Language of document : ECLI:EU:T:2016:455

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

8 settembre 2016 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercati belga, tedesco, francese e neerlandese di gamberetti del Mare del Nord – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Fissazione dei prezzi e ripartizione dei volumi di vendita – Ricevibilità delle prove – Utilizzo come prova di registrazioni segrete di conversazioni telefoniche – Valutazione della capacità contributiva – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑54/14,

Goldfish BV, con sede a Zoutkamp (Paesi Bassi),

Heiploeg BV, con sede a Zoutkamp,

Heiploeg Beheer BV, con sede a Zoutkamp,

Heiploeg Holding BV, con sede a Zoutkamp,

rappresentate da P. Glazener e B. Winters, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da F. Ronkes Agerbeek e P. Van Nuffel, successivamente da P. Van Nuffel e H. van Vliet, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e volta, da una parte, all’annullamento della decisione C(2013) 8286 final della Commissione, del 27 novembre 2013, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE (caso AT.39633 – Gamberetti), nella misura in cui riguarda le ricorrenti, e, dall’altra, alla riduzione dell’importo delle ammende inflitte a queste ultime,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da G. Berardis, presidente, O. Czúcz e A. Popescu (relatore), giudici,

cancelliere: J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 dicembre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Goldfish BV, la Heiploeg BV, la Heiploeg Beheer BV e la Heiploeg Holding BV (in prosieguo, congiuntamente: le «ricorrenti» o la «Heiploeg») fanno parte di un gruppo di imprese la cui attività principale consiste nel commercio di gamberetti e di altri molluschi e crostacei.

2        Il prodotto di cui trattasi nel caso di specie è il gamberetto del Mare del Nord (crangon crangon), che è una specie di gamberetto pescato nel Mare del Nord. La maggior parte del pescato viene sbarcata in Danimarca, in Germania e nei Paesi Bassi. Tale pescato è quindi acquistato direttamente da commercianti specializzati nell’acquisto di gamberetti (contract fishing) oppure acquistato nei Paesi Bassi durante vendite all’asta (free fishing).

3        In seguito, i commercianti trasformano e trattano i gamberetti del Mare del Nord, il che comprende la loro sgusciatura, il loro congelamento e il loro confezionamento. Tali commercianti forniscono i gamberetti del Mare del Nord per il consumo umano, sgusciati o non sgusciati, congelati o non congelati, a rivenditori quali supermercati, grossisti di frutti di mare, imprese di trasformazione alimentare o ristoranti.

4        Il 14 gennaio 2003 la Nederlandse Mededingingsautoriteit (autorità garante della concorrenza neerlandese; in prosieguo: la «NMa») ha adottato una decisione sulla base del diritto nazionale della concorrenza neerlandese e dell’articolo 101 TFUE nei confronti di diverse imprese e associazioni di imprese attive nel settore dei gamberetti del Mare del Nord. Tale decisione riguardava accordi sul prezzo minimo e restrizioni relative alla produzione per il periodo che va dal gennaio 1998 al gennaio 2000, nonché l’ostacolo all’ingresso di nuovi commercianti per la vendita all’asta neerlandese di gamberetti dall’ottobre al novembre 1999. Sono state inflitte ammende alla Heiploeg BV, alla Goldfish, alla Klaas Puul & Zoon BV e alla L. Kok International Seafood BV.

5        Il 28 dicembre 2004 nell’ambito di un appello amministrativo, le ammende inflitte a diversi piccoli commercianti, compresa la L. Kok International Seafood, sono state annullate, mentre le ammende irrogate alla Heiploeg BV, alla Goldfish e alla Klaas Puul & Zoon sono state ridotte. Per il resto, la decisione della NMa è stata principalmente confermata dalle decisioni del Rechtbank Rotterdam (Tribunale di Rotterdam, Paesi Bassi) e del College van Beroep voor het bedrijfsleven (Corte d’appello del contenzioso amministrativo in materia economica, Paesi Bassi; in prosieguo: il «College van Beroep»).

6        Il 13 gennaio 2009 la Klaas Puul BV, la Klaas Puul Beheer BV e la Klaas Puul Holding BV (in prosieguo, congiuntamente: la «Klaas Puul»), che producevano e commercializzavano vari tipi di frutti di mare, hanno comunicato alla Commissione europea la propria intenzione di presentare una domanda di immunità dalle ammende relative alla esistenza di un cartello nel settore dei gamberetti del Mare del Nord. La Commissione ha successivamente accordato un «numero d’ordine», ai sensi del punto 15 della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 2006»), alla Klaas Puul fino al 26 gennaio 2009, al fine di consentire a quest’ultima di raccogliere le informazioni e gli elementi probatori necessari.

7        Il 26 gennaio 2009 la Klaas Puul ha presentato alla Commissione, ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 2006, una domanda di trattamento favorevole, che le è stata accordata in modo condizionato il 17 marzo 2009.

8        Il 24, 25 e 26 marzo 2009 la Commissione ha proceduto, ai sensi degli articoli 20, paragrafo 4, e 21 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ad accertamenti in locali commerciali e in abitazioni private in Belgio, in Danimarca, in Germania e nei Paesi Bassi. Tra il 3 agosto 2009 e il 9 marzo 2012, la Commissione ha presentato diverse richieste di informazioni. La Klaas Puul ha proseguito la propria collaborazione con la Commissione fornendole informazioni, documentazione e spiegazioni.

9        Il 12 luglio 2012 la Commissione ha deciso di avviare un procedimento nei confronti della Heiploeg, della Holding L.J.M. Kok BV, della L. Kok International Seafood (in prosieguo, congiuntamente: la «Kok Seafood»), della Klaas Puul e della Stührk Delikatessen Import GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Stührk»). Lo stesso giorno, la Commissione ha adottato la comunicazione degli addebiti nei confronti di tali società.

10      Tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti hanno in seguito chiesto e ricevuto un DVD contenente i documenti consultabili del fascicolo della Commissione. I documenti e le dichiarazioni accessibili nei locali della Commissione sono stati consultati soltanto dalla Heiploeg. Gli altri destinatari della comunicazione degli addebiti non hanno voluto accedervi. Tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti hanno presentato osservazioni scritte e sono stati ascoltati nel corso di un’audizione il 7 febbraio 2013.

11      Il 27 novembre 2013 la Commissione ha adottato la decisione C(2013) 8286 final, del 27 novembre 2013, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE (caso AT.39633 – Gamberetti) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Decisione impugnata

12      Con la decisione impugnata, la Commissione ha constatato che la Heiploeg, la Klaas Puul, la Kok Seafood e la Stührk, società attive nel settore dei gamberetti grigi del Mare del Nord, avevano partecipato, nel corso di periodi compresi tra il giugno 2000 e il gennaio 2009, a diversi accordi e pratiche concordate ed avevano effettuato scambi di informazioni sensibili, che hanno dato luogo ad un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

13      Il mercato interessato dalla decisione impugnata era quello dei gamberetti grigi del Mare del Nord. La Commissione ha constatato che tali gamberetti venivano principalmente distribuiti ai consumatori in cinque Stati membri, vale a dire il Belgio, la Danimarca, la Germania, la Francia e i Paesi Bassi. Il Belgio rappresentava circa il 50% del consumo totale di gamberetti del Mare del Nord, la Germania il 25% e i Paesi Bassi la quota maggiore del consumo restante. I due più grandi commercianti di gamberetti del Mare del Nord nell’Unione europea erano la Heiploeg e la Klaas Puul.

14      L’intesa oggetto della decisione impugnata riguardava un’infrazione unica, continuata e complessa all’articolo 101 TFUE. La Commissione ha affermato che tale intesa consisteva in accordi sui prezzi, in pratiche concordate e in scambi di informazioni sensibili tra i fornitori di gamberetti del Mare del Nord. Secondo la decisione impugnata, tale intesa aveva avuto l’obiettivo di influenzare congiuntamente i livelli di prezzo dei gamberetti del Mare del Nord, di limitare la concorrenza e di stabilizzare il mercato.

15      Nella decisione impugnata si afferma che l’intesa ha funzionato sulla base di contatti bilaterali tra le società. Le società interessate, soprattutto la Heiploeg e la Klaas Puul, intrattenevano da lungo tempo frequenti contatti al fine di discutere dei loro affari. La Heiploeg e la Klaas Puul avevano segnatamente rivelato e coordinato la propria condotta sul mercato e avevano scambiato informazioni commerciali sensibili. In particolare, le due società avevano concluso accordi sui prezzi da pagare ai loro fornitori, sui prezzi da fatturare ai diversi clienti e sulla ripartizione di tali clienti.

16      La Commissione ha constatato che la Stührk aveva parimenti concluso accordi sulla fissazione dei prezzi con la Heiploeg ed aveva apertamente evitato di essere in concorrenza con la Heiploeg e con la Klaas Puul. Infine, la decisione impugnata ha affermato che la Kok Seafood aveva concluso un accordo a lungo termine con la Heiploeg, allo scopo di vendere i propri gamberetti alla Heiploeg per un prezzo fissato in funzione del prezzo di rivendita che poteva ottenere la Heiploeg. Tale accordo era finalizzato segnatamente a che la Kok Seafood non divenisse un concorrente sul mercato dei gamberetti.

17      Dette constatazioni si basano, in particolare, sulle dichiarazioni rese dalla Klaas Puul al fine di ottenere il trattamento favorevole e sui documenti giustificativi allegati a sostegno di tali dichiarazioni, su documenti che la Commissione ha rinvenuto nelle imprese durante ispezioni a sorpresa (punto 8 supra), tra i quali alcune registrazioni audio di conversazioni telefoniche effettuate dal sig. K. e appunti scritti di conversazioni telefoniche rinvenuti presso la Kok Seafood, nonché su risposte a richieste di informazioni e su conferme fornite dalla Stührk.

18      La decisione impugnata ha concluso, sulla base degli elementi menzionati al precedente punto 17, che detti diversi e complessi accordi tra le varie società costituivano condotte di coordinamento del mercato comprendenti accordi anticoncorrenziali o pratiche concordate ai sensi dell’articolo 101 TFUE.

19      Le intese riguardanti la Heiploeg sono state considerate costituenti un’infrazione unica e continuata protrattasi dal 21 giugno 2000 al 13 gennaio 2009 (in prosieguo: il «periodo interessato»). Tuttavia, la Heiploeg Holding è stata ritenuta responsabile soltanto per un periodo di due anni e undici mesi a partire dal 3 febbraio 2006.

20      Per calcolare l’importo delle ammende, la Commissione ha applicato, nella decisione impugnata, alcune disposizioni degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti»). Per quanto riguarda la Heiploeg, la Commissione ha determinato l’importo di base dell’ammenda, tenendo conto del valore delle vendite per l’esercizio contabile degli anni dal 2000-2001 al 2007-2008 (da EUR 80 milioni a EUR 90 milioni) in funzione della gravità dell’infrazione (16%), moltiplicato per il numero di anni di partecipazione dell’impresa (8,5 per la Heiploeg e 2,91 per la Heiploeg Holding). Poi, la Commissione ha aggiunto un importo supplementare del 16% ai sensi del punto 25 degli orientamenti. Tali calcoli hanno portato ad un importo di base dell’ammenda da infliggere di EUR 124 596 000 (compresa l’ammenda della Heiploeg Holding).

21      In considerazione delle circostanze specifiche del caso e ai sensi del punto 37 degli orientamenti, l’ammenda nei confronti della Heiploeg è stata ridotta del 75% per tenere conto della percentuale del valore delle vendite del prodotto oggetto del cartello rispetto al fatturato totale nonché delle differenze di partecipazione individuale tra le parti. A seguito di tale adeguamento, l’importo dell’ammenda da infliggere era pari a EUR 31 149 000 (compresa l’ammenda della Heiploeg Holding).

22      Inoltre, in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, a norma del quale l’importo dell’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente la decisione della Commissione, l’importo dell’ammenda è stato fissato a EUR 27 082 000 (compresa l’ammenda della Heiploeg Holding).

23      Infine, la Commissione ha respinto la domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda per mancanza di capacità contributiva presentata dalla Heiploeg ai sensi del punto 35 degli orientamenti.

24      Il dispositivo della decisione impugnata così recita:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE partecipando, per i periodi indicati, ad un’infrazione unica e continuata nel settore dei gamberetti del Mare del Nord nell’Unione europea, che consisteva nella fissazione dei prezzi di vendita e/o di acquisto e nello scambio di informazioni commerciali sensibili sui prezzi, sulla clientela e sui volumi, e per alcune di esse anche nella ripartizione del mercato e nella ripartizione della clientela:

a)      Heiploeg dal 21 giugno 2000 al 13 gennaio 2009;

b)      Klaas Puul dal 21 giugno 2000 al 13 gennaio 2009;

c)      Stührk dal 14 marzo 2003 al 5 novembre 2007;

d)      Kok Seafood dall’11 febbraio 2005 al 13 gennaio 2009.

Articolo 2

Per le infrazioni di cui all’articolo 1, sono inflitte le seguenti ammende:

a)      Heiploeg BV,

Goldfish BV e

Heiploeg Beheer BV

in solido a: [EUR] 2 592 000[;]

Heiploeg BV,

Goldfish BV,

Heiploeg Beheer BV e

Heiploeg Holding BV

in solido a: [EUR] 12 820 000[;]

b)      Klaas Puul BV,

Klaas Puul Beheer BV e

Klaas Puul Holding BV

in solido a: [EUR] 0[;]

c)      Stührk Delikatessen Import Gmbh & Co. KG: [EUR] 1 132 000[;]

d)      L. Kok International Seafood BV e

Holding L.J.M. Kok BV

in solido a: [EUR] 502 000[;]

(...)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

25      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 gennaio 2014, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

26      Nell’ambito della replica, depositata nella cancelleria del Tribunale il 27 maggio 2014, le ricorrenti hanno informato il Tribunale di essere state dichiarate fallite dal Rechtbank Noord‑Nederland (Tribunale dei Paesi Bassi settentrionali) il 28 gennaio 2014.

27      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 marzo 2015, le ricorrenti hanno chiesto al Tribunale un trattamento prioritario per la presente causa.

28      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento senza accogliere la richiesta di trattamento prioritario presentata dalle ricorrenti.

29      Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 10 dicembre 2015, nel corso della quale è stato deciso di invitare le ricorrenti a fornire al Tribunale, dopo l’udienza, informazioni sul valore alla vendita dei loro diversi attivi e sulla continuazione delle loro imprese dopo il loro fallimento. Le ricorrenti hanno dato seguito a tale richiesta entro il termine impartito.

30      La fase orale del procedimento si è conclusa il 18 gennaio 2016.

31      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare totalmente o parzialmente la decisione impugnata;

–        azzerare l’importo dell’ammenda loro inflitta o quanto meno ridurlo;

–        adottare le decisioni che il Tribunale riterrà necessarie;

–        condannare la Commissione alle spese.

32      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

33      All’udienza, le ricorrenti hanno dichiarato, in risposta ad un quesito del Tribunale, che il terzo capo delle conclusioni del ricorso non era un capo di conclusioni autonomo e che, di conseguenza, esse non chiedevano al Tribunale di statuire su quest’ultimo, e di ciò è stato preso atto nel verbale dell’udienza.

 In diritto

34      A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti deducono tre motivi vertenti, in sostanza, rispettivamente, il primo, su una violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, commessa a causa dell’utilizzo, da parte della Commissione, come prova di una violazione dell’articolo 101 TFUE, di registrazioni audio effettuate in segreto, il secondo, su una violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, commessa a causa dell’utilizzo, da parte della Commissione, come prova di una violazione dell’articolo 101 TFUE, di appunti relativi a registrazioni audio effettuate in segreto, e, il terzo, sul fatto che la Commissione ha rifiutato ingiustamente di tenere conto della mancanza di capacità contributiva delle ricorrenti ai sensi del punto 35 degli orientamenti.

35      Poiché il primo e il secondo motivo sollevano questioni collegate, occorre esaminarli congiuntamente.

 Sul primo e sul secondo motivo, vertenti sulla violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, commessa a causa dell’utilizzo, da parte della Commissione, rispettivamente, di registrazioni audio effettuate in segreto e di appunti relativi a tali registrazioni

36      Nell’ambito del primo motivo, le ricorrenti sostengono che le registrazioni segrete di conversazioni telefoniche costituiscono un mezzo di prova illecito per dimostrare una violazione dell’articolo 101 TFUE e che, pertanto, la Commissione non avrebbe dovuto utilizzare tali registrazioni quali mezzi di prova nella decisione impugnata, a pena di violare detta disposizione nonché l’articolo 2 del regolamento n. 1/2003.

37      Nell’ambito del secondo motivo, le ricorrenti sostengono che gli appunti che accompagnano le registrazioni segrete di conversazioni telefoniche sui quali la Commissione si è basata nella decisione impugnata sono molto poco affidabili, cosicché il loro utilizzo quale mezzo di prova nella decisione impugnata viola parimenti l’articolo 101 TFUE e l’articolo 2 del regolamento n. 1/2003.

38      In un primo tempo, il Tribunale, tenuto conto delle censure sollevate dalle ricorrenti, è chiamato ad esaminare a quali condizioni registrazioni segrete di conversazioni telefoniche e gli appunti ad esse relativi possano essere ammessi come mezzi di prova per dimostrare un’infrazione all’articolo 101 TFUE.

39      Se si conclude per la possibilità per la Commissione di ricorrere a tali elementi di prova nel caso di specie, in un secondo tempo, occorrerà esaminare gli argomenti delle ricorrenti connessi all’attendibilità degli appunti relativi a dette conversazioni telefoniche al fine di dimostrare se essi rimettano in discussione il rispetto, da parte della Commissione, dell’articolo 2, prima frase, del regolamento n. 1/2003, secondo il quale l’onere della prova di un’infrazione all’articolo 101 TFUE incombe a quest’ultima.

 Sulla liceità dell’utilizzo di registrazioni segrete di conversazioni telefoniche e di appunti ad esse relativi per dimostrare la commissione di un’infrazione all’articolo 101 TFUE

40      Ai punti da 262 a 268 della decisione impugnata, la Commissione afferma, in sostanza, in risposta agli argomenti delle ricorrenti addotti durante il procedimento amministrativo per contestare la ricevibilità delle registrazioni in questione, che queste ultime sono state effettuate nei Paesi Bassi, dove esse non costituiscono un illecito penale; che, ancorché parti private avessero ottenuto illecitamente tali elementi di prova, ad essa non sarebbe vietato di utilizzarli alla luce della giurisprudenza dei giudici dell’Unione e della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»); che né essa né le autorità nazionali erano all’origine delle registrazioni in questione e che l’impresa presso la quale dette registrazioni sono state rinvenute non aveva interesse a fornirle tali elementi di prova a carico.

41      Secondo le ricorrenti, in primo luogo, la registrazione segreta di conversazioni telefoniche costituisce un illecito in diversi Stati membri e, di conseguenza, è un mezzo di prova illecito per dimostrare una violazione dell’articolo 101 TFUE, in secondo luogo, l’utilizzo quale prova di registrazioni segrete di conversazioni telefoniche non può essere giustificato sulla base della giurisprudenza della Corte EDU, in terzo luogo, tale utilizzo non può essere giustificato neanche sulla base della giurisprudenza del Tribunale e, infine, in quarto luogo, il diritto neerlandese non consente l’utilizzo nel diritto della concorrenza di registrazioni segrete di conversazioni telefoniche.

42      A tale riguardo, va ricordato che il principio che prevale nel diritto dell’Unione è quello del libero apprezzamento delle prove, da cui deriva, da una parte, che, qualora un elemento di prova sia stato ottenuto regolarmente, la sua ricevibilità non può essere contestata dinanzi al Tribunale e, dall’altra, che il solo criterio pertinente di apprezzamento del valore probatorio delle prove regolarmente prodotte è la loro attendibilità (sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens/Commissione, C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punto 128).

43      In assenza di una regolamentazione dell’Unione della nozione di prova, tutti i mezzi di prova consentiti dai diritti processuali degli Stati membri in procedure analoghe sono, in linea di principio, ammissibili (sentenza del 23 marzo 2000, Met-Trans e Sagpol, C‑310/98 e C‑406/98, EU:C:2000:154, punto 29).

44      Tuttavia, alcune prove possono essere eliminate dal fascicolo, segnatamente qualora sussista un dubbio sia sulla natura stessa del documento contestato, sia sulla questione se esso sia stato ottenuto con mezzi legittimi da colui che lo invoca (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 1981, Ludwigshafener Walzmühle Erling e a./Consiglio e Commissione, da 197/80 a 200/80, 243/80, 245/80 e 247/80, EU:C:1981:311, punto 16). Una siffatta esclusione non è tuttavia automatica, poiché i giudici dell’Unione hanno talvolta accettato di tenere conto di documenti di cui non era stata dimostrata l’acquisizione con mezzi legittimi (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, Franchet e Byk/Commissione, T‑48/05, EU:T:2008:257, punto 78 e giurisprudenza citata).

45      Inoltre, va rilevato che l’esame della liceità degli elementi di prova contestati non può prescindere dall’obbligo, per le istituzioni, di rispettare i diritti fondamentali delle parti ricorrenti.

46      Infatti, come risulta da una giurisprudenza costante, il rispetto dei diritti fondamentali rappresenta una condizione di legittimità degli atti dell’Unione e nell’Unione non possono essere consentite misure incompatibili con il rispetto di questi ultimi (v. sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 284 e giurisprudenza citata, e del 12 dicembre 2012, Almamet/Commissione, T‑410/09, non pubblicata, EU:T:2012:676, punto 39 e giurisprudenza citata).

47      Il diritto dell’Unione non può, pertanto, ammettere prove raccolte in totale violazione della procedura prevista per la loro costituzione e volta a tutelare i diritti fondamentali degli interessati. Il ricorso a tale procedura deve essere quindi considerato una forma sostanziale ai sensi dell’articolo 263, paragrafo 2, TFUE. Orbene, secondo la giurisprudenza, la violazione di una forma sostanziale comporta conseguenze indipendentemente dalla questione se tale violazione abbia causato un danno a chi la fa valere (v., in tal senso, sentenze del 6 aprile 2000, Commissione/ICI, C‑286/95 P, EU:C:2000:188, punti 42 e 52, e del 12 dicembre 2012, Almamet/Commissione, T‑410/09, non pubblicata, EU:T:2012:676, punto 39 e giurisprudenza citata).

48      Inoltre, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, occorre tenere conto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la quale, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE, ha «lo stesso valore giuridico dei trattati».

49      L’articolo 52, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali precisa che, laddove essa contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. Secondo la spiegazione di tale disposizione, il significato e la portata dei diritti garantiti sono determinati non solo dal testo della CEDU, ma anche, in particolare, dalla giurisprudenza della Corte EDU (sentenza del 22 dicembre 2010, DEB, C‑279/09, EU:C:2010:811, punto 35).

50      Nel caso di specie, data la natura degli elementi di prova contestati, vale a dire registrazioni di conversazioni telefoniche tra privati, occorre ricordare che l’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali, relativo al diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare, contiene diritti corrispondenti a quelli garantiti dall’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU. Di conseguenza, occorre attribuire a detto articolo 7 il medesimo significato e la medesima portata attribuiti all’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU, quale interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU (v., in tal senso, sentenze del 5 ottobre 2010, McB., C‑400/10 PPU, EU:C:2010:582, punto 53, e del 15 novembre 2011, Dereci e a., C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 70).

51      Pertanto, poiché le intercettazioni di telecomunicazioni costituiscono ingerenze nell’esercizio del diritto garantito dall’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU (Corte EDU, 6 settembre 1978, Klass e altri c. Germania, CE:ECHR:1978:0906JUD000502971, § 41; Corte EDU, 2 agosto 1984, Malone c. Regno Unito, CE:ECHR:1984:0802JUD000869179, § 64; Corte EDU, 24 aprile 1990, Kruslin c. Francia, CE:ECHR:1990:0424JUD001180185, § 26, e Corte EDU, 29 giugno 2006, Weber e Saravia c. Germania, CE:ECHR:2006:0629DEC005493400, § 79), esse costituiscono parimenti una limitazione dell’esercizio del diritto corrispondente sancito dall’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali.

52      Va ricordato, inoltre, che l’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali prevede che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste in tale articolo. A termini del secondo comma del medesimo articolo, ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge.

53      Secondo le spiegazioni relative all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, delle quali, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e dell’articolo 52, paragrafo 7, della Carta dei diritti fondamentali, deve essere tenuto conto ai fini dell’interpretazione di quest’ultima, tale articolo corrisponde all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU.

54      A tale riguardo, va rilevato che la Corte EDU, per quanto riguarda la questione se, in un contesto penale, un elemento di prova ottenuto illecitamente privi un accusato di un processo equo e causi la violazione dell’articolo 6 della CEDU, ha dichiarato quanto segue (Corte EDU, 26 aprile 2007, Popescu c. Romania, CE:ECHR:2007:0426JUD007152501, § 106):

«Sebbene la [CEDU] garantisca, all’articolo 6, il diritto a un processo equo, essa non disciplina l’ammissibilità delle prove in quanto tali, materia che rientra in primo luogo nel diritto interno. La Corte non può quindi escludere l’ammissibilità di una prova acquisita in violazione delle prescrizioni del diritto nazionale (…) La Corte ricorda peraltro che, in passato, essa ha già avuto l’occasione di dichiarare che l’utilizzo di una registrazione illecita, e per di più come unico elemento di prova, non viola di per sé i principi di equità sanciti dall’articolo 6 [paragrafo 1, della CEDU], anche qualora tale elemento sia stato ottenuto in violazione delle prescrizioni della [CEDU], in particolare quelle d[ell’articolo 8 (...)]».

55      La Corte EDU ha avuto inoltre l’occasione di precisare che occorreva esaminare se l’utilizzo quale mezzo di prova di una registrazione ottenuta illecitamente non avesse privato la parte ricorrente di un processo equo e se i diritti della difesa fossero stati rispettati, segnatamente verificando se essa avesse avuto la possibilità di contestare l’autenticità e l’uso di detta registrazione. Essa ha esaminato anche la questione se una siffatta registrazione non costituisse l’unico mezzo di prova utilizzato per motivare una condanna (Corte EDU, 12 luglio 1988, Schenk c. Svizzera, CE:ECHR:1988:0712JUD001086284, § 48).

56      È alla luce della giurisprudenza sopra richiamata che occorre esaminare se la Commissione abbia utilizzato a buon diritto le registrazioni di cui trattasi quali mezzi di prova nell’ambito della decisione impugnata.

57      Nel caso di specie, occorre anzitutto rilevare che le registrazioni contestate sono state ottenute dalla Commissione nel corso di un’ispezione negli uffici di una delle imprese coinvolte nell’intesa, vale a dire la Kok Seafood, effettuata conformemente all’articolo 20 del regolamento n. 1/2003.

58      Occorre quindi sottolineare, al pari della Commissione, che, da una parte, tali registrazioni non sono state effettuate né dalla Commissione né da un’altra autorità pubblica, bensì da un privato che ha partecipato a dette conversazioni, e, dall’altra, che tali prove sono state raccolte legalmente dalla Commissione, e peraltro la legittimità dell’ispezione nel corso della quale esse sono state acquisite non è stata contestata dalle ricorrenti.

59      A tale riguardo, va ricordato che, alla luce della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 42 a 47, gli elementi di prova che la Commissione ha ottenuto regolarmente sono, in linea di principio, ricevibili nell’ambito di un’indagine per violazione del diritto della concorrenza.

60      Tuttavia, la questione che si pone nel caso di specie è quella se elementi di prova raccolti regolarmente dalla Commissione possano essere utilizzati da quest’ultima ancorché all’origine siano stati eventualmente ottenuti da un terzo in modo illecito, ad esempio in violazione del diritto al rispetto della vita privata della persona che è stata oggetto delle registrazioni controverse.

61      In particolare, secondo le ricorrenti, le registrazioni in questione sono state effettuate dal dipendente di un concorrente in violazione del diritto al rispetto della vita privata sancito dall’articolo 8 della CEDU.

62      Tuttavia, a tale riguardo, dalla giurisprudenza della Corte EDU citata ai precedenti punti 54 e 55 risulta che l’utilizzo quale mezzo di prova di una registrazione illecita non viola di per sé i principi di equità sanciti dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, anche nel caso in cui tale elemento di prova sia stato ottenuto in violazione delle prescrizioni dell’articolo 8 della CEDU, qualora, da un lato, la parte ricorrente in questione non sia stata privata né di un processo equo né dei propri diritti della difesa e, dall’altro, tale elemento non abbia costituito l’unico mezzo di prova utilizzato per motivare la condanna.

63      Orbene, nel caso di specie, va rilevato che, come affermato al punto 37 della decisione impugnata, nel corso del procedimento amministrativo, la Commissione ha offerto a tutte le parti la possibilità di accedere a tutte le registrazioni audio e agli appunti scritti che accompagnano tali registrazioni presenti nel fascicolo. D’altronde, le ricorrenti non contestano di aver avuto l’opportunità di ascoltare le registrazioni audio, di consultare gli appunti scritti e di formulare osservazioni su tutti i documenti del fascicolo.

64      Peraltro, le ricorrenti non adducono nelle loro memorie alcun altro argomento che consenta di mettere in dubbio l’equo svolgimento del procedimento amministrativo di cui trattasi.

65      Inoltre, occorre ricordare che le registrazioni controverse non hanno costituito l’unico mezzo di prova utilizzato dalla Commissione, in quanto la constatazione, nella decisione impugnata, di un’infrazione all’articolo 101 TFUE commessa dalle ricorrenti si basa su un insieme di elementi di prova ottenuti dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo.

66      Come si è rilevato al precedente punto 17, detti elementi di prova sono costituiti, in particolare, oltre che da registrazioni di conversazioni telefoniche e da appunti scritti che accompagnano tali registrazioni rinvenuti negli uffici del sig. K. della Kok Seafood, dalle dichiarazioni rese dalla Klaas Puul e dai documenti scritti forniti a sostegno di tali dichiarazioni nonché da altri elementi scoperti durante le ispezioni effettuate dalla Commissione e dalla risposta della Stührk alla comunicazione degli addebiti.

67      Pertanto, benché le registrazioni controverse abbiano avuto una certa importanza nella decisione della Commissione di infliggere un’ammenda, esse non hanno costituito l’unico elemento che ha determinato la convinzione della Commissione riguardo alla colpevolezza delle ricorrenti, contrariamente a quanto sostenuto da queste ultime.

68      Inoltre, le ricorrenti si limitano a contestare in modo laconico l’attendibilità delle registrazioni e il fatto che la Commissione non abbia tenuto sufficientemente conto della situazione generale e del contesto specifico nel quale esse erano state effettuate.

69      A tale riguardo, in primo luogo, va rilevato che le ricorrenti non hanno mai contestato il contenuto delle registrazioni controverse né la loro autenticità.

70      In secondo luogo, va constatato che la Commissione ha verificato la concordanza delle registrazioni in questione con gli altri elementi di prova contenuti nel fascicolo.

71      In terzo luogo, va ricordato che, poiché le registrazioni in questione riguardano conversazioni telefoniche tra due concorrenti, nelle quali gli interlocutori hanno scambiato informazioni commerciali sensibili, comprese informazioni relative ai loro prezzi, si tratta di elementi di prova particolarmente validi tenuto conto del loro collegamento immediato e diretto con l’oggetto dell’indagine in questione.

72      Infine, occorre rilevare, al pari della Commissione, che dette registrazioni hanno arrecato pregiudizio anche all’impresa che le ha effettuate, vale a dire la Kok Seafood, che ha cercato di opporsi al loro utilizzo quali mezzo di prova. Tale considerazione non è inficiata dall’argomento delle ricorrenti, reiterato all’udienza, secondo cui la Kok Seafood avrebbe effettuato le registrazioni in questione allo scopo di utilizzarle dinanzi alle autorità della concorrenza, vuoi a danno delle ricorrenti vuoi a sostegno di un’eventuale domanda di trattamento favorevole. A questo proposito, è sufficiente rilevare, oltre al fatto che da queste ultime non è stata presentata alcuna domanda di trattamento favorevole, che le ricorrenti non hanno addotto alcun elemento volto a dimostrare che la Kok Seafood avesse siffatte intenzioni.

73      Alla luce delle circostanze sin qui esposte, si deve concludere che, quand’anche occorresse considerare che le registrazioni di cui trattasi sono state effettuate illecitamente da una delle imprese concorrenti delle ricorrenti, la Commissione le ha utilizzate a buon diritto quali mezzi di prova nell’ambito della decisione impugnata, per constatare una violazione dell’articolo 101 TFUE, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti.

74      Per quanto riguarda le altre censure sollevate dalle ricorrenti riguardo all’ammissibilità delle registrazioni contestate quali mezzi di prova, neanche esse possono essere accolte.

75      Per quanto concerne, in particolare, gli argomenti secondo i quali la registrazione segreta di conversazioni telefoniche costituirebbe un illecito in diversi Stati membri e, di conseguenza, sarebbe un mezzo di prova illecito per dimostrare una violazione dell’articolo 101 TFUE, occorre rilevare che le ricorrenti non corroborano in alcun modo la loro affermazione secondo cui l’utilizzo di siffatte conversazioni telefoniche, nell’ambito di un procedimento volto a constatare la violazione del diritto della concorrenza, sia vietato a titolo di prova nel diritto di diversi Stati membri. Infatti, le ricorrenti forniscono, nella loro replica, un solo esempio concreto. Si tratta di una sentenza della Corte di cassazione francese (Cour de cassation, Assemblée plénière, 7 gennaio 2011, 09‑14.316 09‑14.667, pubblicata nel bollettino), con la quale quest’ultima ha statuito che registrazioni segrete di conversazioni telefoniche non potevano essere utilizzate come prove in un procedimento che constatava la violazione del diritto della concorrenza in Francia.

76      Inoltre, nel diritto dell’Unione non esistono disposizioni che prevedano espressamente il divieto di tenere conto, nell’ambito di un procedimento giurisdizionale, di prove illecitamente ottenute, ad esempio in violazione dei diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, Franchet e Byk/Commissione, T‑48/05, EU:T:2008:257, punto 75), e, in generale, dalla giurisprudenza richiamata ai precedenti punti da 42 a 55 risulta che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, non esistono principi secondo i quali le prove ottenute illecitamente non possano essere utilizzate nell’ambito di un’indagine o di un procedimento giurisdizionale.

77      Inoltre, va ricordato che l’apprezzamento della prova da parte della Commissione nel contenzioso in materia di concorrenza è disciplinato dal diritto dell’Unione. A questo proposito, dalla giurisprudenza menzionata ai precedenti punti da 42 a 47 risulta che, sebbene prevalga il principio del libero apprezzamento della prova, si deve tenere conto dei diritti fondamentali nonché dei principi generali del diritto dell’Unione.

78      In tale contesto, è certamente vero che il giudice dell’Unione può trarre ispirazione anche dal diritto degli Stati membri. Tuttavia, ciò non implica che occorra applicare il diritto dello Stato membro la cui disciplina della formazione della prova sia la più rigorosa, tanto più che sia gli ordinamenti giuridici nazionali sia il diritto dell’Unione devono integrare le garanzie riconosciute dalla CEDU.

79      Infatti, qualora non sia possibile individuare alcuna tendenza preponderante su una questione giuridica per quanto riguarda gli ordinamenti giuridici degli Stati membri dell’Unione, l’interpretazione e l’applicazione uniformi del principio della libertà di forma dei mezzi probatori nell’Unione sono indispensabili affinché le verifiche effettuate dalla Commissione nell’ambito dei procedimenti in materia di intese possano svolgersi in condizioni di parità di trattamento per le imprese interessate. Se non fosse così, il ricorso a norme o a nozioni giuridiche del diritto nazionale e appartenenti alla legislazione di uno Stato membro avrebbe l’effetto di pregiudicare l’unità del diritto dell’Unione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione, C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punti da 69 a 76).

80      In ogni caso, occorre respingere l’argomento delle ricorrenti secondo cui, se dovesse ritenersi applicabile il diritto neerlandese, quest’ultimo vieterebbe l’utilizzo di dette registrazioni.

81      In particolare, le ricorrenti sostengono che, da due sentenze emesse dal Rechtbank Rotterdam (Tribunale di Rotterdam) nell’ambito di un’azione tra la Nederlandse Autoriteit Consument en Markt (autorità neerlandese di protezione dei consumatori e del mercato; in prosieguo: l’«ACM») e alcune imprese private, può dedursi che le registrazioni segrete di conversazioni telefoniche da parte di un concorrente sono escluse quali prove nel diritto neerlandese (Rechtbank Rotterdam, 13 giugno 2013, NL:RBROT:2013:CA3079 e Rechtbank Rotterdam, 11 luglio 2013, NL:RBROT:2013:5042).

82      Tuttavia, va rilevato, come ricorda giustamente la Commissione, che, nel caso di specie, si tratta della scoperta da parte di quest’ultima, con mezzi leciti, di conversazioni telefoniche registrate clandestinamente da un’impresa e dell’utilizzo di queste ultime nell’ambito della sua indagine, mentre, nelle sentenze del Rechtbank Rotterdam, si trattava della trasmissione all’ACM di conversazioni telefoniche registrate dall’Openbaar Ministerie (pubblico ministero, Paesi Bassi).

83      Inoltre, occorre osservare, come è stato discusso all’udienza, che le sentenze del Rechtbank Rotterdam sono state annullate da due sentenze del 9 luglio 2015 del College van Beroep (College van Beroep voor het bedrijfsleven, 9 luglio 2015, NL:CBB:2015:192, e College van Beroep voor het bedrijfsleven, 9 luglio 2015, NL:CBB:2015:193). Contrariamente al Rechtbank Rotterdam, che aveva annullato le ammende considerando che non era stato dimostrato per quali motivi dette registrazioni fossero state fornite all’ACM, il College van Beroep ha considerato che quest’ultima era autorizzata ad utilizzare informazioni provenienti da registrazioni raccolte, in modo lecito, dal pubblico ministero nell’ambito di un’indagine penale.

84      Il College van Beroep ha segnatamente precisato che le registrazioni fornite all’ACM potevano considerarsi informazioni penali e che non esisteva alcun fondamento giuridico che richiedesse una verifica preliminare, da parte del pubblico ministero, prima che delle informazioni, che potevano essere esaminate da un tribunale, fossero fornite all’ACM. Il College van Beroep ha precisato che l’unica condizione, affinché delle registrazioni fossero trasferite, consisteva nella necessità di effettuare tale trasferimento per ragioni sostanziali di interesse generale. Orbene, il College van Beroep ha considerato che il divieto di cartelli era un obiettivo sostanziale di interesse generale, poiché mirava al benessere economico del paese. Infine, il College van Beroep ha anche precisato che l’ACM non avrebbe potuto ottenere tali informazioni in modo diverso o meno invasivo.

85      Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la Commissione non ha agito illecitamente nell’utilizzare le registrazioni telefoniche contestate al fine di dimostrare un’infrazione all’articolo 101 TFUE.

86      La medesima conclusione si impone per quanto riguarda gli appunti relativi a dette registrazioni, la cui ammissibilità è parimenti contestata dalle ricorrenti. Infatti, queste ultime si limitano a sostenere, a tale riguardo, che i loro argomenti relativi all’utilizzo delle registrazioni si applicano mutatis mutandis a detti appunti.

87      In tali circostanze, occorre parimenti respingere tali argomenti sulla base delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 42 a 85. Invece, gli argomenti delle ricorrenti relativi all’attendibilità di tali appunti saranno esaminati infra ai punti 88 e seguenti.

 Sull’attendibilità degli appunti relativi alle conversazioni telefoniche e sul rispetto da parte della Commissione dell’onere della prova a tale riguardo

88      Ai punti da 312 a 334 della decisione impugnata, la Commissione afferma, in sostanza, in risposta agli argomenti delle ricorrenti addotti durante il procedimento amministrativo per contestare l’attendibilità degli appunti relativi alle conversazioni telefoniche, che, nella misura in cui erano disponibili le registrazioni audio originali, essa ha esaminato in modo rigoroso gli appunti scritti alla luce di queste ultime. La Commissione dichiara di aver tenuto conto anche del fatto che gli appunti scritti non costituivano necessariamente una copia esatta delle conversazioni telefoniche e che l’autore aveva talvolta aggiunto osservazioni personali o omesso passaggi da lui non ritenuti sufficientemente importanti. Essa aggiunge che le sue interpretazioni degli appunti sono state formulate in modo obiettivo e ragionevole e sono state verificate alla luce degli altri elementi del fascicolo.

89      Le ricorrenti sollevano, in sostanza, cinque censure per rimettere in discussione l’attendibilità degli appunti relativi alle conversazioni telefoniche. In primo luogo, gli appunti relativi a tali conversazioni telefoniche costituirebbero interpretazioni soggettive. In secondo luogo, la data e l’elenco delle persone che hanno partecipato a dette conversazioni non sarebbero chiari. In terzo luogo, la Commissione avrebbe commesso errori nella ripartizione dell’onere della prova. In quarto luogo, la Commissione avrebbe dovuto verificare il contenuto delle conversazioni inviando richieste di informazioni agli interlocutori di colui che aveva registrato dette conversazioni, vale a dire il sig. K., e, in quinto luogo, se le registrazioni audio e gli appunti scritti dovessero essere esclusi quali prove, l’azione intentata contro la Heiploeg rimarrebbe priva di fondamento.

90      A tale riguardo, dall’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, nonché da una giurisprudenza costante, risulta che, nel settore del diritto della concorrenza, in caso di controversia sulla sussistenza di un’infrazione, spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare adeguatamente l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione. A tal fine, essa deve raccogliere elementi di prova sufficientemente precisi e concordanti per dimostrare che l’infrazione ha avuto luogo (v. sentenza del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, EU:T:2012:320, punto 38 e giurisprudenza citata).

91      Allorché la Commissione si basa, nell’ambito dell’accertamento di una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE, su elementi di prova documentali, le imprese interessate sono tenute non semplicemente a presentare un’alternativa plausibile alla tesi della Commissione, ma anche ad eccepire l’insufficienza delle prove prese in considerazione nella decisione impugnata per dimostrare l’esistenza dell’infrazione. Si deve ritenere che, qualora la Commissione si basi su elementi di prova diretti, spetti alle imprese interessate dimostrare che tali elementi di prova sono insufficienti. È già stato dichiarato che tale inversione dell’onere della prova non viola la presunzione di innocenza (v. sentenza del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, EU:T:2012:320, punto 39 e giurisprudenza citata).

92      Tuttavia, ciascun elemento di prova fornito dalla Commissione non deve necessariamente soddisfare tali criteri per quanto riguarda ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso di indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, soddisfi tale requisito (v. sentenza del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, EU:T:2012:320, punto 40 e giurisprudenza citata).

93      Infatti, gli indizi invocati dalla Commissione nella decisione al fine di provare l’esistenza di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE da parte di un’impresa devono essere valutati non isolatamente ma nel loro complesso (v. sentenza del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, EU:T:2012:320, punto 41 e giurisprudenza citata).

94      Occorre anche tenere conto del fatto che le attività anticoncorrenziali si svolgono in modo clandestino e che, pertanto, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle norme sulla concorrenza (v. sentenza del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, EU:T:2012:320, punto 42 e giurisprudenza citata).

95      Come ricordato al precedente punto 42, l’unico criterio pertinente per valutare le prove liberamente prodotte consiste nella loro attendibilità. Secondo le regole generalmente applicabili in materia di prova, l’attendibilità e, pertanto, il valore probatorio di un documento dipendono dalla sua fonte, dalle circostanze in cui è stato redatto, dal suo destinatario e dalla sensatezza ed attendibilità del suo contenuto. In particolare, occorre riconoscere particolare rilevanza alla circostanza che un documento sia stato redatto con riguardo direttamente ai fatti o da un testimone diretto degli stessi. Inoltre, giova ricordare che la mera circostanza che l’informazione sia stata fornita da imprese che hanno presentato una domanda volta a beneficiare della comunicazione sulla cooperazione del 2006 non mette in discussione il suo valore probatorio (v. sentenza del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, EU:T:2012:320, punto 45 e giurisprudenza citata).

96      Secondo una giurisprudenza costante, nessuna disposizione né alcun principio generale del diritto dell’Unione vietano alla Commissione di avvalersi, nei confronti di un’impresa, delle dichiarazioni di altre imprese accusate. Se così non fosse, l’onere della prova dei comportamenti contrari agli articoli 101 e 102 TFUE, che incombe alla Commissione, sarebbe insostenibile ed incompatibile con il compito di vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni ad essa assegnato dal Trattato FUE (v. sentenza del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, EU:T:2012:320, punto 46 e giurisprudenza citata).

97      Una certa diffidenza nei confronti di deposizioni volontarie dei principali partecipanti ad un’intesa illecita è comprensibile, giacché tali partecipanti potrebbero minimizzare l’importanza del loro contributo all’infrazione e sopravvalutare quella degli altri. Tuttavia, tenuto conto della logica intrinseca della procedura prevista dalla comunicazione sulla cooperazione del 2006, il fatto di chiedere di beneficiare di quest’ultima al fine di ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda non crea necessariamente un incentivo a presentare elementi probatori deformati riguardo agli altri partecipanti all’intesa incriminata. Infatti, ogni tentativo di indurre la Commissione in errore potrebbe rimettere in discussione la sincerità nonché la completezza della cooperazione dell’impresa e, pertanto, mettere in pericolo la possibilità che quest’ultima possa beneficiare pienamente di detta comunicazione (v., per analogia, sentenza del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, EU:T:2012:320, punto 47 e giurisprudenza citata).

98      In particolare, occorre considerare che il fatto che una persona confessi di aver commesso un’infrazione e ammetta in tal modo l’esistenza di fatti che oltrepassano quelli la cui esistenza poteva essere dedotta direttamente dai documenti di cui trattasi implica a priori, in assenza di circostanze particolari che indichino il contrario, che tale persona si sia decisa a dire la verità. Pertanto, le dichiarazioni contrarie agli interessi del dichiarante devono essere considerate, in linea di principio, come elementi di prova particolarmente affidabili (v. sentenza del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, EU:T:2012:320, punto 48 e giurisprudenza citata).

99      Nondimeno, le dichiarazioni rese dalle imprese interessate nell’ambito di richieste volte al beneficio della comunicazione sulla cooperazione del 2006 devono essere valutate con prudenza e, in generale, non possono essere considerate come elementi di prova particolarmente attendibili se non sono avvalorate da altri elementi (sentenza del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, EU:T:2012:320, punto 49).

100    Infatti, secondo una giurisprudenza costante, la dichiarazione di un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, la cui esattezza venga contestata da varie altre imprese accusate, non può essere considerata una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova (v. sentenza del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, EU:T:2012:320, punto 50 e giurisprudenza citata).

101    È alla luce della giurisprudenza esposta ai precedenti punti da 90 a 100 che occorre verificare se la Commissione abbia utilizzato correttamente, nella decisione impugnata, gli appunti scritti relativi alle registrazioni audio quali elementi di prova sufficientemente attendibili.

102    Nella fattispecie, ai punti da 31 a 39 della decisione impugnata, si afferma che la Commissione ha effettuato ispezioni nei locali delle imprese interessate nonché in locali privati al fine di svolgere la propria indagine. Nel corso di tali ispezioni, la Commissione ha rinvenuto, in particolare, registrazioni audio di conversazioni telefoniche tra la Heiploeg e la Kok Seafood, nonché appunti di tali registrazioni, effettuate all’insaputa della Heiploeg dalla Kok Seafood (v. punti 262, 266 e 268 della decisione impugnata). Come si è ricordato al precedente punto 58, la legittimità di tale ispezione non è contestata dalle ricorrenti.

103    Per quanto riguarda la prima censura, secondo cui gli appunti scritti costituiscono interpretazioni soggettive, è sufficiente ricordare che l’unico criterio pertinente per valutare le prove liberamente prodotte consiste nella loro attendibilità (v. supra, punto 42).

104    Nella fattispecie, va rilevato che la Commissione riconosce che gli appunti scritti non costituiscono necessariamente una trascrizione esatta delle conversazioni telefoniche e che alcune registrazioni sono state distrutte (v. punto 315 della decisione impugnata), e del resto essa, nell’esaminarli, ha tenuto conto di tale circostanza nonché del fatto che l’autore dell’appunto ha talvolta aggiunto osservazioni personali (v., in particolare, punti 321, 322, 324 e 325 della decisione impugnata).

105    Inoltre, la Commissione ha analizzato gli appunti scritti in funzione delle registrazioni audio nei casi in cui queste ultime erano disponibili e ha fatto confermare la propria interpretazione di detti appunti dalla Kok Seafood (v., in particolare, punti 138, 182 e 325 della decisione impugnata).

106    Le ricorrenti contestano inoltre alla Commissione di non aver tenuto conto dell’annotazione «con la Klaas Puul», a loro avviso aggiunta dal sig. K. negli appunti scritti menzionati al punto 206 della decisione impugnata, la quale modificherebbe il significato delle frasi che sono state pronunciate. Questo argomento non può essere accolto, in quanto l’aggiunta di tale annotazione non modifica affatto il valore probatorio di detti appunti. Infatti, indipendentemente da detta aggiunta, gli appunti in questione dimostrano l’esistenza di contatti tra la Heiploeg e la Klaas Puul al fine di accordarsi su un aumento dei prezzi di vendita, come la Commissione ha correttamente rilevato ai punti 207 e 208 della decisione impugnata.

107    D’altronde, le ricorrenti non adducono alcun elemento convincente in grado di dimostrare che detta aggiunta conferisca un altro significato agli appunti di cui trattasi. Inoltre, va rilevato che tali appunti concordano con altri documenti del fascicolo, quali le dichiarazioni e i documenti giustificativi della Klaas Puul (v. punto 333 della decisione impugnata).

108    In tali circostanze, occorre respingere la prima censura sollevata dalle ricorrenti.

109    Per quanto riguarda la seconda censura, secondo cui la data e l’elenco delle persone che hanno partecipato a dette conversazioni non sono abbastanza chiari, va constatato che le ricorrenti non forniscono alcun esempio concreto a sostegno di tale affermazione. L’unico esempio da esse addotto è quello dell’aggiunta dell’annotazione «con la Klaas Puul», citata al punto 206 della decisione impugnata. Orbene, come si è constatato al precedente punto 106, l’estratto degli appunti citato in detto punto 206 conferma l’esistenza di contatti tra la Heiploeg e la Klaas Puul volti a coordinare la loro strategia sui prezzi di vendita.

110    In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, dai summenzionati appunti possono essere dedotti l’identità delle persone che hanno partecipato alle conversazioni che vi sono riferite nonché il momento nel quale tali conversazioni hanno avuto luogo, come è stato correttamente rilevato, in particolare, ai punti 96 e 207 della decisione impugnata.

111    Alla luce di quanto precede, occorre respingere la seconda censura.

112    Per quanto riguarda la terza censura, vertente su un errore di ripartizione dell’onere della prova commesso dalla Commissione, va osservato che, secondo la giurisprudenza, quando la Commissione si basa su elementi di prova che risultano sufficienti, in linea di principio, a dimostrare l’esistenza dell’infrazione, l’impresa interessata non può limitarsi a evocare la possibilità che si sia verificata una circostanza che potrebbe incidere sul valore probatorio di tali elementi di prova. Al contrario, salvo il caso in cui una siffatta prova non possa essere prodotta dall’impresa interessata a causa del comportamento della stessa Commissione, spetta all’impresa interessata dimostrare adeguatamente, da un lato, l’esistenza della circostanza da essa dedotta e, dall’altro, il fatto che tale circostanza pone in discussione il valore probatorio degli elementi di prova su cui si basa la Commissione (v. sentenza del 6 febbraio 2014, AC-Treuhand/Commissione, T‑27/10, EU:T:2014:59, punto 64 e giurisprudenza citata).

113    Orbene, la Commissione si è basata su prove documentali provenienti direttamente dalle imprese oggetto della decisione impugnata per dimostrare le circostanze di fatto dell’infrazione addebitata alle ricorrenti.

114    La Commissione ricorda quindi a buon diritto che, quando essa si fonda su prove dirette, l’impresa interessata è tenuta non solo a proporre un’alternativa plausibile alla tesi della Commissione, ma anche a dimostrare che le prove per accertare l’infrazione siano insufficienti (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 81 e giurisprudenza citata, e del 6 febbraio 2014, AC‑Treuhand/Commissione, T‑27/10, EU:T:2014:59, punti 63 e 64 e giurisprudenza citata).

115    Si deve tuttavia constatare che, come ha rilevato giustamente la Commissione, segnatamente ai punti 334 e 342 della decisione impugnata, le ricorrenti si sono limitate a formulare critiche vaghe sui mezzi di prova in quanto tali, senza rimettere in discussione le constatazioni della Commissione che ne risultano. Inoltre, esse non hanno fornito alcuna spiegazione alternativa plausibile di tali constatazioni, né hanno dimostrato che le prove fossero insufficienti per accertare l’infrazione.

116    In tali circostanze, occorre respingere la terza censura.

117    Per quanto riguarda la quarta censura, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe dovuto verificare il contenuto delle conversazioni inviando richieste di informazioni ai partecipanti a dette conversazioni, va rilevato, al pari della Commissione, che tutte le imprese interessate, comprese la Heiploeg e la Kok Seafood, hanno avuto l’opportunità di verificare le interpretazioni della Commissione e di fornire interpretazioni alternative.

118    A tale riguardo, va osservato che, ai punti 37 e 38 della decisione impugnata, si fa menzione del fatto che tutti i destinatari di quest’ultima hanno ricevuto un DVD contenente documenti del fascicolo della Commissione e che la Heiploeg ha anche consultato ulteriori documenti presso i locali di quest’ultima. Tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti hanno, peraltro, presentato osservazioni scritte e sono stati ascoltati nel corso di un’audizione il 7 febbraio 2013.

119    Inoltre, la Heiploeg ha avuto accesso, nel corso del procedimento amministrativo, agli appunti in questione e alle registrazioni audio, come dimostra il fatto che il legale della Heiploeg ha chiesto e ricevuto copia delle varie registrazioni audio.

120    Benché una parte delle registrazioni sia stata distrutta (v. punto 315 della decisione impugnata), le ricorrenti hanno avuto ampie opportunità di verificare la fedeltà degli appunti scritti rispetto alle registrazioni e tuttavia non hanno mai sostenuto di aver incontrato difficoltà a tale riguardo. In ogni caso, il fatto che la Commissione non abbia inviato richieste di informazioni ai partecipanti alle conversazioni telefoniche non può inficiare l’attendibilità degli appunti rinvenuti presso la Kok Seafood.

121    Pertanto, neppure la quarta censura può essere accolta.

122    Per quanto riguarda la quinta censura, le ricorrenti affermano che, se le registrazioni audio nonché gli appunti ad esse relativi fossero esclusi quali prove, l’azione intentata nei confronti della Heiploeg rimarrebbe priva di fondamento, poiché gli unici elementi di prova restanti sarebbero le dichiarazioni rese dalla Klaas Puul al fine di ottenere il trattamento favorevole.

123    Come ricordato dalla giurisprudenza citata al precedente punto 96, nessuna disposizione né alcun principio generale del diritto dell’Unione vietano alla Commissione di avvalersi, nei confronti di un’impresa, delle dichiarazioni di altre imprese accusate. Se così non fosse, l’onere della prova dei comportamenti contrari agli articoli 101 e 102 TFUE, che incombe alla Commissione, sarebbe insostenibile e incompatibile con il compito di vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni ad essa attribuito dal Trattato.

124    Secondo le ricorrenti, la dichiarazione di un’impresa alla quale sia addebitato di aver partecipato ad un’intesa non può ritenersi costituire una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova.

125    Orbene, dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 100 risulta che l’esattezza della dichiarazione di un’impresa partecipante ad un’intesa deve essere rimessa in discussione da diverse altre imprese accusate al fine di mettere in dubbio il valore probatorio della dichiarazione in questione. Nella fattispecie, è sufficiente constatare che le ricorrenti si limitano a contestare l’utilizzo delle dichiarazioni della Klaas Puul senza addurre alcun elemento in grado di rimettere in discussione l’esattezza delle constatazioni di fatto che ne derivano. Inoltre, nessun’altra impresa partecipante all’intesa contesta l’esattezza di dette dichiarazioni (v. punti da 300 a 311 della decisione impugnata).

126    Peraltro, le ricorrenti considerano erroneamente che, se le registrazioni audio e gli appunti ad esse relativi non fossero presi in considerazione, gli unici elementi di prova rimanenti sarebbero le dichiarazioni rese dalla Klaas Puul al fine di ottenere il trattamento favorevole. A tale riguardo, va osservato, come si è già rilevato ai precedenti punti 17 e 66, che la decisione impugnata si basa anche su altri mezzi di prova, di cui le ricorrenti non contestano la rilevanza nel contesto della presente controversia, vale a dire, in particolare, il materiale d’ispezione rimanente, la risposta della Stührk alla comunicazione degli addebiti e i documenti a carico scritti trasmessi dalla Klaas Puul a sostegno delle sue dichiarazioni (v. punti da 55 a 224 della decisione impugnata).

127    Orbene, come risulta dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 93 e come sottolineato opportunamente dalla Commissione, gli indizi che quest’ultima invoca in una decisione al fine di dimostrare l’esistenza di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE da parte di un’impresa devono essere valutati non già isolatamente, bensì nel loro complesso.

128    In tali circostanze, neppure la quinta censura può essere accolta.

129    Alla luce di tutto quanto precede, si deve concludere che non è dimostrato che la Commissione abbia violato l’articolo 101 TFUE o l’articolo 2 del regolamento n. 1/2003 utilizzando nella fattispecie le registrazioni contestate delle conversazioni telefoniche in questione o gli appunti ad esse relativi.

130    Pertanto, il primo e il secondo motivo devono essere respinti.

 Sul terzo motivo, vertente sul fatto che la Commissione ha rifiutato ingiustamente di tenere conto della mancanza di capacità contributiva delle ricorrenti ai sensi del punto 35 degli orientamenti

131    Nell’ambito di tale motivo, le ricorrenti sostengono che la Commissione è incorsa in diversi errori di fatto e di diritto nel respingere la loro domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda, basata sulla loro mancanza di capacità contributiva. Esse invocano il fatto, in primo luogo, che il pagamento dell’ammenda metterebbe in pericolo la loro redditività, in secondo luogo, che il pagamento dell’ammenda farebbe perdere agli attivi dell’impresa una parte significativa del loro valore e, in terzo luogo, che il contesto socio‑economico sarebbe molto particolare nel caso di specie.

132    Il punto 35 degli orientamenti, che contempla l’incidenza che può avere la capacità contributiva di un’impresa sanzionata per aver violato l’articolo 101 TFUE sul calcolo dell’importo dell’ammenda che può esserle inflitta, è così formulato:

«In circostanze eccezionali la Commissione può, a richiesta, tener conto della mancanza di capacità contributiva di un’impresa in un contesto sociale ed economico particolare. La Commissione non concederà alcuna riduzione di ammenda basata unicamente sulla constatazione di una situazione finanziaria sfavorevole o deficitaria. Una riduzione potrebbe essere concessa soltanto su presentazione di prove oggettive dalle quali risulti che l’imposizione di un’ammenda, alle condizioni fissate dai presenti orientamenti, pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica dell’impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore».

133    Secondo una giurisprudenza costante, adottando norme di comportamento, quali gli orientamenti, ed annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi generali del diritto, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 211, e del 12 dicembre 2012, Ecka Granulate e non ferrum Metallpulver/Commissione, T‑400/09, non pubblicata, EU:T:2012:675, punto 40).

134    Va rilevato, anzitutto, che una riduzione dell’importo di un’ammenda ai sensi del punto 35 degli orientamenti può essere concessa unicamente in circostanze eccezionali e alle condizioni definite in detto punto. Pertanto, da un lato, deve dimostrarsi che l’ammenda inflitta «pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica dell’impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore». Dall’altro, deve provarsi anche l’esistenza di un «contesto sociale ed economico particolare». Si deve ricordare, inoltre, che tali due gruppi di condizioni sono stati precedentemente enucleati dai giudici dell’Unione.

135    Quanto al primo gruppo di condizioni, è stato giudicato che la Commissione non è tenuta, in linea di principio, in sede di determinazione dell’ammontare dell’ammenda da infliggere per una violazione delle norme sulla concorrenza, a prendere in considerazione la situazione finanziaria di passività di un’impresa, dal momento che il riconoscimento di un tale obbligo procurerebbe un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno idonee alle condizioni del mercato (sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 327, e del 12 dicembre 2012, Ecka Granulate e non ferrum Metallpulver/Commissione, T‑400/09, non pubblicata, EU:T:2012:675, punto 94).

136    Perciò, la semplice constatazione di una situazione finanziaria sfavorevole o deficitaria dell’impresa interessata non può costituire fondamento sufficiente di una domanda diretta a ottenere che la Commissione tenga conto dell’incapacità contributiva di tale impresa per accordarle una riduzione dell’importo dell’ammenda.

137    Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, il fatto che un provvedimento adottato da un’autorità dell’Unione cagioni il fallimento ovvero la liquidazione di un’impresa non è vietato, in quanto tale, dal diritto dell’Unione. Sebbene una simile operazione possa pregiudicare gli interessi finanziari dei proprietari o degli azionisti, ciò non significa tuttavia che gli elementi personali, materiali e immateriali da cui l’impresa è costituita perdano anch’essi il loro valore (sentenze del 29 aprile 2004, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑236/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, EU:T:2004:118, punto 372, e del 12 dicembre 2012, Ecka Granulate e non ferrum Metallpulver/Commissione, T‑400/09, non pubblicata, EU:T:2012:675, punto 50).

138    Non può ammettersi che, adottando il punto 35 degli orientamenti, la Commissione si sia imposta un qualsiasi obbligo che fosse in contrasto con tale giurisprudenza. Lo dimostra il fatto che il suddetto punto non fa riferimento al fallimento di un’impresa, ma contempla una situazione sopravvenuta «in un contesto sociale ed economico particolare», in cui l’imposizione di un’ammenda «pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica dell’impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore» (sentenza del 12 dicembre 2012, Novácke chemické závody/Commissione, T‑352/09, EU:T:2012:673, punto 188).

139    Da ciò consegue che il solo fatto che l’imposizione di un’ammenda per infrazione alle regole della concorrenza rischi di provocare il fallimento dell’impresa di cui trattasi non è sufficiente, per quanto riguarda l’applicazione del punto 35 degli orientamenti. Infatti, la liquidazione di una società non implica necessariamente il venir meno dell’impresa in questione. Questa può continuare ad esistere in quanto tale, o nel caso di ricapitalizzazione della società, o nel caso di rilievo complessivo degli elementi del suo patrimonio da parte di un altro ente. Un tale rilievo può avvenire vuoi mediante un acquisto volontario, vuoi mediante una vendita forzata dell’attivo della società con continuità operativa (sentenza del 12 dicembre 2012, Novácke chemické závody/Commissione, T‑352/09, EU:T:2012:673, punto 189).

140    Pertanto, il riferimento, fatto al punto 35 degli orientamenti, alla totale perdita di valore del patrimonio dell’impresa interessata deve essere inteso nel senso che esso ha ad oggetto la situazione in cui il rilievo dell’impresa nelle circostanze indicate al precedente punto 139 risulti improbabile se non addirittura impossibile. In una simile ipotesi, gli elementi patrimoniali di tale impresa saranno offerti in vendita separatamente ed è probabile che molti di essi non trovino alcun acquirente o, nell’ipotesi migliore, siano venduti solo ad un prezzo significativamente ridotto (sentenza del 12 dicembre 2012, Ecka Granulate e non ferrum Metallpulver/Commissione, T‑400/09, non pubblicata, EU:T:2012:675, punto 98).

141    Per quanto riguarda il secondo gruppo di condizioni, relativo alla sussistenza di un contesto economico sociale particolare, secondo la giurisprudenza esso rinvia alle conseguenze che il pagamento dell’ammenda potrebbe produrre, segnatamente in termini di aumento della disoccupazione o di deterioramento dei settori economici a monte e a valle dell’impresa interessata (sentenze del 29 giugno 2006, SGL Carbon/Commissione, C‑308/04 P, EU:C:2006:433, punto 106, e del 12 dicembre 2012, Ecka Granulate e non ferrum Metallpulver/Commissione, T‑400/09, non pubblicata, EU:T:2012:675, punto 99).

142    Pertanto, se le condizioni cumulative prima menzionate sono soddisfatte, il fatto di imporre un’ammenda che rechi il rischio di provocare il venir meno di un’impresa sarebbe contrario all’obiettivo perseguito dal punto 35 degli orientamenti. L’applicazione di tale punto alle imprese interessate configura, in tal modo, un’espressione concreta del principio di proporzionalità in materia di sanzioni delle infrazioni al diritto della concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2012, Ecka Granulate e non ferrum Metallpulver/Commissione, T‑400/09, non pubblicata, EU:T:2012:675, punto 100).

143    Infine, come la Commissione ha ricordato giustamente in varie occasioni, nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale, dato che l’applicazione del punto 35 degli orientamenti costituisce l’ultimo elemento preso in considerazione nella determinazione dell’importo delle ammende inflitte per violazione delle norme in materia di concorrenza applicabili alle imprese, la valutazione della capacità contributiva delle imprese sanzionate ricade nell’ambito della competenza estesa al merito prevista all’articolo 261 TFUE e all’articolo 31 del regolamento n. 1/2003.

144    Quanto alla portata di tale competenza, occorre ricordare che essa configura una modalità di attuazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva, principio generale del diritto dell’Unione che trova adesso espressione nell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali e che corrisponde, nel diritto dell’Unione, all’articolo 6 della CEDU (v., in tal senso, sentenze dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 51; del 6 novembre 2012, Otis e a., C‑199/11, EU:C:2012:684, punto 47, e del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 36).

145    Secondo la giurisprudenza, infatti, il rispetto dell’articolo 6 della CEDU non esclude che, in un procedimento di natura amministrativa, una «pena» sia anzitutto inflitta da un’autorità amministrativa. Esso presuppone però che la decisione di un’autorità amministrativa che non soddisfi, di per sé, le condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU debba subire il controllo a posteriori di un organo giurisdizionale con competenza estesa al merito. Tra le caratteristiche di un simile organo vi è il potere di riformare sotto tutti i profili, in fatto come in diritto, la decisione adottata. Tale organo giudiziario deve in particolare essere competente a giudicare tutte le questioni di fatto e di diritto rilevanti per la controversia per cui viene adito (sentenza del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 35).

146    Peraltro, la mancanza di controllo d’ufficio di tutta la decisione impugnata non viola il principio della tutela giurisdizionale effettiva. Non è indispensabile al rispetto di tale principio il fatto che il Tribunale, che è senza dubbio tenuto a rispondere ai motivi sollevati e ad esercitare un controllo tanto in diritto quanto in fatto, abbia l’obbligo di procedere d’ufficio ad una nuova istruzione completa del fascicolo (sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 66).

147    Pertanto, fatti salvi i motivi d’ordine pubblico che è tenuto ad esaminare e, se del caso, a sollevare d’ufficio, il giudice dell’Unione ha il compito di effettuare il controllo ad esso incombente sulla base degli elementi prodotti dal ricorrente a sostegno dei motivi dedotti, e non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare a un controllo approfondito tanto in diritto quanto in fatto (v., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 62).

148    Infine, il giudice dotato di competenza estesa al merito deve, in linea di principio e fatto salvo l’esame degli elementi sottopostigli dalle parti, tenere conto della situazione di diritto e di fatto esistente alla data in cui egli statuisce qualora ritenga giustificato esercitare il proprio potere di riforma (v., in tal senso, sentenze del 6 marzo 1974, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione, 6/73 e 7/73, EU:C:1974:18, punti 51 e 52; del 14 luglio 1995, CB/Commissione, T‑275/94, EU:T:1995:141, punto 61, e del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione, T‑11/06, EU:T:2011:560, punti da 282 a 285).

149    È alla luce di tale giurisprudenza nonché degli argomenti addotti dalle parti dinanzi al Tribunale e delle informazioni fornite dalle ricorrenti dopo l’udienza che occorre valutare il ragionamento contenuto nella decisione impugnata.

150    Nella fattispecie, ai punti da 562 a 566 della decisione impugnata, la Commissione ha respinto la domanda delle ricorrenti di riduzione dell’importo dell’ammenda vertente sulla loro mancanza di capacità contributiva, osservando, in sostanza, che, in primo luogo, una riduzione dell’importo dell’ammenda non diminuirebbe il rischio di fallimento e, in secondo luogo, le ricorrenti non avevano dimostrato che, dopo un eventuale fallimento, i loro attivi non sarebbero stati più utilizzati nel settore e che, di conseguenza, la perdita di valore dei loro attivi sarebbe sostanziale. Secondo la Commissione, era probabile che la Heiploeg, o quanto meno un certo numero di società del gruppo Heiploeg, sarebbe stata rilevata e avrebbe proseguito le proprie attività «as a going concern». Essa ha considerato che, comunque, anche nell’ipotesi di vendita individuale degli attivi della Heiploeg, tali attivi sarebbero stati venduti a un’impresa concorrente o ad un nuovo arrivato nel settore e sarebbero stati sempre utilizzati in quest’ultimo.

151    In primo luogo, le ricorrenti contestano l’argomento della Commissione secondo cui la loro situazione finanziaria era già talmente compromessa che un fallimento era possibile anche in assenza dell’ammenda. Le ricorrenti invocano una versione aggiornata di una relazione peritale del 24 ottobre 2012 redatta da uno studio di revisori (in prosieguo: la «relazione P»), che era stata fornita alla Commissione durante il procedimento amministrativo.

152    A tale riguardo, va rilevato che dalla relazione P risulta che le ricorrenti si trovavano già, prima dell’inflizione dell’ammenda da parte della Commissione, in una situazione finanziaria particolarmente difficile, che le aveva portate sull’orlo del fallimento.

153    La relazione P indica che la ristrutturazione finanziaria che aveva avuto luogo nel giugno 2012 aveva a malapena procurato alle ricorrenti il finanziamento sufficiente, a determinate condizioni, per la gestione delle attività correnti.

154    Il medesimo documento indica, inoltre, che il rapporto tra il debito e l’utile prima di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamento, che misura la capacità dell’impresa di rimborsare il proprio debito, era particolarmente elevato (16,2 nel 2011) e che tale utile prima di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamento per i primi sei mesi dell’anno finanziario 2012-2013 era ben inferiore alle previsioni (EUR 0,7 milioni invece di EUR 3,9 milioni).

155    In tali circostanze, è giocoforza constatare che la relazione P non dimostra, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, che queste ultime avrebbero evitato il fallimento se l’ammenda non fosse stata loro inflitta.

156    È certamente vero, come affermano le ricorrenti, che l’inflizione di un’ammenda ha aumentato i rischi di fallimento. Tuttavia, come si è ricordato al precedente punto 137, da una parte, va rilevato che il fatto che un provvedimento adottato da un’autorità dell’Unione cagioni il fallimento o la liquidazione di un’impresa non è vietato, in quanto tale, dal diritto dell’Unione.

157    Dall’altra, ai fini dell’applicazione del punto 35 degli orientamenti, non è sufficiente dimostrare che l’impresa interessata sarebbe dichiarata fallita in caso di inflizione di un’ammenda. Secondo la formulazione stessa di tale punto, devono esistere «prove oggettive dalle quali risulti che l’imposizione di un’ammenda (...) pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica dell’impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore», il che non avviene automaticamente nell’ipotesi di fallimento delle società che gestiscono l’impresa di cui trattasi (v. supra, punto 138).

158    Ne consegue che la Commissione ha considerato a buon diritto che una riduzione dell’importo dell’ammenda non avrebbe diminuito il rischio di fallimento.

159    In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui il pagamento dell’ammenda farebbe perdere agli attivi dell’impresa una parte significativa del loro valore, neanche esso giustifica la presa in considerazione della capacità contributiva delle ricorrenti al fine di una riduzione dell’importo dell’ammenda loro inflitta.

160    A tale riguardo, va rilevato che il valore contabile della Heiploeg, che ammontava a EUR 178 milioni secondo la relazione P, era stato calcolato al 31 marzo 2012, vale a dire quasi due anni prima del fallimento dell’impresa, che è avvenuto alla fine del gennaio 2014. Di conseguenza, alla luce delle difficoltà finanziarie della Heiploeg, non può essere escluso che il suo valore contabile sarebbe stato inferiore all’inizio del 2014, al momento del suo fallimento.

161    È certamente vero, come sostengono le ricorrenti, che la relazione P aveva concluso che il valore degli attivi dell’impresa sarebbe diminuito del 50% in caso di fallimento e che le informazioni da esse fornite dopo l’udienza indicano che il prodotto totale della vendita dei diversi attivi della Heiploeg dopo il suo fallimento ammontava ad un importo inferiore a EUR 70 milioni.

162    Tuttavia, occorre rilevare che, sia la relazione dei curatori fallimentari sia le informazioni fornite dalle ricorrenti dopo l’udienza indicano che una parte significativa degli attivi in questione, quali in particolare il sito di trattamento a Zoutkamp (Paesi Bassi), sono stati rilevati da acquirenti che proseguono la gestione dell’impresa nel settore del trattamento e del commercio dei gamberetti del Mare del Nord.

163    Di conseguenza, la liquidazione della Heiploeg non ne ha comportato l’estinzione. Al contrario, quest’ultima ha continuato ad esistere come tale, in quanto la sua gestione è stata proseguita da altre entità.

164    Ciò premesso, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, gli attivi dell’impresa interessata non sono stati privati di qualsiasi valore a causa dell’inflizione dell’ammenda ai sensi del punto 35 degli orientamenti.

165    In terzo luogo, per quanto riguarda gli argomenti delle ricorrenti secondo cui il contesto sociale ed economico nel quale esse operavano era particolare, va rilevato che la decisione impugnata non contiene un’analisi a tale riguardo.

166    Tuttavia, avendo la Commissione considerato a buon diritto, come si è rilevato ai precedenti punti da 150 a 164, che il primo gruppo di condizioni cumulative di una riduzione dell’importo dell’ammenda per mancanza di capacità contributiva non era soddisfatto, essa non è incorsa in errori nel considerare che un’analisi del secondo gruppo di condizioni non era necessaria.

167    In ogni caso, se è certamente vero che la relazione P prevedeva che un fallimento della Heiploeg avrebbe comportato perdite di posti di lavoro e quindi un incremento del tasso di disoccupazione nella provincia di Groninga (Paesi Bassi), ciò non toglie che, in realtà, la relazione dei curatori fallimentari indicava che il rilievo, da parte di un’altra entità, delle attività della Heiploeg, comportante il mantenimento della sede dell’impresa e del sito di trattamento a Zoutkamp, consentiva di mantenere in gran parte i posti di lavoro nella regione e di conservare, in larga parte, opportunità di lavoro per circa 200 pescatori di gamberetti.

168    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve concludere che le ricorrenti non hanno dimostrato che le condizioni per accordare loro una riduzione dell’importo dell’ammenda a causa della loro asserita mancanza di capacità contributiva ai sensi del punto 35 degli orientamenti fossero soddisfatte. Pertanto, occorre respingere il terzo motivo.

169    Da tutto quanto precede risulta che, poiché segnatamente tutti i motivi dedotti dalle ricorrenti a sostegno delle loro conclusioni, sia di annullamento che di riforma, sono infondati, il ricorso deve essere integralmente respinto.

 Sulle spese

170    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Goldfish BV, la Heiploeg BV, la Heiploeg Beheer BV e la Heiploeg Holding BV sono condannate alle spese.

Berardis

Czúcz

Popescu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 settembre 2016.

Indice


Fatti

Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo e sul secondo motivo, vertenti sulla violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, commessa a causa dell’utilizzo, da parte della Commissione, rispettivamente, di registrazioni audio effettuate in segreto e di appunti relativi a tali registrazioni

Sulla liceità dell’utilizzo di registrazioni segrete di conversazioni telefoniche e di appunti ad esse relativi per dimostrare la commissione di un’infrazione all’articolo 101 TFUE

Sull’attendibilità degli appunti relativi alle conversazioni telefoniche e sul rispetto da parte della Commissione dell’onere della prova a tale riguardo

Sul terzo motivo, vertente sul fatto che la Commissione ha rifiutato ingiustamente di tenere conto della mancanza di capacità contributiva delle ricorrenti ai sensi del punto 35 degli orientamenti

Sulle spese


* Lingua processuale: il neerlandese.