Language of document : ECLI:EU:T:2011:634

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

26 ottobre 2011 (*)

«Accesso ai documenti – Decisione 2004/258/CE – Banca di dati della BCE utilizzata per la preparazione di relazioni relative all’assunzione e alla mobilità del personale – Diniego di accesso – Ricorso di annullamento – Interesse ad agire – Ricevibilità – Nozione di documento – Ricorso per risarcimento danni − Carattere prematuro»

Nella causa T‑436/09,

Julien Dufour, residente a Jolivet (Francia), rappresentato dagli avv.ti Schoenacker Rossi e H. Djeyaramane,

ricorrente,

sostenuto da

Regno di Danimarca, rappresentato dalla sig.ra B. Weis Fogh e dal sig. S. Juul Jørgensen, in qualità di agenti,

da

Repubblica di Finlandia, rappresentata inizialmente dal sig. J. Heliskoski, dalle sigg.re H. Leppo e M. Pere, poi dal sig. Heliskoski e dalla sig.ra Leppo, in qualità di agenti,

e da

Regno di Svezia, rappresentato dalle sigg.re A. Falk, K. Petkovska e S. Johannesson, in qualità di agenti,

intervenienti,

contro

Banca centrale europea (BCE), rappresentata inizialmente dal sig. K. Laurinavicius e dalla sig.ra S. Lambrinoc, poi dalla sig.ra Lambrinoc e dal sig. P. Embley, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Commissione europea, rappresentata dal sig. J.-P. Keppenne e dalla sig.ra C. ten Dam, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto, da una parte, una domanda di annullamento della decisione del Comitato esecutivo della BCE, comunicata al ricorrente con lettera del presidente della BCE del 2 settembre 2009, che respinge una domanda presentata dal ricorrente al fine di ottenere l’accesso alle banche di dati che sono servite da fondamento alla stesura delle relazioni della BCE relative all’assunzione e alla mobilità del suo personale e, dall’altra, una domanda diretta alla condanna della BCE a mettere a disposizione del ricorrente le banche di dati di cui trattasi e, infine, una domanda intesa al risarcimento del preteso danno subito da quest’ultimo a seguito del rigetto della sua domanda di accesso,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto dal sig. O. Czúcz, presidente, dalla sig.ra I. Labucka e dal sig. D. Gratsias (relatore), giudici,

cancelliere: sig.ra V. Nagy, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 giugno 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        L’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea (BCE) è disciplinato dalla decisione di quest’ultima 4 marzo 2004, 2004/258/CE (GU L 80, pag. 42). La detta decisione dispone, agli artt. 2, 3, 4, 6, 7, 8 e 9, quanto segue:

«Articolo 2

Destinatari e campo di applicazione

1.      Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti della BCE, secondo le condizioni e le limitazioni definite nella presente decisione.

(…)

Articolo 3

Definizioni

Ai fini della presente decisione, si intende per:

a)      “documento” e “documento della BCE”, qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) elaborato o posseduto dalla BCE e relativo alle proprie politiche, attività o decisioni (…)

Articolo 4

Eccezioni

1.      La BCE rifiuta l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

a)      L’interesse pubblico, in ordine:

–        alla riservatezza delle riunioni degli organi decisionali della BCE,

–        alla politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro,

–        alla contabilità della BCE o delle [banche centrali nazionali],

–        alla tutela dell’integrità delle banconote in euro,

–        alla sicurezza pubblica,

–        alle relazioni finanziarie, monetarie o economiche internazionali;

b)      la vita privata e l’integrità dell’individuo, in particolare nel rispetto della legislazione comunitaria sulla protezione dei dati personali;

c)      la riservatezza delle informazioni, tutelata come tale dal diritto comunitario.

2.      La BCE rifiuta l'accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

–        gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale,

–        i procedimenti giudiziari e la consulenza legale,

–        gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,

a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

3.      L’accesso a un documento contenente pareri per uso interno, facenti parte di deliberazioni e consultazioni preliminari in seno alla BCE o con le [banche centrali nazionali], viene rifiutato anche una volta adottata la decisione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

4.      Per quanto concerne i documenti di terzi, la BCE consulta il terzo interessato al fine di valutare se sia applicabile una delle eccezioni di cui al presente articolo, a meno che sia chiaro che il documento debba o non debba essere divulgato.

5.      Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate.

6.      Le eccezioni di cui al presente articolo si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento. Le eccezioni sono applicabili per un periodo massimo di 30 anni salvo che sia espressamente disposto altrimenti dal Consiglio direttivo della BCE. Nel caso di documenti coperti dalle eccezioni relative alla vita privata o agli interessi commerciali, le eccezioni possono continuare a essere applicate anche dopo tale periodo.

(…)

Articolo 6

Domande d’accesso

1.      La domanda di accesso a un documento è presentata alla BCE in qualsiasi forma scritta, anche elettronica, in una delle lingue ufficiali dell’Unione e formulata in modo sufficientemente preciso per consentire alla BCE di identificare il documento in oggetto. Il richiedente non è tenuto a motivare la domanda.

2.      Qualora una domanda non sia sufficientemente precisa, la BCE può chiedere al richiedente di chiarirla e assisterlo in tale compito.

3.      Nel caso di una domanda relativa a un documento molto voluminoso o a un numero elevato di documenti, la BCE può contattare informalmente il richiedente al fine di trovare una soluzione equa.

Articolo 7

Esame delle domande iniziali

1.      Le domande di accesso ai documenti sono trattate prontamente. Al richiedente viene inviato un avviso di ricevimento. Entro 20 giorni lavorativi dal ricevimento della domanda oppure dal ricevimento dei chiarimenti richiesti ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, il Direttore generale del Segretariato e Servizi Linguistici della BCE concede l’accesso al documento richiesto e fornisce l’accesso ai sensi dell'articolo 9, oppure, con risposta scritta, motiva il rifiuto totale o parziale e informa il richiedente del suo diritto di presentare una domanda di conferma ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo.

2.      Nel caso di un rifiuto totale o parziale, il richiedente può, entro 20 giorni lavorativi dal ricevimento della risposta della BCE, presentare una domanda di conferma chiedendo al Comitato esecutivo della BCE di riconsiderare la posizione di quest’ultima. Inoltre, in assenza di risposta della BCE entro il termine di 20 giorni lavorativi previsto per il trattamento delle domande iniziali, il richiedente ha facoltà di presentare una domanda di conferma.

3.      In casi eccezionali, per esempio nel caso di una domanda relativa a documenti molto voluminosi o a un elevato numero di documenti, o se viene richiesta la consultazione di un terzo, la BCE può prorogare il termine di cui al paragrafo 1 di ulteriori 20 giorni lavorativi, purché il richiedente ne sia previamente informato mediante comunicazione motivata in modo dettagliato.

4.      Il paragrafo 1 non si applica in caso di domande eccessive o irragionevoli, in particolare se si tratta di domande di natura ripetitiva.

Articolo 8

Trattamento delle domande di conferma

1.      Le domande di conferma sono trattate prontamente. Entro 20 giorni lavorativi dal loro ricevimento, il Comitato esecutivo o concede l’accesso ai documenti richiesti come previsto nell’articolo 9 o ne motiva per iscritto il rifiuto totale o parziale. In caso di rifiuto totale o parziale, la BCE è tenuta a informare il richiedente dei mezzi di cui questi dispone ai sensi degli articoli 230 e 195 del trattato.

2.      In casi eccezionali, per esempio nel caso di una domanda relativa a documenti molto voluminosi o a un numero elevato di documenti, la BCE può prorogare il termine di cui al paragrafo 1 di ulteriori 20 giorni lavorativi, purché il richiedente ne sia previamente informato mediante comunicazione motivata in modo dettagliato.

3.      In assenza di risposta nei termini da parte della BCE, la domanda s'intende respinta e il richiedente ha il diritto di ricorrere in giudizio e/o presentare una denuncia al Mediatore europeo a norma, rispettivamente, degli articoli 230 e 195 del trattato.

Articolo 9

Accesso a seguito di una domanda

1.      I richiedenti possono consultare i documenti ai quali la BCE ha fornito loro l’accesso o presso i locali della stessa, oppure tramite rilascio di una copia, ivi compresa, se disponibile, una copia elettronica. Il costo della produzione e dell'invio delle copie può essere posto a carico del richiedente. Tale onere non supera il costo effettivo della produzione e dell’invio delle copie. La consultazione in loco, la riproduzione di meno di 20 pagine di formato A4 e l’accesso diretto sotto forma elettronica sono gratuiti.

2.      Se un documento è già stato divulgato dalla BCE ed è facilmente accessibile, la BCE può soddisfare l'obbligo di concedere l’accesso ad esso informando il richiedente in merito alle modalità con cui ottenere il documento richiesto.

3.      I documenti vengono forniti in una versione e in un formato già esistenti (compreso quello elettronico o un formato alternativo) come richiesto dal richiedente».

2        L’art. 3, lett. a), e l’art. 11 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), sono così formulati:

«Articolo 3

Definizioni

Ai fini del presente regolamento, valgono le seguenti definizioni:

a)      “documento”, qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) che verta su aspetti relativi alle politiche, iniziative e decisioni di competenza dell'istituzione;

(…)

Articolo 11

Registri

1.      Affinché i cittadini possano esercitare effettivamente i diritti di cui godono in virtù del presente regolamento, ciascuna istituzione rende accessibile un registro di documenti. L’accesso al registro dovrebbe aver luogo in forma elettronica. I riferimenti ai documenti sono iscritti senza indugio nel registro.

2.      Per ciascun documento il registro contiene un numero di riferimento (compreso, qualora esistente, il riferimento interistituzionale), l’oggetto e/o una breve descrizione del contenuto del documento, nonché la data alla quale il documento è stato ricevuto o redatto e inserito nel registro. I riferimenti sono indicati secondo modalità che non pregiudicano la tutela degli interessi di cui all'articolo 4.

3.      Le istituzioni adottano immediatamente le misure necessarie a istituire un registro, che sarà operativo entro il 3 giugno 2002».

 Fatti

3        Il ricorrente, sig. Julien Dufour, è uno studente di sociologia e prepara una tesi di dottorato intitolata: «Sociogenesi dell’autorità di un’istituzione finanziaria: il caso della [BCE]».

4        Con messaggio di posta elettronica del 28 maggio 2009, il ricorrente ha chiesto alla BCE l’accesso, da un lato, alle relazioni della BCE relative all’assunzione e alla mobilità del suo personale (in prosieguo: le «relazioni») e, dall’altro, alle «banche di dati che sono servite ad elaborare le analisi statistiche delle relazioni».

5        Con lettera del 23 luglio 2009 la BCE ha informato il ricorrente di aver deciso di concedergli un accesso parziale alle relazioni. Per contro, quanto alle banche di dati che sono servite da fondamento alla redazione di tali relazioni, la BCE ha respinto la domanda di accesso del ricorrente dato che le banche di dati «in quanto tali» non rientrano nella definizione di documento che figura all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 e non esiste alcun documento autonomo che possa essere fornito al ricorrente in risposta alla sua domanda.

6        Con lettera del 9 agosto 2009, il ricorrente ha presentato, ai sensi dell’art. 7, n. 2, della decisione 2004/258, una domanda di conferma relativamente all’accesso alle banche di dati considerate dalla sua domanda iniziale. Nella domanda di conferma egli fa valere, in sostanza, che, contrariamente alla tesi sostenuta nella lettera della BCE del 23 luglio 2009, una banca di dati è un documento ai sensi della decisione 2004/258. A suo parere, non sussisteva «alcun dubbio sul fatto che i dati richiesti [costituivano] effettivamente il contenuto, memorizzato in forma elettronica (le “banche” di dati) e stabilito dalla BCE». D’altro canto, egli ha precisato che non chiedeva la comunicazione di dati nominativi e che la sua domanda verteva sulle banche di dati che erano servite da fondamento alla redazione delle relazioni, «senza le colonne relative ai nomi e cognomi» dei membri del personale interessati.

7        Con decisione del Comitato esecutivo della BCE, comunicata al ricorrente con lettera del presidente della BCE del 2 settembre 2009 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la domanda di conferma del ricorrente è stata respinta. Per giustificare tale rigetto è stato rilevato quanto segue:

«le banche di dati elettroniche che servono all’elaborazione delle relazioni (…) non possono essere considerate come un documento ai sensi della decisione [2004/258] relativa all’accesso del pubblico ai documenti della BCE in quanto versioni stampate di tale banca dati (che rientrerebbero nella definizione di “documento”) non esistono come documenti autonomi, Di conseguenza, la Sua domanda non può essere soddisfatta attraverso un semplice estratto in formato stampa o elettronico. Al fine di rispondere alla Sua domanda, le informazioni dovrebbero formare oggetto di una sistematizzazione e di un’analisi supplementare sulla base delle quali nuovi informazioni dovrebbero essere registrate in un documento. Tale procedura comporterebbe un considerevole carico di lavoro. Tuttavia, la sistematizzazione e l’analisi supplementare esulano dall’ambito del regime dell’accesso al pubblico ai documenti della BCE menzionato nella decisione [2004/258,] poiché il documento non esiste e dev’essere creato».

 Procedimento e conclusioni delle parti

8        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 ottobre 2008, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

9        Con tre atti separati, depositati in cancelleria lo stesso giorno, il ricorrente ha presentato, da una parte, una domanda di procedimento accelerato, sulla base dell’art. 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale e, dall’altra, due domande di gratuito patrocinio ai sensi dell’art. 94 del regolamento di procedura. Tali domande sono state respinte, rispettivamente, con decisione 10 dicembre 2009 e con ordinanze del presidente della Quinta Sezione del Tribunale 15 marzo 2010, cause T‑436/09 AJ e T‑436/09 AJ II, Dufour/BCE (non pubblicate nella Raccolta).

10      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale rispettivamente il 9 febbraio, il 18 febbraio e l’8 marzo 2010, il Regno di Danimarca, il Regno di Svezia e la Repubblica di Finlandia hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del ricorrente. Con ordinanze 24 marzo e 21 aprile 2010, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha ammesso tali interventi. Il Regno di Svezia, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Danimarca hanno depositato le loro memorie di intervento, rispettivamente, il 12 maggio, il 3 giugno e il 9 giugno 2010.

11      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 25 febbraio 2010, la Commissione europea ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della BCE. Con ordinanza del 24 marzo 2010, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. La Commissione ha depositato la sua memoria di intervento il 9 giugno 2010.

12      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore inizialmente designato è stato assegnato alla Terza Sezione, alla quale è stata di conseguenza attribuita la causa in esame. A seguito del rinnovo parziale del Tribunale, la presente causa è stata attribuita ad un nuovo giudice relatore, facente parte della stessa sezione.

13      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura, ha invitato, da una parte, la BCE e la Commissione a rispondere per iscritto ad un quesito e, dall’altra, la BCE e il Regno di Svezia a fornire determinati documenti. Le parti hanno ottemperato a tali domande.

14      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 7 giugno 2011.

15      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la BCE a mettere a sua disposizione tutte le banche di dati che hanno permesso la redazione delle relazioni;

–        condannare la BCE al pagamento della somma di EUR 5 000 a titolo di risarcimento del danno da lui subito;

–        condannare la BCE alle spese.

16      Il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia sostengono le conclusioni del ricorrente dirette all’annullamento della decisione impugnata.

17      La BCE conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile o, in subordine, in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

18      La Commissione sostiene le conclusioni della BCE dirette al rigetto del ricorso d’annullamento in quanto infondato.

 Sulla domanda di annullamento

1.     Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

19      La BCE fa valere, innanzi tutto, che il capo della domanda del ricorrente diretto all’annullamento della decisione impugnata è irricevibile, in quanto privo di oggetto.

20      In primo luogo, la BCE fa rilevare che essa utilizza, per le procedure di assunzione del proprio personale, un sistema informatico gestito da un prestatore di servizi esterno. Detto sistema informatico permetterebbe ai candidati di presentare la loro candidatura per via telematica e di fornire le informazioni necessarie riguardanti i loro dati personali, i loro studi e la loro esperienza. Tale sistema informatico consentirebbe altresì di ottenere informazioni più generali relative alla procedura di assunzione, come il numero di candidati. La configurazione tecnica del sistema informatico di cui trattasi non permetterebbe però di ricavare informazioni vertenti sull’insieme dei profili. Inoltre, se un candidato non avesse presentato la sua candidatura per nuovi posti vacanti, i suoi dati sarebbero stati automaticamente eliminati dallo stesso sistema informatico dopo 24 mesi e potrebbero essere recuperati solo da un prestatore di servizi esterno, dietro compenso. Un siffatto sistema informatico sarebbe utilizzato dal dicembre 2004. Prima di tale data, le procedure di assunzione anteriori sarebbero state organizzate sulla base di atti di candidatura depositati su supporto cartaceo. Taluni dati relativi a queste ultime candidature sarebbero stati riassunti manualmente con l’aiuto di un software tabulatore.

21      In secondo luogo, la BCE sostiene che le informazioni relative alla mobilità dei membri del suo personale nell’ambito della stessa potevano essere ottenute solo a partire da un altro sistema informatico della BCE, ossia quello relativo alla gestione del personale e delle paghe. Quest’ultimo sistema informatico conterrebbe informazioni su tutti i membri del suo personale, ex dipendenti e dipendenti in servizio, dal 1998, nonché sui tirocinanti e sul personale esterno dal 2007. In particolare, i dati sulla mobilità del personale sarebbero disponibili a partire dal 2004. Le informazioni concernenti la mobilità del suo personale per il periodo anteriore al 2004 sarebbero contenute in una banca di dati distinta, che sarebbe accessibile senza essere aggiornata. D’altro canto, esisterebbe un’altra banca di dati, contenente dati relativi ai membri del personale esterno e ai tirocinanti per il periodo 1999‑2007.

22      In terzo luogo, la BCE asserisce che le relazioni sono state redatte sulla base di una sistematizzazione e di un’analisi dei dati grezzi disponibili al momento della loro elaborazione. Essa afferma di aver spiegato al ricorrente che la domanda di accesso di quest’ultimo non avrebbe potuto essere soddisfatta procedendo ad una mera estrazione di dati dalle banche di dati interessate. Sarebbe stato necessario aggregare manualmente i dati occorrenti, utilizzando parametri di ricerca determinati, ed elaborare nuove relazioni, su supporto elettronico o cartaceo.

23      Inoltre, la BCE ritiene che, a seguito della cancellazione automatica di taluni dati dopo 24 mesi e dell’aggiunta di dati vertenti sulle nuove procedure di assunzione del personale indette dalla BCE, i dati che sono serviti come base all’elaborazione delle relazioni non fossero più disponibili nella loro integralità nello stato in cui essi si trovavano al momento dell’elaborazione delle citate relazioni. Solo alcuni estratti delle banche di dati, utilizzati al momento della sistematizzazione dei dati ai fini dell’elaborazione delle relazioni, sarebbero stati conservati, e ciò in maniera arbitraria.

24      La BCE ne conclude che il ricorso di annullamento è privo di oggetto, nella parte in cui il ricorrente cerca di ottenere l’accesso alle banche di dati stesse – o ad estratti di queste ultime – che non esisterebbero e che dovrebbero essere create per rispondere alla sua domanda.

25      In secondo luogo, per quanto riguarda il secondo capo della domanda del ricorrente, la BCE fa valere che esso è irricevibile, dato che, secondo una giurisprudenza costante, il giudice dell’Unione, quando annulla una decisione relativa all’accesso ai documenti di un’istituzione o di un organo o organismo dell’Unione, non può ordinare all’autore della decisione annullata di prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza di annullamento comporta.

26      Il ricorrente contesta l’argomentazione della BCE e sostiene che il suo ricorso è ricevibile.

 Giudizio del Tribunale

27      In primo luogo, per quanto riguarda l’affermazione della BCE secondo la quale la domanda di annullamento è priva di oggetto, essa può essere intesa solo nel senso che il ricorrente non ha alcun interesse all’annullamento della decisione impugnata, dato che, anche nell’ipotesi di un siffatto annullamento, sarebbe impossibile dargli accesso alle banche di dati considerate dalla sua domanda, che sarebbero inesistenti.

28      In base ad una giurisprudenza costante, un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove il ricorrente abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse presuppone che l’annullamento dell’atto impugnato possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (v. sentenza del Tribunale 10 dicembre 2009, causa T‑195/08, Antwerpse Bouwwerken/Commissione, Racc. pag. II‑4439, punto 33, e giurisprudenza ivi citata).

29      Tuttavia, senza rimettere in discussione la giurisprudenza costante citata al punto precedente, nell’ambito della presente causa che riguarda l’accesso ai documenti, si deve tener conto anche del fatto che, adottando la decisione 2004/258, il legislatore era consapevole della difficoltà di individuazione dei documenti che si pone, innanzi tutto e con particolare intensità, per il cittadino in cerca di informazioni, il quale, nella maggior parte dei casi, non conosce i documenti che contengono queste ultime e deve rivolgersi all’amministrazione, che, dal canto suo, detiene i documenti e quindi le informazioni (v., per analogia, sentenza del Tribunale 10 settembre 2008, causa T‑42/05, Williams/Commissione, Racc. pag. II-156, punto 71).

30      Così, la formulazione dell’art. 6, n. 2, della decisione 2004/258, con l’utilizzazione dei termini «può chiedere» e «assistere», sembra indicare che la semplice contestazione dell’insufficiente precisione della domanda di accesso, indipendentemente dai suoi motivi, deve indurre l’istituzione destinataria a prendere contatto con il richiedente al fine di definire nel migliore dei modi i documenti richiesti. Si tratta quindi di una disposizione che, in materia di accesso al pubblico ai documenti, costituisce la trascrizione formale del principio di buona amministrazione, che figura tra le garanzie conferite dall’ordinamento giuridico comunitario nelle procedure amministrative. Il dovere di assistenza è pertanto fondamentale per garantire l’effetto utile del diritto di accesso definito dalla decisione 2004/258 (v., per analogia, sentenza Williams/Commissione, punto 29 supra, punto 74).

31      Risulta dalle considerazioni che precedono che la BCE non può immediatamente respingere una domanda di accesso per il motivo che il documento da essa considerato non esiste. Essa è tenuta, al contrario, in un caso del genere, in applicazione dell’art. 6, n. 2, della decisione 2004/258, ad invitare il richiedente a chiarire la sua domanda e ad assisterlo a tal fine, in particolare indicandogli i documenti da essa detenuti e che sono analoghi a quelli considerati dalla domanda di accesso o possono contenere, in parte o integralmente, le informazioni ricercate dal richiedente. Solo nel caso in cui, malgrado tali precisazioni, il richiedente persista nel chiedere l’accesso a un documento inesistente, la BCE può legittimamente respingere la domanda di accesso a motivo dell’inesistenza del suo oggetto.

32      Nella fattispecie, occorre ricordare che la domanda iniziale del ricorrente riguardava, in particolare, l’accesso alle «banche di dati che sono servite ad elaborare le analisi statistiche delle relazioni» (v. precedente punto 4).

33      Sia nella sua lettera del 23 luglio 2009 (v. precedente punto 5) sia nella decisione impugnata, la BCE ha respinto tale domanda in quanto, in sostanza, le banche di dati alle quali il ricorrente chiedeva l’accesso non costituivano documenti ai sensi della decisione 2004/258. Essa non ha, per contro, per nulla contestato l’esistenza delle dette banche di dati.

34      Vero è che, con la sua argomentazione riassunta nei precedenti punti 20‑23, la BCE ha notevolmente sfumato tale posizione. Essa ha sostanzialmente spiegato che non esistevano banche di dati specifiche, destinate a servire da supporto alla redazione delle relazioni, ma che dati pertinenti a tale proposito erano contenuti in un sistema informatico di gestione di candidature nonché nelle varie banche di dati da essa utilizzate per la gestione del personale. Tali dati sarebbero stati recuperati dalle dette banche di dati e sarebbero serviti come base per la redazione delle relazioni.

35      Tuttavia, le spiegazioni aggiuntive della BCE non consentono assolutamente di ritenere che il ricorrente non disponesse di un interesse a chiedere l’annullamento della decisione impugnata.

36      Infatti, la decisione impugnata è fondata sulla tesi, contestata dal ricorrente, secondo cui la decisione 2004/258 non viene ad applicarsi per quanto riguarda l’accesso alle banche di dati o ai dati che queste ultime contengono.

37      Vero è che se l’argomentazione del ricorrente in senso contrario dovesse essere ammessa e la decisione impugnata dovesse essere annullata per questo motivo, la BCE non sarebbe obbligata a dare al ricorrente accesso a banche di dati inesistenti. Tuttavia, essa sarebbe tenuta, in tale ipotesi, ad invitare il ricorrente, in applicazione dell’art. 6, n. 2, della decisione 2004/258, a chiarire la sua domanda di accesso e ad assisterlo a tal fine, indicandogli, come essa ha sostanzialmente già fatto con la sua argomentazione riassunta ai precedenti punti 20‑ 23, le banche di dati da essa gestite che possono contenere dati che lo interessino.

38      Ne consegue che il ricorrente dispone di un interesse ad agire e che la sua domanda di annullamento è ricevibile.

39      In secondo luogo, per quanto riguarda il secondo capo della domanda del ricorrente, diretto alla condanna della BCE a «mettere a sua disposizione l’insieme delle banche di dati che hanno permesso la stesura delle relazioni», risulta da una giurisprudenza costante che il Tribunale non può rivolgere un’ingiunzione alle istituzioni o sostituirsi a queste ultime nell’ambito del controllo di legittimità che esso esercita. Tale limitazione del controllo di legittimità vale per tutti i settori di contenzioso che il Tribunale è competente a trattare, compreso quello dell’accesso ai documenti (sentenza del Tribunale 12 luglio 2001, causa T‑204/99, Mattila/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑2265, punto 26).

40      Di conseguenza, il secondo capo della domanda del ricorrente dev’essere respinto in quanto irricevibile.

2.     Nel merito

41      A sostegno della sua domanda di annullamento, il ricorrente solleva tre motivi relativi, in primo luogo, ad un errore di diritto in quanto la decisione impugnata è fondata su un’eccezione al diritto di accesso ai documenti non prevista dalla decisione 2004/258, in secondo luogo, ad un errore di diritto in quanto, nella decisione impugnata, la BCE ha considerato, a torto, che le banche di dati non costituivano documenti ai sensi dell’art. 3, lett. a), di tale decisione e, in terzo luogo, ad un errore di diritto in quanto, nella decisione impugnata, la BCE ha fatto valere, a torto, per rifiutare l’accesso alle banche di dati di cui trattasi, il carico di lavoro e le difficoltà pratiche che implicherebbe, per la BCE, un accesso del genere.

42      Inoltre, nelle rispettive memorie di intervento, il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia fanno valere una violazione dell’obbligo di motivazione da parte della decisione impugnata. Dato che la violazione dell’obbligo di motivazione costituisce un motivo di ordine pubblico, che deve, se del caso, essere esaminato d’ufficio dal giudice (sentenza della Corte 20 febbraio 1997, causa C‑166/95 P, Commissione/Daffix, Racc. pag. I‑983, punto 24, e sentenza del Tribunale 8 settembre 2009, causa T‑404/06 P, ETF/Landgren, Racc. pag. II‑2841, punto 137), occorre, innanzi tutto, esaminare tale questione, prima di analizzare i tre motivi sollevati dal ricorrente.

 Sulla motivazione della decisione impugnata

 Argomenti delle parti

43      Il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia fanno sostanzialmente valere che la decisione impugnata non espone in maniera sufficiente, sul piano giuridico, gli elementi alla base della conclusione secondo cui la domanda di accesso del ricorrente non riguarderebbe un documento ai sensi della decisione 2004/258.

44      La BCE e la Commissione hanno presentato per iscritto le loro osservazioni sull’argomentazione di cui sopra, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale. Esse sostengono, sostanzialmente, che la decisione impugnata è sufficientemente motivata sul piano giuridico, di modo che l’argomentazione di cui sopra delle parti intervenienti dev’essere respinta.

 Giudizio del Tribunale

45      L’art. 7, n. 1, e l’art. 8, n. 1, della decisione 2004/258 dispongono che, in risposta ad una domanda di accesso a un documento della BCE, quest’ultima o concede l’accesso al documento richiesto e lo fornisce al richiedente ai sensi dell’art. 9, o comunica a questi, con risposta scritta, le ragioni del suo rifiuto totale o parziale.

46      Ne consegue che tanto la decisione della BCE che respinge una domanda iniziale di accesso ai documenti quanto quella che respinge una domanda di conferma devono essere motivate.

47      Secondo una giurisprudenza costante, applicabile anche in materia di accesso ai documenti, la motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere alla Corte di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo riguardate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti va effettuato alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza Williams/Commissione, punto 29 supra, punto 94, e giurisprudenza ivi citata).

48      Nella fattispecie si deve necessariamente constatare che la BCE si è conformata al suo obbligo di comunicare al ricorrente le ragioni del suo rifiuto di concedergli l’accesso totale o parziale alle banche di dati considerate dalla sua domanda.

49      Sia dalla lettera del 23 luglio 2009, di rigetto della domanda iniziale di accesso del ricorrente, sia dalla decisione impugnata risulta, in sostanza, che la domanda di accesso del ricorrente è respinta in quanto non riguarda un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258.

50      Ne risulta, più in particolare, che, secondo la BCE, le banche di dati di cui trattasi nella domanda di accesso del ricorrente non costituiscono documenti ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258. La BCE ha affermato, al riguardo, che versioni stampate del contenuto delle banche di dati di cui trattasi avrebbero costituito documenti e avrebbero potuto formare oggetto di una domanda di accesso, ma ha precisato che versioni del genere non esistevano. La loro redazione richiederebbe, a seguito di uno sforzo di sistematizzazione e di analisi supplementare di dati, la creazione di un nuovo documento. Tale procedura, che implicherebbe un considerevole carico di lavoro, non sarebbe prevista dalla decisione 2004/258 (v. precedenti punti 5 e 7).

51      Tale motivazione ha permesso al ricorrente di comprendere la giustificazione del rifiuto opposto dalla BCE alla sua domanda di accesso e di contestare tale rifiuto dinanzi al giudice dell’Unione, come egli ha del resto fatto, ed occorre esaminare il carattere corretto o erroneo delle ragioni fatte valere dalla BCE per respingere la domanda di accesso del ricorrente nell’ambito dell’analisi dei motivi dedotti dal ricorrente a sostegno del suo ricorso.

52      Inoltre, secondo costante giurisprudenza, l’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente, quest’ultima, alla legalità sostanziale dell’atto controverso (v. sentenza del Tribunale 12 settembre 2007, cause riunite T‑239/04 e T‑323/04, Italia/Commissione, Racc. pag. II‑3265, punto 117 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, il carattere eventualmente erroneo di una motivazione non fa di essa una motivazione inesistente (v. sentenza del Tribunale 8 luglio 2010, causa T‑368/09 P, Sevenier/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 25, e giurisprudenza ivi citata).

53      Occorre dunque concludere che la decisione impugnata è sufficientemente motivata sul piano giuridico, fatto salvo l’esame del merito di tale motivazione, che sarà effettuato di seguito. Al riguardo, è opportuno iniziare con l’esame del secondo motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto, nella decisione impugnata, la BCE avrebbe a torto considerato che le banche di dati non costituivano documenti ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258.

 Sul secondo motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto, nella decisione impugnata, la BCE ha a torto considerato che le banche di dati non costituivano documenti ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258

 Argomenti delle parti

54      Il ricorrente nonché il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia fanno valere, in via preliminare, che l’interpretazione della nozione di documento, ai fini della decisione 2004/258, deve tener conto dei principi che hanno ispirato l’adozione del regolamento n. 1049/2001 come pure della giurisprudenza relativa alla sua applicazione, e ciò tanto più che tale regolamento è stato menzionato nel punto 2 della detta decisione.

55      Gli intervenienti a sostegno delle conclusioni del ricorrente ritengono, inoltre, che il termine «documento», definito negli stessi termini sia nella decisione 2004/258 sia nel regolamento n. 1049/2001, debba essere interpretato, nei due casi, in maniera uniforme e formare oggetto di un’interpretazione estensiva, che tenga conto dell’evoluzione tecnologica. La Repubblica di Finlandia aggiunge che un’interpretazione troppo restrittiva di tale termine conduce, indirettamente, all’ampliamento dell’ambito di applicazione delle varie eccezioni al diritto di accesso del pubblico ai documenti, contrariamente alla giurisprudenza, che propugna un’interpretazione ed un’applicazione restrittive delle dette eccezioni.

56      Il ricorrente fa valere che la decisione impugnata è viziata da un errore di diritto, in quanto la BCE ha considerato che una banca di dati non era un documento atto a formare oggetto di una domanda di accesso sulla base della decisione 2004/258. A suo parere, nella decisione impugnata, la BCE ha fatto erroneamente dipendere la qualità di documento, ai sensi della detta decisione, di una banca di dati dall’esistenza di una versione stampata di tale banca di dati. Orbene, alla luce dei termini utilizzati all’art. 3, lett. a), di tale decisione, una banca di dati sarebbe, di per se stessa, un documento. Il ricorrente fa riferimento al riguardo alla sentenza della Corte 9 novembre 2004, causa C‑444/02, Fixtures Marketing (Racc. pag. I‑10549, punto 30), la quale conforterebbe anch’essa la sua tesi, e precisa che la sua domanda di accesso riguardava i dati «grezzi», vale a dire non sottoposti a trattamento, delle banche di dati pertinenti della BCE.

57      Il ricorrente aggiunge che l’accoglimento della sua domanda non comporta assolutamente la creazione di un nuovo documento. Sarebbe unicamente necessario selezionare talune variabili e copiarle, un esercizio che si avvicinerebbe alla fotocopia selettiva di un documento. Inoltre, in risposta all’argomento secondo cui un documento ai sensi della decisione 2004/258 dovrebbe presentare un certo grado di stabilità, il ricorrente sottolinea che si tratta di un criterio aggiuntivo, non previsto dalla definizione che figura all’art. 3, lett. a), della detta decisione.

58      Pur sostenendo le conclusioni del ricorrente intese all’annullamento della decisione impugnata, ciascuna delle tre parti intervenienti a sostegno del ricorrente adotta posizioni leggermente diverse, relativamente alla questione se una banca di dati e i dati che essa contiene costituiscano documenti ai sensi della decisione 2004/258.

59      Il Regno di Danimarca fa valere che una banca di dati, in quanto tale, non è un documento, ai fini delle disposizioni relative all’accesso ai documenti, che riguarderebbero solo singoli documenti, esistenti e ben definiti. Tuttavia, tutto ciò che potrebbe essere estratto da una banca di dati tramite una ricerca normale o di routine, non implicante alcun carico di lavoro irragionevole, dovrebbe essere considerato come un documento, in grado di formare oggetto di una domanda di accesso. Il Regno di Danimarca ritiene pertanto che la BCE avrebbe dovuto esaminare se le informazioni richieste dal ricorrente potessero essere estratte dalle sue banche di dati a seguito di una ricerca normale e, in caso affermativo, accogliere la domanda di accesso del ricorrente.

60      Il Regno di Svezia respinge la tesi contenuta nella decisione impugnata secondo la quale la domanda di accesso del ricorrente non riguardava documenti. A suo parere, la BCE era tenuta, in applicazione della decisione 2004/258, a permettere l’accesso ai dati memorizzati elettronicamente in una banca di dati, a meno che non vi ostasse una delle eccezioni previste all’art. 4 della detta decisione. Il fatto che i dati memorizzati elettronicamente non fossero fisicamente disposti in un ordine particolare, dato che la loro disposizione è esclusivamente logica, non può condurre ad una conclusione diversa. Anche il luogo in cui i dati interessati sono memorizzati sarebbe indifferente.

61      Tuttavia, secondo il Regno di Svezia, i dati cancellati di una banca di dati non possono essere considerati da una domanda di accesso. Analogamente, non può pretendersi da un’istituzione che essa acquisisca dati da essa non detenuti, per rispondere ad una domanda di accesso.

62      Inoltre, il Regno di Danimarca e il Regno di Svezia fanno valere che, nelle sue osservazioni sulla denuncia 1693/2005/PB dinanzi al Mediatore europeo, la Commissione ha essa stessa interpretato il termine «documento» figurante nel regolamento n. 1049/2001 nel senso che il detto termine rinvia anche al risultato di ricerche normali in una banca di dati.

63      La Repubblica di Finlandia ritiene che la decisione impugnata sia basata su una definizione troppo restrittiva del termine «documento» figurante nella decisione 2004/258. A suo parere, tale termine si riferirebbe anche a qualsiasi combinazione di dati di una banca di dati che possa essere prodotta utilizzando gli strumenti di tale banca di dati. Il fatto che, per quanto possibile, una siffatta ricerca non sia utilizzata dall’istituzione interessata nella sua attività quotidiana sarebbe, al riguardo, indifferente. Essa aggiunge, in subordine, che, quand’anche i dati contenuti in una banca di dati non costituissero documenti ai sensi della detta decisione, la BCE avrebbe dovuto comunicare al ricorrente ogni documento autonomo stampabile che potesse rispondere alla domanda di accesso di quest’ultimo.

64      Il ricorrente nonché la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia fanno valere anche gli artt. 6 e 9 della decisione 2004/258. Alla luce di tali disposizioni, né eventuali difficoltà di individuazione del documento considerato da una domanda di accesso né le difficoltà pratiche, compreso un carico di lavoro eccessivo, che una risposta positiva ad una siffatta domanda potrebbe comportare per la BCE, costituirebbero ragioni valide per il rigetto di tale domanda. Ciò varrebbe tanto più in quanto la BCE potrebbe rivolgersi all’autore della domanda di accesso per ottenere precisazioni eventualmente necessarie al fine di trovare un accordo amichevole con lui. Essa potrebbe altresì, in caso di necessità, accordare l’accesso a un documento voluminoso nei suoi locali.

65      Infine, il ricorrente contesta anche l’argomento della BCE relativo alla pretesa impossibilità di repertoriare una banca dati in un registro, come quello previsto all’art. 11 del regolamento n. 1049/2001. Egli fa valere, al riguardo, la prassi dell’Eurostat (ufficio statistico dell’Unione europea), che proporrebbe l’accesso per via telematica a diverse serie statistiche.

66      In primo luogo, la BCE ricorda che essa non è soggetta né all’art. 255 CE né al regolamento n. 1049/2001. È vero che la decisione 2004/258 farebbe riferimento all’art. 1 UE e alla dichiarazione comune concernente il detto regolamento. Tuttavia, la citata decisione costituirebbe un provvedimento adottato sulla base degli statuti del Sistema europeo di banche centrali e della BCE nonché dell’art. 23 del suo regolamento interno. Così, quand’anche termini analoghi fossero utilizzati nel regolamento n. 1049/2001 e nella decisione 2004/258, l’obiettivo della citata decisione non sarebbe quello di estendere l’applicazione di detto regolamento ai suoi documenti. Secondo la BCE, ai termini di tale decisione dovrebbe essere accordato un significato compatibile con gli obiettivi del regime particolare di accesso del pubblico ai suoi documenti.

67      Inoltre la BCE e la Commissione fanno osservare che la sentenza Fixtures Marketing, punto 56 supra, fatta valere dal ricorrente, verte sull’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 1996, 96/9/CE, relativa alla tutela giuridica delle banche di dati (GU L 77, pag. 20). Tale sentenza sarebbe pertanto priva di pertinenza ai fini della presente causa, la quale riguarda l’interpretazione della decisione 2004/258. La BCE ricorda, inoltre, che il ricorrente non ha fatto valere un’eccezione di illegittimità della detta decisione, la quale godrebbe, in ogni caso, di una presunzione di legittimità.

68      Contrariamente alla BCE, la Commissione ritiene che, tenuto conto del riferimento al regolamento n. 1049/2001 figurante nella decisione 2004/258 e dell’identità delle definizioni del termine «documento» figuranti nei detti provvedimenti, l’interpretazione della definizione di cui all’art. 3 di tale decisione debba essere conciliabile con il testo e con l’economia del detto regolamento.

69      In secondo luogo, la BCE espone talune considerazioni relative alle caratteristiche di un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258. Dato che la definizione prevista da tale disposizione riguarderebbe «qualsiasi contenuto», il suo obiettivo sarebbe quello di comprendere il maggior numero possibile di elementi del mondo reale. Inoltre, la forma di memorizzazione del contenuto di cui trattasi, elettronica o altra, non avrebbe alcuna importanza. Infine, un «elemento» dovrebbe essere considerato come un documento ai sensi di tale definizione, se è stato preparato o creato dalla BCE o se era semplicemente in possesso di quest’ultima.

70      Secondo la BCE e la Commissione, la definizione del termine «documento» contenuta nella decisione 2004/258 dev’essere considerata nel contesto delle altre disposizioni di tale decisione, in particolare dei suoi artt. 6 e 9, e formare oggetto di un’«interpretazione sistematica». Da questi due ultimi articoli risulterebbe che i documenti considerati da tale decisione devono poter essere trasmessi al richiedente inalterati, senza alcun intervento quanto al loro contenuto o alla loro forma, esistere come documenti autonomi e concreti senza dover essere creati e presentarsi in forma sufficientemente stabile per avere un «contenuto». Ciò varrebbe, in particolare, nel caso di un testo contenuto in un pezzo di carta o in un documento elettronico.

71      Inoltre, la BCE sostiene che l’interpretazione del termine «documento» figurante nella decisione 2004/258 dev’essere conforme alla finalità della citata decisione, e cioè quella di permettere alla BCE di procedere ad un’analisi del potenziale danno della comunicazione del documento ad un soggetto facente parte del pubblico e di determinare, così, se l’una o l’altra delle eccezioni sancite all’art. 4 di tale decisione osti a una siffatta comunicazione. Tale finalità confermerebbe altresì la tesi secondo la quale il termine «documento» presuppone una certa stabilità e un carattere concreto dell’elemento interessato, ad esclusione di un elemento il cui contenuto sia soggetto a modifiche costanti o ad hoc.

72      Infine, la BCE fa valere che né la decisione 2004/258 né, in maniera più generale, il diritto dell’Unione prevedono un diritto di accesso del pubblico alle informazioni. Il termine «documento» contenuto nella detta decisione non può di conseguenza essere interpretato in un senso che conduca al riconoscimento, de facto, di un siffatto diritto.

73      In terzo luogo, la BCE e la Commissione sostengono che le banche di dati considerate dalla domanda di accesso del ricorrente non costituiscono documenti ai sensi della decisione 2004/258. In primis, l’affermazione del ricorrente secondo la quale, nella decisione impugnata, si sarebbe concluso che solo le versioni stampate di una banca di dati costituivano documenti si baserebbe su una lettura troppo semplicistica della citata decisione. Le banche di dati considerate dalla domanda di accesso del ricorrente non sarebbero né un registro né una compilazione di documenti e presenterebbero un carattere non documentale, a differenza di una banca dati documentale come la banca di dati EUR‑Lex. I dati contenuti in tali banche di dati potrebbero essere utilizzati solo per produrre documenti «all’interno», per uno scopo preciso, con l’ausilio degli strumenti di raccolta e di sistematizzazione disponibili per le banche di dati stesse. La BCE ritiene, di conseguenza, che le informazioni contenute nelle sue banche di dati non possano essere, in quanto tali, fornite al ricorrente. Per rispondere alla sua domanda sarebbe necessaria la creazione di un nuovo documento. Orbene, ciò esulerebbe dall’ambito della decisione 2004/258. Inoltre, il ricorrente non avrebbe spiegato le ragioni per le quali le banche di dati considerate dalla sua domanda costituivano documenti.

74      La Commissione sostiene, nello stesso contesto, che il ricorrente intendeva ottenere, con la sua domanda, l’accesso alle banche di dati in quanto tali. Orbene, oltre alle informazioni, tali banche di dati conterebbero, in particolare, il software necessario al loro funzionamento, strumenti di ricerca nonché legami logici e sistematici. La domanda di accesso del ricorrente avrebbe pertanto una portata più ampia dell’accesso ad un documento. In realtà, il ricorrente intenderebbe ottenere l’accesso ad uno strumento che gli consenta di elaborare i suoi propri documenti, secondo i criteri di ricerca di sua scelta.

75      In secondo luogo, la BCE e la Commissione fanno valere che le banche di dati considerate dalla domanda di accesso del ricorrente non presentano la stabilità di contenuto necessaria per essere qualificate come documenti. Infatti, il loro contenuto evolverebbe continuamente, con l’aggiunta o con il ritiro di informazioni. La Commissione fa altresì rilevare, nello stesso contesto, che i termini «elaborato o posseduto» e «derivanti», utilizzati, rispettivamente, all’art. 3, lett. a), e all’art. 5 della decisione 2004/258, confermerebbero tale tesi. Lo stesso varrebbe per i riferimenti a un «documento molto voluminoso» o ad un «elevato numero di documenti», all’art. 6, n. 3, all’art. 7, n. 3, e all’art. 8, n. 2, della citata decisione. Siffatte indicazioni quantitative presupporrebbero un contenuto stabile, tale da poter essere individuato.

76      In terzo luogo, la BCE e la Commissione fanno valere che riconoscere che le banche di dati di cui trattasi nel caso di specie costituiscono documenti atti a formare oggetto di una domanda di accesso comporterebbe parecchie difficoltà pratiche. Innanzi tutto, il singolo esame concreto di ciascun documento considerato da una domanda di accesso, preteso dalla giurisprudenza, richiederebbe un documento stabile ed individuabile e sarebbe quindi impossibile nel caso di una banca di dati il cui contenuto evolvesse di continuo.

77      Sarebbe poi impossibile esaminare se una delle eccezioni previste all’art. 4 della decisione 2004/258 osti all’accesso richiesto, in particolare nell’ipotesi di una banca di dati contenente un gran numero di dati personali.

78      Infine, le misure previste dal regolamento n. 1049/2001 e dirette a facilitare l’esercizio del diritto di accesso, come i registri di documenti o la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, confermerebbero che il legislatore ha considerato specificamente documenti singoli ad esclusione di banche di dati, come quelle di cui al caso di specie. Il fatto che la decisione 2004/258 non preveda la creazione di un registro di documenti, analogo a quello previsto all’art. 11 del regolamento n. 1049/2001, non può condurre ad una conclusione contraria.

79      In quarto luogo, la BCE e la Commissione fanno valere la relazione del Mediatore sull’accesso del pubblico alle banche di dati dell’Unione europea, del 10 dicembre 2008, il libro verde della Commissione intitolato «Accesso del pubblico ai documenti detenuti dalle istituzioni della Comunità europea – Esame della situazione» [COM(2007) 185 def.], la proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione [COM(2008) 229 def. COD 2008/0090] nonché la relazione della Commissione sull’attuazione dei principi del regolamento n. 1049/2001 [COM(2004) 45 def.], i quali corroborerebbero tutti la tesi secondo la quale le banche di dati non sono documenti, ai fini delle disposizioni relative all’accesso ai documenti.

80      La Commissione sostiene che la genesi del regolamento n. 1049/2001 conferma anch’essa la tesi secondo la quale una banca di dati non può essere considerata come un documento ai sensi di tale regolamento e ai sensi della decisione 2004/258. Essa fa riferimento, a sostegno delle sue affermazioni, ad una serie di documenti anteriori all’adozione del detto regolamento.

81      La BCE fa valere, inoltre, che proprio perché i dati contenuti nelle sue banche di dati non costituivano documenti essa ha steso le relazioni, per conformarsi al suo obbligo, riconosciuto dalla giurisprudenza (sentenza del Tribunale 25 aprile 2007, causa T‑264/04, WWF European Policy Programme/Consiglio, Racc. pag. II‑911, punto 61), di redigere e di conservare una documentazione relativa alle sue attività.

 Giudizio del Tribunale

–       La nozione di banca di dati

82      Si deve constatare che tutte le parti menzionano, nella loro argomentazione, la nozione di banca di dati, senza tuttavia fornirne una definizione. È dunque necessario iniziare l’esame del presente motivo con l’analisi di tale nozione.

83      A questo proposito, occorre rilevare che, quand’anche, come giustamente sostiene la BCE (v. precedente punto 67), la definizione, contenuta all’art. 1, n. 2, della direttiva 96/9, della nozione di banca di dati fosse unicamente pertinente ai meri fini dell’applicazione della direttiva in questione, essa può servire come fonte di ispirazione. Ciò vale tanto più in quanto, all’udienza, la BCE, pur ribadendo la tesi secondo la quale la direttiva 96/9 non è applicabile nella presente controversia, ha confermato, in risposta ad un quesito del Tribunale, che, «dal punto di vista informatico», le sue banche di dati controverse nel caso di specie rientrano effettivamente nella definizione di cui sopra, del che è stato preso atto nel verbale dell’udienza.

84      L’art. 1, n. 2, della direttiva 96/9 definisce una banca di dati come «una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo».

85      Come è stato rilevato dalla Corte nella sentenza Fixtures Marketing, punto 56 supra (punti 29 e 30), la qualifica di banca di dati è subordinata, innanzi tutto, all’esistenza di una raccolta di «elementi indipendenti», ossia di elementi separabili gli uni dagli altri senza che il valore del loro contenuto informativo, letterario, artistico, musicale o di altro genere venga ad essere per questo intaccato. Essa presuppone poi che gli elementi indipendenti costitutivi di tale raccolta siano disposti in maniera sistematica o metodica e siano individualmente accessibili in un modo o nell’altro. Senza richiedere che questa disposizione sistematica o metodica sia fisicamente visibile, questa condizione comporta che la raccolta figuri su un supporto fisso, di qualsiasi natura, e contenga un mezzo tecnico quale un processo di tipo elettronico, elettromagnetico o eletroottico, o un altro mezzo, quale un sommario, un indice delle materie, un piano o un metodo di classificazione particolare, che consenta la localizzazione di ogni elemento indipendente contenuto nel suo ambito.

86      Questa seconda condizione permette di distinguere la banca di dati ai sensi della direttiva 96/9, caratterizzata da un mezzo che consente di ritrovare nel suo ambito ciascuno dei suoi elementi costitutivi, da un insieme di elementi che fornisce informazioni ma che è privo di qualsiasi mezzo di elaborazione dei singoli elementi che lo compongono (sentenza Fixtures Marketing, punto 56 supra, punto 31).

87      Sulla base di quest’analisi, la Corte ha concluso che la nozione di banca di dati ai sensi dell’art. 1, n. 2, della direttiva 96/9 riguarda qualsiasi raccolta che comprenda opere, dati o altri elementi, separabili gli uni dagli altri senza che venga per questo intaccato il valore del loro contenuto, e che comporti un metodo o un sistema, di qualunque natura esso sia, che consenta di ritrovare ciascuno dei suoi elementi costitutivi (sentenza Fixtures Marketing, punto 56 supra, punto 32).

–       Analisi della definizione del termine «documento», figurante all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258

88      Occorre esaminare i diversi elementi della definizione del termine «documento», di cui all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258. Al riguardo si deve rilevare, in primo luogo, che risulta, implicitamente ma chiaramente, dai termini «supporto», «registrazione», «elaborato» e «posseduto», utilizzati in tale definizione, che è stato preso in considerazione un contenuto conservato, riproducibile o consultabile successivamente alla sua produzione. Elementi non conservati non costituiscono quindi documenti, quand’anche siano conosciuti dalla BCE.

89      Così, se le parole pronunciate nel corso di una riunione di membri del personale della BCE non sono né registrate da un apparecchio di registrazione sonora o audiovisiva né riportate in un verbale, non si può parlare di un qualsiasi documento, che possa formare oggetto di una domanda di accesso, quand’anche i partecipanti alla riunione di cui trattasi abbiano un ricordo esatto del tenore delle loro discussioni (v., in questo senso e per analogia, sentenza WWF European Policy Programme/Consiglio, punto 81 supra, punti 76‑78).

90      In secondo luogo, dalla definizione contenuta all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 risulta che la natura del supporto di memorizzazione di un contenuto è indifferente, per quanto riguarda la questione di stabilire se tale contenuto costituisca o meno un documento. Così, può trattarsi tanto di un tipo di supporto tradizionale, come la carta, quanto di tipi di supporto più sofisticati, come i diversi dispositivi di memorizzazione elettronica (disco duro, chip di memoria elettronica, ecc.) o i diversi supporti utilizzati per registrazioni sonore, visive o audiovisive (CD, DVD, videocassette, ecc.). Ogni nuovo mezzo di memorizzazione o di registrazione che verrà eventualmente sviluppato in futuro sarà, in linea di principio, già ricompreso dalla definizione di cui trattasi.

91      In terzo luogo, la formulazione dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 riguarda «qualsiasi contenuto». In altri termini, anche il tipo e la natura del contenuto memorizzato sono indifferenti. Infatti, ammettere qualsiasi tipo di supporto implica necessariamente l’ammissione di tutti i contenuti memorizzabili sui diversi supporti ammessi. Così, un documento ai sensi della definizione contenuta nella detta decisione può comportare parole, cifre o qualsiasi altro tipo di simbolo, ma anche immagini e registrazioni sonore, come i discorsi di un oratore, o visive, come un film.

92      La sola limitazione relativa al contenuto che può essere considerato dalla definizione di cui all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 è la condizione secondo la quale il detto contenuto dev’essere relativo alle politiche, alle attività o alle decisioni della BCE.

93      In quarto luogo, per gli stessi motivi, può essere dedotto dalla definizione del termine «documento» figurante all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 che le dimensioni, la voluminosità, l’importanza o la presentazione di un contenuto sono irrilevanti per quanto riguarda la questione se tale contenuto rientri o meno nella detta definizione.

94      Così, si deve concludere che un documento ai sensi della decisione 2004/258 può essere un libro di qualche centinaio di pagine o un «pezzo di carta» (secondo i termini utilizzati dalla BCE in un argomento riassunto al precedente punto 70) contenente solo una parola o una cifra, ad esempio un nome o un numero di telefono. Analogamente, un documento può anche consistere non soltanto in un testo, come una lettera o una memoria, ma anche in una tabella, un catalogo o un elenco, come un elenco telefonico, un listino prezzi o un listino di pezzi di ricambio.

–       Oggetto della domanda di accesso del ricorrente

95      Come risulta dalle considerazioni esposte ai precedenti punti 82‑87, la nozione di banca di dati non riguarda soltanto l’insieme dei dati contenuti in una banca del genere, ma anche il mezzo tecnico di cui essa è munita, il quale permette la disposizione sistematica o metodica dei citati dati nonché il loro recupero in maniera mirata e singola.

96      Si deve tuttavia necessariamente constatare che né nelle sue domande di accesso iniziale e di conferma né nelle sue memorie dinanzi al Tribunale il ricorrente ha effettuato chiaramente alcuna distinzione tra i dati contenuti in una banca di dati e la banca di dati in sé, la quale costituisce, come si è appena rilevato, una nozione avente una portata più ampia.

97      Infatti, mentre nella sua domanda iniziale (v. precedente punto 4) il ricorrente faceva riferimento alle «banche di dati che sono servite ad elaborare le analisi statistiche delle relazioni», nella sua domanda di conferma (v. precedente punto 6) egli ha affermato che «i dati richiesti [costituivano] effettivamente il contenuto, memorizzato in forma elettronica (le “banche” di dati) e stabilito dalla BCE». Egli ha così dato l’impressione che la sua domanda di accesso riguardasse solo i dati contenuti in una banca di dati della BCE. Sembra altresì che egli utilizzi l’espressione «banca di dati» come un nome collettivo per designare i dati che quest’ultima contiene, astraendo totalmente dagli elementi strutturali di essa.

98      Inoltre, mentre nel titolo del presente motivo nel ricorso il ricorrente fa riferimento al «carattere di “documento” della banca di dati», nella replica egli afferma, da una parte, che una banca di dati è «nel contempo “contenuto” e “contenente”» e, dall’altra, che la sua domanda di accesso riguardava soltanto «dati grezzi».

99      Neppure le spiegazioni fornite dal ricorrente in risposta ad un quesito del Tribunale all’udienza hanno potuto dissipare la confusione risultante da tale mancanza di precisione terminologica. Interrogato sulla questione se la sua domanda di accesso riguardasse i soli dati contenuti in una banca di dati della BCE o se essa dovesse essere intesa come riguardante anche altri elementi di una banca del genere che spettava a lui precisare, il ricorrente ha asserito di avere effettivamente chiesto una «banca di dati» cercando di ottenere «ad esempio un prospetto che potesse contenere indicazioni sulle assunzioni e sulla mobilità del personale». Egli ha rilevato che ove tale banca di dati esistesse, egli intenderebbe riceverne una «fotocopia» e ha aggiunto che egli si aspettava di ricevere «tale banca di dati, tale compilazione». Egli ha proseguito precisando che, ove la BCE non avesse «un siffatto prospetto, una siffatta compilazione», dovrebbero certamente esistere schede del personale che egli avrebbe potuto utilizzare. Interrogato sulla questione se, alla luce delle sue spiegazioni, fosse corretto concludere che una fotocopia gli sarebbe bastata e che egli non chiedeva, di conseguenza, gli strumenti di una banca di dati, egli ha risposto che, «in un primo tempo», una fotocopia sarebbe effettivamente stata sufficiente, ma che, successivamente, egli avrebbe avuto eventualmente bisogno degli strumenti disponibili per la banca di dati. È stato preso atto di tutte queste dichiarazioni nel verbale d’udienza.

100    Per quanto riguarda le altre parti del presente procedimento, esse fanno riferimento, nella loro argomentazione, ora ai dati contenuti in una banca di dati ora ad una banca di dati «in quanto tale».

101    Tenendo anche conto delle spiegazioni fornite dal ricorrente all’udienza, si deve ritenere che la domanda di accesso del ricorrente riguardasse, quanto meno, l’accesso a tutti i dati contenuti in una o più banche di dati della BCE, senza che sia necessariamente escluso che essa riguardasse anche altri elementi di tali banche di dati. Di conseguenza, occorre esaminare, in un primo tempo, se questo insieme di dati costituisca un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, mentre la questione se anche altri elementi di una siffatta banca di dati possano essere considerati da una domanda di accesso ai documenti deve unicamente essere affrontata, se necessario, in un secondo tempo.

–       La qualificazione dell’insieme dei dati contenuti in una banca di dati come documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258

102    Occorre rilevare che, come risulta dalle considerazioni esposte ai precedenti punti 82‑87, tra le caratteristiche di una banca di dati figurano, da una parte, l’esistenza di un contenuto di qualsiasi natura (informativo, letterario, artistico, musicale o altro) e, dall’altra, l’esistenza di un supporto fisso, di qualsivoglia natura, nel quale il detto contenuto è memorizzato.

103    Si deve necessariamente constatare che tutti i dati contenuti in una banca di dati ai sensi dell’art. 1, n. 2, della direttiva 96/9 presentano le due caratteristiche essenziali di un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, poiché costituiscono un contenuto memorizzato su un supporto. Tale conclusione è altresì valida per i dati contenuti nelle banche di dati della BCE controverse nella presente causa, le quali, in quanto sono relative alle attività della BCE, rientrano, come si è già rilevato, nella definizione di cui sopra.

104    Tuttavia, con la loro argomentazione riassunta al precedente punto 73, la BCE e la Commissione sostengono, in sostanza, che una banca di dati non è un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 e che, di conseguenza, i dati che essa contiene non possono essere considerati, per il solo fatto della loro inclusione nella banca di cui trattasi, come documenti.

105    Né la BCE né la Commissione hanno spiegato in cosa consiste, a loro parere, un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 e le ragioni per le quali i dati contenuti in una banca di dati non potrebbero essere considerati da una domanda di accesso. La distinzione che la Commissione tenta di operare tra le banche di dati a carattere documentale, come la banca di dati EUR‑Lex, e le banche di dati che non presentano un carattere del genere suscita gli stessi interrogativi.

106    Benché ciò non sia menzionato dalla BCE e dalla Commissione, la loro argomentazione, trattata al precedente punto 105, sembra essere implicitamente fondata sulla premessa secondo la quale un dato, preso individualmente, non è un «contenuto» di dimensioni o di natura sufficienti per costituire un documento ai sensi della decisione 2004/258 o ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

107    Se tale premessa fosse ammessa, alla luce delle caratteristiche delle banche di dati menzionate al precedente punto 87, sarebbe possibile sostenere che una banca di dati potrebbe, tutt’al più, contenere documenti che vadano oltre i semplici dati. Infatti, gli elementi che compongono una siffatta banca di dati, vale a dire i dati, sono indipendenti gli uni dagli altri. Essi non si presentano, in linea di massima, in una configurazione fissa e immutabile, ma, attraverso l’utilizzazione degli strumenti, tecnici o altri, messi a disposizione, possono essere presentati in molteplici combinazioni differenti. Se fosse ammesso che ciascuno di tali elementi non è necessariamente un documento e, per giunta, se non esistesse alcuna combinazione fissa di un certo numero di essi che potesse costituire un documento, sarebbe logico concludere che la massa dei dati contenuti in una banca di dati, considerata nel suo insieme, non è un «documento».

108    È tuttavia giocoforza constatare che la premessa menzionata al precedente punto 106 non trova alcun sostegno nella formulazione della definizione di cui all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, secondo la quale «qualsiasi contenuto» può costituire un documento. Come si è già rilevato (v. precedenti punti 93 e 94), i termini utilizzati in questa definizione implicano necessariamente che persino un contenuto di dimensioni minuscole, ad esempio una sola parola o una cifra, se è memorizzato (ad esempio se è scritto su un pezzo di carta), è sufficiente a costituire un documento.

109    Occorre inoltre tener conto del fatto che ammettere tale premessa porrebbe la questione di stabilire quali dimensioni di contenuto sarebbero necessarie per costituire un documento ai sensi della decisione 2004/258. In altri termini, se dovesse essere ammesso, per esempio, che una cifra o una sola parola non è sufficiente a tal fine, occorrerebbe determinare se si debba esigere una frase, un intero paragrafo o un testo di dimensioni ancora più significative. Poiché l’autore della citata decisione ha deciso di non fissare, nella definizione di cui all’art. 3, lett. a), della stessa, una soglia minima di dimensioni di contenuto necessarie, tale compito non può spettare al giudice dell’Unione.

110    D’altro canto, l’ammissione della premessa menzionata al precedente punto 106 comporterebbe l’esclusione, dalla definizione del termine «documento» di cui all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, di ogni compilazione di elementi di piccole dimensioni, qualora tali elementi siano indipendenti, vale a dire separabili gli uni dagli altri senza che il loro valore ne sia pregiudicato. Così, un listino prezzi, un listino di parti di ricambio o addirittura un elenco telefonico non dovrebbero neppure essi essere considerati come «documenti», in quanto non costituiscono un testo che possa essere letto nella sua integralità, ma servono invece ad essere consultati in maniera puntuale, per localizzare un’informazione precisa di piccole dimensioni, come il prezzo di un prodotto determinato o il numero di telefono di una persona. Tuttavia, né la BCE né la Commissione sembrano sostenere che i listini o gli elenchi telefonici non costituiscono documenti ai sensi della decisione 2004/258.

111    Infine, nella premessa menzionata al precedente punto 106, non viene tenuto conto del fatto che il significato di un dato contenuto in una banca di dati non risiede soltanto nelle sue dimensioni, eventualmente minuscole, ma anche nelle sue relazioni multiple, dirette o indirette, con gli altri dati contenuti nella stessa banca di dati. Infatti, sono appunto queste relazioni che permettono al contenuto di una banca di dati di essere «disposto in maniera sistematica o metodica», secondo i termini utilizzati dalla sentenza Fixtures Marketing, punto 56 supra (punto 30). Così anche un esiguo numero di dati estratti da una banca di dati può veicolare una o più informazioni utili, mentre, in linea di massima, un frammento di testo estratto dal suo contesto perde il suo significato.

112    La precedente considerazione permette altresì di respingere l’argomento relativo al preteso carattere incomprensibile di un insieme di dati estratti da una banca di dati, menzionato dalla BCE e dalla Commissione all’udienza.

113    Interrogata sulla questione se tale argomento dovesse essere inteso nel senso che per costituire un documento ai sensi della decisione 2004/258 un contenuto memorizzato su un supporto debba essere comprensibile, la BCE ha risposto che non si trattava di un «criterio a sé stante», ma di «qualcosa che si deve comprendere nel contesto del documento». Essa ha aggiunto che, anche se un contenuto non dev’essere comprensibile in se stesso, esso dev’essere racchiuso in un documento comprensibile per il richiedente l’accesso, dato che il legislatore non può aver avuto l’intenzione di prevedere un regime che consenta di chiedere documenti incomprensibili.

114    In risposta allo stesso quesito, la Commissione ha rilevato che il carattere comprensibile del documento al quale è richiesto un accesso è in una certa misura «sottostante» nella sua interpretazione dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, ma che, giuridicamente, esso non è l’elemento importante. L’elemento importante consiste, a suo parere, nel fatto che il contenuto di una banca di dati non documentale non corrisponde al risultato di una ricerca, dato che si tratta di due contenuti diversi. La nozione di contenuto o quella di dati grezzi non avrebbe senso per una banca di dati non documentale. Un lavoro di estrazione sarebbe necessario per far corrispondere i dati ad una certa classificazione, il che avrebbe come risultato di passare da un contenuto ad un altro. Di conseguenza, secondo la Commissione, se il contenuto grezzo è incomprensibile, è il cambiamento di contenuto e, quindi, la creazione di un nuovo documento che fanno uscire una domanda come quella di cui trattasi nel caso di specie dai confini di una domanda di accesso a un documento preesistente individuabile. È stato preso atto di tali dichiarazioni della BCE e della Commissione nel verbale di udienza.

115    Tale argomentazione della BCE e della Commissione non può tuttavia essere accolta. Innanzi tutto, occorre rilevare che, come riconoscono implicitamente tali due parti, il tenore letterale dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 non prevede alcun criterio fondato sul carattere comprensibile del contenuto memorizzato. Del resto, istituire un siffatto criterio richiederebbe che fosse precisato da quale punto di vista occorra valutare il carattere comprensibile di un contenuto. Infatti, un contenuto può avere un significato per talune persone, mentre, per altre, è incomprensibile.

116    In ogni caso, alla luce della considerazione espressa al precedente punto 111, a torto la BCE e la Commissione sostengono, implicitamente ma chiaramente, che l’insieme dei dati contenuti in una banca di dati costituisce una massa priva di qualsiasi significato. Infatti, i citati dati non sono memorizzati in maniera casuale e disordinata, ma secondo uno schema di classificazione preciso, il quale, con la sua complessità, permette la creazione di relazioni multiple tra tali dati.

117    Così, contrariamente a quanto fa valere la Commissione, non è al momento della loro estrazione dalla banca di dati che i dati sono disposti secondo una determinata classificazione. Tale disposizione esiste a partire dalla creazione della detta banca di dati e dall’inserimento di ciascun dato in tale banca di dati. L’estrazione di tutti i dati contenuti in una banca di dati e la loro presentazione in maniera comprensibile è sempre possibile. Lo schema di classificazione della banca di dati, se è sufficientemente complesso, può addirittura permettere diverse presentazioni dell’insieme dei dati contenuti nella detta banca di dati, le quali variano a seconda del criterio di classificazione prescelto (classificazione per ordine alfabetico, per ordine crescente o decrescente, ecc.). Vero è che una presentazione dell’insieme dei dati contenuti in una banca di dati contenente un notevole numero di dati potrebbe, per le sue dimensioni, creare difficoltà nella localizzazione di un’informazione puntuale, nascosta tra una moltitudine di informazioni analoghe. Tuttavia, ciò non significa assolutamente che una siffatta presentazione sia «incomprensibile».

118    Le considerazioni che precedono militano, pertanto, tutte a favore della conclusione secondo la quale l’insieme dei dati contenuti in una banca di dati della BCE costituisce un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 e può, di conseguenza, formare oggetto di una domanda di accesso fondata su tale decisione.

–       Le asserite difficoltà pratiche di un diritto di accesso alle banche di dati di un’istituzione

119    Occorre verificare se le eventuali difficoltà pratiche di un diritto di accesso alle banche di dati di un’istituzione, fatta valere dalla BCE e dalla Commissione, possano giustificare un’interpretazione differente dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 che escluda dalla nozione di «documento» i dati contenuti in una banca di dati della BCE. Saranno, a questo proposito, esaminati, nell’ordine, gli argomenti relativi al preteso carico di lavoro eccessivo risultante dal riconoscimento di un diritto del genere, alla pretesa instabilità del contenuto di una banca di dati, al carattere eventualmente sensibile o riservato dei dati contenuti in una siffatta banca di dati e alle pretese difficoltà di far figurare una banca di dati in un registro di documenti, come quello previsto all’art. 11 del regolamento n. 1049/2001.

120    Al riguardo, occorre rilevare, in primo luogo, che nulla indica che l’applicazione dell’art. 9, n. 1, della decisione 2004/258 ai dati contenuti in una banca di dati potrebbe porre problemi di portata significativa. In linea di principio, la consultazione, da parte dell’interessato, di una banca di dati della BCE nei locali di quest’ultima e, se necessario, per il tramite o sotto il controllo di un membro del suo personale dovrebbe sempre essere possibile. Inoltre, non potrebbe a priori essere escluso che il contenuto integrale di una banca di dati possa essere trasmesso all’interessato in formato elettronico, in particolare relativamente ad una banca di dati di dimensioni piuttosto modeste.

121    Si deve nondimeno ricordare che il Tribunale ha già avuto l’occasione di precisare, a proposito del regolamento n. 1049/2001, che occorre tener conto della possibilità che un richiedente, sulla base di tale regolamento, presenti una domanda che richieda un carico di lavoro in grado di paralizzare, in modo molto sostanziale, il buon funzionamento dell’istituzione destinataria della domanda. Il Tribunale ha considerato che, in un caso del genere, il diritto per l’istituzione di ricercare una «soluzione equa» con il richiedente, in applicazione dell’art. 6, n. 3, del regolamento n. 1049/2001, rifletteva la possibilità di tener conto, seppur in modo particolarmente limitato, della necessità di conciliare gli interessi del richiedente e quelli relativi ad un buon andamento dell’amministrazione. Il Tribunale ne aveva concluso che un’istituzione doveva pertanto mantenere la possibilità di ponderare, da un lato, l’interesse dell’accesso del pubblico ai documenti e, dall’altro, il carico di lavoro che ne deriverebbe, al fine di salvaguardare, in questi casi particolari, l’interesse ad un buon andamento dell’amministrazione (sentenze del Tribunale 13 aprile 2005, causa T‑2/03, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, Racc. pag. II‑1121, punti 101 e 102, e Williams/Commissione, punto 29 supra, punto 85).

122    Il Tribunale ha tuttavia precisato che tale possibilità restava di applicazione eccezionale, tenuto conto, in particolare, del fatto che la presa in considerazione del carico di lavoro che l’esercizio del diritto di accesso comporta e dell’interesse del richiedente non rileva, in linea di principio, ai fini della determinazione della portata dell’esercizio di detto diritto. Inoltre, poiché il diritto di accesso ai documenti detenuti dalle istituzioni costituisce una soluzione di principio, l’onere della prova circa la portata di un’eccezione relativa al carattere irragionevole del compito che la domanda comporta grava sull’istituzione che si avvale di tale eccezione (sentenza Verein für Konsumenteninformation/Commissione, punto 121 supra, punti 103, 108 e 113, e Williams/Commissione, punto 29 supra, punto 86).

123    Queste considerazioni sono trasponibili, per analogia, per quanto riguarda l’applicazione della decisione 2004/258. Da un lato, l’art. 6, n. 3, di tale decisione è identico all’art. 6, n. 3, del regolamento n. 1049/2001. Dall’altro, l’art. 7, n. 4, di tale decisione prevede che il n. 1 dello stesso articolo, relativo al trattamento delle domande iniziali, non è applicabile in caso di domande «eccessive o irragionevoli».

124    Occorre dunque concludere che le dimensioni eventualmente rilevanti dell’insieme dei dati contenuti in una banca di dati non costituiscono un argomento utile per rifiutare loro la qualità di documenti ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, dato che la giurisprudenza ha già previsto la possibilità che una domanda di accesso ai documenti possa comportare, a causa dell’entità del suo oggetto, un carico di lavoro notevole per il suo destinatario nonché la soluzione da adottare in un siffatto caso eccezionale.

125    In secondo luogo, neppure la pretesa instabilità di una banca di dati, menzionata dalla BCE e dalla Commissione nella loro argomentazione, permette di concludere che il contenuto di una siffatta banca di dati non può costituire un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258.

126    A questo proposito, occorre rilevare che, certamente, per essere memorizzato su un supporto, un contenuto deve presentare un grado minimo di stabilità. Un contenuto che abbia una presenza soltanto istantanea su un dispositivo tecnico non soddisfa tale condizione. Così, le parole scambiate da due interlocutori attraverso una linea telefonica o le immagini captate da una telecamera di sorveglianza e proiettate su uno schermo non costituiscono un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258. La loro presenza sul dispositivo tecnico interessato (rispettivamente, la linea telefonica o lo schermo di proiezione) dura solo un istante e, di conseguenza, non si può parlare di un contenuto memorizzato su un supporto.

127    Tuttavia, a partire dal momento in cui un contenuto è memorizzato dalla BCE su un supporto appropriato, esso costituisce un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, che può essere oggetto di una domanda di accesso. Il fatto che tale contenuto possa essere modificato successivamente è, al riguardo, indifferente. Per tornare all’ipotesi di una telecamera di sorveglianza che trasmetta immagini, se essa è abbinata a un dispositivo che registra automaticamente le immagini trasmesse negli ultimi 30 giorni, tale registrazione costituisce, incontestabilmente, un documento che può formare oggetto di una domanda di accesso. Il fatto che, ogni giorno, le immagini riprese da più di 30 giorni siano cancellate dal sistema per essere sostituite dalle immagini più recenti non è sufficiente a condurre alla conclusione contraria.

128    Con tutta evidenza, una domanda di accesso non può riguardare né un contenuto futuro e, pertanto, non ancora registrato, dato che si tratterà di un documento che non esiste al momento della domanda, né un contenuto che, benché registrato nel passato, sia stato cancellato prima della presentazione della domanda.

129    Per quanto riguarda, più particolarmente, il contenuto cancellato, occorre concludere che esso non è detenuto dalla BCE ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, se quest’ultima non può avere accesso a tale contenuto nell’ambito dell’utilizzazione normale del dispositivo di registrazione sul quale tale contenuto era memorizzato. Il fatto che uno specialista, attraverso mezzi tecnici esulanti nell’ambito di un’utilizzazione normale, possa ripristinare su un supporto di memorizzazione in possesso della BCE un contenuto cancellato da tale supporto non è sufficiente per concludere che quest’ultima detenga tale contenuto.

130    In altri termini, si può pretendere dalla BCE, quando essa si trova di fronte a una domanda di accesso presentata sulla base della decisione 2004/258, che venga effettuata una ricerca nell’ambito del contenuto attuale dei diversi supporti di memorizzazione da essa detenuti per localizzare l’oggetto di tale domanda, ma non può invece pretendersi da essa che, per le esigenze di una siffatta ricerca, venga ripristinato un contenuto anteriormente cancellato.

131    Per contro, come sostiene giustamente il Regno di Svezia, occorre considerare che un contenuto memorizzato presso un prestatore di servizi esterno per conto della BCE e in maniera tale da essere, ad ogni momento, a disposizione di quest’ultima è detenuto dalla BCE ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258.

132    Le precedenti considerazioni possono essere applicate senza problemi particolari ai dati contenuti nelle banche di dati. A questo proposito, occorre rilevare, innanzi tutto, che una banca di dati di contenuto stabile, non modificabile in nessun modo, è perfettamente concepibile. Ad esempio, la banca di dati relativa alle spedizioni di carbonato di calcio precipitato e di carbonato di calcio macinato effettuate tra il 2002 e il 2004 da parte dei principali fornitori dello Spazio economico europeo, di cui trattasi nella sentenza del Tribunale 4 febbraio 2009, causa T‑145/06, Omya/Commissione (Racc. pag. II‑145, punto 2), una volta completa, non potrebbe, in linea di principio, subire alcuna modifica.

133    Questa considerazione priva già l’argomento della BCE e della Commissione, fondato sulla pretesa instabilità del contenuto delle banche di dati controverse nella fattispecie, di gran parte della sua forza di persuasione. Infatti, se i dati contenuti in una banca di dati perfettamente stabile possono costituire un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, è difficile pervenire ad una conclusione diversa per quanto riguarda i dati di una banca di dati il cui contenuto può fluttuare nel tempo.

134    Inoltre, le considerazioni esposte ai precedenti punti 128‑130 possono fornire una soluzione appropriata per qualsiasi problema risultante dal carattere eventualmente instabile del contenuto di una banca di dati oggetto di una domanda di accesso presentata sul fondamento della decisione 2004/258.

135    Così, è evidente che una siffatta domanda può riguardare solo il contenuto della banca di dati al momento della sua presentazione e, di conseguenza, non può riguardare né i dati già cancellati da tale banca di dati né quelli che non vi erano stati inseriti nello stesso momento.

136    Vero è che la presentazione di una domanda di accesso ad una banca di dati di contenuto variabile potrebbe obbligare la BCE a prendere le misure necessarie per garantire che nessuno dei dati contenuti nella detta banca di dati al momento della presentazione della domanda sarà cancellato prima che venga risposto a quest’ultima.

137    Tuttavia, tale obbligo è inerente all’esercizio del diritto di accesso ai documenti della BCE, sancito dalla decisione 2004/258, e la consultazione tra la BCE e l’autore di una tale domanda, prevista dall’art. 6, n. 3, della stessa decisione, permetterà di risolvere qualsiasi eventuale difficoltà in maniera appropriata ed equa.

138    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento della BCE e della Commissione relativo, in sostanza, al carattere potenzialmente sensibile o riservato di taluni dati contenuti in una banca di dati della BCE, occorre rilevare che tale eventualità non può, in nessun caso, costituire un motivo adeguato per rifiutare di riconoscere al contenuto di una siffatta banca di dati la qualità di documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258.

139    Infatti, le varie eccezioni al diritto di accesso, previste dall’art. 4 della decisione 2004/258, consentono, in linea di principio, alla BCE di rifiutare la divulgazione di qualsiasi dato di tale natura, senza rimettere in discussione la qualificazione dell’insieme dei dati contenuti in una banca di dati come documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della citata decisione.

140    Non può neppure essere accolto l’argomento della Commissione secondo il quale sarebbe impossibile effettuare un esame concreto e singolo dell’insieme dei dati contenuti in una banca di dati, al fine di determinare se essi rientrino in una delle eccezioni al diritto di accesso previste nella normativa pertinente, nella fattispecie all’art. 4 della decisione 2004/258.

141    Indipendentemente persino del fatto che, come ha ricordato la Corte nella sentenza 29 giugno 2010, causa C‑139/07 P, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (Racc. pag. I-5883, punto 54), in taluni casi, è possibile all’istituzione interessata basarsi, al riguardo, su presunzioni generali, un esame concreto di una banca di dati diretto a verificare che essa non contenga alcun dato che possa rientrare nell’ambito di applicazione di una delle eccezioni di cui trattasi non è per nulla inconcepibile.

142    Dato che una banca di dati, per sua stessa natura, permette l’accesso singolo a ciascun dato che essa contiene (v. precedenti punti 85‑87), è chiaro che basta individuare, nell’effettuare tale esame, un solo dato che rientri nell’una o nell’altra eccezione al diritto di accesso per concludere che l’accesso all’insieme dei dati contenuti nella banca di dati non può essere concesso.

143    Spetterebbe poi alla BCE, in un caso del genere, verificare se un accesso parziale ai sensi dell’art. 4, n. 6, della decisione 2004/258 possa essere accordato.

144    Al riguardo, occorre rilevare che risulta dai termini stessi di tale disposizione che la BCE è tenuta a verificare se occorra accordare un accesso parziale ai documenti oggetto di una domanda di accesso, limitando un eventuale rifiuto ai soli dati cui si applicano le eccezioni considerate. La BCE deve accordare un siffatto accesso parziale se lo scopo perseguito da tale istituzione, quando rifiuta l’accesso al documento, può essere conseguito nel caso in cui essa si limiti ad occultare i brani o i dati che possono arrecare pregiudizio all’interesse pubblico tutelato (v., per analogia, sentenza WWF European Policy Programme/Consiglio, punto 81 supra, punto 50).

145    È appunto in un caso del genere che i vari strumenti di ricerca di cui è munita una banca di dati elettronica e, in definitiva, il software di funzionamento di quest’ultima presentano un’importanza particolare. Infatti, tali strumenti sono in grado di permettere alla BCE, eventualmente previa concertazione informale, ai sensi dell’art. 6, n. 3, della decisione 2004/258, con il richiedente, l’individuazione e la comunicazione a quest’ultimo dei dati che gli interessano, ad esclusione di qualunque dato che rientri nell’ambito di applicazione di una delle eccezioni previste dall’art. 4 di tale decisione.

146    Una domanda diretta ad ottenere dalla BCE una ricerca nelle sue banche di dati e una comunicazione del risultato di tale ricerca si inserisce nello stesso contesto, dato che costituisce, in sostanza, una domanda di accesso parziale a un documento (e cioè l’insieme dei dati contenuti nella banca di dati).

147    Vero è che l’accesso parziale è previsto dall’art. 4, n. 5, della decisione 2004/258 come una soluzione da adottare qualora sia impossibile accogliere interamente una domanda di accesso. Tuttavia, dato che le persone di cui all’art. 2, n.1, della stessa decisione hanno, in linea di principio, un diritto di accesso all’integralità di qualsiasi documento della BCE, esse possono, a fortiori, chiedere soltanto un accesso parziale ad un documento del genere.

148    Una siffatta domanda di accesso parziale dev’essere conforme alle regole sancite dall’art. 6, n. 1, della decisione 2004/258, con gli adeguamenti necessari derivanti dal fatto che essa riguarda soltanto una parte di un documento. Così, essa deve individuare in modo sufficientemente preciso non solo il documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della citata decisione che ne costituisce l’oggetto, ma anche la parte di quest’ultimo con riferimento alla quale viene chiesto l’accesso. Tuttavia, l’applicazione delle disposizioni dell’art. 6, nn. 2 e 3, di tale decisione permette di ovviare alle eventuali difficoltà incontrate dal richiedente.

149    Inoltre, occorre rilevare che se una banca di dati, per sua natura, offre grandi possibilità di accesso parziale mirato ai soli dati che possono interessare il richiedente, occorre tenere altresì conto della considerazione, espressa al precedente punto 128, secondo la quale una domanda di accesso può riguardare solo un documento esistente e, di conseguenza, non può tendere alla creazione di un nuovo documento (v. altresì, in questo senso e per analogia, sentenza WWF European Policy Programme/Consiglio, punto 81 supra, punto 76). Una domanda di accesso che conduca la BCE a creare un nuovo documento, anche sulla base di elementi contenuti già in documenti esistenti e da essa detenuti, non costituisce una domanda di accesso parziale ed esula dall’ambito della decisione 2004/258.

150    Trasposta al caso delle banche di dati, quest’ultima considerazione significa che, nell’ipotesi di una domanda di accesso diretta ad ottenere dalla BCE che venga effettuata una ricerca in una delle sue banche di dati secondo parametri definiti dal richiedente, la BCE è tenuta, fatta salva un’applicazione eventuale dell’art. 4 della decisione 2004/258, a dare risposta positiva a tale domanda, se la ricerca richiesta può essere effettuata utilizzando gli strumenti di ricerca messi a disposizione per tale banca di dati.

151    Infatti, come si è rilevato (v. precedente punto 117), a causa delle relazioni complesse che, in seno ad una banca di dati, collegano ciascun dato a diversi altri dati, sono possibili varie presentazioni dell’insieme di dati contenuti in una siffatta banca di dati. È altresì possibile scegliere una parte soltanto dei dati inclusi in una siffatta presentazione e occultare gli altri.

152    Non può invece pretendersi dalla BCE, con una domanda di accesso ai documenti presentata sul fondamento della decisione 2004/258, che venga comunicata al richiedente una parte o l’insieme dei dati contenuti in una delle sue banche di dati, classificati secondo uno schema non previsto dalla detta banca di dati. Una siffatta domanda tende, effettivamente, alla creazione di un nuovo «documento» e, di conseguenza, esula dall’ambito di applicazione della detta decisione. Infatti, ciò che viene richiesto con tale domanda non è un accesso parziale ad una classificazione realizzabile con gli strumenti di cui la BCE dispone per la banca di dati di cui trattasi (e, in questo senso, una classificazione già esistente), ma la creazione di una nuova classificazione e, pertanto, di un nuovo documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), di tale decisione.

153    Si deve quindi necessariamente constatare, sulla base di tali considerazioni, che, nel contesto di una domanda di accesso parziale a un documento, la tesi sostenuta dal Regno di Danimarca e dalla Repubblica di Finlandia (rispettivamente, precedenti punti 59 e 62), secondo la quale tutto ciò che può essere estratto da una banca di dati effettuando una ricerca normale o di routine può formare oggetto di una domanda di accesso presentata sulla base della decisione 2004/258, è corretta.

154    In quarto luogo, neppure l’argomento della BCE e della Commissione, relativo alla pretesa impossibilità di repertoriare una banca di dati in un registro di documenti, come quello previsto dall’art. 11 del regolamento n. 1049/2001, può trovare accoglimento.

155    Innanzi tutto, occorre constatare che, a differenza del regolamento n. 1049/2001, la decisione 2004/258 non prevede la creazione, da parte della BCE, di un siffatto registro. Occorre inoltre ricordare che l’obbligo di creare un registro, previsto all’art. 11 del regolamento n. 1049/2001, è inteso a permettere ai cittadini di usufruire in maniera concreta dei diritti loro derivanti da tale regolamento (v., in questo senso, sentenza Williams/Commissione, punto 29 supra, punto 72). È pertanto dubbio che la difficoltà, se non l’impossibilità, di far figurare un elemento in tale registro possa costituire un argomento sufficiente per concludere che esso non è un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della detta decisione.

156    In ogni caso, l’iscrizione di una banca di dati in un registro del genere, con indicazione delle informazioni previste dall’art. 11, n. 2, del regolamento n. 1049/2001, non sembra porre difficoltà particolari. Tale disposizione non impone assolutamente l’adeguamento di tale iscrizione tutte le volte che un dato è aggiunto a tale banca di dati o ne viene tolto. Un tale adeguamento è, tutt’al più, necessario in caso di modifica rilevante del contenuto di una banca di dati. L’iscrizione nel registro di una banca di dati può inoltre formare oggetto di un aggiornamento a intervalli ragionevoli, al fine di rispecchiare nel migliore dei modi il contenuto attuale di tale banca di dati.

157    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la qualificazione dell’insieme dei dati contenuti in una banca di dati come documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 non comporterebbe alcuna difficoltà pratica insormontabile e che occorre, di conseguenza, respingere l’argomentazione in senso contrario della BCE e della Commissione.

–       Gli argomenti relativi ai lavori preparatori del regolamento n. 1049/2001 e agli altri documenti fatti valere dalle parti

158    Occorre esaminare gli argomenti relativi ai lavori preparatori del regolamento n. 1049/2001 e agli altri documenti fatti valere dalle parti.

159    In primo luogo, nessun insegnamento utile può essere ricavato dagli elementi relativi alla genesi del regolamento n. 1049/2001, fatti valere e prodotti dalla Commissione. Infatti, non soltanto tali documenti non menzionano specificamente le banche di dati, ma essi si riferiscono a definizioni del termine «documento» diverse da quella alla fine accolta e che figura all’art. 3, lett. a), del regolamento n. 1049/2001.

160    In secondo luogo, la proposta della Commissione, contenuta nel suo documento COM(2008) 229 def. − COD 2008/0090, di aggiungere alla detta definizione una precisazione secondo la quale «i dati contenuti in sistemi elettronici di archiviazione, elaborazione e recupero di dati costituiscono dei documenti se sono estraibili in formato stampa o elettronico usando gli strumenti disponibili del sistema operativo» condurrebbe, se fosse adottata, in sostanza allo stesso risultato delle considerazioni esposte ai precedenti punti 146‑153. Essa non può, di conseguenza, rimettere in discussione tali considerazioni, in quanto si potrebbe ragionevolmente sostenere che essa miri soltanto ad esplicitare quanto risulta già, implicitamente, ma necessariamente, dal tenore letterale attuale della definizione del termine «documento» contenuta nel regolamento n. 1049/2001 e nella decisione 2004/258. Lo stesso vale per il libro verde della Commissione invocato dalla BCE (v. precedente punto 79), nel quale si constata che la disciplina delle informazioni contenute nelle banche di dati dev’essere precisata e viene proposta una soluzione che va nello stesso senso della proposta della Commissione di cui sopra.

161    In terzo luogo, la relazione della Commissione sull’attuazione dei principi del citato regolamento, menzionata dalla BCE, si limita a ribadire, per quanto riguarda la questione se una banca di dati costituisca un «documento» ai sensi del regolamento n. 1049/2001, la tesi secondo la quale una banca di dati non è un «documento» in quanto essa non contiene «documenti». Tale tesi è già stata esaminata e respinta (v. precedenti punti 105‑118).

162    In quarto luogo, per quanto riguarda la relazione del Mediatore fatta valere dalla BCE (v. precedente punto 79), si deve rilevare che a torto la BCE afferma che essa avrebbe espressamente ammesso che la definizione del termine «documento» che figura nel regolamento n. 1049/2001 non comprende i dati contenuti nelle banche di dati. Nella relazione di cui trattasi, il Mediatore constata soltanto che i dati contenuti in una banca di dati «non rientrano chiaramente nell’ambito di applicazione» delle disposizioni relative al diritto del pubblico all’accesso ai documenti. Inoltre, egli rileva che a suo parere non era necessario, nell’ambito della denuncia 1693/2005/PB, menzionata dal Regno di Danimarca e dal Regno di Svezia (v. precedente punto 62), risolvere tale questione.

163    Di conseguenza, si deve necessariamente constatare che nessun argomento che militi contro la qualificazione dell’insieme dei dati contenuti in una banca di dati come documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 può essere ricavato dagli elementi considerati ai precedenti punti 159‑162.

–       Conclusioni

164    Risulta da tutte le considerazioni che precedono che un’interpretazione letterale della definizione del termine «documento», di cui all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, conduce alla conclusione secondo la quale l’insieme dei dati contenuti in una banca di dati costituisce un documento ai sensi di tale disposizione e che nessuna considerazione pratica e nessuno dei vari documenti fatti valere dalle parti rimettono in discussione tale conclusione.

165    Per giunta, la conclusione secondo la quale l’insieme dei dati contenuti in una banca di dati costituisce un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 è altresì conforme all’obiettivo di accesso più ampio ai documenti della BCE, menzionato al terzo ‘considerando’ della detta decisione, ai sensi del quale «[u]n accesso più ampio ai documenti della BCE dovrebbe essere garantito».

166    Contrariamente a quanto fa valere la BCE (v. precedente punto 66), né il fatto che l’art. 255 CE e il regolamento n. 1049/2001 non si applicano alla BCE, né «gli obiettivi del regime particolare di accesso del pubblico ai documenti della BCE», ostano a tale interpretazione dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258. Vero è che il terzo ‘considerando’ di detta decisione, citato al precedente punto 165, menziona anche la necessità di preservare «sia l’indipendenza della BCE e delle banche centrali nazionali (…) sia la riservatezza di talune materie proprie dell’espletamento delle funzioni della BCE». Tuttavia, se tale necessità può giustificare l’adozione di eccezioni specifiche al diritto di accesso ai documenti della BCE, tra cui, in particolare, quelle previste dall’art. 4, n. 1, lett. a), trattini dal primo al quarto, di tale decisione, essa non può assolutamente autorizzare un’interpretazione dell’art. 3, lett. a), della stessa decisione che sia in contrasto con il suo tenore letterale. Quanto all’argomento della BCE relativo all’inapplicabilità dell’art. 255 CE e del regolamento n. 1049/2001, occorre rilevare, da un lato, che la conclusione tratta al precedente punto 164 si basa sui termini utilizzati dall’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, senza alcun riferimento all’art. 255 CE o al regolamento n. 1049/2001, e, dall’altro, che, in ogni caso, la BCE ha essa stessa menzionato, al secondo ‘considerando’ di detta decisione, la dichiarazione comune riguardante il regolamento n. 1049/2001, nella quale viene chiesto «alle altre istituzioni ed organi [dell’Unione] di adottare norme interne relative all’accesso del pubblico ai documenti, che tengano conto dei principi e dei limiti stabiliti dal regolamento», per concluderne che «[i]l regime relativo all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea (…) dovrebbe essere rivisto di conseguenza».

167    La conclusione secondo la quale l’insieme dei dati contenuti in una banca di dati costituisce un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258 permette, di per se stessa, di constatare che la decisione impugnata è viziata da errore di diritto e dev’essere annullata.

168    Infatti, i punti della motivazione della decisione impugnata si basano tutti sulla premessa secondo la quale l’insieme dei dati contenuti in una banca di dati non costituisce un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258.

169    Solo se tale premessa potesse essere ammessa la domanda di accesso del ricorrente potrebbe essere respinta, in quanto «versioni stampate» delle banche di dati della BCE considerate dalla sua domanda non esistevano «come documenti autonomi». Così come fanno giustamente valere la BCE e la Commissione (v. precedente punto 73), tale considerazione che figura nella decisione impugnata non dev’essere intesa nel senso che, per la BCE, solo i documenti su supporto cartaceo rientrino nella definizione del termine «documento» di cui all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, il che contrasterebbe in maniera evidente con il tenore letterale di tale disposizione. Essa deve invece essere intesa nel senso che i dati non costituiscono «documenti» finché essi sono contenuti in una banca di dati e che essi acquisiscono tale qualità solo quando sono estratti dalla banca di dati, per essere registrati in un altro documento, stampato o stampabile.

170    Questa stessa premessa è anche il fondamento dell’affermazione della BCE contenuta nella decisione impugnata secondo la quale la domanda di accesso del ricorrente non può essere soddisfatta attraverso un «semplice estratto», ma richiederebbe una «sistematizzazione» e un’«analisi supplementare», che esulerebbero dall’ambito del regime di accesso ai documenti della BCE istituito dalla decisione 2004/258. Il fatto che tale parte della motivazione della decisione impugnata inizi con i termini «[d]i conseguenza» conferma tale conclusione.

171    Una diversa interpretazione di tale parte della decisione impugnata non può essere ammessa. Certo, dalle considerazioni esposte ai precedenti punti 145‑153 risulta che la BCE ha il diritto di respingere una domanda di accesso ai dati contenuti in una delle sue banche di dati qualora le sia impossibile, a causa dell’insufficienza o dell’inadeguatezza degli strumenti di ricerca disponibili per tale banca di dati, estrarre e fornire al richiedente i dati considerati dalla sua domanda di accesso.

172    Tuttavia, dalle stesse considerazioni risulta che, prima di respingere una domanda di accesso per un motivo del genere, la BCE, in applicazione dell’art. 6, nn. 2 e 3 della decisione 2004/258, deve concertarsi con il richiedente. In tale contesto, essa deve spiegargli brevemente le varie possibilità di ricerca nella banca di dati di cui trattasi e permettergli, se del caso, di chiarire o di modificare la sua domanda al fine di precisare i dati in grado di interessarlo che possono essere estratti dalla banca di dati di cui trattasi attraverso gli strumenti di ricerca disponibili per tale banca di dati.

173    D’altro canto, anche se, dopo una siffatta concertazione, rimane impossibile localizzare, attraverso gli strumenti di ricerca disponibili, i dati considerati dalla domanda di accesso, la BCE deve brevemente esporre, nella sua decisione di rigetto della domanda, le ragioni, connesse alla configurazione tecnica della banca di dati di cui trattasi, che non le consentono di dare una risposta positiva alla detta domanda, Si deve necessariamente constatare che una spiegazione del genere è del tutto assente nella decisione impugnata.

174    Di conseguenza, l’affermazione della decisione impugnata secondo la quale la domanda di accesso del ricorrente non poteva essere soddisfatta attraverso un «semplice estratto» non può essere intesa nel senso che i dati considerati da tale domanda non potessero essere estratti dalle banche di dati interessate a seguito di una ricerca normale, effettuata a partire dagli strumenti disponibili a tal fine.

175    Infine, per quanto riguarda l’affermazione della BCE figurante nella decisione impugnata secondo la quale «[t]ale procedura [, e cioè la sistematizzazione e l’analisi supplementare dei dati,] comporterebbe un considerevole carico di lavoro», occorre rilevare che essa non costituisce un motivo autonomo di rigetto della domanda di accesso del ricorrente, ma una semplice osservazione incidentale, senza un collegamento diretto con il detto rigetto.

176    Ciò è tanto più vero in quanto, come risulta dalle considerazioni esposte ai precedenti punti 121‑124 e dalla giurisprudenza ivi citata, il semplice ricorso al «considerevole carico di lavoro» necessario per accogliere una domanda di accesso ai documenti, fondata sulla decisione 2004/258, è manifestamente insufficiente per giustificare il rigetto della domanda.

177    Secondo queste stesse considerazioni, un siffatto rigetto, che è di applicazione eccezionale, implica, per l’istituzione interessata, l’obbligo di fornire la prova dell’entità del lavoro necessario, il che non è stato assolutamente fatto nella decisione impugnata, e dev’essere fatto uno sforzo per trovare una «soluzione equa» con il richiedente, ai sensi dell’art. 6, n. 3, della decisione 2004/258, il che non è avvenuto nel caso di specie.

178    Ne consegue che il rigetto della domanda di accesso del ricorrente è invece fondato sulla tesi secondo la quale la sistematizzazione e l’analisi supplementare dei dati contenuti in una banca di dati non rientrano nell’ambito di applicazione della decisione 2004/258, tesi che, a sua volta, si basa sulla premessa secondo la quale detti dati, in quanto sono contenuti in una banca di dati, non costituiscono un documento ai sensi della detta decisione. Orbene, tale premessa è in contrasto con le conclusioni tratte al precedente punto 164 ed è di conseguenza errata, di modo che la decisione impugnata è viziata da un errore di diritto.

179    Quanto alla questione di stabilire se una banca di dati «in quanto tale» costituisca un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258, si deve ricordare, da una parte, che la domanda di accesso del ricorrente era viziata da una certa ambiguità, dato che il contenuto delle banche di dati, e cioè i dati, non era chiaramente distinto dalle banche di dati stesse (v. precedenti punti 96‑99). Non è pertanto per nulla certo che il ricorrente intendesse ottenere l’accesso alle banche di dati «in quanto tali», come sostiene la Commissione (v. precedente punto 74). Risulta, in ogni caso, tanto dall’affermazione del ricorrente, nella replica, secondo la quale la sua domanda di accesso riguardava i «dati grezzi», quanto dalle sue spiegazioni orali fornite all’udienza (v., rispettivamente, punti 98 e 99) che, anche ammettendo che l’accesso ai dati contenuti nelle banche di dati della BCE non fosse il solo obiettivo della sua domanda di accesso, esso era certamente uno dei suoi obiettivi, se non il suo obiettivo principale.

180    D’altra parte, si deve ricordare che, nella sua domanda di accesso, il ricorrente è manifestamente mosso dalla premessa che esistevano banche di dati specifiche della BCE, destinate a servire da fondamento alla redazione delle relazioni. Solo dinanzi al Tribunale la BCE ha dimostrato, attraverso spiegazioni in nessun modo contestate dal ricorrente, che tale premessa era erronea (v. precedenti punti 32‑34).

181    Se le spiegazioni aggiuntive della BCE non consentono assolutamente di ritenere che il ricorrente non disponesse di un interesse a chiedere l’annullamento della decisione impugnata (v. precedente punto 35), esse devono quanto meno essere prese in considerazione per determinare quale fosse il possibile seguito da dare alla domanda di accesso del ricorrente.

182    Infatti, indipendentemente dai termini esatti utilizzati dal ricorrente nella sua domanda di accesso, è chiaro, alla luce delle spiegazioni aggiuntive della BCE, che non esisteva nessuna banca di dati autonoma che potesse essere considerata «in quanto tale» da tale domanda. Anzi, dalle dette spiegazioni risulta che i dati che interessano il ricorrente sono contenuti in svariate banche di dati della BCE, le quali contengono anche altri dati che non presentano alcun interesse per il ricorrente. A questo proposito, si deve rilevare che, nella replica, il ricorrente ha precisato che solo le informazioni relative alle persone effettivamente entrate in servizio presso la BCE lo interessavano, ad esclusione di ogni informazione vertente su un candidato non assunto.

183    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che non è assolutamente necessario, nell’ambito della presente controversia, determinare se una banca di dati della BCE possa «in quanto tale» formare oggetto di una domanda d’accesso presentata sulla base della decisione 2004/258. Dato che non esiste un’unica banca di dati della BCE che il ricorrente possa ottenere «in quanto tale» con la sua domanda, la considerazione secondo la quale l’insieme dei dati contenuti in una banca di dati costituisce un documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della detta decisione è sufficiente per permettere al ricorrente di ottenere, in risposta alla sua domanda di accesso e fatta salva l’applicazione di una delle eccezioni al diritto di accesso previste all’art. 4 della stessa decisione, nel contempo i dati precisi che lo interessano e l’utilizzazione, alle condizioni esposte ai precedenti punti 146‑153, degli strumenti disponibili per le varie banche di dati della BCE che contengono tali dati. Per quanto riguarda, in particolare, detti strumenti, il ricorrente può ottenerne l’utilizzazione nel senso che può chiedere alla BCE che essa se ne serva per effettuare, sulla base dei criteri da lui stesso definiti, ricerche nelle sue banche di dati delle quali essa gli comunicherà i risultati (v. precedente punto 150).

184    Di conseguenza, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi fatti valere dal ricorrente a sostegno della sua domanda di annullamento, occorre accogliere il secondo motivo e annullare la decisione impugnata.

3.     Sulla domanda di risarcimento danni

 Argomenti delle parti

185    Il ricorrente fa valere che il rifiuto della BCE di dargli accesso alle banche di dati considerate dalla sua domanda di accesso ritarda la conclusione della redazione della sua tesi di dottorato, che egli doveva discutere entro il 1° febbraio 2011. Inoltre, egli contesta l’argomentazione della BCE, secondo la quale la domanda di risarcimento danni è irricevibile.

186    La BCE sostiene che la domanda di risarcimento danni non è conforme ai requisiti dell’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura e dev’essere dichiarata irricevibile. Il ricorso non menzionerebbe alcun nesso causale tra il preteso comportamento illecito della BCE e il danno subito dal ricorrente. Per giunta, esso non sarebbe suffragato da alcun documento e il ricorrente si sarebbe limitato all’affermazione che la decisione impugnata gli impedirebbe di progredire nella preparazione della sua tesi di dottorato.

187    La BCE aggiunge che essa ha riservato seguito favorevole a varie altre domande di accesso ai documenti presentate dal ricorrente. Il ricorrente disporrebbe pertanto di elementi sufficienti per la preparazione della sua tesi e non si può parlare di un rifiuto sistematico opposto alle sue domande. D’altro canto, il ricorrente non avrebbe spiegato in che misura l’impossibilità di accedere alle banche di dati controverse gli impedirebbe di progredire nella preparazione della sua tesi di dottorato.

 Giudizio del Tribunale

188    In via preliminare, si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, applicabile ai fatti di causa, che sono anteriori all’entrata in vigore, il 1° dicembre 2009, del Trattato di Lisbona, la Comunità europea deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni. Il terzo comma di tale articolo precisa che il secondo comma si applica alle stesse condizioni ai danni cagionati dalla BCE o dai suoi agenti nell’esercizio dello loro funzioni. Così, malgrado il fatto che, ai sensi dell’art. 107, n. 2, CE, la BCE è dotata della personalità giuridica, l’art. 288, commi secondo e terzo, prevede che è la Comunità (e, a partire dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’Unione europea, la quale, in forza dell’art. 1, terzo comma, terza frase, TUE, ha sostituito la Comunità ed è succeduta ad essa) che deve risarcire i danni causati dalla BCE (ordinanza del Tribunale 5 settembre 2007, causa T‑295/05, Document Security Systems/BCE, Racc. pag. II‑2835, punto 76).

189    Risulta da una giurisprudenza costante che, in forza dell’art. 288, secondo comma, CE, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi presuppone che siano soddisfatte varie condizioni, vale a dire l’illiceità del comportamento di cui si fa carico alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento fatto valere e il danno lamentato (v. sentenza del Tribunale 27 novembre 2007, cause riunite T‑3/00 e T‑337/04, Pitsiorlas/Consiglio e BCE, Racc. pag. II‑4779, punto 290, e giurisprudenza ivi citata).

190    Per quanto riguarda la prima delle dette condizioni, la giurisprudenza richiede che venga accertata una violazione sufficientemente qualificata di una norma di diritto intesa a conferire diritti ai singoli (sentenza della Corte 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I‑5291, punto 42). Per quanto riguarda la condizione secondo cui la violazione dev’essere sufficientemente qualificata, il criterio decisivo per considerare tale condizione soddisfatta è quello della violazione manifesta e grave, commessa dall’istituzione comunitaria in questione, dei limiti posti al suo potere discrezionale. Quando tale istituzione dispone solo di un margine discrezionale considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata (v. sentenza Pitsiorlas/Consiglio e BCE, punto 189 supra, punto 291, e giurisprudenza ivi citata).

191    Per quanto riguarda la condizione relativa al nesso di causalità, l’Unione può essere considerata responsabile solo per il danno che deriva in modo sufficientemente diretto dal comportamento irregolare dell’istituzione interessata (v. sentenza Pitsiorlas/Consiglio e BCE, punto 189 supra, punto 292, e giurisprudenza ivi citata).

192    Per quanto riguarda il danno, è importante sottolineare che quest’ultimo dev’essere reale e certo nonché valutabile. Per contro, un danno puramente ipotetico e indeterminato non dà diritto a risarcimento. Spetta al ricorrente fornire elementi di prova al fine di dimostrare l’esistenza e la portata del suo danno (v. sentenza Pitsiorlas/Consiglio e BCE, punto 189 supra, punti 293 e 294, e giurisprudenza ivi citata).

193    Inoltre, occorre ricordare che, quando una di queste condizioni non è soddisfatta, il ricorso dev’essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare le altre condizioni (v. sentenza Pitsiorlas/Consiglio e BCE, punto 189 supra, punto 295, e giurisprudenza ivi citata).

194    Infine, ai sensi dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, ogni ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Per soddisfare tali esigenze, un ricorso diretto al risarcimento dei danni causati da un’istituzione comunitaria deve contenere elementi che permettano di identificare, in particolare, il danno che il ricorrente sostiene di aver subito nonché il carattere e la portata di tale danno (sentenza della Corte 5 ottobre 1999, causa C‑327/97 P, Apostolidis e a./Commissione, Racc. pag. I‑6709, punto 37).

195    Nella fattispecie, a sostegno della sua domanda di risarcimento danni, il ricorrente fa valere che, a seguito del rifiuto della BCE di dargli accesso alle banche di dati considerate dalla sua domanda di accesso, la conclusione della sua tesi di dottorato sarà ritardata e, inoltre, una volta ultimata tale tesi, la sua qualità scientifica ne subirà riflessi negativi.

196    Si deve pertanto necessariamente constatare che, in sostanza, con la sua domanda di risarcimento danni, il ricorrente intende ottenere la riparazione di un danno morale, asseritamente risultante dall’adozione della decisione impugnata, e che egli ha identificato, in maniera sufficiente sul piano giuridico, il carattere e la portata di tale danno nel ricorso. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la BCE, tale domanda è ricevibile.

197    Tuttavia, nel merito, essa è prematura e dev’essere respinta per questo motivo (v., in questo senso, sentenze del Tribunale 18 maggio 1995, causa T‑478/93, Wafer Zoo/Commissione, Racc. pag. II‑1479, punti 49 e 50, e 15 dicembre 1999, causa T‑300/97, Latino/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑259 e II‑1263, punti 95 e 101). Infatti, all’udienza, il ricorrente ha dichiarato, in risposta ad un quesito del Tribunale, che la discussione della sua tesi di dottorato era stata rinviata ed era prevista per il settembre 2012. Egli ha aggiunto che tale ritardo era dovuto non soltanto all’assenza di informazioni che egli avrebbe potuto avere, ma anche ad altri fattori. È stato preso atto di tali dichiarazioni nel verbale dell’udienza.

198    Dato che la decisione impugnata dev’essere annullata (v. precedente punto 184), la BCE sarà tenuta a riesaminare la domanda di accesso del ricorrente. Non può essere escluso a priori che a seguito di tale riesame essa gli fornirà l’accesso ai dati contenuti nelle sue banche di dati, dei quali il ricorrente sostiene di aver bisogno per la redazione della sua tesi, e ciò in tempo utile per permettere la discussione di tale tesi nel settembre 2012. Non può neppure escludersi che essa gli rifiuti, in tutto o in parte, per un motivo legittimo, tale accesso. Ne consegue che, allo stato attuale, il Tribunale non è in grado di verificare né se il ricorrente subirà un danno a seguito del rigetto della sua domanda di accesso ai documenti ad opera della decisione impugnata né se un siffatto danno ipotetico potrà essere imputato ad un comportamento illecito della BCE.

199    Di conseguenza, la domanda di risarcimento danni dev’essere respinta.

 Sulle spese

200    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il ricorrente ne ha fatto domanda, la BCE, rimasta soccombente nella parte essenziale delle sue conclusioni, dev’essere condannata alle spese.

201    Il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e la Commissione sopporteranno ciascuno le proprie spese, ai sensi dell’art. 87, n. 4, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del comitato esecutivo della Banca centrale europea (BCE), comunicata al sig. Julien Dufour con lettera del presidente della BCE del 2 settembre 2009, è annullata.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La BCE sopporterà, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dal sig. Dufour.

4)      Il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e la Commissione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese.


Czúcz

Labucka

Gratsias

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 ottobre 2011.

Firme

Indice


Contesto normativo

Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

Sulla domanda di annullamento

1.  Sulla ricevibilità

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

2.  Nel merito

Sulla motivazione della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul secondo motivo, relativo ad un errore di diritto in quanto, nella decisione impugnata, la BCE ha a torto considerato che le banche di dati non costituivano documenti ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  La nozione di banca di dati

–  Analisi della definizione del termine «documento», figurante all’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258

–  Oggetto della domanda di accesso del ricorrente

–  La qualificazione dell’insieme dei dati contenuti in una banca di dati come documento ai sensi dell’art. 3, lett. a), della decisione 2004/258

–  Le asserite difficoltà pratiche di un diritto di accesso alle banche di dati di un’istituzione

–  Gli argomenti relativi ai lavori preparatori del regolamento n. 1049/2001 e agli altri documenti fatti valere dalle parti

–  Conclusioni

3.  Sulla domanda di risarcimento danni

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese


*Lingua processuale: il francese.