Language of document : ECLI:EU:C:2005:61

Conclusions

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
KOKOTT
presentate il 27 gennaio 2005 (1)



Causa C-353/03



Société des produits Nestlé SA

contro

Mars UK Ltd


domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Court of Appeal (England and Wales) (Civil Division)


«Marchio comunitario – Direttiva 89/104/CEE – Assenza di carattere distintivo – Acquisizione di carattere distintivo per effetto di uso»






I – Introduzione

1.       Con il presente ricorso si richiede alla Corte di pronunciarsi nuovamente sulla disciplina in materia di carattere distintivo dei marchi di impresa. Nella specie, la lite verte sulla questione se lo slogan pubblicitario «HAVE A BREAK» possa acquisire carattere distintivo per il fatto di essere utilizzato quale parte del marchio registrato «HAVE A BREAK (…) HAVE A KIT KAT». Si controverte essenzialmente sulla questione se questo tipo di uso di un segno possa produrre carattere distintivo rilevante ai fini del diritto di marchio o se impedisca il riconoscimento come marchio.

II – Contesto normativo

2.       L’art. 2, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa  (2) , definisce così i marchi:

«Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».

3.       Gli impedimenti alla registrazione dei marchi di impresa sono disciplinati all’art. 3. A tale riguardo, risulta qui di particolare interesse il n. 1, lett. b):

«Sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

a) (…)

b) i marchi di impresa privi di carattere distintivo;

c) – h) (…)».

4.       L’art. 3, n. 3, primo comma, prevede tuttavia un’eccezione a questo divieto di registrazione:

«Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell’uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo».

5.       La Gran Bretagna ha trasposto tale disciplina nella Section 3 del Trade Marks Act 1994.

6.       L’art. 5 della direttiva 89/104 stabilisce i diritti conferiti dal marchio di impresa:

«(1)
Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a)
un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b)
un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa.

(2) – (5) (…)».

7.       Il successivo art. 10, n. 2, lett. a), precisa la nozione di uso di un marchio di impresa in connessione con il suo uso avente effetto di conservazione del marchio stesso:

«(2)  Ai sensi del paragrafo 1 sono inoltre considerati come uso:

a)
l’uso del marchio di impresa in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio di impresa nella forma in cui esso è stato registrato;».

8.       Il regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario  (3) contiene disposizioni dello stesso tenore.

III – La domanda di pronuncia pregiudiziale

9.       La Court of Appeal è chiamata a pronunciarsi sulla controversia se lo slogan «HAVE A BREAK» possa essere registrato in Gran Bretagna come marchio per cioccolato, prodotti al cioccolato, confetteria, caramelle e biscotti. Ricorrente in appello è la Société des produits Nestlé SA, che è anche titolare per gli stessi gruppi di prodotti dei marchi registrati «HAVE A BREAK (…) HAVE A KIT KAT» e «KIT KAT». La Mars UK Ltd. si oppone alla registrazione del marchio «HAVE A BREAK».

10.     Tra le parti della causa a qua è controverso se lo slogan «HAVE A BREAK» possieda effettivo carattere distintivo in sé considerato (carattere distintivo intrinseco) ovvero sulla base dell’uso quale elemento componente del marchio di impresa «HAVE A BREAK … HAVE A KIT KAT», nel senso che un prodotto contraddistinto in tal modo verrebbe associato ai produttori della barra di cioccolato Kit Kat.

11.     L’Hearing officer (funzionario incaricato di sentire le parti) dell’Ufficio brevetti britannico e la sentenza di primo grado hanno negato la registrazione del marchio de quo, sulla base del rilievo che «HAVE A BREAK» non possedeva carattere distintivo intrinseco, né aveva acquisito il necessario carattere distintivo attraverso l’uso di «HAVE A BREAK (…) HAVE A KIT KAT».

12.     Alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, la Court of Appeal condivide la soluzione accolta nei precedenti gradi del procedimento, nel senso che «HAVE A BREAK» non possederebbe carattere distintivo intrinseco ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104.

13.     Tuttavia, la Court of Appeal non esclude che «HAVE A BREAK» abbia acquisito carattere distintivo attraverso il suo uso come elemento componente dello slogan, tutelato quale marchio, «HAVE A BREAK (…) HAVE A KIT KAT». È pur vero che nei precedenti gradi del procedimento sarebbe stato negato che l’uso come componente di un marchio possa avere valore probatorio con riguardo ad un autonomo carattere distintivo, ma, a parere della Court of Appeal, anche una simile componente del marchio potrebbe acquisire carattere distintivo proprio,costituendo ad esempio per il consumatore un riferimento obbligato al marchio protetto.

14.     La Court of Appeal sottoponeva pertanto alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se il carattere distintivo di un marchio, ai sensi dell’art. 3, n. 3, della direttiva del Consiglio 89/104/CEE e dell’art. 7, n. 3, del regolamento del Consiglio n. 40/94, possa essere acquisito per effetto o in conseguenza dell’uso di tale marchio come componente di un altro marchio o in combinazione con esso».

IV – Valutazione

A – Introduzione

15.     La domanda di pronuncia pregiudiziale concerne la questione se la locuzione «HAVE A BREAK» possa essere registrata come marchio. Salvi determinati casi particolari, qui non pertinenti  (4) , un segno – vale a dire anche una locuzione – può essere registrato in base alla direttiva 89/104  (5) come marchio di impresa se possiede carattere distintivo. Ciò emerge dal tenore e dall’ordine logico‑sistematico delle diverse disposizioni della direttiva sugli impedimenti alla registrazione nonché dai ‘considerando’ della direttiva medesima  (6) .

16.     Carattere distintivo significa che il segno è idoneo ad identificare un prodotto o servizio come proveniente da una determinata impresa e, quindi, a distinguerlo da quelli di altre imprese  (7) . La Corte di giustizia muove da un concetto universale di carattere distintivo che non può essere sostituito da criteri specifici dettati per marchi particolari  (8) .

17.     Nel valutare se ad un marchio debba essere riconosciuto carattere distintivo rilevano i prodotti o servizi per i quali è stata richiesta la registrazione nonché la percezione del marchio da parte degli ambienti interessati, rappresentati dai consumatori medi dei prodotti o servizi in questione, normalmente informati e ragionevolmente attenti ed avveduti  (9) . Ciò deve costituire oggetto di una valutazione concreta  (10) .

18.     Si distingue tra carattere distintivo intrinseco e carattere distintivo acquisito. Il carattere distintivo intrinseco è valutato in connessione con l’impedimento alla registrazione costituito dalla mancanza di carattere distintivo, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104. Questo esame deve essere condotto in modo sostanzialmente indipendente dall’uso del segno. Esso attiene esclusivamente al fatto se il segno possieda, in sé considerato, carattere distintivo.

19.     La Court of Appeal ha già accertato, nella specie, che i consumatori interessati percepiscono la locuzione «HAVE A BREAK» come invito di carattere neutro per quanto riguarda l'origine, al quale, conseguentemente, non viene attribuito alcun carattere distintivo intrinseco.

B – Sul concetto di uso

20.     Tuttavia, conformemente all’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104, un segno può ottenere, in seguito all’uso che ne è stato fatto, un carattere distintivo che esso originariamente non possedeva ed essere pertanto registrato come marchio. Il segno acquisisce, quindi, solo attraverso il suo uso il carattere distintivo che è il presupposto per la sua registrazione. Questa norma attenua sensibilmente la regola dettata dall’art. 3, n. 1, lett. b), che esclude dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo  (11) .

21.     Con la questione pregiudiziale la Court of Appeal chiede, inoltre, se anche una componente di un marchio possa acquisire, ai sensi dell’art. 3, n. 3, per effetto dell’uso del marchio principale, carattere distintivo in modo autonomo ed indipendente dal marchio principale stesso. La Nestlé cerca infatti di dimostrare che, per effetto dell’uso del marchio principale «HAVE A BREAK (…) HAVE A KIT KAT», avrebbe acquisito carattere distintivo anche la componente controversa «HAVE A BREAK». La Mars nega, per contro, che un siffatto valore probatorio possa essere ricollegato all’uso del marchio principale ed ammette soltanto un uso della componente indipendente dal marchio principale.

22.     Al riguardo, occorre anzitutto precisare che la Corte di giustizia, nell’ambito del procedimento pregiudiziale, non può stabilire se un determinato segno abbia acquisito o meno carattere distintivo. Compito della Corte è piuttosto quello di interpretare il diritto comunitario, affinché il giudice nazionale lo possa correttamente applicare alla causa a qua. Di conseguenza, la Corte di giustizia può pronunciarsi soltanto sull’interpretazione dell’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104 e non sulla questione se «HAVE A BREAK» abbia acquisito carattere distintivo in Gran Bretagna.

23.     L’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104 consente la registrazione di un marchio quando esso abbia acquisito carattere distintivo a seguito del suo uso. La Mars e la Commissione deducono da questa formulazione che un uso quale componente di un altro marchio non possa essere fatto valere per provare l’acquisizione del carattere distintivo, ai sensi dell’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104. Quest’interpretazione non convince, poiché – come sostenuto anche dal governo irlandese – l’uso di un marchio, come risulta dal senso stesso della parola, comprende tanto il suo uso autonomo, quanto, parimenti, il suo uso come componente di un altro marchio complesso.

24.     Né conclusione diversa può essere tratta, contrariamente a quanto sostenuto dal governo britannico, dall’art. 10, della direttiva 89/104. Gli artt. 10 e segg. riguardano la perdita per mancato uso della tutela prevista dalla disciplina del marchio. Il titolare di un marchio può riservare determinati segni al suo uso esclusivo, ai fini del diritto di marchio, solo quando egli li utilizzi effettivamente. Sarebbe sicuramente errato, da un punto di vista logico‑sistematico, riconoscere l’uso ai fini dell’acquisizione del carattere distintivo, ma non ritenerlo sufficiente ad impedire la perdita della tutela prevista dalla disciplina del marchio. Nondimeno, non è escluso che l’uso di un marchio quale componente di un altro marchio possa essere sufficiente anche nell’ambito dell’art. 10. È considerato uso, ai sensi dell’art. 10, n. 2, lett. a), anche l’uso del marchio in una forma che si differenzi per taluni elementi non idonei ad alterarne il carattere distintivo nella forma in cui è stato registrato. In tale definizione può essere ricompreso anche l’uso di un segno come componente di un marchio principale. È pur vero che tale componente verrebbe registrata non solo quale componente del marchio principale, bensì anche singolarmente senza i restanti elementi componenti del marchio principale, ma l’uso del marchio principale si differenzierebbe dal marchio parziale registrato unicamente con riguardo a talune componenti. Il carattere distintivo del marchio parziale ne resterebbe integro qualora detto marchio abbia acquisito tale carattere attraverso lo stesso uso anteriormente alla sua registrazione.

25.     La nozione di uso di un marchio viene impiegata, accanto all’art. 3, n. 3, e all’art. 10, della direttiva 89/104, anche nell’ambito dell’art. 5, in cui vengono definiti i diritti conferiti dal marchio di impresa. Il titolare del marchio può vietare a terzi di usare il suo marchio o altri segni quando sussista rischio di confusione. A tale riguardo, la Corte ha limitato la nozione di uso ai casi in cui l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni e, in particolare, la funzione principale del marchio di impresa, consistente nel garantire ai consumatori l’origine del prodotto  (12) . Questa limitazione scaturisce dal fatto che gli scopi della tutela predisposta dalla disciplina del marchio non consentono di vietare l’uso del marchio – limitando in tal modo la libertà dell’utilizzatore –, quando tale uso sia irrilevante rispetto alla funzione del marchio  (13) .

26.     La nozione di uso nel quadro dell’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104 è tuttavia più ampia di quella accolta nell’art. 5, n. 1, poiché le viene attribuita una funzione completamente diversa. Nell’art. 3, n. 3, tale nozione non è diretta a definire la portata della tutela prevista dalla disciplina del marchio, bensì solo descrivere in qual modo un segno, di per sé non distintivo, possa acquisire carattere distintivo, vale a dire attraverso l’uso. È perciò determinante stabilire se l’uso possa condurre all’acquisizione di carattere distintivo anche rispetto a componenti di un marchio.

27.     Secondo la Mars, questa interpretazione verrebbe contraddetta dalla sentenza Philips  (14) . In questa causa la Corte di giustizia ha preteso espressamente, ai fini dell’acquisizione di carattere distintivo, «l’uso di un marchio in quanto marchio».

28.     Nella sentenza Philips la Corte ha esaminato, inter alia, se un segno consistente nella forma di un prodotto possa acquisire carattere distintivo per effetto dell’uso. Nella specie, si trattava della rappresentazione della superficie superiore di un rasoio elettrico con tre testine rotanti, composta da tre testine circolari a lame rotanti disposte a forma di triangolo equilatero. Da tempo rasoi di questa forma venivano venduti esclusivamente dalla Philips, secondo la quale, detta rappresentazione grafica, registrata come marchio, avrebbe acquisito carattere distintivo per effetto di tale commercializzazione esclusiva protrattasi per lungo tempo.

29.     La Corte di giustizia è partita dal presupposto che, per poter valutare il carattere distintivo di un segno consistente nella forma di un prodotto, quindi anche il carattere distintivo acquisito per effetto del suo uso, occorresse far riferimento alle modalità con cui un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, percepisce la categoria di prodotti o servizi in questione.  (15) .

30.     La Corte ha poi tuttavia così qualificato questa operazione di verifica:

«Infine l’identificazione, da parte degli ambienti interessati, del prodotto come proveniente da un’impresa determinata dev’essere effettuata grazie all’uso del marchio in quanto marchio e, quindi, grazie alla natura ed all’effetto di quest’ultimo che lo rendono adatto a distinguere il prodotto in questione da quelli di altre imprese»  (16) .

31.     La Mars ne trae la conclusione che l’uso di un segno come componente di un marchio non possa essere impiegato al fine di dimostrare l’acquisizione del carattere distintivo. Nondimeno, questa conclusione non convince già per il solo motivo che la sentenza Philips non contiene alcuna indicazione quanto al fatto che l’uso di una serie di segni quale componente di un marchio non possa costituire uso di un marchio in quanto tale.

32.     Inoltre, il passo richiamato supra può essere collocato nel contesto complessivo della giurisprudenza in tema di diritto di marchio, solamente qualora l’uso di un marchio in quanto tale includa ogni uso che conduca all’acquisizione di carattere distintivo. In caso contrario, vi sarebbero dei segni che, sebbene abbiano acquisito carattere distintivo, non potrebbero essere tutelati in quanto marchi, solo perché l’uso del segno, da cui è derivato tale carattere distintivo, non costituiva un «uso in quanto marchio». In linea di principio la Corte prende, infatti, in considerazione soltanto il carattere distintivo e respinge la rilevanza di criteri specifici per determinati tipi di marchi  (17) . Segni distintivi, quindi, possono vedersi negato il riconoscimento come marchi solo quando sussista uno degli impedimenti alla registrazione – cosiddetti «preliminari» nel lessico della sentenza Linde –, qualificati come non superabili ai sensi dell’art. 3, nn. 1 e 3, della direttiva 89/104  (18) .

33.     La nozione di uso nell’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104 deve perciò essere intesa in base al risultato che ne consegue. Ogni uso che conferisca ad un segno il carattere distintivo indispensabile per la registrazione come marchio, va considerato quale uso di un marchio in quanto tale e soddisfa i requisiti fissati dall’art. 3, n. 3. Questa interpretazione è confermata dal menzionato passo della sentenza Philips, laddove la Corte fa riferimento anche alla «natura ed effetto» di un marchio  (19) . Natura ed effetto di un marchio costituiscono tuttavia proprio la funzione distintiva. Un uso che conduca all’acquisizione di carattere distintivo deve perciò trovare considerazione nel quadro dell’art. 3, n. 3.

34.     A favore dell’applicazione di criteri più severi nella valutazione del carattere distintivo di componenti di un marchio depone, tuttavia, a parere del governo britannico e della Mars, il rischio di un’ingiustificata estensione della tutela del marchio principale. Questo timore scaturisce dalla riflessione che le componenti di un marchio non acquisiscono un carattere distintivo proprio, traendolo invece solo dal carattere distintivo del marchio principale. Se si riconoscesse questo carattere distintivo derivato, allora si dovrebbe anche riconoscere l’esistenza di ulteriori marchi derivati di secondo grado, i quali, dal canto loro non avrebbero acquisito alcun carattere distintivo proprio, bensì unicamente in via derivata da marchi derivati di primo grado. Questo processo di estensione potrebbe continuare ad infinitum.

35.     Prima facie non sembra che tale rischio possa essere escluso. Tuttavia, ad una più attenta considerazione, tale riflessione si rivela fallace. La possibile derivazione del carattere distintivo dipende infatti dal carattere distintivo del corrispondente marchio principale, carattere che è ad esso intrinseco ovvero gli proviene dall’uso. Marchi principali con forte carattere distintivo tendono a trasmettere un carattere distintivo relativamente intenso ai loro elementi componenti. Allo stesso tempo, nei marchi forti sussistono relativamente numerose componenti e variazioni del marchio principale le quali possiedono carattere distintivo autonomo già per effetto dell’uso del marchio principale, in quanto consentono al pubblico interessato di risalire al marchio principale e, quindi, all’origine del prodotto, anche nel caso in cui tali componenti vengano impiegate quali marchi indipendentemente dal marchio principale. Il marchio principale distintivo trasmette quindi carattere distintivo ai marchi derivati. L’estensione della tutela del marchio è la necessaria conseguenza di questa trasmissione del carattere distintivo.

36.     Tuttavia, i marchi derivati, di regola, non possono trasmettere carattere distintivo in egual misura agli ulteriori marchi derivati di grado subordinato. Essi godono di notorietà notevolmente inferiore rispetto al marchio principale. Se già un marchio derivato di primo grado non possiede autonomo sufficiente carattere distintivo, ma acquisisce carattere distintivo attraverso il collegamento con il marchio principale, è improbabile che un marchio derivato di secondo grado possa acquisire carattere distintivo solo sulla base del suo collegamento con il primo marchio derivato. Di conseguenza, è difficilmente configurabile il rischio di un’estensione della tutela prevista per i marchi di impresa.

37.     Il governo britannico riprende inoltre l’argomentazione dell’Hearing Officer, negando la registrazione di marchi che siano solo simili al marchio registrato e che possano pertanto essere confusi con quest’ultimo. La registrazione sarebbe consentita soltanto quando vi sia stato uso effettivo di segni, che di per sé siano stati percepiti dai consumatori interessati quale riferimento all’origine del prodotto.

38.     Quest’interpretazione è esatta, laddove esclude dalla registrazione segni che né hanno carattere distintivo intrinseco, né sono stati oggetto di uso. A norma dell’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104, segni privi di carattere distintivo intrinseco possono acquisire tale carattere solo attraverso l’uso. In tal senso, la necessità dell’uso osta alla registrazione come marchi di segni il cui carattere distintivo si ricavi solamente dalla loro somiglianza con un marchio principale forte senza che siano stati peraltro utilizzati unitamente a tale marchio principale forte. Ciò non esclude tuttavia che l’uso di componenti di un marchio quali componenti del marchio principale possa altresì far acquisire carattere distintivo alle suddette componenti.

39.     In ultima analisi, anche il suesposto raffronto tra carattere distintivo – che legittima la registrazione come marchio – e rischio di confusione – ostativo alla registrazione – è però inconcludente. Rischio di confusione e carattere distintivo si fondano entrambi sul fatto che il consumatore deduca da un segno usato come marchio l’indicazione che il prodotto da esso contrassegnato provenga dal relativo titolare. Si verifica quindi una sovrapposizione tra l’insieme dei segni che i consumatori interessati potrebbero confondere con un marchio principale e l’insieme delle componenti di tale marchio principale da cui i consumatori medesimi traggono, quanto all’origine del prodotto contrassegnato, la stessa indicazione che potrebbero trarre dal marchio medesimo. Nonostante tale sovrapposizione, resta il fatto che queste parti debbano essere riconosciute come marchio se hanno acquisito carattere distintivo.

40.     Inoltre, anche la prassi delle istituzioni comunitarie competenti non ha finora negato, in linea di principio, il riconoscimento come marchio a componenti di un marchio che abbiano (o debbano aver) acquisito carattere distintivo per effetto dell’uso del marchio principale. Il segno controverso nella sentenza Windsurfing Chiemsee era costituito dalla parola Chiemsee, la quale, attraverso il suo uso nel contesto complessivo di un marchio figurativo, poteva acquisire carattere distintivo  (20) . Il Tribunale di primo grado è stato chiamato a pronunciarsi, nella causa Alcon, in merito ad una componente di marchi denominativi più complessi  (21) e, nella sentenza Eurocermex (22) , in merito ad un marchio figurativo, utilizzato per lo più unitamente a marchi denominativi, senza sollevare la questione dell’uso in combinazione con il marchio principale. Anche la Commissione di ricorso dell’UAMI non ha ravvisato nel procedimento di opposizione Ringling Bros, menzionato dalle parti, motivo per escludere la possibile acquisizione di carattere distintivo per effetto dell’uso di un marchio denominativo quale elemento componente di un marchio composto denominativo/figurativo  (23) . Infine, anche la nota pratica redatta dagli Esaminatori dell’UAMI del 1° marzo 1999, relativa alla dimostrazione dell’uso, ammette la prova dell’uso come elemento di un segno più complesso  (24) .

41.     Di conseguenza, l’uso di una locuzione quale elemento di un marchio denominativo può, in linea di principio, far sì che la locuzione stessa acquisisca il carattere distintivo necessario per poter essere registrata come marchio.

C – Sulla valutazione della prova dell’acquisizione del carattere distintivo

42.     Nondimeno, la domanda di pronuncia pregiudiziale evidenzia come il carattere distintivo di componenti di marchi già usati sollevi particolari difficoltà, che possono essere prese in considerazione nonostante la valenza universale del criterio del carattere distintivo. La Corte ha infatti ritenuto che, se è pur vero che i criteri di valutazione del carattere distintivo sono i medesimi per le varie categorie di marchi, in sede di applicazione di tali criteri può risultare che le aspettative degli ambienti interessati non siano necessariamente le stesse per ognuna di tali categorie e che, pertanto, potrebbe risultare più difficile stabilire il carattere distintivo dei marchi di alcune categorie  (25) .

43.     Gli ambienti commerciali interessati percepiscono normalmente – come correttamente sottolineato dalla Commissione – i marchi complessi come un tutt’uno e non effettuano un esame dei vari dettagli, in particolare degli elementi componenti del marchio stesso  (26) . Già per questo motivo la Corte, nella valutazione di marchi composti, ha escluso un’analisi separata delle singole componenti, dovendosi piuttosto considerare l’impressione d’insieme da essi suscitata  (27) . Ai fini della dimostrazione dell’acquisizione di carattere distintivo per effetto dell’uso come componente di un marchio composto non è pertanto sufficiente documentare l’uso del marchio composto stesso. Occorre piuttosto dimostrare che gli ambienti interessati percepiscano la componente di cui trattasi, utilizzata separatamente, in modo tale da identificare un prodotto come proveniente da una determinata impresa e, quindi, da distinguerlo da quelli di altre imprese.

44.     Risulta così evidente l’acquisizione di carattere distintivo quando l’elemento in questione appaia essenziale rispetto al marchio composto, come, ad esempio, nel caso del marchio oggetto della sentenza Windsurfing Chiemsee  (28) . Viceversa, appare improbabile che componenti di secondaria importanza manifestino il necessario carattere distintivo se utilizzate separatamente. I consumatori interessati non riferiscono, di norma, i prodotti e servizi contraddistinti da una componente secondaria di un marchio al titolare del marchio complessivo.

45.     Nella presente causa, tuttavia, non si deve partire dall'idea che si tratti di una componente di secondaria importanza, già per il fatto che presumibilmente lo slogan «HAVE A BREAK», se utilizzato separatamente, indurrà di riflesso molti consumatori interessati ad un completamento con «HAVE A KIT KAT». Tuttavia, anche questo riflesso non è di per sé sufficiente a provare un carattere distintivo. Occorre piuttosto dimostrare che i consumatori interessati associno ai produttori di Kit Kat un prodotto o servizio contrassegnato dal marchio «HAVE A BREAK», ad esempio sotto forma di insegna di una rivendita di cioccolato o di dicitura posta su una scatola di biscotti. In tal senso, il governo britannico osserva giustamente che non è sufficiente che questi consumatori si chiedano solamente se il prodotto o servizio provenga da questo produttore. Ciò implicherebbe unicamente il rischio di confusione.

V – Conclusione

46.     Per questi motivi, suggerisco alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale nei seguenti termini:

L’uso di una locuzione quale elemento componente di un marchio denominativo può, in linea di principio, far sì che essa acquisisca il carattere distintivo necessario per poter essere registrata come marchio. La prova del carattere distintivo, acquisito attraverso l’uso come componente di un marchio complessivo, presuppone che gli ambienti interessati percepiscano l’elemento in questione, separatamente utilizzato, in modo tale da identificare un prodotto come proveniente da una determinata impresa e, quindi, a distinguerlo da quelli di altre imprese.


1
Lingua originale: il tedesco.


2
GU 1989 L 40, pag. 1, da ultimo modificata dalla decisione del Consiglio 19 dicembre 1991, 92/10/CEE (GU 1992 L 6, pag. 35).


3
GU 1994 L 11, pag. 1, da ultimo modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 27 ottobre 2003, n. 1992, che modifica il regolamento (CE) n. 40/94 sul marchio comunitario allo scopo di rendere operativa l’adesione della Comunità europea al protocollo relativo all’Intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, adottato a Madrid il 27 giugno 1989 (GU L 296, pag. 1).


4
Sono gli impedimenti alla registrazione «preliminari», ad esempio art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva 89/104. v., a tal riguardo, sentenze 18 giugno 2002, causa C‑299/99, Philips (Racc. pag. I‑5475, punti 74 e segg.), e 8 aprile 2003, cause riunite da C‑53/01 a C‑55/01, Linde e a. (Racc. pag. I‑3161, punti 43 e segg.).


5
Nella presente causa non è applicabile il regolamento n. 40/94 menzionato dalla Court of Appeal che qui non sarà più citato nel prosieguo. Tuttavia, in quanto attinente, sarà richiamata la giurisprudenza sulle corrispondenti disposizioni e nozioni del regolamento.


6
Sentenza Philips, cit. (punti 29 e segg.).


7
Sentenze 4 maggio 1999, cause riunite C‑108/97 e C‑109/97, Windsurfing Chiemsee (Racc. pag. I‑2779, punto 46), Linde, cit. (punti 40 e 47) e 21 ottobre 2004, causa C-64/02 P, HABM/Erpo Möbelwerk (Racc. pag. I‑0000, punto 33).


8
Sentenza HABM/Erpo Möbelwerk, cit. (punto 36).


9
Sentenze Philips (cit. supra, punti 59 e 63), Linde (cit. supra, punto 41), 12 febbraio 2004, cause C-218/01, Henkel (Racc. pag. I‑0000, punto 50), e C‑363/99, Koninklijke KPN Nederland (Racc. pag. I‑0000, punto 34), 29 aprile 2004, cause C‑456/01 P e C‑457/01 P, Henkel/HABM (Racc. pag. I‑0000, punto 35), C‑468/01 P a C‑472/01 P, Procter & Gamble/HABM (Racc. pag. I‑0000, punto 33) e C‑473/01 P e C‑474/01 P, Procter & Gamble/HABM (Racc. pag. I‑0000, punto 33).


10
Sentenza 16 settembre 2004, causa C‑404/02, Nichols (Racc. pag. I‑0000, punto 27).


11
Sentenza Windsurfing Chiemsee, cit. alla nota 7 (punti 44 e segg.).


12
V. sentenze 14 maggio 2002, causa C‑2/00, Hölterhoff (Racc. pag. I‑4187, punto 16), 12 novembre 2002, causa C‑206/01, Arsenal Football Club (Racc. pag. I‑10273, punti 51 e 54), e 16 novembre 2004, causa C‑245/02, Anheuser-Busch (Racc. pag. I‑0000, punto 59).


13
Sentenza Arsenal, cit. alla nota 12 (punti 51 segg.).


14
Cit. alla nota 4.


15
Sentenza Philips, cit. alla nota 4 (punto 63).


16
Sentenza Philips, cit. alla nota 4 (punto 64).


17
V. da ultimo la sentenza HABM/Erpo Möbelwerk, cit. alla nota 7 (punti 33 e segg.).


18
Tale affermazione della Corte di giustizia nella sentenza Philips, cit. alla nota 4 (punto 64) si spiega alla luce dell’impedimento preliminare alla registrazione, di cui all’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva 89/104 – la forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico. Il potenziale carattere distintivo del segno risultava, infatti, non dal segno o dal suo uso, bensì presumibilmente dalla circostanza che il consumatore ricollegava tutti gli apparecchi del tipo in questione a chi ne aveva detenuto il monopolio fino a quel momento, intendendo conseguentemente anche la rappresentazione di tali apparecchiature quale riferimento alla detta impresa. Sarebbe tuttavia bastato che la Corte avesse limitato a tal riguardo le sue considerazioni relative a tale impedimento preliminare, senza intraprendere il tentativo di integrarle nell’interpretazione dell’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104.


19
Questo riferimento risulta più chiaro nella versione francese della sentenza Philips, cit. alla nota 4 (punto 64) che nella versione tedesca e inglese, in quanto in francese l’usage è maschile e la marque femminile.


20
Cit. alla nota 7, punto 10.


21
Sentenza del Tribunale 5 marzo 2003, causa T‑237/01, Alcon/HABM‑Dr. Robert Winzer Pharma [BSS] (Racc. pag. II‑411, punto 59).


22
Sentenza del Tribunale 29 aprile 2004, causa T‑399/02, Eurocermex SA (Racc. pag. II‑0000, punti 50 e segg.).


23
Decisione della seconda Commissione di ricorso, 23 maggio 2001, causa R 111/2000-2 Ringling Bros.-Barnum & Bailey combined shows, Inc. [THE GREATEST SHOW ON EARTH].


24
Http://www.habm.eu.int/en/mark/marque/practice_note.htm, da ultimo visitato il 16 dicembre 2004.


25
Sentenza HABM/Erpo Möbelwerk, cit. alla nota 8 (punto 34).


26
Sentenze 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL (Racc. pag. I 6191, punto 23), e 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer (Racc. pag. I‑3819, punto 25).


27
Sentenze SABEL, cit. alla nota 26 (punto 23) e per un marchio verbale 19 settembre 2002, causa C‑104/00 P, DKV/HABM [COMPANYLINE] (Racc. pag. I‑7561, punto 24).


28
Cit. alla nota 7, punto 10.