Language of document : ECLI:EU:C:2018:178

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 13 marzo 2018 (1)

Causa C‑52/17

VTB Bank (Austria) AG

con l’intervento di:

Österreichische Finanzmarktaufsicht

[Domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria)]

«Questione pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Vigilanza sugli enti creditizi – Direttiva 2013/36/UE – Regolamento (UE) n. 575/2013 – Regolamento (UE) n. 468/14 – Poteri di vigilanza e di irrogare sanzioni – Limiti alle grandi esposizioni – Normativa di uno Stato membro che prevede l’addebito di interessi in caso di superamento dei limiti alle grandi esposizioni»






1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale offre alla Corte di giustizia l’opportunità di pronunciarsi per la prima volta (salvo mio errore) su taluni aspetti della procedura di vigilanza dei requisiti prudenziali ai quali sono soggetti, secondo il legislatore dell’Unione, gli enti creditizi e le imprese di investimento.

2.        La normativa in materia è composta dalla direttiva 2013/36/UE (2) e dal regolamento (UE) n. 575/2013 (3). In tale contesto, la controversia dinanzi ai giudici austriaci verte, in sostanza, su due questioni:

‑      da un lato, quale sia la natura giuridica dell’addebito di interessi agli enti che non rispettino i limiti di esposizione al rischio stabiliti dal CRR. In particolare, occorrerà chiarire se si tratti di una sanzione o di una misura amministrativa e quale margine abbiano le autorità nazionali per applicarla, in circostanze come quella in esame;

‑      dall’altro, in quali condizioni possa essere riconosciuta la sussistenza di una procedura di vigilanza pendente, ai fini dell’applicazione del regime transitorio previsto dal regolamento (UE) n. 468/14 (4), qualora si debba procedere a un passaggio di competenze tra la Banca centrale europea (BCE) e un’autorità di vigilanza nazionale.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Direttiva 2013/36

3.        Il considerando 2 recita:

«La presente direttiva dovrebbe contenere tra l’altro disposizioni che disciplinano l’autorizzazione all’attività, l’acquisizione di partecipazioni qualificate, l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, i poteri in materia delle autorità di vigilanza dello Stato membro d’origine e di quello ospitante e le disposizioni che disciplinano il capitale iniziale e la revisione prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento. La presente direttiva ha come obiettivo e come oggetto il coordinamento delle disposizioni nazionali relative all’accesso all’attività degli enti creditizi e delle imprese di investimento, le modalità della loro governance e il quadro di vigilanza. Le direttive 2006/48/CE [(5)] e 2006/49/CE [(6)] contengono anche requisiti prudenziali relativi agli enti creditizi e alle imprese di investimento. Detti requisiti dovrebbero essere previsti nel regolamento (UE) n. 575/2013 che fissi requisiti prudenziali uniformi e direttamente applicabili a carico degli enti creditizi e delle imprese di investimento, dato che detti requisiti sono strettamente correlati al funzionamento dei mercati finanziari per quanto riguarda una serie di attività detenute dagli enti creditizi e dalle imprese di investimento. La presente direttiva dovrebbe pertanto essere letta in combinato disposto con il regolamento (UE) n. 575/2013 e, unitamente a tale regolamento, formare il quadro normativo di disciplina delle attività bancarie, il quadro di vigilanza e le norme prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento».

4.        Il considerando 35 recita:

«Per assicurare l’osservanza degli obblighi imposti dalla presente direttiva e dal regolamento (UE) n. 575/2013 da parte degli enti, di coloro che controllano effettivamente l’impresa e dei membri dei loro organi di gestione e per assicurare lo stesso trattamento in tutta l’Unione, occorre che gli Stati membri siano tenuti a prevedere sanzioni amministrative e altre misure amministrative che siano effettive, proporzionate e dissuasive. Pertanto, le sanzioni amministrative e le altre misure amministrative stabilite dagli Stati membri dovrebbero soddisfare alcuni requisiti essenziali in relazione al destinatario, ai criteri di cui tener conto nella loro applicazione, alla loro pubblicazione, ai poteri fondamentali per irrogare sanzioni e ai livelli delle sanzioni amministrative pecuniarie».

5.        Il considerando 41 afferma quanto segue:

«La presente direttiva dovrebbe prevedere le sanzioni amministrative e le altre misure amministrative al fine di assicurare che l’azione esercitata a seguito di una violazione abbia il maggior ambito di applicazione possibile e di contribuire ad impedire ulteriori violazioni, a prescindere dalla loro definizione come sanzione amministrativa o altra misura amministrativa a norma del diritto nazionale. Gli Stati membri dovrebbero poter prevedere sanzioni aggiuntive e un livello più elevato di sanzioni amministrative pecuniarie rispetto a quanto previsto nella presente direttiva».

6.        L’articolo 64 («Poteri di vigilanza e poteri di irrogare sanzioni») prevede quanto segue:

«1.      Alle autorità competenti sono conferiti tutti i poteri di vigilanza che permettono loro di intervenire nell’attività degli enti e che sono necessari per l’esercizio delle loro funzioni, tra cui in particolare il diritto di revoca di un’autorizzazione conformemente all’articolo 18, i poteri previsti all’articolo 102 e i poteri previsti agli articoli 104 e 105.

2.      Le autorità competenti esercitano i loro poteri di vigilanza e i loro poteri di irrogare sanzioni conformemente alla presente direttiva e al diritto nazionale, secondo una delle seguenti modalità:

a)      direttamente;

b)      in collaborazione con altre autorità;

c)      sotto la propria responsabilità mediante delega a tali autorità;

d)      rivolgendosi alle competenti autorità giudiziarie».

7.        L’articolo 65 («Sanzioni amministrative e altre misure amministrative») al suo paragrafo 1 così dispone:

«Fatti salvi i poteri di vigilanza delle autorità competenti di cui all’articolo 64 e il diritto degli Stati membri di prevedere e irrogare sanzioni penali, gli Stati membri prevedono norme in materia di sanzioni amministrative e altre misure amministrative relative alle violazioni delle disposizioni nazionali di recepimento della presente direttiva e del regolamento (UE) n. 575/2013 e adottano tutte le misure necessarie ad assicurarne l’attuazione. Qualora decidano di non prevedere norme in materia di sanzioni amministrative per violazioni che sono disciplinate dal diritto penale nazionale, gli Stati membri comunicano alla Commissione le pertinenti disposizioni di diritto penale. Le sanzioni amministrative e le altre misure amministrative sono effettive, proporzionate e dissuasive».

8.        Ai sensi dell’articolo 67:

«1.      Il presente articolo si applica almeno in presenza di una delle seguenti circostanze:

(…)

k)      un ente assume un’esposizione superiore ai limiti fissati all’articolo 395 del regolamento (UE) n. 575/2013;

(…)

2.      Gli Stati membri assicurano che nei casi di cui al paragrafo 1 le sanzioni amministrative e altre misure amministrative applicabili includano almeno quanto segue:

(…)

g)      sanzioni amministrative pecuniarie fino al doppio dell’importo dei profitti realizzati e delle perdite evitate grazie alla violazione, qualora essi possano essere determinati.

(…)».

2.      Regolamento n. 575/2013

9.        Il considerando 5 così recita:

«Il presente regolamento e la direttiva 2013/36/UE dovrebbero formare insieme il quadro giuridico di disciplina dell’accesso all’attività, il quadro di vigilanza e le norme prudenziali degli enti creditizi e delle imprese di investimento (…). È pertanto opportuno che il presente regolamento sia letto in combinato disposto con tale direttiva».

10.      Il considerando 9 afferma:

«Per motivi di certezza del diritto e per la necessità di una parità di condizioni all’interno dell’Unione, un unico insieme di norme per tutti i partecipanti al mercato costituisce un elemento chiave per il funzionamento del mercato interno. Al fine di evitare distorsioni del mercato e l’arbitraggio regolamentare, requisiti prudenziali minimi dovrebbero garantire la massima armonizzazione (…)».

11.      Ai sensi dell’articolo 2:

«Per garantire la conformità al presente regolamento, le autorità competenti dispongono dei poteri e seguono le procedure di cui alla direttiva 2013/36/UE».

12.      Ai termini dell’articolo 395:

«1.      Tenuto conto dell’effetto dell’attenuazione del rischio di credito conformemente agli articoli da 399 a 403, l’ammontare dell’esposizione di un ente verso un singolo cliente o un gruppo di clienti connessi non supera il 25% del capitale ammissibile dell’ente stesso. Quando il cliente è un ente o quando un gruppo di clienti connessi include uno o più enti, detto importo non supera il 25% del capitale ammissibile dell’ente o 150 milioni di EUR, se superiore, purché la somma dei valori delle esposizioni, tenuto conto dell’effetto dell’attenuazione del rischio di credito conformemente agli articoli da 399 a 403, verso tutti i clienti connessi che non sono enti non superi il 25% del capitale ammissibile dell’ente.

Se l’importo di 150 milioni di EUR è superiore al 25% del capitale ammissibile dell’ente, il valore dell’esposizione, tenuto conto dell’effetto dell’attenuazione del rischio di credito conformemente agli articoli da 399 a 403, non supera un limite ragionevole in termini di capitale ammissibile dell’ente. Tale limite è determinato dall’ente conformemente alle politiche e alle procedure di cui all’articolo 81 della direttiva 2013/36/UE per far fronte e controllare il rischio di concentrazione. Tale limite non è superiore al 100% del capitale ammissibile dell’ente.

Le autorità competenti possono fissare un limite inferiore a 150 milioni di EUR e ne informano l’ABE [Autorità bancaria europa] e la Commissione.

(…)

5.      I limiti fissati dal presente articolo possono essere superati per le esposizioni comprese nel portafoglio di negoziazione dell’ente se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a)      l’esposizione non inclusa nel portafoglio di negoziazione verso il cliente o il gruppo di clienti connessi in questione non supera il limite fissato al paragrafo 1, essendo tale limite calcolato in riferimento al capitale ammissibile, in modo che il superamento risulti interamente dal portafoglio di negoziazione;

b)      l’ente rispetta un ulteriore requisito in materia di fondi propri per il superamento del limite di cui al paragrafo 1, calcolato conformemente agli articoli 397 e 398;

c)      qualora siano trascorsi al massimo dieci giorni dal momento in cui si è verificato il superamento, l’esposizione che risulta dal portafoglio di negoziazione verso il cliente o il gruppo di clienti connessi di cui trattasi non supera il 500% del capitale ammissibile dell’ente;

d)      qualsiasi superamento protrattosi per oltre dieci giorni non supera, nel complesso, il 600% del capitale ammissibile dell’ente.

Per ogni caso di superamento del limite, l’ente comunica senza indugio alle autorità competenti il relativo importo e il nome del cliente in questione e, ove applicabile, il nome del gruppo dei clienti connessi in questione.

(…)».

13.      L’articolo 396, paragrafo 1, dispone quanto segue:

«Se tuttavia, in casi eccezionali, le esposizioni superano il limite stabilito all’articolo 395, paragrafo 1, l’ente procede alla notifica immediata del valore dell’esposizione alle autorità competenti che possono, qualora le circostanze lo giustifichino, concedere un periodo di tempo limitato entro cui l’ente deve conformarsi al limite previsto.

(…)».

3.      Regolamento (UE) n. 1024/2013 (7)

14.      L’articolo 33, paragrafo 2, dispone quanto segue:

«La BCE assume i compiti attribuitile dal presente regolamento il 4 novembre 2014, fatte salve le disposizioni e le misure di attuazione di cui al presente paragrafo.

(…)».

4.      Regolamento n. 468/14

15.      L’articolo 2 contiene le seguenti definizioni:

«(…)

24)      per “procedura di vigilanza della BCE” si intende ogni attività della BCE volta a predisporre l’adozione di una decisione di vigilanza della BCE, comprese le procedure comuni e l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie. (…)

25)      per “procedura di vigilanza dell’ANC [autorità nazionale competente]” si intende ogni attività di un’ANC volta a predisporre l’adozione di una decisione di vigilanza da parte di un’ANC nei confronti di uno o più soggetti o gruppi vigilati ovvero a una o più altre persone, compresa l’irrogazione di sanzioni amministrative;

(…)».

16.      L’articolo 48 («Procedure pendenti») prevede quanto segue:

«1.      Qualora si debba procedere a un passaggio delle competenze tra la BCE e un’ANC, l’autorità la cui competenza cesserà (di seguito, l’“autorità la cui competenza cessa”) informa l’autorità che assumerà la competenza (di seguito, l’“autorità che assume la vigilanza”) di ogni procedura di vigilanza formalmente avviata che richieda una decisione. L’autorità la cui competenza cessa fornisce tali informazioni immediatamente dopo aver appreso dell’imminente passaggio delle competenze. L’autorità la cui competenza cessa aggiorna tali informazioni su base continuativa, e generalmente con frequenza mensile, quando vi siano da segnalare nuove informazioni su una procedura di vigilanza. L’autorità che assume la vigilanza può, in casi debitamente giustificati, consentire la segnalazione con minore frequenza. Ai fini degli articoli 48 e 49, per procedura di vigilanza si intende una procedura di vigilanza della BCE o di un’ANC.

Prima del passaggio delle competenze, l’autorità la cui competenza cessa prende contatto con l’autorità che assume la vigilanza, senza indebito ritardo, a seguito dell’avvio di ogni nuova procedura di vigilanza che richieda una decisione.

(…)

3.      Se una procedura di vigilanza formalmente avviata che richiede una decisione non può essere definita prima della data in cui avviene il passaggio delle competenze di vigilanza, l’autorità la cui competenza cessa rimane competente per la definizione di tale procedura di vigilanza. A tale scopo, l’autorità la cui competenza cessa conserva anche tutti i relativi poteri fino alla definizione della procedura di vigilanza. L’autorità la cui competenza cessa definisce la procedura di vigilanza in questione conformemente al diritto applicabile in virtù dei poteri che essa conserva. Prima di adottare qualsiasi decisione in una procedura di vigilanza pendente prima del passaggio delle competenze, l’autorità la cui competenza cessa ne informa l’autorità che assume la vigilanza. Essa fornisce all’autorità che assume la vigilanza una copia della decisione adottata e di ogni documento pertinente relativo a tale decisione.

(…)».

17.      L’articolo 149 («Continuità delle procedure pendenti») dispone quanto segue:

«1.      Salvo che la BCE decida altrimenti, se un’ANC ha avviato procedure di vigilanza in relazione alle quali la BCE diviene competente in base al regolamento sull’MVU, e ciò accade prima del 4 novembre 2014, trovano applicazione le procedure stabilite all’articolo 48.

2.      In deroga all’articolo 48, il presente articolo si applica alle procedure comuni».

B.      Normativa nazionale. Il Bankwesengesetz (legge sul sistema bancario) (8)

18.      L’articolo 97, paragrafo 1, così recitava:

«La Finanzmarktaufsichtsbehörde (autorità di vigilanza dei mercati finanziari; in prosieguo: la “FMA”) deve imporre agli enti creditizi interessi nella misura seguente:

(…)

4.      2 per cento annuo dell’importo eccedente i limiti delle grandi esposizioni ai sensi dell’articolo 395, paragrafo 1, del [CRR], per 30 giorni, fatte salve le misure di vigilanza ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 2, ovvero in caso di eccessivo indebitamento dell’istituto di credito».

19.      Ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 5:

«Chiunque, agendo come responsabile (…) di un ente creditizio,

(…)

2)      esponga l’ente a crediti superiori ai limiti fissati all’articolo 395 del regolamento (UE) n. 575/2013;

(…)

commette, se il fatto non costituisce una condotta punibile soggetta alla competenza degli organi giurisdizionali, un illecito amministrativo e deve essere condannato dall’autorità di vigilanza dei mercati finanziari a una sanzione pecuniaria fino a EUR 5 milioni o fino al doppio del profitto ricavato dalla violazione, qualora esso possa essere calcolato».

II.    Fatti e questioni pregiudiziali

20.      Ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 4, del BWG, la FMA ha adottato due decisioni, rispettivamente il 30 ottobre 2014 e l’11 maggio 2015, con le quali ha condannato la VTB Bank (Austria) AG (in prosieguo: la «VTB Bank») al pagamento di interessi per aver superato, verso un gruppo di clienti connessi tra loro, l’esposizione consentita dall’articolo 395, paragrafo 1, del CRR.

21.      L’importo degli interessi ammontava, nel primo caso, a EUR 94 951,41, e corrispondeva al superamento avvenuto nei mesi da marzo a settembre 2014; e, nel secondo caso, a EUR 28 278,57, per il superamento avvenuto durante il mese di ottobre 2014.

22.      La VTB Bank ha impugnato la seconda di tali decisioni della FMA dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria), sostenendo che doveva applicarsi l’articolo 395, paragrafo 5, del CRR, e che quindi essa non poteva essere sanzionata in forza di una disposizione nazionale.

23.      In tale contesto, detto giudice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali.

«1)      Se le disposizioni di diritto derivato dell’Unione [quali segnatamente, ad esempio, gli articoli 64 e 65, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 (…)], siano applicabili all’addebito di interessi da parte dell’amministrazione, addebito imposto dalla normativa di uno Stato membro, ai sensi della quale un ente creditizio, in caso di superamento dei limiti delle grandi esposizioni ai sensi dell’articolo 395, paragrafo 1, del [CRR], sia tenuto a corrispondere interessi per 30 giorni nella misura del 2 per cento annuo sull’importo eccedente i limiti medesimi.

2)      Se il diritto dell’Unione (in particolare l’articolo 395, paragrafi 1 e 5, del [CRR]), osti a una normativa nazionale quale quella contenuta nell’articolo 97, paragrafo 1, punto 4, del [BWG], laddove imponga l’addebito di interessi in caso di violazione dell’articolo 395, paragrafo 1, pur in presenza delle condizioni per l’applicazione della deroga di cui all’articolo 395, paragrafo 5.

3)      Se l’articolo 48, paragrafo 3, del (…) (regolamento quadro sull’MVU) debba essere interpretato nel senso che la sussistenza di una “procedura di vigilanza formalmente avviata” possa essere presunta già per il sol fatto che un’impresa abbia trasmesso una segnalazione all’autorità di vigilanza, ovvero se una “procedura di vigilanza formalmente avviata” possa essere ravvisata nel fatto dell’avvenuta adozione di una decisione dell’autorità di vigilanza in una procedura parallela per analoghe violazioni verificatesi in periodi precedenti».

III. Procedimento dinanzi alla Corte

24.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta presso la Corte il 1o febbraio 2017.

25.      La VTB Bank, la FMA, la BCE e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte. La Corte ha considerato che non fosse necessario tenere un’udienza.

IV.    Analisi

26.      Ritengo, al pari della Commissione, che le prime due questioni sollevate dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) richiedano una risposta congiunta.

27.      In esse si chiede di determinare, in sostanza:

‑      se l’addebito di interessi previsto dal diritto nazionale nel caso in cui un ente creditizio superi i limiti di esposizione fissati all’articolo 395, paragrafo 1, del CRR costituisca una «sanzione amministrativa» o un’«altra misura amministrativa» ai sensi degli articoli 65 e 67 della direttiva 2013/36;

‑      se l’addebito di tali interessi, in forza della normativa nazionale, sia compatibile con il diritto dell’Unione anche qualora siano soddisfatti i requisiti per l’applicazione della deroga di cui all’articolo 395, paragrafo 5, del CRR.

28.      Con la terza (e ultima) questione il giudice del rinvio intende sapere in quale momento debba presumersi formalmente avviata una procedura di vigilanza. In funzione della risposta fornita a tale questione si individuerà l’autorità competente per tale procedura, nel caso in cui si verifichi un passaggio di competenze tra la BCE e un’ANC che incida su procedure pendenti.

A.      Le «sanzioni amministrative e altre misure amministrative» applicabili in caso di violazione del limite di esposizione al rischio di credito (questioni pregiudiziali prima e seconda)

1.      Sintesi delle osservazioni delle parti

29.      La VTB Bank ritiene che la misura nazionale in questione rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2013/36 e rientri nelle nozioni di «sanzioni amministrative» e di «altre misure amministrative» di cui all’articolo 65 della stessa. Nei casi di violazione del CRR gli Stati membri sono tenuti ad applicare le une o le altre.

30.      Sebbene la direttiva 2013/36 non definisca specificamente le due nozioni, la VTB Bank ritiene che dall’articolo 66, paragrafo 2, della stessa si evinca che le sanzioni e le misure in questione devono soddisfare determinate condizioni al fine di prevenire o ridurre qualsiasi violazione del CRR. Tenuto conto della loro natura, essenza e carattere, gli interessi pretesi dalla FMA sarebbero comparabili alle sanzioni o misure previste dalla direttiva 2013/36.

31.      Inoltre, la VTB Bank ricorda che l’articolo 395, paragrafo 5, del CRR consente, a determinate condizioni, il superamento dei limiti di cui al paragrafo 1 di tale articolo. Pertanto, un legislatore nazionale non potrebbe adottare una decisione che privi di effetto utile tale previsione del legislatore dell’Unione.

32.      Secondo la FMA, gli interessi oggetto della controversia non rientrano nell’ambito di applicazione degli articoli 64 e 65 della direttiva 2013/36. A suo avviso, e in linea con la giurisprudenza costituzionale austriaca, si tratterebbe di misure di controllo economico che non hanno natura penale, dirette a recuperare il vantaggio conseguito o conseguibile da un ente creditizio a seguito della violazione di una norma prudenziale.

33.      La FMA sostiene che il regolamento n. 1024/2013 conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità per adottare la propria normativa. L’attività di vigilanza che non è affidata alla BCE compete alle autorità nazionali, cosicché la misura in questione sarebbe una norma di diritto specificamente austriaca, che non sarebbe intesa a recepire la direttiva 2013/36.

34.      Infine, la FMA ritiene che non sussista alcun legame diretto tra la disposizione nazionale applicata e il CRR, poiché l’articolo 97, paragrafo 1, punto 4, del BWG richiama unicamente l’articolo 395, paragrafo 1, del CRR (e non il paragrafo 5 dello stesso) per definire le condizioni sostanziali per la riscossione degli interessi. Tenuto conto della sua finalità, l’addebito degli interessi a fronte del superamento dei limiti di cui all’articolo 395, paragrafo 1, del CRR è automatico, anche laddove siano soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 5 dello stesso.

35.      La Commissione ritiene che la disposizione nazionale dia attuazione agli articoli 64, 65 e 67 della direttiva 2013/36, alla quale non è tuttavia conforme, in quanto impone conseguenze giuridiche negative come effetto automatico della violazione dell’articolo 395, paragrafo 1, del CRR, senza verificare se sussistano le condizioni di cui al paragrafo 5 di tale articolo.

36.      La Commissione ribadisce, in tal senso, che gli articoli da 387 a 403 del CRR, relativi alle grandi esposizioni al rischio, devono essere qualificati come «una misura di armonizzazione massima definitiva delle disposizioni prudenziali» e che agli Stati membri non deve essere pertanto riconosciuto «alcun margine per adottare misure proprie, derogatorie, in materia di disposizioni relative ai grandi rischi».

37.      Essa ricorda che la direttiva 2013/36 impone agli Stati membri, in caso di violazione del limite di cui all’articolo 395, paragrafo 1, di prevedere sanzioni e altre misure amministrative. Ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, lettera g), della richiamata direttiva, tale violazione va perseguita mediante l’applicazione, almeno, di sanzioni pecuniarie.

38.      Secondo la Commissione, tuttavia, non sussiste una violazione dei limiti di cui all’articolo 395, paragrafo 1, del CRR, se ricorrono le condizioni per l’applicazione della deroga di cui al paragrafo 5 del medesimo articolo. Pertanto, una disposizione nazionale che stabilisca l’addebito di interessi, senza prendere complessivamente in considerazione l’articolo 395 del CRR, costituisce una sanzione amministrativa o una misura amministrativa per un comportamento consentito dal diritto dell’Unione.

2.      Analisi

39.      La direttiva 2013/36 e il CRR costituiscono il quadro normativo che disciplina le attività bancarie, la vigilanza e le norme prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (9).

40.      Il CRR fissa specificamente i requisiti prudenziali imposti agli enti creditizi e alle imprese di investimento. Si tratta di una serie di requisiti minimi che, secondo i termini utilizzati dal legislatore dell’Unione, mirano a «garantire la massima armonizzazione» al fine di «evitare distorsioni del mercato e l’arbitraggio regolamentare».

41.      L’idea di base è che «[p]er motivi di certezza del diritto e per la necessità di una parità di condizioni all’interno dell’Unione, un unico insieme di norme per tutti i partecipanti al mercato costituisce un elemento chiave per il funzionamento del mercato interno» (10).

42.      La direttiva 2013/36 definisce il quadro normativo indispensabile per l’applicazione e il rispetto delle norme di vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento come definite dal CRR.

43.      Tra i requisiti prudenziali richiesti dal CRR rileva, ai fini della presente causa, quello indicato nell’articolo 395, paragrafo 1, dello stesso, ai sensi del quale, «[t]enuto conto dell’effetto dell’attenuazione del rischio di credito (…), l’ammontare dell’esposizione di un ente verso un singolo cliente o un gruppo di clienti connessi non supera il 25% del capitale ammissibile dell’ente stesso [(11)]».

44.      Il giudice del rinvio ritiene che nella presente causa tale limite di esposizione al rischio sia stato superato. Pertanto, ai sensi della direttiva 2013/36, si verificherebbe l’ipotesi di cui all’articolo 67, paragrafo 1, lettera k), della stessa, con la conseguenza che, ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo, dovrebbe applicarsi, «almeno», tra le altre, una sanzione amministrativa pecuniaria «fino al doppio dell’importo dei profitti realizzati e delle perdite evitate grazie alla violazione, qualora essi possano essere determinati». Tale sanzione si colloca, infatti, tra «le sanzioni amministrative e altre misure amministrative» che gli Stati membri sono obbligati a prevedere nel caso in cui sia commessa, tra le altre, questa specifica violazione.

45.      Sebbene la posizione del giudice nazionale al riguardo non sia chiara, la FMA insiste sul fatto che gli interessi addebitati alla VTB Bank (Austria) non sono stati applicati come «sanzione amministrativa» o «misura restrittiva» in ragione della violazione del CRR. Si tratterebbe unicamente di un «addebito di interessi» (Abschöpfungszinsen), privo di carattere sanzionatorio ai sensi del diritto austriaco, il quale lo prevede come «una misura di diritto commerciale (…), diretta ad eliminare in misura forfettaria il vantaggio conseguito o conseguibile a seguito dell’infrazione, ovvero a compensare il vantaggio conseguito sul piano economico con il superamento dei limiti delle grandi esposizioni [a un rischio creditizio]» (12).

46.      A mio avviso, si può sostenere che l’addebito di interessi di cui all’articolo 97, paragrafo 1, punto 4, del BWG non sia una delle «sanzioni amministrative pecuniarie» che, ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 1, lettera k), e paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2013/36, gli Stati membri sono «almeno» tenuti a imporre agli enti che assumono un’esposizione superiore ai limiti fissati all’articolo 395, paragrafo 1, del CRR.

47.      La «sanzione amministrativa pecuniaria» di cui all’articolo 67, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2013/36 sembra essere piuttosto, come rileva la Commissione (13), quella prevista dall’articolo 98, paragrafo 5, punto 2, dello stesso BWG. Ai sensi di tale disposizione, il soggetto responsabile dell’ente creditizio che abbia esposto l’ente a crediti superiori ai limiti di cui all’articolo 395 del CRR è condannato a una sanzione pecuniaria fino a EUR 5 milioni o fino al doppio dei profitti ricavati dalla violazione, quando questi possono essere determinati, a condizione che il fatto in questione non costituisca reato.

48.      Il recupero di tali interessi (in assenza di un precedente debito in linea capitale) in forza dell’addebito dell’autorità pubblica potrebbe invece essere qualificato come misura amministrativa. A mio avviso è irrilevante che l’articolo 67, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2013/36 abbia una disciplina corrispondente, nel diritto nazionale, nell’articolo 97 o nell’articolo 98 del BWG. Fermo restando che tale questione deve essere risolta dal giudice del rinvio, ciò non significa che l’articolo 97 del BWG (e quindi l’addebito degli interessi controversi) non rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2013/36.

49.      Le sanzioni e le misure di cui all’articolo 67, paragrafo 2, della direttiva 2013/36 non esauriscono il complesso di misure pubbliche con le quali è possibile reagire alle violazioni del CRR. La direttiva 2013/36 permette – e finanche auspica – che gli Stati membri prevedano sanzioni e misure aggiuntive, ossia che adottino «tutte le misure necessarie ad assicurar[e]» l’attuazione sia della suddetta direttiva sia del CRR (articolo 65, paragrafo 1, della direttiva 2013/36) (14).

50.      Tra le sanzioni e le misure che gli Stati membri possono aggiungere a quelle minime introdotte dal legislatore dell’Unione si potrebbe senz’altro includere l’addebito di interessi come quelli di cui all’articolo 97, paragrafo 1, punto 4, del BWG. Da tale punto di vista, dunque, non rileva in particolare che la sanzione disposta dalla FMA possa essere qualificata come «sanzione amministrativa» o come «altra misura amministrativa», ai sensi degli articoli 65 e 67 della direttiva 2013/36, dal momento che, in ogni caso, essa sarebbe lecita per il legislatore dell’Unione (15).

51.      Tuttavia, sebbene sia certo che gli Stati membri sono autorizzati ad adottare altre sanzioni o misure amministrative, è altrettanto certo che quelle che essi decidono di adottare devono rispettare il quadro normativo definito dalla direttiva 2013/36 e dal CRR.

52.      Con ciò intendo dire che, poiché il legislatore dell’Unione ha optato per una «massima armonizzazione» (16) nel settore della vigilanza e delle norme prudenziali applicabili agli enti creditizi e alle imprese di investimento, ha introdotto un unico sistema di norme, composto dalla direttiva 2013/36 e dal CRR. La sussistenza di un regime unitario siffatto per tutti i partecipanti al mercato «costituisce un elemento chiave per il funzionamento del mercato interno» (17).

53.      Per questo motivo, pur lasciando agli Stati membri la possibilità di prevedere altre sanzioni e misure amministrative, la direttiva 2013/36, nel precisare i loro limiti e nel fissare il grado delle sanzioni pecuniarie, intende garantire che i legislatori nazionali si conformino ad alcune regole comuni (18). In tal senso, la direttiva 2013/36 non solo impone sanzioni e misure amministrative minime (rimettendo agli Stati membri un margine di discrezionalità per ampliarle), ma predispone altresì una tabella contenente le violazioni che possono essere sanzionate o che possono determinare l’adozione di altre misure amministrative.

54.      Ritengo, pertanto, che esistano due categorie di comportamenti reprensibili: a) quelli tassativamente descritti nell’articolo 67, paragrafo 1, della direttiva 2013/36; e b) altri (19) che gli Stati membri possono tipizzare come ipotesi di violazione del CRR, diverse da quelle specificate dalla direttiva 2013/36. Inoltre, per quanto riguarda queste ultime, gli Stati membri possono prevedere sanzioni o misure diverse da quelle che il legislatore dell’Unione impone che siano «almeno» previste.

55.      Dal momento che gli Stati membri possono aggiungere nuovi tipi di violazioni, la questione è se essi possano altresì riconfigurare le violazioni previste dalla direttiva 2013/36. Ritengo che la risposta sia negativa qualora, in tal modo, essi alterino o eliminino alcune fattispecie che potrebbero essere considerate «necessarie», ossia quelle che, secondo la direttiva, la normativa nazionale deve «almeno» prevedere.

56.      Nel caso di specie, sulla base delle informazioni disponibili sembra che l’articolo 98, paragrafo 5, punto 2, del BWG sia la disposizione mediante la quale il contenuto dell’articolo 67, paragrafo 1, lettera k), e paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2013/36 è stato recepito nel diritto austriaco.

57.      Se così fosse, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare, il legislatore nazionale avrebbe rispettato l’obbligo di prevedere «almeno» una delle fattispecie stabilite dal legislatore dell’Unione. Esso avrebbe inoltre associato a tale fattispecie la conseguenza giuridica (anch’essa «almeno») prevista dalla direttiva 2013/36.

58.      In particolare, l’articolo 98, paragrafo 5, punto 2, del BWG si riferisce al responsabile di un ente creditizio che esponga quest’ultimo «al superamento dei limiti di cui all’articolo 395 del [CRR]». Il riferimento all’articolo 395 del CRR in toto, ossia senza escludere nessuno dei suoi paragrafi, implica che la fattispecie disciplinata dall’articolo 98, paragrafo 5, punto 2, del BWG coincide con quella descritta dalla suddetta disposizione del CRR.

59.      Va sottolineato che la fattispecie di cui all’articolo 395 del CRR non è solo quella descritta al suo paragrafo 1, ma anche quella risultante dal combinato disposto di tale paragrafo con il contenuto del paragrafo 5 del medesimo articolo.

60.      Ai sensi dell’articolo 395, paragrafo 1, del CRR, l’ammontare dell’esposizione degli enti non può superare il 25% del loro capitale ammissibile (20). Tuttavia, la mera violazione di tale limite non costituisce, di per sé, la fattispecie di cui all’articolo 67, paragrafo 1, lettera k), della direttiva 2013/36: tale articolo, nel richiamare tutto l’articolo 395 del CRR, include altresì il paragrafo 5 dello stesso, il quale consente il superamento di tale limite quando vengano soddisfatte determinate condizioni.

61.      In altri termini, il combinato disposto della fattispecie prevista all’articolo 67, paragrafo 1, lettera k), della direttiva 2013/36 conferisce a tale norma il seguente tenore: «Il presente articolo si applica (…) [quando] un ente assume un’esposizione superiore ai limiti fissati all’articolo 395, paragrafo 1, del CRR laddove non siano soddisfatte le condizioni previste al paragrafo 5 di tale medesimo articolo]».

62.      In tal modo, l’articolo 98, paragrafo 5, punto 2, del BWG sarebbe una fedele trasposizione dell’articolo 67, paragrafo 1, lettera k), della direttiva 2013/36 e, mediante lo stesso, sarebbe stata recepita nel diritto austriaco una delle violazioni che il legislatore nazionale era obbligato «almeno» a prevedere.

63.      Se tale interpretazione è corretta, come ritengo, l’articolo 97, paragrafo 1, punto 4, del BWG non creerebbe una fattispecie distinta, ma snaturerebbe piuttosto quella di cui all’articolo 67, paragrafo 1, lettera k), della direttiva 2013/36.

64.      Infatti, la norma nazionale si riferisce unicamente alle circostanze di cui all’articolo 395, paragrafo 1, del CRR, senza tener conto di quelle del paragrafo 5 di tale disposizione. Pertanto, si potrebbe ritenere che essa preveda una fattispecie nuova, riguardante soltanto il superamento del limite fissato all’articolo 395, paragrafo 1, del CRR, a prescindere dal fatto che ricorrano o meno le circostanze di cui al paragrafo 5.

65.      Tuttavia, l’articolo 395 del CRR, nella misura in cui consente di superare i limiti massimi di esposizione al rischio (fissati al paragrafo 1) se ricorrono talune circostanze (descritte al paragrafo 5), implica che i limiti realmente decisivi sono quelli risultanti dal combinato disposto di questi due paragrafi della disposizione. Entrambi rappresentano un’unità inscindibile e si traducono, in definitiva, nella delimitazione del livello di rischio che gli enti possono assumere.

66.      In altri termini, dalla fattispecie di cui all’articolo 395 del CRR, paragrafi 1 e 5, emerge che gli enti finanziari possono legittimamente esporsi ai rischi entro i limiti definiti da entrambi i paragrafi.

67.      Ritengo che se si consentisse agli Stati membri di agire nei confronti degli enti che, proprio perché soddisfacevano le condizioni previste all’articolo 395, paragrafo 5, del CRR, si sono esposti ai rischi ammessi da quest’ultimo, si snaturerebbel’articolo 395nel suo complesso, con la grave conseguenza di far venire meno la fiducia che gli enti possono legittimamente riporre nel fatto che i limiti entro i quali possono assumere rischi derivano dal combinato disposto dei paragrafi 1 e 5 dell’articolo 395 del CRR.

68.      Alla luce del fatto che il legislatore dell’Unione consente agli Stati membri di stabilire altre violazioni e altre sanzioni o misure amministrative, oltre a quelle richieste «almeno», in ogni caso, dalla direttiva 2013/36, il legislatore nazionale può prevedere nuove fattispecie, ma non può, lo ribadisco, snaturare quelle già disciplinate dal legislatore dell’Unione.

69.      A mio avviso, dunque, la normativa nazionale in esame non è compatibile con il quadro normativo delineato dalla direttiva 2013/36 e dal CRR.

B.      Sulla sussistenza di procedure di vigilanza pendenti in caso di passaggio di competenze tra le autorità di vigilanza (terza questione pregiudiziale)

1.      Sintesi delle osservazioni delle parti

70.      La VTB Bank ritiene che, ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 3 e dell’articolo 149, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU, la FMA abbia competenza unicamente per le procedure di vigilanza formalmente avviate prima del 4 novembre 2014.

71.      Dal momento che la decisione della FMA di addebitarle gli interessi (in ragione del superamento dei rischi avvenuto nel mese di ottobre 2014) è stata adottata l’11 maggio 2015 e si fondava su una dichiarazione della stessa VTB Bank del 3 novembre 2014, tale ente sostiene che detta dichiarazione non può essere considerata l’elemento che ha determinato l’avvio di una procedura formale di vigilanza, ai sensi dell’articolo 2, punto 25 e dell’articolo 48, paragrafo 3, del regolamento quadro sull’MVU.

72.      Pertanto, secondo la VTB Bank, dal momento che la procedura formale non è stata avviata prima del 4 novembre 2014, la FMA non era competente ad adottare la decisione dell’11 maggio 2015.

73.      A fronte degli argomenti suesposti, la FMA motiva la propria competenza sostenendo che il diritto dell’Unione non prevede interessi simili a quelli richiesti, concedendo invece un certo margine per questo tipo di particolarità nazionali. Dal momento che la BCE non è competente ai sensi del regolamento quadro sull’MVU, la FMA ritiene superfluo esaminare le disposizioni transitorie relative alle procedure pendenti, di cui all’articolo 48, paragrafo 3, di tale regolamento.

74.      La FMA sostiene inoltre che, per ragioni di economia processuale, la dichiarazione della VTB Bank del 3 novembre 2014 era già stata presa in considerazione nel procedimento istruttorio relativo ai precedenti superamenti dei limiti, in quanto si trattava degli stessi clienti e degli stessi fatti.

75.      La BCE, i cui argomenti sono limitati a questa terza questione, sostiene che la nozione di «procedura di vigilanza formalmente avviata» è stata introdotta nell’articolo 48, paragrafo 3, del regolamento quadro sull’MVU per i casi in cui abbia luogo una modifica della ripartizione delle competenze tra la BCE e un’ANC. Tale nozione è connessa alle funzioni e alle competenze della BCE, cosicché l’articolo 48 del regolamento riguarderebbe unicamente le procedure che rientrano nell’ambito delle sue competenze.

76.      Di conseguenza, l’applicazione dell’articolo 48, paragrafo 3, del regolamento quadro sull’MVU dipenderà dalla qualificazione attribuita all’addebito di interessi di cui trattasi. Tale articolo si applicherà qualora si tratti di una misura di vigilanza prudenziale, ai sensi degli articoli 64 e 65 della direttiva 2013/36, ma non troverà applicazione nel caso in cui l’addebito costituisca una misura economica diretta all’integrale recupero di un vantaggio conseguito o conseguibile a seguito di un comportamento illecito.

77.      La Commissione, che si pronuncia su tale questione solo in subordine, ritiene che una procedura di vigilanza prudenziale ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 3, del regolamento quadro sull’MVU non venga avviata mediante la presentazione, da parte dell’ente creditizio, della notifica di cui all’articolo 396 del CRR. D’altro canto, a suo avviso le procedure anteriori già definite, aventi ad oggetto violazioni analoghe, non possano dare luogo a tale procedura nel caso di una nuova violazione.

2.      Analisi

78.      La terza questione è volta a chiarire se, ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 3, del regolamento n. 468/14, sussista una «procedura di vigilanza formalmente avviata» in una di queste due ipotesi:

‑      non appena un ente creditizio abbia notificato alle autorità competenti i rischi eccessivi assunti, superiori ai limiti di rischio fissati all’articolo 395 del CRR;

‑      quando, in un procedimento parallelo avente ad oggetto precedenti infrazioni analoghe, l’autorità di vigilanza abbia già adottato una decisione.

79.      Nella presente causa, la FMA ha motivato l’addebito di interessi disposto l’11 maggio 2015 in ragione del superamento dell’esposizione al rischio avvenuto nell’ottobre 2014, notificato dalla VTB Bank a tale autorità il 3 novembre 2014 (ossia un giorno prima che la BCE assumesse le proprie competenze ai sensi del regolamento quadro sull’MVU).

80.      Nell’ambito della cooperazione tra la BCE e le autorità di vigilanza nazionali, l’articolo 48 del regolamento quadro sull’MVU disciplina le procedure di vigilanza pendenti nel momento in cui si verifica un passaggio di competenze tra la BCE e una di tali autorità.

81.      Ai sensi dell’articolo 149, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU, trovano applicazione, in tal caso, le procedure transitorie stabilite all’articolo 48 dello stesso, «[s]alvo che la BCE decida altrimenti, se un’ANC ha avviato procedure di vigilanza in relazione alle quali la BCE diviene competente in base al regolamento sull’MVU, e ciò accade prima del 4 novembre 2014».

82.      Il giudice del rinvio ritiene che sia rilevante se prima del 4 novembre 2014 sussistesse una procedura formale di vigilanza dinanzi alla FMA. Ritengo, tuttavia, che occorra esaminare una condizione preliminare richiamata dalla BCE nelle sue osservazioni e la cui realizzazione è negata dalla FMA.

83.      Infatti, la FMA considera che la competenza ad addebitare gli interessi non spetterebbe in alcun caso alla BCE, ossia nemmeno a partire dal 4 novembre 2014. Se così fosse, non si dovrebbe applicare il regime transitorio di cui all’articolo 48 del regolamento quadro sull’MVU.

84.      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1024/2013, «la BCE ha competenza esclusiva nell’assolvimento (…), a fini di vigilanza prudenziale, nei confronti di tutti gli enti creditizi stabiliti negli Stati membri partecipanti» di vari compiti, tra cui quello di, «assicurare il rispetto degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, che impongono agli enti creditizi requisiti prudenziali relativamente a requisiti in materia di (…) limiti ai grandi rischi (…)».

85.      L’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1024/2013 prevede correttamente che, al fine di assolvere i propri compiti, «e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive». Esso aggiunge che, «[l]addove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e al momento tali regolamenti concedano esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE applica anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni» (21).

86.      Qualora l’addebito di interessi sia una misura nazionale valida, adottata da uno Stato membro nell’esercizio di una scelta consentita dal quadro normativo definito dalla direttiva 2013/36 e dal CRR, o (come ritengo) una misura imposta applicando direttamente tale quadro, in entrambi i casi essa rientrerebbe nell’ambito delle competenze conferite alla BCE, alla luce dell’articolo 4 del regolamento n. 1024/2013.

87.      Pertanto, soddisfatta la prima delle condizioni richieste dall’articolo 48 del regolamento quadro sull’MVU (ossia la competenza sopravvenuta della BCE), occorre chiarire se sia soddisfatta anche quella espressamente oggetto della questione sollevata dal giudice del rinvio, ossia se, alla data in cui la BCE ha assunto la competenza di vigilanza, sussistesse o meno una procedura pendente dinanzi alla FMA.

88.      L’articolo 48, paragrafo 3, del regolamento quadro sull’MVU si riferisce espressamente a una «procedura di vigilanza formalmente avviata». L’avverbio utilizzato non fa riferimento ai motivi che hanno determinato l’avvio della procedura, tra i quali può figurare la comunicazione che, ai sensi all’articolo 395, paragrafo 5, del CRR, l’ente deve inviare alle autorità competenti nel momento in cui abbia superato il limite di esposizione.

89.      A mio avviso, il legislatore dell’Unione intendeva riferirsi, in particolare, al momento in cui è stato avviato il procedimento in maniera formale o ufficiale, vale a dire in presenza di una decisione esplicita di avvio, adottata dall’autorità competente. Indipendentemente dalle cause materiali (ad esempio la dichiarazione di un ente finanziario) che hanno determinato l’adozione formale di tale decisione, rileva quest’ultima, e non le suddette cause.

90.      Quindi, a mio avviso, non può ritenersi che la comunicazione effettuata dalla VTB Bank il 3 novembre 2014 abbia determinato l’avvio della procedura di vigilanza di cui all’articolo 48, paragrafo 3, del regolamento quadro sull’MVU.

91.      Non mi sembra neppure che l’addebito di interessi autorizzato dopo la comunicazione della VTB Bank del 3 novembre 2014 possa essere ricondotto alla procedura che ha determinato l’adozione della decisione del 30 ottobre 2014, mediante la quale è stato disposto l’addebito degli interessi in ragione di superamenti precedentemente avvenuti.

92.      Con le dovute cautele, trattandosi di una questione che, in ultima analisi, deve essere definita dal giudice del rinvio, si deve presumere che la procedura che ha determinato l’adozione della decisione del 30 ottobre 2014 fosse conclusa nel momento in cui la VTB Bank ha comunicato il secondo superamento di esposizione al rischio (il 3 novembre 2014). La decisione relativa a detto secondo superamento poteva essere adottata unicamente a seguito di una nuova «procedura di vigilanza formalmente avviata» e, pertanto, distinta dalla precedente.

93.      La FMA ha addotto motivi di economia processuale per ricondurre, in un certo modo, la seconda decisione alla procedura definita con la decisione del 30 ottobre 2014. Essa afferma, in tal senso, che in tale procedura si era già tenuto conto del superamento comunicato dalla VTB Bank il 3 novembre 2014. Pur non volendo intervenire in una questione la cui definizione, ribadisco, compete al giudice nazionale, ritengo che il riferimento contenuto nell’articolo 48, paragrafo 3, del regolamento quadro sull’MVU al carattere formale dell’avvio della procedura di vigilanza escluda le considerazioni materiali e di economia processuale addotte dalla FMA.

94.      Ritengo, pertanto, che alla terza questione pregiudiziale si debba rispondere nel senso che non sussiste una «procedura di vigilanza formalmente avviata» in nessuno dei due casi descritti dal giudice del rinvio.

V.      Conclusione

95.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria) come segue:

«1)      La direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, in particolare i suoi articoli 64, 65 e 67, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella applicata nel procedimento principale, che prevede l’addebito di interessi in caso di superamento dei limiti delle grandi esposizioni di cui all’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012, anche qualora siano soddisfatte le condizioni della deroga di cui all’articolo 395, paragrafo 5, del regolamento n. 575/2013.

2)      L’articolo 48, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 468/14 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (regolamento quadro sull’MVU), deve essere interpretato nel senso che una “procedura di vigilanza” può considerarsi “formalmente avviata” unicamente quando l’autorità competente abbia adottato una decisione espressa di avvio della medesima, e non potrà essere considerata tale la dichiarazione inviata a detta autorità da un ente finanziario».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338).


3      Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 175, pag. 1). In prosieguo: il «CRR», dalla sua denominazione in lingua inglese (Capital Requirement Regulation).


4      Regolamento della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (Regolamento quadro sull’MVU) (GU 2014, L 141, pag. 1).


5      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (GU 2006, L 177, pag. 1).


6      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi (GU 2006, L 177, pag. 201).


7      Regolamento del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63).


8      Nella versione pubblicata nel BGBl. I n. 532/2014, in vigore dal 1o marzo 2014 al 14 agosto 2015, che richiamava l’articolo 395, paragrafo 1, del CRR (in prosieguo: il «BWG»).


9      Considerando 2 della direttiva 2013/36 e considerando 5 del CRR.


10      Considerando 9 del CRR. Nello stesso senso, il considerando 2 della direttiva 2013/36 precisa che sono previsti requisiti «uniformi e direttamente applicabili a carico degli enti creditizi e delle imprese di investimento, dato che detti requisiti sono strettamente correlati al funzionamento dei mercati finanziari».


11      La nozione di «capitale ammissibile» potrebbe equivalere, in termini più restrittivi, a quella di «fondi propri». V. Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul riesame dell’adeguatezza della definizione di «capitale ammissibile» a norma dell’articolo 571 del regolamento (UE) n. 575/2013, COM(2016) 21 final.


12      Punto 6 della decisione di rinvio.


13      Punto 28 delle sue osservazioni scritte.


14      In tal senso, il considerando 41 della direttiva 2013/36 non potrebbe essere più chiaro nell’affermare che «[g]li Stati membri dovrebbero poter prevedere sanzioni aggiuntive e un livello più elevato di sanzioni amministrative pecuniarie rispetto a quanto previsto nella presente direttiva». Il margine di discrezionalità concesso agli Stati membri non si limita all’ambito delle sanzioni in senso stretto, giacché tale medesimo considerando fa riferimento sia alle «sanzioni amministrative» sia alle «altre misure amministrative», sottolineando che è importante assicurare «che l’azione esercitata a seguito di una violazione abbia il maggior ambito di applicazione possibile e (…) contribuire ad impedire ulteriori violazioni, a prescindere dalla (…) definizione [delle conseguenze previste dagli Stati membri] come sanzione amministrativa o altra misura amministrativa a norma del diritto nazionale» (il corsivo è mio).


15      Rinvio alla nota precedente. Ciò a prescindere dal fatto che, come ha dichiarato la Corte con riferimento alle misure degli Stati membri per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, «l’obbligo di restituire un vantaggio indebitamente percepito tramite una pratica irregolare non costituisce una sanzione, bensì è la semplice conseguenza della constatazione che le condizioni richieste per l’ottenimento del beneficio previsto dalla normativa dell’Unione non sono state rispettate, rendendo indebito il vantaggio conseguito» (sentenza del 26 maggio 2016, Județul Neamț, C‑260/14 e C‑261/14, EU:C:2016:360, punto 50).


16      Considerando 9 del CRR.


17      Loc. ult. cit.


18      Per tale ragione, l’articolo 70 della direttiva 2013/36 precisa che «le autorità competenti [devono tenere] conto di tutte le circostanze pertinenti», tra cui figurano, ad esempio, «a) la gravità e la durata della violazione; b) il grado di responsabilità della persona fisica o giuridica responsabile della violazione; c) la capacità finanziaria della persona fisica o giuridica responsabile della violazione (…); d) l’importanza dei profitti realizzati e delle perdite evitate da parte della persona fisica o giuridica responsabile della violazione, nella misura in cui possano essere determinati; (…) [o] f) il livello di cooperazione con l’autorità competente da parte della persona fisica o giuridica responsabile della violazione».


19      Ricordo che, conformemente allo stesso articolo 67, «il presente articolo si applica almeno in presenza di una delle seguenti circostanze (…)» (il corsivo è mio). Allo stesso modo, l’articolo 66, paragrafo 1, di detta direttiva elenca anche una serie di ipotesi che dovrebbero essere oggetto, «almeno», di sanzioni e misure amministrative statali.


20      Il paragrafo 1 prevede anche, per taluni casi, un limite non percentuale, tuttavia tale ipotesi non rileva nella presente causa.


21      Il corsivo è mio.