizzo presuppone per definizione che l’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto.

210    Riguardo alla circostanza dedotta dai ricorrenti secondo cui, il 5 maggio 2017, il Banco Popular avrebbe informato che erano stati compiuti progressi nella vendita delle attività immobiliari, è sufficiente constatare che i ricorrenti non dimostrano che tale progetto avrebbe potuto giungere a compimento prima dell’accertamento del dissesto del Banco Popular.

211    Quanto all’affermazione dei ricorrenti secondo cui il Banco Popular avrebbe ricevuto offerte vincolanti per diverse sue attività, occorre rilevare che essa non è corroborata da alcun elemento di prova. Facendo esclusivo riferimento ad articoli di stampa, i ricorrenti menzionano la vendita della Targo Bank al Crédit mutuel il 2 giugno 2017 e discussioni in vista della vendita della TotalBank per 500 milioni di EUR. Orbene, è sufficiente rilevare, da un lato, che la vendita della Targo Bank non ha impedito il dissesto del Banco Popular e, dall’altro, che i ricorrenti non hanno dimostrato che la vendita della TotalBank avrebbe potuto intervenire entro un lasso di tempo ragionevole che consentisse al Banco Popular di trovare disponibilità liquide sufficienti per pagare le sue passività il 7 giugno 2017.

212    Per quanto riguarda la circostanza dedotta dai ricorrenti secondo cui, successivamente alla vendita del Banco Popular, il Banco Santander ha realizzato vendite di attività, è sufficiente constatare che essa non è pertinente ai fini della valutazione della legittimità del programma di risoluzione.

213    Infine, occorre rilevare, al pari del CRU, che è meramente speculativo sostenere che tali operazioni di vendita delle attività avrebbero potuto essere realizzate con successo, anche nel caso in cui il Banco Popular avesse avuto più tempo a disposizione. In ogni caso, i ricorrenti non spiegano, anche supponendo che tali vendite di attività avessero potuto aver luogo entro un termine sufficientemente breve per consentire un nuovo apporto di liquidità, in che modo tali misure avrebbero consentito di arginare i ritiri di depositi e di ristabilire la fiducia del mercato e, pertanto, di interrompere i deflussi di liquidità e di ripristinare la sostenibilità economica del Banco Popular a lungo termine.

214    I ricorrenti sostengono altresì che, il 5 giugno 2017, la BCE avrebbe constatato che il Banco Popular prevedeva un aumento di capitale con cessione di attività non strategiche e un piano di cessione di attività e che essa non avrebbe affermato che tali soluzioni erano impossibili da attuare.

215    Con tale argomento, i ricorrenti fanno riferimento alla valutazione della BCE, del 5 giugno 2017, sulla domanda di assistenza di liquidità di emergenza del Banco Popular, in cui la BCE ha descritto gli elementi oggettivi relativi all’evoluzione della posizione di liquidità del Banco Popular, quali l’evoluzione del requisito in materia di copertura della liquidità, della sua capacità di riequilibrio (counterbalancing capacity) e dei deflussi di depositi, nonché l’attuazione di misure generatrici di liquidità adottate dalla banca e ancora in corso. A tale riguardo, la BCE ha indicato che, secondo le informazioni fornite dal Banco Popular, era attesa una raccolta di liquidità supplementare per metà giugno attraverso la riduzione dell’indebitamento, la vendita di obbligazioni e la vendita di attività in sofferenza.

216    Si deve osservare che la BCE ha effettuato unicamente una descrizione fattuale dell’evoluzione della posizione di liquidità del Banco Popular e, come essa precisa, sulla base di dati forniti dalla banca stessa. Non si trattava, per la BCE, di pronunciarsi sulla fattibilità delle misure previste dalla banca. Inoltre, viene precisato che tali misure dovevano fornire nuove liquidità al Banco Popular a metà del mese di giugno, ossia successivamente alla risoluzione.

217    Per contro, occorre rilevare che, il 6 giugno 2017, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, la BCE ha considerato che, sebbene il Banco Popular avesse elaborato varie misure per generare liquidità supplementari nelle settimane precedenti ed avesse iniziato ad attuarle, l’entità degli afflussi realizzati e ancora attesi era insufficiente a porre rimedio al deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular alla data della valutazione. Essa ha altresì indicato che il Banco Popular aveva solo opzioni molto limitate per ottenere fondi mediante transazioni regolarmente negoziate sul mercato o mediante operazioni della banca centrale nazionale e che esso non era in grado di raccogliere liquidità sufficienti per mezzo delle misure previste nei suoi piani di finanziamento di emergenza e di rilancio. La BCE ha rilevato che il Banco Popular aveva già attuato diverse misure per risanare la sua posizione di liquidità, ma che, tuttavia, tali misure non erano state alla fine sufficienti per contrastare il deterioramento della sua posizione di liquidità.

218    In quinto luogo, i ricorrenti sostengono che la vendita privata del Banco Popular a un terzo avrebbe potuto essere realizzata. Tale soluzione sarebbe stata esclusa dal CRU a causa di un problema di tempistiche, tenuto conto della carenza di liquidità, e non di sostenibilità economica. Mentre diversi enti avrebbero presentato offerte, manifestando così il loro interesse all’acquisizione del Banco Popular, le autorità europee avrebbero invitato soltanto due potenziali acquirenti a partecipare alla procedura di vendita all’inizio di giugno 2017. Essi aggiungono che è errato affermare che la procedura di vendita privata era fallita nel maggio 2017, in quanto gli enti interessati all’acquisizione del Banco Popular avevano tempo fino alla fine di giugno 2017 per presentare un’offerta.

219    Occorre sottolineare che tale argomento si basa su un’erronea comprensione dei fatti.

220    Come indicato al precedente punto 59, la BCE aveva constatato, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, che le trattative nell’ambito della procedura di vendita privata non avevano fino ad allora condotto a un risultato positivo e che la realizzazione di tale vendita non era prevedibile entro un termine che consentisse al Banco Popular di poter pagare i propri debiti o altre passività in scadenza.

221    Si deve anche considerare che, poiché il 6 giugno 2017 il consiglio di amministrazione del Banco Popular aveva riconosciuto che la banca era in dissesto o a rischio di dissesto, esso ha pertanto ammesso che la realizzazione della vendita privata non era più una soluzione ipotizzabile a tale data.

222    Al considerando 26 del programma di risoluzione, il CRU ha quindi descritto le misure adottate dal Banco Popular per tentare di rimediare ai propri problemi di liquidità, tra cui una procedura di vendita privata avviata in aprile 2017. Il CRU ha rilevato che la scadenza per la presentazione delle offerte da parte di potenziali acquirenti era stata inizialmente fissata per il 10 giugno 2017 e che, all’inizio di giugno, essa era stata prorogata a fine giugno 2017. Esso ha rilevato che, tuttavia, alla data di adozione del programma di risoluzione, tale procedura non aveva avuto esito positivo.

223    All’articolo 3.2 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che non si poteva ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato avrebbe permesso di evitare il dissesto del Banco Popular e che la mancanza di tali misure poteva essere dedotta, in particolare, dal fatto che la procedura di vendita privata non aveva condotto a un risultato positivo entro un termine che avrebbe consentito alla banca di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza. All’articolo 6.6 del programma di risoluzione, il CRU ha altresì rilevato che, nel periodo immediatamente precedente la risoluzione, il Banco Popular aveva avviato una procedura di vendita privata e che, nella settimana del 29 maggio 2017, era emerso che tale procedura sarebbe fallita.

224    Il CRU ha dunque constatato che, alla data di adozione del programma di risoluzione, la procedura di vendita privata avviata dal Banco Popular era fallita. Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, nessun potenziale acquirente partecipante a tale procedura aveva presentato un’offerta vincolante per l’acquisizione del Banco Popular.

225    Poiché la procedura di vendita privata avviata dalla banca, sin da aprile 2017, non aveva condotto ad alcuna offerta vincolante e aveva richiesto una proroga della scadenza per la presentazione delle offerte, non era ipotizzabile che essa potesse concludersi prima che il Banco Popular fosse dichiarato in dissesto o a rischio di dissesto. Il fatto che i potenziali acquirenti avessero tempo fino alla fine del mese di giugno per presentare un’offerta non è idoneo a rimettere in discussione tale constatazione. I ricorrenti non hanno quindi dimostrato che la procedura di vendita privata costituiva una soluzione ipotizzabile alternativa alla risoluzione.

226    In sesto luogo, i ricorrenti sostengono che, anche laddove nessuna delle misure alternative summenzionate fosse stata praticabile, la concessione di un aiuto di Stato o di un finanziamento del FRU avrebbe consentito di evitare il tracollo del Banco Popular. Essi ritengono che nulla impedisse allo Stato spagnolo di investire temporaneamente nel capitale del Banco Popular.

227    A tale riguardo, è sufficiente constatare, da un lato, che, in forza dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014, nell’ambito del programma di risoluzione, in sede di applicazione degli strumenti di risoluzione, il CRU può utilizzare il FRU solo nella misura necessaria ad assicurare l’efficace applicazione degli strumenti di risoluzione al fine, in particolare, di erogare prestiti all’ente soggetto a una procedura di risoluzione. Da ciò emerge chiaramente che tale possibilità può essere prevista solo nell’ambito di un’azione di risoluzione e non costituisce in nessun caso una misura alternativa a quest’ultima.

228    Dall’altro lato, dal precedente punto 183 risulta che solo le autorità nazionali competenti possono decidere se concedere o meno un aiuto e che né il CRU né la Commissione sono in grado di imporre a uno Stato membro di concedere un aiuto a un’entità.

229    Inoltre, come rilevato dalla Commissione, una soluzione del genere sarebbe contraria agli obiettivi della risoluzione, che mira a limitare i costi sostenuti dai contribuenti. Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 806/2014, uno degli obiettivi della risoluzione è salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario.

230    Da quanto precede risulta che i ricorrenti non hanno dimostrato l’esistenza di soluzioni alternative praticabili di cui il CRU avrebbe dovuto tener conto.

231    Pertanto, il CRU e la Commissione non sono incorsi in un errore manifesto di valutazione nel ritenere che la condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014 fosse soddisfatta, cosicché la seconda parte deve essere respinta.

c)      Sulla terza parte, vertente sulla violazione dellarticolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014

232    I ricorrenti sostengono che il CRU ha violato l’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014 in quanto l’interesse pubblico non può ledere i principi fondamentali del diritto dell’Unione e il CRU avrebbe dovuto bilanciare diversi interessi. Il CRU avrebbe quindi dovuto constatare che l’interesse pubblico non giustificava una violazione del principio di proporzionalità né un intervento discriminatorio e arbitrario.

233    L’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 prevede che, ai fini del paragrafo 1, lettera c), di tale articolo, l’azione di risoluzione è considerata nell’interesse pubblico se è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 del medesimo regolamento ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura.

234    Gli obiettivi della risoluzione, elencati all’articolo 14, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 806/2014, sono i seguenti: garantire la continuità delle funzioni essenziali; evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio; salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario; tutelare i depositanti e gli investitori; tutelare i fondi e le attività dei clienti.

235    Il rispetto della condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014 presuppone di verificare che gli obiettivi di cui all’articolo 14 di tale regolamento, in particolare quello di garantire la continuità delle funzioni essenziali e preservare la stabilità finanziaria, saranno meglio raggiunti mediante un’azione di risoluzione anziché con la liquidazione dell’ente.

236    Nella fattispecie, all’articolo 4 del programma di risoluzione, il CRU, bilanciando gli obiettivi della risoluzione precisati all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014 con la natura e le circostanze del caso in esame, ha concluso che la risoluzione sotto forma di strumento per la vendita dell’attività d’impresa era necessaria nell’interesse pubblico ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014.

237    All’articolo 4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha rilevato che la risoluzione era necessaria e proporzionata agli obiettivi previsti all’articolo 14, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 806/2014, ossia garantire la continuità delle funzioni essenziali ed evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato. Esso ha indicato che la liquidazione del Banco Popular secondo una procedura ordinaria di insolvenza non avrebbe consentito di realizzare tali obiettivi nella stessa misura. Il CRU ha poi effettuato, all’articolo 4.4 del programma di risoluzione, un’analisi alla luce degli obiettivi della risoluzione, tenuto conto delle circostanze esistenti a tale data.

238    Inoltre, occorre ricordare che, al considerando 4 della decisione 2017/1246, che approva il programma di risoluzione, la Commissione ha espressamente indicato di essere d’accordo con il programma di risoluzione e, in particolare, di concordare con il CRU sulle ragioni per le quali la risoluzione era necessaria nell’interesse pubblico a norma dell’articolo 5 del regolamento n. 806/2014.

239    Gli argomenti dei ricorrenti non sono idonei a rimettere in discussione le constatazioni del CRU e della Commissione secondo le quali la condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014 era soddisfatta.

240    Da un lato, i ricorrenti non asseriscono che il programma di risoluzione non risponda agli obiettivi di interesse pubblico di cui all’articolo 14, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 806/2014, inteso a tutelare le funzioni essenziali del Banco Popular e a preservare la stabilità finanziaria. Dall’altro lato, i ricorrenti non deducono alcun argomento idoneo a dimostrare che tali obiettivi sarebbero stati raggiunti se il Banco Popular fosse stato sottoposto a liquidazione secondo una procedura ordinaria di insolvenza.

241    In primo luogo, i ricorrenti sostengono che il programma di risoluzione è contrario al principio di proporzionalità. Le limitazioni al diritto di proprietà previste all’articolo 17 della Carta, come nel caso di una risoluzione, dovrebbero essere necessarie e proporzionate allo scopo perseguito. I requisiti di proporzionalità sarebbero previsti all’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014. Essi invocano l’articolo 14, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014, ai sensi del quale l’azione di risoluzione deve evitare la distruzione del valore.

242    I ricorrenti affermano, in sostanza, che l’azione di risoluzione non soddisfa il criterio dell’interesse pubblico di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014, in quanto comporta una violazione sproporzionata dei loro diritti di proprietà e un’inutile distruzione di valore.

243    Orbene, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, il rispetto della condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014 non comporta, da parte del CRU, un bilanciamento dei diversi interessi da essi invocati, ossia, da un lato, l’interesse pubblico a procedere alla risoluzione della banca e, dall’altro, gli interessi privati degli azionisti.

244    È giocoforza constatare che i ricorrenti si fondano su una lettura erronea dell’articolo 14, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014, il quale prevede che, «[n]el perseguire gli obiettivi di cui al primo comma, il [CRU], il Consiglio e la Commissione e, se del caso, le autorità di risoluzione nazionali, cercano di ridurre al minimo i costi della risoluzione e di evitare la distruzione del valore, a meno che essa non sia necessaria per conseguire gli obiettivi della risoluzione».

245    Infatti, da tale disposizione risulta che gli obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 806/2014 devono essere conseguiti, per quanto possibile, con uno strumento di risoluzione che comporti la minore distruzione di valore. Tuttavia, come precisa tale disposizione, qualora la distruzione del valore conseguente allo strumento di risoluzione scelto sia necessaria per la realizzazione di tali obiettivi e quindi per l’interesse pubblico, la risoluzione non può essere considerata sproporzionata.

246    In aggiunta, come sottolineato dalla Commissione, la distruzione del valore ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 non riguarda unicamente gli interessi patrimoniali degli azionisti e dei detentori di strumenti di capitale dell’entità, ma anche quelli dei suoi depositanti, dei suoi dipendenti e degli altri creditori.

247    Inoltre, occorre rilevare che, all’articolo 4.5 del programma di risoluzione, il CRU ha concluso che la risoluzione contribuiva anche a minimizzare la distruzione del valore, tenendo conto del fatto che una liquidazione del Banco Popular avrebbe comportato perdite maggiori per i creditori rispetto alla risoluzione. Il CRU ha altresì considerato, all’articolo 4.6 del programma di risoluzione, che gli inconvenienti e i costi connessi all’adozione dell’azione di risoluzione, principalmente le perdite subite dagli azionisti e dai creditori subordinati, sarebbero stati controbilanciati dai vantaggi che ne derivavano, vale a dire il mantenimento delle funzioni essenziali, la limitazione degli effetti negativi sull’economia e sulla stabilità finanziaria nonché il fatto di evitare perdite che altri creditori avrebbero potuto subire.

248    D’altro canto, i ricorrenti sostengono che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, e dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, gli strumenti di risoluzione si applicano in modo da ridurre al minimo l’incidenza sul gruppo nel suo complesso.

249    A tale riguardo, è sufficiente constatare che, all’articolo 4.7 del programma di risoluzione, il CRU, conformemente all’articolo 6, paragrafi 3 e 5, del regolamento n. 806/2014, tenendo conto del fatto che il Banco Popular possedeva una società figlia in Portogallo, ha considerato che l’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa non avrebbe avuto alcun impatto sulla società figlia portoghese, mentre una liquidazione del Banco Popular avrebbe avuto effetti negativi su quest’ultima.

250    I ricorrenti sostengono altresì che, anche supponendo che la risoluzione del Banco Popular fosse stata necessaria, una o più delle misure alternative menzionate nella seconda parte del presente motivo di ricorso avrebbero potuto essere utilizzate, in luogo della svalutazione degli strumenti di capitale e della vendita del Banco Popular, il che avrebbe evitato la distruzione del valore degli investitori e la lesione del loro diritto di proprietà.

251    È sufficiente constatare che dall’analisi della seconda parte risulta che le misure alternative invocate dai ricorrenti non erano ipotizzabili. In ogni caso, tali argomenti, con i quali i ricorrenti contestano, in realtà, la proporzionalità dell’azione di risoluzione rispetto alle misure alternative da essi invocate riguardo al pregiudizio arrecato al loro diritto di proprietà, non sono tali da rimettere in discussione la valutazione del CRU e della Commissione riguardo al rispetto della condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

252    In secondo luogo, i ricorrenti affermano che il programma di risoluzione è discriminatorio e arbitrario. Il divieto di discriminazione sarebbe previsto dal considerando 46 e dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 e sancito dall’articolo 21, paragrafo 1, della Carta e dall’articolo 18 TFUE. Essi sostengono che gli interventi del CRU e delle autorità spagnole sono stati discriminatori e arbitrari nei confronti del Banco Popular, in quanto hanno abbandonato la banca perché il suo capitale sociale era detenuto da interessi privati, tra cui una percentuale elevata di investitori stranieri.

253    Occorre rilevare che tali affermazioni dei ricorrenti non possono essere interpretate come volte a dimostrare una violazione della condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014. Si tratta di affermazioni meramente speculative che non hanno alcun rapporto con il rispetto del criterio dell’interesse pubblico.

254    In ogni caso, per quanto riguarda gli argomenti volti ad addebitare alle autorità spagnole di non aver concesso un aiuto al Banco Popular, pur avendolo fatto in altre situazioni, è sufficiente constatare che essi sono inconferenti, in quanto non riguardano il CRU né la Commissione. Quanto all’argomento secondo il quale la Commissione avrebbe approvato la concessione di aiuti di Stato a banche italiane e il CRU, in tali casi, non avrebbe applicato il regolamento n. 806/2014, si deve osservare, da un lato, che le situazioni in cui uno Stato membro ha utilizzato fondi pubblici per risanare un ente in difficoltà sono strettamente legate a circostanze particolari e non sono paragonabili alla situazione nel caso di specie e, dall’altro, che, come rilevano i ricorrenti stessi, il CRU ha ritenuto che la risoluzione di tali banche italiane non fosse giustificata nell’interesse pubblico in quanto esse non svolgevano funzioni essenziali e poiché la loro liquidazione non avrebbe avuto effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria. Inoltre, come sottolineato dalla Commissione, poiché la presente causa costituisce il primo caso di risoluzione di un’entità, non può esservi discriminazione rispetto ad altri casi per quanto riguarda l’applicazione del regolamento n. 806/2014.

255    Da quanto precede risulta che il CRU e la Commissione non sono incorsi in un errore manifesto di valutazione nel ritenere che la condizione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014 fosse soddisfatta e, pertanto, che la terza parte deve essere respinta.

256    Da tutte le suesposte considerazioni discende che il primo motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato.

257    Peraltro, da un lato, nell’ambito della terza parte del primo motivo di ricorso, i ricorrenti sollevano, per la prima volta ai punti 47 e 48 della replica, argomenti diretti a contestare la procedura di vendita del Banco Popular, in quanto essa non sarebbe conforme alle disposizioni dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014 e degli articoli 38 e 39 della direttiva 2014/59. Dall’altro lato, nelle loro osservazioni sulle memorie di intervento, i ricorrenti deducono un motivo nuovo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 24 del regolamento n. 806/2014, nel quale essi indicano espressamente di riprendere gli argomenti sollevati ai punti 47 e 48 della replica.

258    Nelle loro osservazioni sulle memorie di intervento, i ricorrenti precisano che, nelle loro precedenti memorie, hanno invocato l’illegittimità della procedura di vendita come causa secondaria della violazione del principio di proporzionalità. Orbene, è giocoforza constatare che, nella parte dell’atto introduttivo diretta a sostenere che l’azione di risoluzione è contraria al principio di proporzionalità e, più in generale, nella parte relativa alla violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014, i ricorrenti non hanno sollevato alcun argomento diretto a contestare la procedura di vendita. A tale riguardo, se è vero che i ricorrenti rinviano espressamente a taluni punti della replica, essi non menzionano alcun punto dell’atto introduttivo nel quale tale argomento sarebbe già stato sollevato.

259    Inoltre, occorre rilevare che il nesso operato dai ricorrenti tra tali argomenti diretti a contestare la procedura di vendita e una violazione del principio di proporzionalità nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014 non è comprensibile. Tali argomenti devono quindi essere considerati come un motivo nuovo di ricorso vertente sulla violazione dell’articolo 24 del regolamento n. 806/2014.

260    A questo proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

261    Orbene, tale motivo di ricorso è stato sollevato per la prima volta nella replica ed è stato ripreso nelle osservazioni sulle memorie di intervento, senza che i ricorrenti giustifichino per quale ragione essi non avessero contestato la regolarità della procedura di vendita al momento dell’atto introduttivo. Questo motivo nuovo di ricorso non si basa su elementi di fatto e di diritto di cui i ricorrenti non erano a conoscenza al momento della proposizione del ricorso e la volontà dei ricorrenti di rispondere ad argomenti presentati in una memoria di intervento non può essere considerata una giustificazione alla presentazione tardiva di tale motivo di ricorso.

262    Pertanto, occorre respingere in quanto irricevibili gli argomenti dei ricorrenti relativi alla regolarità della procedura di vendita contenuti nella replica e il motivo nuovo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 24 del regolamento n. 806/2014, dedotto per la prima volta nelle osservazioni sulle memorie di intervento.

2.      Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 20 del regolamento n. 806/2014

263    I ricorrenti sostengono che il CRU ha violato l’articolo 20 del regolamento n. 806/2014. Tale motivo di ricorso si suddivide in cinque parti, vertenti, la prima, sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014, la seconda, sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 5, lettere da a) a c) ed f), di tale regolamento, la terza, sulla mancanza di indipendenza della Deloitte, la quarta, sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 in quanto la valutazione 2 non sarebbe stata «equa, prudente e realistica» e, la quinta, sulla violazione dell’articolo 20, paragrafi 7 e 9, del suddetto regolamento.

264    L’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«Prima di decidere in merito a un’azione di risoluzione o all’esercizio del potere di svalutare o convertire gli strumenti di capitale pertinenti, il [CRU] provvede a che una valutazione equa, prudente e realistica delle attività e passività di un’entità di cui all’articolo 2 venga effettuata da una persona indipendente da qualsiasi autorità pubblica, compreso il [CRU] e l’autorità nazionale di risoluzione, e dall’entità interessata».

265    Nel caso di specie, occorre ricordare che la valutazione del Banco Popular, effettuata prima dell’adozione del programma di risoluzione, comprende due relazioni allegate al programma di risoluzione.

266    La valutazione 1, datata 5 giugno 2017, è stata redatta dal CRU ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, ed era intesa ad orientare l’accertamento del soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione, quali definite all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

267    La valutazione 2, datata 6 giugno 2017, è stata redatta dalla Deloitte, in qualità di esperto indipendente, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

268    Il programma di risoluzione riporta che, tenuto conto dell’urgenza, la valutazione 2, realizzata ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, aveva lo scopo di determinare il valore delle attività e delle passività del Banco Popular, di fornire una stima sul trattamento che gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza, nonché di orientare la decisione sulle azioni e i titoli di proprietà da cedere e l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

269    Nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato di essersi basata sui requisiti dell’articolo 36 della direttiva 2014/59 (corrispondente all’articolo 20 del regolamento n. 806/2014) e sul capo III del progetto definitivo di norme tecniche di regolamentazione dell’ABE n. 2017/05 e 2017/06, del 23 maggio 2017, sulla valutazione ai fini della risoluzione e sulla valutazione al fine di determinare la differenza di trattamento a seguito della risoluzione prevista dalla direttiva 2014/59 (in prosieguo: le «norme tecniche dell’ABE»).

270    L’articolo 36, paragrafo 15, della direttiva 2014/59 autorizza l’ABE a elaborare progetti di norme tecniche di regolamentazione per precisare i criteri in base ai quali devono essere effettuate le valutazioni realizzate in occasione di una procedura di risoluzione.

271    Il capo III delle norme tecniche dell’ABE riguarda il progetto di norme tecniche di regolamentazione n. 2017/05 sulla valutazione ai fini della risoluzione (in prosieguo: le «norme tecniche di regolamentazione») e contiene, segnatamente, ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 15, della direttiva 2014/59, un progetto di regolamento delegato della Commissione che integra la direttiva 2014/59 con norme tecniche di regolamentazione che specificano i criteri della metodologia da utilizzare per valutare il valore delle attività e delle passività di enti o entità.

272    Occorre inoltre rilevare che, alla data di adozione del programma di risoluzione, tali norme tecniche di regolamentazione non erano vincolanti, in quanto l’articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU, il Consiglio e la Commissione sono soggetti alle norme tecniche di regolamentazione e di attuazione vincolanti elaborate dall’ABE una volta che esse sono state adottate dalla Commissione. Tali norme tecniche di regolamentazione sono state recepite nel regolamento delegato (UE) 2018/345 della Commissione, del 14 novembre 2017, che integra la direttiva 2014/59 per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che precisano i criteri applicabili alla metodologia per valutare il valore delle attività e delle passività di enti o entità (GU 2018, L 67, pag. 8).

273    All’articolo 6.3 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che, per decidere sulla svalutazione e sulla conversione degli strumenti di capitale del Banco Popular, esso si era basato sulla valutazione 2, come integrata e corroborata dai risultati della procedura di vendita condotta dal FROB.

274    Poiché la valutazione 2 contiene valutazioni tecniche ed economiche complesse, occorre riconoscere che il CRU disponeva di un ampio potere discrezionale quando ha considerato che la valutazione 2 costituisse una base valida per decidere sulle azioni di risoluzione.

275    Pertanto, in applicazione della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 110 a 115, il controllo effettuato dal Tribunale è un controllo ristretto che si limita a verificare l’assenza di errore manifesto di valutazione da parte del CRU allorché ha ritenuto che la valutazione 2 fosse conforme ai requisiti di cui all’articolo 20 del regolamento n. 806/2014. Spetta ai ricorrenti fornire elementi di prova sufficienti a privare di plausibilità la valutazione 2.

a)      Sulla prima parte, vertente sulla violazione dellarticolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014

276    I ricorrenti deducono una violazione dell’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014, dovuta al fatto che CRU avrebbe rifiutato di fornire le versioni definitive delle valutazioni 1 e 2. Il CRU, nella sua risposta del 30 luglio 2018 alla misura di organizzazione del procedimento del Tribunale del 6 luglio 2018, avrebbe affermato che non avrebbe pubblicato versioni definitive di tali valutazione. La Deloitte avrebbe riconosciuto che le versioni definitive delle valutazioni sarebbero state necessarie e che sarebbe stata incaricata di elaborarle. I ricorrenti rinviano alle proprie osservazioni del 21 settembre 2018 sulla risposta del CRU a tale misura di organizzazione del procedimento e sostengono che, ai sensi del considerando 64 e dell’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014, il CRU è tenuto a presentare versioni definitive delle valutazioni 1 e 2.

277    Per quanto riguarda la valutazione 1, alla luce del suo obiettivo definito al precedente punto 266 e del fatto che essa aveva lo scopo di contribuire a determinare se il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014, i ricorrenti non spiegano quale sarebbe l’utilità di procedere a una siffatta valutazione successivamente all’adozione del programma di risoluzione. Inoltre, occorre rilevare che la valutazione 1, volta a stabilire se il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto è divenuta obsoleta a seguito della valutazione effettuata dalla BCE il 6 giugno 2017, relativa al dissesto o al rischio di dissesto del Banco Popular.

278    Per quanto riguarda la valutazione 2, il 30 luglio 2018, in risposta ai quesiti posti dal Tribunale nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, il CRU ha indicato che essa non sarebbe stata seguita da una valutazione definitiva ex post. Esso ha ritenuto, a causa delle peculiarità del caso in esame, di essere giunto alla conclusione che una valutazione definitiva ex post non avrebbe avuto alcuna finalità pratica nell’ambito dell’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014 né avrebbe portato a una decisione di compensazione prevista dall’articolo 20, paragrafo 12, del medesimo regolamento.

279    Occorre rilevare che la valutazione definitiva ex post prevista dall’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014 è, per definizione, successiva all’adozione del programma di risoluzione e della decisione della Commissione.

280    Inoltre, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 13, del regolamento n. 806/2014, una valutazione provvisoria come la valutazione 2 costituisce una base valida per l’adozione del programma di risoluzione. A tale riguardo, i ricorrenti non contestano la circostanza che, tenuto conto dell’urgenza, il ricorso a una valutazione provvisoria ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014 fosse giustificato.

281    Basti ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (v. sentenza del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 22 e giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che, nel valutare la legittimità di tale atto, è esclusa la considerazione di elementi posteriori alla data di adozione dell’atto dell’Unione (v. sentenza del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

282    Da ciò deriva che il fatto di procedere o meno a una valutazione definitiva ex post, successivamente all’adozione del programma di risoluzione, non può inficiare la validità delle decisioni impugnate e che gli argomenti dei ricorrenti sono inconferenti.

283    Del resto, per quanto riguarda l’affermazione dei ricorrenti secondo la quale il rifiuto del CRU di fornire le versioni definitive delle valutazioni 1 e 2 dimostrerebbe l’inesattezza delle versioni provvisorie e che la risoluzione del Banco Popular non avrebbe dovuto essere effettuata, è sufficiente constatare che si tratta di una mera speculazione priva di fondamento.

284    Infine, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, l’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014, ai sensi del quale «[l]a valutazione è parte integrante della decisione di applicare uno strumento di risoluzione o di esercitare un potere di risoluzione o della decisione di esercitare il potere di svalutazione o conversione degli strumenti di capitale» non può essere interpretato nel senso che la valutazione definitiva ex post costituisca parte integrante della decisione di risoluzione. La valutazione a cui si fa riferimento in tale disposizione è quella su cui il CRU si è basato per adottare il programma di risoluzione, vale a dire, nel caso di specie, la valutazione 2.

285    Pertanto, la prima parte deve essere respinta.

b)      Sulla seconda parte, vertente sulla violazione dellarticolo 20, paragrafo 5, lettere da a) a c) ed f), del regolamento n. 806/2014

286    I ricorrenti deducono una violazione dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 in quanto l’esperto indipendente, nella valutazione 2, non ha effettuato un’analisi degli obiettivi previsti alle lettere da a) a c) ed f), di tale disposizione. Adottare il programma di risoluzione ignorando gli orientamenti di cui all’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 sarebbe contrario al principio della certezza del diritto. Essi sostengono che spetta all’esperto indipendente e non al CRU valutare se le condizioni previste dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 siano soddisfatte e orientare la decisione sull’azione di risoluzione più appropriata e sulla sua portata. Ciò risulterebbe dal piano di risoluzione del 2016, nonché dal fatto che sarebbe l’esperto indipendente a dover realizzare le valutazioni 1 e 2.

287    Secondo i ricorrenti, nei considerando 42 e 43 del programma di risoluzione, il CRU non menziona il fatto che Deloitte avesse realizzato, nella valutazione 2, gli obiettivi fissati all’articolo 20, paragrafo 5, lettere da a) a c) ed f), del regolamento n. 806/2014. La Deloitte avrebbe confermato di non aver effettuato l’analisi prevista da tali disposizioni. Del pari, l’analisi prevista dalle disposizioni in parola sarebbe assente anche nella valutazione 1. Il CRU avrebbe fissato il prezzo minimo di vendita del Banco Popular senza basarsi su alcuna valutazione. La valutazione 1 si sarebbe limitata a concludere che il Banco Popular era solvibile senza analizzare la sua liquidità. Il CRU avrebbe fatto riferimento all’analisi della BCE sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular. Orbene, l’analisi di cui all’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 non potrebbe essere delegata a un terzo quale la BCE.

288    Anzitutto, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, risulta espressamente dall’articolo 18, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 806/2014 che spetta al CRU, e non al perito indipendente, valutare, in sessione esecutiva, se le condizioni previste da tale disposizione siano soddisfatte.

289    Inoltre, il fatto che il piano di risoluzione del 2016 abbia indicato che il perito indipendente doveva effettuare le valutazioni 1 e 2 non è pertinente, in quanto tale piano non è stato applicato nel caso di specie.

290    I ricorrenti sostengono che l’esperto indipendente non ha effettuato, nella valutazione 2, un’analisi degli obiettivi previsti all’articolo 20, paragrafo 5, lettere da a) a c) ed f), del regolamento n. 806/2014.

291    In primo luogo, l’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, prevede che la valutazione è intesa ad «orientare l’accertamento del soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione o per la svalutazione o conversione degli strumenti di capitale».

292    Occorre ricordare che, il 5 giugno 2017, il CRU ha adottato la valutazione 1 che aveva lo scopo di stabilire se il Banco Popular soddisfacesse le condizioni per la risoluzione o per la svalutazione o conversione degli strumenti di capitale, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014. In particolare, il CRU ha indicato che lo scopo della valutazione 1 era quello di contribuire a determinare se il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014.

293    Ne consegue che, nella valutazione 1, il CRU ha effettuato un’analisi dell’obiettivo previsto all’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014. I ricorrenti sostengono erroneamente che tale analisi doveva essere effettuata dall’esperto indipendente, dato che l’articolo 20, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014 conferisce al CRU il potere di effettuare la valutazione 1. Inoltre, poiché il CRU aveva effettuato tale analisi, la Deloitte ha potuto indicare nella sua relazione che non l’avrebbe inclusa nella valutazione 2.

294    In ogni caso, occorre precisare che la valutazione 1, volta a stabilire se il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto è divenuta obsoleta a seguito della valutazione effettuata dalla BCE il 6 giugno 2017. Infatti, nella valutazione 1, il CRU ha indicato che, alla data di riferimento della sua valutazione, ossia il 31 marzo 2017, il Banco Popular era solvibile. Per contro, la BCE si è basata sui significativi ritiri di depositi del Banco Popular a partire dai mesi di aprile e maggio 2017 e sull’incapacità di quest’ultimo di generare nuove liquidità, per concludere che, il 6 giugno 2017, il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto. Gli argomenti diretti a contestare la valutazione 1 sono quindi inconferenti.

295    Inoltre, l’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 indica che la valutazione della condizione di cui al primo comma, lettera a), ossia quella diretta a determinare se l’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto, è effettuata dalla BCE, previa consultazione del CRU.

296    A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che l’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 attribuisce un ruolo prioritario, anche se non esclusivo, alla BCE, poiché spetta a quest’ultima, come regola generale, procedere alla valutazione del dissesto o del rischio di dissesto di un’entità. Sebbene anche il CRU possa procedere a una simile valutazione, ciò può avvenire solo dopo aver informato la BCE della sua intenzione di farlo e solo se quest’ultima non effettua una valutazione entro tre giorni di calendario dal ricevimento di tale informazione. Alla BCE è quindi riconosciuta una competenza prioritaria per procedere a una simile valutazione, fondata sulla perizia di cui essa dispone in qualità di autorità di vigilanza, poiché, avendo accesso, in tale qualità, a tutte le informazioni prudenziali relative all’ente interessato, essa è la più idonea a determinare – alla luce della definizione di dissesto o rischio di dissesto di cui all’articolo 18, paragrafo 4, di tale regolamento, che fa riferimento, in particolare, ad elementi connessi alla situazione prudenziale quali le condizioni di autorizzazione, l’importo delle attività rispetto alle passività o l’indebitamento attuale o futuro – se tale condizione è soddisfatta (sentenza del 6 maggio 2021, ABLV Bank e a./BCE, C‑551/19 P e C‑552/19 P, EU:C:2021:369, punto 62).

297    I ricorrenti sostengono quindi erroneamente che l’analisi dell’obiettivo previsto all’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014 doveva essere inclusa nella valutazione 2 e non poteva essere effettuata dalla BCE.

298    Peraltro, occorre rilevare che, nell’atto introduttivo e nella replica, i ricorrenti menzionano l’obiettivo di cui all’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014 come corrispondente agli obiettivi previsti all’articolo 20, paragrafo 5, lettere a) e c), senza sollevare alcun argomento specifico riguardante l’obiettivo di cui alla lettera c).

299    In secondo luogo, l’articolo 20, paragrafo 5, lettera f), del regolamento n. 806/2014 prevede che la valutazione è intesa, «laddove sia applicato lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, a orientare la decisione sulle attività, i diritti, le passività o titoli di proprietà da cedere nonché l’accertamento, da parte del [CRU], delle condizioni commerciali ai fini dell’articolo 24, paragrafo 2, lettera b)».

300    Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il considerando 42, lettera c), del programma di risoluzione indica espressamente che la valutazione provvisoria è stata effettuata allo scopo di raccogliere gli elementi per orientare la decisione sulle azioni o sui titoli di proprietà che dovevano essere ceduti nonché l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

301    Inoltre, la Deloitte precisa che la sua relazione è stata redatta allo scopo di fornire una valutazione indipendente conformemente agli obiettivi previsti all’articolo 36, paragrafo 4, lettere b), f) e g), della direttiva 2014/59. Orbene, tali disposizioni della direttiva 2014/59 corrispondono alle disposizioni dell’articolo 20, paragrafo 5, lettere b), f) e g), del regolamento n. 806/2014.

302    In ogni caso, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, qualora non sia possibile, a causa dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, rispettare i requisiti stabiliti ai paragrafi 7 e 9 è effettuata una valutazione provvisoria. Tale disposizione prevede espressamente che la valutazione provvisoria rispetta i requisiti fissati al paragrafo 4 e, per quanto ragionevolmente possibile a seconda dei casi, i requisiti indicati ai paragrafi 1, 7 e 9. Inoltre, l’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014 indica che, ove non rispetti tutti i requisiti di cui ai paragrafi 1 e da 4 a 9, la valutazione è considerata provvisoria.

303    Ciò dimostra che in situazioni, come nel caso di specie, in cui la valutazione deve essere effettuata con urgenza, essa costituisce una valutazione provvisoria che non deve necessariamente soddisfare tutti gli obiettivi previsti dall’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014.

304    Pertanto, la seconda parte deve essere respinta.

c)      Sulla terza parte, vertente sulla mancanza di indipendenza della Deloitte

305    I ricorrenti sostengono che il CRU ha violato l’articolo 20, paragrafo 1, e l’articolo 44 del regolamento n. 806/2014, in combinato disposto con gli articoli da 38 a 41 del regolamento delegato 2016/1075, a causa della mancanza di indipendenza della Deloitte.

306    Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, la valutazione deve essere effettuata da una persona indipendente da qualsiasi autorità pubblica, compreso il CRU e l’autorità nazionale di risoluzione, e dall’entità interessata.

307    I requisiti relativi all’indipendenza dei periti sono precisati negli articoli da 37 a 41 del regolamento delegato 2016/1075. L’articolo 38 del regolamento delegato 2016/1075 stabilisce tre condizioni cumulative affinché il perito sia considerato indipendente da qualsiasi autorità pubblica pertinente e dall’entità pertinente. In primo luogo, il perito possiede le qualifiche, l’esperienza, le capacità, le conoscenze e le risorse necessarie ed è in grado di effettuare la valutazione in modo efficace senza ricorrere indebitamente ad alcuna autorità pubblica pertinente né all’entità pertinente. In secondo luogo, il perito è giuridicamente separato dalle autorità pubbliche pertinenti e dall’entità pertinente. In terzo luogo, il perito non ha interessi rilevanti in comune o in conflitto ai sensi dell’articolo 41 del medesimo regolamento delegato.

308    Orbene, occorre rilevare che i ricorrenti non affermano che la Deloitte non possedesse le qualifiche, l’esperienza, le capacità, le conoscenze e le risorse necessarie per effettuare la valutazione in modo efficace, ai sensi della prima condizione prevista all’articolo 38 del regolamento delegato 2016/1075. Essi non sostengono neppure che la Deloitte non fosse giuridicamente separata dalle autorità pubbliche pertinenti, ossia il CRU e il FROB, e dal Banco Popular, ai sensi della seconda condizione prevista all’articolo 38 del regolamento delegato 2016/1075.

309    In primo luogo, i ricorrenti affermano che il CRU ha esercitato un’influenza ingiustificata sulla Deloitte, in violazione dell’articolo 39, paragrafo 3, lettera a), del regolamento delegato 2016/1075, incaricandola di non esprimere un parere sull’articolo 20, paragrafo 5, lettere da a) a c) e f), del regolamento n. 806/2014 e quindi di discostarsi dagli obblighi cui era tenuta in quanto esperto indipendente. La Deloitte, su istruzione del CRU, anziché orientare la decisione sullo strumento di risoluzione, si sarebbe basata sul presupposto che venisse applicato lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Il CRU avrebbe dato istruzioni alla Deloitte di non elaborare una valutazione definitiva. Benché l’autorità di risoluzione possa consultare l’esperto, essa non potrebbe impartirgli istruzioni.

310    L’articolo 39, paragrafo 3, lettera a), del regolamento delegato 2016/1075 prevede che, in relazione allo svolgimento della valutazione, il perito indipendente si astenga dal chiedere o ricevere istruzioni o linee guida da una qualsiasi autorità pubblica pertinente o dall’entità pertinente.

311    Occorre altresì rilevare che l’articolo 39, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato 2016/1075 stabilisce che «[i]l paragrafo 3 non impedisce la fornitura di istruzioni, linee guida, locali, attrezzature tecniche o altre forme di sostegno laddove, a giudizio dell’autorità che ha il potere di nomina o di un’altra autorità cui sia conferito il potere di svolgere tale compito nello Stato membro in questione, ciò sia ritenuto necessario per conseguire gli obiettivi della valutazione».

312    A tale riguardo, nel considerando 35 del regolamento delegato 2016/1075 figurano alcune precisazioni secondo cui:

«Inoltre è opportuno garantire che il perito indipendente sia anche in grado di eseguire la valutazione in maniera efficace senza ricorrere indebitamente ad alcuna autorità pubblica pertinente, compresa l’autorità di risoluzione, né all’ente o all’entità di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), c) o d), della direttiva 2014/59/UE. Tuttavia la fornitura di istruzioni o linee guida necessarie a sostegno dello svolgimento della valutazione, ad esempio in relazione alla metodologia conforme alla normativa dell’Unione nel settore della valutazione per i fini connessi alla risoluzione, non dovrebbe essere considerata ricorso indebito laddove tali istruzioni o linee guida siano ritenute necessarie a sostegno dello svolgimento della valutazione (...)».

313    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, l’articolo 39 del regolamento delegato 2016/1075 non può essere interpretato nel senso di impedire all’autorità di risoluzione di impartire qualsiasi forma di istruzioni al perito indipendente.

314    Inoltre, occorre rilevare che l’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 definisce gli obiettivi della valutazione in funzione dello strumento di risoluzione applicato. In particolare, l’articolo 20, paragrafo 5, lettera f), del regolamento n. 806/2014 definisce gli obiettivi della valutazione laddove sia applicato lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, i quali sono diversi dagli obiettivi di cui all’articolo 20, paragrafo 5, lettere d) ed e), del medesimo regolamento, relativi ai casi in cui siano applicati lo strumento del bail-in oppure lo strumento dell’ente-ponte o lo strumento di separazione delle attività.

315    L’articolo 20, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 806/2014, il quale prevede che, laddove siano soddisfatte le condizioni per la risoluzione, la valutazione è intesa a orientare la decisione sull’azione appropriata di risoluzione da adottare in relazione all’entità, deve essere interpretato nel senso che la valutazione deve fornire al CRU gli elementi tecnici ed economici che consentano di attuare lo strumento di risoluzione scelto da quest’ultimo.

316    Da tale disposizione non risulta che spetti al perito definire esso stesso quale sia lo strumento di risoluzione più adeguato. La decisione su quale strumento di risoluzione applicare è presa dall’autorità di risoluzione e non dal perito indipendente.

317    Richiedere al perito indipendente di effettuare una valutazione ai fini dell’applicazione di uno strumento specifico, qualora ciò sia necessario per raggiungere gli obiettivi della valutazione, non può costituire un ricorso indebito di quest’ultimo all’autorità di risoluzione. Pertanto, il fatto che il CRU abbia ritenuto che lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa fosse quello maggiormente in grado di realizzare gli obiettivi della risoluzione e che abbia incaricato la Deloitte di effettuare una valutazione conforme agli obiettivi di tale strumento deve essere considerato una forma di istruzione conforme all’articolo 39, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato 2016/1075 e che non pregiudica l’indipendenza del perito.

318    Per quanto concerne l’argomento secondo il quale il CRU avrebbe incaricato la Deloitte di non emettere un parere sull’articolo 20, paragrafo 5, lettere da a) a c) e f), del regolamento n. 806/2014, si rinvia all’analisi della seconda parte del presente motivo di ricorso.

319    Riguardo all’argomento secondo cui il CRU avrebbe dato istruzioni alla Deloitte di non elaborare una valutazione definitiva, è sufficiente ricordare che tale fatto, successivo all’adozione del programma di risoluzione, non può, in ogni caso, rimettere in discussione la sua legittimità.

320    Da quanto precede risulta che i ricorrenti non hanno dimostrato che il CRU abbia impartito istruzioni alla Deloitte in violazione dell’articolo 39, paragrafo 3, lettera a), del regolamento delegato 2016/1075.

321    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che, a causa di tale influenza del CRU sulla Deloitte, il perito avrebbe avuto un interesse rilevante in comune o in conflitto con un’autorità pubblica ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, del regolamento delegato 2016/1075, in violazione dell’articolo 38 del medesimo regolamento delegato. I ricorrenti sostengono altresì che la Deloitte avrebbe violato l’articolo 39, paragrafo 3, lettera b), del regolamento delegato 2016/1075, in quanto, dopo la risoluzione, essa avrebbe guidato l’integrazione del Banco Popular nel Banco Santander.

322    Anzitutto, come risulta dai precedenti punti da 310 a 320, occorre respingere tale argomento nella parte in cui deduce l’esistenza di un interesse rilevante in comune o in conflitto dal fatto che il CRU avrebbe esercitato un’influenza ingiustificata sulla Deloitte, in violazione dell’articolo 39, paragrafo 3, lettera a), del regolamento delegato 2016/1075.

323    Inoltre, per quanto riguarda la violazione della terza condizione prevista all’articolo 38 del regolamento delegato 2016/1075, l’articolo 41, paragrafo 1, di tale regolamento delegato prevede che il perito indipendente non abbia alcun interesse rilevante, effettivo o potenziale, in comune o in conflitto con alcuna autorità pubblica pertinente né con l’entità pertinente.

324    Ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, del regolamento delegato 2016/1075, ai fini del paragrafo 1, un interesse effettivo o potenziale è considerato rilevante laddove, a giudizio dell’autorità che ha il potere di nomina o di un’altra autorità cui sia conferito il potere di svolgere tale compito nello Stato membro in questione, esso possa influenzare, o essere ragionevolmente percepito come tale da influenzare, il giudizio del perito indipendente nell’esecuzione della valutazione. Il paragrafo 3 di tale articolo precisa che si considerano pertinenti gli interessi in comune o in conflitto con i membri dell’entità o i suoi creditori.

325    È sufficiente constatare che i ricorrenti non indicano quale sarebbe, nel caso di specie, tale interesse rilevante, effettivo o potenziale in comune o in conflitto esistente tra la Deloitte e il CRU o tra la Deloitte e il Banco Popular.

326    Infine, l’articolo 39, paragrafo 3, lettera a), del regolamento delegato 2016/1075 prevede che, in relazione allo svolgimento della valutazione, il perito indipendente si astenga dal chiedere o ricevere vantaggi finanziari o di altra natura da una qualsiasi autorità pubblica pertinente o dall’entità pertinente.

327    Occorre constatare, al pari della Commissione e del CRU, che gli eventuali accordi commerciali conclusi tra la Deloitte e il Banco Santander dopo la risoluzione non sono pertinenti e non possono dimostrare un conflitto di interessi della Deloitte al momento dello svolgimento della valutazione 2.

328    Ne consegue che nessuno degli argomenti dei ricorrenti è idoneo a dimostrare la mancanza di indipendenza della Deloitte.

329    Pertanto, la terza parte deve essere respinta.

d)      Sulla quarta parte, vertente sulla violazione dellarticolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, in quanto la valutazione 2 non era «equa, prudente e realistica»

330    I ricorrenti sostengono che il CRU ha violato l’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, ai sensi del quale esso deve provvedere a che venga effettuata una valutazione equa, prudente e realistica delle attività e passività dell’entità. Tale disposizione non accorderebbe un ampio margine di discrezionalità al CRU e spetterebbe ad esso dimostrare che le valutazioni sono conformi alle disposizioni applicabili. Tale parte si articola, in sostanza, in tre censure.

1)      Sulla prima censura, secondo la quale la valutazione 2 era basata su criteri erronei

331    I ricorrenti affermano che la valutazione 2 fa riferimento solo alla direttiva 2014/59 e alla legge 11/2015 e che essa non è quindi conforme al regolamento n. 806/2014. La Deloitte riconoscerebbe che la valutazione 2 non si basava sull’ipotesi della situazione di continuità operativa, e di aver invece effettuato una valutazione nell’ambito di una liquidazione. La Deloitte non avrebbe quindi tenuto conto del valore delle attività che un acquirente avrebbe preso in considerazione se avesse avuto intenzione di proseguire le attività del Banco Popular, come si sarebbe effettivamente verificato. Sarebbe errato assimilare la perdita subita dai ricorrenti a quanto essi avrebbero ricevuto nell’ambito di una procedura ordinaria di insolvenza. La Deloitte avrebbe dovuto calcolare un valore in situazione di continuità operativa. Utilizzando il valore di liquidazione, la Deloitte avrebbe sottovalutato il valore delle attività del Banco Popular.

332    Occorre precisare che la direttiva 2014/59 citata nella valutazione 2 contiene disposizioni equivalenti a quelle del regolamento n. 806/2014.

333    Inoltre, si deve osservare che tali argomenti si fondano su un’erronea comprensione della metodologia utilizzata nella valutazione 2. Infatti, la valutazione 2 si compone di due parti, una prima contenente la valutazione provvisoria del Banco Popular e una seconda consistente nella simulazione di uno scenario di liquidazione. La prima parte mira a determinare il valore economico del Banco Popular nell’ambito dell’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa. La seconda parte è diretta a valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza ai sensi della normativa spagnola.

334    Il CRU ha adottato il programma di risoluzione prendendo in considerazione la prima parte della valutazione 2 contenente la valutazione delle attività e delle passività del Banco Popular propriamente detta. Per contro, poiché la Deloitte ha precisato che non disponeva di tutte le informazioni necessarie, né del tempo sufficiente, per procedere a una stima che non fosse meramente indicativa in tale fase, la seconda parte della valutazione 2 corrisponde a una prima simulazione, conformemente all’articolo 20, paragrafo 9, del regolamento n. 806/2014. La valutazione 3, che rappresenta la valutazione definitiva diretta a valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014, è stata realizzata successivamente alla risoluzione.

335    Orbene, il valore di liquidazione, di cui i ricorrenti contestano l’utilizzo da parte della Deloitte, corrisponde alla seconda parte della valutazione 2.

336    Se, con il loro argomento, i ricorrenti intendono contestare la seconda parte della valutazione 2, è sufficiente constatare che esso è inconferente. Infatti, la determinazione della differenza tra il trattamento ricevuto dagli azionisti del Banco Popular nell’ambito della risoluzione e quello che avrebbero ricevuto nell’ambito di una procedura ordinaria di insolvenza rientra nella valutazione 3 e la valutazione definitiva della perdita subita dagli azionisti rientra nella decisione del CRU del 17 marzo 2020 adottata sulla base della valutazione 3.

337    Se, con il loro argomento, i ricorrenti intendono contestare l’utilizzo, da parte della Deloitte, del valore di liquidazione nella prima parte della valutazione 2 al fine di valutare le attività del Banco Popular, è sufficiente rilevare che, nell’ambito di tale prima parte, la Deloitte ha preso in considerazione il valore di cessione del Banco Popular e non un valore di liquidazione.

338    Per quanto riguarda la metodologia utilizzata, la Deloitte ha indicato, nella valutazione 2, che lo scenario utilizzato per determinare il valore economico era la vendita della banca secondo lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera f), del regolamento n. 806/2014, la valutazione era intesa a orientare la decisione sulle attività, i diritti, le passività o titoli di proprietà da cedere nonché l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dell’articolo 24, paragrafo 2, lettera b), del medesimo regolamento.

339    La Deloitte ha spiegato che «la [sua] valutazione economica [era] diretta a fornire una stima del valore che [poteva] essere proposto da un potenziale acquirente per la banca nel suo complesso, a seguito di una procedura d’asta aperta, equa e competitiva (un “valore di cessione” ai sensi dell’articolo 11 delle norme tecniche di regolamentazione [...])».

340    Dal considerando 6 delle norme tecniche di regolamentazione risulta che la scelta del criterio di valutazione più appropriato (il valore di possesso o il valore di cessione) dovrebbe essere effettuata per le specifiche azioni di risoluzione prese in considerazione dall’autorità di risoluzione.

341    Per quanto riguarda la scelta del criterio di valutazione, l’articolo 11, paragrafo 4, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento delegato 2018/345, prevede quanto segue:

«Se le azioni di risoluzione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, prescrivono che le attività e le passività devono essere mantenute da un’entità che continua a trovarsi in situazione di continuità operativa, il perito utilizza il valore di possesso come criterio di valutazione appropriato. Se considerato equo, prudente e realistico, il valore di possesso può essere predittivo di una normalizzazione delle condizioni di mercato.

Il valore di possesso non è utilizzato come criterio di valutazione in caso di cessione di attività a un veicolo di gestione delle attività a norma dell’articolo 42 della direttiva 2014/59/UE o a un ente-ponte a norma dell’articolo 40 della medesima direttiva, o in caso di utilizzo di uno strumento per la vendita dell’attività d’impresa a norma dell’articolo 38 della direttiva 2014/59/UE».

342    Secondo l’articolo 12, paragrafo 4, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafo 4, del regolamento delegato 2018/345, «[s]e la situazione di un’entità le impedisce di detenere un’attività o di proseguire un’attività d’impresa, o se la vendita è comunque ritenuta necessaria dall’autorità di risoluzione per conseguire gli obiettivi della risoluzione, i flussi di cassa attesi fanno riferimento ai valori di cessione attesi entro un determinato periodo di cessione».

343    I fattori da prendere in considerazione per determinare il valore di cessione, ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa, sono definiti all’articolo 12, paragrafi da 5 a 7, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafi da 5 a 7, del regolamento delegato 2018/345.

344    Ne consegue che i ricorrenti non possono sostenere che il valore di cessione non era la metodologia corretta per stimare il valore del Banco Popular nell’ambito della valutazione 2.

345    Pertanto, la prima censura dev’essere respinta.

2)      Sulla seconda censura, secondo la quale le valutazioni 1 e 2 sono altamente speculative

346    In primo luogo, i ricorrenti affermano che il CRU avrebbe indicato che la valutazione 1 non forniva alcuna garanzia quanto all’esattezza dei risultati espressi nella relazione e che la Deloitte, nella valutazione 2, avrebbe espresso numerose riserve sulla sua affidabilità e sulla sufficienza delle informazioni verificate.

347    Occorre ricordare che, per la stessa ragione esposta al precedente punto 294, gli argomenti diretti a contestare la valutazione 1 sono inconferenti.

348    Per quanto riguarda la valutazione 2, nella lettera che accompagnava la comunicazione di tale valutazione al CRU, la Deloitte ha indicato che, data la difficile posizione di liquidità del Banco Popular, essa era stata invitata a realizzare la propria valutazione entro un termine estremamente breve. Il lavoro principale è stato limitato a dodici giorni a partire dal giorno in cui ha avuto accesso alla documentazione, mentre un siffatto progetto dovrebbe normalmente richiedere sei settimane. La Deloitte ha rilevato che esisteva un certo numero di lacune e di incoerenze tra le informazioni disponibili. La Deloitte ha menzionato il fatto che la valutazione doveva essere considerata altamente incerta e provvisoria ai sensi dell’articolo 36 della direttiva 2014/59 e che, nella valutazione, era stata inclusa una riserva per perdite aggiuntive, conformemente all’articolo 36, paragrafo 9, della direttiva 2014/59, che corrisponde all’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

349    Come rilevato dai ricorrenti, la Deloitte menziona anche i limiti legati alla tempistica e alle informazioni disponibili nella parte dell’allegato alla valutazione 2 intitolata «Scope, basis of work and limitations» (portata, basi di lavoro e limiti), che ricorda le condizioni nelle quali ha dovuto effettuare la valutazione 2.

350    L’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014 prevede espressamente l’ipotesi in cui, a causa dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, non sia possibile rispettare i requisiti stabiliti ai paragrafi 7 e 9 di tale articolo, vale a dire, in particolare, il caso in cui non sia possibile completare la valutazione con talune informazioni contenute nei libri e nei registri contabili. Tale disposizione, poi, riconosce l’esistenza di incertezze inerenti a qualsiasi valutazione provvisoria prevedendo, al secondo comma, che quest’ultima includa una riserva per perdite aggiuntive.

351    Pertanto, conformemente a detta disposizione, la Deloitte si è limitata a indicare che, dato il poco tempo disponibile per effettuare la valutazione, essa doveva basarsi su informazioni incomplete e ha precisato che la valutazione da essa effettuata doveva essere considerata una valutazione provvisoria ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 9, della direttiva 2014/59.

352    Inoltre, dall’articolo 20, paragrafo 13, del regolamento n. 806/2014 risulta che, in considerazione dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, il CRU poteva basarsi sulla valutazione 2, effettuata a norma dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, per adottare il programma di risoluzione.

353    Peraltro, le incertezze inerenti alla valutazione 2 sono evidenziate nelle norme tecniche di regolamentazione, da cui risulta che, quando procede alla stima e all’attualizzazione dei flussi di cassa che l’entità può attendersi dalle attività e dalle passività esistenti, il perito deve basarsi su ipotesi eque, prudenti e realistiche e tener conto di diversi fattori e circostanze.

354    In particolare, per quanto concerne le stime riguardanti il valore di cessione, l’articolo 12, paragrafo 5, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafo 5, del regolamento delegato 2018/345, prevede quanto segue:

«Il valore di cessione è determinato dal perito sulla base dei flussi di cassa, al netto dei costi di cessione e al netto del valore atteso delle eventuali garanzie fornite, che l’entità può ragionevolmente attendersi alla luce delle condizioni di mercato prevalenti da una regolare vendita o cessione di attività o passività. Ove opportuno, tenendo conto delle azioni da intraprendere nell’ambito del programma di risoluzione, il perito può stabilire il valore di cessione applicando una riduzione, in virtù di un eventuale sconto per vendita accelerata, al prezzo di mercato osservabile di tale vendita o cessione. Per determinare il valore di cessione delle attività che non hanno un mercato liquido, il perito tiene conto dei prezzi osservabili sui mercati nei quali sono negoziate attività analoghe o di calcoli modellizzati utilizzando parametri di mercato osservabili, tenendo opportunamente conto degli sconti per illiquidità».

355    L’articolo 12, paragrafo 6, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafo 6, del regolamento delegato 2018/345, indica diversi fattori, di cui il perito tiene conto, che potrebbero incidere sui valori di cessione e sui periodi di cessione.

356    Ne consegue che la valutazione 2 si basa su ipotesi e dipende da molteplici fattori. Così, conformemente alle norme tecniche di regolamentazione, per determinare il valore di cessione del Banco Popular alla data della risoluzione, la Deloitte, nella valutazione 2, si è basata su stime e valutazioni prognostiche e ha presentato il suo risultato sotto forma di un intervallo di valori.

357    Pertanto, occorre considerare che, dati i limiti di tempo e le informazioni disponibili, talune incertezze e approssimazioni sono inerenti a qualsiasi valutazione provvisoria effettuata in applicazione dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014 e che le riserve formulate dalla Deloitte non possono significare che la valutazione 2 non fosse «equa, prudente e realistica» ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

358    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che l’articolo 20, paragrafi 1, 4 e 12, del regolamento n. 806/2014 esige che la valutazione copra la totalità delle attività e delle passività dell’entità interessata. Orbene, la Deloitte avrebbe indicato di essersi concentrata su talune categorie di attività la cui valutazione era altamente incerta.

359    I ricorrenti fanno riferimento all’affermazione della Deloitte, contenuta nella lettera di accompagnamento della relazione sulla valutazione 2, secondo la quale, tenuto conto del breve periodo di tempo disponibile per redigere la valutazione 2, essa aveva dovuto dare una rigorosa priorità all’esame delle informazioni disponibili, concentrandosi unicamente sulle attività e sulle passività chiave la cui valutazione era altamente incerta.

360    È sufficiente rilevare che tale approccio è conforme alle disposizioni dell’articolo 8 delle norme tecniche di regolamentazione, secondo cui:

«Il perito si concentra in particolare sugli ambiti soggetti a una notevole incertezza di valutazione che hanno un impatto significativo sulla valutazione complessiva. Per tali ambiti il perito fornisce i risultati della valutazione sotto forma di migliori stime puntuali e, se del caso, di intervalli di valori (...)».

361    In terzo luogo, i ricorrenti sostengono che la valutazione delle categorie di attività nella valutazione 2 non soddisfa i requisiti minimi di cui all’articolo 20, paragrafi 4 e 6, del regolamento n. 806/2014. Essi contestano la valutazione effettuata dalla Deloitte nella valutazione 2 per diverse categorie di attività.

362    I ricorrenti affermano che, per diverse categorie di attività, la Deloitte non disponeva di informazioni sufficienti e che il risultato della sua valutazione differisce da quello della valutazione 1.

363    A tale riguardo, da un lato, da quanto precede risulta che, per definizione, le incertezze sono inerenti a qualsiasi valutazione provvisoria e che, tenuto conto del termine molto breve di cui disponeva la Deloitte, essa non poteva disporre di talune informazioni. Le suddette incertezze si traducono in particolare nel fatto che la Deloitte ha indicato, nella valutazione 2, conformemente alle norme tecniche di regolamentazione, che i risultati della valutazione erano forniti sotto forma di intervalli di valori, comprendenti il migliore e il peggiore scenario e la migliore valutazione possibile.

364    Dall’altro lato, il fatto che la valutazione di tali attività nella valutazione 2 differisca da quella contenuta nella valutazione 1 non è pertinente, dato che queste due valutazioni avevano obiettivi diversi e si basavano su metodi di calcolo distinti. La valutazione 2 mirava a stabilire il valore di cessione delle attività per un potenziale acquirente, il che presupponeva adeguamenti rispetto al loro valore contabile. A questo proposito, occorre precisare che, nella valutazione 2, la Deloitte ha proceduto ad adeguamenti sul valore di ciascuna categoria di attività sulla base del bilancio consolidato del Banco Popular al 31 marzo 2017.

365    Pertanto, non sono pertinenti i confronti effettuati dai ricorrenti tra il valore degli adeguamenti calcolati nella valutazione 2 riguardanti i prestiti e i crediti, le attività immobiliari e le attività fiscali e il valore di tali categorie di attività nella valutazione 1.

366    È opportuno esaminare gli altri argomenti dei ricorrenti specifici per ciascuna categoria di attività.

367    Per quanto riguarda la valutazione dei prestiti e dei crediti, i ricorrenti sostengono che, poiché la Deloitte non era stata in grado di effettuato un’analisi dei flussi di cassa attualizzati (Discounting Cash Flows), essa ha effettuato valutazioni altamente speculative, il che avrebbe condotto a una sottovalutazione di tali elementi del patrimonio con un adeguamento di 3,5 miliardi di EUR nello scenario di base, contro un adeguamento compreso tra 501 e 774 milioni di EUR nella valutazione 1.

368    Nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato che il suo metodo per calcolare il valore economico dei prestiti e dei crediti consisteva nel valutare la perdita attesa sui crediti. Essa è quindi giunta a un intervallo di adeguamenti che andavano da 2,7 miliardi di EUR nello scenario migliore a 6,9 miliardi di EUR nello scenario peggiore e a una migliore stima di 3,5 miliardi di EUR.

369    Si deve rilevare che questo metodo è conforme alle norme tecniche di regolamentazione.

370    A tale riguardo, occorre osservare che i prestiti e i crediti fanno parte degli elementi per i quali esiste una notevole incertezza e su cui il perito si concentra particolarmente, ai sensi dell’articolo 8, lettera a), delle norme tecniche di regolamentazione, il quale contempla:

«i prestiti o i portafogli di prestiti, i cui flussi di cassa attesi dipendono dalla capacità, dalla disponibilità o dall’incentivo della controparte ad adempiere ai suoi obblighi, se tali aspettative si basano su ipotesi relative ai tassi di insolvenza, alla probabilità di default, alla perdita in caso di default o alle caratteristiche dello strumento, specialmente se evidenziate dai modelli di perdita per un portafoglio di prestiti».

371    In più, alle pagine da 4 a 11 dell’allegato alla valutazione 2, la Deloitte ha spiegato gli adeguamenti che aveva apportato alla valutazione dei prestiti e dei crediti, in particolare con riferimento ai rischi di mancato pagamento. I ricorrenti non sollevano alcun argomento diretto a contestare tali adeguamenti. Fatta eccezione per il loro riferimento alla valutazione 1, i ricorrenti non spiegano per quale motivo la valutazione degli adeguamenti effettuata dalla Deloitte nella sua migliore stima costituirebbe una sottovalutazione.

372    Per quanto riguarda la valutazione delle attività immobiliari, i ricorrenti sostengono che la Deloitte si è limitata ad esaminare un campione di 112 relazioni di stima, che non ha tenuto conto della liquidità del portafoglio e che non ha preso in considerazione altre attività immobiliari per un valore di 1,043 miliardi di EUR, il che comporterebbe una significativa sottovalutazione.

373    Si deve rilevare che tali argomenti derivano da una lettura erronea della valutazione 2.

374    A questo proposito, a pagina 5 della relazione sulla valutazione 2, la Deloitte ha indicato che la sua valutazione si basava su informazioni che coprivano il 93% del portafoglio immobiliare del Banco Popular, estrapolato per coprire la totalità delle attività. Essa menziona il fatto di aver utilizzato la propria metodologia di valutazione e che, per verificare i risultati ottenuti, ha utilizzato una seconda metodologia procedendo a una verifica incrociata per le attività immobiliari più importanti, basata su un campione di 112 relazioni di stima realizzate da terzi per adeguare le sue ipotesi e fornire una valutazione top down più accurata. I ricorrenti non possono quindi sostenere che la valutazione delle attività immobiliari nella valutazione 2 si sia basata unicamente sulle 112 relazioni menzionate.

375    Inoltre, il fatto che la Deloitte abbia indicato che la liquidità del portafoglio di attività immobiliari analizzato era limitata non può significare, come sostengono i ricorrenti, che non abbia esaminato tale liquidità. A titolo di esempio, alle pagine 15 e 16 dell’allegato alla valutazione 2, la Deloitte, nella sua valutazione del portafoglio immobiliare del Banco Popular per tipo di attività, menziona a più riprese la liquidità limitata di dette attività.

376    Peraltro, dalla tabella contenuta a pagina 26 dell’allegato alla valutazione 2, intitolata «Risultato della valutazione (struttura del bilancio)», emerge che la Deloitte ha tenuto conto delle attività immobiliari qualificate come «altre» nello stato patrimoniale del Banco Popular per un valore di 1,043 miliardi di EUR. Indicando, a pagina 12 dell’allegato alla valutazione 2, che tali attività immobiliari qualificate come «altre» non sono state valutate, la Deloitte ha semplicemente precisato di non aver applicato ad esse alcun adeguamento. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, da ciò non poteva derivare una sottovalutazione.

377    Per quanto riguarda la valutazione delle attività fiscali, i ricorrenti si basano sul calcolo eseguito dal Banco Santander a seguito della risoluzione per sostenere che la Deloitte ha effettuato una sottovalutazione.

378    A tale riguardo, è sufficiente ricordare che l’analisi effettuata dalla Deloitte era diretta a determinare il valore delle diverse categorie di attività per ogni potenziale acquirente. Il valore attribuito a tali attività dal Banco Santander dopo l’acquisizione del Banco Popular, dipendente dalle sinergie tra queste due entità, non è quindi pertinente per valutare la validità della valutazione 2.

379    Inoltre, la Deloitte, nella relazione sulla valutazione 2, ha indicato che la valutazione delle attività fiscali differite non protette sarebbe dipesa dagli utili imponibili anticipati dell’acquirente (piano economico-finanziario) e dai livelli di crediti d’imposta esistenti. Essa ha segnatamente indicato, a pagina 32 dell’allegato alla valutazione 2, che la valutazione delle attività fiscali differite non protette dipendeva dall’acquirente, in particolare dal fatto che si trattasse di un’entità spagnola o straniera e che, nell’ipotesi in cui l’acquirente fosse stata una banca spagnola, la loro ripetibilità e la loro contabilizzazione in bilancio sarebbero dipese dal piano economico-finanziario del Banco Popular e da quello dell’acquirente. La relazione sulla valutazione menziona il fatto che la valutazione effettuata dalla Deloitte tiene conto di tali diverse ipotesi.

380    Per quanto riguarda la valutazione degli accantonamenti per il rischio giuridico, i ricorrenti sostengono che la Deloitte non ha esaminato un parere giuridico sulla fondatezza delle pretese che hanno dato luogo a tali accantonamenti.

381    Nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato di essersi basata sui calcoli effettuati dalla direzione del Banco Popular procedendo ad adeguamenti fondati sulla sua esperienza e sulle tendenze del settore. Occorre considerare che tale metodo consente di giungere a una valutazione «equa, prudente e realistica» ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

382    Per quanto riguarda la valutazione delle imprese comuni, delle società figlie e delle imprese associate, i ricorrenti sostengono che la Deloitte ha applicato un metodo basato sul valore di mercato e che non avrebbe confermato il suo risultato con una valutazione basata su altri metodi. Inoltre, il risultato della valutazione 2 sarebbe contraddetto dalla valutazione 3, da valutazioni effettuate da altri analisti di mercato nonché dalla successiva cessione di alcuni di tali elementi del patrimonio.

383    Da un lato, occorre ricordare che la Deloitte ha utilizzato correttamente un metodo basato sul valore di cessione del Banco Popular, il quale, conformemente alle norme tecniche di regolamentazione, corrisponde al prezzo che potrebbe essere ottenuto sul mercato per una particolare attività o gruppo di attività, tenendo conto di uno sconto adeguato. Il fatto che la Deloitte abbia dichiarato di non essere stata in grado di effettuare controlli incrociati con altri metodi non è idoneo a mettere in discussione il risultato della valutazione 2 basata sul metodo di analisi appropriato.

384    Dall’altro lato, le valutazioni effettuate successivamente alla risoluzione non sono pertinenti. Peraltro, i ricorrenti confrontano erroneamente il valore di 1,9 miliardi di EUR preso in considerazione nella valutazione 2 e l’importo di 7,496 miliardi di EUR che figura nella valutazione 3. Nella valutazione 2, la Deloitte ha precisato che la sua analisi era fondata su una base consolidata e che tale parte della sua valutazione era limitata alle imprese comuni e alle imprese associate, mentre la valutazione 3 includeva le società figlie.

385    Per quanto riguarda la valutazione delle attività immateriali, i ricorrenti sostengono che la Deloitte ha assegnato un valore pari a zero all’avviamento del Banco Popular e un valore limitato al marchio Banco Pastor, il che non corrisponderebbe alla realtà. La Deloitte avrebbe affermato di non disporre delle verifiche per riduzione di valore, cosicché non avrebbe potuto confermare il valore reale delle attività immateriali.

386    Occorre rilevare che, nella relazione sulla valutazione 2, la Deloitte ha spiegato, per quanto riguarda l’avviamento, che un potenziale acquirente non avrebbe attribuito alcun valore a un avviamento preesistente in quanto non si trattava di un’attività identificabile nel contesto di un raggruppamento di imprese. Essa ha indicato che, data la forte presenza del marchio Banco Pastor in Galizia, tale marchio avrebbe avuto valore per i terzi e che aveva stimato l’intervallo di valore applicando il metodo delle royalties, che è il metodo più utilizzato per valutare i marchi. I ricorrenti non sollevano alcun argomento specifico idoneo a rimettere in discussione tali spiegazioni.

387    Nella relazione sulla valutazione 2, la Deloitte ha indicato che non le erano state fornite le verifiche per riduzione di valore, cosicché non era stata in grado di analizzare il supporto utilizzato dal Banco Popular per tali attività, ma che la scarsa performance del Banco Popular negli ultimi anni era indicativa delle potenziali riduzioni di valore delle attività immateriali. Ne consegue che, se il Banco Popular avesse fornito tali informazioni, ne sarebbe risultato necessariamente un valore al ribasso rispetto a quello del bilancio consolidato del marzo 2017 preso in considerazione dalla Deloitte.

388    Per quanto riguarda le attività e i titoli di credito, i ricorrenti sostengono che la Deloitte ha effettuato le proprie stime in mancanza di informazioni sufficienti in merito alle caratteristiche delle attività di livello 3.

389    Con tale argomento, i ricorrenti si limitano ancora una volta ad evidenziare le frasi della relazione sulla valutazione 2 nelle quali la Deloitte ha indicato quali fossero le fonti di incertezza della sua valutazione, che sono inerenti a una valutazione provvisoria. Tuttavia, essi non sollevano alcun argomento diretto a rimettere in discussione tali stime.

390    Infine, per quanto riguarda le sinergie e gli altri fattori chiave, i ricorrenti sostengono che, essendo il calcolo effettuato dalla Deloitte in versione occultata, non sarebbe possibile verificare se la sua stima corrisponda alla redditività dichiarata dal Banco Santander a seguito dell’acquisizione del Banco Popular.

391    A questo proposito, nella relazione sulla valutazione 2, la Deloitte ha rilevato di aver proceduto alla propria stima tenendo conto delle informazioni pubbliche disponibili relative alle fusioni e acquisizioni nel settore bancario in Spagna, secondo cui «le sinergie [potevano] variare a seconda dell’acquirente e, in particolare, [dipendevano] dalla sovrapposizione delle società figlie» e che, «quanto più la sovrapposizione delle società figlie [fosse stata] importante, tanto più le sinergie ottenute [avrebbero potuto] essere rilevanti». Essa ha indicato che le sinergie erano fortemente dipendenti dall’acquirente. Orbene, la Deloitte ha dovuto effettuare la propria valutazione tenendo conto di ogni potenziale acquirente. Il risultato di tale valutazione non può essere confrontato con le sinergie realizzate dal Banco Santander a seguito dell’acquisizione del Banco Popular.

392    Da quanto precede risulta che i ricorrenti non hanno sollevato alcun argomento idoneo a rimettere in discussione la valutazione delle attività del Banco Popular effettuata dalla Deloitte nella valutazione 2.

393    Pertanto, la seconda censura dev’essere respinta.

3)      Sulla terza censura, secondo la quale la valutazione 2 non è «equa, prudente e realistica»

394    In primo luogo, i ricorrenti sostengono che l’intervallo stimato dalla Deloitte riguardo al valore del Banco Popular non può essere accettato a causa della notevole differenza esistente tra i vari scenari.

395    Nella valutazione 2, la Deloitte ha osservato che il risultato della sua valutazione si collocava nell’intervallo tra 1,3 miliardi di EUR e meno 8,2 miliardi di EUR, con la migliore stima situata entro tale intervallo a meno 2 miliardi di EUR.

396    Da un lato, occorre rilevare che i ricorrenti si limitano a contestare la plausibilità di tale intervallo senza sollevare alcun argomento specifico. Dall’altro lato, si deve notare che l’ampiezza dell’intervallo è giustificata dal metodo utilizzato nella valutazione 2.

397    A questo proposito, per quanto riguarda il metodo utilizzato nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato di aver adottato un approccio categoria per categoria, adeguando i valori contabili di ciascuna classe di attività e di passività per stimare le perdite e i profitti e altri adeguamenti che ogni acquirente avrebbe applicato al valore. Essa ha prodotto un intervallo di valutazione per ogni classe di attività e di passività.

398    Tale metodo è conforme all’articolo 2, paragrafo 3, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento delegato 2018/345, secondo il quale:

«Il perito fornisce la migliore stima puntuale del valore di una determinata attività, passività, o di una combinazione delle stesse. Se del caso, i risultati della valutazione sono anche forniti sotto forma di intervalli di valori».

399    Così, la somma dei valori più bassi per ciascuna classe di attività e di passività ha fornito la stima inferiore dell’intervallo e la somma dei valori più alti ha fornito la stima superiore dell’intervallo. Tale metodo spiega quindi l’ampiezza dell’intervallo considerato nella valutazione 2.

400    Inoltre, come sottolineato dal CRU, tenuto conto delle dimensioni del bilancio del Banco Popular, con un importo superiore a 130 miliardi di EUR, la differenza tra i due valori dell’intervallo rappresenta appena il 7% circa del bilancio. Tale differenza riflette quindi il grado di incertezza inerente al processo di valutazione.

401    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che la valutazione negativa del Banco Popular nella valutazione 2 è incompatibile con le stime della BCE, del CRU e delle autorità spagnole che hanno considerato che la banca fosse solvibile. La valutazione 2 sarebbe incompatibile con la valutazione 1, nella quale il CRU avrebbe ritenuto che, anche con adeguamenti, il Banco Popular rimanesse solvibile. Le motivazioni delle valutazioni 1 e 2 sarebbero contraddittorie per quanto riguarda il dissesto o il rischio di dissesto del Banco Popular.

402    Nella loro sintesi introduttiva, le norme tecniche dell’ABE specificano la necessità di distinguere tra due tipi di valutazioni anteriori alla risoluzione, ossia, da un lato, la valutazione 1, effettuata ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/59, che è l’equivalente dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, e, dall’altro lato, la valutazione 2, effettuata ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 4, lettere da b) a g), della direttiva 2014/59, che corrisponde all’articolo 20, paragrafo 5, lettere da b) a g), del regolamento n. 806/2014.

403    Il considerando 1 delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nel considerando 1 del regolamento delegato 2018/345, ricorda questa distinzione tra una prima valutazione intesa a valutare se sussistano le condizioni per la svalutazione e la conversione degli strumenti di capitale o le condizioni per la risoluzione, da un lato, e una valutazione successiva su cui si fonda la decisione di applicare uno o più strumenti di risoluzione, dall’altro. Le norme tecniche di regolamentazione stabiliscono criteri diversi per lo svolgimento della valutazione 1 e della valutazione 2.

404    Per quanto riguarda la valutazione 1, le norme tecniche di regolamentazione prevedono che il criterio pertinente consiste nel determinare se l’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto.

405    Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, la valutazione 2 non era volta ad accertare se il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto e, pertanto, essi non possono invocare una contraddizione con la valutazione 1 al riguardo.

406    Peraltro, occorre rilevare che differenze nelle conclusioni tra la valutazione 1 e la valutazione 2 si spiegano con il fatto che, avendo obiettivi diversi, esse si basano su criteri di valutazione diversi definiti nelle norme tecniche dell’ABE. Pertanto, conformemente alle norme tecniche dell’ABE, la valutazione 1 mirava principalmente a determinare se il valore totale delle attività dell’entità superasse quello delle sue passività, in altre parole, se l’ente fosse solvibile a termini di bilancio, mentre la valutazione 2 doveva basarsi sul valore economico e non sul valore contabile dell’entità.

407    In ogni caso, per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo cui le conclusioni delle valutazioni 1 e 2 sarebbero state contraddittorie, è sufficiente constatare che esso è inconferente, in quanto le conclusioni della valutazione 1 non sono più pertinenti in seguito alla valutazione della BCE del 6 giugno 2017 per la ragione esposta al precedente punto 294.

408    Inoltre, occorre ricordare che la BCE, nella sua valutazione, non si è basata sull’insolvenza del Banco Popular per concludere che quest’ultimo fosse in dissesto o a rischio di dissesto. La conclusione della BCE, secondo cui il Banco Popular, a causa della sua posizione di liquidità e della sua incapacità di generare nuove liquidità, non sarebbe stato in grado, in un prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, non è in contraddizione con il fatto che il Banco Popular fosse solvibile da un punto di vista contabile.

409    Poiché la valutazione 2 deve tener conto del valore economico e non del valore contabile del Banco Popular, i ricorrenti non possono invocare l’esistenza di una contraddizione tra la constatazione secondo cui il Banco Popular era solvibile, effettuata nella valutazione 1, nella valutazione della BCE o da parte della Banca di Spagna, e la conclusione della valutazione 2.

410    Pertanto, i loro argomenti relativi al calcolo del valore patrimoniale netto del Banco Popular, tenendo conto degli adeguamenti delle attività in sofferenza previsti dalla BCE e dal Banco Popular, non sono parimenti pertinenti per valutare la validità della valutazione 2, nella misura in cui riguardano soltanto il valore contabile del Banco Popular.

411    Da quanto precede risulta che occorre respingere la terza censura e, pertanto, la quarta parte.

e)      Sulla quinta parte, vertente sulla violazione dellarticolo 20, paragrafi 7 e 9, del regolamento n. 806/2014

412    I ricorrenti deducono una violazione dell’articolo 20, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, il quale dispone che la valutazione è integrata, in particolare, da uno stato patrimoniale aggiornato e da una relazione sulla situazione finanziaria dell’entità. La Deloitte ha ammesso di non aver effettuato un’analisi della struttura dell’impresa e dello stato patrimoniale delle singole entità. In assenza dello stato patrimoniale per ciascuna entità del gruppo Banco Popular, la Deloitte effettuato la valutazione di quest’ultimo su base consolidata. Orbene, la Deloitte avrebbe affermato che un’analisi entità per entità sarebbe stata di importanza cruciale.

413    I ricorrenti contestano altresì una violazione dell’articolo 20, paragrafo 9, del regolamento n. 806/2014, dovuta al fatto che la Deloitte ha riconosciuto di non essere stata in grado di riflettere la suddivisione dei creditori in classi in funzione dell’ordine di priorità dei crediti. Ciononostante, la Deloitte avrebbe incluso una gerarchia dei creditori nella valutazione 3, utilizzando informazioni disponibili il 6 giugno 2017.

414    Occorre ricordare che, nel caso di specie, poiché la valutazione 2 è una valutazione provvisoria effettuata sul fondamento dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, risulta espressamente da tale disposizione, menzionata al precedente punto 302, che essa doveva rispettare i requisiti di cui all’articolo 20, paragrafi 7 e 9, di tale regolamento solo per quanto ragionevolmente possibile a seconda dei casi.

415    Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, l’articolo 20, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014 non impone che la valutazione sia integrata da uno stato patrimoniale aggiornato e da una relazione sulla situazione finanziaria di ciascuna entità che compone il gruppo sottoposto a risoluzione. La nozione di «entità» menzionata da tale articolo riguarda quella definita all’articolo 2 del regolamento n. 806/2014. La valutazione 2 si basava sul bilancio consolidato del gruppo Banco Popular.

416    Peraltro, i ricorrenti si basano su estratti della valutazione 2 che non sono pertinenti.

417    In un estratto dell’allegato alla valutazione 2, citato dai ricorrenti, la Deloitte ha indicato che, poiché la struttura sociale dell’entità e lo stato patrimoniale delle singole entità non le erano stati forniti, il suo scenario di liquidazione era stato preparato su base consolidata a fini illustrativi e che ciò era contrario al diritto spagnolo. In un altro estratto di tale allegato parimenti menzionato dai ricorrenti, la Deloitte ha affermato che l’analisi per entità era cruciale per la simulazione dello scenario di liquidazione. I ricorrenti fanno altresì riferimento agli estratti nei quali la Deloitte indica di non aver avuto a disposizione dati o tempo sufficienti per poter classificare i creditori in funzione del loro rango e che il fatto che i suoi calcoli fossero stati effettuati a livello del gruppo Banco Popular avrebbe potuto avere implicazioni rilevanti in termini di valore per i creditori di talune entità che avrebbero beneficiato di un recupero del 100% a scapito dei creditori di altre entità.

418    Orbene, tali estratti, che figurano nella seconda parte dell’allegato alla valutazione 2 relativa alla simulazione dello scenario di liquidazione e non nella prima parte di tale allegato relativa alla valutazione provvisoria del Banco Popular, non sono pertinenti. Infatti, occorre ricordare che il programma di risoluzione è stato adottato tenendo conto della prima parte dell’allegato alla valutazione 2 contenente la valutazione provvisoria del Banco Popular, preparata ai fini dell’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

419    Come indicato al punto 3 della relazione sulla valutazione 2, l’obiettivo della simulazione dello scenario di liquidazione era quello di valutare se gli azionisti e i creditori del Banco Popular avrebbero ricevuto un trattamento migliore se il Banco Popular fosse stato liquidato con una procedura ordinaria di insolvenza ai sensi della normativa spagnola.

420    Orbene, da un lato, nella seconda parte dell’allegato alla valutazione 2 contenente tale simulazione, la Deloitte ha spiegato che, con più dati relativi allo stato patrimoniale di ciascuna entità e più tempo, le sarebbe stato possibile affinare le sue ipotesi di liquidazione e predisporre una strategia dello scenario di liquidazione. Essa ha quindi precisato che la simulazione dello scenario di liquidazione figurante in allegato alla valutazione 2 era fornita a titolo indicativo.

421    Pertanto, conformemente all’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, la Deloitte ha effettuato la stima prevista dall’articolo 20, paragrafo 9, di tale regolamento solo per quanto ragionevolmente possibile tenuto conto delle circostanze.

422    Dall’altro lato, la questione del trattamento degli azionisti e dei creditori nell’ambito dello scenario di liquidazione attiene alla valutazione 3 che, secondo l’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014, mira a valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se l’ente soggetto a risoluzione fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza. A questo proposito, occorre ricordare che la Deloitte ha trasmesso al CRU la valutazione 3 il 14 giugno 2018, ovvero successivamente all’adozione del programma di risoluzione.

423    Inoltre, l’affermazione dei ricorrenti secondo cui la Deloitte avrebbe incluso una gerarchia dei creditori nella valutazione 3 sulla sola base di informazioni disponibili il 6 giugno 2017 non è pertinente per quanto riguarda la valutazione della legittimità del programma di risoluzione. In ogni caso, tale affermazione è erronea in quanto, sebbene la valutazione 3 indichi che essa è fondata sulle informazioni finanziarie disponibili il 6 giugno 2017, essa precisa altresì di essere fondata su numerose informazioni ottenute dopo l’adozione del programma di risoluzione e che non erano quindi disponibili al momento della redazione della valutazione 2.

424    Pertanto, la quinta parte deve essere respinta.

425    Da tutte le suesposte considerazioni risulta che il CRU non è incorso in un errore manifesto di valutazione nel ritenere che la valutazione 2 fosse conforme all’articolo 20 del regolamento n. 806/2014. Di conseguenza, il secondo motivo di ricorso dev’essere integralmente respinto.

3.      Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato e del diritto di accesso al fascicolo, sanciti dallarticolo 41, paragrafo 2, della Carta

426    I ricorrenti sostengono che il CRU ha violato il diritto di essere ascoltato, sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, in quanto essi non sono stati ascoltati e non hanno avuto accesso al fascicolo prima dell’adozione del programma di risoluzione. In sostanza, tale motivo di ricorso è suddiviso in due parti.

a)      Sulla prima parte, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato

427    I ricorrenti sostengono che il diritto di essere ascoltato, sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, si applica a qualsiasi misura che possa riguardare una persona e, in particolare, nel caso di una risoluzione di un ente nel quale tale persona possiede azioni. Le decisioni impugnate riguarderebbero la risoluzione di un’unica banca e le persone interessate sarebbero gli azionisti e i creditori di quest’ultima. I detentori di strumenti di capitale di una banca dovrebbero essere ascoltati prima di essere privati della loro proprietà.

428    La Commissione afferma che la decisione di risoluzione, per quanto riguarda i ricorrenti, non costituisce un provvedimento individuale, bensì un provvedimento di portata generale e che l’articolo 41 della Carta non è applicabile. Essa ritiene che, anche supponendo che i ricorrenti disponessero di un diritto di essere ascoltati prima dell’adozione del programma di risoluzione, tale diritto potrebbe essere soggetto a limitazioni.

429    Il CRU sostiene che la limitazione del diritto di essere ascoltato, ove applicabile, sarebbe giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia delle decisioni di risoluzione e la stabilità dei mercati finanziari.

430    Occorre ricordare che l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta prevede che il diritto ad una buona amministrazione comprende il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio.

431    Il diritto di essere ascoltato garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed effettivamente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo e prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi. Inoltre, occorre specificare che il diritto di essere ascoltato persegue un duplice obiettivo. Da un lato, esso serve all’istruzione del fascicolo e all’accertamento dei fatti nel modo più preciso e corretto possibile e, dall’altro lato, consente di assicurare una tutela effettiva dell’interessato. Il diritto di essere ascoltato mira in particolare a garantire che qualsiasi decisione lesiva sia adottata con piena cognizione di causa e ha in particolare l’obiettivo di consentire all’autorità competente di correggere un errore o all’interessato di far valere gli elementi relativi alla sua situazione personale tali da far sì che la decisione sia, o meno, adottata o abbia un contenuto piuttosto che un altro (v. sentenza del 4 giugno 2020, SEAE/De Loecker, C‑187/19 P, EU:C:2020:444, punti 68 e 69 e giurisprudenza ivi citata).

432    Si deve rilevare che la Corte ha affermato l’importanza del diritto di essere ascoltato e la sua portata assai ampia nell’ordinamento giuridico dell’Unione, considerando che tale diritto si applica a qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo. Secondo la giurisprudenza della Corte, il diritto di essere ascoltato deve essere rispettato quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente una simile formalità (v. sentenze del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punti 85 e 86 e giurisprudenza ivi citata; del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 67 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 novembre 2019, ADDE/Parlamento, T‑48/17, EU:T:2019:780, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

433    Perciò, tenuto conto della sua natura di principio fondamentale e generale di diritto dell’Unione, l’applicazione del principio dei diritti della difesa, che comprendono il diritto di essere ascoltato, non può essere né esclusa né limitata da una disposizione regolamentare e il suo rispetto deve pertanto essere garantito sia in caso di assenza totale di una disciplina specifica sia in presenza di una regolamentazione che non tenga di per sé conto del suddetto principio (v. sentenza del 18 giugno 2014, Spagna/Commissione, T‑260/11, EU:T:2014:555, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

434    Anzitutto, occorre rilevare che il programma di risoluzione adottato dal CRU ha ad oggetto la risoluzione del Banco Popular, che deve pertanto essere considerato la persona nei cui confronti viene adottato un provvedimento individuale e alla quale il diritto di essere ascoltato è garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

435    Si deve quindi tener conto del fatto che i ricorrenti non sono destinatari del programma di risoluzione, che non è una decisione individuale adottata nei loro confronti, né della decisione 2017/1246 che approva tale programma di risoluzione.

436    Tuttavia, è opportuno rilevare che, conformemente all’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU ha esercitato il potere di svalutare e convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular.

437    Pertanto, la procedura seguita dal CRU per adottare il programma di risoluzione, anche se non costituisce una procedura individuale avviata nei confronti dei ricorrenti, può portare all’adozione di una misura che può incidere in modo negativo sui loro interessi nella loro qualità di azionisti o di detentori di strumenti di capitale del Banco Popular.

438    Orbene, la giurisprudenza della Corte, citata al precedente punto 432, ha accolto un’interpretazione estensiva del diritto di essere ascoltato, secondo cui quest’ultimo è garantito a chiunque nel corso del procedimento che possa sfociare in un atto lesivo nei suoi confronti.

439    Inoltre, da un lato, secondo il suo considerando 121, il regolamento n. 806/2014 rispetta i diritti fondamentali e osserva i diritti, le libertà e i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta, tra cui il diritto alla difesa, e dovrebbe essere attuato conformemente a detti diritti e principi. Dall’altro lato, sebbene l’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 non preveda un’audizione da parte del CRU degli azionisti o dei detentori di strumenti di capitale dell’entità interessata durante la procedura di risoluzione, nessuna disposizione del regolamento n. 806/2014 osta esplicitamente a una siffatta audizione.

440    A tale riguardo, occorre rilevare che i ricorrenti non sollevano alcuna eccezione di illegittimità nei confronti del regolamento n. 806/2014, fondata sull’assenza di disposizioni che prevedano una previa audizione degli azionisti o dei detentori di strumenti di capitale prima dell’adozione di un programma di risoluzione. Essi sostengono che il diritto di essere ascoltati doveva essere loro riconosciuto nell’ambito della procedura di risoluzione del Banco Popular ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, benché la normativa applicabile non lo preveda.

441    Tuttavia, nell’ipotesi in cui gli azionisti e i creditori dell’entità interessata dall’azione di risoluzione possano avvalersi del diritto di essere ascoltati, nell’ambito della procedura di risoluzione, tale diritto può essere soggetto a limitazioni, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

442    L’articolo 52, paragrafo 1, della Carta prevede quanto segue:

«Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

443    La Corte ha affermato che i diritti fondamentali, quale il rispetto dei diritti della difesa, non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente agli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v. sentenze del 10 settembre 2013, G. e R., C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 dicembre 2017, Prequ’ Italia, C‑276/16, EU:C:2017:1010, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

444    Ne consegue che la mancata audizione dei ricorrenti, nella loro qualità di azionisti o di detentori di strumenti di capitale del Banco Popular, nell’ambito della procedura di risoluzione, tanto da parte del CRU quanto da parte della Commissione, poteva essere giustificata.

445    Occorre ricordare che, all’articolo 4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che la risoluzione del Banco Popular fosse conforme all’interesse pubblico in quanto era necessaria e proporzionata alla realizzazione di due obiettivi di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, ossia evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria e garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular. Nella decisione 2017/1246, la Commissione ha espressamente approvato le ragioni per le quali il CRU riteneva la risoluzione necessaria nell’interesse pubblico.

446    Nel caso di specie, la limitazione del diritto di essere ascoltati dei ricorrenti può essere giustificata, da un lato, dal perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014 e, dall’altro, dalla necessità di garantire l’efficacia della risoluzione del Banco Popular, che doveva essere effettuata con celerità.

447    In primo luogo, occorre rilevare che diversi considerando del regolamento n. 806/2014, in particolare i suoi considerando 12, 58 e 61, indicano che la stabilità dei mercati finanziari è uno degli obiettivi perseguiti dai meccanismi di risoluzione istituiti da tale regolamento.

448    In aggiunta, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, «l’azione di risoluzione è considerata nell’interesse pubblico se è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 del medesimo regolamento ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura». Tra gli obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014 figurano, segnatamente, quello di «evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato», nonché quello di «salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario».

449    A tale riguardo, la Corte ha rilevato che i servizi finanziari svolgono un ruolo centrale nell’economia dell’Unione. Le banche e gli istituti di credito sono una fonte essenziale di finanziamento per le imprese attive nei diversi mercati. Inoltre, le banche sono spesso interconnesse e molte di esse esercitano le proprie attività a livello internazionale. È per tale ragione che la grave difficoltà di una o più banche rischia di propagarsi rapidamente ad altre banche, vuoi nello Stato membro interessato, vuoi in altri Stati membri. Ciò rischia a sua volta di produrre ricadute negative in altri settori dell’economia (sentenze del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 50; del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 72, e del 25 marzo 2021, Balgarska Narodna Banka, C‑501/18, EU:C:2021:249, punto 108).

450    La Corte ha dichiarato che l’obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario, al contempo evitando una spesa pubblica eccessiva e minimizzando le distorsioni della concorrenza, costituisce un interesse pubblico superiore (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 69).

451    Inoltre, la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») ha considerato, nella sua decisione del 1º aprile 2004, Camberrow MM5 AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2004:0401DEC005035799, § 6), che, nei settori economicamente sensibili quali la stabilità del sistema bancario, gli Stati disponevano di un ampio potere discrezionale e che, pertanto, l’impossibilità per un azionista di partecipare alla procedura che aveva condotto alla vendita della banca non era sproporzionata rispetto ai legittimi obiettivi di tutelare i creditori e di preservare la corretta amministrazione dell’insolvenza della banca.

452    Occorre altresì menzionare la sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a. (C‑41/15, EU:C:2016:836), pronunciata in occasione di una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione degli articoli 8, 25 e 29 della seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo [54, secondo comma, TFUE], per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1). Tale causa riguardava una misura eccezionale delle autorità nazionali preordinata ad evitare, mediante un aumento di capitale, l’insolvenza di una società che, ad avviso del giudice del rinvio, avrebbe minacciato la stabilità finanziaria dell’Unione. La Corte ha ritenuto che la protezione che la seconda direttiva 77/91 accordava agli azionisti e ai creditori di una società per azioni, per quanto riguarda il capitale sociale di quest’ultima, non si estendesse fino a comprendere una siffatta misura nazionale adottata in una situazione di grave perturbamento dell’economia e del sistema finanziario di uno Stato membro, la quale mirava a rimediare ad una minaccia sistemica per la stabilità finanziaria dell’Unione, scaturente dall’insufficienza del capitale della società in questione (sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a., C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 50). La Corte ha aggiunto che le disposizioni della seconda direttiva 77/91 non ostavano dunque ad una misura a carattere eccezionale riguardante il capitale sociale di una società per azioni, che le autorità nazionali avessero adottato, in una situazione di grave perturbamento dell’economia e del sistema finanziario di uno Stato membro, senza l’approvazione dell’assemblea generale di tale società nonché allo scopo di evitare un rischio sistemico e di garantire la stabilità finanziaria dell’Unione (v. sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a., C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

453    Tali considerazioni si applicano, per analogia, alla situazione di ex azionisti o detentori di strumenti di capitale di una banca che sia stata sottoposta a risoluzione ai sensi del regolamento n. 806/2014, come i ricorrenti.

454    Da quanto precede risulta che la procedura di risoluzione, istituita dal regolamento n. 806/2014 e descritta nel suo articolo 18, risponde a una finalità di interesse generale ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, ossia quella di garantire la stabilità dei mercati finanziari, idonea a giustificare una limitazione del diritto di essere ascoltato.

455    Nel caso di specie, occorre rilevare che i ricorrenti non contestano il fatto che la procedura di risoluzione del Banco Popular fosse conforme all’obiettivo di garantire la stabilità finanziaria di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014.

456    A questo riguardo, all’articolo 4.4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha spiegato di aver concluso che la situazione del Banco Popular comportava un rischio crescente di effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria in Spagna, basandosi su diversi elementi. Tra tali elementi figurano, in primo luogo, le dimensioni e l’importanza del Banco Popular, che costituisce la società madre del sesto gruppo bancario spagnolo, con un importo totale delle attività di 147 miliardi di EUR, e che è stato designato nel 2017 dalla Banca di Spagna come un ente di importanza sistemica. Il CRU ha rilevato, in particolare, che il Banco Popular era uno dei principali operatori del mercato in Spagna, con una quota di mercato significativa nel segmento delle piccole e medie imprese (PMI) e che deteneva una quota di mercato relativamente elevata dei depositi (quasi il 6%) e un gran numero di clienti al dettaglio (circa 1,4 milioni) in tutta la Spagna. In secondo luogo, il CRU ha preso in considerazione la natura dell’attività del Banco Popular, che si articolava intorno alle attività di banca commerciale e si concentrava principalmente sull’offerta di finanziamento, sulla gestione del risparmio e sui servizi ai privati, alle famiglie e alle imprese (in particolare le PMI). Secondo il CRU, la somiglianza tra il modello di impresa del Banco Popular e quello di altre banche commerciali spagnole poteva contribuire alla possibilità di contagio indiretto nei confronti di tali banche, le quali avrebbero potuto essere percepite come confrontate con le medesime difficoltà.

457    Inoltre, occorre rilevare che il secondo obiettivo perseguito dal programma di risoluzione, ossia quello di garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular, rientra anch’esso nella finalità di interesse generale di tutela della stabilità dei mercati finanziari.

458    Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 35, della direttiva 2014/59, le funzioni essenziali di un ente sono definite come «attività, servizi o operazioni la cui interruzione porterebbe verosimilmente, in uno o più Stati membri, all’interruzione di servizi essenziali per l’economia reale o potrebbe compromettere la stabilità finanziaria a motivo della dimensione, della quota di mercato, delle interconnessioni esterne ed interne, della complessità o delle attività transfrontaliere di un ente o gruppo, con particolare riguardo alla sostituibilità di tali attività, servizi o operazioni».

459    A questo riguardo, l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento delegato (UE) 2016/778 della Commissione, del 2 febbraio 2016, che integra la direttiva 2014/59 per quanto riguarda le circostanze e le modalità secondo le quali il pagamento dei contributi straordinari ex post può essere parzialmente o integralmente rinviato, e i criteri per l’individuazione delle attività, dei servizi e delle operazioni per quanto concerne le funzioni essenziali e per l’individuazione delle linee di business e dei servizi connessi per quanto attiene alle linee di business principali (GU 2016, L 131, pag. 41), prevede i criteri per l’individuazione delle funzioni essenziali. Si tratta di una funzione assicurata da un ente a terzi non collegati all’ente o gruppo e la cui improvvisa interruzione probabilmente avrebbe un significativo impatto negativo sui terzi, provocherebbe un contagio o minerebbe la fiducia generale dei partecipanti al mercato in ragione della rilevanza sistemica di tale funzione per i terzi e della rilevanza sistemica dell’ente o del gruppo nello svolgimento di tale funzione.

460    Pertanto, l’obiettivo consistente nel garantire la continuità delle funzioni essenziali dell’entità interessata da un’azione di risoluzione, previsto all’articolo 14, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 806/2014, mira ad evitare un’interruzione di tali funzioni che potrebbe provocare perturbazioni, non soltanto sul mercato interessato, ma anche per la stabilità finanziaria globale dell’Unione.

461    Ne consegue che un’azione di risoluzione, poiché mira a salvaguardare o a ripristinare la situazione finanziaria di un ente creditizio, segnatamente in quanto rappresenta un’alternativa alla sua liquidazione, deve essere considerata effettivamente rispondente a un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione (v., per analogia, sentenza del 25 marzo 2021, Balgarska Narodna Banka, C‑501/18, EU:C:2021:249, punto 108).

462    A tale riguardo, all’articolo 4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che la risoluzione del Banco Popular era necessaria e proporzionata alla realizzazione, in particolare, dell’obiettivo, di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, volto a garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular.

463    All’articolo 4.4 del programma di risoluzione, il CRU ha individuato tre funzioni essenziali del Banco Popular, ai sensi dell’articolo 6 del regolamento delegato 2016/778, ossia la raccolta di depositi presso famiglie e società non finanziarie, i prestiti alle PMI e i servizi di pagamento in contanti.

464    I ricorrenti non sollevano alcun argomento diretto a contestare tali valutazioni.

465    Da quanto precede risulta che la procedura di risoluzione del Banco Popular perseguiva una finalità di interesse generale ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, ossia quella di garantire la stabilità dei mercati finanziari, idonea a giustificare una limitazione del diritto di essere ascoltato.

466    In secondo luogo, l’interesse generale dell’Unione, in particolare il perseguimento degli obiettivi diretti a preservare la stabilità dei mercati finanziari e a garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular, esige che, una volta soddisfatte le condizioni previste dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, un’azione di risoluzione sia adottata quanto prima.

467    Occorre rilevare che diversi considerando del regolamento n. 806/2014 implicano che, quando un’azione di risoluzione diviene necessaria, essa dev’essere adottata rapidamente. Si tratta segnatamente dei considerando 26, 31 e 53, e, in particolare, del considerando 56 di tale regolamento, il quale prevede che la procedura di risoluzione dovrebbe concludersi in tempi brevi per perturbare il meno possibile i mercati finanziari e l’economia.

468    A questo proposito, la Corte ha affermato che il regolamento n. 806/2014 ha l’obiettivo di istituire, conformemente al suo considerando 8, meccanismi di risoluzione più efficaci, i quali devono costituire uno strumento essenziale per evitare le conseguenze dannose delle carenze delle banche verificatesi in passato e che un simile obiettivo presuppone l’adozione di una decisione rapida, come illustrano i brevi termini previsti all’articolo 18 di detto regolamento, affinché la stabilità finanziaria non sia messa in pericolo (sentenza del 6 maggio 2021, ABLV Bank e a./BCE, C‑551/19 P e C‑552/19 P, EU:C:2021:369, punto 55).

469    Così, l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 stabilisce, in particolare, che, quando la BCE ritiene che un’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto, essa comunichi senza indugio la sua valutazione alla Commissione e al CRU. Ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo, quando il CRU effettua esso stesso una valutazione, questa viene comunicata senza indugio alla BCE. Se le condizioni stabilite al paragrafo 1 sono soddisfatte, il CRU adotta un programma di risoluzione, il quale, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, è trasmesso alla Commissione immediatamente dopo la sua adozione. La Commissione dispone quindi di un termine di 24 ore per approvare un programma di risoluzione o obiettare ad esso.

470    Ne consegue che, una volta che l’entità soddisfa le condizioni per l’adozione di un’azione di risoluzione, vale a dire, in primo luogo, che essa sia in dissesto o a rischio di dissesto, in secondo luogo, che non si possa altrimenti ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza permetta di evitare il suo dissesto in tempi ragionevoli e in terzo luogo, che la sua risoluzione sia necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, l’articolo 18 del medesimo regolamento prevede che una decisione sia adottata entro un termine molto breve.

471    Pertanto, nel caso di specie, a partire dal momento in cui la BCE ha constatato che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto e in cui il CRU ha ritenuto che le condizioni previste dall’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 fossero soddisfatte, il programma di risoluzione doveva essere adottato il più rapidamente possibile.

472    Tale celerità nell’adozione della decisione era giustificata dalla necessità di garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular e da quella di evitare effetti negativi significativi della situazione di quest’ultimo sui mercati finanziari, in particolare attraverso la prevenzione del contagio. Nel caso di specie, poiché il dissesto del Banco Popular era intervenuto in un giorno infrasettimanale, era necessario completare la procedura e adottare la decisione prima dell’apertura dei mercati la mattina del 7 giugno 2017.

473    Come evidenziato dall’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona, al paragrafo 80 delle sue conclusioni nelle cause riunite ABLV Bank e a./BCE (C‑551/19 P e C‑552/19 P, EU:C:2021:16), la celerità con la quale tali istituzioni e agenzie dell’Unione devono assumere le loro decisioni è necessaria onde evitare l’impatto negativo sui mercati finanziari della risoluzione dell’istituto bancario e tale celerità le obbliga di fatto ad avere «pronta» la decisione prima di avviare la procedura, approfittando della chiusura dei mercati mobiliari.

474    La rapidità dell’adozione della decisione costituiva quindi una condizione della sua efficacia.

475    Così, la Corte ha già dichiarato che l’urgenza che richiedeva un’azione immediata da parte dell’autorità competente giustificava una limitazione del diritto di essere ascoltati delle persone colpite da misure adottate nell’ambito della responsabilità ambientale (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2010, ERG e a., C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 67) e nel settore dell’agricoltura (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2006, Dokter e a., C‑28/05, EU:C:2006:408, punto 76).

476    Inoltre, nell’ambito delle misure di congelamento di capitali, la Corte ha affermato che la comunicazione dei motivi su cui si fonda l’inserimento iniziale del nominativo di una persona o di un’entità nell’elenco delle persone sottoposte a misure restrittive, prima di tale inclusione, sarebbe tale da compromettere l’efficacia delle misure di congelamento di capitali e di risorse economiche imposte dal diritto dell’Unione. Per raggiungere l’obiettivo perseguito dal regolamento applicabile, misure siffatte devono, per loro stessa natura, poter beneficiare di un effetto sorpresa e applicarsi con effetto immediato (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punti da 338 a 340; del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 61, e del 12 febbraio 2020, Amisi Kumba/Consiglio, T‑163/18, EU:T:2020:57, punto 51).

477    Per ragioni anch’esse relative all’obiettivo perseguito dal diritto dell’Unione e all’efficacia delle misure da esso previste, le autorità dell’Unione non sono neppure tenute a procedere a un’audizione dei ricorrenti prima dell’inserimento iniziale dei loro nomi nell’elenco delle persone sottoposte a misure restrittive (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 341, e del 25 aprile 2013, Gbagbo/Consiglio, T‑119/11, non pubblicata, EU:T:2013:216, punto 103).

478    Ciò vale a maggior ragione nei casi, come quello di cui trattasi, in cui la limitazione del diritto di essere ascoltato riguarda non l’entità sottoposta a risoluzione, ossia il Banco Popular, bensì i ricorrenti nella loro qualità di azionisti o di detentori di strumenti di capitale di quest’ultimo.

479    Occorre altresì rilevare che, nella sua decisione del 1º aprile 2004, Camberrow MM5 AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2004:0401DEC005035799), la Corte EDU ha dichiarato che la vendita della banca fallita come impresa in attività era stata realizzata al fine di ottenere la soddisfazione rapida e più certa dei suoi creditori, che da anni si aspettavano di ricevere il loro dovuto, e la rapida conclusione della procedura fallimentare. Di conseguenza, la necessità di semplicità e di rapidità nella procedura che ha condotto alla vendita della banca era di fondamentale importanza. Se la legge avesse previsto che il tribunale fallimentare era tenuto a consultare tutti gli azionisti e i creditori della banca, ciò avrebbe comportato un notevole rallentamento della procedura e, di conseguenza, un ulteriore ritardo nel pagamento delle somme dovute ai creditori e nella conclusione della procedura fallimentare.

480    Nella sentenza del 24 novembre 2005, Capital Bank AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2005:1124JUD004942999, § 136), la Corte EDU ha dichiarato che, in un ambito economicamente sensibile come quello della stabilità del sistema bancario e in talune situazioni, poteva esistere una necessità imperativa di agire con la massima diligenza e senza preavviso, allo scopo di evitare danni irreparabili per la banca, i suoi depositanti e i suoi altri creditori, o per il sistema bancario e finanziario nel suo complesso.

481    Inoltre, il fatto che il programma di risoluzione possa condurre a un’ingerenza nel diritto di proprietà dei ricorrenti non può giustificare un obbligo di concedere loro un diritto di essere ascoltati prima della sua adozione.

482    A questo proposito, il Tribunale ha già sottolineato, al punto 282 della sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a. (T‑680/13, EU:T:2018:486), che le procedure applicabili devono fornire alla persona interessata un’occasione adeguata di esporre le proprie ragioni alle autorità competenti. Per garantire il rispetto di tale condizione, che rappresenta un requisito intrinseco dell’articolo 1, del protocollo n. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, è necessario considerare le procedure applicabili da un punto di vista generale (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 368 e la giurisprudenza ivi citata; del 25 aprile 2013, Gbagbo/Consiglio, T‑119/11, non pubblicata, EU:T:2013:216, punto 119, e Corte EDU, 20 luglio 2004, Bäck c. Finlandia, CE:ECHR:2004:0720JUD003759897, § 56). Pertanto, detto requisito non può essere interpretato nel senso che la persona interessata deve poter far valere in qualsiasi circostanza la propria posizione presso le autorità competenti prima dell’adozione di misure che arrechino pregiudizio al suo diritto di proprietà (v., in tal senso, Corte EDU, 19 settembre 2006, Maupas e altri c. Francia, CE:ECHR:2006:0919JUD001384402, §§ 20 e 21).

483    Il Tribunale ha ritenuto che ciò avvenisse, segnatamente, qualora, come nel caso di specie, le misure in questione non costituivano una sanzione e si iscrivevano in un contesto di urgenza particolare. A quest’ultimo riguardo, il Tribunale ha rilevato che si trattava di prevenire un rischio imminente di collasso delle banche interessate al fine di preservare la stabilità del sistema finanziario di uno Stato membro ed evitare quindi di contagiare altri Stati membri della zona euro. Orbene, l’attuazione di una procedura di consultazione preliminare, nell’ambito della quale le migliaia di depositanti e di azionisti delle banche di cui trattasi avrebbero potuto far valere utilmente il loro punto di vista prima dell’adozione delle decisioni lesive, avrebbe inevitabilmente ritardato l’applicazione delle misure intese a prevenire un siffatto collasso. La realizzazione dell’obiettivo consistente nel preservare la stabilità del sistema finanziario di tale Stato membro ed evitare quindi il contagio di altri Stati membri della zona euro sarebbe stata esposta a seri rischi (v. sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a. T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 282 e giurisprudenza ivi citata).

484    Questa valutazione è stata confermata dalla Corte, che ha ritenuto che il Tribunale avesse giustamente fondato il proprio ragionamento sulla sentenza della Corte EDU, 21 luglio 2016, Mamatas e altri c. Grecia (CE:ECHR:2016:0721JUD006306614), da cui risulta che l’esigenza secondo cui qualsiasi restrizione al diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge non può essere interpretata nel senso che le persone interessate avrebbero dovuto essere consultate prima dell’adozione di tale legge, segnatamente nel caso in cui una siffatta consultazione preliminare avrebbe inevitabilmente ritardato l’applicazione delle misure intese a prevenire il tracollo delle banche in questione (sentenza del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 159).

485    Peraltro, si deve considerare che la necessità di agire rapidamente senza informare gli azionisti e i creditori di un’entità dell’imminenza di una procedura di risoluzione che la riguarda mira ad evitare l’aggravamento della situazione di tale entità che nuocerebbe all’efficacia dell’azione di risoluzione. Infatti, informare gli azionisti o i detentori di obbligazioni della banca che quest’ultima potrebbe essere assoggettata a risoluzione, e quindi che essa sia stata considerata in dissesto o a rischio di dissesto, potrebbe indurli a vendere i loro titoli sui mercati e condurre altresì a un assalto agli sportelli, il che avrebbe la conseguenza di aggravare la situazione finanziaria della banca e di rendere più difficile, se non impossibile, l’adozione di una soluzione idonea a impedirne la liquidazione.

486    A tale riguardo, come risulta dal considerando 116 del regolamento n. 806/2014, tutte le informazioni fornite rispetto a una decisione prima che questa sia presa, che si tratti di accertare se le condizioni per la risoluzione siano soddisfatte, dell’uso di uno specifico strumento o di qualsiasi azione in corso di procedura, devono essere considerate come suscettibili di avere ripercussioni sugli interessi, pubblici e privati, implicati dall’azione.

487    Si deve pertanto ritenere che l’audizione dei ricorrenti, nella loro qualità di azionisti e di detentori di obbligazioni del Banco Popular, prima dell’adozione del programma di risoluzione o prima dell’adozione della decisione 2017/1246, avrebbe comportato un rallentamento sostanziale della procedura e, pertanto, avrebbe compromesso tanto la realizzazione degli obiettivi dell’azione quanto la sua efficacia.

488    Da quanto precede risulta, da un lato, che una previa audizione dei ricorrenti, che li informasse dell’esistenza di una potenziale azione di risoluzione, avrebbe comportato il rischio che essi adottassero comportamenti sul mercato che avrebbero aggravato la situazione finanziaria del Banco Popular. Una siffatta audizione avrebbe quindi potuto nuocere all’efficacia della prevista azione di risoluzione.

489    Dall’altro lato, tenuto conto dell’urgenza dell’adozione del programma di risoluzione, non sarebbe stato possibile consultare previamente i ricorrenti, al pari degli altri azionisti o detentori di strumenti di capitale del Banco Popular, non solo a causa delle difficoltà connesse alla loro identificazione, ma anche a causa dell’impossibilità di analizzare efficacemente le loro osservazioni prima dell’adozione del programma di risoluzione.

490    I ricorrenti sostengono che, se fossero stati ascoltati prima dell’adozione del programma di risoluzione, il Banco Popular non sarebbe stato assoggettato a risoluzione, in quanto essi avrebbero spiegato che le relative condizioni non erano soddisfatte, o avrebbe avuto luogo a condizioni diverse, in quanto avrebbero potuto invocare la necessità di attendere l’assistenza di liquidità di emergenza, proporre l’applicazione di una misura alternativa o suggerire l’applicazione di un altro strumento di risoluzione.

491    A questo proposito, è sufficiente ricordare che dall’analisi del primo motivo di ricorso emerge, da un lato, che i ricorrenti non hanno dimostrato che le condizioni previste dall’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 non fossero soddisfatte. Dall’altro lato, è stato constatato che, poiché la Banca di Spagna aveva rifiutato la concessione di un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare, il CRU non aveva quindi alcun motivo di attendere la sua concessione e che le soluzioni alternative invocate dai ricorrenti non erano ipotizzabili a breve termine. I ricorrenti non hanno quindi dimostrato che la loro audizione nell’ambito della procedura di risoluzione avrebbe modificato il contenuto del programma di risoluzione.

492    Da tutto quanto precede risulta che un’audizione dei ricorrenti, prima dell’adozione del programma di risoluzione, avrebbe compromesso gli obiettivi di tutela della stabilità dei mercati finanziari e di continuità delle funzioni essenziali dell’entità nonché le esigenze di rapidità ed efficacia della procedura di risoluzione.

493    Di conseguenza, la mancata audizione dei ricorrenti nell’ambito della procedura di risoluzione del Banco Popular costituisce una limitazione del diritto di essere ascoltati che era giustificata e necessaria per rispondere a un obiettivo di interesse generale e che rispettava il principio di proporzionalità, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

494    Pertanto, la prima parte deve essere respinta.

b)      Sulla seconda parte, vertente sulla violazione del diritto di accesso al fascicolo

495    I ricorrenti affermano che, in quanto persone soggette alla decisione del CRU, essi hanno un diritto di accesso al fascicolo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 e dell’articolo 41, paragrafo 2, della Carta.

496    In primo luogo, essi sostengono che, prima dell’adozione di un atto lesivo, l’istituzione non può prendere in considerazione informazioni o documenti, senza aver previamente dato al destinatario dell’atto la possibilità di esprimere il suo punto di vista, il che implica un accesso al fascicolo amministrativo. Il programma di risoluzione dovrebbe essere annullato in quanto fondato su una valutazione provvisoria che non è stata messa a disposizione dei ricorrenti.

497    Il diritto di accesso al fascicolo è previsto dall’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014, ai sensi del quale:

«Le persone oggetto delle decisioni del [CRU] hanno il diritto di accedere al fascicolo di quest’ultimo, fermo restando il legittimo interesse di altre persone alla tutela dei rispettivi segreti aziendali. Il diritto di accesso al fascicolo non si estende alle informazioni riservate o ai documenti preparatori interni del [CRU]».

498    A tale proposito, in primo luogo, occorre ricordare che l’accesso al fascicolo nell’ambito dei procedimenti in materia di concorrenza ha lo scopo, in particolare, di permettere ai destinatari di una comunicazione degli addebiti di prendere conoscenza degli elementi di prova contenuti nel fascicolo della Commissione, affinché essi possano pronunciarsi in modo efficace, sulla base di tali elementi, sulle conclusioni cui quest’ultima è pervenuta nella propria comunicazione degli addebiti. Tale diritto di accesso al fascicolo implica che la Commissione dia all’impresa interessata la possibilità di procedere a un esame di tutti i documenti contenuti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti per la difesa di tale impresa. Questi ultimi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti commerciali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e altre informazioni riservate (v. sentenza del 14 maggio 2020, NKT Verwaltung e NKT/Commissione, C‑607/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:385, punti 261 e 262 e giurisprudenza ivi citata).

499    In secondo luogo, conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, il rispetto dei diritti della difesa nell’ambito di un procedimento dinanzi alla Commissione, avente ad oggetto l’irrogazione di un’ammenda ad un’impresa per violazione delle norme in materia di concorrenza, esige che l’impresa interessata sia stata posta in grado di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegate, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’affermazione dell’esistenza di un’infrazione. Tali diritti sono previsti all’articolo 41, paragrafo 2, lettere a) e b), della Carta (v. sentenza del 28 novembre 2019, Brugg Kabel e Kabelwerke Brugg/Commissione, C‑591/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1026, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

500    In terzo luogo, per quanto riguarda, più in generale, il rispetto del diritto della difesa proclamato all’articolo 41, paragrafo 2, della Carta, quest’ultimo comporta il diritto di essere ascoltati e il diritto di accedere al fascicolo nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza (v. sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 99 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 2 dicembre 2020, Kalai/Consiglio, T‑178/19, non pubblicata, EU:T:2020:580, punto 73).

501    In quarto luogo, occorre ricordare che la violazione del diritto di accesso agli atti nel corso del procedimento antecedente all’adozione della decisione può comportare, in linea di principio, l’annullamento della decisione medesima qualora siano stati pregiudicati i diritti della difesa [v. sentenze del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione, C‑109/10 P, EU:C:2011:686, punto 55 e giurisprudenza ivi citata, e del 15 luglio 2015, Akzo Nobel e a./Commissione, T‑47/10, EU:T:2015:506 (non pubblicata), punto 349 e giurisprudenza ivi citata].

502    Dalla giurisprudenza citata ai punti da 498 a 501 risulta che tanto il diritto di accesso al fascicolo sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta quanto, più specificamente, l’accesso al fascicolo nei procedimenti in materia di concorrenza, riguardano persone o imprese oggetto di procedimenti avviati o decisioni adottate nei loro confronti.

503    Nel caso di specie, dall’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 risulta che il diritto di accesso al fascicolo riguarda l’entità oggetto del programma di risoluzione, ossia il Banco Popular, e non i suoi azionisti o i suoi creditori.

504    Pertanto, i ricorrenti non possono invocare un diritto di accesso al fascicolo.

505    D’altro canto, sia l’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta sia l’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 prevedono che taluni dati possano essere protetti se riservati.

506    Ne consegue che i ricorrenti non possono sostenere che la mancata comunicazione da parte del CRU della valutazione 2, durante il procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione del programma di risoluzione, costituisca una violazione del diritto di accesso al fascicolo.

507    In secondo luogo, i ricorrenti affermano, nella replica, che non sussiste un obbligo di riservatezza nei confronti degli azionisti e dei creditori a seguito di una risoluzione, dato che un’azione di risoluzione incide sul loro patrimonio e che essi devono poter conoscere le motivazioni della risoluzione. Inoltre, l’articolo 88 del regolamento n. 806/2014 prevedrebbe un’eccezione al segreto professionale nel caso in cui la comunicazione fosse necessaria ai fini di un’azione giudiziaria. Secondo il considerando 116 del regolamento n. 806/2014, la comunicazione di informazioni prima dell’adozione del programma di risoluzione potrebbe avere ripercussioni sulla procedura di risoluzione, mentre, dopo l’adozione del provvedimento di risoluzione, l’obiettivo della risoluzione non sarebbe più compromesso da tale comunicazione.

508    Si deve ritenere che tali argomenti non riguardino il diritto di accesso al fascicolo durante il procedimento amministrativo, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014, bensì il diritto di accesso ai documenti sui quali il CRU si è basato per adottare il programma di risoluzione, successivamente alla sua adozione.

509    Inoltre, occorre rilevare, al pari del CRU, che esso ha l’obbligo di tutelare i dati riservati di tutte le entità, compresi i segreti commerciali, in forza dell’articolo 339 TFUE, dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta e dell’articolo 88, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014.

510    A tale riguardo, dall’articolo 34, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 risulta che, ai fini dell’assolvimento dei propri compiti ai sensi di tale regolamento, il CRU può esigere, direttamente o attraverso le autorità nazionali di risoluzione previa informazione delle stesse, nonché avvalendosi appieno di tutte le informazioni a disposizione della BCE o delle autorità nazionali competenti, la comunicazione di tutte le informazioni necessarie per l’assolvimento dei compiti attribuitigli dal regolamento in parola, da parte, segnatamente, delle entità oggetto di un’azione di risoluzione. Il paragrafo 2 di tale articolo precisa che gli obblighi di segreto professionale non esentano le predette entità dall’obbligo di fornire le citate informazioni. L’articolo 34, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU sia in grado di ottenere, anche su base continuativa, tutte le informazioni necessarie per l’esercizio delle proprie funzioni ai sensi del regolamento medesimo, in particolare sul capitale, sulla liquidità, sulle attività e sulle passività relative a ogni ente soggetto ai suoi poteri di risoluzione.

511    L’articolo 88, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«Prima che le informazioni siano divulgate il [CRU] si assicura che non contengano alcuna informazione riservata valutando i possibili effetti di tale divulgazione sull’interesse pubblico per quanto concerne la politica finanziaria, monetaria o economica, sugli interessi commerciali delle persone fisiche e giuridiche, sulle finalità delle ispezioni, sulle indagini e sugli audit. La procedura di verifica degli effetti generati dal divulgare le informazioni comprende una specifica valutazione delle conseguenze di un’eventuale divulgazione del contenuto e dei dettagli relativi ai piani di risoluzione di cui agli articoli 8 e 9, all’esito di eventuali valutazioni effettuate a norma dell’articolo 10 o al programma di risoluzione di cui all’articolo 18».

512    Tale disposizione prevede espressamente l’obbligo per il CRU di assicurarsi, prima della pubblicazione o della comunicazione a un terzo del programma di risoluzione, che quest’ultimo non contenga alcuna informazione riservata, che esso abbia potuto ottenere segnatamente in applicazione dell’articolo 34 del regolamento n. 806/2014. Quest’obbligo si applica anche alla valutazione 2, che costituisce un allegato del programma di risoluzione e che ne forma parte integrante ai sensi dell’articolo 12.2 di detto programma.

513    I ricorrenti sostengono che, secondo il considerando 116 del regolamento n. 806/2014, il segreto professionale si applica solo durante la procedura di risoluzione, fintantoché la decisione di risoluzione non sia stata resa pubblica.

514    Il considerando 116 del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«Le azioni di risoluzione dovrebbero essere debitamente notificate e, salvo le limitate eccezioni stabilite nel presente regolamento, essere rese pubbliche. Tuttavia, poiché è probabile che siano sensibili, le informazioni ottenute dal [CRU], dalle autorità nazionali di risoluzione e dai loro consulenti professionali durante la procedura di risoluzione dovrebbero essere soggette a obblighi in materia di segreto professionale. Occorre tenere conto del fatto che le informazioni sui contenuti e i particolari dei piani di risoluzione, nonché i risultati di qualsiasi valutazione di tali piani, possono avere conseguenze di ampia portata soprattutto per le imprese interessate. Tutte le informazioni fornite rispetto a una decisione prima che questa sia presa, che si tratti di accertare se le condizioni per la risoluzione siano soddisfatte, dell’uso di uno specifico strumento o di qualsiasi azione in corso di procedura, devono essere considerate come suscettibili di avere ripercussioni sugli interessi, pubblici e privati, implicati dall’azione. Tuttavia, potrebbe bastare l’informazione che il [CRU] e le autorità nazionali di risoluzione stiano esaminando una data entità per avere effetti negativi su di essa, per cui è necessario assicurare che vi siano strumenti adeguati per mantenere riservate informazioni quali il contenuto e i particolari dei piani di risoluzione e il risultato di qualsiasi valutazione svolta in tale contesto».

515    Da un lato, dal suddetto considerando risulta che talune informazioni detenute dal CRU, contenute nel programma di risoluzione, nella valutazione 2 nonché nei documenti sui quali esso si è basato, sono coperte dal segreto professionale e sono riservate.

516    A tale riguardo, con riferimento alla direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio (GU 2004, L 145, pag. 1), la Corte ha dichiarato che il funzionamento efficace del sistema di controllo sull’attività delle imprese di investimento, fondato sulla sorveglianza esercitata nell’ambito di uno Stato membro e sullo scambio di informazioni tra le competenti autorità di diversi Stati membri, richiede che tanto le imprese sorvegliate quanto le autorità competenti possano avere la certezza che le informazioni riservate conservino in linea di principio il loro carattere riservato (v. sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

517    La Corte ha ritenuto che l’assenza di una siffatta fiducia potrebbe compromettere la trasmissione agevole delle informazioni riservate necessarie per l’attività di vigilanza. È dunque al fine di tutelare non solo gli specifici interessi delle imprese direttamente coinvolte, ma anche l’interesse generale collegato al normale funzionamento dei mercati degli strumenti finanziari dell’Unione, che l’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39 impone, come regola generale, l’obbligo di mantenere il segreto professionale (v. sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punti 32 e 33 e giurisprudenza ivi citata).

518    Orbene, occorre rilevare che l’articolo 88, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, relativo all’obbligo del segreto professionale dei membri del CRU, contiene una disposizione equivalente all’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39.

519    Dall’altro lato, è vero che il considerando 116 del regolamento n. 806/2014 menziona obblighi in materia di segreto professionale del CRU prima dell’adozione di una decisione di risoluzione. Esso indica che, nei limiti in cui talune informazioni detenute dal CRU siano sensibili e siano soggette al segreto commerciale, esse non devono essere comunicate al pubblico prima dell’adozione di un’azione di risoluzione. Infatti, la comunicazione di informazioni sul fatto che un’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto e che possa essere oggetto di un’azione di risoluzione potrebbe, in particolare, indurre gli azionisti a vendere i loro titoli sui mercati e condurre altresì a un assalto agli sportelli, il che avrebbe la conseguenza di aggravare la situazione finanziaria della banca e, pertanto, di nuocere all’efficacia di un’azione del CRU nonché al funzionamento del mercato.

520    Tuttavia, tale considerando prevede altresì espressamente che le azioni di risoluzione «dovrebbero essere debitamente notificate e, salvo le limitate eccezioni stabilite nel presente regolamento, essere rese pubbliche». Orbene, occorre ricordare che l’articolo 88, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, citato al precedente punto 511, prevede espressamente l’obbligo per il CRU di assicurarsi, prima della divulgazione del programma di risoluzione, che esso non contenga alcuna informazione riservata.

521    Pertanto, il considerando 116 del regolamento n. 806/2014 non può essere interpretato, come suggeriscono i ricorrenti, nel senso che le norme sulla riservatezza e sul segreto professionale si applichino solo finché la decisione di risoluzione non è stata adottata.

522    I ricorrenti fanno altresì riferimento all’articolo 88, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014, ai sensi del quale «[l]e informazioni soggette agli obblighi in materia di segreto professionale non sono comunicate ad altra entità pubblica o privata, tranne quando tale comunicazione è necessaria ai fini di un’azione giudiziaria».

523    Orbene, tale disposizione non può significare che il CRU abbia l’obbligo di divulgare integralmente una decisione di risoluzione a partire dal momento in cui un’azione giudiziaria viene avviata. Tale disposizione rinvia alla possibilità per un giudice di ordinare la produzione di documenti, compresi quelli contenenti informazioni riservate.

524    A questo proposito, il Tribunale ha la facoltà di ordinare al CRU la produzione di qualsiasi documento che ritenga pertinente per statuire sulla controversia, mediante un mezzo istruttorio, in applicazione dell’articolo 91, lettera b), e dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento di procedura. Tuttavia, conformemente all’articolo 103, paragrafo 1, del medesimo regolamento, il Tribunale può ritenere che determinate informazioni contenute in tali documenti abbiano carattere riservato e quindi decidere che esse non siano comunicate alle altre parti, e in particolare ai ricorrenti.

525    Ne consegue che una decisione del Tribunale di ordinare la produzione di documenti non garantisce ai ricorrenti l’accesso all’integralità di tali documenti qualora il Tribunale ritenga che essi contengano dati riservati.

526    Inoltre, nell’ambito del presente procedimento, il Tribunale, il 12 maggio 2021, mediante un’ordinanza di mezzi istruttori, ha chiesto al CRU di produrre taluni documenti, tra cui le versioni riservate del programma di risoluzione, della valutazione 2 e della valutazione della BCE sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular. Ai sensi all’articolo 103 del regolamento di procedura, dopo aver esaminato il contenuto di tali documenti, il Tribunale ha ritenuto che gli elementi che rimanevano occultati nelle versioni di tali documenti pubblicate sui siti Internet del CRU e della BCE non fossero rilevanti ai fini della soluzione della presente controversia. Pertanto, con ordinanza del 9 giugno 2021, il Tribunale ha ritirato le versioni riservate di tali documenti dal fascicolo.

527    Da quanto precede risulta che i ricorrenti non possono sostenere che, dopo l’adozione del programma di risoluzione, non esiste alcun obbligo di riservatezza nei loro confronti, né che essi dispongono di un diritto alla comunicazione dell’intero fascicolo sul quale si è basato il CRU.

528    Di conseguenza, occorre respingere la seconda parte e, pertanto, il terzo motivo di ricorso nel suo complesso.

4.      Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellobbligo di motivazione

529    I ricorrenti affermano che le decisioni impugnate non sono sufficientemente motivate.

530    Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione di un atto, degli obblighi imposti dall’articolo 296 TFUE dev’essere effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenze dell’8 maggio 2019, Landeskreditbank Baden-Württemberg/BCE, C‑450/17 P, EU:C:2019:372, punti 85 e 87 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 ottobre 2020, BCE/Estate of Espírito Santo Financial Group, C‑396/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:845, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

531    Inoltre, il grado di precisione della motivazione di una decisione dev’essere proporzionato alle possibilità materiali ed alle condizioni tecniche o al tempo disponibile per la sua adozione (v. sentenze del 6 novembre 2012, Éditions Odile Jacob/Commissione, C‑551/10 P, EU:C:2012:681, punto 48 e giurisprudenza ivi citata, e del 23 maggio 2019, KPN/Commissione, T‑370/17, EU:T:2019:354, punto 139 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 27 gennaio 2021, KPN/Commissione, T‑691/18, non pubblicata, EU:T:2021:43, punto 162).

532    In primo luogo, i ricorrenti deducono diverse carenze di motivazione nel programma di risoluzione.

533    In via preliminare, occorre ricordare che, nel caso di specie, il 7 giugno 2017, il CRU ha pubblicato sul suo sito Internet una comunicazione che informava dell’adozione del programma di risoluzione accompagnata da un documento che riassumeva gli effetti della risoluzione conformemente all’articolo 29, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014. L’11 luglio 2017, il CRU ha pubblicato una versione non riservata del programma di risoluzione. Il CRU ha altresì pubblicato sul suo sito Internet, il 2 febbraio 2018 e poi il 31 ottobre 2018, ossia prima del deposito della replica, versioni non riservate, e con meno parti occultate, del programma di risoluzione e della valutazione 2.

534    Sotto un primo profilo, alcuni degli argomenti dei ricorrenti riguardano la procedura di vendita del Banco Popular. I ricorrenti sostengono che le ragioni per cui solo due potenziali acquirenti sarebbero stati invitati a firmare accordi di non divulgazione e solo uno di loro avrebbe presentato un’offerta non sono spiegate nel programma di risoluzione. Tale circostanza sarebbe rilevante per stabilire se il Banco Popular sia stato venduto in conformità alle disposizioni del regolamento n. 806/2014.

535    Occorre ricordare che la procedura di vendita del Banco Popular è stata condotta dal FROB. Il FROB, nella lettera di procedura adottata il 6 giugno 2017, nel contesto di una possibile risoluzione del Banco Popular, ha invitato i potenziali acquirenti a partecipare alla procedura di vendita e a sottoporre ad esso un’offerta per l’acquisizione del 100% del capitale del Banco Popular secondo i termini e le condizioni descritti in tale lettera.

536    All’articolo 6.6 del programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che lo sforzo di commercializzazione effettuato, riguardo al Banco Popular, dal FROB prima dell’adozione di tale programma avesse soddisfatto i requisiti di cui all’articolo 24 del regolamento n. 806/2014 in combinato disposto con l’articolo 39 della direttiva 2014/59. Il CRU ha rilevato che, nel periodo immediatamente precedente la risoluzione, il Banco Popular aveva avviato una procedura di vendita privata e che, nella settimana del 29 maggio 2017, era emerso che tale procedura sarebbe fallita. Esso ha indicato che la decisione di limitare il proprio sforzo commerciale alle banche che avevano già espresso un interesse generale all’acquisizione del Banco Popular nell’ambito della procedura di vendita privata era conforme ai requisiti di cui all’articolo 39 della direttiva 2014/59. Il CRU ha dichiarato che, in seguito all’attuazione della procedura di vendita da parte del FROB, alla fine, sono state invitate a partecipare alla vendita due banche. Esso ha menzionato il fatto che tutti i potenziali acquirenti erano stati contattati alla stessa data, che essi avevano avuto accesso alla stessa sala dati virtuale e che la presentazione delle loro offerte è stata soggetta alle medesime condizioni e alla medesima scadenza. Il CRU ha altresì rilevato che, su due potenziali acquirenti, era stata ricevuta un’offerta valida e che, poiché solo l’acquirente aveva presentato un’offerta, era prudente accettare le sue condizioni ed evitare così un’insolvenza incontrollata del Banco Popular che avrebbe potuto, in particolare, pregiudicare le sue funzioni essenziali.

537    Questi diversi elementi, contenuti nella versione del programma di risoluzione allegata alla replica, sono sufficienti per comprendere lo svolgimento della procedura di vendita del Banco Popular. Poiché la procedura di vendita è stata condotta dal FROB, il CRU poteva limitarsi a constatare che era stata presentata una sola offerta e prendere in considerazione il risultato di tale vendita. Inoltre, le ragioni per le quali gli altri potenziali acquirenti non hanno presentato offerte non sono pertinenti.

538    I ricorrenti sostengono altresì che non è stata fornita alcuna spiegazione in merito alla fissazione del prezzo di vendita del Banco Popular a EUR 1, né sulla questione se tale prezzo riflettesse il valore commerciale del Banco Popular e che essi ignorano per quale motivo alla BBVA non si sia stato concesso un termine supplementare per presentare un’offerta.

539    Nei limiti in cui tali argomenti riguardano la procedura di vendita condotta dal FROB, i ricorrenti non spiegano perché tali elementi dovrebbero figurare nel programma di risoluzione, né in che modo tali elementi sarebbero essenziali per la comprensione di quest’ultimo.

540    Inoltre, tali argomenti derivano da un’erronea comprensione dei fatti. Da un lato, va ricordato che il prezzo di vendita di EUR 1 non è stato fissato dal CRU. Infatti, nella lettera di procedura, il FROB ha indicato che il prezzo offerto nelle offerte doveva essere uguale o superiore a EUR 1. Il prezzo di vendita di EUR 1, menzionato nel programma di risoluzione, è il risultato della procedura di vendita competitiva condotta dal FROB e del prezzo offerto dal Banco Santander. Pertanto, tale prezzo riflette, per definizione, il valore commerciale del Banco Popular. Dall’altro lato, poiché la BBVA ha informato il FROB, il 6 giugno 2017, che essa aveva deciso di non presentare offerte, non occorreva precisare nel programma di risoluzione un motivo particolare per il quale il FROB non le aveva concesso un nuovo termine.

541    Sotto un secondo profilo, alcuni degli argomenti dei ricorrenti riguardano la motivazione del rispetto delle condizioni della risoluzione. I ricorrenti sostengono che non sono state esposte le ragioni per cui è stato considerato, all’articolo 2.1 del programma di risoluzione, che il Banco Popular non sarebbe stato in grado, in un prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza. In particolare, non sarebbe precisato se la causa fosse da rivenire nelle dichiarazioni e nelle fughe di notizie o nei ritiri di depositi da parte delle amministrazioni spagnole oppure nella mancata assistenza di liquidità di emergenza. Il CRU avrebbe concluso, all’articolo 3.1 del programma di risoluzione, che non esistevano misure alternative idonee ad evitare il dissesto del Banco Popular entro un termine ragionevole, senza aver esaminato le soluzioni alternative menzionate nella seconda parte del primo motivo di ricorso. Non sarebbero spiegate le ragioni per cui, tra tali altre misure, è stato scelto lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

542    Da un lato, occorre rilevare che, all’articolo 2 del programma di risoluzione, il CRU ha precisato che la BCE aveva ritenuto che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014. Esso ha evidenziato che vari elementi indicavano che il Banco Popular non sarebbe stato in grado, in un prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza.

543    Nel considerando 23 del programma di risoluzione, il CRU ha esposto che, come era stato descritto dalla BCE nella sua valutazione, la posizione di liquidità del Banco Popular era peggiorata in modo significativo ed ha elencato, al considerando 24, le circostanze che avevano condotto a tale situazione. Inoltre, occorre ricordare che le ragioni per cui la BCE ha ritenuto che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto sono chiaramente illustrate nella sua valutazione, la quale fa parte del contesto nel quale il programma di risoluzione è stato adottato. Una versione non riservata della valutazione della BCE è stata pubblicata sul suo sito Internet il 14 agosto 2017.

544    Pertanto, i ricorrenti non possono sostenere che il CRU non ha sufficientemente motivato le ragioni per cui il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto.

545    Dall’altro lato, dall’analisi della seconda parte del primo motivo di ricorso (v. punti da 188 a 192 supra) risulta che il CRU ha sufficientemente motivato, all’articolo 3 del programma di risoluzione, l’assenza di soluzioni alternative sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza che permettessero di evitare il dissesto del Banco Popular. Inoltre, all’articolo 5 del programma di risoluzione, segnatamente all’articolo 5.3 di quest’ultimo, il CRU ha giustificato la scelta dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa come strumento di risoluzione e ha spiegato perché gli altri strumenti elencati all’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014 non consentissero di conseguire gli obiettivi della risoluzione nella stessa misura.

546    I ricorrenti non sostengono che tali disposizioni del programma di risoluzione siano insufficienti per comprenderne la portata, ma si limitano ad addebitare al CRU di non aver esaminato le soluzioni alternative da essi invocate nel primo motivo di ricorso.

547    A tale riguardo, è sufficiente ricordare che il CRU non era tenuto ad esaminare le soluzioni invocate dai ricorrenti che non fossero praticabili, come risulta dai precedenti punti da 193 a 230.

548    Sotto un terzo profilo, i ricorrenti adducono, nella replica, argomenti relativi alla motivazione della valutazione 2. Essi affermano di ignorare per quale ragione la valutazione 2 sia stata utilizzata, sebbene essa indichi di essere puramente illustrativa e di non dover essere utilizzata per l’adozione di una decisione, per quale ragione nelle relazioni di valutazione non sia effettuata l’analisi richiesta dall’articolo 20, paragrafo 5, lettere da a) a c) ed f), del regolamento n. 806/2014, per quale ragione le valutazioni 1 e 2 siano incoerenti per quanto riguarda la solvibilità del Banco Popular e per quale ragione la valutazione delle attività in sofferenza del Banco Popular effettuata dalla BCE non sia stata utilizzata benché il CRU avesse dichiarato trattarsi della migliore stima.

549    Occorre constatare che tali argomenti non sono altro che la ripetizione di argomenti sollevati dai ricorrenti nell’ambito del secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 20 del regolamento n. 806/2014. Orbene, i ricorrenti non illustrano per quale ragione spiegazioni su interrogativi che corrispondono soltanto ai loro motivi di ricorso dovrebbero figurare nel programma di risoluzione, né in quale misura esse sarebbero necessarie alla comprensione di quest’ultimo.

550    Sotto un quarto profilo, i ricorrenti addebitano al CRU di non aver spiegato, nel programma di risoluzione, se la Deloitte soddisfacesse le condizioni di indipendenza di cui agli articoli da 37 a 41 del regolamento delegato 2016/1075.

551    A tale riguardo, il CRU ha indicato, nel considerando 41 del programma di risoluzione, di aver incaricato un perito indipendente per procedere alla valutazione 2. È sufficiente constatare che non rientra nell’oggetto del programma di risoluzione spiegare per quale ragione tale perito soddisfacesse i requisiti del regolamento delegato 2016/1075 e che i ricorrenti non chiariscono in quale misura tali spiegazioni sarebbero necessarie alla comprensione dell’azione di risoluzione adottata dal CRU.

552    Sotto un quinto profilo, i ricorrenti sostengono che il CRU non ha identificato la strategia di risoluzione né lo strumento di risoluzione contenuti nel piano di risoluzione del 2016 e che non ha indicato le ragioni per cui tale piano non è stato seguito.

553    Basti notare che, nei considerando da 44 a 46 del programma di risoluzione, che figurano nella loro integralità nella versione del programma di risoluzione pubblicata sul sito Internet del CRU il 2 febbraio 2018 e allegata alla replica, il CRU ha spiegato per quali ragioni lo strumento di risoluzione previsto nel piano di risoluzione del 2016 non fosse adeguato alle circostanze esistenti alla data della risoluzione. In tal senso, esso ha rilevato che il piano di risoluzione del 2016 si basava sull’ipotesi che il dissesto del Banco Popular fosse connesso a un deterioramento della sua situazione patrimoniale. Orbene, poiché il dissesto del Banco Popular derivava dal deterioramento della sua posizione di liquidità, il CRU ha indicato che non era garantito che lo strumento del bail-in, considerato in tale piano, avrebbe consentito di rimediare immediatamente ed efficacemente alla crisi di liquidità del Banco Popular.

554    Tali spiegazioni sono sufficienti per giustificare le ragioni per le quali il piano di risoluzione del 2016 non è stato applicato nel programma di risoluzione.

555    Sotto un sesto profilo, i ricorrenti affermano di ignorare perché, prima di sottoporre il Banco Popular a risoluzione, il CRU non abbia atteso la concessione della totalità dell’assistenza di liquidità di emergenza già approvata dalla BCE.

556    È sufficiente ricordare che, dall’analisi della prima censura della prima parte del primo motivo di ricorso, risulta che il CRU ha considerato, nel programma di risoluzione, che la Banca di Spagna, dopo aver concesso una prima assistenza di liquidità di emergenza al Banco Popular il 5 giugno 2017, non era in grado di concedergli un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare. Dato che la concessione di un’assistenza di liquidità di emergenza rientra nella competenza delle banche centrali nazionali, il CRU non poteva che constatare l’indisponibilità di un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare.

557    Pertanto, poiché non esisteva alcuna ragione per il CRU di attendere la concessione di tale assistenza di liquidità di emergenza, esso non era tenuto a giustificarlo nel programma di risoluzione.

558    Quanto all’argomento secondo cui numerosi passaggi del programma di risoluzione e delle valutazioni sono occultati, il che impedirebbe ai ricorrenti di comprenderli, è sufficiente osservare che si tratta di una semplice considerazione generale che, in mancanza di precisazioni sulle parti del programma di risoluzione o della valutazione 2 che i ricorrenti non sarebbero in grado di comprendere, non consente di dimostrare l’esistenza di una violazione dell’obbligo di motivazione.

559    Da quanto precede risulta che nessuno degli argomenti dei ricorrenti è in grado di dimostrare una violazione dell’obbligo di motivazione da parte del CRU.

560    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono di aver ricevuto soltanto una copia parziale «non riservata» del programma di risoluzione e di non aver avuto accesso ai suoi allegati, né al fascicolo amministrativo. Essi affermano di non essere stati quindi a conoscenza della motivazione delle decisioni impugnate. Essi aggiungono, nella replica, che l’obbligo di motivazione tutela qualsiasi persona interessata dall’atto e non unicamente il suo destinatario e che essi hanno pertanto il diritto di ricevere una motivazione completa delle decisioni impugnate. Inoltre, nella replica, i ricorrenti dichiarano di non chiedere la pubblicazione generale dei documenti, dal momento che l’articolo 88, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 sembra opporvisi, bensì la comunicazione di una decisione motivata e un’autorizzazione ad accedere in via riservata al fascicolo nel corso del presente procedimento.

561    Occorre considerare che, con tale argomento, i ricorrenti addebitano, in sostanza, al CRU di non aver comunicato loro la versione integrale del programma di risoluzione e della valutazione 2.

562    A questo proposito, dall’analisi della seconda parte del terzo motivo di ricorso risulta che, dopo l’adozione del programma di risoluzione, i ricorrenti non dispongono di un diritto alla comunicazione dell’intero fascicolo sul quale il CRU si è basato nella misura in cui quest’ultimo ha l’obbligo di tutelare le informazioni riservate in esso contenute. Tale ragionamento si applica anche al programma di risoluzione e alla valutazione 2 che contengono dati riservati.

563    Inoltre, si deve ricordare che i ricorrenti non sono destinatari del programma di risoluzione che è indirizzato al FROB. I ricorrenti devono essere considerati come soggetti terzi e non hanno quindi un diritto alla comunicazione della versione integrale del programma di risoluzione.

564    Si deve rilevare che la Corte ha già statuito che una decisione della Commissione che dichiari insussistente un presunto aiuto di Stato segnalato da un denunciante può, alla luce dell’obbligo di rispettare il segreto commerciale, essere sufficientemente motivata senza contenere l’insieme dei dati numerici sui quali si basa il ragionamento di tale istituzione (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punti da 108 a 111). Pertanto, una versione non riservata di una siffatta decisione, qualora faccia emergere in maniera chiara e non equivoca l’iter logico seguito da detta istituzione nonché il metodo da essa impiegato, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni e al Tribunale di esercitare il suo controllo nei loro confronti, è sufficiente a soddisfare l’obbligo di motivazione gravante sulla medesima istituzione (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Club Hotel Loutraki e a./Commissione, C‑131/15 P, EU:C:2016:989, punto 55).

565    Inoltre, per quanto riguarda gli elementi economici utilizzati dalla Deloitte nella valutazione 2 e presi in considerazione dal CRU nel programma di risoluzione, è innegabile che essi richiedano valutazioni tecniche complesse. Poiché il programma di risoluzione faceva emergere il ragionamento seguito dal CRU con chiarezza sufficiente a consentire di contestarne successivamente la fondatezza dinanzi alla giurisdizione competente, sarebbe eccessivo esigere una motivazione specifica per ciascuna delle scelte tecniche o per ciascuno dei dati numerici sui quali si basa tale ragionamento (v., per analogia, sentenza del 1° luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).

566    Orbene, da un lato, i ricorrenti ammettono che l’articolo 88, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 osta alla pubblicazione della versione integrale del programma di risoluzione. Tale disposizione, citata al precedente punto 511, prevedendo che il CRU debba assicurarsi che talune informazioni non contengano elementi riservati prima di divulgarle, non riguarda unicamente l’ipotesi della loro pubblicazione, ma anche quella della loro comunicazione a terzi.

567    Dall’altro lato, i ricorrenti non hanno precisato in quale misura i dati rimasti occultati nelle versioni non riservate del programma di risoluzione e della valutazione 2 fossero necessari ai fini della comprensione del programma di risoluzione.

568    I ricorrenti non hanno quindi dimostrato che il CRU abbia violato l’obbligo di motivazione ad esso incombente avendo occultato i dati economici nelle versioni non riservate del programma di risoluzione e della valutazione 2.

569    Pertanto, si deve ritenere che i ricorrenti non possono far valere un diritto a ricevere una comunicazione delle versioni integrali del programma di risoluzione e della valutazione 2.

570    In terzo luogo, i ricorrenti sostengono che, ai sensi della sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), solo la Commissione potrebbe controllare gli aspetti discrezionali del programma di risoluzione. Orbene, la decisione 2017/1246 sarebbe puramente tacita e priva di qualsiasi motivazione.

571    Occorre ricordare che dal considerando 4 della decisione 2017/1246 risulta quanto segue:

«La Commissione è d’accordo con il programma di risoluzione. In particolare, concorda con [il CRU] sulle ragioni per le quali la risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico a norma dell’articolo 5 del regolamento n. 806/2014».

572    Inoltre, da un lato, nel considerando 2 della decisione 2017/1246, la Commissione ha menzionato il fatto che, nel programma di risoluzione, il CRU aveva affermato che, nel caso del Banco Popular, erano soddisfatte tutte le condizioni per la risoluzione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, primo comma, del regolamento (UE) n. 806/2014 e che esso aveva valutato i motivi per i quali l’azione di risoluzione era necessaria nell’interesse pubblico. Dall’altro lato, nel considerando 3 della decisione 2017/1246 che approva il programma di risoluzione, la Commissione ha rilevato che, conformemente all’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 806/2014, il programma di risoluzione sottoponeva il Banco Popular a risoluzione e prevedeva l’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa ed indicava altresì i motivi per i quali tutti questi elementi erano adeguati.

573    Ne consegue che, nella decisione 2017/1246, la Commissione ha fatto esplicito riferimento ai motivi per i quali il CRU aveva ritenuto che le condizioni per l’adozione del programma di risoluzione fossero soddisfatte e che occorresse applicare lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Pertanto, l’approvazione del programma di risoluzione di cui al considerando 4 della decisione 2017/1246 deve essere letta alla luce degli altri considerando e riguarda l’insieme di tali motivi. Nel suddetto considerando, la Commissione ha dichiarato esplicitamente di concordare sulle ragioni, indicate nel programma di risoluzione, per le quali l’adozione di un’azione di risoluzione per il Banco Popular era necessaria, in particolare per quanto riguarda il criterio dell’interesse pubblico.

574    Pertanto, si deve ritenere che il programma di risoluzione e la sua motivazione facciano parte del contesto nel quale la decisione 2017/1246 è stata adottata, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 530.

575    Va poi ricordato che, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, la Commissione approva il programma di risoluzione o obietta ad esso per quanto riguarda gli aspetti discrezionali di quest’ultimo.

576    Ne consegue che, quando la Commissione approva, come nel caso di specie, il programma di risoluzione, la motivazione della sua decisione può limitarsi a indicare che essa è d’accordo con i motivi in essa contenuti. Qualsiasi altra giustificazione supplementare della sua approvazione finirebbe per consistere in una mera ripetizione degli elementi già contenuti nel programma di risoluzione. Orbene, secondo l’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, la Commissione non deve ripetere l’analisi del CRU nella sua decisione, ma soltanto approvarla.

577    Inoltre, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 531, occorre tener conto del termine molto breve di cui disponeva la Commissione in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, per adottare la sua decisione a partire dalla trasmissione del programma di risoluzione da parte de CRU.

578    Ne deriva che occorre considerare sufficiente, per giustificare un’approvazione, una motivazione con cui la Commissione indichi di essere d’accordo con il contenuto del programma di risoluzione e con i motivi dedotti dal CRU nel programma di risoluzione per giustificare la sua adozione.

579    Nella replica, i ricorrenti sostengono che nessuno dei documenti che la Commissione asserisce essere parte del suo fascicolo amministrativo suffraga una partecipazione di quest’ultima al procedimento, al di là dell’adozione della sua decisione. I ricorrenti affermano che questo argomento mira a dimostrare che la Commissione è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 291 TFUE e della sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

580    Con tale argomento, i ricorrenti non sostengono che la Commissione abbia violato il suo obbligo di motivazione, ma invocano una violazione dei principi relativi alla delega di poteri sanciti dalla sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7). I ricorrenti affermano, nella replica, che detto argomento rinvia al punto 153 dell’atto introduttivo. Tuttavia, in tale punto dell’atto introduttivo, i ricorrenti si limitavano a menzionare la circostanza che la Commissione non avrebbe motivato il controllo che essa aveva esercitato sugli aspetti discrezionali del programma di risoluzione e che si sarebbe limitata ad approvare quest’ultimo.

581    Si deve quindi ritenere che tale argomento sia sollevato per la prima volta nella replica e debba essere interpretato nel senso che costituisce un motivo nuovo di ricorso.

582    Ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

583    Orbene, i ricorrenti non sostengono che questo nuovo argomento si basi su circostanze di fatto che erano loro ignote al momento della presentazione del ricorso e tale argomento deve quindi essere respinto in quanto irricevibile.

584    Da tutto quanto precede risulta che il quarto motivo di ricorso dev’essere respinto.

585    Poiché tutti i motivi di ricorso sono stati respinti, occorre respingere la domanda di annullamento delle decisioni impugnate.

586    Occorre pertanto respingere anche la domanda dei ricorrenti contenuta nel primo capo delle conclusioni e con cui essi chiedono al Tribunale, in conseguenza dell’annullamento delle decisioni impugnate, di «condannare la Commissione e il CRU a restituire loro i loro investimenti nel Banco Popular», senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità di tale domanda. Per quanto riguarda la domanda alternativa contenuta nel primo capo delle conclusioni dei ricorrenti, con cui questi ultimi chiedono al Tribunale di condannare la Commissione e il CRU «a risarcirli per responsabilità extracontrattuale», occorre considerare che essa si confonde con la prima domanda risarcitoria esaminata qui di seguito.

B.      Sulle domande risarcitorie

587    Con il secondo capo delle loro conclusioni, i ricorrenti chiedono che il CRU e la Commissione siano condannati a risarcirli per responsabilità extracontrattuale. I ricorrenti deducono due domande risarcitorie distinte, la prima basata sull’annullamento delle decisioni impugnate e la seconda indipendente da tale annullamento.

1.      Sulla prima domanda risarcitoria

588    Per quanto riguarda la prima domanda risarcitoria, i ricorrenti affermano che, nell’ipotesi in cui il Tribunale annulli le decisioni impugnate, essi chiedono un risarcimento per responsabilità extracontrattuale nonché la conferma degli effetti di tali decisioni in forza dell’articolo 264 TFUE.

589    Essi sostengono che, ai sensi dell’articolo 264 TFUE, il Tribunale può precisare che taluni effetti della decisione impugnata, dichiarata nulla, devono essere considerati definitivi e, in tal caso, chiedono al Tribunale, in subordine alla loro domanda di annullamento, di ordinare al CRU e alla Commissione di risarcirli, sussistendo la loro responsabilità extracontrattuale. Quanto al risarcimento dei danni subiti in caso di annullamento delle decisioni impugnate, l’articolo 266, secondo comma, TFUE prevedrebbe che l’obbligo di prendere tutti i provvedimenti necessari a ripristinare la situazione anteriore dei ricorrenti non pregiudichi quello eventualmente risultante dall’applicazione dell’articolo 340, secondo comma, TFUE.

590    Secondo costante giurisprudenza, la domanda diretta a ottenere il risarcimento di un danno materiale o morale dev’essere respinta quando presenti uno stretto collegamento con la domanda di annullamento che sia stata, a sua volta, respinta in quanto irricevibile o infondata (v. sentenza del 29 aprile 2020, Tilly-Sabco/Consiglio e Commissione, T‑707/18, non pubblicata, EU:T:2020:160, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

591    A tale riguardo, è sufficiente rilevare che la prima domanda risarcitoria dei ricorrenti è subordinata alla constatazione dell’illegittimità delle decisioni impugnate. Orbene, poiché la domanda di annullamento delle decisioni impugnate è stata respinta, occorre respingere la prima domanda risarcitoria dei ricorrenti.

2.      Sulla seconda domanda risarcitoria

592    I ricorrenti chiedono un risarcimento per la responsabilità extracontrattuale del CRU e della Commissione, ai sensi dell’articolo 87 del regolamento n. 806/2014, che prevede la responsabilità del CRU nell’esercizio delle sue funzioni di risoluzione, nonché ai sensi degli articoli 266, 268 e 340 TFUE, che si applicano sia al CRU che alla Commissione.

593    I ricorrenti affermano che, indipendentemente dall’annullamento o meno delle decisioni impugnate, il CRU e la Commissione devono essere condannati a risarcirli per responsabilità extracontrattuale a causa dei loro comportamenti illeciti descritti nei motivi di annullamento, ossia le dichiarazioni e le divulgazioni del CRU che hanno condotto alla risoluzione del Banco Popular, la passività delle istituzioni europee di fronte al tracollo del Banco Popular nonché l’assenza di buona amministrazione e di intervento precoce, e l’illegittimità della risoluzione. Essi sostengono che, se nessuna di tali azioni illecite del CRU fosse intervenuta, non sarebbe stato necessario assoggettare il Banco Popular a risoluzione o, quantomeno, non alle stesse condizioni.

594    Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, in materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.

595    Secondo giurisprudenza costante, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, presuppone che ricorrano congiuntamente varie condizioni, ossia l’illiceità del comportamento contestato all’istituzione dell’Unione, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato (v. sentenze del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 64 e giurisprudenza ivi citata; del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 79 e giurisprudenza ivi citata, e del 25 febbraio 2021, Dalli/Commissione, C‑615/19 P, EU:C:2021:133, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

596    Quando uno di questi presupposti non è soddisfatto, il ricorso deve essere respinto interamente, senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Inoltre, il giudice dell’Unione non è obbligato a esaminare tali presupposti in un determinato ordine (v. sentenze del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 148 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 marzo 2021, AM/BEI, T‑134/19, EU:T:2021:119, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

597    Secondo una giurisprudenza costante, per quanto riguarda la prima condizione relativa all’illiceità del comportamento contestato alle istituzioni, occorre che sia dimostrata una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli (v. sentenze del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 65 e giurisprudenza ivi citata; del 25 febbraio 2021, Dalli/Commissione, C‑615/19 P, EU:C:2021:133, punto 55 e giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 24 ottobre 2019, Liaño Reig/CRU, T‑557/17, non pubblicata, EU:T:2019:771, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

598    Il presupposto di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica avente ad oggetto il conferimento di diritti ai singoli è diretto, indipendentemente dalla natura dell’atto illecito in questione, ad evitare che il rischio di dover risarcire i danni addotti dalle persone interessate ostacoli la capacità dell’istituzione interessata di esercitare pienamente le sue funzioni nell’interesse generale, tanto nell’ambito della sua attività normativa o implicante scelte di politica economica quanto nell’ambito della propria competenza amministrativa, senza per questo lasciare a carico dei singoli l’onere delle conseguenze di violazioni flagranti e inescusabili (v., in tal senso, sentenze del 3 marzo 2010, Artegodan/Commissione, T‑429/05, EU:T:2010:60, punto 55 e giurisprudenza ivi citata; del 23 novembre 2011, Sison/Consiglio, T‑341/07, EU:T:2011:687, punto 34 e giurisprudenza ivi citata, e del 14 dicembre 2018, East West Consulting/Commissione, T‑298/16, EU:T:2018:967, punto 124 e giurisprudenza ivi citata).

599    Una violazione siffatta si concretizza allorquando essa implica un travalicamento manifesto e grave, da parte dell’istituzione interessata, dei limiti imposti al suo potere discrezionale, tenendo presente che gli elementi da prendere in considerazione al riguardo sono, in particolare, la complessità delle situazioni da disciplinare, il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, nonché l’ampiezza del potere discrezionale che tale norma riserva all’istituzione dell’Unione (v. sentenze del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, e del 18 novembre 2020, H/Consiglio, T‑271/10 RENV II, EU:T:2020:548, punto 101 e giurisprudenza ivi citata). Soltanto quando quest’ultima dispone solo di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto dell’Unione può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata (v. sentenze del 20 gennaio 2021, Commissione/Princeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 103 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 settembre 2019, Dehousse/Corte di giustizia dell’Unione europea, T‑433/17, EU:T:2019:632, punto 165 e giurisprudenza ivi citata).

a)      Sullilliceità invocata

600    Per quanto riguarda il comportamento della Commissione e del CRU, i ricorrenti sostengono che le dichiarazioni e le divulgazioni del CRU del 23 e del 31 maggio 2017, e dei giorni successivi, hanno causato un panico diffuso che ha provocato un crollo della quotazione delle azioni del Banco Popular e un assalto agli sportelli da parte dei suoi clienti. Il CRU avrebbe violato i suoi obblighi di riservatezza. All’inizio delle fughe di informazioni, anziché adottare misure per mitigare il danno, il CRU e la Commissione avrebbero adottato un atteggiamento passivo contrario al diritto ad una buona amministrazione e al diritto a un intervento precoce. Secondo i ricorrenti, quando il CRU ha ritenuto che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto, esso ha adottato il programma di risoluzione senza tener conto di misure per loro meno restrittive, in violazione del regolamento n. 806/2014 e dei principi fondamentali, quali i principi di proporzionalità, di divieto di discriminazione e di arbitrarietà, il diritto di essere ascoltato e il diritto alla motivazione delle decisioni.

601    I ricorrenti ritengono che la violazione del diritto dell’Unione da parte del CRU e della Commissione sia chiaramente dimostrata, il che basterebbe a confermare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata. Si tratterebbe di un errore inescusabile del CRU che fa sorgere la sua responsabilità extracontrattuale. Quest’ultimo non avrebbe dovuto rendere dichiarazioni, né divulgare informazioni e, dato che sarebbe stato causato un danno al Banco Popular, il CRU e la Commissione avrebbero dovuto tentare di mitigarlo e, laddove il dissesto fosse stato irreversibile, avrebbero dovuto adottare un programma di risoluzione conforme alla legge e ai principi fondamentali.

602    Gli argomenti dei ricorrenti relativi al comportamento della Commissione e del CRU si articolano in due censure, relative, da un lato, alla violazione degli obblighi di riservatezza e, dall’altro, all’atteggiamento passivo del CRU e della Commissione.

1)      Sulla prima censura, relativa alla violazione degli obblighi di riservatezza

603    I ricorrenti affermano che, dal considerando 116 e dagli articoli 88 e 90 del regolamento n. 806/2014 nonché dall’articolo 339 TFUE, risulta che il criterio di diligenza e di prudenza è estremamente stringente. Essi ritengono che sia errato sostenere che l’intervista concessa al canale televisivo Bloomberg dalla presidente del CRU, il 23 maggio 2017, non consentisse al pubblico di dedurre che il Banco Popular veniva esaminato ai sensi del considerando 116 del regolamento n. 806/2014.

604    I ricorrenti sostengono che le dichiarazioni e le fughe di informazioni del 23 e del 31 maggio 2017 sono imputabili al CRU o, quanto meno, a funzionari dell’Unione che hanno partecipato alla procedura di risoluzione. Il CRU non avrebbe negato che talune fughe di notizie siano all’origine dell’articolo di stampa pubblicato da Reuters il 31 maggio 2017. La Commissione e il CRU non avrebbero negato l’esistenza di ritiri di depositi da parte delle amministrazioni spagnole, in particolare da parte del FROB. Il CRU e la Commissione non avrebbero fornito indagini interne che consentano di concludere che essi non erano all’origine delle fughe di notizie. Il CRU non avrebbe attuato la procedura di controllo delle conseguenze di qualsiasi divulgazione di informazioni di cui all’articolo 88, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, il che costituirebbe una violazione sufficientemente qualificata.

605    L’articolo 339 TFUE prevede quanto segue:

«I membri delle istituzioni dell’Unione, i membri dei comitati e i funzionari e agenti dell’Unione sono tenuti, anche dopo la cessazione delle loro funzioni, a non divulgare le informazioni che per loro natura siano protette dal segreto professionale, in particolare quelle relative alle imprese e riguardanti i rapporti commerciali ovvero gli elementi dei costi».

606    Secondo la giurisprudenza, benché questa norma riguardi soprattutto le informazioni ottenute da imprese, l’avverbio «in particolare» dimostra che si tratta di un principio generale che comprende anche altre informazioni riservate (v., per analogia, sentenza del 3 marzo 2011, Siemens/Commissione, T‑110/07, EU:T:2011:68, punto 400 e giurisprudenza ivi citata).

607    L’articolo 88, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 così recita:

«I membri del [CRU], il vicepresidente, i membri del [CRU] di cui all’articolo 43, paragrafo 1, lettera b), il personale del [CRU] e il personale scambiato o distaccato dagli Stati membri partecipanti che svolgono funzioni di risoluzione sono soggetti all’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 339 TFUE e delle disposizioni pertinenti della normativa dell’Unione, anche dopo aver cessato le proprie funzioni. In particolare ad essi è fatto divieto di comunicare a qualsiasi persona o autorità le informazioni riservate ricevute nel corso della loro attività professionale o ricevute da un’autorità competente o da un’autorità di risoluzione in relazione alle loro funzioni a norma del presente regolamento, a meno che ciò non avvenga nell’ambito dell’esercizio delle loro funzioni a norma del presente regolamento o in forma sommaria o aggregata, tale per cui le entità di cui all’articolo 2 non possano essere identificate, oppure previo consenso espresso dell’autorità o dell’entità che fornisce tali informazioni».

608    Occorre altresì richiamare il considerando 116 del regolamento, citato al precedente punto 514, relativo alla riservatezza delle informazioni in possesso del CRU prima dell’adozione di una decisione di risoluzione.

609    Nel caso di specie, si deve rilevare che, nell’atto introduttivo, i ricorrenti menzionano le «dichiarazioni e divulgazioni del CRU del 23 e del 31 maggio 2017, e dei giorni successivi». Nella replica, i ricorrenti fanno riferimento unicamente all’intervista della presidente del CRU del 23 maggio 2017 e all’articolo pubblicato da Reuters il 31 maggio 2017.

610    Poiché i ricorrenti non individuano quali sarebbero le altre asserite dichiarazioni del CRU, il Tribunale si limiterà ad esaminare il contenuto delle dichiarazioni rese dalla presidente del CRU il 23 maggio 2017 e dell’articolo di Reuters del 31 maggio 2017, su cui si basano i ricorrenti per invocare una violazione dell’obbligo di riservatezza.

611    In primo luogo, per quanto riguarda l’intervista concessa dalla presidente del CRU al canale televisivo Bloomberg il 23 maggio 2017, il giornalista ha chiesto:

«Can I take you to Spain? I want to show our audience something that is very much on our radar screen here at Bloomberg and that is Banco Popular and the CoCos [(Contingent Convertibles)] which are under a little bit of pressure right now. This is an institution with a CET 1 just north of 7 per cent. Is it on your radar screen as well?» (Posso portarla in Spagna? Vorrei mostrare al nostro pubblico qualcosa che è molto presente sul nostro schermo radar qui a Bloomberg, si tratta del Banco Popular e delle obbligazioni contingenti convertibili che sono un po’ sotto pressione in questo momento. Tale istituto ha un CET 1 appena superiore al 7%. È anche sul vostro schermo radar?).

612    La presidente del CRU ha risposto:

«Well, I am never talking about individual banks. There are more banks than just one on our radar screen and of course, Banco Popular is also a case we are watching but it is not the only one we are watching». (Non parlo mai delle banche individualmente. Ci sono varie banche sul nostro schermo radar e certamente anche quello del Banco Popular è uno dei casi che stiamo sorvegliando, ma non è l’unico).

613    Da un lato, si deve constatare, come rilevato dal CRU, che tali affermazioni hanno portata generale, in quanto la sorveglianza degli enti fa parte del suo compito in collaborazione con la BCE. L’informazione secondo cui il Banco Popular, in quanto ente creditizio coperto dal meccanismo di vigilanza unico, è «sorvegliato» non è riservata.

614    Inoltre, dall’articolo del 15 maggio 2017 pubblicato da elconfidencial.com, menzionato al precedente punto 41, risulta che l’informazione secondo cui il Banco Popular era stato oggetto di un’ispezione della BCE era già pubblica.

615    Dall’altro lato, durante tale intervista, la presidente del CRU non menziona l’ipotesi di una risoluzione del Banco Popular. Da tali affermazioni non si può trarre alcuna conclusione circa l’imminente attuazione di una risoluzione del Banco Popular e ancor meno riguardo allo strumento di risoluzione che avrebbe potuto essere attuato dal CRU.

616    Inoltre, poiché le suddette affermazioni non possono essere interpretate nel senso che esse significassero che il Banco Popular sarebbe stato sottoposto a risoluzione, esse non rientrano nelle ipotesi previste dal considerando 116 del regolamento n. 806/2014, relativo alla comunicazione di tutte le informazioni fornite rispetto a una decisione prima che questa sia presa.

617    Peraltro, per quanto riguarda un altro estratto di tale intervista, citato al punto 16 dell’atto introduttivo, è sufficiente rilevare che le dichiarazioni della presidente del CRU sono di carattere generale e non riguardano la situazione particolare del Banco Popular. Infatti, in tale estratto, a una domanda riguardante il futuro degli enti, come il Banco Popular, che recentemente avevano raccolto fondi sul mercato e che avrebbero avuto difficoltà a farlo nuovamente, la presidente del CRU ha risposto:

«Ancora una volta, non parlerò del Banco Popular. Come comprenderete, penso che trattare l’argomento significhi precisamente tornare sulla questione di quale sia la causa profonda ed è una questione individuale e idiosincratica da caso a caso quella di sapere se sia possibile scorporare il portafoglio di NPL [non-profitable loans (crediti deteriorati)] in una “bad bank” [(cosiddetta “banca cattiva”)]; se si possa tentare di venderlo; in che modo si possa procedere a una ristrutturazione. La fusione è sempre un’opzione. Penso di poter dire chiaramente che in questi ultimi due anni abbiamo lavorato assiduamente per cercare di attuare piani di risoluzione che, si spera, offrano anche soluzioni più private. Così, prima di arrivare al punto di essere economicamente insostenibile e di essere sottoposta a risoluzione, [vi è da chiedersi se] la banca sia strutturata in modo tale che si possano trovare soluzioni alternative, private, le quali sono sempre, direi, anche dal nostro punto di vista, la soluzione preferibile. E non c’è una soluzione unica».

618    Pertanto, si deve ritenere che le dichiarazioni rilasciate dalla presidente del CRU in occasione dell’intervista del 23 maggio 2017 non contengano informazioni riservate e non costituiscano una violazione del principio di riservatezza, né dell’obbligo del segreto professionale previsto all’articolo 88 del regolamento n. 806/2014 e all’articolo 339 TFUE.

619    In secondo luogo, per quanto riguarda l’articolo pubblicato da Reuters il 31 maggio 2017, intitolato «La UE, advertida de riesgo de una resolución ordenada en Banco Popular» (UE, avvertimento del rischio di una risoluzione del Banco Popular), tale articolo indica che, secondo un alto funzionario dell’Unione rimasto anonimo, una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa aveva avvertito i funzionari dell’Unione che per il Banco Popular avrebbe potuto rendersi necessaria una risoluzione qualora non fosse riuscito a trovare un acquirente e che la presidente del CRU aveva recentemente emesso un’«allerta rapida». Secondo tale articolo, detto alto funzionario ha altresì riferito che la presidente del CRU aveva dichiarato che il CRU seguiva la procedura (Banco Popular) con particolare attenzione in vista di un possibile intervento e ha aggiunto che l’offerta di fusione della banca avrebbe potuto essere infruttuosa.

620    Il medesimo articolo di Reuters indica altresì che, secondo un’altra fonte, anch’essa anonima, erano in corso preparativi generali sebbene non fosse stata ancora adottata alcuna misura concreta. Secondo lo stesso articolo, un portavoce del Banco Popular aveva dichiarato che la banca lavorava su diversi piani comprendenti una fusione, un aumento di capitale e vendite di attività.

621    Occorre anche rilevare che tale articolo menziona il comunicato stampa del CRU dello stesso giorno, nel quale il CRU ha indicato che non commentava le difficoltà specifiche di una banca, che non poteva confermare le interpretazioni relative alle asserite citazioni della sua presidente e che non emetteva mai allerta a proposito delle banche.

622    I ricorrenti menzionano l’estratto di tale articolo secondo il quale «erano in corso preparativi generali». È sufficiente constatare che, secondo l’articolo, tali affermazioni sarebbero state formulate da «una seconda fonte», anch’essa anonima, riguardo alla quale non viene precisato che si trattasse di un funzionario dell’Unione. Tali dichiarazioni non possono quindi essere attribuite a un funzionario della Commissione o a un membro del personale del CRU. In aggiunta, il riferimento a «preparativi generali» ha una portata molto vaga e non fornisce alcuna indicazione che consenta di stabilire se essi riguardassero una procedura di risoluzione avviata nei confronti del Banco Popular o se facessero riferimento ai piani previsti dalla banca stessa e menzionati anch’essi in tale articolo.

623    Inoltre, occorre osservare che i ricorrenti non precisano quali informazioni contenute in tale articolo sarebbero riservate, né in quale misura la loro divulgazione costituirebbe una violazione degli obblighi di segreto professionale del CRU o della Commissione. In ogni caso, le dichiarazioni di tale funzionario dell’Unione, riportate in detto articolo, non riguardavano informazioni riservate che potevano essere conosciute soltanto da membri del CRU o della Commissione e non sono idonee a dimostrare l’esistenza delle asserite fughe di notizie invocate dai ricorrenti.

624    Infatti, in primo luogo, il funzionario avrebbe menzionato un’«allerta rapida» che sarebbe stata emessa dalla presidente del CRU. Orbene, occorre rilevare che tale affermazione non corrisponde a una competenza del CRU, circostanza che quest’ultimo ha peraltro ricordato nel suo comunicato stampa del 31 maggio 2017.

625    In secondo luogo, per quanto riguarda l’affermazione di tale funzionario secondo la quale «la presidente del CRU aveva dichiarato che il CRU seguiva la procedura (Banco Popular) con particolare attenzione in vista di un possibile intervento», è sufficiente constatare che tali dichiarazioni riprendono la sostanza di quanto la presidente del CRU aveva affermato pubblicamente durante la sua intervista concessa al canale televisivo Bloomberg il 23 maggio 2017, ossia che il Banco Popular era «sorvegliato». Per di più, l’interpretazione estensiva data a tali dichiarazioni è stata smentita dal CRU nel suo comunicato stampa.

626    Inoltre, il fatto che tale articolo riporti parole asseritamente pronunciate dalla presidente del CRU non può essere sufficiente a dimostrarne l’autenticità, tanto più che la persona che si presume aver riferito tali parole è essa stessa non identificata.

627    In terzo luogo, per quanto riguarda l’affermazione di detto funzionario secondo cui l’offerta di fusione della banca avrebbe potuto essere infruttuosa, dal medesimo articolo risulta che lo stesso Banco Popular aveva indicato che la scadenza fissata inizialmente per il 10 giugno 2017 per presentare offerte nell’ambito della procedura di vendita privata era flessibile.

628    A questo proposito, i ricorrenti hanno prodotto, come allegato all’atto introduttivo, un articolo de El País, del 31 maggio 2017, intitolato «El Popular amplía el plazo para presentar ofertas hasta fin de junio» (Il Banco Popular estende il termine per presentare offerte fino alla fine di giugno) che conferma che la banca ha prorogato la scadenza per la presentazione delle offerte dal 10 giugno all’ultima settimana dello stesso mese.

629    Pertanto, la possibilità che la procedura di vendita privata avviata nell’aprile 2017 potesse essere infruttuosa non può essere considerata un’informazione riservata, ma una semplice deduzione dalle circostanze, ossia dal fatto che, il 31 maggio 2017, il Banco Popular non aveva ancora trovato un acquirente in tale procedura e che la data di chiusura di tale procedura era stata posticipata.

630    In quarto luogo, per quanto riguarda l’affermazione in base alla quale, secondo un alto funzionario dell’Unione rimasto anonimo, una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa aveva avvertito i funzionari dell’Unione che per il Banco Popular avrebbe potuto rendersi necessaria una risoluzione qualora non fosse riuscito a trovare un acquirente, occorre rilevare che diversi articoli di stampa menzionavano già, nel corso del mese di maggio, il fatto che il Banco Popular era in difficoltà e che aveva avviato una procedura di vendita privata.

631    Infatti, risulta da un articolo dell’11 maggio 2017, pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, citato al precedente punto 40, che il presidente del Banco Popular aveva ordinato la vendita urgente della banca a causa di un rischio di fallimento. Il riferimento, nell’articolo di Reuters del 31 maggio 2017, al fatto che i funzionari dell’Unione sarebbero stati informati da «una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa», sembra corrispondere all’informazione fornita in tale articolo dell’11 maggio 2017, secondo la quale, a causa di un serio rischio di fallimento dovuto, in particolare, ai continui deflussi di depositi, il presidente del Banco Popular era stato costretto ad attuare la procedura di vendita al fine di soddisfare le condizioni imposte dalla BCE. Inoltre, un articolo del 15 maggio 2017, pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, menzionato al precedente punto 41, indicava che il piano di vendita del Banco Popular era stato attuato dal suo presidente dopo l’ispezione della BCE.

632    Dunque, il fatto che il Banco Popular dovesse far fronte a un rischio di fallimento se non avesse trovato un acquirente al termine della procedura di vendita da esso avviata era un’informazione pubblica sin dalla metà del mese di maggio 2017.

633    Ne consegue che, contrariamente a quanto asseriscono i ricorrenti, le parole del funzionario dell’Unione rimasto anonimo riportate in tale articolo non contengono informazioni riservate concernenti l’attuazione di una procedura di risoluzione relativa al Banco Popular, come quelle di cui al considerando 116 del regolamento n. 806/2014, che avrebbero potuto essere conosciute solo da funzionari della Commissione o da membri del CRU.

634    Peraltro, il suddetto articolo di Reuters si basa su dichiarazioni di un presunto funzionario dell’Unione rimasto anonimo, di cui non si precisa l’istituzione o l’organo dell’Unione di appartenenza.

635    Come sostenuto dal CRU, numerose persone diverse dai membri del CRU o dai funzionari della Commissione potevano rendere simili dichiarazioni, alla luce, in particolare, delle possibilità di scambio di informazioni previste segnatamente dall’articolo 88, paragrafo 6, del regolamento n. 806/2014.

636    Orbene, secondo la giurisprudenza, incombe al ricorrente, nell’ambito di un ricorso per risarcimento, dimostrare che sussistono tutte le condizioni cui è subordinato il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione ai sensi dell’articolo 340 TFUE. Pertanto, poiché nella specie i ricorrenti non hanno dimostrato che la pubblicazione di informazioni relative all’indagine di cui erano stati oggetto era conseguente a una divulgazione di informazioni imputabile al CRU, tale pubblicazione, in linea di principio, non può essere contestata a quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, Franchet e Byk/Commissione, T‑48/05, EU:T:2008:257 punto 182 e giurisprudenza ivi citata).

637    A tale riguardo, occorre rilevare che i ricorrenti non forniscono alcun elemento idoneo a dimostrare che il funzionario citato in tale articolo sia un funzionario della Commissione o un membro del personale del CRU.

638    I ricorrenti si limitano ad affermare che detto articolo dimostra l’esistenza di fughe di notizie e che il CRU non avrebbe negato che si fossero verificate fughe di notizie. Essi affermano che il CRU e la Commissione non hanno fornito alcuna relazione, né hanno svolto alcuna indagine interna che consentisse di concludere che essi non sono all’origine delle fughe di informazioni contenute nell’articolo di Reuters. Essi sostengono che, poiché tale indagine interna non ha avuto luogo, il CRU e la Commissione non potrebbero fornire alcuna prova che consenta loro di invertire la presunzione risultante dal considerando 116 e dagli articoli 88 e 91 del regolamento n. 806/2014.

639    Orbene, anche supponendo che le dichiarazioni riportate in tale articolo abbiano origine in una fuga di notizie da parte di un funzionario dell’Unione, poiché non è stato dimostrato che i servizi della Commissione o del CRU siano responsabili della fuga di informazioni di cui testimoniano gli articoli di stampa ai quali i ricorrenti fanno riferimento, dalla giurisprudenza risulta che l’origine della fuga di notizie non può essere presunta (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, EU:T:2006:74, punto 605).

640    Inoltre, occorre rilevare che, anche nel caso in cui fosse verosimile che la Commissione o il CRU possano essere all’origine di tale fuga di notizie, questa sola eventualità non è sufficiente, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, a far gravare su di essi l’onere della prova contraria (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2006, Degussa/Commissione, T‑279/02, EU:T:2006:103, punto 412).

641    Contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, né il considerando 116 né l’articolo 88 del regolamento n. 806/2014, che vieta di comunicare a qualsiasi persona o autorità informazioni riservate, possono essere interpretati nel senso di presumere che qualsiasi fuga di notizie relativa alla risoluzione di un’entità abbia origine da un membro del personale del CRU, implicando un’inversione dell’onere della prova.

642    Nel caso di specie, in assenza di presunzione che la Commissione o il CRU siano stati all’origine dell’asserita fuga di informazioni, non incombe loro dimostrare di non esserlo stati.

643    Per di più, dall’assenza di un’indagine interna non si può in alcun caso dedurre la prova della violazione da parte del CRU o della Commissione dei loro obblighi di riservatezza. Pertanto, il fatto che il CRU e la Commissione non abbiano svolto un’indagine interna per determinare l’origine delle potenziali fughe di informazioni, dopo l’adozione della decisione di risoluzione, deve essere considerato irrilevante ai fini della valutazione del comportamento illecito che avrebbe causato il danno lamentato dai ricorrenti.

644    A questo proposito, con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 9 ottobre 2020, i ricorrenti hanno presentato una nuova offerta di prova, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura. Tale offerta di prova verte su due messaggi di posta elettronica interni del CRU, del 10 e del 18 agosto 2017, concernenti una potenziale fuga di informazioni all’origine dell’articolo di Reuters del 31 maggio 2017. I ricorrenti affermano di aver avuto accesso a tali documenti a seguito della decisione della commissione per i ricorsi del CRU del 15 aprile 2020, relativa alla loro domanda di accesso a taluni documenti, presentata sul fondamento dell’articolo 90 del regolamento n. 806/2014 e che il CRU ha comunicato loro i due messaggi di posta elettronica citati il 27 agosto 2020. Essi sostengono che tali messaggi di posta elettronica dimostrano l’assenza di un’indagine interna del CRU sulla presunta fuga di informazioni all’origine dell’articolo del 31 maggio 2017.

645    È sufficiente ricordare che i ricorrenti non hanno dimostrato che le dichiarazioni riportate nell’articolo di Reuters del 31 maggio 2017 avessero origine in una fuga di informazioni da parte di un membro del CRU e che il fatto che il CRU non abbia svolto un’indagine interna non è rilevante al fine di valutare se quest’ultimo abbia violato i suoi obblighi di riservatezza. Si deve quindi ritenere che tale nuova prova volta a dimostrare l’assenza di un’indagine interna del CRU sull’asserita fuga di informazioni all’origine dell’articolo del 31 maggio 2017 non sia pertinente.

646    Da tutto quanto precede risulta che i ricorrenti non hanno dimostrato l’esistenza di una violazione del principio di riservatezza e dell’obbligo di segreto professionale da parte del CRU o della Commissione.

2)      Sulla seconda censura, relativa all’atteggiamento passivo del CRU e della Commissione

647    I ricorrenti sostengono che, all’inizio delle fughe di informazioni, anziché adottare misure per mitigare il danno, il CRU e la Commissione hanno adottato un atteggiamento passivo contrario al diritto ad una buona amministrazione e al diritto a un intervento precoce. Allorché il CRU ha ritenuto che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto, esso avrebbe adottato il programma di risoluzione senza tener conto di misure meno restrittive per i ricorrenti, in violazione del regolamento n. 806/2014 e dei principi fondamentali, quali i principi di proporzionalità, di divieto di discriminazione e di arbitrarietà, nonché del diritto di essere ascoltato e del diritto alla motivazione delle decisioni. Essi ritengono che il CRU e la Commissione, avendo creato la situazione di incertezza che ha provocato il fallimento del Banco Popular, fossero tenuti ad agire al fine di minimizzare il danno causato.

648    Occorre rilevare che i ricorrenti non spiegano esattamente in che cosa consisterebbe l’«atteggiamento passivo» che essi addebitano alla Commissione e al CRU, né quali sarebbero le misure che questi ultimi avrebbero dovuto adottare per «mitigare il danno».

649    Come rilevato dalla Commissione, secondo la giurisprudenza, le omissioni delle istituzioni dell’Unione possono far sorgere la responsabilità dell’Unione solo qualora le istituzioni abbiano violato un obbligo giuridico di agire risultante da una disposizione di diritto dell’Unione (sentenza del 15 settembre 1994, KYDEP/Consiglio e Commissione, C‑146/91, EU:C:1994:329, punto 58; v., altresì, sentenze del 14 dicembre 2005, Beamglow/Parlamento e a., T‑383/00, EU:T:2005:453, punto 166 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 novembre 2017, Acquafarm/Commissione, T‑458/16, non pubblicata, EU:T:2017:810, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, i ricorrenti non spiegano in forza di quali disposizioni il CRU e la Commissione avrebbero l’obbligo di agire per evitare di adottare una decisione di risoluzione.

650    Nella misura in cui i ricorrenti fanno riferimento agli argomenti da essi già sollevati nell’ambito della domanda di annullamento, è sufficiente rilevare che detti argomenti sono stati respinti nell’ambito dell’analisi del primo motivo di ricorso. In particolare, gli argomenti relativi all’atteggiamento passivo del CRU e della Commissione in violazione del principio di buona amministrazione sono stati respinti nell’ambito dell’analisi della terza censura della prima parte del primo motivo di ricorso, ai precedenti punti da 173 a 176, e gli argomenti relativi alla mancata considerazione di misure meno restrittive per i ricorrenti sono stati respinti nell’ambito della seconda e della terza parte del primo motivo di ricorso.

651    Da quanto precede risulta che i ricorrenti non hanno dimostrato l’esistenza di un comportamento illecito del CRU o della Commissione e, pertanto, che essi non hanno dimostrato l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli. Conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 596, poiché la prima condizione per il sorgere della responsabilità extracontrattuale del CRU o della Commissione non è soddisfatta, la seconda domanda risarcitoria deve essere respinta, senza che sia necessario esaminare le altre condizioni.

652     Il Tribunale ritiene tuttavia opportuno, nell’interesse della buona amministrazione della giustizia, esaminare anche gli argomenti dei ricorrenti relativi all’esistenza di un nesso di causalità tra il presunto comportamento illecito del CRU e della Commissione e il danno che essi avrebbero subito.

b)      Sul nesso di causalità

653    I ricorrenti sostengono che il nesso di causalità relativo alle divulgazioni di informazioni riservate è menzionato al considerando 116 del regolamento n. 806/2014, nella misura in cui esse potrebbero comportare che un istituto bancario sia sottoposto a risoluzione. L’utilizzo dell’espressione «devono essere considerate» in tale considerando 116 significherebbe che, in caso di violazione degli obblighi di riservatezza, incomberebbe alle istituzioni dell’Unione provare l’assenza di nesso di causalità.

654    I ricorrenti ricordano che la dichiarazione della presidente del CRU del 23 maggio 2017, secondo la quale il CRU stava esaminando il Banco Popular, e l’articolo di Reuters del 31 maggio 2017, che informava che il CRU avrebbe avviato una procedura di risoluzione, sono stati all’origine di un panico generalizzato, che ha provocato un crollo della quotazione delle azioni del Banco Popular e un assalto agli sportelli. Dopo tali fughe di informazioni, il CRU e la Commissione non avrebbero fatto nulla per rimediare alla situazione e, di conseguenza, il CRU avrebbe ritenuto che il Banco Popular fosse in dissesto e avrebbe avviato la procedura di risoluzione. Inoltre, il CRU avrebbe commesso diverse violazioni in occasione dell’adozione del programma di risoluzione. Tutte queste violazioni sarebbero all’origine del danno subito dai ricorrenti. I ricorrenti sostengono che il CRU e la Commissione non avrebbero dovuto adottare un’azione di risoluzione del Banco Popular, nel qual caso essi disporrebbero ancora dei loro investimenti, o che avrebbero dovuto adottarla ad altre condizioni, nel qual caso avrebbero forse potuto non subire alcun danno patrimoniale.

655    Per quanto riguarda la condizione relativa all’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento dedotto e il danno lamentato, tale danno deve derivare in modo sufficientemente diretto dal comportamento contestato, cioè tale comportamento deve costituire la causa determinante del danno, mentre non sussiste un obbligo di risarcire qualsiasi conseguenza dannosa, anche lontana, di una situazione illecita. Spetta al ricorrente fornire la prova dell’esistenza di un nesso causale tra il comportamento contestato e il danno lamentato (v. sentenza dell’11 luglio 2019, BP/FRA, T‑838/16, non pubblicata, EU:T:2019:494, punto 217 e giurisprudenza ivi citata).

656    I ricorrenti sostengono che la dichiarazione della presidente del CRU del 23 maggio 2017 e l’articolo di Reuters del 31 maggio 2017 sono all’origine della crisi di liquidità del Banco Popular.

657    Tali argomenti si fondano su una rappresentazione parziale ed erronea dei fatti all’origine della crisi di liquidità del Banco Popular e delle cause che hanno condotto al dissesto o al rischio di dissesto dello stesso.

658    Pertanto, occorre ricordare che, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, la BCE ha indicato che il Banco Popular aveva attirato l’attenzione a causa della sua scarsa redditività, della cattiva qualità delle sue attività e del suo basso tasso di copertura rispetto ai suoi omologhi e che, dal gennaio 2017, esso era oggetto di una copertura mediatica negativa. La BCE ha rilevato che, nel febbraio 2017, al momento dell’annuncio dei suoi risultati annui del 2016, il Banco Popular ha rivelato la necessità di accantonamenti straordinari e la sostituzione del suo presidente. Essa ha constatato che tali annunci avevano causato un declassamento del rating del Banco Popular da parte della DBRS e suscitato notevoli inquietudini nella clientela del Banco Popular, che si sono tradotte in prelievi inattesi di depositi.

659    La BCE ha anche notato che un’altra ondata di ritiri di depositi era stata provocata dalla pubblicazione da parte del Banco Popular, il 3 aprile 2017, di una dichiarazione pubblica ad hoc che informava del risultato di varie revisioni interne ed era stata alimentata da altri eventi menzionati al precedente punto 56.

660    Al considerando 24 del programma di risoluzione, il CRU ha citato diverse circostanze che avevano condotto al rapido deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular, ossia:

–        nel febbraio 2017, il Banco Popular ha annunciato la necessità di accantonamenti straordinari per 5,7 miliardi di EUR, con una perdita consolidata di 3,485 miliardi di EUR e ha nominato un nuovo presidente;

–        il 10 febbraio 2017, la DBRS ha declassato il rating del Banco Popular;

–        il 3 aprile 2017, il Banco Popular ha pubblicato una dichiarazione pubblica ad hoc che informava del risultato di revisioni interne che potevano avere un’incidenza significativa sui bilanci dell’ente e ha confermato la sostituzione del suo amministratore delegato meno di un anno dopo l’assunzione dell’incarico;

–        il 7 aprile 2017, Standard & Poor e, il 21 aprile, Moody’s hanno declassato il rating del Banco Popular;

–        il 12 maggio 2017, il Banco Popular ha violato il requisito in materia di copertura della liquidità dell’80% e, in seguito, non è più stato in grado di ripristinare il rispetto del limite normativo;

–        la copertura mediatica negativa e continua sui risultati finanziari del Banco Popular e sul presunto rischio imminente di fallimento o di carenza di liquidità ha causato un aumento dei ritiri di depositi;

–        il 6 giugno 2017, la DBRS e Moody’s hanno declassato il rating del Banco Popular.

661    Il CRU ha rilevato che l’insieme di tali circostanze aveva comportato significativi ritiri di depositi.

662    Occorre altresì osservare che il consiglio di amministrazione del Banco Popular, nel verbale della riunione del 6 giugno 2017, in esito alla quale ha dichiarato che la banca era in dissesto, menziona le ragioni che avevano condotto alla situazione del Banco Popular, tra le quali articoli di stampa pubblicati nel corso dei mesi precedenti sulla situazione finanziaria del gruppo in generale e del Banco Popular in particolare e gli effetti di questi ultimi sulla liquidità. Il consiglio di amministrazione ha indicato che il periodo di tensioni finanziarie estreme che il Banco Popular stava attraversando era dovuto a diversi fattori e, in particolare, alla scarsa solvibilità, alla qualità delle attività e alla loro copertura rispetto al gruppo di confronto, nonché alla copertura mediatica continua ed estremamente negativa del gruppo in alcuni media. Ne consegue che, sebbene il consiglio di amministrazione riconosca che le informazioni relative alle difficoltà finanziarie del gruppo diffuse dalla stampa da diversi mesi hanno contribuito alla situazione del Banco Popular, esso le cita solo come uno tra i vari fattori e non menziona la dichiarazione della presidente del CRU del 23 maggio 2017, né l’articolo di Reuters del 31 maggio 2017.

663    Da tali fatti, non contestati dai ricorrenti, risulta che la situazione del Banco Popular si era deteriorata già ben prima del 23 maggio 2017 e che la crisi di liquidità del Banco Popular era causata da molteplici fattori, che avevano origine negli scarsi risultati della banca annunciati nel febbraio e nell’aprile 2017. In particolare, il requisito in materia di copertura della liquidità del Banco Popular non rispettava i requisiti normativi sin dal 12 maggio 2017.

664    Si deve rilevare che i ricorrenti non possono ignorare tutte le circostanze oggettive che hanno causato i problemi di liquidità del Banco Popular, in particolare dal mese di aprile 2017. Essi non possono validamente sostenere che la dichiarazione del 23 maggio 2017 e l’articolo del 31 maggio 2017, anche supponendo che abbiano origine in una violazione del principio di riservatezza da parte del CRU o della Commissione, siano stati la causa della crisi di liquidità del Banco Popular e, pertanto, del danno da essi subito.

665    Pertanto, ne risulta che i ricorrenti non hanno dimostrato un nesso di causalità tra i presunti illeciti commessi dal CRU e dalla Commissione e la crisi di liquidità del Banco Popular e quindi tra questi ultimi e il danno lamentato.

666    Siffatta conclusione non è rimessa in discussione dagli ulteriori argomenti dei ricorrenti.

667    I ricorrenti sostengono che la BCE, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, ha rilevato che le perdite di depositi a partire dal 31 maggio 2017 erano particolarmente rilevanti, dopo che i media avevano rivelato che la banca avrebbe potuto dover affrontare una liquidazione se la procedura di vendita privata in corso non avesse avuto esito positivo entro un termine molto breve.

668    Dalla sua valutazione risulta che, secondo la BCE, l’annuncio del fallimento della procedura di vendita privata e del rischio di liquidazione dell’impresa ha rafforzato le perdite di depositi del Banco Popular. Tuttavia, si tratta soltanto di un elemento tra i numerosi altri citati dalla BCE che sono all’origine di tali deflussi di depositi. I ricorrenti non possono sostenere che la BCE abbia riconosciuto che l’articolo della Reuters è stato all’origine della crisi di liquidità del Banco Popular.

669    La BCE ha rilevato l’importante copertura mediatica negativa di cui è stato oggetto il Banco Popular durante tale periodo e cita anche esempi di articoli pubblicati l’11 e il 15 maggio 2017, menzionati ai precedenti punti 40 e 41. I ricorrenti non possono isolare dall’insieme di tali articoli di stampa il solo articolo che menziona un funzionario dell’Unione, per sostenere che solo tale articolo sarebbe all’origine dei deflussi di liquidità del Banco Popular.

670    I ricorrenti affermano altresì che il CRU, nella valutazione 1, e la BCE, nella sua valutazione del 5 giugno 2017 relativa alla domanda di assistenza di liquidità di emergenza del Banco Popular, avrebbero indicato che il 23 e il 31 maggio 2017 erano date importanti nella crisi di liquidità del Banco Popular.

671    A tale riguardo, nella sua valutazione del 5 giugno 2017, relativa alla domanda di assistenza di liquidità di emergenza del Banco Popular, la BCE ha esposto quanto segue:

«Il Banco Popular si è trovato a far fronte a significativi ritiri di depositi su tutti i segmenti di clientela tra il 31 marzo e il 1º giugno 2017, il che ha comportato un grave deterioramento della sua base di depositi (...) e della sua capacità di riequilibrio [CBC (...)]. Provocati da un deterioramento della reputazione della banca derivante da una copertura mediatica e dall’annuncio fatto dalla banca della necessità di procedere a un aumento di capitale oppure a una fusione-acquisizione, a causa del peggioramento della sua situazione finanziaria, combinato con l’impatto di rilevanti declassamenti del suo rating, i ritiri di depositi hanno superato ripetutamente 500 milioni al giorno nel corso di queste ultime settimane (il 12 maggio, il 16 maggio, il 22 maggio, il 23 maggio, il 31 maggio e il 1º giugno) nel contesto di una riduzione costante del patrimonio e con una riserva di liquidità limitata».

672    Il CRU, nella valutazione 1, ha ripreso questa stessa analisi indicando di essersi basato sulle informazioni fornite dalla BCE.

673    Ne risulta che le date del 23 e del 31 maggio 2017 sono menzionate dalla BCE e dal CRU solo tra altre date corrispondenti alle date di ritiri di depositi superiori a 500 milioni di EUR e non hanno alcun nesso con la dichiarazione della presidente del CRU e con l’articolo di Reuters. Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, la BCE e il CRU non hanno indicato che le date del 23 e del 31 maggio fossero più importanti delle altre date menzionate. Inoltre, essi hanno sottolineato che le cause dei ritiri di depositi erano molteplici e non se ne può dedurre, come fanno i ricorrenti, che la dichiarazione del 23 maggio e l’articolo del 31 maggio fossero all’origine della crisi di liquidità del Banco Popular.

674    Poi, l’evoluzione della quotazione delle azioni del Banco Popular mostrava un calo costante tra il giugno 2016 e il giugno 2017. Contrariamente a quanto affermano i ricorrenti, tale evoluzione non rivela alcun nesso tra, da un lato, la dichiarazione del 23 maggio e l’articolo del 31 maggio 2017 e, dall’altro, la quotazione delle azioni del Banco Popular. Il crollo della quotazione delle azioni del Banco Popular del Banco Popular si spiega con la cattiva situazione finanziaria della banca e deve essere messo in relazione con i declassamenti del rating del Banco Popular da parte delle agenzie di rating, menzionati ai precedenti punti 32, 38 e 46.

675    Da tutto quanto precede risulta che le domande risarcitorie dei ricorrenti devono essere respinte.

C.      Sulle domande di annullamento della valutazione 2 e di compensazione

676    Con il terzo capo delle loro conclusioni, i ricorrenti impugnano la valutazione 2 sulla base dell’articolo 20, paragrafo 15, e degli articoli 86 e 87 del regolamento n. 806/2014, e fanno valere il diritto a una compensazione.

677    La Commissione sostiene che l’impugnazione della valutazione 2 è irricevibile. Il CRU afferma che la valutazione 2 non può essere impugnata separatamente dalla decisione di risoluzione.

678    In primo luogo, i ricorrenti chiedono l’annullamento della valutazione 2, indipendentemente dall’annullamento delle decisioni impugnate. Infatti, essi indicano esplicitamente, nell’atto introduttivo, che il diritto di impugnare la valutazione sulla base dell’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014 integra una domanda di annullamento parziale della decisione di risoluzione, più precisamente della perizia utilizzata dal CRU ai fini della risoluzione. Essi sostengono che la loro domanda, presentata sulla base dell’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014, è indipendente dal ricorso di annullamento delle decisioni impugnate e dalle loro domande risarcitorie. Tale domanda sarebbe ricevibile anche nell’ipotesi in cui le altre domande fossero respinte.

679    Inoltre, nella loro lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 16 aprile 2019, riguardante una domanda di modifica dei mezzi istruttori, i ricorrenti presentano essi stessi la domanda di annullamento delle decisioni impugnate, l’azione per responsabilità extracontrattuale e l’impugnazione della valutazione 2, unitamente a una domanda di risarcimento, come costituenti tre ricorsi indipendenti.

680    A questo proposito, occorre rilevare che l’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«La valutazione è parte integrante della decisione di applicare uno strumento di risoluzione o di esercitare un potere di risoluzione o della decisione di esercitare il potere di svalutazione o conversione degli strumenti di capitale. Non è ammesso un autonomo diritto di impugnazione avverso la valutazione stessa, ma soltanto unitamente alla decisione assunta dal [CRU]».

681    A tale riguardo, i ricorrenti si fondano su un’interpretazione erronea di tale disposizione e del considerando 63 del regolamento n. 806/2014, secondo il quale «[i]l diritto di ricorso avverso tale valutazione dovrebbe essere possibile soltanto se esso verte anche sulla decisione di risoluzione». Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, la possibilità di proporre un ricorso «congiunto» contro la valutazione e il programma di risoluzione non significa che sia possibile impugnare la valutazione in un ricorso che sia distinto da quello diretto all’annullamento del programma di risoluzione, anche se proposto contemporaneamente e con un solo atto introduttivo.

682    Dai termini impiegati nell’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014 risulta chiaramente che la valutazione 2, in quanto parte integrante del programma di risoluzione, può essere impugnata solo nell’ambito di un ricorso diretto all’annullamento di quest’ultimo, ma non può essere oggetto di un ricorso indipendente.

683    Pertanto, si deve ritenere che la domanda dei ricorrenti diretta all’annullamento della sola valutazione 2, indipendentemente dalla loro domanda di annullamento delle decisioni impugnate, debba essere interpretata come un ricorso distinto da quello diretto all’annullamento del programma di risoluzione. Orbene, l’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014, sul quale i ricorrenti fondano la loro domanda di annullamento della valutazione 2, esclude espressamente la possibilità di proporre un siffatto ricorso.

684    Si deve pertanto respingere la domanda di annullamento della valutazione 2 in quanto irricevibile.

685    In secondo luogo, i ricorrenti fanno valere un diritto a un risarcimento che deriverebbe direttamente dall’articolo 17 della Carta, benché il regolamento n. 806/2014 non preveda un regime di risarcimento. Per quanto riguarda il risarcimento, i ricorrenti affermano che gli azionisti e i detentori di obbligazioni del Banco Popular avrebbero dovuto ricevere una compensazione dopo la risoluzione, equivalente al valore patrimoniale netto, conformemente all’articolo 20, paragrafo 12, del regolamento n. 806/2014, e non al valore di liquidazione. Essi sostengono che tale domanda è ricevibile benché essi non abbiano precisato l’entità esatta del danno né l’importo esatto del risarcimento richiesto.

686    I ricorrenti indicano altresì che «il ricorso di cui all’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014 è indipendente dal ricorso di annullamento e dall’azione di responsabilità extracontrattuale» e che la valutazione utilizzata ai fini di tale disposizione è «diversa dal calcolo del danno in caso di annullamento con conferma di effetti o dal calcolo in caso di responsabilità extracontrattuale». Nella replica, essi fanno valere un diritto a un risarcimento equivalente al valore patrimoniale netto del Banco Popular alla data della risoluzione ai sensi dell’articolo 20, paragrafi 12 e 16, del regolamento n. 806/2014, in combinato disposto con l’articolo 20, paragrafo 15, e con gli articoli 86 e 87, del medesimo regolamento.

687    Sempre nella replica, i ricorrenti sostengono che, se la valutazione 2 avesse rispecchiato il valore patrimoniale netto del Banco Popular alla data della risoluzione, quest’ultimo non sarebbe stato sottoposto alla risoluzione o sarebbe stato necessario fissare un’offerta di prezzo minimo più elevata, il che avrebbe avvantaggiato gli azionisti e i detentori di strumenti di capitale. Essi affermano che, tenuto conto delle stime della BCE e del Banco Popular, il valore patrimoniale netto del Banco Popular era positivo e pari a 7 miliardi di EUR e che gli azionisti e i detentori di strumenti di capitale devono essere compensati con un importo calcolato sulla base di tale valore, ossia EUR 1,67 per azione.

688    Inoltre, occorre rilevare che, con la loro lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 16 aprile 2019, i ricorrenti hanno rinunciato alla loro domanda, contenuta nell’atto introduttivo, di designazione di un perito per procedere a una valutazione equa, prudente e realistica ai fini del calcolo del valore patrimoniale netto del Banco Popular.

689    Orbene, è giocoforza constatare che gli argomenti dei ricorrenti non consentono di comprendere quale sarebbe il fondamento giuridico di tale domanda risarcitoria presentata nell’ambito dell’impugnazione della valutazione 2.

690    In primo luogo, i riferimenti fatti dai ricorrenti all’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014 come fondamento della loro domanda risarcitoria non sono comprensibili. Tale disposizione, richiamata al precedente punto 681, si limita a indicare che la valutazione sulla quale si è basato il CRU costituisce parte integrante del programma di risoluzione e che non è ammessa un’autonoma impugnazione della stessa.

691    In secondo luogo, per quanto riguarda l’affermazione secondo cui il diritto al risarcimento sarebbe derivato direttamente dalla violazione del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, occorre rilevare che, anche qualora la risoluzione del Banco Popular avesse comportato una violazione del diritto di proprietà dei ricorrenti, questa non può derivare dalla valutazione 2.

692    Infatti, occorre osservare che la valutazione 2, realizzata da un esperto indipendente, ha lo scopo di fornire al CRU gli elementi che gli consentano di adottare il programma di risoluzione e, come rileva la Commissione, non produce di per sé effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sugli interessi dei ricorrenti. Soltanto il programma di risoluzione e la decisione 2017/1246 producono effetti giuridici vincolanti. I ricorrenti non possono quindi pretendere di ottenere un risarcimento sulla base di un’impugnazione della valutazione 2 indipendente dall’impugnazione delle decisioni contestate.

693    In terzo luogo, per quanto riguarda il riferimento fatto dai ricorrenti all’articolo 20, paragrafo 12, del regolamento n. 806/2014, è sufficiente constatare che tale disposizione non è pertinente nel caso di specie.

694    L’articolo 20, paragrafo 12, del regolamento n. 806/2014 prevede quanto segue:

«Nel caso in cui la stima del valore patrimoniale netto dell’entità di cui all’articolo 2 figurante nella valutazione definitiva ex post sia superiore a quella contenuta nella valutazione provvisoria di tale entità, il [CRU] può chiedere all’autorità nazionale di risoluzione:

a)      di esercitare il potere di aumentare il valore dei crediti dei creditori o dei titolari degli strumenti di capitale pertinenti, che sono stati svalutati con lo strumento del bail-in;

b)      di dare istruzione a un ente-ponte o a una società veicolo per la gestione delle attività di versare un corrispettivo supplementare all’entità soggetta a risoluzione in relazione a attività, diritti o passività o, a seconda dei casi, ai proprietari di titoli di proprietà in relazione a tali titoli di proprietà».

695    È sufficiente constatare che, nel caso di specie, il CRU non ha effettuato una valutazione definitiva ex post sulla base di tale disposizione. In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, tale disposizione non prevede la possibilità per il CRU o la Commissione di concedere loro un risarcimento.

696    In quarto luogo, il riferimento dei ricorrenti all’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014 come base per il loro diritto a un risarcimento equivalente al valore del patrimonio netto del Banco Popular alla data della risoluzione, non è comprensibile nella misura in cui questa disposizione prevede soltanto che il CRU provveda a che venga effettuata una valutazione dopo la risoluzione, al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se l’ente soggetto a procedura di risoluzione fosse stato sottoposto a una procedura ordinaria di insolvenza.

697    Inoltre, nella misura in cui tale domanda risarcitoria debba essere interpretata come diretta a far sorgere la responsabilità extracontrattuale del CRU o della Commissione sulla base dell’articolo 87, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014, è sufficiente constatare che tale domanda non contempla alcuna delle condizioni necessarie per far sorgere la responsabilità delle istituzioni ai sensi dell’articolo 340 TFUE, previste dalla giurisprudenza citata al precedente punto 595. Infatti, i ricorrenti non indicano quale sarebbe la violazione commessa dal CRU o dalla Commissione, né quale comportamento sarebbe loro addebitato.

698    Alla luce di quanto precede, occorre respingere la domanda risarcitoria fondata sull’impugnazione della valutazione 2.

699    Pertanto, il terzo capo delle conclusioni dei ricorrenti deve essere respinto.

D.      Sulle domande di misure di organizzazione del procedimento e di mezzi istruttori

700    I ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di ordinare diverse misure di organizzazione del procedimento e di mezzi istruttori.

701    Nell’atto introduttivo, i ricorrenti hanno chiesto al Tribunale, da un lato, di ordinare al CRU, alla Commissione, alla BCE, al Regno di Spagna, alla Banca di Spagna e al FROB la produzione di diversi documenti. Dall’altro lato, essi hanno chiesto al Tribunale di ordinare l’audizione di diverse persone come testimoni e la redazione di perizie, sulla base dell’articolo 91, lettere d) ed e), del regolamento di procedura.

702    Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 16 aprile 2019, i ricorrenti hanno presentato una modifica delle domande di mezzi istruttori contenute nell’atto introduttivo e nella replica. In tale lettera, essi hanno dichiarato di ritirare la loro domanda di perizie e di limitare la loro domanda di audizione di testimoni all’audizione della presidente del CRU.

703    Per quanto riguarda le domande di misure di organizzazione del procedimento o di istruzione presentate da una parte in una controversia, occorre ricordare che il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Mamoli Robinetteria/Commissione, C‑619/13 P, EU:C:2017:50, punto 117 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 12 novembre 2020, Fleig/SEAE, C‑446/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:918, punto 53).

704    Dalla giurisprudenza della Corte emerge che, anche se una domanda di audizione di testimoni, formulata nel ricorso, indica con precisione i fatti sui quali il testimone o i testimoni devono essere sentiti e i motivi che ne giustificano l’audizione, spetta al Tribunale valutare la pertinenza della domanda rispetto all’oggetto della lite e alla necessità di procedere all’audizione dei testimoni citati (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Mamoli Robinetteria/Commissione, C‑619/13 P, EU:C:2017:50, punto 118 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 22 ottobre 2020, Silver Plastics e Johannes Reifenhäuser/Commissione, C‑702/19 P, EU:C:2020:857, punto 29).

705    Occorre ricordare che, con la sua ordinanza di mezzi istruttori, del 12 maggio 2021, ai sensi dell’articolo 91, lettera b), dell’articolo 92, paragrafo 3, e dell’articolo 103 del regolamento di procedura, il Tribunale ha ordinato al CRU la produzione di taluni documenti citati al precedente punto 98. Con ordinanza del 9 giugno 2021, il Tribunale ha ritenuto che i documenti prodotti dal CRU nella loro versione riservata non fossero pertinenti ai fini della soluzione della controversia.

706    Nel caso di specie, occorre rilevare che gli elementi contenuti nel fascicolo nonché le spiegazioni fornite in udienza sono sufficienti per consentire al Tribunale di pronunciarsi, poiché quest’ultimo ha potuto utilmente statuire sulla base delle conclusioni, dei motivi e degli argomenti sviluppati in corso di causa e alla luce dei documenti depositati dalle parti.

707    Ne consegue che le domande di misure di organizzazione del procedimento e di mezzi istruttori dei ricorrenti devono essere respinte, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità di alcune di tali domande.

708    Da tutto quanto precede risulta che il ricorso deve essere integralmente respinto.

V.      Sulle spese

709    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché i ricorrenti sono rimasti soccombenti, occorre condannarli a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione, dal CRU e dal Banco Santander, conformemente alle domande di questi ultimi.

710    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Il Regno di Spagna si farà pertanto carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Eleveté Invest Group, SL e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato sono condannati a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea, dal Comitato di risoluzione unico (CRU) e dal Banco Santander, SA.

3)      Il Regno di Spagna si farà carico delle proprie spese.

Van der Woude

Jaeger

Kreuschitz

De Baere

 

      Steinfatt

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1° giugno 2022.

Firme


Indice


I. Contesto normativo

II. Fatti all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

A. Sulla situazione del Banco Popular prima dell’adozione del programma di risoluzione

B. Su altri fatti precedenti all’adozione del programma di risoluzione

C. Sul programma di risoluzione del Banco Popular del 7 giugno 2017

D. Sui fatti successivi all’adozione della decisione di risoluzione

III. Procedimento e conclusioni delle parti

IV. In diritto

A. Sulla domanda di annullamento delle decisioni impugnate

1. Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 18 del regolamento n. 806/2014

a) Sulla prima parte, vertente sulla violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014

1) Sulla prima censura, relativa alla necessità di un’assistenza di liquidità

2) Sulla seconda censura, relativa alla violazione degli obblighi di riservatezza

3) Sulla terza censura, relativa alla violazione del principio di buona amministrazione

b) Sulla seconda parte, vertente sulla violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 806/2014

c) Sulla terza parte, vertente sulla violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 806/2014

2. Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 20 del regolamento n. 806/2014

a) Sulla prima parte, vertente sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014

b) Sulla seconda parte, vertente sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 5, lettere da a) a c) ed f), del regolamento n. 806/2014

c) Sulla terza parte, vertente sulla mancanza di indipendenza della Deloitte

d) Sulla quarta parte, vertente sulla violazione dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, in quanto la valutazione 2 non era «equa, prudente e realistica»

1) Sulla prima censura, secondo la quale la valutazione 2 era basata su criteri erronei

2) Sulla seconda censura, secondo la quale le valutazioni 1 e 2 sono altamente speculative

3) Sulla terza censura, secondo la quale la valutazione 2 non è «equa, prudente e realistica»

e) Sulla quinta parte, vertente sulla violazione dell’articolo 20, paragrafi 7 e 9, del regolamento n. 806/2014

3. Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato e del diritto di accesso al fascicolo, sanciti dall’articolo 41, paragrafo 2, della Carta

a) Sulla prima parte, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato

b) Sulla seconda parte, vertente sulla violazione del diritto di accesso al fascicolo

4. Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

B. Sulle domande risarcitorie

1. Sulla prima domanda risarcitoria

2. Sulla seconda domanda risarcitoria

a) Sull’illiceità invocata

1) Sulla prima censura, relativa alla violazione degli obblighi di riservatezza

2) Sulla seconda censura, relativa all’atteggiamento passivo del CRU e della Commissione

b) Sul nesso di causalità

C. Sulle domande di annullamento della valutazione 2 e di compensazione

D. Sulle domande di misure di organizzazione del procedimento e di mezzi istruttori

V. Sulle spese



*      Lingua processuale: lo spagnolo.


1      L’elenco degli altri ricorrenti è allegato unicamente alla versione notificata alle parti.