Language of document : ECLI:EU:T:2003:43

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

26 febbraio 2003 (1)

«Dipendenti - Ricorso per risarcimento danni - Ricevibilità»

Nella causa T-164/01,

Arnaldo Lucaccioni, ex dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in St-Leonard-on-Sea (Regno Unito), rappresentato dagli avv.ti M. Cimino e F. Apruzzi,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Currall, in qualità di agente, assistito dall'avv. A. Dal Ferro, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuto,

avente ad oggetto il risarcimento, in base al diritto comune della responsabilità extracontrattuale applicabile nell'ambito dell'art. 236 CE, dei danni morali e biologici subiti dal ricorrente, in seguito a illeciti della Commissione, nel periodo precedente l'insorgere della sua malattia professionale,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dai sigg. B. Vesterdorf, presidente, N.J. Forwood, H. Legal, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 16 ottobre 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti e procedimento

1.
    Il ricorrente è entrato in servizio presso la Commissione nel 1962. Dal 1967 al 1969 ha lavorato nell'ala nord del nuovo edificio Berlaymont a Bruxelles, durante la costruzione delle altre ali di tale edificio. Egli ha continuato a lavorare al Berlaymont fino al suo trasferimento in Giappone, il 30 giugno 1975. Di ritorno dal Giappone, il 17 settembre 1979, il ricorrente ha di nuovo lavorato al Berlaymont fino al 1987, anno in cui è stato trasferito in un altro edificio a Bruxelles.

2.
    Nel 1990 il ricorrente, sostenendo di essere stato esposto a polveri d'amianto nel periodo della sua assegnazione al Berlaymont, ha richiesto che le lesioni polmonari da lui lamentate fossero riconosciute come malattia professionale e che gli venisse riconosciuto un tasso d'invalidità permanente. La Commissione ha inizialmente trasmesso il suo fascicolo alla commissione medica prevista dall'art. 78 dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto») prima di avviare, in conformità dell'art. 73 dello Statuto, il procedimento per il riconoscimento della sua malattia professionale.

3.
    Al termine del procedimento di cui all'art. 78 dello Statuto, il ricorrente è stato collocato a riposo in applicazione dell'art. 53 dello Statuto, e gli è stata concessa una pensione d'invalidità pari al 70% del suo stipendio base.

4.
    Parallelamente, il procedimento ex art. 73 dello Statuto si è concluso con il riconoscimento della malattia professionale del ricorrente. E' stata accertata un'invalidità permanente totale ed è stata pertanto fissata una percentuale d'invalidità del 100%. Inoltre, tenuto conto dei «segni permanenti (cicatrici, deformazione della ghiandola mammaria sinistra, diminuzione della forza muscolare dell'arto superiore sinistro) e dei gravi problemi psicologici che [il ricorrente] presenta» accertati dalla commissione medica di cui all'art. 23 della regolamentazione comune relativa alla copertura dei rischi d'infortunio e di malattia professionale del personale delle Comunità europee (in prosieguo: la «regolamentazione comune»), la Commissione ha deciso di riconoscere al ricorrente, ai sensi dell'art. 14 di tale regolamentazione, un'indennità fissata al 30% del capitale previsto per l'invalidità permanente totale.

5.
    In applicazione dell'art. 73 dello Statuto e degli artt. 12 e 14 della regolamentazione comune, la Commissione ha versato al ricorrente la somma di franchi belgi (BEF) 25 794 194, corrispondenti al 130% - cioè alla somma delle percentuali del 100% e del 30% - del capitale previsto per l'invalidità permanente totale.

6.
    Il 15 maggio 1994 il ricorrente, ritenendo che tale somma non riparasse interamente il danno da lui subìto, ha presentato alla Commissione un reclamo ai sensi dell'art. 28 della regolamentazione comune e dell'art. 90, n. 2, dello Statuto, reclamo che la Commissione, in assenza di un atto decisionale precedente arrecante pregiudizio, ha qualificato come domanda (in prosieguo: la «domanda del 15 maggio 1994»). Questa domanda ha formato oggetto di una decisione esplicita di rigetto della Commissione con lettera 22 settembre 1994.

7.
    Il 15 dicembre 1994 il ricorrente ha presentato reclamo, ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto, contro tale decisione di rigetto. Con decisione 25 aprile 1995, notificata al ricorrente con lettera 3 maggio 1995, la Commissione ha respinto tale reclamo.

8.
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 agosto 1995 e registrato con il numero T-165/95, il ricorrente ha proposto un ricorso diretto alla condanna della Commissione al risarcimento dei danni e all'annullamento, in quanto necessario, della decisione della Commissione, in data 22 settembre 1994, di non accoglimento della domanda del 15 maggio 1994 (in prosieguo: il «ricorso T-165/95» o la «causa T-165/95»).

9.
    Con sentenza 14 maggio 1998, causa T-165/95, Lucaccioni/Commissione (Racc. PI pagg. I-A-203 e II-627), il Tribunale ha respinto la domanda del ricorrente in quanto quest'ultimo non aveva dimostrato che la somma versata ai sensi dell'art. 73 dello Statuto non riparava il danno da lui subìto.

10.
    Tale sentenza del Tribunale ha formato oggetto di impugnazione da parte del ricorrente, impugnazione respinta con sentenza della Corte 9 settembre 1999, causa C-257/98 P, Lucaccioni/Commissione (Racc. pag. I-5251).

11.
    Il 29 maggio 2000 il ricorrente ha presentato una domanda ai sensi dell'art. 90, n. 1, dello Statuto, diretta ad ottenere il risarcimento, in base al diritto comune, dei danni morali e biologici subiti per il periodo precedente la malattia professionale.

12.
    In assenza di risposta a tale domanda entro il termine previsto dall'art. 90, n. 1, dello Statuto, equivalente a una decisione implicita di rigetto, il ricorrente, il 20 dicembre 2000, ha presentato un reclamo ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto. Anche tale reclamo è stato oggetto di un rigetto implicito.

13.
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 luglio 2001, il ricorrente ha proposto, ai sensi dell'art. 91 dello Statuto, il ricorso in esame.

14.
    Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 ottobre 2001, la Commissione, ai sensi dell'art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, ha sollevato un'eccezione di irricevibilità. Il ricorrente ha depositato le sue osservazioni su tale eccezione il 5 novembre 2001.

15.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di passare alla fase orale e, nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall'art. 64 del regolamento di procedura, ha invitato le parti a rispondere a una serie di quesiti e a produrre determinati documenti. Le parti hanno dato seguito a tali richieste.

16.
    Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale sono state sentite all'udienza del 16 ottobre 2002.

Conclusioni delle parti

17.
    Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    dichiarare ricevibile il suo ricorso;

-    condannare la Commissione a pagare al ricorrente la somma di ITL 7 000 000 000 (pari a EUR 3 615 198,29);

-    condannare la Commissione alle spese.

18.
    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

-    dichiarare irricevibile il ricorso;

-    decidere sulle spese secondo giustizia.

In diritto

19.
    La Commissione basa la sua eccezione di irricevibilità su tre ordini di argomenti. In primo luogo, il ricorso in esame sarebbe stato proposto in violazione del principio ne bis in idem. In secondo luogo, il ricorso non risponderebbe ai requisiti di cui agli artt. 19 dello Statuto CE della Corte di giustizia e 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale. In terzo luogo, il ricorso sarebbe irricevibile a causa della difformità tra l'atto introduttivo e il reclamo amministrativo previo.

20.
    Peraltro, all'udienza, la Commissione, pur riconoscendo che il termine di prescrizione dell'art. 43 dello Statuto CE della Corte non è applicabile al contenzioso in materia di pubblico impiego comunitario, ha tuttavia sostenuto che, tenuto conto del tempo trascorso dai fatti oggetto del ricorso in esame, quest'ultimo sarebbe irricevibile per non essere stato proposto entro un termine ragionevole.

21.
    Il Tribunale ricorda che, in ogni caso, secondo una giurisprudenza costante, i termini di tre mesi per presentare reclamo contro un atto che arreca pregiudizio e di tre mesi per proporre ricorso contro una decisione esplicita o implicita di rigetto del reclamo, previsti dagli artt. 90 e 91 dello Statuto del personale delle Comunità europee, sono di ordine pubblico e né le parti né il giudice possono disporne. Tali termini sono stati infatti istituiti al fine di garantire la chiarezza e la certezza delle situazioni giuridiche e al fine di rispondere alla necessità di evitare qualsiasi discriminazione o trattamento arbitrario nell'amministrazione della giustizia. Spetta quindi al giudice comunitario verificare, d'ufficio, se essi sono stati rispettati (sentenze della Corte 4 febbraio 1987, causa 276/85, Cladakis/Commissione, Racc. pag. 495, punto 11, e del Tribunale 17 ottobre 1991, causa T-129/89, Offermann/Parlamento, Racc. pag. II-855, punti 30, 31 e 34).

22.
    Il Tribunale ritiene tuttavia opportuno esaminare anzitutto il primo argomento addotto dalla Commissione, fondato sulla violazione del principio ne bis in idem. Infatti, per le ragioni esposte sopra, ai punti 27 e 28, tale argomento solleva effettivamente un problema di ricevibilità in relazione all'eccezione di cosa giudicata.

Sulla violazione del principio ne bis in idem e sull'eccezione di cosa giudicata

Argomenti delle parti

23.
    La Commissione sostiene che il ricorso è irricevibile perché il ricorrente propone con esso le medesime domande che hanno formato oggetto delle sentenze del Tribunale e della Corte Lucaccioni/Commissione, citate sopra ai punti 9 e 10. Il Tribunale e la Corte, infatti, avrebbero già statuito sulla domanda di risarcimento dei danni morali e biologici subiti dal ricorrente tra il 1967 e l'insorgere della malattia professionale. Il ricorrente violerebbe così il principio ne bis in idemtentando di far riconoscere, in una decisione di più ampia portata, il preteso danno da lui subìto a seguito della sua malattia professionale.

24.
    Il ricorrente fa valere che i danni morali e biologici di cui si chiede il risarcimento nel presente ricorso non hanno formato oggetto di nessuna domanda da parte sua e di nessun esame né risarcimento, vuoi nell'ambito del procedimento dinanzi alla Commissione conclusosi con il pagamento di BEF 25 794 194, vuoi in occasione dei ricorsi proposti dinanzi al Tribunale e poi dinanzi alla Corte.

25.
    Egli precisa che il danno fatto valere nella presente causa è un danno biologico ed «esistenziale» riguardante un periodo precedente l'insorgere e l'accertamento della malattia e sarebbe totalmente distinto dal danno causato dalla malattia stessa. Il ricorrente fa valere il timore permanente di rappresaglie da parte della Commissione se fosse stata sollevata la questione dell'amianto, il timore permanente di contrarre una malattia dell'amianto e le loro ripercussioni sul suo stato di salute. Egli menziona il disagio fisico per aver dovuto lavorare in un ambiente dall'aria viziata a causa dell'aria condizionata difettosa, e le conseguenze sulla sua vita familiare. Egli sostiene di aver sofferto di serie difficoltà respiratorie, di sinusite e di bronchite cronica.

26.
    Il ricorrente contesta che tali danni siano stati presi in considerazione prima del ricorso in esame. Il regime di copertura previsto dall'art. 73 dello Statuto non riguarderebbe d'altra parte questo tipo di danni, ma solo i danni causati da infortunio o da malattia professionale.

Giudizio del Tribunale

27.
    In via preliminare, occorre rilevare che il principio ne bis in idem, fatto valere dalla Commissione, secondo il quale non possono essere inflitte due sanzioni per la stessa mancanza (sentenza della Corte 5 maggio 1966, cause riunite 18 e 35-65, Gutmann/Commissione CEEA, Racc. pag. 142, in particolare pag. 163), si applica nell'ambito di procedimenti che possono portare all'accertamento di un'infrazione e a sanzioni. Nell'ambito del caso di specie esso non è quindi pertinente.

28.
    La questione che si pone è se il ricorso in esame si scontri con l'improcedibilità derivante dal giudicato, improcedibilità di ordine pubblico per la quale è irricevibile un ricorso che vede opposte le stesse parti, verte sullo stesso oggetto ed è fondato sulla stessa causa di un ricorso già deciso (ordinanze della Corte 1° aprile 1987, cause riunite 159/84, 267/84, 12/85 e 264/85, Ainsworth/Commissione, Racc. pag. 1579, e del Tribunale 25 ottobre 1996, causa T-26/96, Lopes/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I-A-487 e II-357, punto 14 e giurisprudenza cit.).

29.
    Nella causa T-165/95, il ricorrente chiedeva la condanna della Commissione al pagamento di un indennizzo comprendente, in primo luogo, la differenza tra la retribuzione del ricorrente come dipendente di ruolo e la sua pensione di invalidità, a far data dal 1° agosto 1991 fino all'età della pensione prevista dallo Statuto, insecondo luogo, la somma di ECU 1 000 000 a titolo di risarcimento per il danno morale subìto e, in terzo luogo, interessi al tasso del 10% annuo calcolati sul capitale di BFR 25 794 194 percepito dal ricorrente in applicazione dell'art. 73 dello Statuto, interessi da calcolare a partire dal 1° gennaio 1990 o, al più tardi, dal 10 giugno 1991 fino al pagamento integrale di tale capitale. Veniva anche chiesto, in quanto necessario, l'annullamento della decisione della Commissione, in data 22 settembre 1994, di non accoglimento della domanda del ricorrente del 15 maggio 1994.

30.
    Il Tribunale, nella sentenza Lucaccioni/Commissione, citata al precedente punto 9, confermata in sede di impugnazione dalla Corte, ha respinto tali domande.

31.
    Nella presente causa, il ricorso è diretto a far condannare la Commissione al risarcimento dei danni morali e biologici subiti dal ricorrente per il periodo precedente la malattia professionale, in base al diritto comune della responsabilità extracontrattuale applicabile nell'ambito dell'art. 236 CE.

32.
    Per quanto riguarda anzitutto la prima e la terza delle domanda formulate nel ricorso T-165/95, dalle valutazioni operate dal Tribunale nella citata sentenza Lucaccioni/Commissione (rispettivamente ai punti 73-78 e 127-161 della sentenza) emerge che tali domande riguardavano danni subiti successivamente all'insorgere della malattia professionale. La prima domanda riguardava un danno economico (v. punto 58 della sentenza), e la terza domanda un danno subìto a seguito di ritardi e di irregolarità nei procedimenti di cui agli artt. 73 e 78 dello Statuto (v. punto 106 della sentenza).

33.
    Per quanto riguarda la seconda domanda formulata nel ricorso T-165/95, diretta al risarcimento del danno morale subìto dal ricorrente, dai punti 79-92 della stessa sentenza emerge che tale danno morale è quello subìto in conseguenza della malattia professionale e quindi successivamente all'insorgere di essa. Al punto 82 di tale sentenza, il Tribunale osserva così che «il danno morale subìto dal ricorrente risulta, in particolare, dalla sofferenza fisica che gli ha causato la malattia, dagli interventi medici necessari alla sua diagnosi, come anche dall'operazione chirurgica subita nel marzo 1990, dalle conseguenze fisiche di detta operazione e dalle ospedalizzazioni ulteriori. Risulta ugualmente dai disturbi psicologici gravi di cui il ricorrente continua a soffrire, dal suo sentimento di abbattimento fisico e professionale e dal pregiudizio che ha dovuto subire nella sua vita privata e nelle sue relazioni personali».

34.
    Le domande formulate nel ricorso T-165/95, a differenza delle domande formulate nel presente ricorso, non erano quindi dirette al risarcimento di danni subiti prima dell'insorgere della malattia professionale.

35.
    Per quanto riguarda l'argomento della Commissione secondo cui il danno morale e biologico che si asserisce subìto nel periodo precedente la malattia professionale sarebbe già stato risarcito mediante le prestazioni previste dall'art. 14 dellaregolamentazione comune, dai punti 82-85 della citata sentenza del Tribunale Lucaccioni/Commissione risulta che le somme versate al ricorrente in forza di tale articolo non erano destinate a risarcire tale danno, bensì ad indennizzare il ricorrente, sulla base del parere reso dalla commissione medica, per i gravi disturbi psicologi nonché per talune lesioni della sua integrità fisica menzionate sopra, al punto 32, conseguenti alla malattia professionale.

36.
    Quanto all'argomento della Commissione secondo cui la commissione medica poteva solo considerare i periodi precedenti la dichiarazione della malattia professionale nel loro complesso per valutare in maniera globale le conseguenze della malattia nei confronti del ricorrente, dalla formulazione stessa di tale argomento emerge che la Commissione ammette che la commissione medica ha valutato nella sua relazione le «conseguenze della malattia» per il ricorrente.

37.
    Infine, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, nella presente causa, per il ricorrente non si tratta di scomporre temporalmente uno stesso danno morale, bensì di chiedere il risarcimento di un danno morale distinto, in quanto subìto in un altro periodo e per altre ragioni rispetto al danno morale subìto successivamente all'insorgere della malattia e per causa di essa.

38.
    Da quanto precede risulta che il presente ricorso non viola il principio del ne bis in idem né si scontra con l'eccezione di cosa giudicata.

Sulla ricevibilità del ricorso in relazione ai termini di cui agli artt. 90 e 91 dello Statuto

39.
    Si deve valutare la ricevibilità del ricorso in relazione ai termini di cui agli artt. 90 e 91 dello Statuto distinguendosi a seconda che tale ricorso sia diretto al risarcimento dei danni morali o a quello dei pretesi danni biologici subiti dal ricorrente prima dell'insorgere della malattia professionale.

La domanda di risarcimento dei danni morali

40.
    Come pretesi danni morali subiti prima dell'insorgere della malattia professionale, il ricorrente fa valere il timore permanente di rappresaglie nei suoi confronti da parte della Commissione se egli avesse sollevato la questione dell'amianto e il timore permanente di contrarre una malattia dell'amianto.

41.
    A questo punto occorre ritornare sulla domanda del 15 maggio 1994, prodotta agli atti dal ricorrente in risposta ai quesiti del Tribunale.

42.
    Innanzi tutto, e contrariamente a quanto sostiene il ricorrente nella sua risposta scritta ai quesiti del Tribunale, tale domanda non è una semplice lettera, bensì una domanda ai sensi dell'art. 90, n. 1, dello Statuto. D'altronde il ricorrente stesso lo ammette nel suo reclamo del 15 dicembre 1994, poiché egli vi scrive: «l'A.P.N. (...) ha trattato il reclamo del 15 maggio 1994 come una domanda ai sensi dell'art. 90, n. 1, dello Statuto. In una decisione del 22 settembre 1994 (...) l'A.P.N. ha respintola domanda del 15 maggio 1994 dell'autore del presente reclamo (...). E' contro tale decisione esplicita di rigetto che il sottoscritto presenta questo reclamo. (...) Con il presente reclamo, il sottoscritto chiede l'annullamento della decisione dell'A.P.N. del 22 settembre 1994 (...)».

43.
    Inoltre, la domanda del 15 maggio 1994 contiene i seguenti passaggi:

«1.9    Atteso che il ricorrente, a partire dalla sua entrata in servizio al BERLAYMONT si è lamentato, come la maggior parte dei suoi colleghi, delle polveri di amianto che egli trovava anche nel suo ufficio qualche ora dopo che l'addetto alle pulizie l'aveva spolverato;

1.10    che egli ha manifestato, come la maggior parte dei suoi colleghi, il suo malcontento e la sua disperazione per dover respirare tali polveri, affiggendo un cartello sui vetri del suo ufficio; che il Servizio di sicurezza dell'epoca (Servizio interno) si è recato nel suo ufficio, gli ha ingiunto, come ha ingiunto ai suoi numerosi colleghi, di cessare le sue manifestazioni minacciandolo di provvedimenti amministrativi con il rischio di perdere il posto; che, in particolare, gli ha ingiunto di togliere un cartello che rappresentava il BERLAYMONT sormontato da un teschio con la seguente dicitura: ”QUESTO EDIFICIO E' PERICOLOSO! AMIANTO” in francese ed in inglese; il che corrispondeva al vero;

1.11    che il suo collega W., esasperato, ha fissato le polveri d'amianto del suo ufficio incollandole con un nastro adesivo trasparente su un foglio di carta, datandolo e firmandolo, per dimostrare un giorno che si trattava proprio di amianto, e ciò davanti a vari testimoni;

1.12    che il collega C., responsabile di un'ala del BERLAYMONT, è stato a torto rimproverato da un direttore generale che si lamentava del fatto di vedere il pomeriggio ancora polveri nel suo ufficio, mentre la mattina gli aveva chiesto di farle togliere: in realtà, la pulizia era stata eseguita, ma alcuni operai lavoravano non lontano su pannelli divisori contenenti amianto;

1.13    che per molti anni il ricorrente è stato così obbligato a respirare polveri d'amianto sapendo che esse si sarebbero accumulate nei suoi polmoni;

1.14    che egli ha vissuto per venti anni nel timore che si formasse un cancro, e quando il cancro si è formato, e da quando esso è stato diagnosticato, egli teme di morire, in particolare per una recidiva, un mesotelioma o un altro tumore pleurico;

1.15    che egli ha dovuto subire la sofferenza di una prima operazione per sapere se il mediastino era stato toccato dal cancro e per sapere così se il cancro si era generalizzato; che egli ha dovuto subire una seconda operazione per l'asportazione del polmone colpito dal cancro;

1.16    che l'autorità competente conosceva il rischio che il ricorrente correva (...);

1.17    che l'autorità competente dell'Istituzione, esponendo il ricorrente alle polveri di amianto, obbligandolo, in base al suo contratto di lavoro, a lavorare in condizioni estremamente pericolose, intenzionalmente e deliberatamente, poi, debitamente informata, obbligandolo, a pena di gravi sanzioni, a rimanere in tale luogo malsano, e, dopo che l'irreparabile era divenuto noto e si era manifestato, che il cancro effettivamente esistente era stato asportato, e che la possibilità di recidiva è divenuta permanente, essa ha rifiutato, ancora una volta, intenzionalmente e deliberatamente, di permettergli di curarsi nell'ospedale che ha più esperienza nel settore dell'amianto; che ciò costituisce, come ha ammesso anche la stessa Autorità, un palese illecito, in violazione dell'art. 24 (...);

1.18    che deve essere concesso al ricorrente un risarcimento del danno morale per risarcire tutti questi danni morali subiti per volontà intenzionale e deliberata dell'Autorità competente dell'Istituzione;

(...)

2.1.1    che l'Autorità competente dell'Istituzione ha violato l'art. 24, primo comma, dello Statuto, rendendosi colpevole, per lunghi anni, di vari attentati, sotto varie forme, alla persona del ricorrente;

(...)

LA COMMISSIONE VOGLIA

(...)

g)    pagare al ricorrente un risarcimento del danno morale pari a tre milioni di ECU sulla base dell'art. 24».

44.
    Dalla formulazione di tale domanda risulta che con essa il ricorrente ha chiesto il risarcimento dei pretesi danni morali subiti nel periodo precedente la malattia professionale.

45.
    La Commissione, nella lettera 22 settembre 1994, prodotta agli atti dal ricorrente in risposta ai quesiti del Tribunale, ha respinto tale domanda nei seguenti termini:

«Quanto alla domanda di risarcimento di danno morale di tre milioni di ECU sulla base dell'art. 24 dello Statuto, occorre ricordare che tale disposizione è volta alla difesa del dipendente da parte dell'istituzione contro i pregiudizi ai suoi beni o alla sua persona a motivo della sua qualità e delle sue funzioni da parte di terzi e non contro gli atti provenienti dalla stessa istituzione. Poiché la Commissione ha fatto tutto ciò che era in suo potere affinché i Suoi diritti statutari fossero liquidati a condizioni soddisfacenti, la Sua domanda dev'essere respinta.

Ad ogni buon conto, Le segnalo che la Commissione ha sempre mantenuto condizioni di lavoro rispondenti alle norme di sicurezza e di igiene in vigore. Tutte le analisi effettuate all'epoca hanno dato risultati che dimostravano la non presenza di sostanze o fibre in quantità tale da poter mettere a repentaglio la salute del personale che occupava i locali. Pertanto l'amministrazione ritiene di non aver commesso alcun illecito amministrativo che possa dar luogo ad un indennizzo diverso da quello di cui Ella ha già beneficiato ai sensi dell'art. 73 dello Statuto».

46.
    Spettava pertanto al ricorrente, in conformità all'art. 90, n. 2, dello Statuto, presentare un reclamo contro tale decisione della Commissione, ove egli fosse in disaccordo con il suo contenuto e con il suo dispositivo.

47.
    Il 15 dicembre 1994 il ricorrente ha presentato un reclamo del genere. Tale reclamo tuttavia, se menziona certamente gli illeciti che la Commissione avrebbe commesso prima dell'insorgere della malattia, poi nell'ambito dei procedimenti di cui agli artt. 73 e 78 dello Statuto, non menziona più i pretesi danni, in particolare morali, subiti prima della malattia professionale e descritti nella domanda del 15 maggio 1994, danni il cui risarcimento forma lo specifico oggetto del presente ricorso. Al contrario, il reclamo si concentra sul risarcimento dei danni causati direttamente dalla malattia.

48.
    E' in conseguenza di questa modifica degli argomenti del ricorrente che la Commissione, nella sua decisione 3 maggio 1995 di rigetto del reclamo, menziona, quale danno morale grave fatto valere dal ricorrente, «la sofferenza fisica dovuta al cancro del polmone, l'abbattimento fisico e professionale, la sensazione di essere diventato inutile agli altri e dipendente da altri, nonché l'angoscia quotidiana che il secondo polmone venisse colpito e sviluppasse la malattia (...)», tutti danni causati direttamente dalla malattia.

49.
    Per quanto riguarda il ricorso T-165/95, proposto dal ricorrente in seguito al rigetto del suo reclamo, è stato accertato, ai precedenti punti 27-34, che esso non riguarda il risarcimento dei pretesi danni subiti prima della malattia professionale, ma solamente i danni causati da tale malattia. Il ricorrente non può del resto contestare tale valutazione, poiché proprio lui la fa valere, peraltro a giusto titolo, contro l'eccezione di irricevibilità opposta dalla Commissione al ricorso in esame.

50.
    Da quanto precede risulta che il ricorrente, dopo aver domandato, il 15 maggio 1994, il risarcimento di danni morali subiti prima dell'insorgere della malattia professionale, ha omesso di contestare il rigetto di tale domanda da parte della Commissione.

51.
    In altri termini, il ricorrente non ha proposto ricorso, entro il termine previsto dall'art. 91, n. 3, dello Statuto, contro la decisione della Commissione 22 settembre 1994 nei limiti in cui essa comportava un mancato risarcimento dei detti danni.

52.
    Il fatto che il ricorrente abbia fatto precedere il presente ricorso da una domanda, il 29 maggio 2000, e poi da un reclamo, il 29 dicembre 2000, presentati ai sensi dell'art. 90, nn. 1 e 2, dello Statuto, non è tale da modificare questa valutazione.

53.
    Peraltro, dal fascicolo non risulta assolutamente, né il ricorrente lo fa valere, che si configuri un cambiamento di circostanze tale da giustificare che si deroghi alle norme che disciplinano i termini di ricorso.

54.
    Il ricorso dev'essere quindi dichiarato irricevibile nella parte in cui è diretto al risarcimento dei danni morali per il periodo precedente la malattia professionale.

La domanda di risarcimento dei danni biologici

55.
    Per quanto riguarda i danni biologici subiti prima dell'insorgere della malattia professionale, occorre constatare che essi non hanno formato oggetto di una domanda di risarcimento in occasione del procedimento amministrativo previo svoltosi nel 1994, bensì solamente in occasione del procedimento amministrativo previo iniziato il 29 maggio 2000 e portato a termine dal ricorrente nel rispetto dei termini.

56.
    Le domande del ricorrente dirette al risarcimento di tali danni non sono quindi irricevibili in relazione ai termini degli artt. 90 e 91 dello Statuto.

Sulla violazione dell'art. 19 dello Statuto CE della Corte di giustizia e dell'art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale

Argomenti delle parti

57.
    La Commissione ritiene in sostanza che il ricorso non consenta di identificare né il titolo in base al quale la Commissione sarebbe responsabile né il pregiudizio subìto dal ricorrente che dovrebbe essere riparato. Il ricorso non presenterebbe un sufficiente grado di precisione e non risponderebbe ai requisiti minimi stabiliti all'art. 19, primo comma, dello Statuto della Corte e all'art. 44, n. 1, del regolamento di procedura.

58.
    Il ricorrente ammette che il fondamento giuridico della sua domanda è meno preciso della maggior parte dei ricorsi proposti dinanzi al Tribunale. Egli ritiene tuttavia che il ricorso soddisfi i requisiti di cui alle disposizioni soprammenzionate. Infatti, gli elementi di fatto e i motivi di diritto sarebbero ivi espressi in maniera comprensibile anche se sono presentati succintamente.

59.
    Egli considera che né lo Statuto della Corte, né il regolamento di procedura vieta l'enunciazione dei motivi mediante elencazione astratta.

60.
    Nel caso in cui si dovesse ritenere che il ricorso non soddisfi i requisiti summenzionati, il ricorrente sostiene che sarebbe giusto dargli la possibilità dichiarire e precisare maggiormente i suoi argomenti in diritto nel quadro della replica.

61.
    Infatti, se tale diritto non gli venisse riconosciuto, dato che è solo al momento del deposito da parte della Commissione della sua eccezione di irricevibilità, l'11 ottobre 2001, che quest'ultima si è avvalsa dell'imprecisione della domanda, la domanda sarebbe risolta con decisione rapida con un diniego manifesto di giustizia.

Giudizio del Tribunale

62.
    Il Tribunale, al precedente punto 54, ha constatato l'irricevibilità del ricorso nella parte in cui è diretto al risarcimento dei pretesi danni morali subiti prima dell'insorgere della malattia professionale. Di conseguenza, occorre valutare l'argomento della Commissione vertente sulla violazione dell'art. 19 dello Statuto CE della Corte e dell'art. 44, n. 1, del regolamento di procedura, solamente in relazione agli altri danni fatti valere dal ricorrente, vale a dire i danni biologici.

63.
    In forza dell'art. art. 19, primo comma, dello Statuto CE della Corte, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in conformità all'art 46, primo comma, dello stesso Statuto, e dell'art. 44, lett. c), d) ed e), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve in particolare contenere l'oggetto della controversia, le conclusioni del ricorrente, un'esposizione sommaria dei motivi dedotti e, se del caso, le offerte di prova. Tali elementi devono essere sufficientemente chiari e precisi per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni. Al fine di garantire la certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto su cui esso è fondato emergano, anche sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dall'atto introduttivo stesso (ordinanze del Tribunale 28 aprile 1993, causa T-85/92, De Hoe/Commissione, Racc. pag. II-523, punto 20, e 21 maggio 1999, causa T-154/98, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II-1703, punto 49; sentenza del Tribunale 15 giugno 1999, causa T-277/97, Ismeri Europa/Corte dei conti, Racc. pag. II-1825, punto 29).    

64.
    Occorre peraltro ricordare che, ai sensi dell'art. 47, n. 1, del regolamento di procedura, nella sua versione risultante dalle modifiche al detto regolamento adottate il 6 dicembre 2000 (GU L 322, pag. 4), il Tribunale può decidere che un secondo scambio di memorie non è necessario. Inoltre, ai sensi dell'art. 48, nn. 1 e 2, dello stesso regolamento, i mezzi di prova possono essere proposti in sede di replica e di controreplica solo se la loro presentazione tardiva è debitamente motivata, ed è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Da tali disposizioni risulta che l'art. 44, n. 1, del regolamento di procedura, prescrivendo in particolare che il ricorso contenga un'esposizione sommaria dei motivi dedotti e, se del caso, le offerte di prova, dev'essere interpretato nel senso che esso richiede un'esposizione sufficientemente completa di tali elementi nelricorso stesso, senza che, in linea di principio, il Tribunale o il convenuto debba attendere la replica.

65.
    Per essere conforme a tali requisiti, un ricorso inteso al risarcimento del danno causato da un'istituzione comunitaria deve contenere elementi che consentano di identificare il comportamento che il ricorrente addebita all'istituzione, le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che asserisce di aver subito, nonché il carattere e l'entità di tale danno (sentenze del Tribunale 10 luglio 1990, causa T-64/89, Automec/Commissione, Racc. pag. II-367, punto 73, e 29 gennaio 1998, causa T-113/96, Dubois e Figli/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-125, punto 30 e giurisprudenza cit., confermata dall'ordinanza della Corte 8 luglio 1999, causa C-95/98 P, Dubois/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-4835). Ciò non si verifica nel caso di un ricorso in cui si omette di indicare, con sufficiente precisione, gli elementi di fatto che consentono di valutare la natura e la portata del danno, senza peraltro menzionare particolari circostanze che avrebbero potuto esimere il ricorrente dal fornire tali precisazioni (ordinanze del Tribunale 1° luglio 1994, causa T-505/93, Osório/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-179 e II-581, punti 33 e segg., e 15 febbraio 1995, causa T-112/94, Moat/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-37 e II-135, punti 32 e 37).

66.
    Per quanto riguarda i danni biologici, il ricorrente sostiene di avere lavorato al Berlaymont in «una tensione permanente ed evidente sul suo stato di salute». Egli aggiunge che, «ritornando a casa alla sera, (...) si sentiva stanco, spossato, privo di ogni forza» e che «per molti anni [egli] ha sofferto di difficoltà respiratorie maggiori, sinusite, operata alla Clinique de l'Europe a Bruxelles e bronchite cronica».

67.
    E' giocoforza constatare anzitutto che le affermazioni relative alla «tensione permanente ed evidente sul suo stato di salute» e alle «difficoltà respiratorie maggiori», in quanto esse possano riferirsi a pregiudizi alla salute distinti dallo stato di spossatezza, dalla sinusite e dalla bronchite cronica per il resto lamentati, sono espressi in termini indeterminati e che non permettono assolutamente al Tribunale di individuare di quali pregiudizi si tratti.

68.
    Peraltro, e più in generale, nel suo ricorso il ricorrente non fornisce nessun elemento oggettivo, e in particolare nessun documento, nessuna attestazione o relazione medica, che possa consentire al Tribunale e alla parte convenuta di individuare, al di là delle affermazioni del ricorrente, il carattere e la portata dei danni lamentati. Il ricorrente non menziona alcuna particolare circostanza che abbia potuto esimerlo dal fornire, o impedirgli di fornire, tali elementi in sede di ricorso, allorché, tenuto conto del fatto che i lamentati pregiudizi alla salute risalgono a più di dieci anni prima della presentazione del ricorso, le prove di tali pregiudizi e della loro portata, in quanto esistano, non potevano non essere costituite in detta sede. Il ricorrente si limita a produrre una denuncia al Tribunal de première instance de Bruxelles e alcune decisioni e requisitorie di giudici italiani, atti di cui il Tribunale constata la mancanza di qualsiasi pertinenza per quantoriguarda la definizione, nel ricorso, del carattere e della portata dei danni biologici addotti dal ricorrente a sostegno della sua domanda di risarcimento.

69.
    La domanda di indennizzo, nella parte in cui è diretta al risarcimento dei pretesi danni biologici subiti dal ricorrente prima dell'insorgere della sua malattia professionale, è pertanto irricevibile alla luce dell'art. 44, n. 1, del regolamento di procedura.    

70.
    Ne consegue che il presente ricorso dev'essere dichiarato irricevibile senza che sia necessario valutare gli altri argomenti e motivi della Commissione e, in particolare, senza che si debba verificare l'eventuale irricevibilità del ricorso in quanto non sarebbe stato proposto entro un termine ragionevole (v. supra, punto 20).

Sulle spese

71.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell'art. 88 dello stesso regolamento, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano a carico di queste. Poiché il ricorrente è rimasto soccombente, si deve decidere che, conformemente alle conclusioni della convenuta in questo senso, ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è irricevibile.

2)    Ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese.

Vesterdorf                Forwood                    Legal

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 febbraio 2003.

Il cancelliere

                                                Il presidente

H. Jung

B. Vesterdorf


1: Lingua processuale: l'italiano.

Racc. PI