Language of document :

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

11 settembre 2014 (*)

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Articolo 81, paragrafo 1, CE – Sistema di carte di pagamento in Francia – Decisione di associazione di imprese – Mercato dell’emissione – Misure tariffarie applicabili ai “nuovi operatori” – Quota di adesione e meccanismi cosiddetti di “regolazione della funzione acquirente” e di “risveglio dei dormienti”– Nozione di restrizione della concorrenza “per oggetto” – Esame del grado di dannosità per la concorrenza»

Nella causa C‑67/13 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta l’8 febbraio 2013,

Groupement des cartes bancaires (CB), con sede in Parigi (Francia), rappresentato da F. Pradelles, O. Fauré e C. Ornellas-Chancerelles, avocats, nonché da J. Ruiz Calzado, abogado,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da O. Beynet, V. Bottka e B. Mongin, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

BNP Paribas, con sede in Parigi, rappresentata da O. de Juvigny, D. Berg e P. Heusse, avocats,

BPCE, già Caisse Nationale des Caisses d’Épargne e de Prévoyance (CNCEP), con sede in Parigi, rappresentata da A. Choffel, S. Hautbourg, L. Laidi e R. Eid, avocats,

Société Générale SA, con sede in Parigi, rappresentata da P. Guibert e P. Patat, avocats,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, C. G. Fernlund, A. Ó Caoimh (relatore), C. Toader e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 gennaio 2014,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 marzo 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, il Groupement des cartes bancaires (CB) (in prosieguo: il «Groupement») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea CB/Commissione (T‑491/07, EU:T:2012:633; in prosieguo la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione C(2007) 5060 definitivo della Commissione europea, del 17 ottobre 2007, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo 81 [CE] (COMP/D1/38606 – Groupement des cartes bancaires «CB») (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Fatti e decisione controversa

2        I fatti all’origine della controversia e gli elementi essenziali della decisione controversa, quali risultano dai punti da 1 a 48 della sentenza impugnata, possono essere riassunti come segue.

3        Il ricorrente è un gruppo d’interesse economico di diritto francese, costituito nel 1984 dai principali istituti bancari francesi al fine di realizzare l’interoperabilità dei sistemi di pagamento e di prelievo con carte bancarie (in prosieguo: le «carte CB»), emesse dai propri membri (in prosieguo: il «sistema CB»). Tale interoperabilità comporta in pratica che una carta CB emessa da un membro del Groupement possa essere utilizzata per effettuare pagamenti presso tutti i commercianti affiliati al sistema CB tramite qualunque altro membro del Groupement e/o per effettuare prelievi dai distributori automatici di banconote (DAB), gestiti da tutti gli altri membri. I membri del Groupement, il cui numero ammontava a 148 al 29 giugno 2007, sono istituti detti «capifila» o istituti collegati a uno dei capifila. In virtù del contratto costitutivo del Groupement, la BNP Paribas, la BPCE e la Société Générale SA (in prosieguo: la «Société Générale») rientrano tra gli undici capifila.

4        Il 10 dicembre 2002, il Groupement ha notificato alla Commissione, ai sensi del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), varie nuove regole previste per il sistema CB, consistenti, in particolare, in tre misure tariffarie (in prosieguo: le «misure in questione»):

–        un meccanismo denominato «Meccanismo di regolazione della funzione acquirente» (in prosieguo: il «MERFA») che, secondo il Groupement, aveva come scopi, da una parte, di incentivare i membri che svolgono più frequentemente attività di emissione che di acquisizione a sviluppare la loro attività di acquisizione e, dall’altra, di sostenere finanziariamente gli sforzi dei membri la cui attività di acquisizione è significativa rispetto a quella di emissione. La formula prevista a tale scopo consisteva nel mettere in rapporto la quota di attività del membro nel totale delle attività di acquisizione del sistema CB – attività misurate nell’ambito del «Sistema di identificazione nel registro delle imprese» (SIREN) e nell’ambito della gestione di DAB – con la quota di detto membro nel totale delle attività di emissione del sistema CB, le quali consistono nel rilascio da parte di una banca di carte CB di pagamento o prelievo ad un portatore. Il MERFA doveva applicarsi quando il rapporto tra i due fattori era inferiore a 0,5. Le somme percepite a titolo del MERFA dovevano essere ripartite tra i membri del Groupement che non risultavano debitori di alcuna somma allo stesso titolo, in proporzione al loro contributo all’attività di acquisizione. Questi membri potevano utilizzare liberamente le somme percepite a tale titolo;

–        una modifica della quota di adesione al Groupement che comprendeva, oltre a un diritto fisso di EUR 50 000 riscosso al momento dell’adesione, un diritto per carta CB emessa e attiva per i tre anni successivi all’adesione e, se del caso, un diritto aggiuntivo applicabile ai membri il cui numero di carte CB in giacenza durante o alla fine del sesto anno successivo all’adesione superasse il triplo del loro numero di carte CB in giacenza alla fine del terzo anno successivo alla loro adesione;

–        un meccanismo denominato «risveglio dei dormienti», consistente in un diritto per carta CB emessa, applicabile ai membri inattivi o poco attivi prima della data di entrata in vigore delle nuove misure tariffarie, la cui quota nell’attività di emissione di carte CB dell’intero sistema CB, durante uno degli anni 2003, 2004 e 2005, fosse stata più di tre volte superiore alla loro quota nell’attività totale relativa alle carte CB dell’intero sistema CB durante l’esercizio 2000, l’esercizio 2001 o l’esercizio 2002.

5        Il 6 luglio 2004, la Commissione ha adottato una prima comunicazione degli addebiti, diretta al Groupement e a nove suoi capifila che erano stati oggetto di accertamenti, con la quale contestava loro di aver concluso un «accordo segreto anticoncorrenziale» avente «globalmente per oggetto la limitazione della concorrenza tra le banche che avevano preso parte all’accordo così come di ostacolare in modo concertato la concorrenza di nuovi operatori (in particolare la grande distribuzione, le banche on‑line e le banche straniere) sul mercato dell’emissione di carte bancarie». La Commissione ha ritenuto che «la notifica [del 10 dicembre 2002 fosse] stata fatta allo scopo di dissimulare il vero contenuto dell’accordo anticoncorrenziale». Essa intendeva privare tale notifica di ogni effetto e irrogare un’ammenda ai destinatari di detta comunicazione degli addebiti. Il Groupement ha replicato a questa comunicazione l’8 novembre 2004 e un’audizione si è tenuta in data 16 e 17 dicembre 2004.

6        Il 17 luglio 2006, la Commissione ha adottato una seconda comunicazione degli addebiti, indirizzata unicamente al Groupement. Essa vi indicava che la prima comunicazione degli addebiti doveva considerarsi revocata. Questa seconda comunicazione degli addebiti faceva riferimento ad una decisione di associazione di imprese che istituiva una serie di misure tariffarie aventi un oggetto o un effetto anticoncorrenziale. Il Groupement ha replicato a tale seconda comunicazione degli addebiti il 19 ottobre 2006 e un’audizione si è tenuta il 13 novembre 2006.

7        Il 20 luglio 2007, il Groupement ha presentato una proposta di impegni ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), che è stata considerata tardiva e insufficiente dal direttore generale della direzione generale della concorrenza della Commissione.

8        La Commissione ha pertanto adottato la decisione controversa, nella quale ha asserito che il Groupement aveva violato l’articolo 81 CE. Tale decisione contiene, in particolare, le seguenti considerazioni:

–        il mercato rilevante è quello dell’emissione delle carte di pagamento in Francia;

–        le misure in questione costituiscono una decisione di associazione di imprese;

–        tali misure hanno un oggetto anticoncorrenziale. Tale oggetto risulta dalle formule stesse previste per dette misure e contraddice gli obiettivi delle stesse come dichiarati nella notifica del 10 dicembre 2002. Da un lato, queste misure non sono appropriate per incentivare l’attività di acquisizione e comportano l’imposizione di un costo maggiore ai membri che vi sono soggetti o la limitazione dell’attività di emissione dei membri che altrimenti vi sarebbero stati soggetti. Dall’altro, la funzione di incentivo all’attività di acquisizione attribuita al MERFA è contraddetta dalla funzione attribuita alle commissioni interbancarie e dalla funzione del diritto d’iscrizione aggiuntivo e della quota di «risveglio dei dormienti». Tale oggetto anticoncorrenziale corrisponde agli obiettivi reali di dette misure, espressi dai capifila all’epoca della loro preparazione, cioè la volontà di ostacolare la concorrenza dei nuovi operatori e di penalizzarli, di preservare gli introiti dei capifila e di limitare la riduzione del prezzo delle carte bancarie;

–        le misure in questione hanno un effetto restrittivo della concorrenza. In particolare, durante il periodo della loro applicazione (tra il 1° gennaio 2003 e l’8 giugno 2004), esse hanno provocato la riduzione dei piani d’emissione di carte CB dei nuovi operatori e hanno impedito la diminuzione del prezzo delle carte CB, sia dei nuovi operatori sia dei capifila;

–        le condizioni di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, CE non sono soddisfatte. Nello specifico, la giustificazione delle misure in questione, in particolare con riguardo al MERFA, come meccanismo di bilanciamento tra le funzioni di acquisizione e di emissione non poteva essere accettata, dal momento che la proporzione dell’attività di emissione rispetto all’attività di acquisizione di riferimento è quella dei capifila e non quella di un equilibrio ottimale per il sistema CB.

9        La Commissione, nel dispositivo della decisione controversa, ha pertanto così concluso:

«Articolo 1

Le misure tariffarie adottate dal [Groupement] con le decisioni dell’8 e del 29 novembre 2002 [del consiglio direttivo], cioè il [MERFA], il diritto di adesione per carta e il diritto d’iscrizione aggiuntivo così come il [diritto di risveglio dei dormienti] applicabile ai membri del Groupement che non hanno sviluppato significative attività “CB” dalla loro adesione sono contrarie all’articolo 81 [CE].

Articolo 2

Il Groupement mette immediatamente fine all’infrazione di cui all’articolo 1 ritirando le misure tariffarie notificate ivi menzionate, nella misura in cui non l’abbia già fatto.

Il Groupement si astiene, per il futuro, dall’adozione di ogni misura o comportamento avente un oggetto o un effetto identico o simile».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

10      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 dicembre 2007, il ricorrente ha proposto ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa. La BNP Paribas, la BPCE e la Société Générale sono intervenute a sostegno del ricorrente.

11      A sostegno della sua domanda, il ricorrente ha dedotto sei motivi. Il primo motivo verteva sulla violazione dell’articolo 81 CE, per errori nel metodo di analisi delle misure in questione e dei mercati considerati, sulla violazione del principio della parità di trattamento e su un difetto di motivazione. Il secondo motivo verteva sulla violazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, per errori di diritto, di fatto e di valutazione nell’esame dell’oggetto delle misure in questione. Con il suo terzo motivo il ricorrente riteneva che la Commissione fosse incorsa in errori di diritto, di fatto e di valutazione nell’esame degli effetti delle misure oggetto di causa. Il quarto motivo, proposto in via subordinata, riguardava la violazione dell’articolo 81, paragrafo 3, CE, per errori di diritto, di fatto e di valutazione nella disamina dell’applicabilità di tale disposizione alle misure oggetto di causa. Con il suo quinto motivo il ricorrente sosteneva che la Commissione avesse disatteso il principio di buona amministrazione. Infine, il sesto motivo riguardava la violazione dei principi di proporzionalità e di certezza del diritto, per le ingiunzioni di cui all’articolo 2 della decisione controversa.

12      Respinti tutti i suddetti motivi, il Tribunale ha respinto il ricorso nella sua interezza.

 Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

13      Con la sua impugnazione, il ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        rinviare la causa al Tribunale, a meno che la Corte si consideri sufficientemente informata per annullare la decisione controversa, e

–        condannare la Commissione alle spese sostenute dinanzi alla Corte e al Tribunale.

14      La Commissione conclude per il rigetto dell’impugnazione e per la condanna del ricorrente alle spese.

15      La BNP Paribas, la BPCE e la Société Générale presentano conclusioni identiche a quelle del ricorrente.

 Sull’impugnazione

16      A sostegno della sua impugnazione, il ricorrente deduce tre motivi. Il primo motivo verte su errori di diritto nell’applicazione della nozione di restrizione della concorrenza «per oggetto», ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE. Il secondo motivo verte su errori di diritto nell’applicazione della nozione di restrizione della concorrenza «per effetto», ai sensi della medesima disposizione. Il terzo motivo verte sulla violazione da parte del Tribunale dei principi di proporzionalità e di certezza del diritto laddove non ha annullato l’ingiunzione di cui all’articolo 2, secondo comma, della decisione controversa.

17      In via preliminare, il ricorrente, sostenuto su questo punto dalla BNP Paribas e dalla BPCE, rileva che il Tribunale ha omesso di menzionare alcuni elementi nella descrizione dei fatti di cui ai punti da 1 a 48 della sentenza impugnata, dimostrando così che esso non si è mai discostato dalla posizione della Commissione e che non ha esercitato l’approfondito controllo sia di diritto sia di fatto richiesto dalla Corte. Da un lato, il Tribunale avrebbe omesso di indicare che il cambiamento radicale di posizione della Commissione nel corso dell’istruttoria tra la prima e la seconda comunicazione degli addebiti sarebbe dovuto ad errori fondamentali di analisi rilevati dal consigliere-auditore al termine dell’audizione del 16 e 17 dicembre 2004, errori che né la Commissione né il Tribunale hanno successivamente corretto. Dall’altro, la sentenza impugnata non avrebbe fatto alcuna menzione del dibattimento svoltosi all’udienza del 16 maggio 2012 sulla nozione di restrizione della concorrenza «per oggetto», in particolare in relazione all’interpretazione della sentenza Beef Industry Development Society e Barry Brothers (C‑209/07, EU:C:2008:643; in prosieguo la «sentenza BIDS»).

 Argomenti delle parti

18      Con il suo primo motivo, il ricorrente, affiancato dalla BNP Paribas, dalla BPCE e dalla Société Générale, sostiene che il Tribunale, nella valutazione del contenuto, degli obiettivi e del contesto delle misure in questione, ha commesso diversi errori di diritto nell’applicazione della nozione di restrizione della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, che lo hanno portato a vietare di per sé il pagamento di qualunque prezzo da un operatore economico all’altro. Tale motivo si suddivide in tre parti.

–       Sulla prima parte del primo motivo, riguardante errori di diritto nella valutazione del contenuto delle misure in questione

19      Il ricorrente, sostenuto dalla BNP Paribas, dalla BPCE e dalla Société Générale, sostiene, in primo luogo, che il Tribunale ha commesso errori di diritto nell’analisi dell’«oggetto stesso» delle misure di cui trattasi.

20      Il Tribunale non avrebbe proceduto all’esame del grado di dannosità delle misure in questione facendo riferimento al contenuto di queste ultime, ma basandosi unicamente sulle intenzioni soggettive di alcuni membri del Groupement. Così, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto, ai punti 126 e 132 della sentenza impugnata, nel ritenere che dalle formule stesse delle misure oggetto di causa risulti che esse hanno un oggetto anticoncorrenziale che consiste nell’ostacolare la concorrenza proveniente dai nuovi operatori sul mercato in questione. Dette misure, infatti, non comporterebbero alcun meccanismo dannoso per la concorrenza. Da un lato, l’oggetto di tali misure, a differenza delle misure di cui alla sentenza BIDS, sarebbe non quello di costringere dei membri ad uscire dal Groupement o di ostacolarne l’accesso a dei nuovi, bensì quello di aumentare il numero di commercianti affiliati al sistema. Dall’altro, tali misure si limiterebbero ad offrire ai membri del sistema CB diverse alternative di un giusto contributo al sistema lasciando loro la scelta del proprio contributo in funzione della loro strategia individuale.

21      Il Tribunale avrebbe peraltro snaturato degli elementi di prova nel concludere, ai punti 127, 170 e da 178 a 183 della sentenza impugnata, che una serie di ostacoli rendeva molto difficile, in pratica, lo sviluppo dell’attività di acquisizione da parte di un nuovo operatore, basandosi principalmente sulle dichiarazioni della Commissione e respingendo, senza una valida spiegazione, gli elementi che dimostravano il contrario.

22      In secondo luogo, il ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso errori di diritto nella considerazione della genesi dell’adozione delle misure oggetto di causa, quale risultava dai documenti acquisiti durante gli accertamenti condotti nei locali del Groupement e di alcuni dei suoi membri.

23      Anzitutto, prendendo in considerazione, ai punti 186 e 256 della sentenza impugnata, le posizioni individuali di alcuni capifila «assunte internamente» precedentemente all’adozione delle misure oggetto di causa nell’analisi dell’oggetto di tali misure, il Tribunale avrebbe viziato il proprio esame quanto all’esistenza di un oggetto anticoncorrenziale, in quanto tali posizioni riflettono la manifestazione della volontà non del Groupement stesso, ma solo di alcuni dei suoi membri. Orbene, sarebbe perché una decisione costituisce la manifestazione fedele della volontà del suo autore che può considerarsi una decisione di associazione di imprese. Nel caso di specie, le circostanze relative alla preparazione e all’adozione della decisione non sarebbero pertinenti, poiché solo la decisione finale, vale a dire le misure notificate, esprimerebbe pienamente l’intenzione del Groupement. Peraltro, la genesi delle misure sarebbe stata presa in considerazione non per corroborare l’analisi del loro oggetto, ma al posto dell’analisi approfondita del contenuto delle misure.

24      Inoltre, il Tribunale avrebbe snaturato degli elementi di prova, operando selezioni arbitrarie tra le dichiarazioni preparatorie, i documenti acquisiti e le dichiarazioni dei nuovi operatori. Orbene, un certo numero di elementi, che si riferivano in particolare alla necessità di combattere contro il parassitismo e alla preoccupazione di rispettare il diritto della concorrenza, attesterebbero l’esistenza di un dubbio reale circa la restrizione di concorrenza, che il Tribunale avrebbe dovuto prendere in considerazione. Tale snaturamento sarebbe tanto più evidente dato che il Tribunale si sarebbe basato sugli stessi elementi utilizzati dalla Commissione senza discostarsi dalle conclusioni della prima comunicazione degli addebiti.

25      La BNP Paribas, la BPCE e la Société Générale aggiungono, dal loro canto, che il Tribunale ha erroneamente dichiarato, ai punti 124 e 146 della sentenza impugnata, che la nozione di restrizione della concorrenza «per oggetto» non deve essere interpretata restrittivamente. Tale nozione potrebbe infatti applicarsi unicamente agli accordi che, intrinsecamente, perseguono un obiettivo la cui stessa natura riveste una gravità o un grado di dannosità tale che il loro impatto negativo sul funzionamento della concorrenza appare innegabile e, quindi, senza che vi sia la necessità di misurarne gli effetti potenziali.

26      La Commissione ritiene, per quanto concerne, in primo luogo, l’analisi dell’oggetto delle misure in questione che, nel caso in esame, il Tribunale abbia confermato l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto senza basarsi sulle dichiarazioni dei membri del Groupement, ma dopo aver esaminato la formulazione stessa del MERFA, a mente della quale tutte le banche la cui attività relativa di acquisizione sia notevolmente inferiore alla loro attività relativa di emissione sarebbero automaticamente assoggettate a tale prelievo. Il vero scopo del MERFA sarebbe quindi quello di imporre una linea di condotta – limitare l’emissione di carte o scegliere di sopportare un costo aggiuntivo che non sopportano i capifila – che limita la possibilità per i nuovi operatori di competere liberamente con i capifila. Il ricorrente non dimostrerebbe che misure volte all’esclusione di alcuni nuovi operatori sul mercato dell’emissione non costituiscono restrizioni della concorrenza «per oggetto». Per quanto riguarda l’affermazione secondo la quale le misure avrebbero solo un effetto di incentivo, la Commissione rileva che il Tribunale ha analizzato e confermato la conclusione della Commissione che constata l’esistenza di ostacoli significativi allo sviluppo dell’attività di acquisizione. Il Tribunale avrebbe concluso che ai nuovi operatori restavano solo due alternative, vale a dire pagare ovvero limitare la loro attività di emissione. In tale contesto, il Tribunale avrebbe giustamente evidenziato la somiglianza tra le misure all’origine della sentenza BIDS e le misure in questione, ove esse ostacolano lo sviluppo naturale delle quote di mercato dei produttori incoraggiandoli, con l’imposizione di un contributo a carattere dissuasivo, a non superare un certo volume di produzione.

27      La Commissione ritiene, inoltre, che il ricorrente non abbia dimostrato che il Tribunale ha commesso uno snaturamento che risulta in modo evidente dalla documentazione agli atti. Per giungere alla conclusione, al punto 127 della sentenza impugnata, che lo sviluppo dell’attività di acquisizione fosse molto arduo, il Tribunale avrebbe analizzato, ai punti da 160 a 194 di detta sentenza, tutti gli argomenti del ricorrente. Tali punti resterebbero indiscussi e inconfutati.

28      Per quanto concerne, in secondo luogo, la genesi delle misure, la Commissione osserva che il ricorrente tenta di ottenere il riesame delle considerazioni di fatto esposte ai punti 256 e 257 della sentenza impugnata che non possono più essere messe in discussione in fase di impugnazione. In ogni caso, il rilievo secondo cui una convenzione ha un oggetto restrittivo della concorrenza non potrebbe essere messo in discussione adducendo che l’intenzione di restringere la concorrenza non è stata accertata rispetto a tutte le parti alla convenzione. Inoltre, dalla sentenza impugnata emergerebbe chiaramente che le posizioni e le intenzioni soggettive di alcuni membri del Groupement sono state prese in considerazione dal Tribunale a titolo complementare e confermativo. Infine, il ricorrente non indicherebbe alcun preciso elemento che si presume snaturato e non esporrebbe le ragioni del dubbio sollevato. La censura di snaturamento sarebbe pertanto irricevibile.

–       Sulla seconda parte del primo motivo, riguardante errori di diritto nella valutazione degli obiettivi delle misure in questione

29      Il ricorrente sostiene che a torto il Tribunale, pur riconoscendo che la lotta contro il parassitismo del sistema CB costituisce un obiettivo legittimo, ha rifiutato di valutare tale obiettivo ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE. Il Tribunale avrebbe così rilevato che le misure di lotta contro il parassitismo risultano, per loro natura, anticoncorrenziali. Orbene, esso avrebbe dovuto riconoscere che una restrizione della concorrenza per oggetto è esclusa, dal momento che le misure del Groupement si traducono in uno stimolo per l’attività di acquisizione e nella ricerca di un’ottimizzazione tra le attività di acquisizione e di emissione. Tali misure, conformemente al principio di proporzionalità, sarebbero appropriate, poiché consistono in misure sistemiche adottate nell’interesse globale del sistema CB, ed equilibrate, poiché lasciano a ciascun membro del Groupement la scelta dell’opzione adatta alla propria situazione.

30      La Société Générale aggiunge che il Tribunale non può asserire che gli obiettivi delle misure in questione risulterebbero esclusivamente dall’analisi effettuata ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 3, CE e, allo stesso tempo, affermare che la Commissione aveva il diritto di tenere conto dell’intenzione delle parti ai fini della valutazione del carattere restrittivo di tali misure. Inoltre, il Tribunale avrebbe dovuto verificare l’assunto della Commissione secondo il quale le misure di cui trattasi non erano idonee ad incoraggiare l’attività di acquisizione. Per determinare se un accordo rientra nell’ambito dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, occorrerebbe infatti riferirsi agli obiettivi cui esso è volto.

31      La Commissione sostiene che il ricorrente, il quale non ha invocato la teoria delle restrizioni accessorie dinanzi al Tribunale, non prova che la limitazione della libertà di azione imposta ai nuovi operatori a vantaggio delle banche già presenti sul mercato fosse necessaria e indispensabile per perseguire l’obiettivo della lotta contro il parassitismo del sistema CB. In realtà, le misure in questione sarebbero inadeguate per raggiungere gli obiettivi cui sono volte e discriminatorie, a beneficio dei capifila. Le affermazioni del ricorrente sarebbero già state respinte dal Tribunale, non si fonderebbero su alcun ragionamento o prova e si porrebbero in contrasto con gli accertamenti di fatto effettuati dal Tribunale.

–       Sulla terza parte del primo motivo, riguardante errori di diritto nella valutazione del contesto delle misure in questione

32      Il ricorrente, sostenuto dalla BPCE e dalla Société Générale, ritiene che il Tribunale abbia commesso errori di diritto in quanto, da un lato, non ha proceduto ad un’analisi d’insieme del sistema CB e, dall’altro, ha ignorato gli effetti ambivalenti sulla concorrenza delle misure del Groupement concentrandosi sulla sola attività di emissione delle carte e non tenendo conto né dell’obiettivo legittimo di difendere il sistema CB da fenomeni parassitari né dell’esistenza di un’intensa concorrenza nell’attività di acquisizione.

33      In primo luogo, il ricorrente contesta al Tribunale di aver erroneamente preso in considerazione il contesto giuridico della controversia fornendo un’interpretazione errata della giurisprudenza. In particolare, il Tribunale avrebbe dovuto rilevare che le misure in questione erano radicalmente diverse dalle pratiche dannose trattate nella prassi decisionale precedente. Esso cercherebbe così invano di accostare la presente causa alla sentenza BIDS. Inoltre, la sentenza impugnata sarebbe inficiata da una motivazione contraddittoria, in quanto il Tribunale, ai punti 94 e 99 della suddetta sentenza, avrebbe affermato contemporaneamente che le pratiche esaminate nelle decisioni della Commissione, del 9 agosto 2001, Visa International (COMP/2929.373), e del 24 luglio 2002, Visa International – Commissione interbancaria multilaterale (COMP/29.373) sono notevolmente diverse da quelle oggetto di causa nel presente procedimento e che le due decisioni summenzionate riguardano «situazioni simili o identiche». L’errore di analisi emergerebbe ugualmente dal fatto che la Commissione aveva accettato di discutere eventuali impegni in virtù dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003, cioè di misure «tali da rispondere alle [sue] preoccupazioni» e che non configurano un’infrazione alle regole della concorrenza in quanto tale.

34      In secondo luogo, il ricorrente ritiene che il Tribunale abbia erroneamente preso in considerazione il contesto economico, trascurando il funzionamento duale del sistema di pagamento. Il Tribunale avrebbe infatti erroneamente limitato la sua analisi al solo mercato dell’emissione, senza prendere in considerazione il mercato dell’acquisizione. Orbene, una volta riconosciuta la natura duale del sistema CB, il Tribunale non avrebbe potuto concludere che soltanto uno dei due aspetti di tale sistema avesse esclusiva rilevanza per condurre un’analisi corretta dell’oggetto delle misure di cui trattasi. La presa in considerazione di tali due aspetti avrebbe dovuto portare il Tribunale a rilevare che dette misure miravano in effetti a proteggere tale sistema e non ad ostacolare la concorrenza degli emittenti di carte CB.

35      La BPCE e la Société Générale aggiungono a tal proposito che, nel dichiarare, al punto 105 della sentenza impugnata, che le esigenze di equilibrio tra tali attività non dovevano essere esaminate sulla base dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, atteso che l’unico mercato considerato è quello dell’emissione di carte, il Tribunale ha confuso le nozioni di definizione del mercato rilevante e di analisi del contesto giuridico ed economico di un accordo. Orbene, dalla giurisprudenza non emerge che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE la definizione di un mercato rilevante permetta di escludere dall’analisi necessaria alla ricerca di un eventuale oggetto anticoncorrenziale elementi di natura economica o giuridica per la semplice ragione che essi si riferirebbero ad un mercato diverso.

36      In terzo luogo, il ricorrente ritiene che il Tribunale abbia erroneamente preso in considerazione il contesto economico, omettendo di esercitare il proprio controllo sulle valutazioni economiche complesse. Orbene, sarebbe compito del giudice dell’Unione controllare se gli elementi addotti costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione ai fini della valutazione di una situazione complessa e se essi siano idonei a corroborare le conclusioni che ne sono state tratte. Nella fattispecie, il Tribunale non avrebbe tuttavia in alcun modo proceduto a tale controllo minimo e obiettivo delle valutazioni economiche contenute nella decisione controversa, ma si sarebbe accontentato, ai punti 320 e 321 della sentenza impugnata, di escludere alcuni studi economici prodotti dal Groupement per la loro presunta contraddittorietà con altri studi.

37      La Commissione osserva, in primo luogo, che il ricorrente si basa su una lettura parziale della sentenza impugnata, in quanto il Tribunale non ha rilevato alcun effetto ambivalente sulla concorrenza. Il Tribunale avrebbe evidenziato che le misure sono prive di effetto di stimolo della concorrenza e che non sussiste parassitismo del sistema CB. La lotta contro il parassitismo non sarebbe dunque idonea a giustificare una misura discriminatoria che restringe le condizioni di accesso al mercato. Inoltre, i tipi di accordo menzionati dall’articolo 81, paragrafo 1, CE non esaurirebbero le possibili ipotesi di collusioni vietate. Orbene, le misure oggetto di causa sarebbero riconducibili alle pratiche collusive che sono state qualificate come restrizione per oggetto nella sentenza BIDS, per i motivi esposti ai punti 197 e 198 della sentenza impugnata. A dispetto della complessità di tali misure, la loro natura di accordi di esclusione volti a dissuadere qualsivoglia nuovo ingresso di concorrenti sul mercato risulterebbe evidente. Per quanto concerne il rispetto dell’obbligo di motivazione, il Tribunale esporrebbe ai punti da 94 a 99 della sentenza impugnata le ragioni per le quali le decisioni Visa International e Visa International – Commissione multilaterale di interscambio sono significativamente diverse dalle misure oggetto di causa. Infine, quanto agli impegni previsti, non essendo stato il Tribunale investito di tale questione, tale motivo sarebbe irricevibile. Ad ogni modo, la Commissione disporrebbe di un ampio margine discrezionale in materia e nulla consentirebbe di concludere che una presunta assenza di gravità dell’infrazione avrebbe indotto la Commissione ad avviare una procedura di impegni.

38      In secondo luogo, quanto al carattere duale del sistema CB, la Commissione osserva che il Tribunale ha analizzato e verificato i motivi per i quali essa non ha preso in considerazione alcuni studi presentati dal Groupement. La censura secondo la quale il Tribunale non avrebbe risposto alla posizione degli economisti sarebbe quindi «priva di pregio» e, in ogni caso, riguarderebbe una questione di fatto che esula dal sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione. Inoltre, nel presente procedimento, l’infrazione riguarderebbe solo il mercato dell’emissione. Il Tribunale avrebbe respinto la tesi secondo cui le attività di acquisizione e quelle di emissione farebbero parte di un unico mercato dei servizi bancari di prossimità.

39      In terzo luogo, quanto al controllo esercitato dal Tribunale sulle valutazioni economiche complesse, la Commissione ritiene che dai punti 320 e 321 della sentenza impugnata risulti che il Tribunale ha proceduto alla lettura e all’analisi dei due studi complementari presentati dal ricorrente al fine di evidenziare che le esternalità positive generate dall’attività di acquisizione fossero più importanti di quelle generate dall’attività di emissione. Il Tribunale avrebbe peraltro respinto la censura sullo snaturamento di tali due studi da parte della Commissione. Il ricorrente non darebbe prova del fatto che l’analisi del Tribunale sia inficiata da errori di diritto o da un errore manifesto di valutazione.

 Giudizio della Corte

40      Con il suo primo motivo, di cui occorre esaminare le tre parti congiuntamente, il ricorrente, sostenuto dalla BNP Paribas, dalla BPCE e dalla Société Générale, ritiene in sostanza che la sentenza impugnata sia inficiata da errori di diritto, in quanto il Tribunale, in violazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, ha dichiarato che le misure in questione avevano ad «oggetto» la restrizione della concorrenza ai sensi di tale disposizione, astenendosi così a torto dall’esaminare gli effetti concreti di dette misure sulla concorrenza.

–       Osservazioni preliminari

41      Occorre sin da ora evidenziare che dagli articoli 256 TFUE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea emerge che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Tuttavia, una volta che il Tribunale ha accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’articolo 256 TFUE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (v., in particolare, sentenza Alliance One International e Standard Commercial Tobacco/Commissione e Commissione/Alliance One International e a., C‑628/10 P e C‑14/11 P, EU:C:2012:479, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

42      Occorre altresì ricordare che, conformemente alle norme dei Trattati UE e FUE relative alla ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli organi giurisdizionali dell’Unione, è compito della Commissione, sotto il controllo del Tribunale e della Corte, vegliare sull’applicazione dei principi stabiliti dagli articoli 81 CE e 82 CE (v., in tal senso, in particolare, sentenza Masterfoods e HB, C‑344/98, EU:C:2000:689, punto 46).

43      È opportuno inoltre ricordare che il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, oggi espresso all’articolo 47 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v, in tal senso, in particolare, sentenze Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 52, e giurisprudenza ivi citata).

44      Dalla giurisprudenza dell’Unione risulta quindi che, allorché è adito, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, con un ricorso d’annullamento di una decisione di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, il Tribunale deve, in generale, sulla base degli elementi prodotti dal ricorrente a sostegno dei motivi invocati, esercitare un controllo completo relativamente alla questione se ricorrano o meno i requisiti di applicazione di tale disposizione (v., in tal senso, sentenze Remia e a./Commissione, 42/84, EU:C:1985:327, punto 34; Chalkor/Commissione, EU:C:2011:815, punti 54 e 62, nonché Otis e a., C‑199/11, EU:C:2012:684, punto 59). Il Tribunale deve altresì verificare se la Commissione ha motivato la propria decisione (v., in tal senso, sentenze Chalkor/Commissione, EU:C:2011:815, punto 61 e giurisprudenza ivi citata, nonché Otis e a. EU:C:2012:684, punto 60).

45      In occasione di detto controllo, il Tribunale non può basarsi sul margine discrezionale di cui dispone la Commissione, in virtù del ruolo ad essa assegnato, in materia di politica della concorrenza, dai Trattati UE e FUE, per rinunciare ad esercitare un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto (v., in tal senso, sentenze Chalkor/Commissione, EU:C:2011:815, punto 62, nonché Otis e a., EU:C:2012:684, punto 61).

46      In particolare, se è vero che la Commissione dispone, in virtù di tale ruolo, di un margine discrezionale in materia economica, segnatamente in ambito di valutazioni economiche complesse, ciò non comporta che, come risulta dal punto precedente della presente sentenza, il Tribunale debba astenersi dal controllo della qualificazione giuridica di dati di natura economica operata dalla Commissione. Infatti, pur non spettando a quest’ultimo sostituire la propria valutazione economica a quella della Commissione, la quale ha in materia competenza istituzionale (v., in tal senso, in particolare, sentenze Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 145, nonché Frucona Košice/Commissione, C‑73/11 P, EU:C:2013:32, punto 89 e giurisprudenza ivi citata), da una giurisprudenza ormai consolidata emerge che il giudice dell’Unione deve, in particolare, non soltanto verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova invocati, la loro affidabilità e la loro coerenza, ma anche controllare se tali elementi costituiscono l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per la valutazione di una situazione complessa e se essi sono idonei a corroborare le conclusioni che ne sono tratte (v., in tal senso, in particolare, sentenze Chalkor/Commissione, EU:C:2011:815, punto 54 e giurisprudenza ivi citata, nonché Otis e a., EU:C:2012:684, punto 59).

47      Alla luce di tali principi occorre esaminare se il Tribunale abbia correttamente concluso, nella sentenza impugnata, che le misure in questione hanno ad oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE.

–       Sull’esame dell’esistenza di una restrizione della concorrenza per «oggetto» ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE

48      Occorre ricordare che, per ricadere nel divieto di cui all’articolo 81, paragrafo 1, CE, un accordo, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata devono avere «per oggetto o per effetto» di impedire, restringere o falsare la concorrenza nel mercato interno.

49      A tal proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta che alcune forme di coordinamento tra imprese rivelano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario (v., in tal senso, in particolare, le sentenze LTM, 56/65, EU:C:1966:38, 359 e 360; BIDS, punto 15, nonché Allianz Hungária Biztosító e a., C‑32/11, EU:C:2013:160, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

50      Tale giurisprudenza si fonda sul fatto che talune forme di coordinamento tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (v., in tal senso, in particolare, sentenza Allianz Hungária Biztosító e a., EU:C:2013:160, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

51      È quindi pacifico che la probabilità che certi comportamenti collusivi, quali quelli che portano alla fissazione orizzontale dei prezzi da parte di cartelli, abbiano effetti negativi, in particolare, sul prezzo, sulla quantità o sulla qualità dei prodotti e dei servizi, è talmente alta che può essere ritenuto inutile, ai fini dell’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, dimostrare che tali comportamenti hanno effetti concreti sul mercato (v., in tal senso, in particolare, sentenza Clair, 123/83, EU:C:1985:33, punto 22). L’esperienza, infatti, dimostra che tali comportamenti determinano riduzioni della produzione e aumenti dei prezzi, dando luogo ad una cattiva allocazione delle risorse a detrimento, in particolare, dei consumatori.

52      Nel caso in cui l’analisi di un tipo di coordinamento tra imprese non presenti un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza, occorrerà, per contro, esaminarne gli effetti e, per vietarlo, dovranno sussistere tutti gli elementi comprovanti che il gioco della concorrenza è stato, di fatto, impedito, ristretto o falsato in modo significativo (sentenza Allianz Hungária Biztosító e a., EU:C:2013:160, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

53      A mente della giurisprudenza della Corte, per valutare se un accordo tra imprese o una decisione di associazione di imprese presentano un grado sufficiente di dannosità per essere considerati come una restrizione della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, occorre riferirsi al tenore delle loro disposizioni, agli obiettivi che essi mirano a raggiungere, nonché al contesto economico e giuridico nel quale essi si collocano. Nella valutazione di tale contesto, occorre prendere in considerazione anche la natura dei beni o dei servizi coinvolti e le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione (v., in tal senso, Allianz Hungária Biztosító e a., EU:C:2013:160, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

54      Inoltre, sebbene l’intenzione delle parti non costituisca un elemento necessario per determinare la natura restrittiva di un accordo tra imprese, nulla vieta alle autorità garanti della concorrenza ovvero ai giudici nazionali e dell’Unione di tenerne conto (v. sentenza Allianz Hungária Biztosító e a., EU:C:2013:160, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

55      Nel caso di specie, occorre rilevare che il Tribunale, nel definire nella sentenza impugnata i criteri giuridici rilevanti da prendere in considerazione per determinare l’esistenza, nella presente causa, di una restrizione della concorrenza per «oggetto» ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, ha esposto, ai punti 124 e 125 di tale sentenza, quanto segue:

«124      Secondo la giurisprudenza, i tipi di accordo menzionati dall’articolo 81, paragrafo 1, lettera da a) a e), CE non esaurirebbero le possibili ipotesi di collusioni vietate e, perciò, la nozione di infrazione per oggetto non va interpretata in maniera restrittiva (v., in tal senso, sentenza [BIDS], punti 22 e 23).

125      Al fine di valutare il carattere anticoncorrenziale di un accordo o di una decisione di associazione di imprese, occorre far riferimento, segnatamente, al tenore delle loro disposizioni, agli obiettivi da essi perseguiti nonché al contesto economico e giuridico in cui essi si collocano. A tale riguardo, è sufficiente che l’accordo o la decisione di associazione di imprese abbiano potenzialmente la capacità di produrre effetti negativi sulla concorrenza. In altri termini, essi devono semplicemente essere idonei in concreto, tenuto conto del contesto giuridico ed economico nel quali si inscrivono, ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato comune. Non è necessario che la concorrenza sia effettivamente impedita, ristretta o falsata, né che sussista un nesso diretto fra tale decisione e i prezzi al dettaglio. Inoltre, sebbene l’intenzione delle parti non costituisca un elemento necessario per determinare la natura restrittiva di un accordo, nulla vieta alla Commissione o ai giudici dell’Unione di tenerne conto (v., in tal senso, sentenza T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, [EU:C:2009:343], punti 31, 39 e 43, e sentenza GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., [C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, EU:C:2009:610], punto 58 e giurisprudenza ivi citata)».

56      Va rilevato che, così procedendo, il Tribunale ha, in parte, disatteso la giurisprudenza della Corte incorrendo di conseguenza in errori di diritto rispetto alla definizione dei criteri giuridici rilevanti per la valutazione dell’esistenza di una restrizione della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE.

57      Il Tribunale infatti, da un lato, al punto 125 della sentenza impugnata, nel definire la nozione di restrizione della concorrenza «per oggetto» ai sensi di tale disposizione, ha omesso di tener conto della giurisprudenza costante della Corte menzionata ai punti da 49 a 52 della presente sentenza, trascurando così il fatto che il criterio giuridico essenziale per determinare se un coordinamento tra imprese comporti una restrizione siffatta della concorrenza «per oggetto» risiede nel rilievo che un simile coordinamento presenta, di per sé, un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza.

58      Dall’altro lato, alla luce di tale giurisprudenza, il Tribunale ha erroneamente ritenuto, al punto 124 della sentenza impugnata, e poi anche al punto 146 della medesima, che la nozione di restrizione della concorrenza «per oggetto» non debba essere interpretata «restrittivamente». Infatti, salvo esimere la Commissione dall’obbligo di provare gli effetti concreti sul mercato di accordi rispetto ai quali non è affatto dimostrato che siano, per loro natura, dannosi per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, la nozione di restrizione della concorrenza «per oggetto» può essere applicata solo ad alcuni tipi di coordinamento tra imprese che presentano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario. La circostanza che i tipi di accordo menzionati dall’articolo 81, paragrafo 1, CE non esauriscano le possibili ipotesi di collusioni vietate è, a tal proposito, irrilevante.

59      Occorre tuttavia verificare se tali errori di diritto siano tali da inficiare l’analisi condotta dal Tribunale rispetto alla qualificazione delle misure oggetto di causa in base all’articolo 81, paragrafo 1, CE.

60      A tale riguardo, occorre constatare che, come risulta dai punti 198, 227 e 234 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che le misure in questione hanno ad oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, in quanto, in sostanza, ostacolano la concorrenza dei nuovi operatori sul mercato dell’emissione delle carte di pagamento in Francia.

61      Come risulta dai punti 137, 204, 220, 223, 238 e 267 della sentenza impugnata, il Tribunale, dopo aver riprodotto, ai punti da 126 a 133 di tale sentenza, il contenuto di diversi considerando della decisione controversa, ha dichiarato che tale oggetto anticoncorrenziale risultava dalle stesse formule di calcolo previste per le misure in questione.

62      In tale contesto, il Tribunale ha dichiarato, in particolare, ai punti 76 e da 140 a 144 della sentenza impugnata, che la circostanza che le misure in questione perseguissero un obiettivo legittimo di lotta contro il parassitismo del sistema CB non escludeva che esse potessero essere considerate come misure volte ad una restrizione della concorrenza, tanto più che tale oggetto, come risultava dalla formule stesse previste per le misure suddette, contraddiceva gli obiettivi dichiarati dal Groupement.

63      Il Tribunale ha peraltro affermato, in particolare ai punti 104 e 105 della sentenza impugnata, che le esigenze di equilibrio tra l’attività di emissione e quella di acquisizione nel sistema CB non dovevano essere analizzate ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, poiché il solo mercato considerato era il mercato a valle dell’emissione di carte di pagamento.

64      Infine, il Tribunale ha parimenti osservato, in particolare ai punti 134, 136 e 267 della sentenza impugnata, che solo a titolo «complementare e confermativo», nella decisione controversa, la Commissione si è basata sull’intenzione del Groupement, quale risultava dai documenti raccolti in occasione degli accertamenti e contenenti le posizioni dei capifila in fase di preparazione delle misure oggetto di causa.

65      Se è vero che dalla sentenza impugnata emerge che il Tribunale ha ritenuto che l’oggetto restrittivo delle misure in questione risultava già dai loro termini, va osservato che esso non ha per contro in alcun modo spiegato, nell’ambito del suo sindacato di legittimità della decisione controversa, sotto quale profilo detti termini potessero essere considerati rivelatori dell’esistenza di una restrizione della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE.

66      Certamente, il Tribunale ha rilevato, a tal proposito, al punto 132 della sentenza impugnata, che la Commissione ha osservato, «in base alle formule previste per le misure oggetto di causa e in ragione della difficoltà di sviluppare l’attività di acquisizione, che tali misure imponevano ai membri del Groupement a cui si applicavano o di limitare la loro attività di emissione o di sopportare costi (legati all’emissione) che non erano sopportati da altri membri del Groupement, tra cui i capifila. Queste formule limitavano così la possibilità dei membri a cui si applicavano di competere (attraverso i prezzi) nel mercato dell’emissione con i membri del Groupement che non vi erano soggetti».

67      Inoltre, il Tribunale ha rilevato, al punto 133 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva indicato che la funzione demandata dal Groupement al MERFA, consistente in un incentivo a sviluppare l’acquisizione, «era contraddetta dall’esistenza di commissioni interbancarie che incoraggiavano l’emissione (…) e dalla circostanza che il diritto d’iscrizione aggiuntivo e il diritto di risveglio dei dormienti penalizzavano le banche che non avevano emesso carte a sufficienza nel recente passato».

68      Il Tribunale ne ha concluso, ai punti 197, 198, 227 e 234 della sentenza impugnata, che le misure controverse, al pari di quelle di cui alla sentenza BIDS, hanno per oggetto di ostacolare la concorrenza dei nuovi operatori sul mercato dell’emissione delle carte di pagamento in Francia, poiché esse impongono alle banche a cui si applicano o di pagare un contributo o di limitare le loro attività di emissione.

69      Tuttavia, se è vero che il Tribunale ha così esposto i motivi per i quali le misure in questione, tenuto conto delle loro formule, possono restringere la concorrenza e, pertanto, ricadere nel divieto di cui all’articolo 81, paragrafo 1, CE, esso non ha, d’altro canto, in alcun modo spiegato, contrariamente alle esigenze che si traggono dalla giurisprudenza ricordata ai punti 49 e 50 della presente sentenza, sotto quale profilo tale restrizione della concorrenza presenta un grado di dannosità sufficiente per poter essere qualificata come restrizione «per oggetto» ai sensi di tale disposizione, non contenendo la sentenza impugnata alcuna analisi su tale punto.

70      Sebbene certamente, come ha giustamente constatato il Tribunale ai punti 76 e da 140 a 144 della sentenza impugnata, il fatto che le misure in questione perseguono un obiettivo legittimo di lotta contro il parassitismo non escluda che esse possano essere considerate come aventi un oggetto restrittivo della concorrenza, resta il fatto che tale oggetto restrittivo dev’essere dimostrato.

71      Da quanto detto emerge che il Tribunale, qualificando le misure oggetto di causa, non soltanto è incorso in un vizio di motivazione della sentenza impugnata, ma ha anche operato un’interpretazione e un’applicazione errate dell’articolo 81, paragrafo 1, CE.

72      Benché infatti, in particolare dai punti 204 e 247 della sentenza impugnata, risulti che il Tribunale ha scartato a più riprese l’affermazione del ricorrente, secondo la quale dalle formule previste per le misure in questione emergeva che queste ultime erano volte a sviluppare le attività di acquisizione dei membri per raggiungere un tasso di equilibrio ottimale tra le attività di emissione e quelle di acquisizione, è d’altro canto pacifico, come peraltro risulta dai punti 198, 199, 245, 247 e 327 della sentenza impugnata, che dette formule incoraggiavano i membri del Groupement, al fine di evitare il pagamento dei contributi istituiti dalle misure di cui trattasi, a non eccedere un certo volume di emissione di carte CB, che permetteva loro di raggiungere un rapporto determinato tra le attività di emissione e le attività di acquisizione dei membri del Groupement.

73      Orbene, dopo aver indicato, al punto 83 della sentenza impugnata, che il Groupement è attivo sul «mercato dei sistemi di pagamento», il Tribunale, al punto 102 di tale sentenza, ha rilevato, nell’ambito della sua valutazione sovrana dei fatti, non contestata nell’ambito della presente impugnazione, che, nel caso di specie, in un sistema duale di pagamento con carta, quale quello del Groupement, le attività di emissione e di acquisizione sono «indispensabili» l’una per l’altra e per il funzionamento di tale sistema, poiché, da un lato, i commercianti non accetterebbero di aderire a detto sistema se il numero di portatori di carte fosse insufficiente e, dall’altro, i consumatori non vorrebbero possedere una carta se questa non fosse utilizzabile presso un numero sufficiente di commercianti.

74      Avendo, pertanto, constatato al punto 104 della sentenza impugnata che sussistevano «interazioni» tra le attività di «emissione» e di «acquisizione» di un sistema di pagamento e che tali attività producevano «effetti di rete indiretti», dal momento che l’entità dell’accettazione delle carte da parte dei commercianti e il numero di carte in circolazione si influenzano reciprocamente, il Tribunale non poteva, senza commettere un errore di diritto, concludere che le misure in questione avevano ad oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE.

75      Avendo infatti ammesso che le formule utilizzate da tali misure miravano a stabilire un determinato rapporto tra le attività di emissione e le attività di acquisizione dei membri del Groupement, il Tribunale poteva tutt’al più desumerne che le misure in questione avessero ad oggetto l’imposizione di un contributo finanziario ai membri del Groupement che beneficiano degli sforzi impiegati dagli altri membri ai fini dello sviluppo delle attività di acquisizione del sistema. Orbene, un obiettivo siffatto non può essere considerato, per sua stessa natura, dannoso per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, atteso che lo stesso Tribunale del resto ha dichiarato, segnatamente ai punti 76 e 77 della sentenza impugnata, che la lotta contro il parassitismo del sistema CB costituiva un obiettivo legittimo.

76      A tale proposito, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 149 delle sue conclusioni, il Tribunale ha erroneamente affermato, al punto 105 della sentenza impugnata, che l’analisi delle esigenze di equilibrio tra le attività di emissione e di acquisizione nell’ambito del sistema di pagamento non potesse essere effettuata sulla base dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, poiché il mercato rilevante non era quello dei sistemi di pagamento in Francia, bensì quello, situato a valle, dell’emissione di carte di pagamento in tale Stato membro.

77      Così facendo, il Tribunale ha confuso la questione della definizione del mercato rilevante e quella del contesto da prendere in considerazione per determinare se il contenuto di un accordo o di una decisione di associazione di imprese riveli l’esistenza di una restrizione della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE.

78      Infatti, per valutare se un coordinamento tra imprese risulti per sua natura dannoso al buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, occorre, a mente della giurisprudenza ricordata al punto 53 della presente sentenza, prendere in considerazione qualunque elemento rilevante, tenuto conto, in particolare, della natura dei servizi in questione nonché delle condizioni reali di funzionamento e della struttura dei mercati, relativo al contesto economico o giuridico nel quale detto coordinamento si inserisce, senza che rilevi che tale elemento rientri o meno nell’ambito del mercato rilevante.

79      Ciò deve avvenire, in particolare, laddove tale elemento consista appunto nella presa in considerazione dell’esistenza di interazioni tra il mercato rilevante e un mercato connesso distinto (v., per analogia, sentenze Delimitis, C‑234/89, EU:C:1991:91, punti da 17 a 23, nonché Allianz Hungária Biztosító e a., EU:C:2013:160, punto 42) e a fortiori laddove sussistano, come nel caso di specie, interazioni tra le due parti di un sistema duale.

80      Non può certamente escludersi che le misure oggetto di causa, come constatato dal Tribunale ai punti 198, 227, e 234 della sentenza impugnata, ostacolino la concorrenza proveniente dai nuovi operatori, tenuto conto della difficoltà, creata da tali misure di accrescere l’attività di acquisizione di tali nuovi operatori, o perfino portino all’esclusione di questi ultimi dal sistema, in funzione, come affermato in udienza dalla BPCE, del livello dei contributi imposti in applicazione di dette misure.

81      Tuttavia, tale affermazione, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 131 delle sue conclusioni, si riferirebbe all’esame degli effetti di dette misure sulla concorrenza e non all’oggetto delle misure.

82      Va così rilevato che il Tribunale, sotto l’apparenza di un esame delle «opzioni» che si aprivano ai membri del Groupement con le misure in questione, ai punti da 161 a 193 della sentenza impugnata, in esito al quale esso ha concluso, al punto 194 di tale sentenza, che «il MERFA lasciava in pratica due opzioni alle banche a cui si applicava: il pagamento di un contributo o la limitazione all’emissione di carte CB», ha in realtà valutato gli effetti potenziali di dette misure, procedendo all’analisi delle difficoltà per le banche di sviluppare l’attività di acquisizione sulla base di dati di mercato, di dichiarazioni di alcune banche e di documenti acquisiti nel corso degli accertamenti, facendo così esso stesso emergere che le misure in questione non possono essere considerate «per la loro stessa natura» dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza.

83      A tale proposito, il Tribunale ha errato nell’asserire, ai punti 197 e 198 della sentenza impugnata, che le misure in questione potevano essere ritenute analoghe a quelle esaminate dalla Corte nella sentenza BIDS, nella quale la Corte ha dichiarato che gli accordi in questione (in prosieguo: gli «accordi BIDS»), conclusi tra le dieci principali imprese trasformatrici di carne bovina in Irlanda, membri del BIDS, avevano ad oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE.

84      Gli accordi BIDS, infatti, nel prevedere una riduzione delle capacità di trasformazione dell’ordine del 25%, miravano essenzialmente, secondo il loro dettato, a permettere a più imprese di attuare una politica comune avente per oggetto di favorire l’uscita dal mercato di talune di loro e di ridurre così le sovraccapacità che, impedendo la realizzazione di economie di scala, pregiudicano la loro redditività. Gli accordi BIDS avevano così ad oggetto di modificare sensibilmente la struttura del mercato grazie ad un meccanismo destinato ad incoraggiare la fuoriuscita di imprese concorrenti per, da un lato, aumentare il livello di concentrazione del mercato interessato riducendo in maniera significativa il numero di imprese che offrono servizi di trasformazione e, dall’altro, eliminare quasi il 75% delle capacità di produzione eccedentarie (sentenza BIDS, punti da 31 a 33).

85      Orbene, nella sentenza impugnata, il Tribunale non ha affatto constatato, né d’altronde è stato affermato dinanzi ad esso, che le misure in questione, al pari degli accordi BIDS, miravano a modificare sensibilmente la struttura del mercato interessato tramite un meccanismo destinato ad incoraggiare la fuoriuscita delle imprese concorrenti e, pertanto, che tali misure presentavano un grado di dannosità come quello degli accordi BIDS.

86      Sebbene il Tribunale abbia certamente rilevato, al punto 198 della sentenza impugnata, che le misure in questione incoraggiavano i membri del Groupement a non oltrepassare un certo volume di emissione di carte CB, l’obiettivo di tale incentivo era, secondo le sue stesse constatazioni ai punti 245, 247 e 327 di tale sentenza, non di ridurre eventuali sovraccapacità sul mercato dell’emissione delle carte di pagamento in Francia, ma di raggiungere un rapporto determinato tra le attività di emissione e le attività di acquisizione dei membri del Groupement al fine di sviluppare ulteriormente il sistema CB.

87      Ne deriva che il Tribunale non poteva, senza commettere un errore di diritto, qualificare le misure in questione come restrizioni della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE.

88      Atteso che le intenzioni perseguite dal Groupement non possono, in conformità della giurisprudenza richiamata al punto 54 della presente sentenza, essere di per sé sufficienti a stabilire l’esistenza di un oggetto anticoncorrenziale e che il Tribunale ha esso stesso indicato del resto, ai punti 134, 136 e 267 della sentenza impugnata, che l’analisi di tali intenzioni era stata effettuata a titolo complementare e confermativo, neanche le affermazioni del Tribunale a tal proposito, segnatamente ai punti da 251 a 266 di questa sentenza, possono, senza che vi sia bisogno di esaminare gli argomenti avanzati dal ricorrente su tale punto, giustificare una simile qualificazione.

89      Considerati complessivamente, gli errori di diritto commessi dal Tribunale rispetto ai criteri giuridici rilevanti per valutare l’esistenza di una restrizione della concorrenza «per oggetto», la motivazione della sentenza impugnata e la qualificazione delle misure oggetto di causa alla luce dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, rivelano, peraltro, un difetto generale di analisi da parte del Tribunale e testimoniano così la mancanza di esame completo e approfondito degli argomenti dei ricorrenti e delle parti che miravano all’annullamento della decisione controversa.

90      Limitandosi più volte, in particolare ai punti da 126 a 136 della sentenza impugnata, a riprodurre il contenuto della decisione controversa, il Tribunale si è infatti astenuto dal verificare, come invece era tenuto a fare, se gli elementi considerati dalla Commissione in tale decisione gli permettessero di concludere giustamente che le misure in questione, alla luce dei loro termini, dei loro obiettivi e del loro contesto, presentassero un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza per poter essere considerate come aventi ad oggetto una restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, e, pertanto, se detti elementi costituissero l’insieme dei dati rilevanti da prendere in considerazione a tal fine.

91      In tali circostanze, risulta che il Tribunale non ha adempiuto il proprio obbligo di rispettare il livello di controllo richiesto dalla giurisprudenza come esposto ai punti da 42 a 46 della presente sentenza.

92      Alla luce di tutto quanto precede, occorre rilevare che il Tribunale, dichiarando che le misure oggetto di causa avevano per oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, ha commesso errori di diritto e non ha tenuto conto del grado di controllo giurisdizionale richiesto dalla giurisprudenza.

93      Ciò premesso, il primo motivo dell’impugnazione dev’essere accolto.

94      Occorre, pertanto, annullare la sentenza impugnata, senza che occorra esaminare gli altri motivi invocati dal ricorrente a sostegno della propria impugnazione.

 Sul rinvio della causa al Tribunale

95      Ai sensi dell’articolo 61 dello Statuto della Corte, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

96      A tale riguardo, occorre constatare che i motivi che giustificano l’annullamento della sentenza impugnata non son tali da comportare l’annullamento totale della decisione controversa. Infatti, detti motivi implicano l’annullamento di tale decisione limitatamente alla parte in cui essa afferma che le misure in questione hanno per oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE.

97      Sulla base della giurisprudenza richiamata al punto 52 della presente sentenza, occorre pertanto determinare se, come ha affermato la Commissione nella decisione controversa, gli accordi in questione abbiano «per effetto» la restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE.

98      Tuttavia, tale aspetto della controversia implica l’esame di questioni di fatto complesse sulla base di elementi che, da un lato, non sono stati valutati dal Tribunale nella sentenza impugnata, avendo quest’ultimo ritenuto, ai punti 270 e 271 di tale sentenza, che un simile esame fosse superfluo, in quanto ha affermato che la Commissione non aveva commesso un errore nel concludere, nella decisione controversa, che le misure in questione avessero un oggetto anticoncorrenziale e che, dall’altro, non sono stati dibattuti dinanzi alla Corte, il che implica che, rispetto a tale punto, la causa non risulta matura per la decisione

99      Di conseguenza, occorre rinviare la causa dinanzi al Tribunale e riservare le spese.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 29 novembre 2012, CB/Commissione (T‑491/07), è annullata.

2)      La causa è rinviata al Tribunale dell’Unione europea.

3)      Le spese sono riservate.

Firme


* Lingua processuale: il francese.