Language of document : ECLI:EU:C:2000:183

SENTENZA DELLA CORTE

4 aprile 2000 (1)

«Regolamento (CE) n. 820/97 - Base giuridica»

Nella causa C-269/97,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori P. Van Nuffel e G. Berscheid, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del medesimo servizio, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

sostenuta dal

Parlamento europeo, rappresentato dai signori J. Schoo, capodivisione presso il servizio giuridico, e dalla signora E. Waldherr, amministratore presso lo stesso servizio, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il segretariato generale del Parlamento europeo, Kirchberg,

interveniente,

contro

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dal signor J-C. Piris, direttore generale del servizio giuridico, dal signor J. Carbery e dalla signora M. Sims, consiglieri giuridici, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Alessandro Morbilli, direttore generale della direzione «Affari giuridici» della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

convenuto,

avente ad oggetto un ricorso diretto all'annullamento del regolamento (CE) del Consiglio 21 aprile 1997, n. 820, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine (GU L 117, pag. 1),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, D.A.O. Edward e L. Sevón (relatore), presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, J.-P. Puissochet, P. Jann, H. Ragnemalm e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: A. Saggio


cancelliere: R. Grass

vista la relazione del giudice relatore,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 18 maggio 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 22 luglio 1997, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE), un ricorso diretto all'annullamento del regolamento (CE) del Consiglio 21 aprile 1997, n. 820, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carne bovina (GU L 117, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

2.
    Il 2 ottobre 1996 la Commissione ha presentato due proposte di regolamento, una che stabiliva un sistema d'identificazione e di registrazione dei bovini (GU C 349, pag. 10) e l'altra relativa all'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carne bovina (GU C 349, pag. 14). Queste due proposte si basavano sull'art. 43 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 37 CE).

3.
    Il 19 febbraio 1997 tali proposte hanno costituito oggetto di una discussione comune, in seduta plenaria, del Parlamento europeo, il quale ha adottato, nella proposta relativa all'etichettatura, un emendamento diretto alla sostituzione dell'art. 43 del Trattato con l'art. 100 A del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 95 CE). Per contro, nella proposta relativa all'identificazione e alla registrazione dei bovini, non è stato adottato alcun emendamento in tal senso, ma il relatore, sostenuto da altri intervenienti, ha chiesto alla Commissione di accettare di modificare la base giuridica di tale proposta e di sostituirla con l'art. 100 A del Trattato.

4.
    Le due proposte di regolamento sono state poi fuse dalla Commissione, che ha presentato, il 7 marzo 1997, un'unica proposta modificata basata sull'art. 100 A del Trattato (GU C 100, pag. 22).

5.
    Il 21 aprile 1997 il regolamento impugnato è stato adottato all'unanimità dal Consiglio, dopo che questo ne aveva modificato, in particolare, la base giuridica ed aveva optato a favore dell'art. 43 del Trattato.

6.
    Il titolo I del regolamento impugnato istituisce il sistema d'identificazione e di registrazione dei bovini. Secondo l'art. 3 del suddetto regolamento, tale sistema comprende marchi auricolari per l'identificazione dei singoli animali, basi di dati informatizzate, passaporti per gli animali e registri individuali tenuti presso ciascuna azienda. Le disposizioni relative a tale sistema sostituiscono, per quanto riguarda i bovini, quelle che figurano nella direttiva del Consiglio 27 novembre 1992, 92/102/CEE, relativa all'identificazione e alla registrazione degli animali (GU L 355, pag. 32).

7.
    Il titolo II del regolamento impugnato riguarda l'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine. Tale regolamento autorizza l'etichettatura da parte degli operatori o delle organizzazioni che lo desiderano, secondo un sistema di approvazione da parte degli Stati membri, ed elenca, all'art. 16, le informazioni che possono figurare sulle etichette. L'art. 19, n. 1, del regolamento prevede l'istituzione di un sistema comunitario di etichettatura obbligatorio a decorrere dal 1° gennaio 2000, non escludendo tuttavia la possibilità, per uno Stato membro, di applicare tale sistema solo su base facoltativa alle carni bovine commercializzate nel suo territorio. L'art. 19, n. 4, dello stesso regolamento autorizza gli Stati membri che dispongono di un sistema adeguatamente perfezionato di identificazione e di registrazione dei bovini ad imporre un sistema di etichettatura prima del 1° gennaio 2000.

8.
    La Commissione sostiene che l'adozione del regolamento impugnato in base all'art. 43 del Trattato e secondo le procedure ivi contemplate costituisce una violazione delle forme sostanziali ai sensi dell'art. 173, secondo comma, del Trattato. Essa ritiene, in via principale, che la corretta base giuridica del regolamento impugnato sia l'art. 100 A del Trattato e, in subordine, che tale regolamento avrebbe dovuto basarsi sugli artt. 43 e 100 A del Trattato. In entrambe le ipotesi esso avrebbe dovuto essere adottato secondo la procedura di codecisione.

9.
    Secondo la Commissione, il ricorso all'art. 100 A del Trattato era giustificato dal fatto che l'obiettivo principale del regolamento impugnato è la protezione della salute umana, di cui all'art. 129 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 152 CE), e che, in un settore così importante, il Parlamento deve poter partecipare al processo legislativo.

10.
    E' infatti nel contesto della crisi dell'encefalopatia spongiforme bovina (in prosieguo: la «ESB») che il regolamento impugnato è stato adottato per la protezione della salute umana. I provvedimenti di rintracciabilità sarebbero stati specificamente concepiti con riguardo alla lotta contro l'ESB e risponderebbero alla domanda espressa dal Consiglio nella sessione straordinaria svoltasi dal 1° al 3 aprile 1996 e dedicata all'ESB. Peraltro, le informazioni previste dal sistema d'etichettatura mirerebbero ad assicurare al consumatore che la carne che acquista non presenti rischi per la salute.

11.
    Questo particolare obiettivo di protezione della salute, espresso in particolare nel primo e nel terzo 'considerando‘ del regolamento impugnato, spiegherebbe il fatto che tale regolamento non si applica agli animali della specie suina, ovina e caprina, non riguardati dalla crisi dell'ESB.

12.
    La Commissione sostiene che non è perché il regolamento impugnato riguarda i prodotti che rientrano nell'allegato II del Trattato che esso doveva essere adottato in base all'art. 43. Altre normative comunitarie che comprendono, per una parte rilevante, prodotti contemplati nell'allegato II del Trattato si basano su disposizioni diverse dall'art. 43, come la direttiva del Consiglio 18 dicembre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (GU L 33, pag. 1), basata sugli artt. 100 del Trattato CE (divenuto art. 94 CE) e 227 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 299 CE), mentre le direttive che la modificano si basano, a decorrere dall'entrata in vigore dell'Atto unico europeo, sull'art. 100 A del Trattato.

13.
    La Commissione assume che gli autori del Trattato avevano l'intento d'imporre la procedura di codecisione per le materie contemplate negli artt. 129 e 100 A del Trattato. Sarebbe anomalo mantenere un'eccezione per i provvedimenti che mirano a proteggere la sanità pubblica nel caso in cui tali provvedimenti riguardino prodotti agricoli.

14.
    Per quanto riguarda l'art. 129, n. 1, terzo comma, del Trattato, secondo il quale le esigenze in materia di protezione della salute costituiscono una componente delle altre politiche della Comunità, la Commissione sostiene che non si potrebbe desumerne che una misura che ha come finalità principale la protezione della sanità pubblica rientri nella politica agricola comune qualora contempli la produzione e la commercializzazione di prodotti agricoli.

15.
    La Commissione ammette che più volte la Corte ha affermato che l'art. 43 del Trattato costituisce il fondamento giuridico appropriato di qualsiasi normativa attinente alla produzione ed alla messa in commercio dei prodotti agricoli elencati nell'allegato II del Trattato che contribuisca alla realizzazione di uno o più obiettivi della politica agricola sanciti dall'art. 39 del Trattato CE (divenuto art. 33 CE), e che normative di questo tipo possono comportare l'armonizzazione delle disposizioni nazionali in materia senza che sia necessario ricorrere all'art. 100 del Trattato (sentenze 23 febbraio 1988, causa 68/86, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. 855, punto 14, e causa 131/86, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. 905, punto 19; sentenze 16 novembre 1989, causa C-131/87, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 3743, punto 10, e 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I-4023, punto 23). Essa ritiene cionondimeno che deve essere fatta una distinzione in quanto dopo tali sentenze, il Trattato è stato modificato e, in particolare, l'art. 129 è stato introdotto nel Trattato CE dal Trattato sull'Unione europea.

16.
    In proposito la Commissione rileva che le direttive, che erano in questione in queste ultime cause e la cui base giuridica veniva contestata, erano anteriori all'entrata in vigore dell'Atto unico europeo e si basavano sull'art. 100 del Trattato. Essa ne desume che, dopo la giurisprudenza richiamata al punto precedente, l'evoluzione delle disposizioni del Trattato relative alla sanità pubblica consente di riconsiderare l'interpretazione fatta, allora, dalla Corte della relazione tra gli artt. 43 e 100 del Trattato. Essa rileva che il suo punto di vista trova conferma nel testo del Trattato di Amsterdam, giacché l'art. 152 CE costituirà, secondo il n. 4, lett. b), la base giuridica per l'adozione, da parte del Consiglio, «in deroga all'articolo 37, [delle] misure nei settori veterinario e fitosanitario il cui obiettivo primario sia la protezione della sanità pubblica».

17.
    La Commissione conclude che non è in contrasto con la citata giurisprudenza ritenere che misure il cui scopo principale è la sanità pubblica, ma che riguardano altresì la politica agricola comune, possano basarsi su una disposizione diversa dall'art. 43 del Trattato.

18.
    In subordine, sostiene che il regolamento impugnato doveva basarsi congiuntamente sugli artt. 44 e 100 A del Trattato. Essa ritiene che, in un settore così importante come quello della sanità pubblica, il Parlamento debba poter partecipare al processo legislativo.

19.
    La Commissione assume infine che rilevanti motivi, in particolare la sanità pubblica e la certezza del diritto, giustificano che, se la Corte decide di accogliere la sua domanda, essa mantenga in via provvisoria, ai sensi dell'art. 174, secondo comma, del Trattato (divenuto art. 231, secondo comma, CE), l'insieme degli effetti del regolamento impugnato fino all'adozione da parte del legislatore comunitario di una nuova normativa in materia, basata sulla adeguata base giuridica.

20.
    Il Parlamento ritiene che la base giuridica pertinente per l'adozione del regolamento impugnato sia l'art. 100 A del Trattato, che si applica a causa del rinvio ad esso fatto dall'art. 129 A, n. 1, lett. a), del Trattato [divenuto, in seguito a modifica, art. 153, n. 3, lett. a), CE], che contempla la protezione dei consumatori, compresa la protezione contro i rischi per la salute.

21.
    Esso sostiene che il contesto nel quale è stato adottato il regolamento impugnato, che è un elemento obiettivo, consente di determinare meglio lo scopo del legislatore. Nel caso di specie lo scopo andava oltre il solo motivo di ristabilire il mercato della carne bovina ed era quello di proteggere i consumatori e la loro salute con una migliore trasparenza istituita con la registrazione dei bovini e l'etichettatura della carne.

22.
    Per quanto riguarda la giurisprudenza citata dalla Commissione, il Parlamento rileva che in tali cause le normative sottoposte alla Corte avevano come scopo principale la commercializzazione dei prodotti agricoli nel mercato interno e contemplavano la sanità pubblica solo in via accessoria e complementare.

23.
    Al pari della Commissione, il Parlamento ritiene che tale giurisprudenza non sia più applicabile, dato che risale ad epoca anteriore alla data dell'entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea, il quale ha introdotto gli artt. 129 e 129 A, volti ad una maggiore protezione della sanità pubblica e dei consumatori.

24.
    Il Parlamento deduce altresì un argomento relativo all'interpretazione sistematica del Trattato. A suo avviso, il fatto che il Trattato preveda, negli artt. 129, 129 A e 100 A, la procedura di codecisione dev'essere considerato come espressione di una volontà generale degli autori del Trattato di far partecipare il Parlamento, in quanto colegislatore, all'adozione degli atti che hanno rilevanza diretta per il benessere dei cittadini. Esso sottolinea di aver avuto un ruolo preponderante nell'inchiesta sui problemi della crisi dell'ESB e di aver preso iniziative dirette a tutelare meglio i cittadini dai pericoli derivanti dal consumo di carne bovina. Sarebbe in contrasto con il nuovo orientamento del Trattato a favore di una maggiore protezione dei cittadini e di una partecipazione qualificata del Parlamento al processo decisionale che norme in materia di sanità pubblica e di protezione dei consumatori siano ancora adottate sulla sola base dell'art. 43 del Trattato. A sostegno del suo argomento, il Parlamento invoca la sentenza 11 giugno 1991, causa C-300/89, Commissione/Consiglio (Racc. pag. I-2867).

25.
    In subordine il Parlamento sostiene che il regolamento impugnato avrebbe dovuto basarsi sugli artt. 43 e 100 A del Trattato, giacché persegue due obiettivi indissociabili.

26.
    Dato che la lite verte su una questione formale e non sulla sostanza dell'atto, il Parlamento chiede che, in caso d'annullamento del regolamento impugnato, la Corte mantenga i suoi effetti fino al momento in cui il legislatore comunitario avrà adottato un nuovo atto. Esso auspica cionondimeno che la Corte fissi un termine ragionevole al legislatore per porre fine all'illegittimità.

27.
    Il Consiglio nega che il contesto dell'adozione di un atto debba essere preso in considerazione per determinarne la base giuridica. Esso ammette che il contesto può presentare un certo interesse generale per la comprensione dell'atto, ma ritiene che non si tratti di un fattore determinante della scelta della base giuridica. Relativamente a questo punto, esso richiama la giurisprudenza della Corte secondo cui la scelta della base giuridica di un atto deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale. Tra detti elementi figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell'atto (v., in particolare, sentenza 26 marzo 1996, causa C-271/94, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-1689, punto 14).

28.
    In proposito il Consiglio deduce che lo scopo principale del regolamento impugnato non è la protezione della sanità pubblica, bensì il ripristino della stabilità del mercato della carne bovina a seguito della crisi dell'ESB, cioè un obiettivo di politica agricola comune previsto dall'art. 39, n. 1, lett. c), del Trattato, il cui corollario è il soddisfacimento di talune esigenze d'interesse generale, come ristabilire la fiducia del consumatore e proteggere la salute umana e animale. L'esigenza di tutela della sanità pubblica, indirettamente connessa allo scopo principale, sarebbe presa in considerazione in conformità a quanto prescritto dall'art. 129, n. 1, terzo comma, del Trattato.

29.
    Il modo scelto consisteva nel migliorare la trasparenza delle condizioni di produzione e di commercializzazione dei prodotti, il che doveva ristabilire la fiducia dei consumatori nella carne bovina, fare aumentare le vendite e rilanciare il mercato (primo-quarto 'considerando‘). Con il sistema di identificazione e di registrazione degli animali, il regolamento impugnato mirava pure a soddisfare le esigenze definite dalla legislazione veterinaria comunitaria (quinto e sesto 'considerando‘) ed a consentire la gestione di alcuni regimi di aiuti comunitari (settimo 'considerando‘).

30.
    Il Consiglio rileva in particolare che il fatto che il regolamento impugnato non mirasse ad istituire precise garanzie in materia di sanità risulta dall'espressa formulazione dell'art. 12 (e del ventiduesimo 'considerando‘), in cui viene precisato che le disposizioni adottate non pregiudicano la normativa comunitaria vigente nel settore veterinario e riguardante garanzie in materia di sanità.

31.
    In particolare, la parte del regolamento impugnato relativa all'etichettatura mirava, secondo il Consiglio, a migliorare la conoscenza che il consumatore ha del prodotto, e non a garantirgli direttamente che il taglio di carne messo in vendita non presentasse alcun pericolo dal punto di vista della sanità pubblica.

32.
    Il Consiglio rileva altresì che le misure di rintracciabilità renderanno più facile scoprire gli animali affetti da malattie, ma che, tenuto conto del periodo d'incubazione dell'ESB, esse non possono considerarsi misure adeguate di sanità pubblica capaci di sradicare l'ESB.

33.
    Tenuto conto del suo contenuto e dei suoi scopi, il regolamento impugnato apparterrebbe alla categoria delle misure destinate a disciplinare le condizioni di produzione e di commercializzazione dei prodotti elencati nell'allegato II del Trattato, contemplate dall'art. 2 del regolamento (CEE) del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine (GU L 148, pag. 24), che prevede l'adozione di misure volte a promuovere una migliore organizzazione della produzione, della trasformazione e della commercializzazione e di misure dirette a migliorare la qualità.

34.
    Per contro, la direttiva 79/112 menzionata dalla Commissione non apparterrebbe a tale categoria, dato che non contemplerebbe la produzione o la commercializzazione di prodotti agricoli.

35.
    Riferendosi alla giurisprudenza citata dalla Commissione, il Consiglio ricorda che in tali sentenze la Corte ha in particolare dichiarato che l'art. 38, n. 2, del Trattato CE (divenuto art. 32, n. 2, CE) assicura la preminenza delle disposizioni specifiche in materia di agricoltura rispetto alle disposizioni generali relative al funzionamento del mercato unico.

36.
    Esso rileva come il fatto che gli artt. 100 A e 129 del Trattato siano stati aggiunti al Trattato successivamente a tali sentenze non costituisca un motivo sufficiente per mettere in discussione i principi giuridici che derivano da tali sentenze. Esso assume che l'art. 100 A, n. 1, del Trattato prevede che le sue disposizioni, si applicano, «salvo che il presente Trattato non disponga diversamente».

37.
    Il Consiglio contesta altresì che la modifica prevista dal Trattato di Amsterdam comporti già il ricorso all'art. 100 A, contrariamente alla giurisprudenza esistente.

38.
    Esso fa presente che, se la Commissione ha modificato la sua posizione per quanto riguarda la base giuridica della proposta di regolamento, lo ha fatto per motivi politici, a seguito di un impegno assunto nei confronti del Parlamento.

39.
    In proposito il Consiglio qualifica l'argomento del Parlamento relativo alla sistematica del Trattato argomento fondato sulle necessità politiche piuttosto che sulla preminenza del diritto. Esso ricorda che il corretto processo decisionale deriva dalla determinazione della base giuridica adeguata e non viceversa.

40.
    La soluzione sancita dalla giurisprudenza, secondo cui è necessario applicare criteri obiettivi per scegliere una base giuridica, sarebbe la sola che rispetterebbe pienamente il Trattato. Essa consentirebbe di evitare la soggettività delle istituzioni e, pertanto, iltentativo di opportunismo politico. Un cambiamento di giurisprudenza avrebbe come conseguenza la moltiplicazione dei conflitti tra le istituzioni.

41.
    Il Consiglio contesta inoltre la domanda, proposta in subordine dalla Commissione, che l'atto sia basato su una duplice base giuridica, dato che non è possibile dimostrare che tale atto persegue due obiettivi distinti.

42.
    Tuttavia, nel caso in cui la Corte dichiari nullo l'atto impugnato, il Consiglio chiede che i suoi effetti siano mantenuti sino all'adozione di un nuovo regolamento.

Giudizio della Corte

43.
    Costituisce giurisprudenza costante che, nell'ambito del sistema di competenze della Comunità, la scelta della base giuridica di un atto deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale. Tra detti elementi figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell'atto (v., in particolare, sentenze Parlamento/Consiglio, citata, punto 14, e 23 febbraio 1999, causa C-42/97, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-869, punto 36).

44.
    Sono irrilevanti in proposito l'auspicio di un'istituzione di partecipare più intensamente all'adozione di un determinato atto, il lavoro effettuato per altro motivo nel settore di azione in cui rientra l'atto o il contesto dell'adozione dell'atto.

45.
    Inoltre gli atti comunitari devono essere adottati in conformità alle norme del Trattato vigenti al momento della loro adozione. Sarebbe in contrasto con il principio della certezza del diritto prendere in considerazione, per determinare la base giuridica di un atto del genere, un'asserita evoluzione dei rapporti fra istituzioni che non sia ancora sancita dai testi normativi o che risulti dalle disposizioni di un Trattato non ancora entrato in vigore.

46.
    E' quindi richiamandosi al Trattato CE, nella versione vigente alla data di adozione del regolamento impugnato, che occorre accertare se quest'ultimo sia stato giustamente adottato in base all'art. 43, in quanto rientrante nella politica agricola comune, o se dovesse esserlo in base all'art. 100 A, in quanto tale regolamento aveva per scopo e per contenuto la protezione della sanità pubblica e/o la protezione dei consumatori ai sensi degli artt. 129 e 129 A del Trattato, o infine se dovesse essere adottato in base agli artt. 43 e 100 A del Trattato.

47.
    Come la Corte ha ricordato nella sentenza 5 maggio 1998, causa C-180/96, Regno Unito/Commissione (Racc. pag. I-2265, punto 133, e giurisprudenza citata), risulta da una giurisprudenza costante che l'art. 43 del Trattato costituisce il fondamento giuridico appropriato di qualsiasi normativa attinente alla produzione ed alla messa in commercio dei prodotti agricoli elencati nell'allegato II del Trattato che contribuisca alla realizzazione di uno o più degli obiettivi della politica agricola comune sanciti dall'art. 39 del Trattato.

48.
    La Corte ha pure precisato che, secondo l'art. 129, n. 1, terzo comma, del Trattato, le esigenze della tutela della salute costituiscono una componente delle altre politiche della Comunità e che, secondo la giurisprudenza della Corte, il perseguimento degli obiettivi della politica agricola comune non può prescindere da esigenze di interesse generale quali la tutela dei consumatori o della salute e della vita delle persone e degli animali, esigenze che le istituzioni comunitarie devono tenere in considerazione nell'esercizio dei loro poteri (sentenza 5 maggio 1998, Regno Unito/Commissione, citata, punto 120).

49.
    Del resto, la protezione della salute contribuisce al conseguimento degli obiettivi della politica agricola comune oggetto dell'art. 39, n. 1, del Trattato, segnatamente quando la produzione agricola è condizionata in modo diretto dal suo smaltimento da parte dei consumatori, sempre più attenti alla loro salute (sentenza 5 maggio 1998, Regno Unito/Commissione, citata, punto 121).

50.
    Tenendo conto di questa giurisprudenza occorre esaminare il contenuto e lo scopo del regolamento impugnato.

51.
    Il contenuto del regolamento impugnato, che non è controverso fra le parti, consiste nell'emanare le norme necessarie per l'identificazione e la registrazione dei bovini e per l'etichettatura delle carni bovine.

52.
    Il regolamento impugnato riguarda quindi la produzione e la commercializzazione di prodotti agricoli elencati nell'allegato II del Trattato.

53.
    Per quanto riguarda lo scopo del regolamento impugnato, occorre rilevare che, secondo il primo 'considerando‘, esso mira a ripristinare la stabilità del mercato delle carni bovine e dei prodotti a base di carne, destabilizzato dalla crisi dell'ESB, migliorando la trasparenza delle condizioni di produzione e di commercializzazione dei prodotti di cui trattasi, in particolare per quanto attiene alla rintracciabilità.

54.
    E' pacifico che i sistemi d'identificazione e di registrazione dei bovini e di etichettatura della carne previsti dal regolamento impugnato contribuiranno in modo sostanziale al perseguimento di tale obiettivo.

55.
    Nel terzo 'considerando‘ si rileva che, «per le garanzie fornite da tale miglioramento, saranno parimenti soddisfatte talune esigenze d'interesse generale, quali la tutela della sanità pubblica», e nel quarto 'considerando‘ che, «in tal modo i consumatori saranno incoraggiati ad aver maggior fiducia nella qualità delle carni bovine e dei prodotti a base di carni».

56.
    Il quinto e il sesto 'considerando‘ del regolamento impugnato fanno del pari riferimento all'obbligo d'identificazione e di registrazione degli animali destinati agli scambi intracomunitari, contemplato dall'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/425/CEE, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nellaprospettiva della realizzazione del mercato interno (GU L 224, pag. 29), che la Corte ha affermato essere stata giustamente adottata in base all'art. 43 del Trattato (sentenza 5 maggio 1998, Regno Unito/Consiglio, citata, punto 135).

57.
    Secondo il settimo 'considerando‘ del regolamento impugnato, i sistemi di identificazione e di registrazione devono pertanto consentire l'applicazione e il controllo di misure adottate nell'ambito dei regimi di aiuti comunitari nel settore agricolo.

58.
    Il nono 'considerando‘ di tale regolamento rileva infine la necessità di adottare un regolamento specifico per i bovini in modo da rafforzare le disposizioni della direttiva 92/102, che - è opportuno ricordarlo - è stata anch'essa adottata in base all'art. 43 del Trattato.

59.
    Si deve quindi constatare che, disciplinando le condizioni di produzione e di commercializzazione delle carni bovine e dei prodotti a base di carne bovina per migliorare la trasparenza di tali condizioni, il regolamento impugnato ha lo scopo essenziale di perseguire gli obiettivi di cui all'art. 39 del Trattato, in particolare la stabilizzazione del mercato.

60.
    Giustamente, quindi, esso è stato adottato in base all'art. 43 del Trattato.

61.
    Questa conclusione non viene infirmata dal fatto che, come si rileva nel terzo 'considerando‘, il sistema istituito dal regolamento impugnato avrà effetti positivi sulla protezione della sanità pubblica.

62.
    Infatti, la presa in considerazione della sanità pubblica nell'ambito di atti adottati in base all'art. 43 è conforme all'art. 129, n. 1, terzo comma, del Trattato, ed alla giurisprudenza richiamata al punto 48 della presente sentenza.

63.
    Occorre quindi concludere che, poiché solo l'art. 43 del Trattato costituisce il corretto fondamento per l'adozione del regolamento impugnato, il ricorso dev'essere respinto.

Sulle spese

64.
    Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ha chiesto la condanna della Commissione alle spese, quest'ultima, che è rimasta soccombente, dev'essere condannata alle spese. Conformemente all'art. 69, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, il Parlamento sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

LA CORTE,

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese.

3)    Il Parlamento europeo sopporterà le proprie spese.

Rodríguez Iglesias
Edward
Sevón

Kapteyn

Gulmann
Puissochet

Jann

Ragnemalm
Wathelet

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 aprile 2000.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G.C. Rodríguez Iglesias


1: Lingua processuale: il francese.