Language of document : ECLI:EU:C:2011:209

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 5 aprile 2011 (1)

Causa C‑406/09

Realchemie Nederland BV

contro

Bayer CropScience AG

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi)]

«Competenza giurisdizionale ed esecuzione delle decisioni – Nozione di “materia civile e commerciale” – Riconoscimento ed esecuzione di una decisione con cui viene inflitta un’“ammenda civile”– Direttiva 2004/48/CE – Diritti di proprietà intellettuale – Misure, procedure e mezzi di ricorso in caso di violazione di un diritto siffatto – Condanna alle spese nell’ambito di una procedura di exequatur diretta a far riconoscere ed eseguire decisioni dirette a tutelare un diritto di proprietà intellettuale»






1.        Il presente rinvio pregiudiziale trae origine da una controversia che oppone la Bayer CropScience AG (in prosieguo: la «Bayer»), società tedesca, e la Realchemie Nederland BV (in prosieguo: la «Realchemie»), società olandese, dinanzi ai giudici tedeschi. La Bayer contestava alla Realchemie di aver contraffatto uno dei suoi brevetti. Nell’ambito di tale procedimento, il giudice aveva imposto alla Realchemie il pagamento di un’«ammenda civile» ai sensi del diritto tedesco. Desiderando ottenere l’esecuzione di questa ammenda civile nei Paesi Bassi, la Bayer ha domandato che la decisione con cui è stata inflitta l’ammenda fosse riconosciuta ed eseguita in detto Stato membro e a tal fine ha avviato una procedura di exequatur. La prima questione sollevata dal giudice del rinvio – olandese – consiste nello stabilire se siffatta ammenda rientri nell’ambito della materia civile e commerciale ai sensi dell’art. 1 del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (2).

2.        In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’art. 14 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (3), imponga agli Stati membri di pronunciare una liquidazione delle spese più pesante nei confronti del convenuto, nell’ambito di una procedura di exequatur diretta ad ottenere il riconoscimento e l’esecuzione di decisioni rese nello Stato d’origine aventi ad oggetto la tutela di un diritto di proprietà intellettuale.

I –    Il quadro normativo

A –    Il diritto dell’Unione

1.      Il regolamento n. 44/2001

3.        Il regolamento n. 44/2001 ha in particolare come obiettivo, ai sensi del suo secondo ‘considerando’, di stabilire «disposizioni che consentano di unificare le norme sui conflitti di competenza in materia civile e commerciale e di semplificare le formalità affinché le decisioni emesse dagli Stati membri vincolati dal presente regolamento siano riconosciute ed eseguite in modo rapido e semplice».

4.        Il sesto e il settimo ‘considerando’ del regolamento n. 44/2001 enunciano quanto segue:

«(6)  Per la realizzazione dell’obiettivo della libera circolazione delle decisioni in materia civile e commerciale, è necessario ed opportuno che le norme riguardanti la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni siano stabilite mediante un atto giuridico comunitario cogente e direttamente applicabile.

(7)      Si deve includere nel campo d’applicazione del presente regolamento la parte essenziale della materia civile e commerciale, esclusi alcuni settori ben definiti».

5.        Il sedicesimo e il diciassettesimo ‘considerando’ del regolamento n. 44/2001 prevedono che:

«(16) La reciproca fiducia nella giustizia in seno alla Comunità implica che le decisioni emesse in un altro Stato membro siano riconosciute di pieno diritto, ossia senza che sia necessario esperire alcun procedimento, salvo che vi siano contestazioni.

(17)      La reciproca fiducia implica altresì che il procedimento inteso a rendere esecutiva, in un determinato Stato membro, una decisione emessa in un altro Stato membro si svolga in modo efficace e rapido. A tal fine la dichiarazione di esecutività di una decisione dovrebbe essere rilasciata in modo pressoché automatico, a seguito di un controllo meramente formale dei documenti prodotti e senza che il giudice possa rilevare d’ufficio i motivi di diniego dell’esecuzione indicati nel presente regolamento».

6.        Il diciannovesimo ‘considerando’ del regolamento n. 44/2001 prevede che «[è] opportuno garantire la continuità tra la convenzione di Bruxelles [del 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles») (4)] e il presente regolamento e a tal fine occorre prevedere adeguate disposizioni transitorie. La stessa continuità deve caratterizzare altresì l’interpretazione delle disposizioni della convenzione di Bruxelles ad opera della Corte».

7.        L’art. 1, n. 1, del regolamento n. 44/2001 dispone che «[i]l presente regolamento si applica in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale. Esso non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale ed amministrativa».

8.        Ai sensi dell’art. 32 del regolamento n. 44/2001, «per decisione si intende, a prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro, quale ad esempio decreto, sentenza, ordinanza o mandato di esecuzione, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere».

9.        L’art. 34, punto 2, del regolamento n. 44/2001 stabilisce il principio secondo il quale «[l]e decisioni non sono riconosciute (…) se la domanda giudiziale od un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilità, egli non abbia impugnato la decisione».

10.      L’art. 38, n. 1, del regolamento n. 44/2001 dispone che «[l]e decisioni emesse in uno Stato membro e ivi esecutive sono eseguite in un altro Stato membro dopo essere state ivi dichiarate esecutive su istanza della parte interessata».

11.      L’art. 49 del regolamento n. 44/2001 dispone che «[l]e decisioni straniere che applicano una penalità sono esecutive nello Stato membro richiesto solo se la misura di quest’ultima è stata definitivamente fissata dai giudici dello Stato membro d’origine».

2.      La direttiva 2004/48

12.      Il terzo ‘considerando’ della direttiva 2004/48 stabilisce che, «in assenza di misure efficaci che assicurino il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, l’innovazione e la creazione sono scoraggiate e gli investimenti si contraggono. È dunque necessario assicurare che il diritto sostanziale in materia di proprietà intellettuale, oggi ampiamente parte dell’acquis comunitario, sia effettivamente applicato nella Comunità».

13.      I ‘considerando’ ottavo, nono e decimo della direttiva 2004/48 così recitano:

«(8)      Le disparità tra gli ordinamenti dei singoli Stati membri in materia di strumenti per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale pregiudicano il corretto funzionamento del mercato interno e rendono impossibile assicurare che i diritti di proprietà intellettuale beneficino di un livello di tutela omogeneo su tutto il territorio della Comunità. Questa situazione non favorisce la libera circolazione nel mercato interno, né crea un contesto favorevole ad una sana concorrenza tra le imprese.

(9)      (…) Il ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia rappresenta dunque una condizione essenziale per il corretto funzionamento del mercato interno.

(10)      L’obiettivo della presente direttiva è di ravvicinare queste legislazioni al fine di assicurare un livello elevato, equivalente ed omogeneo di protezione della proprietà intellettuale nel mercato interno».

14.      L’undicesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/48 precisa che «[l]a presente direttiva non si propone di stabilire norme armonizzate in materia di cooperazione giudiziaria, di competenza giurisdizionale, di riconoscimento e di esecuzione delle pronunce in materia civile e commerciale, né di occuparsi della legge applicabile. Alcuni strumenti comunitari disciplinano queste materie in generale e, in linea di principio, si applicano anche alla proprietà intellettuale».

15.      L’art. 1 della direttiva 2004/48 enuncia che la stessa «concerne le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale».

16.      L’art. 2, n. 1, della direttiva 2004/48 prevede che, «[f]atti salvi gli strumenti vigenti o da adottare nella legislazione comunitaria o nazionale, e sempre che questi siano più favorevoli ai titolari dei diritti, le misure, le procedure e i mezzi di ricorso di cui alla presente direttiva si applicano, conformemente all’articolo 3, alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale come previsto dalla legislazione comunitaria e/o dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato».

17.      L’art. 14 della direttiva 2004/48, intitolato «Spese giudiziarie», stabilisce che gli «Stati membri assicurano che spese giudiziarie ragionevoli e proporzionate, nonché altri oneri eventualmente sopportati dalla parte vincitrice siano di norma a carico della parte soccombente, a meno che il rispetto del principio di equità non lo consenta».

B –    La disciplina tedesca

18.      Gli articoli 890 e 891 del codice di procedura civile tedesco (Zivilprozessordnung; in prosieguo: la «ZPO») sono formulati come segue:

«Articolo 890

Esecuzione forzata dell’obbligo di non fare e di tollerare

1.      Se il debitore contravviene ad un obbligo di non fare o di tollerare un atto, egli deve essere condannato dal giudice di primo grado, su istanza del creditore, o al pagamento di un’ammenda e – nel caso in cui questa non possa essere riscossa, ad una sanzione detentiva – o ad una sanzione detentiva fino a sei mesi. La singola ammenda non deve superare l’ammontare di EUR 250 000, la sanzione detentiva non deve superare in totale due anni.

2.      La condanna deve essere preceduta da un’intimazione che, su istanza, è pronunciata dal tribunale della causa di primo grado, se non è contenuta nella sentenza che statuisce l’obbligo.

3.      Il debitore, su istanza del creditore, può anche essere condannato, per un tempo determinato, a prestare una garanzia per il danno causato da ulteriori contravvenzioni.

Articolo 891

Procedimento, audizione del debitore, decisione sulle spese

         Le decisioni che devono essere pronunciate a norma degli artt. 887‑890 sono prese con ordinanza. (…)».

19.      L’art. 1 del regolamento tedesco sulla riscossione giudiziaria (Justizbeitreibungsordnung; in prosieguo: la «JBeitrO») prevede quanto segue:

«1.      I seguenti crediti sono riscossi ai sensi della presente [JBeitrO] nella misura in cui la loro riscossione debba essere effettuata dalle autorità giudiziarie federali:

(…)

         (3)   le ammende civili e penalità;

(…).

2.       La [JBeitrO] si applica altresì alla riscossione dei crediti di cui al n. 1 da parte delle autorità giudiziarie dei Länder nella misura in cui i crediti abbiano il loro fondamento nella normativa federale».

C –    La disciplina olandese

20.      Dal fascicolo di causa emerge che il Regno dei Paesi Bassi ha recepito, nel proprio ordinamento interno, l’art. 14 della direttiva 2004/48 attraverso l’art. 1019h del codice di procedura civile olandese. Secondo quanto esposto dal giudice del rinvio, questa disposizione consente, nelle cause rientranti nell’ambito della suddetta direttiva, una condanna alle spese più pesante rispetto alle condanne ordinarie.

II – Causa principale e questioni pregiudiziali

21.      La causa principale vede contrapposte la Realchemie e la Bayer dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) e trae origine da un procedimento precedentemente avviato dalla Bayer in Germania.

22.      Su istanza proposta dalla Bayer nell’ambito di un procedimento diretto ad ottenere provvedimenti provvisori, il Landgericht Düsseldorf (Germania), con ordinanza 19 dicembre 2005 (in prosieguo: l’«ordinanza di base»), ha vietato alla Realchemie, per contraffazione di brevetto, di importare, detenere o mettere in commercio taluni pesticidi in Germania. Al divieto così pronunciato erano associate talune penalità. Inoltre, la Realchemie doveva comunicare le operazioni commerciali relative ai pesticidi interessati e le sue scorte dovevano essere messe sotto sequestro giudiziario. L’ordinanza di base prevedeva altresì la condanna della Realchemie alle spese (5).

23.      Il 17 agosto 2006, su istanza della Bayer, in base all’art. 890 della ZPO, la Realchemie è stata condannata, con ordinanza emessa dal Landgericht Düsseldorf, al pagamento di un ammenda cosiddetta «civile» di EUR 20 000, da versare alla cassa del summenzionato tribunale per violazione del divieto stabilito nell’ordinanza di base. L’ordinanza prevedeva altresì la condanna della Realchemie alle spese (6). 

24.      Con una nuova ordinanza in data 6 ottobre 2006, il Landgericht Düsseldorf ha inflitto alla Realchemie una penalità di EUR 15 000 al fine di indurla a comunicare le operazioni commerciali oggetto dell’ordinanza di base. La Realchemie, inoltre, è stata condannata alle spese connesse a questo procedimento diretto a comminare la penalità (7).

25.      È pacifico che queste sei decisioni sono state notificate alla Realchemie.

26.      Il 6 aprile 2007, la Bayer ha adito il giudice dei provvedimenti d’urgenza del Rechtbank ’s‑Hertogenbosch (Paesi Bassi) al fine di far dichiarare esecutive nei Paesi Bassi le sei decisioni adottate dal Landgericht Düsseldorf. La Bayer ha altresì richiesto che la Realchemie fosse condannata alle spese nell’ambito di tale procedimento. Il 10 aprile 2007 il giudice dei provvedimenti d’urgenza ha accolto la domanda della Bayer e ha condannato la Realchemie alle spese per un ammontare di EUR 482.

27.      Il 14 giugno 2007 la Realchemie ha presentato ricorso ai sensi dell’art. 43 del regolamento n. 44/2001, invocando il motivo di rigetto di cui all’art. 34, punto 2, del suddetto regolamento. Essa sosteneva che l’ordinanza di base nonché quelle che irrogano l’ammenda civile e la penalità non possono essere riconosciute ed eseguite in un altro Stato membro, poiché sono state emesse senza convocazione della Realchemie e senza trattazione orale. Per quanto riguarda le decisioni relative alle spese, esse non possono essere né riconosciute né eseguite, in quanto fanno parte integrante delle tre ordinanze summenzionate. Più specificamente, con riguardo all’ordinanza di exequatur che irroga l’ammenda civile, la Realchemie ha sostenuto che l’istanza di exequatur della Bayer doveva essere respinta in quanto l’ammenda, che, ai sensi della JBeitrO, è riscossa d’ufficio dalle autorità giudiziarie tedesche, è a beneficio non della Bayer, ma dello Stato tedesco.

28.      Il 26 febbraio 2008 la camera civile del Rechtbank’s‑Hertogenbosch, dopo aver ascoltato le parti, ha respinto il ricorso presentato dalla Realchemie, ha confermato la decisione 10 aprile 2007 e ha condannato la Realchemie alle spese, liquidate in EUR 1 155 . Il Rechtbank ’s‑Hertogenbosch ha ritenuto che le tre ordinanze controverse, anche se erano state emesse su istanza unilaterale della Bayer, costituissero in effetti decisioni ai sensi dell’art. 32 del regolamento n. 44/2001. Per quanto riguarda l’ordinanza che irroga l’ammenda civile, il Rechtbank ’s‑Hertogenbosch ha affermato che il fatto che l’importo di EUR 20 000 debba essere pagato alla Gerichtskasse, ossia alla cassa del Landgericht Düsseldorf, non toglieva nulla al diritto e all’interesse della Bayer a che la Realchemie versi effettivamente l’ammenda alla suddetta cassa. L’ammenda persegue infatti l’obiettivo di vedere rispettata l’ordinanza di base nell’interesse della parte risultata vittoriosa, ossia la Bayer. Quest’ultima ha quindi certamente interesse a chiedere l’esecuzione dell’ordinanza che commina l’ammenda nei Paesi Bassi. Infine, il Rechtbank ’s‑Hertogenbosch ha condannato la Realchemie alle spese, liquidandole secondo il regime ordinario, contrariamente alla richiesta della Bayer di applicare l’art. 1019h del codice di procedura civile olandese o, quanto meno, l’art. 14 della direttiva 2004/48.

29.      Dato che la decisione relativa al ricorso ex art. 43 del regolamento n. 44/2001 può essere oggetto di ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 44 e dell’allegato V del suddetto regolamento, la Realchemie ha presentato ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden al fine di ottenere l’annullamento della decisione del Rechtbank ’s‑Hertogenbosch 26 febbraio 2008. La Bayer ha presentato un ricorso incidentale in cui chiede il rigetto del ricorso e la condanna della Realchemie alle spese effettive ai sensi dell’art. 14 della direttiva 2004/48, in combinato disposto con l’art. 1019h del codice di procedura civile olandese.

30.      Il 26 giugno 2009 l’avvocato generale presso lo Hoge Raad der Nederlanden ha presentato le proprie conclusioni in cui ha invitato tale giudice ad adire la Corte prima di pronunciarsi.

31.      In esito a ciò lo Hoge Raad der Nederlanden ha identificato due punti su cui è necessaria l’interpretazione della Corte.

32.      Da un lato, con riguardo all’ordinanza che irroga l’ammenda civile, si domanda se essa possa rientrare nel campo di applicazione sostanziale del regolamento n. 44/2001, tenuto conto degli elementi di diritto pubblico che la caratterizzano. La suddetta ammenda costituisce infatti la sanzione di una violazione di un divieto giudiziario. Essa è comminata dal giudice tedesco su istanza di una parte privata, ma deve essere pagata, dopo che le autorità giudiziarie abbiano provveduto alla sua riscossione d’ufficio, alle casse del tribunale a favore dello Stato tedesco e non a favore della parte che ha avuto l’iniziativa.

33.      D’altro lato, lo Hoge Raad der Nederlanden solleva dubbi in merito all’applicabilità dell’art. 14 della direttiva 2004/48 nella causa principale. Se è possibile ritenere che tale direttiva miri ad assicurare il rispetto effettivo dei diritti di proprietà intellettuale e che il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione relativa ai suddetti diritti possa rappresentare un aspetto del rispetto effettivo dei diritti di proprietà intellettuale, la direttiva 2004/48 stabilisce che le misure, le procedure e i mezzi di ricorso da essa previsti si applicano alle violazioni di un diritto di proprietà intellettuale (8). Orbene, la procedura di exequatur, in quanto consiste nella verifica da parte del giudice che siano soddisfatte le condizioni relative al riconoscimento e all’esecuzione, non rientrerebbe nel campo di applicazione della citata direttiva.

34.      Lo Hoge Raad der Nederlanden, trovandosi di fronte ad una difficoltà di interpretazione del diritto dell’Unione, ha quindi deciso di sospendere il procedimento e, con decisione di rinvio pervenuta alla cancelleria della Corte il 21 ottobre 2009, di investire la Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, delle due questioni pregiudiziali che seguono:

«1)      Se la nozione di “materia civile e commerciale” di cui all’art. 1 [del regolamento n. 44/2001] debba essere interpretata nel senso che [siffatto regolamento] si applica anche al riconoscimento e all’esecuzione di una decisione che comporta una condanna al pagamento di un’ammenda [“Ordnungsgeld”] in forza dell’art. 890 [della ZPO].

2)      Se l’art. 14 della direttiva [2004/48] debba essere interpretato nel senso che esso si applica anche ad una procedura di exequatur vertente su:

a)      una decisione emessa in un altro Stato membro su una violazione di un diritto di proprietà intellettuale;

b)      una decisione emessa in un altro Stato membro con cui viene imposta una penalità o irrogata un’ammenda per il mancato rispetto di un divieto di violazione di un diritto di proprietà intellettuale;

c)      decisioni sulle spese processuali, emesse in un altro Stato membro, che danno attuazione alle decisioni sub a) e b)»

III – Il procedimento dinanzi alla Corte

35.      La Realchemie, i governi dei Paesi Bassi e tedesco nonché la Commissione europea hanno depositato osservazioni scritte dinanzi alla Corte.

36.      All’udienza, tenutasi il 25 gennaio 2011, hanno formulato osservazioni orali la Realchemie, il governo tedesco e la Commissione.

IV – Analisi giuridica

A –    Sulla prima questione

37.      Dopo aver formulato alcune osservazioni preliminari, sarà opportuno analizzare la disciplina dell’ammenda civile, come concepita nel diritto tedesco, prima di valutarne gli elementi caratteristici alla luce della giurisprudenza della Corte.

1.      Osservazioni preliminari

38.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se la decisione emessa in Germania che impone alla Realchemie il pagamento di un’ammenda civile ai sensi dell’art. 890 della ZPO possa essere riconosciuta ed eseguita nei Paesi Bassi in base al regolamento n. 44/2001. Si chiede quindi alla Corte di stabilire se un’ammenda di questo tipo rientri nell’ambito della materia civile e commerciale ai sensi dell’art. 1 del suddetto regolamento.

39.      In via preliminare, vorrei formulare due serie di osservazioni.

40.      In primo luogo, occorre ricordare la continuità esistente tra la Convenzione di Bruxelles e il regolamento n. 44/2001, come indicato dal diciannovesimo ‘considerando’ del suddetto regolamento (9). La Corte ha logicamente dedotto che, «poiché il regolamento n. 44/2001 sostituisce ormai, nei rapporti tra Stati membri, la convenzione di Bruxelles, l’interpretazione fornita per quanto riguarda le [disposizioni di detta convenzione] vale anche per le [disposizioni del regolamento], quando le disposizioni della convenzione di Bruxelles e quelle del regolamento n. 44/2001 possono essere qualificate come equivalenti» (10). È quanto accade con l’art. 1 del regolamento n. 44/2001, la cui formulazione è identica a quella dell’art. 1 della Convenzione di Bruxelles. La giurisprudenza resa sulla base di tale Convenzione può quindi essere utilmente invocata nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale. Ciò vale anche per le diverse relazioni esplicative elaborate al riguardo (11).

41.      In secondo luogo, osservo che l’art. 1 del regolamento n. 44/2001, letto in combinato disposto con il settimo ‘considerando’, che evidenzia l’importanza di includere, nel campo di applicazione di detto regolamento, «la parte essenziale della materia civile e commerciale», depone a favore di un’interpretazione della suddetta materia diretta a ricomprendere ciò che rappresenta la sua essenza nella sensibilità dell’opinione e degli Stati europei (12). Questa «materia civile e commerciale» costituisce pertanto una nozione autonoma del diritto dell’Unione, indipendente dalle qualificazioni nazionali che ciascuno Stato membro attribuisce ai procedimenti e agli atti giudiziari suscettibili di riconoscimento e di esecuzione, e deve essere interpretata facendo riferimento alla genesi, alla ratio e all’impianto sistematico del suddetto regolamento (13).

2.      La disciplina dell’ammenda civile in diritto tedesco

42.      Secondo le considerazioni parallele del giudice del rinvio, della Realchemie e del governo tedesco, l’ammenda civile di cui all’art. 890 della ZPO è volta all’esecuzione forzata di un diritto a che un atto sia tollerato o non sia compiuto, ai sensi del diritto tedesco, previamente accertato da una decisione giudiziaria. Se il destinatario contravviene al proprio obbligo di astenersi o tollerare, deve essere costretto a conformarsi all’obbligo iniziale. Tale coazione è esercitata per mezzo dell’art. 890 della ZPO, che pone in essere un «richiamo all’ordine». Quest’ultimo può assumere due forme: l’ammenda civile o la sanzione detentiva. Dal suddetto art. 890 risulta altresì che il giudice può decidere di irrogare direttamente una sanzione detentiva senza dover necessariamente prima infliggere un’ammenda civile.

43.      Sempre ai sensi dell’art. 890 della ZPO, il richiamo all’ordine viene effettuato su istanza del creditore. L’inflizione di un richiamo all’ordine può avvenire solo se è preceduta da un’intimazione che avvisi il debitore di quello a cui andrà incontro nel caso in cui contravvenga al proprio obbligo (14). Una volta che l’obbligo è stato violato, il giudice tedesco, dopo essere stato adito dal creditore e dopo avere sentito il debitore (15), può pronunciare il richiamo all’ordine, che, nella specie, è consistito nell’inflizione di un’ammenda civile di EUR 20 000 nei confronti della Realchemie per non aver rispettato il proprio obbligo derivante dall’ordinanza di base.

44.      La suddetta ammenda ha quindi potuto essere inflitta solo a seguito dell’istanza della Bayer. Tuttavia non è comminata a suo vantaggio. L’ammenda civile deve essere pagata alle casse del tribunale per pervenire all’erario pubblico. Essa è riscossa d’ufficio. Il presidente del tribunale è l’autorità preposta alla sua esecuzione (16).

45.      La Realchemie aggiunge, senza che ciò sia stato oggetto di osservazioni da parte delle altre parti interessate, che l’ordinanza di richiamo all’ordine non costituisce, in quanto tale, un titolo esecutivo. Essa avrebbe una mera efficacia dichiarativa. Solo quando l’ammenda civile è oggetto di un calcolo delle spese del giudizio, il quale indica il creditore, l’importo e i termini impartiti, si sarebbe in presenza di un titolo esecutivo, l’unico che può essere riconosciuto ed eseguito nello Stato richiesto (17).

3.      Valutazione giuridica

a)      L’impossibilità di utilizzare il criterio del procedimento principale e di quello accessorio

46.      Una delle specificità della fattispecie nella causa principale discende dal fatto che la controversia nell’ambito della quale s’iscrive l’adozione dell’ordinanza che irroga l’ammenda civile in Germania concerne provvedimenti provvisori.

47.      In presenza di simili provvedimenti, l’atteggiamento della Corte è stato quello di affermare che, «dato che i provvedimenti cautelari o provvisori (…) sono atti a garantire diritti di natura molto varia, la loro appartenenza al campo d’applicazione della Convenzione è determinata non già dalla loro natura, bensì dalla natura dei diritti che essi devono tutelare» (18).

48.      Nella presente fattispecie, l’ordinanza sull’ammenda civile è stata pronunciata nell’ambito di una controversia «principale» diretta ad ottenere dei provvedimenti provvisori al fine di far rispettare, in via provvisoria, un diritto di proprietà intellettuale, diritto di natura manifestamente civile. Dato che l’ordinanza che irroga l’ammenda civile non può essere pronunciata in mancanza dell’ordinanza di base, la prima costituisce un accessorio della seconda e la sua esistenza dipende da quella. La natura civile dell’ordinanza di base determinerebbe quella dell’ordinanza che irroga l’ammenda civile. Pertanto, come suggerisce il governo tedesco, per rispondere alla prima questione pregiudiziale, sarebbe sufficiente verificare se l’ordinanza di base possa essere riconosciuta ed eseguita ai sensi dell’art. 1 del regolamento n. 44/2001. Poiché è effettivamente così, anche l’ordinanza che irroga l’ammenda civile rientrerebbe nell’ambito della materia civile e commerciale.

49.      Questa ipotesi è seducente poiché ha il merito della semplicità e dell’efficacia. Tuttavia, deve essere immediatamente respinta in quanto l’applicazione del criterio dell’accessorietà si scontra con un elemento particolarmente evidente nella nostra fattispecie. L’ammenda civile, come suindicato, è infatti un richiamo all’ordine a norma del diritto tedesco, ma non ne costituisce l’unica forma, poiché sussiste altresì la possibilità, per il giudice tedesco, di infliggere una sanzione detentiva. Spinto alle sue estreme conseguenze, il ragionamento proposto potrebbe portare a ritenere che una sanzione detentiva rientri nel campo di applicazione dell’art. 1 del regolamento n. 44/2001 qualora sia comminata nell’ambito di una causa principale concernente provvedimenti provvisori adottati per far cessare una violazione di un diritto di natura civile. Dato che una simile circostanza è evidentemente esclusa, è un altro il criterio che la Corte deve adottare nell’ambito della sua analisi.

b)      L’impatto dell’ammenda civile sulla natura dei rapporti giuridici tra le parti in causa o sull’oggetto della controversia

i)      Gli orientamenti forniti dalla giurisprudenza della Corte

50.      Dato che il criterio specifico elaborato dalla Corte in presenza di provvedimenti provvisori non è di alcun aiuto nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale, si deve fare riferimento agli orientamenti generali che la Corte ha fornito nel quadro della propria giurisprudenza relativa all’art. 1 della Convenzione di Bruxelles.

51.      Da tale giurisprudenza consolidata emerge così che la nozione di «materia civile e commerciale» deve essere interpretata considerando che «talune categorie di decisioni giurisdizionali devono considerarsi escluse dal campo d’applicazione di tale atto, in ragione degli elementi che caratterizzano [la natura de]i rapporti giuridici fra le parti in causa o l’oggetto della lite» (19). Questi due criteri – natura dei rapporti giuridici tra le parti o oggetto della controversia – sono serviti finora per tracciare il confine tra, da un lato, le controversie rientranti nell’ambito della materia civile e commerciale in quanto tendenti a regolare un rapporto giuridico di diritto privato e, d’altro lato, quelle rientranti nell’ambito di un rapporto di diritto pubblico.

52.      Con riguardo al primo criterio, la Corte ha stabilito di «individuare il rapporto giuridico esistente tra le parti della controversia ed esaminare il fondamento e le modalità d’esercizio dell’azione intentata» (20). La Corte ha così ritenuto che il rapporto giuridico tra le parti di una controversia sia un rapporto di diritto privato qualora contrapponga due privati e laddove la parte che ha proposto il ricorso abbia così esercitato un’azione che le spetta in forza di una surrogazione legale prevista da una disposizione di diritto civile, senza che detta azione corrisponda all’esercizio di un qualsivoglia potere che esorbiti dalla sfera delle norme applicabili ai rapporti tra privati (21). Essa ha giudicato nello stesso senso in relazione ad un’azione intentata non già nei confronti di condotte o di procedure che presuppongono una manifestazione di prerogative dei pubblici poteri proveniente da una delle parti della controversia, bensì nei confronti di atti compiuti da soggetti privati (22).

53.      Inoltre, il solo fatto che una delle parti in causa sia un ente di diritto pubblico non ha come automatica conseguenza l’esclusione della controversia dal campo di applicazione del regolamento n. 44/2001. È solo qualora la pubblica amministrazione, parte in una causa contro un soggetto privato, agisca nell’esercizio della sua potestà d’imperio che la causa sarà oggetto della suddetta esclusione (23). Infatti, «la manifestazione di prerogative dei pubblici poteri di una delle parti della controversia, in virtù dell’esercizio da parte di questa di poteri che esorbitano dalla sfera delle norme applicabili ai rapporti tra privati, esclude una simile controversia dalla materia civile e commerciale ai sensi dell’art. 1, n. 1, del regolamento n. 44/2001» (24).

54.      Riguardo al secondo criterio considerato in quanto tale, osservo che è oggetto di una giurisprudenza molto meno abbondante da parte della Corte. In modo del tutto isolato, e in contraddizione con la propria giurisprudenza precedente, la Corte, in occasione di una sentenza pronunciata nel 1991, ha affermato che, «[p]er stabilire se una controversia rientri nell’ambito di applicazione [di tale] convenzione, deve essere preso in considerazione il solo oggetto di tale controversia» (25). Da allora questa soluzione non è stata reiterata e la Corte si è accontentata di affermare ulteriormente che, «se in virtù del suo oggetto una controversia è esclusa dall’ambito di applicazione della Convenzione, l’esistenza di una questione preliminare, su cui il giudice deve pronunciarsi per risolvere tale controversia, non può, indipendentemente dal contenuto di tale questione, giustificare l’applicazione della Convenzione» (26). In seguito, la Corte ha ripreso la sua considerazione di principio facendo riferimento sia al rapporto giuridico tra le parti sia all’oggetto della controversia (27).

55.      Pertanto, è alla luce delle considerazioni che precedono che si deve verificare se vi è stata una manifestazione di una qualsivoglia prerogativa dei pubblici poteri nella causa che ha dato luogo all’adozione dell’ordinanza che irroga l’ammenda civile, valutando la natura del rapporto giuridico tra le parti e l’oggetto della controversia.

ii)    Applicazione al caso di specie

56.      La Commissione ha sostenuto, in sostanza, che l’ordinanza che irroga l’ammenda civile non poteva essere considerata isolatamente, che le parti del procedimento di base e del procedimento che ha dato luogo all’ammenda civile si confondono, tanto più che solo la Bayer ha il potere di avviare il giudizio relativo alla suddetta ammenda. Il governo tedesco, dal canto suo, ha ritenuto che il diritto invocato è quello di vedere rispettato il diritto di proprietà intellettuale della Bayer e non trova quindi origine in un atto di mera autorità pubblica. Nell’ambito del procedimento che porta all’inflizione dell’ammenda civile, lo Stato tedesco non fa che aiutare il creditore a far rispettare il proprio diritto e l’ammenda rafforza l’ordine di cessazione. Per questo motivo il diritto sostanziale considerato nell’ordinanza di base deve determinare la natura della controversia.

57.      Non posso condividere quest’analisi.

58.      L’ammenda civile come strutturata e applicata nel diritto tedesco è costituita contemporaneamente da elementi di natura civile, che rientrano nell’ambito del diritto privato, e da elementi di diritto pubblico. Questa composizione eterogenea mi impone di effettuare una ponderazione di ciascuno di questi elementi al fine di rispondere alla questione proposta.

59.      È vero che l’ammenda civile è stata pronunciata a causa del fatto che la Realchemie non si è conformata agli obblighi che le erano stati imposti dall’ordinanza di base. Sicuramente, il fatto che la Realchemie si conformi ai suddetti obblighi contribuirà alla realizzazione della tutela provvisoria del diritto di proprietà intellettuale della Bayer, la quale è, inoltre, la sola parte che può richiedere al giudice tedesco di comminare un’ammenda civile.

60.      Tuttavia, non posso ignorare che, tenuto conto della funzione e dell’obiettivo perseguito dall’ammenda civile, del suo beneficiario effettivo e delle modalità di riscossione, gli aspetti attinenti al diritto pubblico divengono decisivi e depongono in favore di un’esclusione dell’ammenda civile dalla materia civile e commerciale ai sensi dell’art. 1 del regolamento n. 44/2001.

61.      Per quanto concerne la funzione dell’ammenda civile e l’obiettivo perseguito, a mio avviso non è sufficiente fermarsi alla conclusione secondo la quale l’ammenda non persegue altri obiettivi che quello della tutela effettiva del diritto della Bayer riconosciuto nell’ordinanza di base. La situazione è evidentemente più ambigua.

62.      L’ammenda civile è una misura coercitiva che riveste naturalmente un aspetto repressivo. Le parti interessate si sono lungamente soffermate sulla questione se l’ammenda civile avesse innanzitutto un carattere di prevenzione o repressivo, avanzando l’argomento secondo il quale, se dovesse prevalere l’aspetto di prevenzione, allora l’ammenda civile rientrerebbe nella materia civile e commerciale.

63.      A mio avviso, bisogna distinguere due momenti: l’aspetto preventivo vale per tutto il periodo che intercorre tra la pronuncia dell’ordinanza di base – che contiene l’intimazione – e l’avvio del procedimento destinato a concludersi con l’inflizione dell’ammenda. Durante questo lasso di tempo, la parte soccombente – la Realchemie – sa perfettamente ciò in cui incorre se non si conforma agli obblighi imposti dall’ordinanza di base. La sola esistenza dell’intimazione può essere sufficiente a dissuadere il debitore dal contravvenire all’ordine impartito. Per contro, dal momento in cui il suddetto debitore si rende responsabile di una violazione dei termini dell’ordinanza di base, è chiaro che la pronuncia dell’ammenda civile riveste allora un carattere essenzialmente repressivo. Da una parte, l’ammenda civile non ha la funzione o lo scopo di risarcire il danno subìto dalla Bayer o di indennizzarla per la continuazione della violazione del suo diritto di proprietà intellettuale da parte della Realchemie nonostante le ingiunzioni contenute nell’ordinanza di base. D’altra parte, non è tanto il fatto che la Realchemie abbia persistito nella sua asserita (28) violazione del diritto della Bayer che viene quindi sanzionato. Al contrario, il giudice tedesco, infliggendo l’ammenda civile, sanziona la violazione di un ordine emesso dall’autorità giudiziaria, nella specie quello di conformarsi agli obblighi indicati nell’ordinanza di base. L’oggetto del giudizio che si conclude con l’inflizione dell’ammenda civile è quindi in effetti la sanzione, in senso ampio, di una violazione colpevole di un divieto posto dal giudice. Pertanto, non è più possibile sostenere che il criterio destinato a prevalere è quello del diritto sostanziale di cui trattasi nell’ordinanza di base, in quanto questo criterio non ha incidenza alcuna sulla pronuncia dell’ammenda civile: conta solo il fatto che vi sia stata una violazione di un ordine di fare o di non fare emesso da un’autorità giudiziaria. L’interesse privato cede quindi il passo a favore dell’interesse pubblico, costituito dal rispetto delle decisioni giudiziarie.

64.      Per questa ragione, non ritengo possibile sostenere che la natura del rapporto giuridico tra le parti in causa non abbia subìto modificazioni nell’ambito del procedimento che ha dato luogo all’inflizione dell’ammenda rispetto al procedimento principale che ha portato all’adozione dell’ordinanza di base. Certamente, è la Bayer che deve chiedere che sia inflitta un’ammenda. È vero che questa sanzione può essere pronunciata solo qualora l’interesse della Bayer a vedere rispettata l’ordinanza di base coincida con l’interesse dello Stato a vedere eseguite le proprie decisioni giudiziarie. A norma della legislazione tedesca, la parte risultata vittoriosa nella controversia di base potrà così apportare il proprio contributo alla realizzazione di un interesse pubblico, dando avvio al giudizio relativo all’ammenda, ma qui si tratta solo di una facoltà e il giudice non può autoinvestirsi al fine di infliggere l’ammenda civile. Questa facoltà, tuttavia, non è altro che la manifestazione del carattere profondamente eterogeneo dell’ammenda civile e non deve essere considerata come l’elemento decisivo.

65.      Infatti, una volta richiesta l’inflizione dell’ammenda civile, la Bayer non ha più alcun ruolo da svolgere nella causa, essa le sfugge completamente. Se, all’inizio, il procedimento di base ha posto di fronte la Realchemie e la Bayer come parti in causa, per quanto riguarda il giudizio che ha dato luogo alla pronuncia dell’ammenda, la causa ormai concerne solo la Realchemie e il giudice, ossia l’autore della violazione della decisione giudiziaria e l’autorità che ha adottato quest’ultima. Manifestamente, la causa è passata da un rapporto strettamente di diritto privato – la soluzione della controversia di base tra la Realchemie e la Bayer – ad un rapporto che presenta innegabilmente elementi di diritto pubblico – ossia la sanzione dell’inosservanza di una decisione giudiziaria.

66.      Questa analisi è confermata dal fatto che la Bayer non è il beneficiario dell’ammenda civile, che deve essere versata alle casse del tribunale a favore dell’autorità pubblica. La riscossione dell’ammenda civile rientra nel monopolio dell’autorità giudiziaria, con esclusione di qualsiasi intervento della parte che ha introdotto il giudizio. La combinazione di questi elementi fornisce la prova del fatto che l’esecuzione dell’ammenda civile serve a realizzare il diritto dello Stato alla repressione delle azioni o delle omissioni contrarie agli ordini impartiti e non il diritto della Bayer a vedere rispettato il proprio diritto di proprietà intellettuale.

67.      Senza arrivare a sostenere che l’ammenda civile è pienamente assimilabile ad una decisione di tipo penale, ritengo che le indicazioni fornite dalla relazione Schlosser (29) al fine di chiarire la distinzione tra diritto civile e diritto penale possono guidarci, per l’appunto, per sapere quale approccio adottare di fronte ad un caso così ambiguo. Al punto 29 di tale relazione viene indicato che «i procedimenti e le sentenze penali di ogni genere sono esclusi dal campo di applicazione della convenzione. Ciò vale non solo per i procedimenti penali in senso stretto; anche le altre sanzioni repressive, comminate in caso di violazione di ordini e divieti di interesse pubblico, non rientrano nel campo del diritto civile. Può comportare qualche difficoltà, in alcuni casi, precisare la delimitazione verso le differenti sanzioni di diritto privato esistenti in varia guisa in taluni ordinamenti giuridici (…). Poiché molti ordinamenti giuridici autorizzano i soggetti privati a stare in giudizio come attore anche nei procedimenti penali pubblici, non è possibile operare la delimitazione a seconda della parte che ha intentato l’azione. Piuttosto, è decisivo sapere se l’esecuzione della sanzione vada o meno a vantaggio personale dell’attore privato o di qualsiasi altra persona privata. Per questo motivo le decisioni dei tribunali del lavoro danesi riguardanti le ammende pecuniarie, a favore dell’attore o di una qualsiasi altra parte lesa individualmente, rientrano perfettamente nel campo della convenzione d’esecuzione».

68.      Applicata al caso di specie, la relazione Schlosser conferma il mio approccio iniziale. Siamo in effetti in presenza di una sanzione di tipo repressivo comminata in caso di violazione di un ordine. Il criterio della parte che ha intentato l’azione deve essere considerato come secondario, poiché l’elemento decisivo è sapere a vantaggio di chi vada la sanzione e se il pagamento dell’ammenda sia effettuato in favore dell’attore, parte privata. Nella specie, il diritto d’iniziativa spetta alla Bayer, ma non è possibile affermare che la sanzione vada a suo vantaggio, in quanto l’ammenda non le viene versata. Non sono quindi soddisfatte tutte le condizioni per ritenere che l’ammenda civile rientri nella materia civile e commerciale e, pertanto, nel campo di applicazione del regolamento n. 44/2001.

c)      Analisi comparata dell’ammenda civile e della penalità ai sensi dell’art. 49 del regolamento n. 44/2001

69.      Le parti interessate sono altresì divise in merito alla questione se l’ammenda possa essere considerata come una penalità ai sensi dell’art. 49 del regolamento n. 44/2001. Il governo tedesco, in particolare, ritiene che l’analogia sia pienamente possibile in ragione del fatto che, in diritto tedesco, la penalità e l’ammenda civile quasi non si distinguono, in quanto devono essere entrambe versate a favore dello Stato, e del fatto che il testo del regolamento stesso non fa alcuna differenza a seconda che la penalità sia pagata allo Stato o a una parte privata.

70.      Si deve tuttavia necessariamente rilevare che l’art. 49 del suddetto regolamento non ha sancito la concezione tedesca della penalità. Questo, in ogni caso, è ciò che risulta dal punto 213 della relazione Schlosser che ricorda la penalità come l’ipotesi in cui «[i]l convenuto è condannato ad eseguire l’azione e simultaneamente a pagare una somma di danaro all’attore per il caso [in cui] egli non effettuasse la prestazione. (…) La convenzione (...) lascia però insoluto il quesito se si possa dare in tal modo esecuzione anche alle penalità pecuniarie, inflitte per inosservanza di una decisione giudiziale, che tornano a beneficio, non già della parte creditrice, bensì dello Stato». Così, anche se la Corte dovesse ritenere che l’ammenda civile è assimilabile ad una penalità – cosa di cui dubito –, tale constatazione non consentirebbe di risolvere la questione solo sulla base dell’art. 49 del regolamento n. 44/2001, poiché, secondo la relazione Schlosser, il legislatore dell’Unione non ha inteso con ciò ricomprendere le situazioni in cui la penalità o una misura analoga viene versata a favore dello Stato in caso di inosservanza di una decisione giudiziaria.

71.      Inoltre, la relazione Pocar (30) fornisce la precisazione secondo la quale il fatto di non includere, tra i provvedimenti rientranti nell’ambito del regolamento n. 44/2001, le penalità versate allo Stato per violazione di una decisione giudiziaria non è frutto d’ignoranza circa l’esistenza di un tale meccanismo, ma discende, al contrario, dalla volontà dei redattori. In merito all’art. 49 del regolamento n. 44/2001 la suddetta relazione ricorda che, «[c]ome è stato rilevato, la disposizione lascia insoluto il quesito se rientrino nella disposizione anche le penalità pecuniarie inflitte per inosservanza di una decisione, che vadano a vantaggio non della parte creditrice, ma dello Stato» (31). La relazione prosegue precisando che «[l]a opportunità di un chiarimento della norma in questo senso è stata prospettata nel corso dei lavori di revisione. Il Gruppo ad hoc ha preferito tuttavia non intervenire sul testo della disposizione con una precisazione che includesse espressamente le penalità a favore dello Stato, data la natura penale che una condanna a favore dello Stato può rivestire e il conseguente rischio di introdurre un aspetto penale in una Convenzione dedicata alla materia civile e commerciale. Ne consegue che potrebbero considerarsi contemplate dalla disposizione soltanto le penalità a favore dello Stato di cui sia chiaro il carattere civile e a condizione che l’esecuzione sia richiesta dal privato nel procedimento inteso alla dichiarazione di esecutività della sentenza, indipendentemente dal fatto che il beneficiario del pagamento della penalità sia lo Stato». Orbene, come ho già dimostrato, il carattere civile dell’ammenda, ai sensi dell’art. 890 della ZPO, è lungi dall’essere evidente.

72.      Rispetto a detta ammenda civile, osservo ancora che la penalità ai sensi del regolamento n. 44/2001 – che deve essere quindi distinta dalla concezione tedesca – ha lo scopo di spingere il convenuto a porre fine alla violazione del diritto dell’attore. Se l’ammenda civile è irrogata nella forma di una somma fissa, la penalità consiste nel pagamento di una «somma per ogni giorno di mora per indurre il debitore a pagare sollecitamente» (32). Soprattutto, il debitore ha la possibilità di sottrarsi al pagamento della penalità conformandosi ai propri obblighi. Nell’ambito dell’ammenda civile, il comportamento del debitore successivo alla sua inflizione non ha alcuna incidenza: a partire dal momento in cui è inflitta, l’ammenda civile dovrà essere pagata, poco importa che il debitore si conformi finalmente ai propri obblighi. Si tratta qui di un elemento cruciale che, tenuto conto altresì delle osservazioni contenute nella relazione Schlosser, dovrebbe persuaderci del fatto che alla questione proposta non si può rispondere alla luce dell’art. 49 del regolamento n. 44/2001.

4.      Osservazioni conclusive

73.      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, suggerisco di rispondere alla prima questione dichiarando che una decisione con cui il destinatario di un obbligo contenuto in una previa decisione giudiziaria è condannato, per il fatto di non esservisi conformato e su istanza dell’altra parte in causa, a pagare alle casse dell’organo giurisdizionale un’ammenda cosiddetta «civile» alle condizioni previste dall’art. 890 della ZPO, non rientra nella nozione di «materia civile e commerciale» ai sensi dell’art. 1 del regolamento n. 44/2001.

74.      Qualora la Corte dovesse decidere altrimenti, e sebbene sia stata interpellata dal giudice del rinvio solo sulla portata dell’art. 1 del regolamento n. 44/2001, mi sembra necessario che essa ricordi al suddetto giudice che non basta che una decisione rientri nella materia civile e commerciale per essere riconosciuta ed eseguita in uno Stato richiesto. Al contrario, il giudice del rinvio deve ancora accertare che la decisione oggetto della procedura di exequatur sia stata emessa, nello Stato d’origine, nel rispetto dei diritti della difesa, che essa costituisca un titolo esecutivo e che la parte che ne chiede il riconoscimento e l’esecuzione nello Stato richiesto sia effettivamente una «parte interessata» ai sensi dell’art. 38 del regolamento n. 44/2001.

75.      In merito a questi tre punti mi limiterò a richiamare gli elementi del fascicolo sui quali deve essere attirata, in particolare, l’attenzione del giudice del rinvio.

76.      Riguardo al rispetto dei diritti della difesa, la Corte ha già affermato che «l’insieme delle disposizioni della Convenzione (…) esprimono l’intenzione di aver cura che, nell’ambito degli obiettivi della Convenzione stessa, i procedimenti conducenti all’adozione di decisioni giurisdizionali si svolgano nel rispetto dei diritti della difesa» (33). In proposito, la Realchemie afferma, nelle proprie osservazioni scritte, che l’ordinanza di base è stata emessa senza discussione orale né previa messa in mora. Essa avrebbe avuto conoscenza dell’ordinanza che infligge l’ammenda civile solo dopo la sua adozione. Tuttavia, l’art. 891 della ZPO (34), secondo le indicazioni fornite dal governo tedesco, richiede che il debitore sia previamente ascoltato qualora il giudice abbia intenzione, dopo che l’attore ne ha fatto domanda, di infliggere un’ammenda civile a norma dell’art. 890 della ZPO.

77.      Per quanto concerne il carattere esecutivo dell’ordinanza che infligge l’ammenda civile, la Realchemie ha affermato che essa non costituisce, in quanto tale, un titolo esecutivo, ma che solo il calcolo delle spese ha tale caratteristica, in particolare in ragione del fatto che esso indicherebbe l’identità del creditore – l’autorità pubblica – a differenza della suddetta ordinanza. Il governo tedesco, interpellato su questo punto all’udienza, non è stato in grado di fornire delucidazioni alla Corte. Bisogna quindi accontentarsi di ricordare che l’art. 38 del regolamento n. 44/2001 prevede, al riguardo, che solo le decisioni emesse in uno Stato membro e ivi esecutive possono essere eseguite in un altro Stato membro dopo essere state ivi dichiarate esecutive (35), e lasciare al giudice del rinvio il compito di valutare il carattere esecutivo dell’ordinanza controversa.

78.      Infine, anche supponendo che l’ordinanza che ha inflitto l’ammenda civile abbia effettivamente un carattere esecutivo nello Stato d’origine, resta ancora da decidere sulla questione se la Bayer possa domandarne l’esecuzione nello Stato richiesto, in altri termini se la Bayer sia una «parte interessata» ai sensi dell’art. 38 del regolamento n. 44/2001. Osservo che la normativa tedesca sembra indicare chiaramente che il presidente del tribunale che ha pronunciato l’ordinanza in questione è la sola autorità preposta alla sua esecuzione. Dalla lettura del fascicolo di causa non è agevole stabilire se la Bayer abbia il diritto, in Germania, di chiedere l’esecuzione di tale ordinanza in nome dell’autorità giudiziaria. In tali circostanze, il giudice del rinvio dovrà tener presenti le indicazioni fornite dalla relazione Jenard, secondo le quali «[l]’espressione “su istanza di qualsiasi parte interessata” significa che il diritto a richiedere la formula esecutiva spetta a chiunque possa avvalersi della sentenza nello Stato originario» (36).

79.      Tenuto conto delle incertezze e delle ambiguità del fascicolo – le quali si spiegano con il fatto che il giudice del rinvio ha scelto di concentrare la propria questione sull’art. 1 del regolamento n. 44/2001 –, la Corte non è in grado di fornire risposte definitive, ma dovrà attirare l’attenzione del giudice del rinvio su questi tre punti qualora dovesse concludere, contrariamente a quanto suggerisco, che la decisione controversa rientra in effetti nella materia civile e commerciale ai sensi dell’art. 1 del regolamento n. 44/2001.

B –    Sulla seconda questione

80.      Nel suo ricorso incidentale dinanzi al giudice del rinvio, la Bayer ha chiesto il rigetto del ricorso della Realchemie e la condanna di quest’ultima alle spese cosiddette «reali» in virtù dell’art. 14 della direttiva 2004/48, letto in combinato disposto con l’art. 1019h del Codice di procedura civile olandese, che è volto a recepire il suddetto art. 14 nell’ordinamento giuridico olandese. Il summenzionato art. 1019h prevede una condanna alle spese più pesante delle condanne ordinarie nelle cause rientranti nel campo di applicazione della direttiva 2004/48 (37).

81.      Con la sua seconda questione sottoposta alla Corte, il giudice del rinvio mira, in sostanza, a sapere se le spese connesse ad una procedura di exequatur avviata nei Paesi bassi, nel corso della quale è richiesto il riconoscimento e l’esecuzione di sei decisioni emesse in Germania nell’ambito di una causa diretta a far rispettare un diritto di proprietà intellettuale, rientrino nella sfera di applicazione dell’art. 14 della direttiva 2004/48, il quale impone agli Stati membri di assicurare che le spese giudiziarie sopportate dalla parte vincitrice siano di norma a carico della parte soccombente. Occorre quindi stabilire se siffatta procedura di exequatur rientri nel campo di applicazione della direttiva 2004/48.

82.      Ben prima dell’adozione della direttiva 2004/48, la Comunità aveva concluso l’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (38), il quale, al suo art. 41, prevede che «[i] membri fanno in modo che le loro legislazioni prevedano le procedure di tutela (…) in modo da consentire un’azione efficace contro qualsiasi violazione dei diritti di proprietà intellettuale». Perseguendo l’obiettivo di incrementare l’efficacia della tutela dei diritti di proprietà intellettuale, l’art. 45 di detto Accordo enuncia il principio secondo cui l’autorità giudiziaria ha la facoltà di ordinare all’autore della violazione di pagare al titolare del diritto di proprietà intellettuale le spese giudiziarie, in senso ampio.

83.      La direttiva 2004/48, come ricordano i ‘considerando’ quarto e quinto, s’inserisce nella serie degli obblighi internazionali che vincolano la Comunità appena richiamati. Riconoscendo l’importanza della tutela della proprietà intellettuale per la promozione dell’innovazione e dell’attività di creazione, così come per lo sviluppo dell’occupazione e la crescita della concorrenzialità (39), il legislatore dell’Unione ha constatato la necessità di «assicurare che il diritto sostanziale in materia di proprietà intellettuale (…) sia effettivamente applicato nella Comunità» (40). Dato che le disparità tra Stati membri ne indeboliscono il contenuto (41), con il ravvicinamento delle legislazioni in materia tale direttiva mira ad assicurare al titolare di diritti di proprietà intellettuale il rispetto di detti diritti attraverso l’attuazione di misure, procedure e mezzi di ricorso necessari a tal fine (42). Ai sensi dell’art. 2 della suddetta direttiva, «le misure, le procedure e i mezzi di ricorso (…) si applicano (…) alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale come previsto dalla legislazione comunitaria e/o dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato». È quando tali misure, procedure e mezzi di ricorso sono necessari per far rispettare un diritto di proprietà intellettuale che la direttiva 2004/48 dispone che gli «Stati membri assicurano che spese giudiziarie ragionevoli e proporzionate, nonché altri oneri eventualmente sopportati dalla parte vincitrice siano di norma a carico della parte soccombente» (43).

84.      Dato che l’obiettivo del legislatore dell’Unione è di fornire una maggiore tutela ai titolari di diritti di proprietà intellettuale, si potrebbe sostenere che, poiché la controversia tra la Bayer e la Realchemie ha per oggetto la tutela di un diritto di proprietà intellettuale, la procedura di exequatur intrapresa nei Paesi Bassi costituisce una sorta di prolungamento di tale controversia e può essere considerata, anch’essa, relativa ad una violazione di un diritto di proprietà intellettuale, ai sensi della direttiva 2004/48, che la Bayer intende far cessare con il riconoscimento del carattere esecutivo delle decisioni emesse in Germania. Si tratterebbe, quindi, di una procedura rientrante nell’ambito della suddetta direttiva, e l’art. 14 di quest’ultima sarebbe pertanto applicabile.

85.      Tale approccio tuttavia non mi persuade per tre ragioni principali.

86.      La prima è che non ritengo possibile affermare che l’oggetto di una procedura di exequatur sia, propriamente parlando, la tutela di un qualsivoglia diritto sostanziale. Il suo oggetto, al contrario, è rappresentato dalla verifica dell’oggettiva sussistenza delle condizioni necessarie al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni giudiziarie interessate nello Stato membro richiesto. Essa costituisce quindi una fase preliminare rispetto a quella dell’esecuzione, la quale, questa sì, è effettivamente diretta a proseguire la tutela del diritto interessato avviata nello Stato membro d’origine.

87.      La seconda è che l’art. 14 della direttiva 2004/48 si giustifica pienamente con la natura particolare del contenzioso relativo ai diritti di proprietà intellettuale. La Commissione ha sostenuto, nelle sue osservazioni scritte, e, a mio avviso, giustamente, che lo scopo di questo art. 14 è che i titolari di diritti di proprietà intellettuale non siano dissuasi dall’intentare un’azione giudiziaria a causa del costo, potenzialmente elevato, del procedimento. L’effettività dei diritti di proprietà intellettuale comporta naturalmente la loro tutela giurisdizionale. Predisponendo le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari a tal fine e affermando il principio secondo cui le spese giudiziarie devono essere, in linea di principio, sostenute dalla parte soccombente, la direttiva 2004/48 crea condizioni favorevoli affinché gli aventi diritto che possono avvalersene intentino procedimenti giudiziari. Pertanto, la ragion d’essere di detto art. 14 risiede nella peculiarità dei procedimenti e dei mezzi di prova nel campo della proprietà intellettuale, in quanto i costi delle indagini o delle perizie possono rivelarsi molto elevati (44). Orbene, l’ammontare delle spese sostenute nell’ambito di una procedura di exequatur non è paragonabile a quello delle spese sostenute nell’ambito di un procedimento avente ad oggetto l’accertamento di una violazione di un diritto di proprietà intellettuale e non mi sembra di natura tale da dissuadere una parte lesa dall’avviare una procedura di questo tipo (45). Non si giustifica il riconoscimento di una qualsivoglia specificità alle procedure di exequatur che abbiano ad oggetto decisioni emesse in un altro Stato membro in relazione ad un diritto di proprietà intellettuale.

88.      In terzo luogo, questa interpretazione è confermata dalla precisazione, all’undicesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/48, che essa «non si propone di stabilire norme armonizzate in materia di cooperazione giudiziaria, di competenza giurisdizionale, di riconoscimento e di esecuzione delle pronunce in materia civile e commerciale, né di occuparsi della legge applicabile. Alcuni strumenti comunitari disciplinano queste materie in generale e, in linea di principio, si applicano anche alla proprietà intellettuale». Se la suddetta direttiva non ha come scopo di stabilire norme armonizzate in materia di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, mi sembra quindi che, a fortiori, essa non sia destinata a istituire una norma generale atta a disciplinare la condanna alle spese nell’ambito di una procedura di exequatur.

89.      Questo undicesimo ‘considerando’ presuppone che la direttiva 2004/48 si applichi lasciando impregiudicato il regolamento n. 44/2001. Ai sensi del regolamento n. 44/2001, ci si deve a limitare a stabilire se la decisione riguardi una materia civile e commerciale. Ritenere che l’art. 14 di detta direttiva imponga una liquidazione differenziata delle spese quando si tratti di dare riconoscimento ed esecuzione a una decisione relativa ad una violazione di un diritto di proprietà intellettuale implica, in un modo o all’altro, un esame del merito della suddetta decisione che andrebbe oltre il semplice controllo richiesto ai sensi dell’art. 1 del regolamento n. 44/2001. L’imperativo di semplificazione e di celerità della procedura di exequatur quale prevista dal regolamento n. 44/2001 (46) sarebbe anch’esso posto in pericolo, senza che ciò si giustifichi in modo particolare.

90.      Per tutti questi motivi, suggerisco che l’art. 14 della direttiva 2004/48 debba essere interpretato nel senso che non è destinato ad essere applicato nell’ambito di una procedura di exequatur avente ad oggetto il riconoscimento e l’esecuzione di decisioni relative ad una violazione di un diritto di proprietà intellettuale.

V –    Conclusione

91.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle due questioni pregiudiziali proposte dallo Hoge Raad der Nederlanden:

«1)       Una decisione con cui il destinatario di un obbligo contenuto in una previa decisione giudiziaria è condannato, per il fatto di non esservisi conformato e su istanza dell’altra parte in causa, a pagare alle casse dell’organo giurisdizionale un’ammenda cosiddetta “civile” alle condizioni previste dall’art. 890 del codice di procedura civile tedesco (Zivilprozessordnung), non rientra nella nozione di “materia civile e commerciale” ai sensi dell’art. 1 del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.

2)      L’art. 14 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, deve essere interpretato nel senso che non è destinato ad essere applicato nell’ambito di una procedura di exequatur avente ad oggetto il riconoscimento e l’esecuzione di decisioni relative ad una violazione di un diritto di proprietà intellettuale».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU 2001, L 12, pag. 1.


3 – GU L 195, pag. 16.


4 – Versione consolidata (GU 1998, C 27, pag. 1).


5 – Il Landgericht Düsseldorf, con ordinanza 29 agosto 2006, ha liquidato le spese per un ammontare di EUR 7 829,60.


6 – Con ordinanza 19 settembre 2006, il Landgericht Düsseldorf ha liquidato le spese per un ammontare di EUR 898,60.


7 – Con ordinanza 11 novembre 2006, il Landgericht Düsseldorf ha liquidato le spese per un ammontare di EUR 852,40.


8 – V. art. 2, n. 1, della direttiva 2004/48.


9 – V. paragrafo 6 delle presenti conclusioni.


10 – Sentenza 23 aprile 2009, causa C‑167/08, Draka NK Cables e a. (Racc. pag. I‑3477, punto 20).


11 – Come la relazione di P. Jenard sulla Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1979, C 59, pag. 54) (in prosieguo: la «relazione Jenard») e la relazione di P. Schlosser sulla Convenzione del 9 ottobre 1979 di adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord alla convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, nonché al protocollo relativo alla sua interpretazione da parte della Corte di giustizia (GU 1979, C 59, pag. 71) (in prosieguo la «relazione Schlosser»). Si utilizzerà altresì la relazione esplicativa di F. Pocar sulla Convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale conclusa a Lugano il 30 ottobre 2007 (GU 2009, C 319, pag. 1) (in prosieguo: la «relazione Pocar»), in quanto il regolamento n. 44/2001 è servito come base per la suddetta Convenzione.


12 – Sentenza 15 febbraio 2007, causa C‑292/05, Lechouritou e a. (Racc. pag. I‑1519, punto 28).


13 – Riguardo all’art. 1 della Convenzione di Bruxelles, v. sentenze 14 ottobre 1976, causa 29/76, LTU (Racc. pag. 1541, punto 3); 16 dicembre 1980, causa 814/79, Rüffer (Racc. pag. 3807, punto 7 e giurisprudenza ivi citata), e 21 aprile 1993, causa C‑172/91, Sonntag (Racc. pag. I‑1963, punto 18); riguardo al regolamento n. 44/2001, v. sentenze Draka NK Cables e a., cit. (punto 19 e giurisprudenza ivi citata), e 23 aprile 2009, causa C‑533/07, Falco Privatstiftung e Rabitsch (Racc. pag. I‑3327, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).


14 – Dal fascicolo risulta che l’ordinanza di base conteneva effettivamente tale intimazione rivolta alla Realchemie.


15 – Art. 891 della ZPO.


16 – Art. 1, comma 1, n. 3, della JBeitrO.


17 – Dalle osservazioni scritte depositate dalla Realchemie risulta che l’autorità preposta all’esecuzione dell’ammenda civile ha in effetti emesso un calcolo delle spese il 23 agosto 2006.


18 – Sentenze 27 marzo 1979, causa 143/78, de Cavel (Racc. pag. 1055, punto 8); 26 marzo 1992, causa C‑261/90, Reichert e Kockler (Racc. pag. I‑2149, punto 32), e 17 novembre 1998, causa C‑391/95, Van Uden (Racc. pag. I‑7091, punto 33).


19 – Sentenze LTU, cit., (punto 4); 14 novembre 2002, causa C‑271/00, Baten (Racc. pag. I‑10489, punto 29); 15 maggio 2003, causa C‑266/01, Préservatrice foncière TIARD (Racc. pag. I‑4867, punto 21), e Lechouritou e a., cit. (punto 30).


20 – Sentenza 5 febbraio 2004, causa C‑265/02, Frahuil (Racc. pag. I‑1543, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).


21 – Ibidem (punto 21).


22 – Sentenza 28 aprile 2009, causa C‑420/07, Apostolides (Racc. pag. I‑3571, punto 45).


23 – Citate sentenze LTU (punto 4); Rüffer (punto 8); Sonntag (punto 20); Baten (punto 30); Préservatrice foncière TIARD (punto 22); Lechouritou e a. (punto 31), nonché Apostolides (punto 43).


24 – Citate sentenze Lechouritou e a. (punto 33 e giurisprudenza ivi citata), nonché Apostolides (punto 44). Per un’analisi sistematica della giurisprudenza della Corte su questo punto, si rinvia alle conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Lechouritou e a., più precisamente ai paragrafi 37 e segg. delle suddette conclusioni.


25 – Sentenza 25 luglio 1991, causa C‑190/89, Rich (Racc. pag. I‑3855, punto 26). Il corsivo è mio.


26 – Sentenza 20 gennaio 1994, causa C‑129/92, Owens Bank (Racc. pag. I‑117, punto 34).


27 – V. giurisprudenza citata alla nota 19.


28 – Non si deve, infatti, perdere di vista il fatto che l’ordinanza di base è solo un provvedimento provvisorio, che decide in via provvisoria su un’asserita – ma non ancora completamente accertata – violazione di un diritto di proprietà intellettuale da parte della Realchemie.


29 – Citata alla nota 11.


30 – Citata alla nota 11.


31 – Punto 167 della stessa relazione.


32 – Relazione Jenard, cit. (pag. 54).


33 – Sentenza 13 luglio 1995, causa C‑474/93, Hengst Import (Racc. pag. I‑2113, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).


34 – V. paragrafo 18 delle presenti conclusioni.


35 – La relazione Jenard indica che tale carattere esecutivo è «una qualità del titolo di cui si chiede l’esecuzione che in ogni caso deve sussistere in base al diritto del paese in cui è stata emessa la sentenza e (…) non vi è alcun motivo di attribuire ad una sentenza straniera diritti che nel paese originario non le competono» (pag. 48). V., altresì, sentenza 29 aprile 1999, causa C‑267/97, Coursier (Racc. pag. I‑2543, punto 23), e sentenza Apostolides, cit. (punto 66), che richiama in merito la relazione Jenard.


36 – Relazione Jenard, cit. (pag. 49).


37 – Osservo che il fascicolo non contiene alcuna informazione in merito alla formulazione precisa di questa disposizione del diritto olandese e, di conseguenza, in merito alla differenza tra la condanna alle spese ordinarie e la condanna alle spese così come delineata dal suddetto art. 1019h.


38 – Il quale costituisce l’allegato 1 C dell’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, firmato a Marrakech il 15 aprile 1994 e approvato con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU L 336, pag. 1).


39 – V. primo e secondo ‘considerando’ della direttiva 2004/48.


40 – Terzo ‘considerando’ della direttiva 2004/48.


41 – V. settimo, ottavo e nono ‘considerando’ della direttiva 2004/48.


42 – Art. 1 della direttiva 2004/48.


43 – Art. 14 della direttiva 2004/48.


44 – Come ricordato dalla Commissione nella sua relazione, v. la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle misure e alle procedure volte ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale [COM(2003) 46 def.  del 30 gennaio 2003, pag. 9].


45 – Vorrei peraltro richiamare l’attenzione sul fatto che nella causa principale la Realchemie è stata condannata alle spese connesse alla procedura di exequatur, ma che la Bayer desidera ottenere una condanna più pesante.


46 – Sentenza Draka NK Cables e a., cit. (punti 26 e 30).