Language of document : ECLI:EU:T:2021:252

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

12 maggio 2021 (*)

«Aiuti di Stato – Aiuto al quale il Lussemburgo ha dato esecuzione a favore di Amazon – Decisione che dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato interno e illegittimo e ne ordina il recupero – Decisione anticipata in materia fiscale (tax ruling) – Prezzo di trasferimento – Vantaggio fiscale selettivo – Metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento – Analisi funzionale»

Nelle cause T‑816/17 e T‑318/18,

Granducato di Lussemburgo, rappresentato da T. Uri, in qualità di agente, assistito da D. Waelbroeck, A. Steichen e J. Bracker, avvocati,

ricorrente nella causa T‑816/17,

sostenuto da

Irlanda, rappresentata da J. Quaney e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da P. Gallagher, SC, B. Doherty, barrister, e S. Kingston, SC,

interveniente nella causa T‑816/17,

Amazon EU Sàrl, con sede in Lussemburgo (Lussemburgo),

Amazon.com, Inc., con sede a Seattle, Washington (Stati Uniti),

rappresentate da D. Paemen, M. Petite e A. Tombiński, avvocati,

ricorrenti nella causa T‑318/18,

contro

Commissione europea, rappresentata, nella causa T‑816/17, da P. Stancanelli, P.-J. Loewenthal e F. Tomat, in qualità di agenti, assistiti da M. Chammas, avvocata, e, nella causa T‑318/18, da P.-J. Loewenthal e F. Tomat,

convenuta,

aventi ad oggetto le domande ex articolo 263 TFUE dirette all’annullamento della decisione (UE) 2018/859 della Commissione, del 4 ottobre 2017, relativa all’aiuto di stato SA.38944 (2014/C) (ex 2014/NN) cui il Lussemburgo ha dato esecuzione a favore di Amazon (GU 2018, L 153, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata),

composto da M. van der Woude, presidente, V. Tomljenović (relatrice) e A. Marcoulli, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 e del 6 marzo 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        Amazon.com, Inc., la cui sede sociale è situata negli Stati Uniti, e le imprese da essa controllate (in prosieguo, congiuntamente: il «gruppo Amazon») esercitano attività online, e segnatamente operazioni di vendita al dettaglio online e di fornitura di diversi servizi online. A tal fine, il gruppo Amazon gestisce più siti Internet in diverse lingue dell’Unione europea, fra i quali amazon.de, amazon.fr, amazon.it e amazon.es.

2        Prima del maggio del 2006, le attività europee del gruppo Amazon erano gestite a partire dagli Stati Uniti. In particolare, le attività di vendita al dettaglio e di servizi sui siti Internet europei erano gestite da due entità stabilite negli Stati Uniti, ossia Amazon.com International Sales, Inc. (in prosieguo: la «AIS») e Amazon International Marketplace (in prosieguo: la «AIM»), nonché da altre stabilite in Francia, in Germania e nel Regno Unito.

3        Nel 2003, è stata pianificata una ristrutturazione del gruppo Amazon in Europa. Tale ristrutturazione, la quale è stata effettivamente attuata nel 2006 (in prosieguo: la «ristrutturazione del 2006»), era articolata intorno alla creazione di due società stabilite a Lussemburgo (Lussemburgo). Più precisamente, si trattava, da un lato, della Amazon Europe Holding Technologies SCS (in prosieguo: la «LuxSCS»), una società in accomandita semplice lussemburghese, i cui soci erano imprese americane, e, dall’altro, della Amazon EU Sàrl (in prosieguo: la «LuxOpCo»), la quale, al pari della LuxSCS, aveva la propria sede sociale a Lussemburgo.

4        La LuxSCS, in un primo tempo, ha concluso diversi accordi con talune entità del gruppo Amazon stabilite negli Stati Uniti, ossia:

–        accordi di licenza e di cessione per i diritti di proprietà intellettuale preesistenti (License and Assignment Agreements For Preexisting Intellectual Property; in prosieguo, congiuntamente: l’«accordo di adesione») con la Amazon Technologies, Inc. (in prosieguo: la «ATI»), entità del gruppo Amazon stabilita negli Stati Uniti;

–        un accordo sulla ripartizione dei costi (in prosieguo: l’«ARC») concluso nel 2005 con la ATI e la A 9.com, Inc. (in prosieguo: la «A 9»), un’entità del gruppo Amazon stabilita negli Stati Uniti. In forza dell’accordo di adesione e dell’ARC, la LuxSCS ha ottenuto il diritto di sfruttare taluni diritti di proprietà intellettuale e le «opere derivate» dagli stessi, che erano detenuti e sviluppati dalla A 9 e dalla ATI. I beni immateriali previsti dall’ARC comprendevano essenzialmente tre categorie di proprietà intellettuale, ossia la tecnologia, i dati dei clienti e i marchi. In forza dell’ARC e dell’accordo di adesione, la LuxSCS poteva parimenti concedere i beni immateriali in sublicenza, segnatamente al fine di sfruttare i siti Internet europei. In cambio di tali diritti, la LuxSCS doveva corrispondere dei pagamenti da parte del soggetto entrante e la sua quota annuale dei costi relativi al programma di sviluppo dell’ARC.

5        In un secondo tempo, la LuxSCS ha stipulato con la LuxOpCo un accordo di licenza che è entrato in vigore il 30 aprile 2006, avente ad oggetto i summenzionati beni immateriali (in prosieguo: l’«accordo di licenza»). In virtù dello stesso, la LuxOpCo ha ottenuto il diritto di utilizzare i beni immateriali in cambio del pagamento di una royalty alla LuxSCS (in prosieguo: la «royalty»).

6        Infine, la LuxSCS ha stipulato un accordo di licenza e di cessione di diritti di proprietà intellettuale con la Amazon.co.uk Ltd, la Amazon.fr SARL e la Amazon.de GmbH, in forza del quale la LuxSCS ha ricevuto taluni marchi e i diritti di proprietà intellettuale sui siti Internet europei.

7        Nel 2014, il gruppo Amazon è stato oggetto di una seconda ristrutturazione e l’accordo contrattuale esistente fra la LuxSCS e la LuxOpCo non è stato più applicato.

A.      Sulla decisione anticipatain materia fiscale (ruling fiscale) in questione

8        In preparazione della ristrutturazione del 2006, Amazon.com e un consulente fiscale, con lettere del 23 e del 31 ottobre 2003, hanno chiesto all’amministrazione fiscale lussemburghese l’adozione di un ruling fiscale che confermasse il trattamento riservato alla LuxOpCo e alla LuxSCS ai fini dell’imposta lussemburghese sul reddito delle società.

9        Con la sua lettera del 23 ottobre 2003, Amazon.com ha chiesto l’approvazione del calcolo del tasso di royalty che era previsto che la LuxOpCo versasse alla LuxSCS a partire dal 30 aprile 2006. Tale richiesta di Amazon.com si basava su una relazione sui prezzi di trasferimento preparata dai suoi consulenti fiscali (in prosieguo: la «relazione sui prezzi di trasferimento del 2003»). Gli autori di detta relazione proponevano, in sostanza, un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento che, a loro avviso, consentiva di determinare il debito fiscale in termini di imposta sul reddito delle società che la LuxOpCo doveva versare in Lussemburgo. In particolare, con la lettera del 23 ottobre 2003, Amazon.com aveva chiesto conferma del fatto che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento ai fini dell’individuazione del tasso di royalty annuale dovuta dalla LuxOpCo alla LuxSCS ai sensi dell’accordo di licenza, nei termini in cui tale metodo risultava dalla relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, procurava alla LuxOpCo un «utile appropriato e accettabile» alla luce della politica in materia di prezzi di trasferimento e dell’articolo 56 e dell’articolo 164, paragrafo 3, della legge del 4 dicembre 1967 sull’imposta sul reddito, come modificata (in prosieguo: la «LIR»). Il metodo di calcolo della royalty dovuta dalla LuxOpCo alla LuxSCS adottato nella lettera del 23 ottobre 2003 era descritto nei seguenti termini:

«1)      calcolare e attribuire a LuxOpCo il “rendimento di LuxOpCo” di un importo pari a quello inferiore tra: a) [riservato] (1) del totale dei costi di esercizio sostenuti da LuxOpCo per l’UE nel corso dell’anno considerato; e b) il risultato di gestione conseguito nell’UE attribuibile ai siti web europei nel corso del medesimo anno;

2)      il canone di licenza è pari al risultato di gestione conseguito nell’UE meno il rendimento di LuxOpCo, ma non può essere inferiore a zero;

3)      il tasso di royalty per l’anno è pari al canone di licenza diviso per il fatturato totale conseguito nell’UE per l’anno;

4)      nonostante quanto sopra, indipendentemente dall’anno considerato, l’importo del rendimento di LuxOpCo non deve essere inferiore allo 0,45% né superiore allo 0,55% del fatturato conseguito nell’UE;

5a)      se il rendimento di LuxOpCo determinato nel passaggio 1 è inferiore allo 0,45% del fatturato conseguito nell’UE, detto rendimento viene rettificato in maniera tale da renderlo uguale all’importo inferiore tra: i) lo 0,45% del fatturato o del risultato di gestione conseguito nell’UE; e ii) il risultato di gestione conseguito nell’UE;

5b)      se il rendimento di LuxOpCo determinato nel passaggio 1 è superiore allo 0,55% del fatturato conseguito nell’UE, detto rendimento viene rettificato in maniera tale da renderlo uguale all’importo inferiore tra: i) lo 0,55% del fatturato conseguito nell’UE; e ii) il risultato di gestione conseguito nell’UE».

10      Con lettera del 31 ottobre 2003 redatta da un altro consulente fiscale, Amazon.com ha chiesto conferma del trattamento fiscale riservato alla LuxSCS, ai suoi soci stabiliti negli Stati Uniti e ai dividendi ricevuti dalla LuxOpCo nel quadro di tale struttura. Nella lettera veniva spiegato che la LuxSCS, in quanto società in accomandita semplice (société en commandite simple), non aveva una personalità fiscale distinta rispetto a quella dei suoi soci e che, pertanto, non era soggetta né all’imposta sul reddito delle società né all’imposta sul patrimonio in Lussemburgo.

11      Il 6 novembre 2003, l’Administration des contributions directes du Grand-Duché de Luxembourg (Amministrazione fiscale del Granducato di Lussemburgo; in prosieguo: l’«amministrazione fiscale lussemburghese» o le «autorità fiscali lussemburghesi») ha inviato ad Amazon.com una lettera (in prosieguo: il «ruling fiscale in questione») la quale così recita per estratto:

«(…) Signore,

[d]opo aver preso atto della lettera del 31 ottobre 2003, indirizzatami [dal vostro consulente fiscale], nonché della vostra lettera del 23 ottobre 2003 che illustra la vostra posizione riguardo al trattamento fiscale in Lussemburgo in vista delle vostre attività future, sono lieto di informarvi che posso approvare il contenuto di entrambe le lettere (…)».

12      Su richiesta di Amazon.com, l’amministrazione fiscale lussemburghese ha prorogato la validità del ruling fiscale in questione nel 2010 e l’ha effettivamente applicato fino al giugno del 2014, quando la struttura europea del gruppo Amazon è stata modificata. Pertanto, il ruling fiscale in questione è stato applicato dal 2006 al 2014 (in prosieguo: il «periodo considerato»).

B.      Sul procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione

13      Il 24 giugno 2014, la Commissione europea ha chiesto al Granducato di Lussemburgo di fornirle talune informazioni sui ruling fiscali accordati al gruppo Amazon. Il 7 ottobre 2014, essa ha pubblicato la decisione di avvio di un procedimento di indagine formale, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.

14      Nell’ambito dell’indagine così avviata, la Commissione ha chiesto diverse informazioni al Granducato di Lussemburgo e ad Amazon.com. Fra le risposte alle richieste di informazioni, Amazon.com ha prodotto una copia di un parere della United States Tax Court (Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti) del 23 marzo 2017 (in prosieguo: il «parere del Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti») che era stato espresso nell’ambito di un ricorso proposto dall’Internal Revenue Service (amministrazione fiscale del governo federale, Stati Uniti, IRS) relativamente all’ammontare dei pagamenti connessi agli accordi menzionati al punto 4 supra.

15      Inoltre, Amazon.com ha presentato alla Commissione una nuova relazione sui prezzi di trasferimento redatta da un consulente fiscale, il cui obiettivo era verificare a posteriori se la royalty versata dalla LuxOpCo alla LuxSCS, in conformità al ruling fiscale in questione, fosse conforme al principio di libera concorrenza (in prosieguo: la «relazione sui prezzi di trasferimento del 2017»).

C.      Sulla decisione impugnata

16      Il 4 ottobre 2017, la Commissione ha adottato la decisione (UE) 2018/859, relativa all’aiuto di Stato SA.38944 (2014/C) (ex 2014/NN) cui il Lussemburgo ha dato esecuzione a favore di Amazon (GU 2018, L 153, pag. 1; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

17      L’articolo 1 di tale decisione così recita per estratto:

18      «Il [ruling fiscale in questione], tramite il quale il Granducato di Lussemburgo ha approvato un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento (…) che ha consentito [alla LuxOpCo] di determinare il suo debito in termini di imposta sul reddito delle società in Lussemburgo dal 2006 al 2014, da un lato, e la successiva accettazione della dichiarazione annuale relativa all’imposta sul reddito delle società fondata su tale ruling, dall’altro, costituiscono un aiuto di Stato (…)».

1.      Sulla presentazione del contesto fattuale e giuridico

19      Nella sezione 2 della decisione impugnata, intitolata «Contesto fattuale e giuridico», la Commissione ha effettuato segnatamente una presentazione del gruppo Amazon, del ruling fiscale in questione, nonché del contesto giuridico nazionale applicabile e degli orientamenti sui prezzi di trasferimento.

a)      Sulla presentazione del gruppo Amazon

20      Per quanto riguarda la presentazione del gruppo Amazon, la Commissione ha descritto le attività del gruppo Amazon di vendita al dettaglio e di servizi, nonché la composizione di detto gruppo nei limiti della sua rilevanza per la decisione impugnata.

21      Per il periodo considerato, la struttura europea del gruppo Amazon è stata schematizzata dalla Commissione come segue:

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22      In primo luogo, per quanto riguarda la LuxSCS, la Commissione ha rilevato che tale società non disponeva di presenza fisica né di dipendenti in Lussemburgo. Secondo la Commissione, nel corso del periodo considerato, la LuxSCS agiva esclusivamente in veste di impresa detentrice dei beni immateriali per le attività del gruppo Amazon in Europa, per le quali la LuxOpCo era responsabile in veste di operatore principale. Essa ha indicato tuttavia che la LuxSCS aveva altresì concesso prestiti infragruppo a diverse entità del gruppo Amazon. La Commissione ha precisato inoltre che la LuxSCS era parte di vari accordi infragruppo conclusi con la ATI, la A 9 e la LuxOpCo (v. punti 3 e 5 supra).

23      In secondo luogo, per quanto riguarda la LuxOpCo, la Commissione ha posto un accento particolare sul fatto che, nel corso del periodo considerato, la LuxOpCo era una società controllata al 100% dalla LuxSCS.

24      Secondo la Commissione, a partire dalla ristrutturazione del 2006 delle attività europee del gruppo Amazon, la LuxOpCo svolgeva le funzioni di sede sociale del gruppo Amazon in Europa ed agiva in veste di operatore principale in relazione alle attività di vendita al dettaglio online e di servizi del gruppo Amazon in Europa attuati attraverso il canale dei siti Internet europei. La Commissione ha indicato che, in tale veste, la LuxOpCo aveva dovuto gestire l’adozione di decisioni relative alle attività di vendita al dettaglio e di servizi svolte attraverso i siti Internet europei, nonché i principali componenti fisici delle attività di vendita al dettaglio. Inoltre, nella sua qualità di venditore ufficiale delle scorte del gruppo Amazon in Europa, la LuxOpCo sarebbe stata parimenti responsabile della gestione delle scorte sui siti Internet europei. Essa sarebbe stata proprietaria di dette scorte e si sarebbe fatta carico dei rischi e delle perdite. La Commissione ha precisato, inoltre, che la LuxOpCo aveva registrato nei propri conti il fatturato generato sia dalle vendite di prodotti sia dall’elaborazione degli ordini. Infine, la LuxOpCo avrebbe parimenti svolto funzioni di gestione della tesoreria delle attività europee del gruppo Amazon.

25      La Commissione ha poi indicato che la LuxOpCo aveva detenuto partecipazioni in Amazon Services Europe (in prosieguo: la «ASE») e Amazon Media Europe (in prosieguo: la «AMEU»), due entità del gruppo Amazon residenti in Lussemburgo, nonché nelle controllate di Amazon.com costituite nel Regno Unito, in Francia e in Germania (in prosieguo: le «società collegate europee»), le quali avrebbero fornito vari servizi infragruppo a sostegno delle attività della LuxOpCo. Durante il periodo considerato, la ASE avrebbe gestito il servizio del gruppo Amazon per i venditori terzi nell’Unione, denominato «MarketPlace». La AMEU, da parte sua, avrebbe gestito le «attività digitali» del gruppo Amazon nell’Unione, quali, ad esempio, la vendita di MP3 e libri digitali. Le società collegate europee avrebbero fornito, da parte loro, servizi per lo sfruttamento dei siti Internet europei.

26      Inoltre, la Commissione ha rilevato che, durante il periodo considerato, la LuxOpCo costituiva con la ASE e la AMEU, le quali erano residenti in Lussemburgo, un gruppo fiscale con riferimento al diritto tributario lussemburghese, all’interno del quale la LuxOpCo svolgeva il ruolo di società integrante. Le tre entità in parola avrebbero dunque costituito un unico e medesimo contribuente.

27      Infine, oltre all’accordo di licenza, concluso dalla LuxOpCo con la LuxSCS, la Commissione ha descritto in maniera dettagliata alcuni altri accordi infragruppo dei quali la LuxOpCo era parte durante il periodo considerato, ossia taluni accordi di prestazione di servizi conclusi il 1° maggio 2006 con le società collegate europee e accordi di licenza sulla proprietà intellettuale conclusi il 30 aprile 2006 con la ASE e la AMEU, in forza dei quali sarebbero state concesse a queste due entità sublicenze non esclusive sui beni immateriali.

b)      Sulla presentazione del ruling fiscale in questione

28      Dopo avere esaminato la struttura del gruppo Amazon, la Commissione ha descritto il ruling fiscale in questione.

29      A tal riguardo, in primo luogo, essa ha fatto riferimento alle lettere del 23 e del 31 ottobre 2003, menzionate ai punti da 8 a 10 supra.

30      In secondo luogo, la Commissione ha illustrato il contenuto della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, sulla base della quale è stato proposto il metodo di determinazione dell’importo della royalty.

31      Anzitutto, la Commissione ha indicato che la relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 offriva un’analisi funzionale della LuxSCS e della LuxOpCo, secondo la quale era indicato che le attività principali della LuxSCS si sarebbero limitate a quelle di una società che detiene beni immateriali e di un partecipante allo sviluppo costante di beni immateriali nell’ambito dell’ARC. La LuxOpCo sarebbe stata descritta in tale relazione come il gestore dell’adozione di decisioni strategiche relative alle attività di vendita al dettaglio e di fornitura di servizi dei siti Internet europei, nonché dei principali componenti fisici delle attività di vendita al dettaglio.

32      La Commissione ha poi indicato che la relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 conteneva una sezione relativa alla scelta del metodo più appropriato di determinazione dei prezzi di trasferimento per valutare la conformità del tasso di royalty rispetto al principio della libera concorrenza. Due metodi sarebbero stati esaminati nella relazione: l’uno fondato sul metodo del confronto del prezzo sul libero mercato (in prosieguo: il «metodo CUP»), l’altro sul metodo della ripartizione degli utili residui.

33      Da un lato, in applicazione del metodo CUP, nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 sarebbe stata calcolata una gamma di prezzi di libera concorrenza per il tasso di royalty dal 10,6 al 13,6%, sulla base di un raffronto con un determinato accordo concluso da Amazon.com con un rivenditore al dettaglio degli Stati Uniti, ossia l’accordo [riservato].

34      Dall’altro, in applicazione del metodo di ripartizione degli utili residui, la relazione sul prezzo di trasferimento del 2003 avrebbe contenuto una stima del rendimento associato alle «funzioni abituali di LuxOpCo nel suo ruolo di società di gestione europea» sulla base del margine sui costi sostenuti dalla LuxOpCo. Per farlo, si sarebbe ritenuto che il ««ricarico sui costi» (net cost plus mark up) sarebbe stato l’indicatore di utile utilizzato per determinare la remunerazione a normali condizioni di mercato per le funzioni previste della LuxOpCo. Sarebbe stato proposto di applicare un margine di [riservato] sui costi di esercizio rettificati della LuxOpCo. La Commissione ha osservato che, secondo la relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, la differenza fra tale rendimento e il risultato di gestione della LuxOpCo avrebbe rispecchiato l’utile residuo, il quale sarebbe stato interamente imputabile all’uso dei beni immateriali concessi in licenza dalla LuxSCS. La Commissione ha parimenti precisato che, sulla base di tale calcolo, gli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 avevano concluso che un tasso di royalty compreso tra il 10,1% e il 12,3% del fatturato netto della LuxOpCo avrebbe soddisfatto il criterio di libera concorrenza, in conformità con le linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

35      Infine, la Commissione ha indicato gli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 avevano ritenuto che i risultati fossero convergenti e avevano indicato il fatto che la gamma di prezzi di libera concorrenza per il tasso di royalty dovuto dalla LuxOpCo alla LuxSCS variava tra il 10,1% e il 12,3% delle vendite della LuxOpCo. Gli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 avrebbero tuttavia ritenuto che l’analisi della ripartizione degli utili residui sarebbe stata più affidabile e che occorresse dunque adottarla.

36      In terzo luogo, in una sezione 2.2.5 della decisione impugnata, intitolata «Conseguenze del ruling fiscale in questione», la Commissione ha indicato che, con il ruling fiscale in questione, l’amministrazione fiscale lussemburghese aveva confermato che il metodo di determinazione del tasso di royalty, il quale, a sua volta, aveva determinato il reddito annuo imponibile della LuxOpCo nel Lussemburgo, era in linea con il principio di libera concorrenza. Essa ha aggiunto che, per predisporre la propria dichiarazione dei redditi annuale, la LuxOpCo si era basata sul ruling fiscale in questione.

c)      Sulla presentazione del quadro giuridico nazionale applicabile

37      Per quanto riguarda il quadro giuridico nazionale applicabile, la Commissione ha citato l’articolo 164, paragrafo 3, della LIR. Secondo tale disposizione, «[i]l reddito imponibile comprende[va] la distribuzione dissimulata di utili» e la distribuzione dissimulata di utili «si [aveva] soprattutto quando un socio, un associato o un interessato riceve, direttamente o indirettamente, da una società o da un’associazione vantaggi che non avrebbe normalmente ottenuto se non fosse stato un socio, un associato o un interessato». In tale contesto, la Commissione ha esposto segnatamente che, nel corso del periodo considerato, l’articolo 164, paragrafo 3, della LIR sarebbe stato interpretato dall’amministrazione fiscale lussemburghese nel senso che esso sanciva il «principio di libera concorrenza» nel diritto tributario lussemburghese.

d)      Sulla presentazione del quadro dellOCSE relativamente ai prezzi di trasferimento

38      Ai considerando da 244 a 249 della decisione impugnata, la Commissione ha presentato il quadro dell’OCSE sui prezzi di trasferimento. A suo avviso, con «prezzi di trasferimento», come intesi dall’OCSE nelle linee guida pubblicate da tale organizzazione nel 1995, nel 2010 e nel 2017, si intendono i prezzi ai quali un’impresa trasferisce dei beni materiali, dei beni immateriali oppure rende servizi a imprese associate. In forza del principio di libera concorrenza, come applicato ai fini dell’imposizione delle società, le amministrazioni fiscali nazionali dovrebbero accettare i prezzi di trasferimento concordati tra imprese associate all’interno di un gruppo per le loro transazioni infragruppo soltanto se corrispondono a quanto sarebbe stato concordato nel contesto di transazioni sul libero mercato, ossia transazioni tra imprese indipendenti operanti in circostanze comparabili sul mercato. Inoltre, la Commissione ha precisato che il principio di libera concorrenza si basava sull’approccio dell’entità separata, secondo il quale, a fini fiscali, i membri di un gruppo di imprese erano trattati come entità separate.

39      La Commissione ha parimenti rilevato che, per definire un’approssimazione dei prezzi di libera concorrenza per le transazioni infragruppo, le linee guida dell’OCSE (nelle loro versioni del 1995, del 2010 e del 2017) elencavano cinque metodi. Solo tre di essi sarebbero stati rilevanti nell’ambito della decisione impugnata, ossia il metodo CUP, il metodo del margine netto della transazione (in prosieguo: il «TNMM») e il metodo di ripartizione dell’utile. Ai considerando da 250 a 256 della decisione impugnata, la Commissione ha descritto in cosa consistevano tali metodi.

2.      Sulla valutazione compiuta sul ruling fiscale in questione

40      Al considerando 154 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che il ruling fiscale in questione confermava che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento ai fini dell’individuazione del tasso di royalty annuale che la LuxOpCo doveva versare alla LuxSCS ai sensi dell’accordo di licenza, il quale, a sua volta, aveva determinato il reddito annuo imponibile della LuxOpCo nel Lussemburgo, era in linea con il principio di libera concorrenza. Al considerando 155 della decisione impugnata, essa ha parimenti indicato che la LuxOpCo si era basata sul ruling fiscale in questione durante il periodo considerato al fine di determinare l’importo annuale dovuto a titolo di imposta sul reddito delle società, quando aveva predisposto la propria dichiarazione dei redditi annuale nel Lussemburgo. Come risulta esplicitamente dall’articolo 1 della decisione impugnata e malgrado una certa imprecisione figurante ai considerando 605 e 606 di tale decisione, secondo la Commissione, l’aiuto di Stato consisteva dunque nella specie nel ruling fiscale in questione in connessione con l’accettazione della dichiarazione dei redditi annuale della LuxOpCo (in contrapposizione al ruling fiscale in questione in quanto tale).

41      La sezione 9 della decisione impugnata, intitolata «Esame della misura in questione», era destinata a dimostrare che il ruling fiscale in questione, nonché l’accettazione della dichiarazione dei redditi annuale della LuxOpCo, considerati congiuntamente, costituivano effettivamente un aiuto di Stato.

42      Per fare ciò, dopo avere richiamato le condizioni di esistenza di un aiuto di Stato previste all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la Commissione ha rilevato che la prima condizione dell’esistenza di un aiuto di Stato, secondo la quale si doveva trattare di un intervento dello Stato o di risorse statali, era soddisfatta nella specie. A tal riguardo, essa ha rilevato, da un lato, che il ruling fiscale in questione era imputabile al Granducato di Lussemburgo. Dall’altro, essa ha ritenuto che il ruling fiscale in questione avrebbe comportato una riduzione dell’imposta dovuta dalla LuxOpCo in Lussemburgo rispetto a quanto dovevano pagare imprese contribuenti che si trovano in una situazione analoga. Il ruling fiscale in questione avrebbe dunque dato luogo a una perdita di risorse statali, poiché essa aveva indotto il Granducato di Lussemburgo a rinunciare a entrate fiscali che avrebbe altrimenti potuto riscuotere dalla LuxOpCo.

43      Per quanto riguarda la seconda e la quarta condizione di esistenza di un aiuto di Stato, la Commissione ha ritenuto, da un lato, che il ruling fiscale in questione dovesse essere considerato influire sugli scambi all’interno dell’Unione, poiché la LuxOpCo aveva fatto parte del gruppo Amazon, operante in diversi Stati membri, e sfruttava attività di vendita al dettaglio attraverso siti Internet dell’Unione. La Commissione ha aggiunto che, concedendo un «trattamento fiscale favorevole ad Amazon», il Granducato di Lussemburgo aveva potenzialmente distolto investimenti da Stati membri che non offrivano un trattamento fiscale così favorevole a imprese appartenenti a un gruppo multinazionale. Dall’altro, la Commissione ha indicato che, nella misura in cui il ruling fiscale in questione aveva esentato la LuxOpCo dall’imposta sul reddito delle società che essa sarebbe stata tenuta normalmente a pagare, tale decisione costituiva un aiuto al funzionamento. Pertanto, il ruling fiscale in questione, liberando risorse finanziarie per la LuxOpCo che quest’ultima avrebbe potuto utilizzare per investire nelle sue attività commerciali, avrebbe falsato la concorrenza sul mercato.

44      Per quanto attiene alla terza condizione dell’esistenza di un aiuto di Stato, la Commissione ha esposto che, quando un ruling fiscale approvava, senza giustificazione, un risultato che non rispecchiava in maniera affidabile il risultato che sarebbe stato ottenuto applicando normalmente il regime di diritto comune, una siffatta decisione concedeva un vantaggio selettivo al suo beneficiario nella misura in cui tale trattamento selettivo comportava una diminuzione dell’imposta dovuta dal contribuente rispetto alle imprese che si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga. La Commissione ha parimenti ritenuto che, nella specie, il ruling fiscale in questione avesse conferito un vantaggio selettivo alla LuxOpCo riducendo l’imposta sul reddito delle società che quest’ultima doveva pagare nel Lussemburgo.

a)      Sullanalisi dellesistenza di un vantaggio

45      Nella sezione 9.2 della decisione impugnata, intitolata «Vantaggio», la Commissione ha illustrato i motivi per i quali essa aveva ritenuto che il ruling fiscale in questione conferisse un vantaggio alla LuxOpCo.

46      In via preliminare, la Commissione ha ricordato che, qualora si tratti di misure fiscali, un vantaggio, ai sensi dell’articolo 107 TFUE, poteva essere concesso ad un contribuente riducendo la base imponibile o l’importo dell’imposta dovuta dal medesimo. Essa ha ricordato, al considerando 402 della decisione impugnata, che, secondo la giurisprudenza della Corte, per verificare se la determinazione del reddito imponibile procurava un vantaggio al beneficiario, era necessario confrontare detto regime con quello di applicazione generale, basato sulla differenza tra ricavi e costi, per un’impresa che svolge le proprie attività in condizioni di libera concorrenza. Di conseguenza, secondo la Commissione, un «ruling fiscale che consente a un contribuente di utilizzare, nelle sue transazioni infragruppo, dei prezzi di trasferimento che non riflett[eva]no i prezzi che sarebbero [stati] praticati in condizioni di libera concorrenza tra imprese indipendenti operanti in circostanze comparabili secondo il principio di libera concorrenza, concede[va] un vantaggio a tale contribuente in quanto determina[va] una riduzione dei redditi imponibili e, quindi, della sua base imponibile nel contesto del sistema comune relativo all’imposta sulle società».

47      Alla luce di tali valutazioni, la Commissione ha concluso, al considerando 406 della decisione impugnata, che, al fine di stabilire che il ruling fiscale in questione concedeva un vantaggio economico alla LuxOpCo, di dover dimostrare che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato nel ruling fiscale in questione produceva un risultato che si discostava da un’approssimazione affidabile di un risultato basato sul mercato, aspetto questo che aveva avuto l’effetto di ridurre la base imponibile della LuxOpCo ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito delle società. Secondo la Commissione, il ruling fiscale in questione aveva prodotto un tale risultato.

48      Tale conclusione si basa su una constatazione principale e su tre constatazioni sussidiarie.

1)      Sulla constatazione principale del vantaggio

49      Nella sezione 9.2.1 della decisione impugnata, intitolata «Primo accertamento dell’esistenza di un vantaggio economico», la Commissione ha ritenuto che, approvando un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento che attribuiva una remunerazione alla LuxOpCo esclusivamente per funzioni cosiddette «ordinarie» e che attribuiva l’intero utile generato dalla LuxOpCo, in eccedenza rispetto a tale remunerazione, alla LuxSCS sotto forma di una royalty, il ruling fiscale in questione avesse prodotto un risultato che si discostava da un’approssimazione affidabile di un risultato di mercato.

50      In sostanza, con la sua constatazione principale, la Commissione ha ritenuto che l’analisi funzionale della LuxOpCo e della LuxSCS adottata dagli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 e, in fin dei conti, dall’amministrazione fiscale lussemburghese fosse errata e non consentisse di dare luogo ad un risultato di libera concorrenza. Al contrario, l’amministrazione fiscale lussemburghese avrebbe dovuto concludere che la LuxSCS non esercitava funzioni «uniche e di valore» in relazione ai beni immateriali, per i quali essa deteneva unicamente il titolo di proprietà giuridica.

51      Ai fini della sua dimostrazione, la Commissione ha esaminato le funzioni esercitate, i beni utilizzati e i rischi assunti dalla LuxSCS e dalla LuxOpCo.

52      Successivamente, come risulta dal considerando 519 della decisione impugnata, sulla base della sua analisi funzionale della LuxOpCo e della LuxSCS, la Commissione ha esaminato la scelta del metodo più appropriato di determinazione dei prezzi di trasferimento nella specie.

53      Per quanto riguarda il metodo CUP, la Commissione ha ritenuto, sulla base di un’analisi fondata su cinque criteri di comparabilità che sarebbero stati enunciati nelle linee guida dell’OCSE, che l’applicazione di tale metodo, quale enunciato nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, avesse fornito un risultato esagerato che aveva esposto la LuxOpCo al rischio di subire perdite.

54      Secondo la Commissione, nella specie, è il TNMM che sarebbe stato il metodo più appropriato di determinazione dei prezzi di trasferimento per valutare la royalty dovuta dalla LuxOpCo ai sensi dell’accordo di licenza. Essa ha ritenuto che la parte che svolge funzioni uniche e di valore fosse la LuxOpCo e non la LuxSCS. Di conseguenza, la parte da testare ai fini dell’applicazione del TNMM avrebbe dovuto essere la LuxSCS e non la LuxOpCo.

55      Infine, nella sezione 9.2.1.4 della decisione impugnata, la Commissione ha proceduto alla sua propria applicazione del TNMM nella specie.

56      A suo avviso, è la LuxSCS che avrebbe dovuto essere l’entità da sottoporre a test. L’amministrazione fiscale lussemburghese avrebbe dovuto respingere l’affermazione di Amazon.com secondo la quale la mera proprietà giuridica dei beni immateriali costituiva un «contributo unico» per il quale la LuxSCS avrebbe dovuto percepire una remunerazione consistente in pratica nella totalità degli utili generati da tutte le attività commerciali della LuxOpCo. A tal riguardo, la Commissione ha segnatamente rinviato alla propria analisi funzionale della LuxSCS e della LuxOpCo (sezione 9.2.1. della decisione impugnata).

57      Per quanto riguarda la scelta dell’indicatore del livello di utile, la Commissione ha ritenuto che, poiché la LuxSCS non registra alcuna vendita e non si assume alcun rischio in relazione ai beni immateriali, l’indicatore del livello di utile pertinente avrebbe dovuto essere un margine sui costi totali considerati (considerando 550 della decisione impugnata).

58      Per quanto riguarda la base di costo rispetto alla quale doveva essere applicato un margine nel caso di specie, la Commissione ha ritenuto in sostanza che la LuxSCS avrebbe agito esclusivamente da intermediario, trasferendo alla LuxOpCo i costi sostenuti in relazione all’accordo di adesione e all’ARC e trasferendo parte delle royalties (il canone di licenza) ricevute dalla LuxOpCo ai sensi dell’accordo di licenza ad A 9 e ATI fino a concorrenza di tali costi (considerando 551 della decisione impugnata).

59      Alla luce di tali valutazioni, al considerando 555 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso che la remunerazione della LuxSCS avrebbe dovuto avere due componenti. La prima componente avrebbe dovuto corrispondere, secondo la Commissione, alla rifatturazione, alla LuxOpCo, dei costi associati all’accordo di adesione e all’ARC, ai quali non avrebbe dovuto essere applicato alcun margine. La seconda componente sarebbe dovuta consistere, secondo la Commissione, in un margine calcolato sulla base di costo costituita esclusivamente dai costi sostenuti per i servizi esterni acquisiti per la conservazione della propria proprietà giuridica dei beni immateriali, nella misura in cui detti costi rappresentavano in realtà funzioni effettivamente svolte in nome della LuxSCS. Tale livello di remunerazione avrebbe garantito, secondo la Commissione, un risultato a normali condizioni di mercato, in quanto avrebbe riflesso correttamente i contributi della LuxSCS all’accordo di licenza.

60      Per quanto riguarda la determinazione del margine appropriato, la Commissione ha rilevato che, anche se un siffatto esercizio richiedeva di norma un’analisi di comparabilità, nella fattispecie non sarebbe stato possibile effettuare un’analisi affidabile.

61      In alternativa ad un’analisi di comparabilità, la Commissione ha ritenuto di poter fare affidamento sulle conclusioni della relazione del 2010 del forum congiunto sui prezzi di trasferimento (in prosieguo: la «relazione FCPT»). Il forum congiunto sui prezzi di trasferimento è un gruppo di esperti istituito dalla Commissione nel 2002 e destinato ad assistere quest’ultima su questioni relative ai prezzi di trasferimento. Secondo detta relazione, le amministrazioni fiscali degli Stati membri partecipanti al forum congiunto sui prezzi di trasferimento avrebbero rilevato un margine per i «servizi infragruppo a basso valore aggiunto», compreso tra il 3% e il 10%. Il margine osservato con maggiore frequenza sarebbe stato pari al 5% dei costi di «prestazione di tali servizi». Di conseguenza, la Commissione ha reputato utile applicare un siffatto margine ai costi esterni sostenuti dalla LuxSCS per il mantenimento della sua proprietà giuridica sui beni immateriali.

62      Concludendo sulla sua prima constatazione dell’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la Commissione ha indicato che la «remunerazione di libera concorrenza» per la LuxSCS ai sensi dell’accordo di licenza sarebbe dovuta corrispondere alla somma dei costi di adesione e dei costi ai sensi dell’ARC, sostenuti da tale società, senza margine, più tutti i costi pertinenti sostenuti direttamente dalla LuxSCS, ai quali doveva essere applicato un margine del 5%, nella misura in cui tali costi corrispondevano a funzioni effettivamente svolte in nome della LuxSCS. Tale livello di remunerazione rifletteva quanto una parte indipendente, in una situazione analoga a quella della LuxOpCo, sarebbe stata disposta a pagare per i diritti e gli obblighi assunti ai sensi dell’accordo di licenza. Inoltre, secondo la Commissione, detto livello di remunerazione sarebbe stato sufficiente per consentire alla LuxSCS di coprire i suoi obblighi di pagamento ai sensi dell’accordo di adesione e dell’ARC (considerando 559 e 560 della decisione impugnata).

63      Orbene, secondo la Commissione, poiché il livello di remunerazione della LuxSCS calcolato dalla Commissione sarebbe stato inferiore al livello di remunerazione della LuxSCS risultante dal metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato dal ruling fiscale in questione, detta decisione avrebbe conferito un vantaggio alla LuxOpCo sotto forma di riduzione della sua base imponibile ai fini dell’imposta lussemburghese sul reddito delle società, in relazione al fatturato delle imprese il cui utile imponibile corrispondeva a prezzi negoziati a normali condizioni di mercato (considerando 561 della decisione impugnata).

2)      Sulle constatazioni in via subordinata del vantaggio

64      Nella sezione 9.2.2 della decisione impugnata, intitolata «Constatazione in via subordinata dell’esistenza di un vantaggio economico», la Commissione ha illustrato la sua constatazione in via subordinata del vantaggio, secondo la quale, quandanche che l’amministrazione fiscale lussemburghese avesse avuto ragione nell’accettare l’analisi delle funzioni della LuxSCS effettuata nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato dal ruling fiscale in questione sarebbe comunque stato basato su scelte metodologiche inappropriate che avrebbero prodotto un risultato che si discosta da un’approssimazione affidabile di un risultato basato sul mercato. Essa ha precisato che il suo ragionamento seguito nella sezione 9.2.2 della decisione impugnata non mirava a determinare una remunerazione precisa di libera concorrenza per la LuxOpCo, ma che era piuttosto inteso a dimostrare che il ruling fiscale in questione aveva conferito un vantaggio economico, dal momento che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento avallato si fondava su tre scelte metodologiche errate che avrebbero comportato una diminuzione del reddito imponibile della LuxOpCo rispetto alle imprese il cui utile imponibile rifletteva i prezzi negoziati sul mercato a condizioni di libera concorrenza.

65      In tale contesto, la Commissione ha operato tre constatazioni sussidiarie distinte.

66      Nell’ambito della sua prima constatazione sussidiaria, la Commissione ha affermato che la LuxOpCo era stata erroneamente considerata svolgere esclusivamente funzioni di gestione «ordinarie» e che avrebbe dovuto essere applicato il metodo di ripartizione degli utili, con l’analisi del contributo.

67      Nell’ambito della sua seconda constatazione sussidiaria, la Commissione ha ritenuto che la scelta dei costi di esercizio, quale indicatore degli utili, era errata.

68      Nell’ambito della sua terza constatazione sussidiaria concernente il vantaggio, la Commissione ha considerato che l’inclusione di un massimale dello 0,55% del fatturato conseguito nell’Unione non fosse appropriata.

b)      Sulla selettività della misura

69      Nella sezione 9.3 della decisione impugnata, intitolata «Selettività», la Commissione ha illustrato i motivi per cui essa aveva ritenuto che la misura in questione fosse selettiva.

c)      Sullindividuazione del beneficiario dellaiuto

70      Nella sezione 9.5 della decisione impugnata, intitolata «Beneficiario dell’aiuto», la Commissione ha constatato che qualsiasi trattamento fiscale favorevole concesso alla LuxOpCo aveva conferito un beneficio anche all’intero gruppo Amazon, mettendo a sua disposizione risorse supplementari, cosicché il gruppo doveva essere considerato come un’unica unità economica beneficiaria della misura di aiuto in questione.

71      Nella sezione 10 della decisione impugnata, intitolata «Recupero», la Commissione ha affermato che, poiché la misura di aiuto è stata concessa ogni anno in cui la dichiarazione annuale relativa all’imposta della LuxOpCo era stata accettata dalle autorità tributarie, il gruppo Amazon non poteva far valere le norme in materia di prescrizione al fine di opporsi al recupero dell’aiuto. Ai considerando da 639 a 645 della decisione impugnata, la Commissione ha illustrato il metodo di recupero.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

A.      Sul procedimento nella causa T816/17

72      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 14 dicembre 2017, il Granducato di Lussemburgo ha proposto il ricorso nella causa T‑816/17.

1.      Sulla composizione del collegio giudicante e sul trattamento prioritario

73      Con decisione del 12 aprile 2018, il presidente della Settima Sezione del Tribunale ha deciso di concedere alla causa T‑816/17 il trattamento prioritario ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

74      Con atto depositato nella cancelleria l’11 maggio 2018, il Granducato di Lussemburgo ha chiesto che la causa T‑816/17 fosse decisa dalla Settima Sezione del Tribunale nel suo collegio giudicante ampliato.

75      In applicazione dell’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento di procedura, la causa T‑816/17 è stata rinviata alla Settima Sezione ampliata.

76      A causa di un impedimento di un membro della Settima Sezione ampliata del Tribunale, il presidente del Tribunale, con decisione del 21 giugno 2018, ha designato il vicepresidente per completare il collegio giudicante. A seguito della nomina a giudice della Corte di un membro del collegio giudicante, il 6 ottobre 2020, il giudice meno anziano ai sensi dell’articolo 8 del regolamento di procedura si è astenuto dal partecipare alla deliberazione e la presente sentenza è stata deliberata dai tre giudici che l’hanno sottoscritta, conformemente all’articolo 22 di detto regolamento.

2.      Sullintervento

77      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 aprile 2018, l’Irlanda ha chiesto di essere ammessa ad intervenire nella causa T‑816/17 a sostegno delle conclusioni del Granducato di Lussemburgo.

78      Con ordinanza del 29 maggio 2018, il presidente della Settima Sezione ampliata del Tribunale ha accolto l’istanza di intervento dell’Irlanda.

3.      Sulle domande di trattamento riservato

79      Con atto depositato il 14 maggio 2018 presso la cancelleria del Tribunale, il Granducato di Lussemburgo ha chiesto il trattamento riservato, nei confronti dell’Irlanda, di taluni dati menzionati nel ricorso, in taluni degli allegati di quest’ultimo, nonché nel controricorso.

80      Con atto depositato il 6 giugno 2018 presso la cancelleria del Tribunale, il Granducato di Lussemburgo ha chiesto il trattamento riservato, nei confronti dell’Irlanda, di una parte della replica.

81      Con atto depositato il 13 settembre 2018 presso la cancelleria del Tribunale, il Granducato di Lussemburgo ha chiesto il trattamento riservato, nei confronti dell’Irlanda, di una parte della controreplica.

82      In seguito alla sua ammissione come interveniente, l’Irlanda ha ricevuto solo versioni non riservate degli atti processuali di cui alle domande di trattamento riservato del Granducato di Lussemburgo formulate nei suoi confronti e non ha sollevato obiezioni a dette domande.

4.      Sulle conclusioni delle parti

83      Il Granducato di Lussemburgo chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        in subordine, annullare la decisione impugnata nella parte in cui dispone il recupero dell’aiuto;

–        condannare la Commissione alle spese.

84      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare il Granducato di Lussemburgo alle spese.

85      L’Irlanda chiede che il Tribunale voglia annullare la decisione impugnata in tutto o in parte, in conformità alle conclusioni del Granducato di Lussemburgo.

B.      Sul procedimento nella causa T318/18

86      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 maggio 2018, la Amazon EU Sàrl e la Amazon.com (in prosieguo, congiuntamente: «Amazon») hanno proposto il ricorso nella causa T‑318/18.

1.      Sulla composizione del collegio giudicante e sul trattamento prioritario

87      Con decisione del 9 luglio 2018, il presidente della Settima Sezione del Tribunale ha deciso di concedere alla causa T‑318/18 il trattamento prioritario ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

88      Su proposta della Settima Sezione del Tribunale, il Tribunale ha deciso, l’11 luglio 2018, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rinviare la causa T‑318/18 dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

89      A causa di un impedimento di un membro della Settima Sezione ampliata del Tribunale, il presidente del Tribunale, con decisione del 19 luglio 2018, ha designato il vicepresidente del Tribunale per completare il collegio giudicante. A seguito della nomina a giudice della Corte di un membro del collegio giudicante, il 6 ottobre 2020, il giudice meno anziano ai sensi dell’articolo 8 del regolamento di procedura si è astenuto dal partecipare alla deliberazione e la presente sentenza è stata deliberata dai tre giudici che l’hanno sottoscritta, conformemente all’articolo 22 di detto regolamento.

2.      Sulle domande di trattamento riservato

90      Con atto depositato presso la cancelleria il 12 luglio 2018, Amazon ha chiesto che parte del ricorso e taluni documenti ad esso allegati fossero trattati in via riservata nei confronti del pubblico.

3.      Sulle conclusioni delle parti

91      Amazon chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli articoli da 1 a 4 della decisione impugnata;

–        in subordine, annullare gli articoli da 2 a 4 della decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

92      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare Amazon alle spese nella causa T‑318/18.

C.      Sulla riunione delle cause e sulla fase orale del procedimento

93      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 7 agosto 2018 e il 25 aprile 2019, il Granducato di Lussemburgo ha chiesto la riunione delle cause T‑816/17 e T‑318/18 ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che definisce il giudizio.

94      Con atti depositati presso la cancelleria il 10 agosto 2018 e il 21 maggio 2019, Amazon ha chiesto la riunione delle cause T‑816/17 e T‑318/18 ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che definisce il giudizio.

95      Con decisione del 14 settembre 2018, il presidente della Settima Sezione ampliata del Tribunale ha deciso di non procedere alla riunione, in tale fase del procedimento, delle cause T‑816/17 e T‑318/18.

96      Con ordinanza del 3 ottobre 2019, il presidente della Settima Sezione ampliata del Tribunale ha deciso di riunire le cause T‑816/17 e T‑318/18 ai fini della fase orale del procedimento.

97      Su proposta della giudice relatrice, il Tribunale ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, ha chiesto alle parti di rispondere a quesiti scritti. Le parti hanno ottemperato a tale misura di organizzazione del procedimento entro il termine impartito.

98      Le difese delle parti e le loro risposte ai quesiti orali posti dal Tribunale sono state ascoltate nel corso dell’udienza del 5 e del 6 marzo 2020. Inoltre, le parti sono state ascoltate in udienza su un’eventuale riunione delle cause T‑816/17 e T‑318/18 ai fini della decisione che definisce il giudizio, circostanza di cui il Tribunale ha preso atto nel verbale d’udienza. Il Granducato di Lussemburgo e Amazon, nonché l’Irlanda hanno affermato di non avere obiezioni ad una siffatta riunione. La Commissione ha precisato di non essere favorevole ad un’eventuale riunione delle cause ai fini della decisione che definisce il giudizio.

III. In diritto

99      I ricorsi proposti nelle cause T‑816/17 e T‑318/18 sono intesi ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata, nei limiti in cui qualifica il ruling fiscale in questione, nonché la sua attuazione annuale come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e nei limiti in cui dispone il recupero delle somme che non sarebbero state raccolte dal Granducato di Lussemburgo presso la LuxOpCo a titolo dell’imposta sul reddito delle società.

A.      Sulla riunione delle cause T816/17 e T318/18 alla luce della decisione che definisce il giudizio

100    Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento di procedura, il presidente della Settima Sezione ampliata del Tribunale ha deferito la decisione sulla riunione delle cause T‑816/17 e T‑318/18 a fini della decisione che definisce il giudizio, la quale rientrava nella sua competenza, alla Settima Sezione ampliata del Tribunale.

101    Sentite le parti all’udienza in merito ad un’eventuale riunione, le cause T‑816/17 e T‑318/18 devono essere riunite ai fini della decisione che definisce il giudizio, per motivi di connessione.

B.      Sui motivi e gli argomenti invocati

102    A sostegno del loro ricorso, il Granducato di Lussemburgo e Amazon deducono rispettivamente cinque e nove motivi, i quali per la maggior parte si sovrappongono. Nella sua memoria di intervento, l’Irlanda si pronuncia su quattro dei cinque motivi dedotti dal Granducato di Lussemburgo. In sostanza, i motivi del Granducato di Lussemburgo e di Amazon possono essere presentati come segue.

103    In primo luogo, nell’ambito del primo motivo nella causa T‑816/17, nonché dei motivi dal primo al quarto nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano, in sostanza, la constatazione principale della Commissione quanto all’esistenza di un vantaggio a favore della LuxOpCo, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

104    In secondo luogo, nell’ambito della terza censura della seconda parte del primo motivo nella causa T‑816/17 e del quinto motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano le constatazioni sussidiarie della Commissione aventi ad oggetto l’esistenza di un vantaggio fiscale a favore della LuxOpCo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

105    In terzo luogo, nell’ambito del secondo motivo nella causa T‑816/17 e del sesto e del settimo motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano le constatazioni principali e sussidiarie della Commissione aventi ad oggetto la selettività del ruling fiscale in questione.

106    In quarto luogo, nell’ambito del terzo motivo nella causa T‑816/17, il Granducato di Lussemburgo fa valere che la Commissione ha violato la competenza esclusiva degli Stati membri nel settore della fiscalità diretta.

107    In quinto luogo, nell’ambito del quarto motivo nella causa T‑816/17 e nell’ambito dell’ottavo motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon sostengono che la Commissione ha violato i loro diritti della difesa.

108    In sesto luogo, nell’ambito della seconda parte del primo motivo, nonché della prima censura della seconda parte del secondo motivo nella causa T‑816/17 e dell’ottavo motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano il fatto che le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2017, come utilizzate dalla Commissione ai fini dell’adozione della decisione impugnata, siano rilevanti nella specie.

109    In settimo luogo, nell’ambito del quinto motivo, dedotto a sostegno delle conclusioni presentate in subordine nella causa T‑816/17 e del nono motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon rimettono in discussione la fondatezza del ragionamento della Commissione inteso al recupero dell’aiuto disposto da tale istituzione.

110    Nella sua memoria di intervento, l’Irlanda invoca, in primo luogo, la violazione dell’articolo 107 TFUE, in quanto la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di un vantaggio a favore della LuxOpCo; in secondo luogo, la violazione dell’articolo 107 TFUE in quanto la Commissione non ha provato la selettività della misura; in terzo luogo, la violazione degli articoli 4 e 5 TUE in quanto la Commissione non ha proceduto ad un’armonizzazione fiscale dissimulata e, in quarto luogo, la violazione del principio di certezza del diritto, in quanto la decisione impugnata dispone il recupero dell’aiuto.

111    Al fine di rispondere in modo utile ai motivi delle parti principali, nonché agli argomenti sollevati dall’Irlanda nell’ambito della sua memoria di intervento, occorre illustrare, anzitutto, talune questioni di diritto che si applicano in relazione a tutte le censure e ai motivi dedotti dalle parti (punti da 122 a 129 infra).

1.      Osservazioni preliminari

112    Secondo una giurisprudenza costante, anche se la materia delle imposte dirette rientra, allo stato attuale dello sviluppo del diritto dell’Unione, nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono però esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v. sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C‑269/09, EU:C:2012:439, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, gli interventi degli Stati membri in materia di imposte dirette, quand’anche riguardassero questioni che non sono state oggetto di armonizzazione nell’Unione, non sono esclusi dall’ambito di applicazione della normativa sul controllo degli aiuti di Stato (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 142).

113    Ne discende che la Commissione può qualificare una misura fiscale come aiuto di Stato purché le condizioni di una siffatta qualificazione siano soddisfatte (v., in tal senso, sentenze del 2 luglio 1974, Italia/Commissione, 173/73, EU:C:1974:71, punto 28, e del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416, punto 81). Gli Stati membri devono infatti esercitare la loro competenza in materia fiscale in conformità al diritto dell’Unione (sentenza del 3 giugno 2010, Commissione/Spagna, C‑487/08, EU:C:2010:310, punto 37). Pertanto, essi devono astenersi dall’adottare, in tale contesto, qualsiasi misura che possa costituire un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 143).

a)      Sulla determinazione delle condizioni di applicazione dellarticolo 107, paragrafo 1, TFUE nel contesto delle misure fiscali nazionali

114    Un provvedimento mediante il quale le pubbliche autorità accordino a determinate società un trattamento fiscale vantaggioso che, pur non implicando un trasferimento di risorse da parte dello Stato, collochi i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole di quella degli altri contribuenti costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España, C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 14; v., parimenti, sentenze dell’8 settembre 2011, Paint Graphos e a., da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 46 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 145 e giurisprudenza ivi citata).

115    In caso di misure fiscali, l’esistenza stessa di un vantaggio può essere accertata solo rispetto a un livello di tassazione definito «normale» (sentenza del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 56). Pertanto, una misura del genere conferisce un vantaggio economico al suo beneficiario in quanto allevia gli oneri che di regola gravano sul bilancio di una società e che, di conseguenza, pur senza costituire una sovvenzione in senso stretto, ha la stessa natura e produce identici effetti (sentenze del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia, C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 22, e del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 146).

116    Di conseguenza, per accertare l’esistenza di un vantaggio fiscale, occorre confrontare la situazione del beneficiario derivante dall’applicazione della misura in questione con quella dello stesso beneficiario in mancanza della misura stessa (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2018, Cellnex Telecom e Telecom Castilla-La Mancha/Commissione, C‑91/17 P e C‑92/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:284, punto 114) e in applicazione delle regole ordinarie in materia di imposizione fiscale (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 147).

117    Nel contesto della determinazione della situazione fiscale di una società integrata facente parte di un gruppo di società, si deve rilevare anzitutto che i prezzi delle operazioni infragruppo effettuate da quest’ultima non sono stati determinati alle condizioni di mercato. Infatti, tali prezzi sono concordati tra società appartenenti allo stesso gruppo, in modo che non siano soggetti alle forze di mercato (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 148).

118    Orbene, il diritto tributario nazionale, qualora non distingua tra società integrate e società autonome ai fini del loro assoggettamento all’imposta sul reddito delle società, intende tassare l’utile derivante dall’attività economica della società integrata come se fosse il risultato di operazioni effettuate a prezzi di mercato. In tali circostanze, si deve rilevare che la Commissione, quando esamina, nell’esercizio della competenza conferitale dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, una misura fiscale concessa a tale società integrata, può porre a raffronto l’onere fiscale della società integrata derivante dall’applicazione della misura fiscale de qua con l’onere fiscale derivante dall’applicazione delle norme fiscali ordinarie del diritto nazionale di una società, posta in una situazione di fatto analoga, che eserciti le proprie attività alle condizioni di mercato (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 149).

119    Del resto, tali conclusioni sono avvalorate dalla sentenza del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione (C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416), riguardante il diritto tributario belga, secondo cui le società integrate e le società autonome erano trattate alle stesse condizioni. Infatti, al punto 95 di tale sentenza, la Corte ha riconosciuto la necessità di confrontare un regime di aiuti derogatorio rispetto a quello «di applicazione generale, basato sulla differenza tra ricavi e costi, per una società che svolge le proprie attività in condizioni di libera concorrenza» (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 150).

120    In tale contesto, se, con la misura fiscale concessa ad una società integrata, le autorità nazionali hanno accettato un determinato livello di prezzo per un’operazione infragruppo, l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE consente alla Commissione di controllare se tale livello di prezzo corrisponda a quello che sarebbe stato applicato alle condizioni di mercato, al fine di verificare se ciò comporti una riduzione degli oneri normalmente gravanti sul bilancio della società in questione, conferendole così un vantaggio ai sensi di detto articolo.

121    Occorre inoltre precisare che la Commissione, quando applica il principio di libera concorrenza per verificare se l’utile imponibile di una società integrata in virtù di una misura fiscale corrisponda ad un’approssimazione attendibile di un utile imponibile generato alle condizioni di mercato, può accertare l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE solo a condizione che la differenza tra i due elementi di confronto vada al di là delle imprecisioni inerenti al metodo applicato per ottenere tale approssimazione (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 152).

122    Anche se la Commissione non può essere formalmente vincolata dalle linee guida dell’OCSE, resta il fatto che queste ultime si basano su lavori svolti da gruppi di esperti, che riflettono il consenso raggiunto a livello internazionale per quanto riguarda i prezzi di trasferimento e che rivestono quindi un’importanza pratica certa nell’interpretazione delle questioni relative ai prezzi di trasferimento (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 155).

123    In tale contesto, occorre rilevare che, se la Commissione rileva un errore metodologico nella misura fiscale sottoposta all’esame, non si può concludere che la semplice inosservanza di requisiti metodologici comporta necessariamente una riduzione dell’onere fiscale. È altresì necessario che la Commissione dimostri che gli errori metodologici da essa individuati nel ruling fiscale interessato non consentono di ottenere un’approssimazione attendibile di un risultato di libera concorrenza e che essi hanno determinato una riduzione dell’utile imponibile rispetto all’onere fiscale derivante dall’applicazione delle norme fiscali normali del diritto nazionale ad una società posta in una situazione di fatto analoga a quella della società interessata e operante alle condizioni di mercato. Pertanto, il semplice accertamento di un errore metodologico non è sufficiente, in linea di principio, a dimostrare di per sé che un ruling fiscale abbia conferito un vantaggio ad una determinata società e, pertanto, a dimostrare l’esistenza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107 TFUE (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 201).

124    Infatti, come rilevato, in sostanza, dal Granducato di Lussemburgo, secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE definisce una misura di sgravio degli oneri normalmente gravanti sulle imprese in funzione dei suoi effetti (v. sentenza del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione, C‑487/06 P, EU:C:2008:757, punto 85 e giurisprudenza ivi citata). L’esistenza di un aiuto di Stato non può essere né presunta né desunta da un errore di calcolo senza incidenza sul risultato.

b)      Sullonere della prova

125    Occorre ricordare che, nell’ambito del controllo degli aiuti di Stato, spetta in linea di principio alla Commissione fornire la prova, nella decisione impugnata, dell’esistenza di un tale aiuto (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2007, Olympiaki Aeroporia Ypiresies/Commissione, T‑68/03, EU:T:2007:253, punto 34, e del 25 giugno 2015, SACE e Sace BT/Commissione, T‑305/13, EU:T:2015:435, punto 95). In tale contesto, la Commissione è tenuta a condurre il procedimento di indagine sulle misure sotto inchiesta in modo diligente ed imparziale, per poter disporre, all’atto dell’adozione della decisione finale sull’esistenza e, se del caso, sull’incompatibilità o sull’illegittimità dell’aiuto, degli elementi il più possibile completi e affidabili (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 194; v. parimenti, in tal senso, sentenze del 2 settembre 2010, Commissione/Scott, C‑290/07 P, EU:C:2010:480, punto 90, e del 3 aprile 2014, Francia/Commissione, C‑559/12 P, EU:C:2014:217, punto 63).

126    Ne consegue che, nella decisione impugnata, spettava alla Commissione dimostrare la sussistenza delle condizioni per l’esistenza di un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. A tal riguardo, si deve rilevare che, sebbene sia pacifico che lo Stato membro disponga di un potere discrezionale nell’approvazione dei prezzi di trasferimento, tale potere non può avere tuttavia come effetto di privare la Commissione della sua competenza a controllare che i prezzi di trasferimento in questione non comportino la concessione di un vantaggio selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. In tale contesto, la Commissione deve tener conto del fatto che il principio di libera concorrenza le consente di verificare se un prezzo di trasferimento approvato da uno Stato membro corrisponda ad un’approssimazione attendibile di un risultato basato sul mercato e se l’eventuale differenza riscontrata nel corso di tale esame non vada al di là delle imprecisioni inerenti al metodo applicato per ottenere detta approssimazione (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 196).

c)      Sullintensità del controllo che deve essere esercitato dal Tribunale

127    Per quanto riguarda l’intensità del controllo che deve essere esercitato dal Tribunale nel caso di specie, occorre rilevare che, come risulta dall’articolo 263 TFUE, l’oggetto del ricorso di annullamento è il controllo della legittimità degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione ivi elencate. Pertanto, l’analisi dei motivi dedotti nell’ambito di un tale ricorso non ha né per oggetto né per effetto di sostituire un’istruzione completa della causa nell’ambito di un procedimento amministrativo (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 197; v. parimenti, in tal senso, sentenza del 2 settembre 2010, Commissione/Deutsche Post, C‑399/08 P, EU:C:2010:481, punto 84).

128    Per quanto riguarda il settore degli aiuti di Stato, va ricordato che la nozione di aiuto di Stato, quale definita nel Trattato FUE, ha carattere giuridico e deve essere interpretata sulla base di elementi obiettivi. Per tale ragione, il giudice dell’Unione deve esercitare, in linea di principio e tenuto conto sia degli elementi concreti della causa sottopostagli che del carattere tecnico o complesso delle valutazioni effettuate dalla Commissione, un controllo completo per quanto riguarda la questione se una misura rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (sentenze del 4 settembre 2014, SNCM e Francia/Corsica Ferries France, C‑533/12 P e C‑536/12 P, EU:C:2014:2142, punto 15; del 30 novembre 2016, Commissione/Francia e Orange, C‑486/15 P, EU:C:2016:912, punto 87, e del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 198).

129    Per quanto riguarda la questione se un metodo di determinazione di un prezzo di trasferimento di una società integrata sia conforme al principio di libera concorrenza, va ricordato, come già menzionato in precedenza, che, quando utilizza tale strumento nella sua valutazione ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la Commissione deve tener conto della sua natura approssimativa. Il controllo del Tribunale tende quindi a verificare se gli errori individuati nella decisione impugnata, in base ai quali la Commissione ha fondato l’accertamento di un vantaggio, vadano al di là delle imprecisioni inerenti all’applicazione di un metodo destinato ad ottenere un’approssimazione attendibile di un risultato basato sul mercato (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 199).

2.      Sui motivi e sugli argomenti intesi a contestare la constatazione principale del vantaggio

130    Come illustrato al punto 310 supra, con la seconda parte del primo motivo nella causa T‑816/17, nonché con i motivi dal primo al quarto nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon fanno valere che la Commissione ha violato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE allorché essa ha concluso nel senso dell’esistenza di un vantaggio per la LuxOpCo nell’ambito della constatazione principale del vantaggio figurante nella sezione 9.2.1 della decisione impugnata (considerando da 409 a 561 della decisione impugnata). Più precisamente, con tali motivi e argomenti, il Granducato di Lussemburgo e Amazon mirano a contestare il ragionamento della Commissione figurante ai considerando 394, 395 e da 401 a 579 della decisione impugnata e secondo il quale l’attuazione del ruling fiscale in questione, durante il periodo considerato, avrebbe comportato una diminuzione della remunerazione della LuxOpCo, e dunque del suo onere fiscale, rispetto a quella che essa avrebbe dovuto percepire in assenza di detta decisione, se la stessa fosse stata trattata come qualsiasi altra società contribuente in una situazione analoga. Con i loro argomenti sollevati in relazione alla constatazione principale del vantaggio, il Granducato di Lussemburgo e Amazon mirano a rimettere in discussione segnatamente la constatazione della Commissione secondo la quale la LuxSCS avrebbe dovuto essere considerata la parte da sottoporre a test nell’ambito dell’applicazione del TNMM. Essi mirano parimenti a contestare la correttezza dell’applicazione del TNMM alla LuxOpCo effettuata dalla Commissione.

131    Come rilevato al punto 110 supra, nella sua memoria di intervento, l’Irlanda argomenta a sostegno del primo motivo invocato dal Granducato di Lussemburgo.

132    In tale contesto, l’Irlanda prende posizione sulle numerose questioni di diritto sollevate dall’interpretazione della nozione di «principio di libera concorrenza», come applicato dalla Commissione nella specie, nonché in talune recenti cause di aiuti di Stato in materia fiscale. In particolare, l’Irlanda fa valere che la giurisprudenza del giudice dell’Unione, ossia la sentenza del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione (C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416), «non dice che gli Stati membri sono obbligati ad applicare il [principio di libera concorrenza]». Secondo tale Stato membro, detta giurisprudenza non offre neanche un fondamento all’obbligo imposto al Lussemburgo di applicare il principio di libera concorrenza (nella versione sostenuta dalla Commissione) nel diritto nazionale lussemburghese. Infine, l’Irlanda sostiene che, nella sentenza del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione (C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416), la Corte non ha individuato un principio di libera concorrenza proprio del diritto dell’Unione indipendentemente da quanto previsto dal diritto nazionale.

a)      Sulla ricevibilità di taluni argomenti dellIrlanda per quanto riguarda lesistenza di un vantaggio

133    La Commissione eccepisce l’irricevibilità degli argomenti sollevati dall’Irlanda a sostegno del primo motivo dedotto dal Granducato di Lussemburgo. Infatti, a suo avviso, gli argomenti dell’Irlanda sono intesi a far valere che essa avrebbe adottato un’interpretazione errata della nozione di vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, utilizzando un criterio inidoneo, ossia un principio di libera concorrenza «sui generis», mentre, in realtà, con il suo primo motivo, il Granducato di Lussemburgo enuncerebbe piuttosto che la Commissione avrebbe proceduto ad un’applicazione errata del principio di libera concorrenza.

134    A tal riguardo, occorre ricordare che se l’articolo 40, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e gli articoli 142, paragrafo 3, e 145, paragrafo 2, lettera b), del regolamento di procedura del Tribunale non ostano a che l’interveniente presenti argomenti nuovi o diversi da quelli della parte sostenuta, a pena di vedere il suo intervento limitato alla ripetizione degli argomenti sollevati nel ricorso, non può essere ammesso che tali disposizioni le consentano di modificare o di alterare l’ambito della controversia definito dal ricorso adducendo nuovi motivi (v. sentenza del 20 settembre 2019, Le Port de Bruxelles e Région de Bruxelles-Capitale/Commissione, T‑674/17, non pubblicata, EU:T:2019:651, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

135    In altri termini, tali disposizioni conferiscono all’interveniente il diritto di esporre in maniera autonoma non solo argomenti, ma anche motivi, purché siano diretti al sostegno delle conclusioni di una delle parti principali e non totalmente estranei alle considerazioni su cui si basa la controversia come costituita tra ricorrente e convenuto, il che avrebbe per effetto di modificarne l’oggetto (v. sentenza del 20 settembre 2019, Le Port de Bruxelles e Région de Bruxelles-Capitale/Commissione, T‑674/17, non pubblicata, EU:T:2019:651, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

136    Nella specie, occorre constatare che, con i suoi argomenti, l’Irlanda prende in considerazione, in sostanza, il fondamento giuridico invocato dalla Commissione per quanto riguarda l’obbligo imposto al Granducato di Lussemburgo di applicare il principio di libera concorrenza. L’Irlanda rimette dunque in discussione le fonti di diritto di suddetto principio, come applicato dalla Commissione nella decisione impugnata. Inoltre, gli argomenti dell’Irlanda riguardano l’interpretazione del contenuto di tale principio e non la sua applicazione tramite un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento.

137    Orbene, è pacifico che il principio di libera concorrenza, come applicabile nella specie, può essere ricavato dall’articolo 164, paragrafo 3, della LIR concernente l’imposta sul reddito, come modificata. Siffatto elemento emerge segnatamente dal considerando 241 della decisione impugnata, senza che tale conclusione sia stata rimessa in discussione dalle parti. Il primo motivo del Granducato di Lussemburgo non è relativo alla questione di quale sia la fonte di diritto di detto principio, né a questioni di interpretazione del principio in parola. Di fatto, con il suo primo motivo, il Granducato di Lussemburgo invoca l’esistenza di presunti errori nell’applicazione, da parte della Commissione, di taluni metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento nell’ambito del suo ragionamento concernente l’esistenza di un vantaggio, sapendo che tali metodi consentono di constatare, in fin dei conti, se una royalty corrisponda ad un risultato di libera concorrenza.

138    Ne consegue che gli argomenti sollevati dall’Irlanda a sostegno del primo motivo del Granducato di Lussemburgo sono estranei alle considerazioni alla base del suo primo motivo. Per questa ragione, essi devono essere respinti in quanto irricevibili.

b)      Sulla fondatezza dei motivi e degli argomenti del Granducato di Lussemburgo e di Amazon concernenti la constatazione principale del vantaggio

139    Ad integrazione degli elementi illustrati al punto 130 supra, occorre rilevare che, nell’ambito della prima parte del primo motivo nella causa T‑816/17, nonché del primo motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon rimettono in discussione la fondatezza del rifiuto della Commissione di applicare il metodo CUP nell’ambito di un’analisi ex post sulla base degli accordi analoghi prodotti alla Commissione da Amazon.com.

140    Nell’ambito della prima e della seconda censura della seconda parte del primo motivo nella causa T‑816/17, nonché del secondo motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon fanno valere che l’analisi funzionale compiuta dalla Commissione nell’ambito della sua applicazione del TNMM è errata nei limiti in cui essa ha concluso che la LuxSCS era la parte meno complessa, e che l’applicazione del TNMM da parte della Commissione si basava su scelte metodologiche erronee.

141    Nell’ambito della seconda parte del primo motivo nella causa T‑816/17, nonché del terzo motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon sostengono che la Commissione ha operato, nella sua analisi principale, una selezione arbitraria e parziale fra le testimonianze provenienti dal procedimento americano menzionato al punto 14 supra.

142    Nell’ambito della terza parte del primo motivo nella causa T‑816/17, nonché della sesta parte del secondo motivo e del quarto motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon affermano che il risultato ottenuto dalla Commissione nella decisione impugnata si discosta da un’approssimazione attendibile di un risultato di libera concorrenza.

143    Pertanto, in sostanza, gli argomenti invocati dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon nei confronti della constatazione principale del vantaggio sono intesi a contestare, da un lato, il fatto che la Commissione abbia respinto l’utilizzazione del metodo CUP e, dall’altro, l’applicazione del TNMM effettuata dalla Commissione.

144    Per quanto riguarda gli argomenti diretti a contestare il fatto che la Commissione abbia respinto l’utilizzazione del metodo CUP, occorre rilevare che è pacifico che il ruling fiscale in questione non ha applicato tale metodo. Infatti, sebbene tale metodo fosse stato esaminato nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, fornita alle autorità tributarie a sostegno della richiesta di ruling fiscale, esso non è stato preso in considerazione nella lettera del 23 ottobre 2003 con la quale Amazon ha sollecitato l’approvazione del metodo di calcolo della royalty (v. punto 9 supra). Come risulta in particolare dal considerando 542 della decisione impugnata, nella sua analisi intesa a dimostrare l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la Commissione si è fondata unicamente sul TNMM. Per contro, le valutazioni della Commissione dirette ad escludere l’applicabilità del metodo CUP (considerando da 521 a 538 della decisione impugnata) non sono idonee a dimostrare l’esistenza della prima condizione di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Considerato che incombe alla Commissione dimostrare l’esistenza di un vantaggio (v. punti da 125 a 126 supra) e alla luce del fatto che le valutazioni della Commissione dirette ad escludere l’applicabilità del metodo CUP non mirano a tale dimostrazione, non è utile affrontare gli argomenti e i motivi delle parti ricorrenti concernenti il metodo CUP.

145    Per quanto riguarda gli argomenti diretti a contestare la fondatezza delle valutazioni della Commissione per quanto riguarda l’applicazione del TNMM effettuata da tale istituzione (v. punti da 146 a 297 infra), sarà necessario, in primo luogo, individuare la versione rilevante delle linee guida dell’OCSE in materia di prezzi di trasferimento (v. punti da 146 a 155 infra). In secondo luogo, occorrerà verificare se il Granducato di Lussemburgo e Amazon siano legittimati a sostenere che la Commissione ha commesso errori in sede di applicazione del TNMM nella decisione impugnata, i quali avrebbero inficiato la sua constatazione principale relativa al vantaggio (v. punti da 156 a 297 supra).

1)      Sulla rilevanza, nel tempo, di talune linee guida dell’OCSE utilizzate dalla Commissione ai fini dell’applicazione del TNMM

146    Al fine di dimostrare l’esistenza di un vantaggio, la Commissione, nella sezione 9.2 della decisione impugnata, ha applicato una serie di linee guida dell’OCSE in materia di prezzi di trasferimento in diverse versioni delle stesse.

147    Nell’ambito della prima censura della seconda parte del suo secondo motivo, il Granducato di Lussemburgo fa valere, in sostanza, che, nella specie, sono il contesto economico e il quadro regolamentare vigenti nel 2003 a dover essere presi in considerazione. A parte il fatto che, al momento dell’adozione del ruling fiscale in questione, nel 2003, così come al momento della sua ultima proroga nel 2010, le linee guida dell’OCSE costituivano unicamente orientamenti indicativi per le autorità lussemburghesi, prive di qualsivoglia forza vincolante per queste ultime, le uniche linee guida dell’OCSE che sarebbero state disponibili al momento dell’adozione del ruling fiscale in questione erano le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995. Nella decisione impugnata, la Commissione si sarebbe tuttavia riferita alle linee guida dell’OCSE nelle loro versioni del 2010 e del 2017, il che equivarrebbe ad un’applicazione ratione temporis inadeguata del quadro di riferimento, il quale dovrebbe essere determinato sulla base dei fatti e dei metodi di calcolo dei prezzi esistenti alla data dell’adozione delle misure in questione.

148    Amazon aggiunge che le linee guida dell’OCSE nelle loro versioni del 2010 e del 2017 hanno apportato diverse modifiche importanti rispetto alla loro versione del 1995, come l’introduzione del metodo di analisi delle funzioni «Sviluppo, Miglioramento, Mantenimento, Protezione e Sfruttamento» (Development, Enhancement, Maintenance, Protection and Exploitation; in prosieguo: le «funzioni DEMPE»). Amazon contesta, in particolare, la rilevanza dell’applicazione, da parte della Commissione, di tale metodo, nella misura in cui esso sarebbe comparso solo successivamente alla data di adozione del ruling fiscale in questione, ossia nella versione del 2017 delle linee guida dell’OCSE.

149    La Commissione contesta tali argomenti.

150    Essa indica, anzitutto, che la decisione impugnata non applica le linee guida dell’OCSE come se esse costituissero norme vincolanti, bensì come se si trattasse di uno strumento che l’aiuta ad applicare il criterio sancito dalla Corte al punto 95 della sentenza del 22 giugno 2006, Belgique e Forum 187/Commissione (C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416). Secondo la Commissione, contrariamente a quanto sembra sostenere il Granducato di Lussemburgo, l’amministrazione fiscale lussemburghese si è regolarmente fondata su tali linee guida per interpretare il principio di libera concorrenza, cosicché i principi dell’OCSE rimangono rilevanti nella specie.

151    La Commissione aggiunge poi che tutte le constatazioni formulate nella decisione impugnata sono basate sulle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 e che i riferimenti alle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2010 e del 2017 vengono menzionati solo quando tali versioni successive chiariscono le linee guida nella loro versione del 1995 senza tuttavia modificare queste ultime.

152    Nella specie, da un certo numero di note a piè di pagina della decisione impugnata emerge che la Commissione ha fondato, seppur parzialmente, le sue valutazioni relative all’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non solo sulle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, ma anche su dette linee guida nelle loro versioni del 2010 e del 2017. Per quanto riguarda le versioni delle linee guida dell’OCSE del 1995, del 2010 e del 2017, si deve constatare che esse divergono sotto diversi profili, in misura diversa. Tali differenze vanno da mere precisazioni prive di qualsivoglia incidenza sulla sostanza delle versioni anteriori ad ampliamenti inediti, ossia raccomandazioni che non erano contenute, neanche implicitamente, nelle versioni anteriori. Uno degli ampliamenti inediti delle linee guida dell’OCSE comparso solo nella versione del 2017 è il metodo di analisi delle funzioni DEMPE (v. punto 148 supra). Nell’ambito della constatazione principale dell’esistenza di un vantaggio economico, la Commissione si è focalizzata segnatamente su tale metodo di analisi.

153    A tal riguardo, occorre ricordare che, come risulta dall’articolo 1 e – in maniera implicita – segnatamente dai considerando 394 e 620 della decisione impugnata, la misura in questione, quale individuata dalla Commissione, è il ruling fiscale in questione, nonché la successiva accettazione delle dichiarazioni annuali sull’imposta sul reddito delle società della LuxOpCo fondate su detto ruling. Durante il periodo considerato, la LuxOpCo ha effettuato le proprie dichiarazioni dei redditi sulla base del metodo di calcolo avallato nel ruling fiscale in questione e detta decisione è stata prorogata nel 2006 e nel 2010.

154    Tenuto conto di tali elementi, occorre constatare che la Commissione poteva fondare le sue valutazioni concernenti l’esistenza di un vantaggio sugli orientamenti – i quali sono, peraltro, soltanto uno strumento non vincolante – che risultavano dalle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995. Per contro, nella misura in cui la Commissione si è fondata sulle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2010, quest’ultima versione non è rilevante, a meno che non si tratti di un chiarimento utile, senza ulteriore ampliamento, degli orientamenti già elaborati nel 1995. Del resto, poiché esse sono state pubblicate dopo il periodo considerato e nella misura in cui le raccomandazioni ivi figuranti si sono ampiamente evolute rispetto agli orientamenti del 1995, le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2017 non sono rilevanti nella specie.

155    Per quanto riguarda, in particolare, il metodo di analisi delle funzioni DEMPE, quest’ultimo non può essere considerato rilevante sotto il profilo temporale, nella specie, in quanto esso costituisce uno strumento elaborato soltanto nelle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2017.

2)      Sui presunti errori commessi dalla Commissione in sede di applicazione del TNMM nella decisione impugnata

156    Come ho illustrato al punto 9 supra, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano tutta una serie di valutazioni della Commissione connesse all’applicazione del TNMM nell’ambito della constatazione principale del vantaggio.

157    Si ricorda che il TNMM è un metodo indiretto di determinazione dei prezzi di trasferimento. Come descritto al punto 3.26 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, tale metodo consiste nel determinare, a partire da una base appropriata, l’utile netto realizzato da un contribuente per un’operazione controllata o per operazioni controllate strettamente connesse o continuative. Per determinare siffatta base appropriata, si deve scegliere un indicatore del livello di utile, come i costi, le vendite o l’attivo. L’indicatore dell’utile netto ottenuto dal contribuente per un’operazione controllata deve essere determinato con riferimento all’indicatore dell’utile netto che lo stesso contribuente o una società indipendente realizza per operazioni analoghe sul libero mercato.

158    Come risulta dal punto 3.26 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, il TNMM comporta l’individuazione di una parte dell’operazione per la quale un indicatore del livello di utile è sottoposto a test, ad esempio un margine sui costi. Tale parte è designata come la «parte da sottoporre a test». Si tratta della parte della quale deve essere determinato il margine cosiddetto di «libera concorrenza». In linea generale, la parte da sottoporre a test è quella a cui un metodo di determinazione del prezzo di trasferimento può essere applicato nel modo più affidabile possibile e per la quale possono essere trovati gli elementi comparabili più affidabili.

159    La scelta della parte da sottoporre a test viene effettuata sulla base di un’analisi funzionale delle parti coinvolte nella transazione infragruppo. Secondo il punto 3.43 delle linee guida dell’OCSE in materia di prezzi di trasferimento nella loro versione del 1995, la parte da sottoporre a test sarà nella maggior parte dei casi quella la cui analisi funzionale è meno complessa. Secondo un’ottica condivisa già esistente all’epoca in cui si applicavano le linee guida del 1995, l’analisi funzionale comporta il più delle volte di esaminare le funzioni esercitate da un’entità, i beni detenuti e i rischi assunti.

160    Inoltre, occorre rilevare che il TNMM è ritenuto essere un metodo appropriato per testare la remunerazione a normali condizioni di mercato della parte che non fornisce un contributo unico o di valore in relazione alla transazione oggetto dell’analisi dei prezzi di trasferimento.

161    Nella specie, il Granducato di Lussemburgo e Amazon non contestano, in quanto tale, la scelta, da parte della Commissione, del TNMM. Per contro, essi contestano unicamente il fatto che l’applicazione di tale metodo, come effettuata dalla Commissione, sia stata corretta. In primo luogo, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano l’analisi funzionale operata dalla Commissione e la scelta della LuxSCS quale parte da sottoporre a test ai fini dell’applicazione del TNMM; in secondo luogo, il calcolo della remunerazione della LuxSCS, ossia la scelta dell’indicatore del livello di utile e della percentuale di margine adottata dalla Commissione in applicazione del TNMM, e, in terzo luogo, l’affidabilità del risultato ottenuto.

i)      Sull’analisi funzionale e la scelta, da parte della Commissione, della LuxSCS in quanto parte da sottoporre a test

162    I considerando da 409 a 561 della decisione impugnata, ossia quelli concernenti la constatazione principale del vantaggio, sono intesi a dimostrare, sostanzialmente, che, nella specie, le autorità fiscali lussemburghesi avrebbero dovuto applicare il TNMM, utilizzando la LuxSCS come la parte da sottoporre a test, poiché quest’ultima sarebbe, alla luce dell’analisi funzionale effettuata dalla Commissione, la parte «meno complessa». Risulta parimenti da tali considerando che, secondo la Commissione, se le autorità fiscali lussemburghesi avessero fatto un’applicazione del TNMM utilizzando la LuxSCS come parte da sottoporre a test, la remunerazione della LuxOpCo sarebbe stata superiore alla remunerazione determinata applicando il ruling fiscale in questione. Secondo la Commissione, di conseguenza, l’applicazione del TNMM utilizzando la LuxSCS come parte da sottoporre a test sfocia in una royalty inferiore per la LuxSCS e pertanto in una remunerazione superiore per la LuxOpCo.

163    Nell’ambito della seconda parte del primo motivo nella causa T‑816/17 e del secondo motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano l’analisi funzionale effettuata dalla Commissione. Essi fanno valere segnatamente che le funzioni della LuxSCS, nonché le attività sottostanti e i rischi assunti dalla stessa sono stati ridotti al minimo dalla Commissione. A loro avviso, la LuxSCS deteneva i beni immateriali ed esercitava funzioni uniche e di valore e non poteva, per detto motivo, essere ritenuta l’entità da sottoporre a test ai fini dell’applicazione del TNMM effettuata dalla Commissione.

164    In tale contesto, occorre sottolineare che, con la loro linea argomentativa concernente la constatazione principale del vantaggio, il Granducato di Lussemburgo e Amazon non rimettono in discussione la fondatezza della scelta, operata dalla Commissione, del TNMM quale metodo appropriato per la determinazione del carattere di libera concorrenza della royalty. Allorché rimettono in discussione le valutazioni della Commissione per quanto riguarda l’analisi funzionale della LuxSCS figurante nella sezione 9.2.1.1 della decisione impugnata, il Granducato di Lussemburgo e Amazon mirano dunque, in sostanza, a contestare l’affermazione della Commissione secondo la quale la LuxSCS avrebbe dovuto essere considerata dalle autorità fiscali lussemburghesi la parte «meno complessa» e dunque la parte da sottoporre a test nell’ambito dell’applicazione del TNMM.

165    Per rispondere a tali argomenti del Granducato di Lussemburgo e di Amazon secondo i quali la Commissione non sarebbe stata legittimata a concludere che le autorità fiscali lussemburghesi avrebbero dovuto applicare il TNMM utilizzando la LuxSCS come parte da sottoporre a test, non è necessario verificare la fondatezza dell’analisi funzionale della LuxOpCo. Per contro, poiché la Commissione ha tentato di applicare il TNMM utilizzando la LuxSCS come parte da sottoporre a test, è sufficiente verificare la fondatezza dell’analisi funzionale della LuxSCS, come tale analisi risulta dalla sezione 9.2.1.1 della decisione impugnata, e se, alla luce di tale analisi, era possibile applicare in maniera sufficientemente affidabile il TNMM alla LuxSCS.

166    A tal riguardo, occorre ricordare in via preliminare che, secondo il punto 3.43 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, la parte alla quale il TNMM è applicato «dovrà essere la società per la quale si possono individuare dati affidabili sulle operazioni più strettamente paragonabili»; che ciò «implicherà spesso la scelta della società collegata meno complessa tra le società coinvolte nell’operazione e priva di beni immateriali singoli e di valore» e che, «[t]uttavia, la scelta potrà essere limitata dall’insufficienza di dati disponibili». Secondo detto punto, in altri termini, se, come regola generale, l’entità per la quale esiste il maggior numero di elementi affidabili ai fini dell’individuazione di elementi comparabili è spesso l’entità «meno complessa», la finalità dell’applicazione del TNMM non consiste necessariamente nel subordinare tale applicazione all’individuazione dell’entità «meno complessa». Per contro, ciò che rileva in sede di applicazione di tale metodo è avere individuato la parte per la quale possono essere trovati i dati più attendibili, da un lato, e la questione se il TNMM possa essere applicato in maniera affidabile a suddetta parte, dall’altro.

167    Quale conseguenza di ciò che è stato illustrato al punto 166 supra, e come risulta, in particolare, dai punti 3.26, 3.28, 3.29, 3.34 e 3.43 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, l’applicazione del TNMM comporta necessariamente di trovare dati attendibili per il raffronto con la parte da sottoporre a test. In tal senso, la totalità delle valutazioni concernenti l’analisi funzionale, l’esame delle funzioni, le considerazioni concernenti i beni e i rischi assunti, nonché tutte le considerazioni concernenti il carattere «unico e di valore» dei beni utilizzati sono unicamente criteri da prendere in considerazione nella scelta della parte da sottoporre a test al fine di assicurare un risultato affidabile.

168    È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare le censure intese a contestare l’analisi funzionale della LuxSCS effettuata dalla Commissione, nonché la sua conclusione secondo la quale tale entità doveva essere l’entità da sottoporre a test.

169    A tal riguardo, occorre ricordare che, nella sezione 9.2.1.1.1 della decisione impugnata (considerando da 419 a 429 di tale decisione), la Commissione ha decritto le funzioni esercitate dalla LuxSCS nel contesto della transazione controllata.

170    In sostanza, come riassunto al considerando 418 della decisione impugnata, l’analisi della Commissione si basa sulle tre seguenti affermazioni principali. Anzitutto, essa ha ritenuto che la LuxSCS non avesse esercitato funzioni «attive» collegate allo sviluppo, al miglioramento, alla gestione e allo sfruttamento dei beni immateriali; che essa non vi fosse autorizzata, a causa della licenza esclusiva rilasciata alla LuxOpCo, e che la stessa non ne avesse neanche la capacità. La Commissione ha poi indicato che, a suo avviso, la LuxSCS non aveva utilizzato beni connessi a tali beni immateriali, ma aveva semplicemente detenuto passivamente la proprietà di detti beni e una licenza su questi ultimi ai sensi dell’ARC. Infine, essa ha rilevato che la LuxSCS non aveva sostenuto né controllato i rischi associati a suddette attività, né aveva avuto la capacità operativa e finanziaria di farlo.

171    Al considerando 429 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso che, durante il periodo considerato, le uniche funzioni che avrebbero potuto effettivamente essere considerate come esercitate dalla LuxSCS erano funzioni legate al mantenimento della sua «proprietà giuridica» dei beni immateriali, nonostante anche tali funzioni fossero state esercitate sotto il controllo della LuxOpCo. Di fatto, come emerge dai considerando 418 e 430 della decisione impugnata, la LuxSCS si sarebbe limitata a detenere «passivamente» i beni immateriali.

172    Quindi, nella sezione 9.2.1.1.2 della decisione impugnata, intitolata «Beni utilizzati da LuxSCS», e in particolare al considerando 430 di tale decisione, la Commissione, in sostanza, ha ricordato ancora una volta che la LuxSCS era unicamente il detentore passivo dei beni immateriali. Al considerando 431 della decisione impugnata, la Commissione ha contestato il fatto che la LuxSCS avrebbe utilizzato i beni immateriali cedendoli in licenza alla LuxOpCo. Al considerando 432 della decisione impugnata, essa ha ribadito la sua posizione secondo la quale, in ogni caso, la LuxSCS non aveva la capacità di utilizzare effettivamente i beni immateriali.

173    Infine, nella sezione 9.2.1.1.3 della decisione impugnata (considerando da 436 a 446 di tale decisione), intitolata «Rischi assunti da LuxSCS», la Commissione ha analizzato i rischi sostenuti dalla LuxSCS nella misura in cui i rischi in parola erano rilevanti nell’ambito dell’accordo di licenza. Al considerando 446 di detta decisione, essa ha concluso a tal riguardo che non si poteva ritenere che la LuxSCS avesse effettivamente assunto i rischi associati allo sviluppo, al miglioramento, alla gestione e allo sfruttamento dei beni immateriali di Amazon e che essa non aveva la capacità finanziaria di assumersi suddetti rischi.

174    Inoltre, nella sezione 9.2.1.4.1 della decisione impugnata, intitolata «La parte sottoposta a test dovrebbe essere LuxSCS», la Commissione ha affermato, in sostanza, che era necessario evitare di confondere la complessità dei beni detenuti e la complessità delle funzioni svolte dalle parti coinvolte nella transazione infragruppo interessata (considerando 546 della decisione impugnata). Essa ha poi sostenuto che non esisteva alcuna base per affermare che una società collegata appartenente a un gruppo che concede in licenza un bene immateriale a un’altra società del gruppo svolga funzioni più complesse rispetto a quest’ultima semplicemente perché la prima società detiene la proprietà giuridica di un bene complesso (considerando 546 della decisione impugnata). Di conseguenza, a suo avviso, l’amministrazione fiscale lussemburghese avrebbe dovuto respingere l’affermazione di Amazon secondo la quale la mera proprietà giuridica dei beni immateriali costituiva di per sé un «contributo unico». Essa avrebbe dovuto piuttosto richiedere un’analisi funzionale che dimostrasse che la LuxSCS svolgeva «funzioni uniche e di valore» (considerando 547 della decisione impugnata). Infine, secondo la Commissione, nonostante la LuxSCS fosse l’entità proprietaria giuridica dei beni immateriali durante il periodo considerato, l’analisi funzionale di cui alla sezione 9.2.1.1 della decisione impugnata dimostrerebbe che tale società non ha esercitato alcuna funzione «attiva» ed essenziale in relazione allo sviluppo, al miglioramento, alla manutenzione o allo sfruttamento degli stessi (considerando 548 della decisione impugnata).

175    Le valutazioni della Commissione relative alle funzioni della LuxSCS si sovrappongono in larga misura a quelle relative ai beni utilizzati dalla LuxSCS. Lo stesso vale per quanto riguarda gli argomenti sollevati dal Granducato di Lussemburgo e di Amazon nei confronti di tali valutazioni. Occorre dunque analizzare congiuntamente tali argomenti e successivamente quelli relativi ai rischi assunti dalla LuxSCS al fine di verificare se la Commissione abbia correttamente ritenuto che quest’ultima dovesse essere considerata l’entità da sottoporre a test.

–       Sulle funzioni e sui beni della LuxSCS

176    Il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano le affermazioni della Commissione concernenti le funzioni della LuxSCS. Per contro, per quanto riguarda i beni immateriali della LuxSCS, essi concordano nel ritenere che questi ultimi fossero «unici e di valore», senza tuttavia premurarsi di definire tali termini.

177    In primo luogo, il Granducato di Lussemburgo e Amazon addebitano alla Commissione di non avere tenuto conto del fatto che le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 disponevano che la parte che detiene i beni immateriali non sarebbe generalmente la parte sottoposta a test per l’applicazione del TNMM. Al riguardo, il Granducato di Lussemburgo e Amazon insistono sul fatto che la LuxSCS deteneva beni immateriali unici e di valore. La tecnologia messa a disposizione dalla LuxSCS avrebbe svolto un ruolo centrale nello sviluppo delle attività del gruppo Amazon in Europa. Tali beni immateriali sarebbero stati indispensabili per tutte le attività del gruppo Amazon in Europa. Inoltre, il Granducato di Lussemburgo sottolinea che, con la concessione di una licenza sui beni immateriali alla LuxOpCo, la LuxSCS ha fatto beneficiare la LuxOpCo delle attività di sviluppo realizzate dalla ATI e dalla A 9 negli Stati Uniti e le ha consentito di sfruttare in maniera ottimale detti beni. Di conseguenza, la LuxOpCo dovrebbe remunerare la LuxSCS non soltanto per i suoi contributi, ma anche indirettamente le entità americane del gruppo Amazon per i loro contributi.

178    In secondo luogo, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano la posizione della Commissione consistente nel distinguere fra funzioni cosiddette «attive» e funzioni cosiddette «passive», e nel prendere in considerazione soltanto queste ultime ai fini dell’analisi funzionale. Essi addebitano alla Commissione, in tale contesto, anche di non avere tenuto conto, nell’analisi delle funzioni, del fatto che la LuxSCS abbia messo i beni immateriali a disposizione della LuxOpCo, nell’ambito della transazione controllata. Amazon aggiunge che la messa a disposizione dei beni immateriali tramite la concessione alla LuxOpCo di una licenza costituisce uno sfruttamento di suddetti beni da parte della LuxSCS, come raccomandato dal punto 6.32 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2017.

179    In terzo luogo, il Granducato di Lussemburgo e Amazon fanno valere che la LuxSCS, contrariamente a quanto dedotto dalla Commissione, ha esercitato funzioni uniche e di valore. In tale contesto, essi indicano segnatamente che, tramite la sua partecipazione all’ARC, la LuxSCS contribuiva allo sviluppo continuo dei beni immateriali, sebbene non avesse avuto dipendenti. Sempre secondo il Granducato di Lussemburgo e Amazon, i contributi delle entità americane ATI e A 9, ossia lo sviluppo e i miglioramenti continui della proprietà intellettuale, devono essere attribuiti alla LuxSCS o considerati parte dei contributi della LuxSCS. A loro avviso, la LuxSCS avrebbe dunque esercitato funzioni «uniche e di valore» che giustificherebbero la circostanza di considerarla la parte più complessa della transazione. Amazon fa valere, inoltre, che il fatto che la LuxSCS abbia avuto o meno la capacità di gestire un’impresa di commercio elettronico completamente da sola e senza concedere una licenza sui beni immateriali ad un’altra entità sarebbe irrilevante al fine di valutare il carattere unico delle sue funzioni.

180    La Commissione contesta tali argomenti.

181    La Commissione insiste sul fatto che la LuxSCS si sia limitata a detenere «passivamente» i beni immateriali e che non li abbia effettivamente utilizzati. La mera proprietà di un bene immateriale unico e di valore non sarebbe sufficiente per ritenere che tale entità sia complessa. Nella specie, essa non sarebbe neanche sufficiente per giustificare l’attribuzione alla LuxSCS della quasi totalità degli utili generati dalla LuxOpCo, anche se nessuna delle attività della LuxOpCo potrebbe essere esercitata senza accesso ai beni immateriali. Dopo la conclusione dell’accordo di licenza, la LuxSCS non sarebbe più stata autorizzata ad utilizzare i beni, e neppure ne avrebbe avuto la capacità. Solo la LuxOpCo avrebbe utilizzato i beni immateriali nell’ambito delle sue attività commerciali. In tale contesto, la Commissione ricorda parimenti che la LuxSCS non disponeva di dipendenti né aveva la capacità di esercitare le funzioni connesse allo sviluppo, al miglioramento e allo sfruttamento dei beni immateriali.

182    Per di più, secondo la Commissione, il Granducato di Lussemburgo e Amazon fanno erroneamente riferimento ai contributi delle entità del gruppo Amazon situate negli Stati Uniti (v. punto 179 supra), in quanto queste ultime non sono interessate dall’accordo di licenza e agiscono indipendentemente dalla LuxSCS. Ogni eventuale funzione di tali entità in relazione ai beni immateriali, la circostanza che Amazon.com dirigeva la LuxSCS o la LuxOpCo o, ancora, le caratteristiche dell’accordo di adesione e dell’ARC sarebbero dunque irrilevanti per l’analisi funzionale della LuxSCS. Le funzioni di sviluppo svolte dalla ATI e dalla A 9 non potrebbero dunque essere attribuite alla LuxSCS, poiché le diverse parti dell’ARC agiscono per loro conto e a loro rischio. La Commissione fa valere che, in ogni caso, l’accordo di adesione e l’ARC fissavano già la remunerazione di libera concorrenza per le funzioni esercitate dalla ATI e dalla A 9 in relazione ai beni immateriali. Qualsiasi altra transazione infragruppo fra le entità americane e la LuxOpCo in relazione ai beni immateriali, la cui esistenza non sarebbe in ogni caso stata dimostrata né dal Granducato di Lussemburgo né da Amazon, non può giustificare il versamento degli utili residui dalla LuxOpCo alla LuxSCS.

183    A tal riguardo, in primo luogo, occorre ricordare che, come è già stato rilevato al punto 166 supra, secondo il punto 3.43 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, la «società collegata alla quale viene applicato il metodo del margine netto della transazione dovrebbe essere la società per la quale possono essere individuati dati affidabili sulle operazioni più strettamente comparabili» e ciò «implic[herebbe] spesso la scelta della società collegata meno complessa tra le società coinvolte nell’operazione e priva di beni immateriali di valore o di beni unici». La nozione di «beni unici» o «di valore» non viene chiarita in maniera esplicita nelle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995.

184    Dal punto 3.43 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 risulta che tali linee guida raccomandano di non considerare la parte detentrice dei beni unici e di valore la parte da sottoporre a test ai fini dell’applicazione del TNMM, bensì di preferirle un’altra entità parte della transazione controllata. La logica sottesa a detto punto 3.43 è quella secondo cui, in generale, è più complicato poter trovare elementi comparabili attendibili al fine di esaminare la parte della transazione controllata che possiede beni immateriali unici e di valore. Tale ottica emergerebbe parimenti dal punto 6.26 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995. Secondo detto punto, in presenza di beni immateriali di elevato valore, poteva essere difficile individuare transazioni comparabili tra imprese indipendenti. Da questo stesso punto risulta che il mero possesso di beni immateriali unici o di valore renderebbe più difficile l’individuazione di elementi comparabili. Si deve rilevare che il punto 6.26 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 si basa sulla premessa secondo la quale un bene immateriale può essere reputato «unico» quando non vi è un elemento comparabile per tale bene. Un bene immateriale è «di valore» quando consente di generare entrate considerevoli. Inoltre, occorre constatare che un’ottica siffatta corrisponde alla definizione della nozione che figura al punto 6.17 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2017. Risulta da suddetto punto che i «beni immateriali “esclusivi e rilevanti”» sono quelli, in primo luogo, che non sono comparabili ai beni immateriali utilizzati dalle parti in operazioni potenzialmente comparabili e, in secondo luogo, dal cui utilizzo nell’attività operativa sono attesi benefici economici futuri maggiori di quelli attesi in loro assenza.

185    Nella specie, in primo luogo, è pacifico che la LuxSCS deteneva i diritti sui beni immateriali del gruppo Amazon in Europa e che essa metteva tali beni a disposizione della LuxOpCo, in forza dell’accordo di licenza.

186    In proposito, occorre rilevare ad integrazione degli elementi indicati ai punti 4 e 5 supra che, in forza dell’accordo di cessione concluso fra la ATI e la LuxSCS il 1° gennaio 2005, il quale è una delle componenti dell’accordo di adesione, la LuxSCS si è vista trasferire la proprietà di una parte di tali beni (v. punti 3.1 e 3.2 di detto accordo), ossia, segnatamente ed essenzialmente, i nomi di domini Internet in Europa, come amazon.co.uk, amazon.fr e amazon.de.

187    Successivamente, in forza dell’accordo di licenza concluso fra la ATI e la LuxSCS il 1° gennaio 2005, la LuxSCS ha ottenuto il diritto di utilizzare, in Europa, la maggior parte dei beni immateriali del gruppo Amazon preesistenti nel 2005, ossia la tecnologia, le invenzioni, i brevetti, i marchi, i diritti connessi ai clienti, ecc., senza che tale diritto di licenza della LuxSCS sia stato un diritto esclusivo.

188    Inoltre, ai sensi del punto 6.2, lettera a), e del punto 6.3, lettera a), dell’ARC, la LuxSCS deteneva una licenza non esclusiva sulla proprietà intellettuale della A 9 e della ATI, sviluppata dopo il 2005, nonché la proprietà dei diritti derivati, sviluppata dopo il 2005, a partire dai beni immateriali di cui la LuxSCS detiene il titolo legale.

189    Infine, la LuxSCS ha parimenti concluso accordi di licenza e di cessione di diritti di proprietà intellettuale (Intellectual Property Assignment and License Agreement) con le società collegate europee, in forza dei quali essa ha ricevuto i marchi depositati e i diritti di proprietà intellettuale sui siti Internet europei che esse detenevano.

190    Pertanto, i beni immateriali sui quali la LuxSCS deteneva dei diritti includevano le tre categorie di proprietà intellettuale seguenti: la tecnologia, i beni immateriali connessi al marketing e i dati clienti. La tecnologia comprendeva una gamma completa che inglobava tutti gli aspetti dell’attività del gruppo Amazon e segnatamente le tecnologie per la piattaforma software di tale gruppo, l’aspetto del sito, il catalogo, l’elaborazione degli ordini, la logistica, le funzionalità di ricerca e di navigazione, il servizio clienti e le funzionalità di personalizzazione.

191    In secondo luogo, occorre rilevare che, pur se la Commissione sostiene che la LuxSCS non esercitava «funzioni uniche e di valore» in relazione ai beni immateriali, essa non contesta il carattere «unico e di valore dei beni immateriali» detenuti dalla LuxSCS e messi a disposizione della LuxOpCo nell’ambito della transazione controllata.

192    In particolare, la Commissione non ha contestato, in maniera fondata, l’affermazione di Amazon secondo la quale la tecnologia era unica, poiché non vi erano elementi comparabili e secondo la quale essa svolgeva un ruolo essenziale nei diversi aspetti delle attività commerciali del gruppo Amazon in Europa e consentiva dunque di generare entrate considerevoli. Inoltre, occorre rilevare che non viene rimesso in discussione, come sostenuto da Amazon, il fatto che le attività commerciali del gruppo non avrebbero potuto acquisire una tale portata e ottenere un simile successo in Europa – come peraltro in altre regioni del mondo – senza la tecnologia. Persuade parimenti l’affermazione del Granducato di Lussemburgo secondo la quale, durante il periodo considerato, il gruppo Amazon si è basato sulla sua tecnologia, la quale era «al centro del [suo] “business model”» (modello aziendale), quale elemento di differenziazione concorrenziale, nel senso che è appunto tale tecnologia ad avere costituito il contributore unico e prezioso che ha consentito (e consente ancora) al gruppo Amazon di continuare ad essere competitivo in un ambiente altamente concorrenziale caratterizzato da margini stretti. Risulta peraltro dal considerando 338 della decisione impugnata che anche una parte dei concorrenti del gruppo Amazon ammettono che, a causa di una strategia «molto aggressiva negli investimenti in tecnologia», la piattaforma di vendita del gruppo Amazon «costituisce attualmente un vantaggio competitivo difficile da eguagliare». Per quanto riguarda la tecnologia, si trattava dunque di un bene per il quale non vi era un elemento comparabile.

193    A detto riguardo, e inoltre, occorre sottolineare che non è necessario esaminare gli argomenti della Commissione intesi a far valere che la sola tecnologia non era sufficiente per gestire le attività commerciali del gruppo Amazon in Europa e che le funzioni umane svolte dai dipendenti della LuxOpCo erano parimenti importanti. Infatti, tali argomenti, ammesso che siano fondati, non rimettono in discussione la constatazione secondo la quale la tecnologia svolgeva un ruolo essenziale nelle attività commerciali del gruppo Amazon in Europa e costituiva pertanto un bene unico e di valore.

194    Per quanto riguarda i marchi registrati in Europa, si deve constatare che, alla data in cui la LuxSCS si è vista trasferire tali beni, i quali beneficiavano già della reputazione internazionale del gruppo Amazon, dagli elementi del fascicolo non emerge l’esistenza di beni comparabili sul mercato europeo. Si deve dunque ritenere che i marchi in questione fossero unici. È pacifico che il loro impiego ha consentito di generare entrate considerevoli in Europa. Tali marchi erano dunque parimenti «di valore». Per quanto riguarda i dati clienti, neanch’essi avevano avuto elementi comparabili e consentivano di generare utili importanti. Si deve dunque ritenere che tali beni immateriali fossero parimenti unici e di valore.

195    In siffatte circostanze, tenuto conto del punto 3.43 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 e alla luce del fatto che i beni immateriali del gruppo Amazon e segnatamente la tecnologia costituivano beni unici e di valore attuati dalla LuxSCS nell’ambito della transazione controllata, alle autorità fiscali lussemburghesi non poteva essere contestato di avere ritenuto, al pari degli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, che fosse corretto, secondo le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, scegliere una società diversa dalla LuxSCS quale parte da sottoporre a test. Inoltre, se, come suggerito dalla Commissione alla nota 681 della decisione impugnata, secondo le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2017, un detentore passivo non può essere la parte più complessa e può essere dunque la parte da sottoporre a test nell’ambito dell’applicazione del TNMM, è giocoforza constatare che ciò non avveniva nel periodo considerato, il quale deve essere esaminato nella specie alla luce delle sole linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995.

196    Al punto 83 del controricorso nella causa T‑318/18, la Commissione sembra voler insistere sul fatto che, secondo il punto 3.43 dei principi dell’OCSE nella loro versione del 1995, è solo «spesso» che la scelta della parte da sottoporre a test implicherà la scelta della società collegata «meno complessa tra le società coinvolte nell’operazione e priva di beni immateriali di valore o di beni unici», senza tuttavia che si tratti di una regola assoluta al riguardo. Nella misura in cui la Commissione intenda affermare che la regola contenuta al punto 3.43 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 non è una regola assoluta, bensì una regola che può essere disapplicata se circostanze particolari concernenti la transazione controllata interessata lo giustifichino, è giocoforza constatare che essa non spiegato, nella decisione impugnata, perché tale raccomandazione doveva, nella specie, essere disattesa. La Commissione non ha dimostrato che le autorità fiscali lussemburghesi avrebbero dovuto discostarsi dalla regola contenuta al punto 3.43 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 a causa di una peculiarità propria della transazione controllata interessata nella specie, ossia l’accordo di licenza.

197    In secondo luogo, e in ogni caso, occorre constatare che la Commissione ha erroneamente ritenuto che, oltre a funzioni di mantenimento della sua proprietà intellettuale, la LuxSCS non esercitasse alcuna funzione «attiva e critica» in relazione ai beni immateriali (v. considerando 420 della decisione impugnata) né «alcuna funzione attiva ed essenziale» in relazione ai beni immateriali (v. considerando 548 di detta decisione) e neppure «alcuna funzione volta ad aumentare il valore dei beni immateriali» (v. considerando 526 della stessa decisione).

198    In primo luogo, per quanto riguarda la distinzione operata dalla Commissione fra la detenzione cosiddetta «passiva» (considerando 418 e 430 della decisione impugnata) e la detenzione «attiva» dei beni immateriali, nonché fra funzioni «attive» e «passive» (considerando 548 della decisione impugnata), occorre constatare, al pari del Granducato di Lussemburgo e di Amazon, che le linee guida dell’OCSE rilevanti nella specie non prevedevano una siffatta distinzione.

199    Le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 si limitano infatti ad indicare, al loro punto 1.20, che, in generale, qualora occorra determinare il carattere di libera concorrenza di una remunerazione stabilita nell’ambito di una transazione controllata, occorre verificare se tale remunerazione corrisponda «alle funzioni assunte da ciascuna impresa» e «comparare le funzioni svolte dalle parti».

200    È vero che non è escluso che il punto 1.20 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 possa essere interpretato nel senso che il termine «svolte» rimandi a funzioni cosiddette «attive».

201    Tuttavia, dal punto 1.20 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 non discende chiaramente che solo funzioni «attive» potevano essere prese in considerazione ai fini dell’analisi funzionale delle parti della transazione. Da tale punto non risulta neanche che un’entità non possa essere considerata come l’entità che «assume» o «svolge» funzioni allorché detiene determinati beni e si limita a finanziare, ad esempio, il loro sviluppo o i loro miglioramenti.

202    Inoltre, occorre sottolineare che, secondo il punto 1.22 delle linee guida dell’OCSE, può essere «interessante ed utile, quando si identificano e si raffrontano le funzioni svolte, prendere in considerazione i beni che sono o verranno impiegati» e che «occorre considerare, a tal riguardo, il tipo di beni utilizzati (stabilimenti, apparecchiature, elementi immateriali, ecc.) e le caratteristiche di tali beni (età, valore di mercato, localizzazione, esistenza di diritti di proprietà industriale, ecc.)». In altri termini, si raccomanda di tenere conto del fatto che una società metta a disposizione beni nell’ambito della transazione controllata ai fini dell’esame delle funzioni svolte. Ne discende che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, la messa a disposizione di beni immateriali doveva essere presa in considerazione per esaminare le funzioni svolte o assunte da una parte coinvolta in una transazione infragruppo, senza che sia pertinente una distinzione fra funzioni «attive» e «passive».

203    In secondo luogo, quand’anche la Commissione possa effettivamente operare una distinzione fra le funzioni «passive» e «attive», essa ha erroneamente concluso, come risulta dal considerando 420 della decisione impugnata, che la LuxSCS era un mero detentore passivo dei beni immateriali, che essa si era limitata a mantenere i beni immateriali e che non poteva esserle attribuita nessun’altra funzione attiva.

204    Da un lato, la Commissione ha omesso di prendere in considerazione il fatto che la LuxSCS ha effettivamente sfruttato detti beni mettendoli a disposizione della LuxOpCo in cambio del pagamento di una royalty tramite l’accordo di licenza.

205    Infatti, è pacifico che, in forza dell’accordo di licenza, la LuxSCS ha dato in licenza alla LuxOpCo l’insieme dei beni immateriali di Amazon nel territorio europeo. Tale accordo aveva ad oggetto non solo la totalità dei beni immateriali di cui all’accordo di adesione e all’ARC, ma anche i beni immateriali, e segnatamente i marchi, che essa aveva ricevuto nel 2006 da società collegate europee, nonché i diritti derivati che ne risultavano. Orbene, il fatto di dare in licenza i beni immateriali alla LuxOpCo in cambio del pagamento della royalty costituisce uno sfruttamento di tali beni, il che equivale a svolgere una funzione attiva.

206    Simile sfruttamento corrisponde ad un utilizzo dei beni immateriali da parte della LuxSCS, la cui presunta assenza è deplorata dalla Commissione ai considerando da 430 a 432 della decisione impugnata.

207    Lo sfruttamento dei beni immateriali da parte della LuxSCS tramite la loro messa a disposizione alla LuxOpCo nell’ambito dell’accordo di licenza soddisfa parimenti il criterio suggerito dalla Commissione al punto 83 del suo controricorso nella causa T‑318/18. Secondo tale criterio, la regola contenuta al punto 3.43 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, come menzionata ai punti 183 e 184 supra, sarebbe stata creata dagli autori di dette linee guida «partendo dal postulato che la parte coinvolta in una transazione controllata, la quale detenga beni immateriali è (…) quella che li utilizza (…) nell’ambito dell’esercizio di funzioni attive in relazione a tale transazione». A detto riguardo, senza che sia necessario stabilire se la Commissione sia legittimata a considerare che occorra interpretare detto punto come se richiedesse un certo utilizzo dei beni immateriali, è giocoforza constatare che il fatto di mettere i beni immateriali a disposizione della LuxOpCo nell’ambito dell’accordo di licenza costituisce un utilizzo nell’accezione accolta dalla Commissione.

208    D’altro lato, occorre rilevare che la LuxSCS ha contribuito allo sviluppo dei beni immateriali tramite la sua partecipazione finanziaria ai sensi dell’ARC. In tale contesto, si deve ricordare che, come è già stato rilevato nell’ultima frase del secondo trattino del punto 4 supra, la LuxSCS doveva versare una quota annuale dei costi relativi al programma di sviluppo dell’ARC.

209    A tal riguardo, occorre sottolineare che dalle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 non risulta che la partecipazione finanziaria ad un accordo di ripartizione dei costi non può essere considerata una vera e propria partecipazione allo sviluppo dei beni oggetto di un siffatto accordo. Al contrario, dal punto 8.15 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, il quale indica, con riferimento agli accordi di ripartizione dei costi, che «[n]on è probabilmente facile determinare il valore relativo del contributo di ciascun partecipante tranne quando tutti i contributi siano integralmente versati in moneta», risulta che un contributo finanziario ad un siffatto accordo di ripartizione dei costi può effettivamente essere un contributo valido e di valore, e ciò, dunque, a prescindere dalla questione se l’entità che ha fornito il contributo finanziario apporti parimenti contributi di altra natura. Infatti, in taluni casi, non è escluso che il contributo finanziario ad una transazione infragruppo possa essere il motore unico del successo (commerciale) della transazione.

210    Si aggiunga che, in applicazione del punto 6.3, lettera b), e del punto 6.4 dell’ARC, in cambio della sua partecipazione ai costi, la LuxSCS diveniva comproprietaria, con la A 9, di una parte dei beni immateriali che venivano costantemente sviluppati e migliorati negli Stati Uniti. Tali sviluppi e miglioramenti erano messi a disposizione dalla LuxSCS alla LuxOpCo in via costante ai sensi dell’accordo di licenza, cosicché è lecito ritenere che, dal punto di vista della LuxOpCo, essi fossero imputabili alla LuxSCS e non alle entità americane. Nell’ambito dell’accordo di licenza, i risultati degli sviluppi e dei miglioramenti dei beni immateriali sono attribuiti alla LuxSCS.

211    Da quanto suesposto risulta dunque che la Commissione ha erroneamente ritenuto, al considerando 429 della decisione impugnata, che «le uniche funzioni che avrebbero potuto essere considerate come esercitate da LuxSCS [fossero] funzioni legate al mantenimento della proprietà giuridica dei beni immateriali». Da un lato, il criterio utilizzato dalla Commissione e concernente la distinzione fra funzioni attive e passive non è rilevante. Dall’altro, anche qualora dovesse essere adottato tale criterio, occorre constatare che la LuxSCS ha messo a disposizione della LuxOpCo i beni immateriali e ha contribuito al loro sviluppo tramite il suo contributo finanziario all’ARC. Siffatte funzioni avrebbero dovuto essere prese in considerazione dalla Commissione nella sua analisi funzionale della LuxSCS, nonché ai fini della scelta della parte da sottoporre a test.

212    Tale conclusione non viene rimessa in discussione dagli altri argomenti fatti valere dalla Commissione.

213    In primo luogo, la valutazione effettuata dalla Commissione ai considerando 420 e 421 della decisione impugnata e reiterata nell’ambito del presente ricorso (v. punto 181 supra) secondo la quale la LuxSCS «non poteva esercitare alcuna funzione attiva e critica in relazione allo sviluppo, al miglioramento, alla gestione o allo sfruttamento [dei beni immateriali]», poiché la LuxSCS «non era più autorizzata a sfruttare economicamente i beni immateriali nel contesto delle attività europee [del gruppo] Amazon» non può essere accolta.

214    Infatti, la Commissione ha fondato tale constatazione sull’affermazione, ribadita in più occasioni nella decisione impugnata, secondo la quale la LuxOpCo aveva ricevuto dalla LuxSCS una licenza «irrevocabile» ed «esclusiva» (v., ad esempio, considerando 116, 419, 431, 438, 442 e 450 della decisione impugnata), il che avrebbe privato la LuxSCS di ogni possibilità di sfruttare i beni immateriali.

215    A tal riguardo, è sufficiente ricordare che il fatto di dare in licenza costituisce già uno sfruttamento.

216    In secondo luogo, la conclusione menzionata al punto 211 supra non viene rimessa in discussione dalla valutazione fatta dalla Commissione al considerando 421 della decisione impugnata e ribadita nell’ambito del presente ricorso (v. punto 181 supra) secondo la quale LuxSCS non avrebbe la capacità di svolgere funzioni, poiché non avrebbe avuto dipendenti.

217    A tal riguardo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto dedotto dalla Commissione, il fatto che la LuxSCS abbia avuto o meno la capacità di gestire un’impresa di commercio elettronico completamente da sola è irrilevante al fine di valutare le funzioni della LuxSCS connesse allo sfruttamento dei beni immateriali. Infatti, come illustrato al punto 204 supra, la LuxSCS ha effettivamente sfruttato i beni immateriali cedendoli in licenza alla LuxOpCo.

218    Inoltre, contrariamente a quanto fatto valere dalla Commissione, non era necessario che la LuxSCS avesse i propri dipendenti per contribuire allo sviluppo continuato di beni immateriali. Infatti, la LuxSCS vi contribuiva per il fatto della sua partecipazione finanziaria all’ARC.

219    In terzo luogo, la conclusione menzionata al punto 211 supra non viene rimessa in discussione dall’argomento della Commissione secondo il quale il contributo finanziario della LuxSCS allo sviluppo dei beni immateriali sarebbe stato, da parte sua, meramente artificioso, poiché il finanziamento dello sviluppo dei beni immateriali proveniva dai conti della LuxOpCo, il che avrebbe significato che la LuxOpCo avrebbe svolto tutte le funzioni attribuite dall’ARC alla LuxSCS.

220    Infatti, l’origine del capitale utilizzato dalla LuxSCS per adempiere agli obblighi finanziari incombenti alla stessa ai sensi dell’ARC, e dunque il fatto che tale capitale proveniva dal pagamento della royalty da parte della LuxOpCo, non è rilevante. Le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 non esigono che il capitale investito provenga da una fonte precisa. Non è escluso che tale capitale abbia origine da una royalty, come quella in questione, oppure provenga da un’altra fonte di reddito, come, ad esempio, un prestito.

221    In ogni caso, è pacifico che la LuxSCS disponeva, oltre al reddito ricavato dalla royalty, di un capitale proprio. Orbene, come rilevato dal Granducato di Lussemburgo, è grazie al suo capitale proprio che la LuxSCS ha potuto assorbire le perdite subite nel corso dei suoi primi anni di gestione senza intervento della LuxOpCo. Nel 2006, l’importo della royalty pagata dalla LuxOpCo alla LuxSCS era peraltro ampiamente inferiore ai pagamenti effettuati dalla LuxSCS ai sensi dell’accordo di adesione e dell’ARC.

222    In terzo luogo, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano la valutazione della Commissione, operata segnatamente ai considerando 407 e 547 della decisione impugnata, secondo la quale non si poteva ritenere che la LuxSCS avesse svolto funzioni «uniche e di valore» (v. segnatamente considerando 407 e 547 della decisione impugnata).

223    Per quanto riguarda la nozione di «funzioni uniche e di valore», occorre sottolineare che le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 non utilizzano tali termini. Solo l’espressione «beni unici e di valore» viene utilizzata, a più riprese, segnatamente nelle sezioni relative al TNMM e al metodo di ripartizione degli utili, il più delle volte per fare riferimento a beni immateriali (sviluppo o proprietà) (v., ad esempio, punti 1.8, 3.19, 3.43 e 6.26 di dette linee guida).

224    Per contro, è solo nella versione del 2017 delle linee guida dell’OCSE, le quali non sono rilevanti nella specie, che viene fatto chiaramente riferimento a funzioni o contributi «unici e di valore» e che viene effettuata una distinzione fra le «funzioni uniche e di valore», da un lato, e le «funzioni routinarie», dall’altro. Come è già stato rilevato al punto 184 supra, al loro punto 6.17, le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2017 contengono una definizione della nozione di «beni immateriali unici e di valore». Per contro, pur se gli autori delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2017 utilizzano spesso la nozione di «funzioni uniche e di valore», essi non ne forniscono una definizione.

225    Le parti principali hanno precisato ciò che intendevano con le espressioni «funzioni routinarie» o «funzioni ordinarie». In udienza, il Granducato di Lussemburgo ha rilevato che un’entità esercita «funzioni routinarie» quando svolge funzioni abituali, ossia funzioni che altre imprese potrebbero parimenti esercitare. Si tratta dunque, in sostanza, di funzioni per le quali si può facilmente trovare elementi comparabili. Amazon, da parte sua, ha sottolineato in udienza che la nozione di «funzione routinaria» non voleva dire che le funzioni in questione non avessero valore, bensì che esse potevano essere facilmente valutate (in inglese «benchmarked») e remunerate. La Commissione non ha rimesso in discussione tale comprensione. Dal punto 14 (nota 18) del controricorso nella causa T‑318/18 risulta che, secondo la Commissione, il termine «ordinarie» rinvia a funzioni che non sono uniche e per le quali esistono elementi di paragone sul libero mercato. Analogamente, al punto 17 (nota 21) del controricorso nella causa T‑816/17, la Commissione contrappone le funzioni «ordinarie» a quelle che «non sono uniche e di valore».

226    Nella specie, non occorre stabilire se, sulla base delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, la Commissione fosse già legittimata a verificare il carattere di libera concorrenza di un prezzo utilizzando la nozione di «funzioni uniche e di valore», poiché la nozione in parola sarebbe già stata applicabile all’epoca in cui le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 si applicavano, e ciò anche se esse non menzionavano detta nozione espressamente, oppure se fosse solo a partire dall’adozione delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2017 che il criterio connesso alle «funzioni uniche e di valore» poteva essere preso in considerazione a tal fine.

227    Infatti, e in ogni caso, le parti principali non hanno rimesso in discussione la rilevanza di tale criterio, bensì sono concordi nel mettere siffatto criterio al centro dei loro argomenti quale parametro pertinente per valutare la loro situazione. A tal riguardo, occorre rilevare che, come avviene nel caso della nozione di «attivi unici e di valore» (v. punto 176 supra), le parti non si sono preoccupate di definire i termini «funzioni uniche e di valore».

228    Per quanto riguarda il significato dei termini «funzioni uniche e di valore», al pari di quanto è stato rilevato al punto 184 supra, e tenuto conto dell’accezione di tali termini adottata dalle parti (v. punto 225 supra), occorre ritenere ai fini della presente causa che la nozione di «funzione unica» rimandi alla situazione in cui non vi era nessun elemento comparabile per una certa funzione. La nozione di «funzione di valore» è segnatamente relativa al fatto che la funzione in questione consente di generare entrate considerevoli. A tal riguardo, occorre constatare che, se il fatto di designare una certa funzione come «unica» esclude che la stessa funzione possa essere qualificata come «routinaria» o ancora «ordinaria», lo stesso ragionamento non può essere applicato alla nozione di «funzione di valore». Esistono parimenti «funzioni routinarie» o «ordinarie» che consentono di generare entrate considerevoli e che meritano, per questo motivo, di essere qualificate come «funzioni di valore».

229    Nella specie, da un lato, come illustrato al punto 191 supra, è pacifico che i beni immateriali oggetto dell’accordo di licenza erano unici e di valore.

230    Dall’altro, la LuxSCS ha non solo sfruttato, ma anche contribuito finanziariamente allo sviluppo di tali beni immateriali unici e di valore di cui essa era il titolare. Di conseguenza, da quanto appena indicato ai punti da 203 a 211 supra risulta che tutte le funzioni della LuxSCS in relazione con i beni immateriali avrebbero dovuto essere considerate dalla Commissione uniche e di valore. L’affermazione espressa al considerando 547 della decisione impugnata secondo la quale l’amministrazione fiscale lussemburghese avrebbe dovuto richiedere un’analisi funzionale che dimostrasse che la LuxSCS avrebbe svolto «funzioni uniche e di valore» non è dunque giustificata e deve, per questo motivo, essere respinta. Di conseguenza, alla luce delle funzioni e dei beni della LuxSCS, la conclusione della Commissione secondo la quale la LuxSCS avrebbe dovuto essere considerata la parte da sottoporre a test non persuade.

–       Sui rischi assunti dalla LuxSCS

231    Il Granducato di Lussemburgo e Amazon fanno valere, in sostanza, che la LuxSCS sopportava i rischi connessi ai beni immateriali in quanto tali, mentre la LuxOpCo sopportava unicamente i rischi connessi alle sue attività di rivenditore al dettaglio. La LuxSCS avrebbe inoltre assunto rischi finanziari in relazione ai beni immateriali, poiché essa doveva onorare il proprio obbligo, contratto ai sensi dell’accordo di adesione e dell’ARC, di pagare i costi di adesione e quelli ai sensi dell’ARC alla ATI e alla A 9.

232    La Commissione contesta tali argomenti.

233    Essa sostiene in particolare che né le decisioni dell’amministratore unico della LuxSCS né i verbali delle assemblee generali della LuxSCS menzionano decisioni critiche riguardanti la gestione dei rischi. In realtà, la LuxSCS non avrebbe avuto né la capacità finanziaria né la capacità operativa di assumere suddetti rischi. La LuxSCS avrebbe potuto sostenere i costi relativi all’accordo di adesione e all’ARC solo grazie al finanziamento percepito annualmente tramite royalties pagate dalla LuxOpCo nell’ambito dell’accordo di licenza, cosicché il capitale della LuxSCS non sarebbe mai stato esposto al rischio. Per di più, la LuxSCS avrebbe beneficiato di una capitalizzazione iniziale importante da parte della sua società madre, la quale ha coperto il pagamento da parte del soggetto entrante. In ogni caso, la LuxSCS, ai sensi dell’accordo di licenza, avrebbe trasferito i rischi finanziari alla LuxOpCo. Di conseguenza, i rischi sostenuti dalla LuxSCS sarebbero teorici, poiché la LuxSCS aveva la possibilità di risolvere l’accordo di licenza e di concedere una licenza a un’altra parte correlata o indipendente. I rischi finanziari della LuxSCS sarebbero stati anch’essi teorici, poiché la sua partecipazione finanziaria all’ARC era finanziata dalla royalty pagata dalla LuxOpCo e l’importo dei pagamenti ai sensi dell’ARC era correlato alle entrate della LuxOpCo.

234    In proposito, occorre rilevare anzitutto che, poiché la LuxSCS aveva ottenuto la piena proprietà di una parte dei beni immateriali in conformità al punto 3.1 dell’accordo di cessione concluso con la ATI il 1° gennaio 2005, essa sopportava la totalità dei rischi connessi all’esistenza dei beni immateriali in quanto tali. Si trattava, ad esempio, di rischi come la contestazione da parte di un terzo o la scadenza dei diritti relativi a beni immateriali. Ciò è la conseguenza logica del fatto che la LuxSCS era proprietaria di detti beni. Dal punto di vista dell’accordo di licenza concluso con la ATI il 1° gennaio 2005, la LuxSCS assumeva parimenti i rischi connessi allo sviluppo dei beni immateriali da parte delle entità americane ATI e A 9.

235    Dal momento che essa aveva, durante il periodo considerato, una licenza sull’altra parte dei beni immateriali, di cui al punto 3.1 dell’accordo di licenza concluso con la ATI il 1° gennaio 2005, nonché ai punti 6.1 e 6.2 dell’ARC, la LuxSCS sosteneva i rischi finanziari connessi a tali beni utilizzati a causa della sua partecipazione all’ARC. Più precisamente, la ripartizione dei costi fra le parti dell’ARC era prevista in conformità ai punti 4 e 5 dell’ARC. In forza di suddetti punti dell’ARC, la LuxSCS aveva l’obbligo di sostenere i costi connessi allo sviluppo dei beni immateriali. Sebbene la ripartizione dei costi dipendesse dalla quota di utili realizzati in Europa rispetto agli utili realizzati a livello mondiale, i costi in quanto tali erano totalmente indipendenti dal livello degli utili realizzati in Europa. A siffatto riguardo, occorre rilevare che, se i costi connessi allo sviluppo erano più elevati della royalty versata dalla LuxOpCo, è la LuxSCS che avrebbe dovuto sopportare le conseguenze finanziarie risultanti da tale scarto. Pertanto, nel caso in cui la LuxOpCo avesse registrato perdite o utili bassi, la royalty non sarebbe stata sufficiente a coprire i costi fissi sopportati dalla LuxSCS, ossia essenzialmente i pagamenti ai sensi dell’accordo di adesione e dell’ARC. In altri termini, la LuxSCS rischiava di non avere redditi sufficienti per effettuare i pagamenti da parte del soggetto entrante e di ripartizione dei costi previsti dall’accordo di adesione e l’ARC.

236    Per quanto riguarda i rischi finanziari, occorre sottolineare che, nonostante un’affermazione non suffragata espressa dalla stessa in udienza, la Commissione non ha dimostrato che l’obbligo della LuxSCS di effettuare i pagamenti dovuti ai sensi dell’ARC fosse effettivamente esattamente correlato al versamento da parte della LuxOpCo dell’importo della royalty. Al contrario, e come rilevato peraltro dalla Commissione medesima al considerando 445 della decisione impugnata, gli importi percepiti dalla LuxSCS a titolo della royalty non corrispondevano direttamente agli importi dovuti dalla LuxSCS ai sensi dell’ARC. In tal senso, nel 2006, l’importo della royalty pagata dalla LuxOpCo alla LuxSCS era ampiamente inferiore ai pagamenti da parte del soggetto entrante e di ripartizione dei costi effettuati dalla LuxSCS.

237    Sempre relativamente ai rischi finanziari sopportati dalla LuxSCS, la Commissione non è stata in grado di dimostrare che tale società non disponesse di fondi propri sostanziali. Per quanto riguarda il capitale iniziale della LuxSCS, escluso dalla Commissione al considerando 445 della decisione impugnata in quanto non pertinente, è pacifico che, almeno per l’anno 2006, è grazie a tale capitale che la LuxSCS ha potuto assorbire le perdite subite nel corso dei suoi primi anni di gestione, senza intervento della LuxOpCo.

238    Infine, è vero che, secondo i punti 2.3 e 9.2 dell’accordo di licenza, la LuxOpCo aveva l’obbligo di proteggere i beni immateriali. Infatti, da un lato, secondo i termini del punto 2.3 di detto accordo, la LuxOpCo era tenuta ad adottare tutte le misure necessarie per proteggere i diritti della LuxSCS sui beni immateriali e, dall’altro, in forza del punto 9.2 di questo stesso accordo, la LuxOpCo aveva l’obbligo di prevenire e di perseguire, a proprie spese, ogni utilizzo non autorizzato dei beni immateriali. La LuxOpCo assumeva dunque i rischi connessi alla protezione dei beni immateriali.

239    Ciò non toglie che gli altri rischi connessi ai beni immateriali erano sopportati dalla LuxSCS a causa della sua partecipazione finanziaria all’ARC.

240    Infatti, dalle disposizioni dell’accordo di licenza non risulta che la LuxSCS abbia trasferito alla LuxOpCo rischi diversi da quelli risultanti dai punti 2.3 e 9.2 di detto accordo, ossia quelli relativi all’obbligo di proteggere i beni immateriali. Quindi, contrariamente a quanto suggerito dalla Commissione, l’accordo di licenza non contiene alcuna clausola sul trasferimento, in quanto tale, della totalità dei rischi connessi ai beni immateriali dalla LuxSCS alla LuxOpCo. In particolare, l’accordo di licenza non contiene alcuna clausola relativa al trasferimento dei rischi connessi allo sviluppo dei beni immateriali.

241    Non essendo suffragata dalle disposizioni dell’accordo di licenza, la conclusione espressa dalla Commissione, segnatamente al considerando 438 della decisione impugnata, secondo la quale la LuxSCS ha trasferito alla LuxOpCo i rischi relativi allo sviluppo, alla gestione e allo sfruttamento dei beni immateriali non può pertanto essere accolta.

242    Da quanto suesposto risulta dunque che il Granducato di Lussemburgo e Amazon possono fondatamente affermare che la LuxSCS sopportava i rischi connessi alla proprietà e allo sviluppo dei beni immateriali utilizzati per gestire le attività europee, inclusi i rischi finanziari connessi allo sfruttamento di tali beni immateriali, mentre la LuxOpCo sopportava essenzialmente soltanto i rischi connessi alle proprie attività di rivenditore al dettaglio e, in particolare, i rischi relativi alle vendite e ai servizi per il mercato.

–       Conclusione sull’analisi funzionale della LuxSCS e sull’impatto di tale conclusione sulla scelta di detta società quale parte da sottoporre a test

243    Alla luce delle considerazioni figuranti ai punti da 162 a 242 supra, occorre effettuare due constatazioni.

244    In primo luogo, l’analisi funzionale della LuxSCS effettuata dalla Commissione non può essere condivisa. La Commissione ha sottovalutato le funzioni della LuxSCS. Per quanto riguarda i beni immateriali, la Commissione ha segnatamente omesso di prendere in considerazione la circostanza che, tanto secondo gli accordi contrattuali quanto nei fatti, la LuxSCS metteva a disposizione beni immateriali che non avevano elementi comparabili sul mercato e che erano dunque unici e di valore. Secondo le linee guida dell’OCSE nella loro versione rilevante nella specie, tale elemento era sufficiente, in linea di principio, per poter concludere che la LuxSCS non poteva essere considerata la parte meno complessa e dunque la parte da sottoporre a test.

245    In ogni caso, se occorreva ritenere, come fatto valere dalla Commissione, che le autorità fiscali lussemburghesi avrebbero dovuto prendere in considerazione «funzioni uniche e di valore», è giocoforza constatare che la Commissione ha ignorato la circostanza che la LuxSCS sfruttava effettivamente i beni immateriali nell’ambito della transazione controllata esaminata. La messa a disposizione dei beni immateriali aventi un valore di punta corrispondeva al fatto di svolgere una funzione unica e di valore nell’ambito dell’accordo di licenza (la transazione controllata). Come risulta dai punti da 203 a 242 supra, la LuxSCS ha svolto una serie di funzioni nell’ambito della transazione controllata diverse dal fatto di mettere a disposizione della LuxOpCo i beni immateriali. La Commissione ha trascurato tali funzioni, le quali potevano essere considerate uniche e di valore.

246    La Commissione non ha neanche debitamente preso in considerazione la circostanza che, tanto secondo gli accordi contrattuali quanto nei fatti, la LuxSCS assumeva la totalità dei rischi connessi a tali beni e al loro sviluppo nell’ambito dell’accordo di licenza, e ciò indipendentemente dalla questione se la LuxSCS fosse essa stessa controllata dalle entità americane e se è la LuxSCS che sviluppava sotto il profilo tecnico i beni immateriali oppure se, con la LuxSCS che contribuiva finanziariamente, gli sviluppi della proprietà intellettuale erano il risultato degli sforzi tecnici delle entità americane ATI e A 9. Così facendo, la Commissione ha ridotto al minimo anche la descrizione dei rischi assunti dalla LuxSCS.

247    In tali circostanze, alle autorità fiscali lussemburghesi non può essere addebitato di avere ritenuto, al pari degli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, che fosse corretto, secondo le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, non avere scelto la LuxSCS come la parte da sottoporre a test.

248    In secondo luogo, in ogni caso, quand’anche si dovesse accettare l’affermazione della Commissione secondo la quale la LuxSCS era un mero detentore passivo dei beni immateriali e non una società che ha svolto funzioni attive relative ai medesimi, è giocoforza constatare che la Commissione ha erroneamente ritenuto che la LuxSCS avrebbe dovuto essere considerata la parte da sottoporre a test.

249    Infatti, occorre ricordare che, in generale, la parte da sottoporre a test è quella alla quale è possibile applicare il TNMM nella maniera più affidabile e per la quale è possibile trovare gli elementi comparabili più affidabili.

250    Nella specie, è giocoforza constatare che la Commissione non ha dimostrato che fosse più facile trovare imprese comparabili alla LuxSCS piuttosto che imprese comparabili alla LuxOpCo, né il fatto che scegliere la LuxSCS quale entità da sottoporre a test avrebbe consentito di ottenere dati di paragone più affidabili.

251    Come risulta dal considerando 557 della decisione impugnata, la Commissione avrebbe dovuto ammettere, quando ha cercato il margine appropriato per la royalty, che non vi erano elementi comparabili per la LuxSCS.

252    Ne consegue che deve essere accolta la linea argomentativa del Granducato di Lussemburgo e di Amazon secondo la quale la Commissione ha erroneamente ritenuto che la LuxSCS dovesse essere scelta come l’entità da sottoporre a test ai fini dell’applicazione del TNMM. Ciò posto, le considerazioni che precedono sono sufficienti per accogliere in toto la linea argomentativa svolta dal Granducato di Lussemburgo e Amazon per quanto riguarda la constatazione principale della Commissione concernente l’esistenza del vantaggio, e ciò senza che sia necessario procedere ad un’analisi funzionale della LuxOpCo, né della questione se la Commissione era legittimata a respingere il CUP.

253    Tuttavia, per ragioni di completezza, occorre rilevare che le valutazioni della Commissione concernenti l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE devono parimenti essere respinte per motivi diversi da quelli connessi alla scelta della parte da sottoporre a test e all’analisi funzionale della LuxSCS, come appena illustrati. Pertanto, anche qualora dovesse essere accettata la conclusione non giustificata della Commissione secondo la quale la LuxSCS sarebbe stata la parte da sottoporre a test, la line argomentativa del Granducato di Lussemburgo e di Amazon dovrebbe essere comunque accolta, per i seguenti motivi.

ii)    Sulla remunerazione calcolata dalla Commissione per la LuxSCS partendo dalla premessa che essa era la parte da sottoporre a test

254    Ai considerando da 550 a 560 della decisione impugnata, la Commissione ha tentato di procedere alla propria applicazione del TNMM utilizzando la LuxSCS come parte da sottoporre a test. Al termine della sua analisi, al considerando 559 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso che la «remunerazione di libera concorrenza» per la LuxSCS ai sensi dell’accordo di licenza doveva corrispondere alla somma di due componenti, ossia, da un lato, dei costi di adesione e dei costi ai sensi dell’ARC, sostenuti dalla LuxSCS, in relazione ai beni immateriali, senza margine, e, dall’altro, dei costi generali di esercizio, sostenuti direttamente dalla LuxSCS per assicurare le funzioni legate al mantenimento della proprietà giuridica dei beni immateriali (in prosieguo: i «costi di mantenimento»), maggiorati del 5% (in prosieguo: la «remunerazione della LuxSCS»). Occorre rilevare a tal riguardo che la remunerazione della LuxSCS corrisponde in realtà alla royalty che, secondo la Commissione, avrebbe dovuto riscossa dalla LuxSCS presso la LuxOpCo.

255    Con la seconda censura della seconda parte del primo motivo e con la terza parte del primo motivo nella causa T‑816/17, nonché con il quarto motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon sostengono in sostanza che, anche se si dovesse accettare che la LuxSCS poteva essere considerata la parte da sottoporre a test nell’ambito del metodo TNMM (quod non), la Commissione avrebbe commesso altri errori in sede di applicazione del TNMM. Infatti, il calcolo effettuato dalla Commissione per determinare la «remunerazione di libera concorrenza» per la LuxSCS, ossia la royalty dovuta dalla LuxOpCo alla LuxSCS, non persuade.

256    Occorre affrontare tale linea argomentativa tenendo conto delle due componenti distinte dalla Commissione (v. punto 254 supra).

–       Sulla prima componente della royalty dovuta alla LuxSCS (costi di adesione e costi dell’ARC)

257    Per quanto riguarda la prima componente della royalty dovuta alla LuxSCS (v. punto 254 supra), il Granducato di Lussemburgo fa valere nell’ambito della prima censura della seconda parte del primo motivo che la royalty pagata dalla LuxOpCo alla LuxSCS dovrebbe riflettere non solo i costi di sviluppo, ma anche il valore dei beni immateriali. Tale valore non sarebbe correlato a tali costi e dunque ai pagamenti effettuati dalla LuxSCS ai sensi dell’ARC. Al punto 73 del ricorso e ai punti 32 e seguenti della replica nella causa T‑318/18, Amazon fa valere, in sostanza, la stessa censura. Inoltre, secondo il Granducato di Lussemburgo, i costi connessi all’ARC e all’accordo di adesione, i quali sarebbero il corrispettivo della messa a disposizione da parte della LuxSCS dei beni immateriali tramite l’accordo di licenza, avrebbero dovuto essere inclusi nei costi ai quali viene applicato un margine.

258    La Commissione contesta tali argomenti.

259    Essa sostiene che l’obiettivo di un accordo di ripartizione dei costi come l’ARC risiede nella divisione dei costi associati allo sviluppo dei beni immateriali, e non nell’ottenimento di un utile operativo sulle attività europee. In tal senso, la ATI e la A 9 non dovrebbero ottenere alcuna quota degli utili ricavati dalle attività commerciali in Europa al di là del rimborso dei costi di adesione e ai sensi dell’ARC. Correttamente la decisione impugnata avrebbe dunque determinato la remunerazione della LuxSCS come comprensiva di un rimborso dei pagamenti da parte del soggetto entrante e dei costi di sviluppo dell’ARC. La Commissione ricorda in tale contesto che, a suo avviso, la ragione dell’esistenza della LuxSCS era meramente fiscale. L’accordo di licenza non sarebbe stato direttamente concluso fra le entità americane e la LuxOpCo, bensì fra la LuxSCS e la LuxOpCo, al fine di evitare che le royalties fossero soggette ad imposta negli Stati Uniti. Se la LuxSCS non fosse esistita, la ATI e la A 9 avrebbero concluso un accordo di ripartizione dei costi con la LuxOpCo (e non un accordo di licenza), cosicché solo la LuxOpCo avrebbe dovuto effettuare i pagamenti. Inoltre, l’attività della LuxSCS si sarebbe limitata alla mera detenzione dei beni immateriali. La LuxSCS non avrebbe svolto essa stessa direttamente funzioni di sviluppo della proprietà intellettuale e non avrebbe dovuto dunque percepire remunerazioni a tale titolo. Essa non avrebbe svolto alcun ruolo nell’utilizzo o nello sviluppo dei beni immateriali, né avrebbe esercitato alcun controllo su tali funzioni di sviluppo e sui relativi rischi. Secondo la Commissione, non occorreva dunque applicare alcun margine ai costi di adesione e ai costi dell’ARC, poiché si tratta unicamente di costi ribaltati dalla LuxSCS sulla LuxOpCo e la LuxSCS non svolge alcuna funzione in relazione ai beni immateriali. Al contrario, la remunerazione della LuxSCS avrebbe dovuto riflettere il fatto che le funzioni e i rischi attribuiti alla LuxSCS ai sensi dell’ARC erano di fatto sopportati dalla LuxOpCo. In ogni caso, la Commissione non avrebbe ignorato, nella sua analisi funzionale, il fatto che la LuxSCS era il proprietario giuridico dei beni immateriali.

260    In via preliminare, occorre rilevare che l’esercizio consistente nell’esaminare se una royalty come quella di cui al caso di specie corrisponda ad un risultato di mercato presuppone, secondo le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, di fare riferimento al valore dei beni immateriali e non ai costi di sviluppo e di mantenimento dei medesimi. Infatti, dal punto 6.27 di dette linee risulta che, pur se i costi di sviluppo dei beni immateriali possono essere presi in considerazione ai fini della determinazione della comparabilità o del valore relativo del contributo delle diverse parti coinvolte in una transazione, non esiste un collegamento necessario fra tali costi e il valore dei beni immateriali. In particolare, il valore equo effettivo di un bene immateriale non è spesso misurabile in funzione delle spese sostenute per lo sviluppo e il mantenimento del bene immateriale. Come risulta dal punto 6.2 di dette linee, i «beni immateriali» possono avere un valore considerevole anche se non hanno valore contabile nel bilancio della società. Infine, come risulta, rispettivamente, dai punti 1.22 e 6.27 delle linee in parola, si tratta al tal riguardo di ciò che è noto come «valore di mercato» o «valore commerciale». Inoltre, occorre sottolineare che suddetto valore può essere soggetto a fluttuazioni nel tempo.

261    Nella specie, si pone la questione se la prima componente della remunerazione della LuxSCS, come calcolata dalla Commissione nella decisione impugnata, ossia, in primo luogo, il pagamento da parte del soggetto entrante senza applicare un margine e, in secondo luogo, i pagamenti ai sensi dell’ARC sempre senza applicare un margine, rifletta effettivamente il valore dei beni immateriali dati in licenza alla LuxOpCo.

262    In primo luogo, si può ben ritenere che il pagamento da parte del soggetto entrante versato dalla LuxSCS alle entità americane in cambio del trasferimento di proprietà di una parte dei beni immateriali preesistenti e di una licenza sul resto dei beni immateriali preesistenti (v. punto 4 supra) rifletta effettivamente il valore dei beni immateriali al momento della conclusione dell’accordo di adesione, ossia nel 2005.

263    Infatti, sebbene l’importo del pagamento da parte del soggetto entrante non costituisca un prezzo che è stato negoziato liberamente sul mercato, si tratta, come indicato da Amazon al punto 73 del ricorso nella causa T‑318/18, del prezzo versato in cambio dell’acquisizione dei beni immateriali preesistenti nel 2005. Un siffatto versamento, a differenza dei costi di sviluppo, può riflettere il valore dei beni immateriali oggetto del trasferimento di proprietà, ossia i beni immateriali preesistenti nel 2005.

264    Cionondimeno, occorre sottolineare che, come affermato segnatamente dal Granducato di Lussemburgo, senza essere contraddetto sul punto dalla Commissione, durante il periodo considerato, i beni immateriali sono aumentati di valore in maniera significativa grazie all’innovazione continua nella tecnologia sviluppata segnatamente dalle entità americane di Amazon, nonché grazie allo sviluppo della notorietà del marchio Amazon e dunque dei beni immateriali connessi al marketing in Europa e nel mondo. La mera aggiunta dei costi di sviluppo senza applicare un margine (pagamenti a titolo dell’ARC) al prezzo pagato per l’ottenimento dei beni immateriali preesistenti (pagamento da parte del soggetto entrante), effettuata dalla Commissione al considerando 555 della decisione impugnata, non prende in considerazione il fatto che, nella specie, il valore dei beni immateriali preesistenti è aumentato durante il periodo considerato, poiché tali beni sono stati sviluppati e migliorati progressivamente dalle entità americane e sostituiti, in parte. La mera ripercussione del pagamento ai sensi dell’accordo in adesione, invocata dalla Commissione, che può essere accettata come il valore iniziale dei beni immateriali nel 2005, non riflette dunque il valore commerciale di detti beni immateriali nel corso della totalità del periodo considerato.

265    Per di più, la Commissione ha erroneamente ritenuto che i pagamenti effettuati dalla LuxSCS ai sensi dell’accordo di adesione potrebbero essere ribaltati sulla LuxOpCo senza applicazione di un margine. L’assenza di margine non riflette ciò che parti indipendenti avrebbero accettato nell’ambito di una transazione libera sul mercato e costituisce dunque un errore di calcolo della remunerazione della LuxSCS. È infatti ragionevole ritenere, e risulta, peraltro, segnatamente dal punto 6.14 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, che le parti indipendenti che operano sul mercato tentino di ricavare profitti dalla messa a disposizione dei loro beni. Per tale motivo, l’applicazione di un margine nell’ambito del calcolo di una remunerazione come quello in questione appare essere una pratica comune sul mercato. Orbene, come fatto valere da Amazon al punto 98 del ricorso nella causa T‑318/18, se la Commissione avesse esaminato le opzioni a disposizione della LuxSCS, come raccomandato da detto punto 6.14, essa avrebbe potuto constatare che esistevano numerosi operatori di attività di commercio online in Europa, cosicché la LuxSCS avrebbe potuto valorizzare i beni immateriali al di là dei soli loro costi di sviluppo.

266    Inoltre, in secondo luogo, per quanto riguarda i pagamenti ai sensi dell’ARC, occorre rilevare che, come illustrato supra, dal punto 6.27 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 risulta che, pur se i costi di sviluppo dei beni immateriali possono essere presi in considerazione ai fini della determinazione della comparabilità o del valore relativo del contributo delle diverse parti coinvolte in una transazione, non esiste un collegamento necessario fra i costi di sviluppo e il valore di beni immateriali. La mera ripercussione del pagamento ai sensi dell’ARC suggerita dalla Commissione corrisponde unicamente al rimborso dei costi che la LuxSCS deve sostenere ai fini dello sviluppo dei beni immateriali e non riflette il valore dei beni immateriali migliorati. Il mero rimborso dei costi di sviluppo, senza che venga applicato un margine, rientra in un approccio che non corrisponde ad un risultato di mercato.

267    In suddetto contesto, si deve ricordare che l’oggetto della transazione controllata oggetto dell’esame della Commissione è la licenza dei beni immateriali concessa dalla LuxSCS alla LuxOpCo, ricordando che la LuxSCS era parte dell’ARC. È pacifico che la ATI e la A 9 svolgevano funzioni di sviluppo di una parte dei beni immateriali. Tuttavia, l’argomento della Commissione secondo il quale la ATI e la A 9 erano «remunerate» con i pagamenti ai sensi dell’ARC per tali funzioni traduce una comprensione errata dell’ARC da parte della Commissione. Dal punto 4.3 dell’ARC risulta che i pagamenti effettuati dalla LuxSCS ai sensi dell’ARC erano unicamente calcolati in quanto percentuale sui costi di sviluppo sostenuti dalle parti dell’ARC. È vero che la partecipazione della LuxSCS ai costi di sviluppo è proporzionale agli utili realizzati dalle entità detenute dalla LuxSCS, e quindi dalla LuxOpCo, rispetto agli utili realizzati dalla ATI e dalla A 9. Ciò non toglie che i pagamenti ai sensi dell’ARC corrispondono in tal modo ad una frazione dei costi di sviluppo dei beni immateriali sviluppati nell’ambito dell’ARC e messi a disposizione della LuxOpCo in conformità all’accordo di licenza e che non riflettono dunque il valore di mercato di tali beni immateriali. Orbene, è siffatto valore che una royalty di libera concorrenza ai sensi dell’accordo di licenza dovrebbe riflettere.

268    Alla luce delle considerazioni che precedono, la circostanza che la LuxSCS non abbia svolto le funzioni di sviluppo direttamente essa stessa non rimette in discussione la constatazione che l’importo della royalty versata dalla LuxOpCo deve riflettere il valore dei beni immateriali.

269    Di conseguenza, era inappropriato da parte della Commissione affermare che la remunerazione della LuxSCS poteva essere calcolata sulla base di una mera ripercussione dei costi di sviluppo dei beni immateriali.

270    La conclusione menzionata al punto 269 supra non viene rimessa in discussione dagli altri argomenti della Commissione.

271    In primo luogo, la Commissione ha fatto valere che la LuxSCS sarebbe soltanto un intermediario e che essa si sarebbe limitata a trasmettere alla LuxOpCo i costi sopportati in relazione all’accordo di adesione e all’ARC, per trasferire, successivamente, una parte della royalty ricevuta dalla LuxOpCo ai sensi dell’accordo di licenza alla A 9 e alla ATI a concorrenza di tali costi. La differenza fra gli importi percepiti a titolo della royalty e i pagamenti effettuati ai sensi dell’ARC è stata attribuita alla LuxSCS, e successivamente eventualmente ricostituita dai suoi soci, senza che la LuxSCS abbia esercitato alcuna funzione che giustificherebbe che detti importi le fossero attribuiti.

272    Tuttavia, anche se si dovesse ritenere che la LuxSCS fosse una mera intermediaria, ossia che essa fosse interposta fra la LuxOpCo e le entità americane ATI e A 9, la quale non aveva svolto funzioni di sviluppo, ciò non toglie che l’importo della royalty che avrebbe dovuto pagare la LuxOpCo, e quindi la remunerazione della LuxSCS, avrebbe dovuto riflettere il valore di mercato dei beni immateriali messi a disposizione ai sensi dell’accordo di licenza. Orbene, la mera ripercussione del pagamento ai sensi dell’ARC, fatta valere dalla Commissione, corrisponde unicamente al rimborso dei costi che la LuxSCS doveva sopportare ai fini dello sviluppo dei beni immateriali e non riflette il valore di mercato di detti beni immateriali.

273    Se, con gli argomenti menzionati al punto 271 supra, la Commissione intende far valere che la base imponibile della LuxOpCo sarebbe stata ridotta a causa dell’interposizione della LuxSCS fra la LuxOpCo e le entità americane ATI e A 9, e della conclusione dell’accordo di licenza con la LuxSCS, in contrapposizione alla conclusione di un accordo di licenza con dette entità, si deve rilevare che, nella decisione impugnata, la Commissione non si è fondata su un tale ragionamento per dimostrare l’esistenza del vantaggio a favore della LuxOpCo.

274    Inoltre, non è dimostrato che, se l’accordo di licenza fosse stato concluso dalla LuxOpCo direttamente con le entità americane, senza l’interposizione della LuxSCS fra tali società, l’importo di una royalty pagata a dette entità sarebbe stato diverso dall’importo della royalty dovuta alla LuxSCS.

275    In secondo luogo, la conclusione menzionata al punto 269 supra non viene rimessa in discussione dall’argomento sollevato dalla Commissione in udienza, secondo il quale l’ARC avrebbe potuto essere concluso direttamente con la LuxOpCo.

276    A tal riguardo, occorre rilevare che il ragionamento secondo il quale, se la LuxSCS non fosse esistita, sarebbe stato concluso un accordo di ripartizione dei costi con la LuxOpCo, è puramente ipotetico e rientra, di fatto, nel campo della speculazione.

277    Si aggiunga che, nella decisione impugnata, la Commissione non ha fondato il proprio ragionamento sul fatto che la LuxOpCo avrebbe potuto o avrebbe dovuto essere direttamente parte dell’ARC. È infatti giocoforza constatare che in nessun punto della decisione impugnata la Commissione ha rimesso in discussione l’esistenza della LuxSCS, in quanto tale, né tantomeno la validità, alla luce del diritto lussemburghese, della costruzione che risultava dalla conclusione dell’ARC e dell’accordo di licenza, sulla base del rilievo che una simile costruzione avrebbe consentito di diminuire il debito fiscale della LuxOpCo. La Commissione si è infatti limitata a contestare l’importo della royalty dovuta dalla LuxOpCo alla LuxSCS.

278    In terzo luogo, la conclusione menzionata al punto 269 supra non viene rimessa in discussione dall’argomento sollevato dalla Commissione in udienza, secondo il quale la LuxSCS sarebbe stata creata per ragioni puramente fiscali.

279    Il mero fatto che un’entità appartenente ad un gruppo di società sia stata creata unicamente a fini di ottimizzazione fiscale e percepisca una royalty per beni immateriali sviluppati all’interno del gruppo di società in questione non è sufficiente, in quanto tale, per concludere che vi sia stato un vantaggio fiscale ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE per il debitore della royalty e non dimostra dunque necessariamente l’esistenza di un aiuto di Stato a favore del debitore della royalty.

280    Nella specie, è vero che il trattamento fiscale della LuxSCS diverso nel Lussemburgo (la LuxSCS era «fiscalmente trasparente» nel Lussemburgo) e negli Stati Uniti (la LuxSCS era «non fiscalmente trasparente» negli Stati Uniti) è dovuto ad un’«asimmetria ibrida», vale a dire ad una differenza nelle normative fiscali applicabili nel Lussemburgo e negli Stati Uniti per quanto riguarda l’individuazione del contribuente.

281    Tuttavia, come rilevato dalla Commissione stessa nella nota 16 che accompagna il punto 13 del controricorso nella causa T‑816/17, le conseguenze di tale asimmetria (la non imposizione degli utili) non sono oggetto della decisione impugnata. La questione rilevante nell’ambito del presente ricorso non è dunque se la ragion d’essere della LuxSCS sia meramente fiscale e neppure se le entrate che essa ha generato siano state effettivamente tassate negli Stati Uniti nelle mani dei loro soci, bensì se la LuxOpCo abbia pagato una royalty il cui importo sia stato sopravvalutato e se, per questo motivo, la remunerazione della LuxOpCo e, pertanto, la sua base imponibile siano state diminuite artificiosamente.

282    In quarto luogo, la conclusione menzionata al punto 269 supra non viene rimessa in discussione dall’affermazione fatta dalla Commissione in udienza, ammesso che sia dimostrata, secondo la quale la LuxSCS sarebbe stata una società «fittizia».

283    A tal riguardo, si deve constatare che la LuxSCS aveva effettivamente un’esistenza giuridica, elemento che la Commissione non rimette in discussione. La LuxSCS era stabilita nel Lussemburgo e figurava nel registro commerciale del Granducato di Lussemburgo in quanto società lussemburghese.

284    Tenuto conto di quanto suesposto, si deve ritenere che la conclusione figurante al considerando 555 della decisione impugnata, secondo la quale la prima componente della «remunerazione di LuxSCS» sarebbe dovuta consistere in una «rifatturazione dei costi ribaltati associati all’accordo di adesione e all’ARC (ossia i costi di adesione e quelli relativi all’ARC)» è viziata da errore, poiché una siffatta royalty non corrisponde ad un risultato di mercato. Tale errore in sede di applicazione del TNMM è parimenti sufficiente per ritenere che la constatazione principale della Commissione per quanto riguarda il vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non possa essere avallata. Tuttavia, occorre proseguire l’esame degli argomenti delle parti nei termini seguenti.

–       Sulla seconda componente della remunerazione della LuxSCS (costi di mantenimento)

285    Per quanto riguarda la seconda componente della remunerazione della LuxSCS (v. punto 254 supra), il Granducato di Lussemburgo ritiene che la valutazione figurante al considerando 555 della decisione impugnata, ossia la tesi secondo la quale la «LuxSCS dovrebbe essere remunerata in funzione di un margine calcolato sulla base di costo costituita esclusivamente dai costi sostenuti per i servizi esterni acquisiti per la conservazione della propria proprietà giuridica dei beni immateriali», sia erronea. A tal riguardo, il Granducato di Lussemburgo sostiene che erroneamente la Commissione fissa il margine di «libera concorrenza» al 5% dei costi esterni sulla base della relazione FCPT. Più precisamente, secondo il Granducato di Lussemburgo, il margine del 5%, reputato essere il margine di «libera concorrenza», è arbitrario, al pari dell’analisi sommaria sulla quale tale margine è fondato. La relazione FCPT si baserebbe, da parte sua, su un’analisi delle pratiche osservate dalle amministrazioni fiscali degli Stati membri e non su un’analisi della prassi lussemburghese relativa all’articolo 164, paragrafo 3, della LIR. A parte il fatto che essa non avrebbe alcun valore nel diritto lussemburghese e che sarebbe stata adottata successivamente al ruling fiscale in questione e non sarebbe dunque stata disponibile all’epoca dell’adozione di tale decisione, la relazione FCPT si riferirebbe a margini osservati nell’ambito di transazioni infragruppo e non potrebbe dunque essere utilizzata come base per determinare un margine di libera concorrenza, ossia il margine corrispondente a condizioni esistenti sul libero mercato.

286    La Commissione contesta tali argomenti.

287    Essa sottolinea che la seconda componente della royalty dovuta dalla LuxOpCo alla LuxSCS ne rappresenta una parte minima, cosicché essa non incide veramente sulla «remunerazione» della LuxSCS calcolata dalla Commissione. A suo avviso, non era necessario, nella specie, fare una vera e propria analisi del prezzo di trasferimento e stabilire quale avrebbe dovuto essere l’importo esatto della remunerazione della LuxOpCo. Per contro, la relazione FCPT potrebbe essere utilizzata come un «approdo sicuro» e consentirebbe di fissare l’importo di transazioni infragruppo a basso valore, in relazione alle quali sarebbe eccessivamente costoso e dispendioso realizzare una vera e propria analisi dei prezzi di trasferimento. Il Granducato di Lussemburgo farebbe parte del Forum congiunto sui prezzi di trasferimento e la relazione FCPT si fonderebbe parimenti sulla prassi lussemburghese. Pur se i margini constatati nella relazione FCPT sono stati osservati per transazioni infragruppo, si tratta, secondo la Commissione, di margini – generalmente accettati dalle amministrazioni fiscali – nella misura in cui riflettono la redditività di imprese in condizioni di mercato. Infine, la Commissione indica che la relazione FCPT, sebbene datata 2010, si fonda su dati relativi al periodo compreso fra il 1999 e il 2007, aggiungendo che tali dati possono essere utilizzati, poiché il ruling fiscale in questione è stato attuato solo a partire dal 2006.

288    In via preliminare, come esposto al punto 254 supra, la seconda componente della «remunerazione» della LuxSCS, calcolata dalla Commissione, corrisponde a costi che potrebbero essere designati come «costi di mantenimento», maggiorati del 5%. Tale rendimento del 5% è stato adottato dalla Commissione sulla base della relazione FCPT, dal momento che si tratta del tasso di rendimento osservato più spesso per prezzi di trasferimento, relativo a prestazioni di servizio infragruppo a basso valore aggiunto.

289    Come sostenuto dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon, l’approccio adottato dalla Commissione è problematico sotto vari profili.

290    Anzitutto, la Commissione stessa ha riconosciuto, al considerando 557 della decisione impugnata, che non esistevano elementi comparabili per valutare la remunerazione della LuxSCS per sue funzioni corrispondenti al mantenimento della sua proprietà sui beni immateriali.

291    Orbene, secondo il punto 3.26 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, quando si tratta di applicare il TNMM, il «margine netto ottenuto dal contribuente per una transazione controllata (…) dovrebbe teoricamente essere determinato facendo riferimento al margine netto che lo stesso contribuente realizza per transazioni comparabili sul libero mercato». L’assenza di elementi comparabili avrebbe dovuto portare la Commissione a non applicare il TNMM alla LuxSCS.

292    È pur vero che l’approccio adottato dalla Commissione inteso ad utilizzare la relazione FCPT, invece di effettuare una propria ricerca di comparabilità, nonché una propria analisi dei margini netti comparabili esistenti sul mercato, non è incompatibile con le regole di applicazione del TNMM, come risultanti dalle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995. Infatti, da un lato, come risulta segnatamente dai punti 3.29 e 3.30 delle linee guida in parola, è risaputo che è difficile trovare informazioni sufficientemente precise concernenti i margini netti esistenti sul libero mercato, nonché i parametri utilizzati spesso sul libero mercato come indicatori di utili. Dall’altro, la forma e la natura delle fonti di informazioni utilizzate a detto fine non hanno, in quanto tali, alcuna rilevanza. Se esiste una pubblicazione concernente gli indicatori di utili o i margini netti osservati in un certo settore dell’attività economica, siffatta pubblicazione può, in linea di principio, essere utilizzata, senza tuttavia che debba necessariamente trattarsi al riguardo di un «approdo sicuro», come quello cui fa riferimento la Commissione nell’ambito della sua argomentazione menzionata al punto 287 supra.

293    Tuttavia, l’utilizzo di una relazione del genere può essere accettato solo se i dati ivi figuranti sono pertinenti e affidabili. In particolare, il minimo che si possa chiedere ad una siffatta relazione è che i dati ivi contenuti siano relativi a transazioni comparabili alla transazione controllata, nonché a funzioni comparabili a quelle dell’entità sottoposta a test, affinché il raffronto sia effettivamente attendibile.

294    Nella specie, è giocoforza constatare che il margine preso in considerazione dalla Commissione sulla base della relazione FCPT corrisponde al margine generalmente osservato, secondo gli autori di detta relazione, per taluni «servizi infragruppo a basso valore aggiunto». Orbene, la LuxSCS non ha fornito simili servizi. Le funzioni connesse al mantenimento della sua proprietà sui beni immateriali non possono infatti essere assimilate ad una prestazione di servizio infragruppo «a basso valore aggiunto». Ne consegue che se, in linea di principio, l’utilizzo della relazione FCPT non solleva difficoltà di ordine metodologico, ciò non toglie che le informazioni contenute in tale relazione non avevano alcun collegamento con le funzioni della LuxSCS nell’ambito della transazione controllata interessata nella specie, ossia l’accordo di licenza.

295    Tenuto conto delle considerazioni figuranti ai punti da 257 a 292 supra, deve essere accolta l’argomentazione sollevata dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon intesa a far valere che la Commissione è incorsa in errori nell’analisi funzionale della LuxSCS, ciò che avrebbe avuto un impatto sulla sua conclusione relativa al fatto di scegliere la LuxSCS quale parte da sottoporre a test nell’ambito dell’applicazione del TNMM. La Commissione ha parimenti commesso un errore nella determinazione del margine netto appropriato applicabile alla transazione controllata nella specie.

3)      Conclusione sulla constatazione principale

296    Sulla scorta delle suesposte diverse considerazioni, deve essere accolta l’argomentazione del Granducato di Lussemburgo e di Amazon diretta a contestare la constatazione principale del vantaggio. Da un lato, la Commissione ha erroneamente ritenuto che la LuxSCS dovesse essere presa in considerazione come parte da sottoporre a test. Dall’altro, il calcolo della «remunerazione di LuxSCS» effettuato dalla Commissione, sulla base della premessa secondo la quale la LuxSCS doveva essere l’entità da sottoporre a test, è inficiata da numerosi errori e non può essere considerata sufficientemente attendibile, né in grado di dare luogo ad un risultato di libera concorrenza. Dal momento che il metodo di calcolo adottato dalla Commissione deve essere respinto, tale metodo non può fondare la constatazione della Commissione secondo la quale la royalty pagata dalla LuxOpCo alla LuxSCS avrebbe dovuto essere inferiore a quella effettivamente percepita, in applicazione del ruling fiscale in questione, durante il periodo contestato. Gli elementi contenuti nella constatazione principale del vantaggio non consentono dunque di dimostrare che l’onere fiscale della LuxOpCo è stato diminuito in modo artificioso a causa di una sopravvalutazione della royalty.

297    Di conseguenza, la prima e la seconda censura della seconda parte e la terza parte del primo motivo nella causa T‑816/17, nonché il secondo e il quarto motivo nella causa T‑318/18, intesi a far valere che la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di un vantaggio nell’ambito della sua constatazione principale devono essere accolti, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi e argomenti diretti a contestare la constatazione principale.

3.      Sui motivi e sugli argomenti intesi a contestare il ragionamento sussidiario concernente il vantaggio

298    Nell’ambito della terza censura della seconda parte del primo motivo nella causa T‑816/17 e del quinto motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano il ragionamento sussidiario della Commissione vertente sull’esistenza di un vantaggio fiscale a favore della LuxOpCo.

299    Al fine di esaminare in dettaglio tali motivi, occorre ricordare che, come illustrato ai punti da 65 a 68 supra, nell’ambito del suo ragionamento svolto in subordine relativo all’esistenza di un vantaggio, la Commissione ha effettuato tre constatazioni, secondo le quali il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato dal ruling fiscale in questione si basa su tre scelte metodologiche errate.

300    Anzitutto, con la sua prima constatazione sussidiaria (considerando da 565 a 569 della decisione impugnata), la Commissione ha individuato un errore nella scelta del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato dal ruling fiscale in questione. A tal riguardo, si deve ricordare che le parti concordano sul fatto che il metodo applicato nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 corrispondeva, in realtà, al TNMM. Per contro, contrariamente a quanto emerge dalla relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 stessa, gli autori di suddetta relazione non hanno scelto, né effettivamente applicato il metodo di ripartizione degli utili. Amazon ha confermato, nelle sue risposte ai quesiti scritti, che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato nel ruling fiscale in questione consisteva, in un primo tempo, nel calcolare la remunerazione della LuxOpCo applicando il TNMM e, in un secondo tempo, nell’attribuire la totalità degli utili residui alla LuxSCS al fine di remunerarla per i beni immateriali. Inoltre, il fatto che gli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 abbiano, in realtà, utilizzato il TNMM e non il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del residuo è stato menzionato dalla Commissione al considerando 540 della decisione impugnata.

301    A sostegno della sua prima constatazione sussidiaria, la Commissione ha esposto che, quandanche la LuxSCS abbia svolto effettivamente funzioni uniche e di valore, circostanza che essa contesta, le autorità fiscali lussemburghesi non potevano ignorare che la LuxOpCo svolgeva parimenti funzioni uniche e di valore in relazione alla proprietà intellettuale e alle attività commerciali del gruppo Amazon in Europa, e non funzioni di gestione ordinaria. Di conseguenza, la Commissione ha ritenuto che il metodo di determinazione adottato nel ruling fiscale in questione non consentisse di giungere ad un risultato affidabile e che il metodo di ripartizione degli utili con un’analisi del contributo fosse più appropriato. Orbene, secondo la Commissione, se quest’ultimo metodo fosse stato utilizzato, la remunerazione e, di conseguenza, il reddito imponibile della LuxOpCo sarebbero stati più elevati.

302    Inoltre, nell’ambito della sua seconda constatazione sussidiaria (considerando da 570 a 574 della decisione impugnata), la Commissione ha ritenuto che la scelta dell’indicatore del livello di utile approvato nel ruling fiscale in questione fosse errata. Più specificamente, essa ha considerato che, quandanche l’analisi funzionale contenuta nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 fosse corretta, accettando un margine sui costi di esercizio e non sui costi totali, il ruling fiscale in questione aveva ridotto in maniera inappropriata il reddito imponibile della LuxOpCo, conferendole così un vantaggio economico.

303    Infine, nell’ambito della sua terza constatazione sussidiaria (considerando da 574 a 578 della decisione impugnata), la Commissione ha concluso che, in ogni caso, l’inclusione di un massimale nel metodo di fissazione dei prezzi ai fini della determinazione della base imponibile della LuxOpCo, come approvato nella decisione impugnata, non era appropriata, né giustificata sotto il profilo economico. Secondo la Commissione, nella misura in cui essa aveva dato luogo ad una diminuzione del reddito imponibile della LuxOpCo, per gli esercizi fiscali 2006, 2007, 2011, 2012 e 2013, l’inclusione di un siffatto massimale aveva conferito un vantaggio economico a tale società.

304    Occorre rilevare che ciascuna delle constatazioni sussidiarie figuranti ai titoli da 9.2.2.1 a 9.2.2.3 della decisione impugnata è indipendente l’una dall’altra. Ciascuna è dunque in grado di dimostrare l’esistenza di un vantaggio. La Commissione ha confermato, tanto nelle sue risposte ai quesiti scritti quanto in udienza, che ciascuna delle constatazioni sussidiarie corroborava in maniera indipendente e autonoma la constatazione dell’esistenza di un vantaggio.

a)      Osservazioni preliminari sulle tre constatazioni sussidiarie

305    Al considerando 564 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che la valutazione da essa condotta nell’ambito della sezione 9.2.2, relativa alle constatazioni in via subordinata del vantaggio, non mirava a determinare una remunerazione «precisa» di libera concorrenza per la LuxOpCo, bensì a dimostrare che il ruling fiscale in questione conferiva un vantaggio economico alla LuxOpCo avallando scelte metodologiche errate che determinavano una diminuzione del suo reddito imponibile.

306    A tal riguardo, ad integrazione di quanto è stato illustrato ai punti da 123 a 126 supra, occorre chiarire, alla luce del contenuto della sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione (T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669), il livello di prova gravante sulla Commissione nell’ambito dell’esame dell’esistenza di un aiuto di Stato nel contesto di una decisione anticipata in materia fiscale come il ruling fiscale in questione.

307    Anzitutto, al punto 152 della sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione (T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669), il Tribunale ha precisato che la Commissione, quando applica il principio di libera concorrenza per verificare se l’utile imponibile di una società integrata in virtù di una misura fiscale (primo elemento di confronto) corrisponda ad un’approssimazione attendibile di un utile imponibile generato alle condizioni di mercato (secondo elemento di confronto), può accertare l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE solo a condizione che la differenza tra i due elementi di confronto vada al di là delle imprecisioni inerenti al metodo applicato per ottenere tale approssimazione.

308    Ne discende che, per dimostrare che un ruling fiscale utilizzato per calcolare la remunerazione di un’impresa conferisce un vantaggio economico, la Commissione deve provare che siffatta remunerazione si discosta da un risultato di libera concorrenza, in proporzioni tali che essa non può essere considerata una remunerazione che sarebbe stata percepita sul mercato in condizioni di concorrenza.

309    Ai punti 201 e 211 della sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione (T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669), il Tribunale ha poi precisato che la semplice inosservanza di requisiti metodologici non comportava necessariamente una riduzione dell’onere fiscale. Era altresì necessario che la Commissione dimostrasse che gli errori metodologici da essa individuati nel ruling fiscale non consentivano di ottenere un’approssimazione attendibile di un risultato di libera concorrenza e che essi avevano determinato una riduzione dell’utile imponibile. Il Tribunale ha dunque concluso che il semplice accertamento di errori nella scelta o nell’applicazione del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento non era sufficiente, in linea di principio, a dimostrare di per sé l’esistenza di un vantaggio e, pertanto, a dimostrare l’esistenza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107 TFUE.

310    Occorre rilevare, al riguardo, che, se spetta alla Commissione dimostrare in maniera concreta che l’errore metodologico ha dato luogo ad una diminuzione dell’onere fiscale del beneficiario del ruling fiscale, il Tribunale non ha escluso che, in taluni casi, un errore metodologico sia tale da non consentire affatto di dar luogo ad un’approssimazione di un risultato di libera concorrenza e che esso conduce necessariamente ad una sottovalutazione della remunerazione che avrebbe dovuto essere percepita in condizioni di mercato.

311    Una siffatta lettura della sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione (T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669), emerge dall’impiego dell’espressione «in linea di principio» ai punti 201 e 211, nonché dal punto 212 di tale sentenza, nel quale viene precisato che, in tale causa, la Commissione non aveva dedotto alcun elemento che consentisse di concludere, senza fare un confronto con il risultato che sarebbe stato ottenuto applicando il metodo da essa auspicato, che la scelta del metodo avallato nel ruling fiscale conduceva necessariamente ad un risultato troppo basso.

312    Tenuto conto delle considerazioni che precedono, e in assenza di raffronto nella decisione impugnata fra il risultato che sarebbe stato ottenuto applicando il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento raccomandato dalla Commissione, da un lato, e il risultato ottenuto applicando il ruling fiscale in questione, dall’altro, l’approccio della Commissione, illustrato al considerando 564 della decisione impugnata, ai sensi del quale quest’ultima si limita ad individuare errori nell’analisi dei prezzi di trasferimento è, in linea di principio, insufficiente a dimostrare che vi sia stata effettivamente una diminuzione dell’onere fiscale della LuxOpCo.

313    Cionondimeno, occorre verificare se, nonostante l’affermazione contenuta al considerando 564 della decisione impugnata, il ragionamento sussidiario della Commissione relativo al vantaggio contenga elementi concreti che consentano di dimostrare che gli errori nell’analisi dei prezzi di trasferimento individuati dalla Commissione abbiano dato luogo ad una vera e propria diminuzione dell’onere fiscale della LuxOpCo.

b)      Sulla prima constatazione sussidiaria concernente il vantaggio

314    Nell’ambito della terza censura della seconda parte del primo motivo nella causa T‑816/17, e del quinto motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano la prima constatazione sussidiaria della Commissione avente ad oggetto l’esistenza di un vantaggio fiscale a favore della LuxOpCo (sezione 9.2.2.1 della decisione impugnata). In sostanza, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano l’affermazione secondo la quale il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento raccomandato dalla Commissione, ossia il metodo di ripartizione degli utili con l’analisi del contributo, sarebbe stato appropriato. Essi fanno valere che la Commissione ha erroneamente concluso che la LuxOpCo svolgeva funzioni uniche e di valore. Il Granducato di Lussemburgo sottolinea che la Commissione non ha peraltro tentato di applicare, essa stessa, il metodo di ripartizione degli utili.

315    La Commissione contesta tali argomenti.

316    Secondo la Commissione, la decisione impugnata ha correttamente rilevato scelte metodologiche inadeguate in relazione al metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato nel ruling fiscale in questione. Essa ritiene che, anche se si considerasse che la LuxSCS svolge funzioni uniche e di valore in relazione ai beni immateriali, ciò varrebbe del pari per la LuxOpCo, cosicché una determinazione dei prezzi di trasferimento fondata sul metodo di ripartizione degli utili rappresenterebbe un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento più appropriato e darebbe luogo ad una remunerazione della LuxOpCo superiore a quella confermata dal ruling fiscale in questione.

317    Nella specie, occorre constatare che, ai considerando da 565 a 568 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato, in sostanza, che, anche se si dovesse accettare la tesi secondo la quale la LuxSCS svolgeva funzioni uniche e di valore in relazione ai beni immateriali, il fatto che la LuxOpCo assumesse parimenti tali funzioni avrebbe significato che, nella specie, il metodo di ripartizione degli utili, nella variante dell’analisi del contributo, avrebbe dovuto essere preferito al metodo TNMM.

318    A tal riguardo, occorre precisare due aspetti diversi.

319    In primo luogo, la Commissione ha indicato al considerando 565 della decisione impugnata che la LuxOpCo, lungi dallo svolgere funzioni «ordinarie» di gestione durante il periodo considerato, si era fatta carico di tutta una serie di funzioni uniche e di valore in relazione ai beni immateriali e ha attuato le attività commerciali del gruppo Amazon in Europa.

320    In tale contesto, occorre sottolineare parimenti che la Commissione non ha constatato che talune delle funzioni della LuxOpCo, quali individuate nell’ambito della propria analisi funzionale, avrebbero potuto essere qualificate come ordinarie o routinarie, né che siffatte funzioni avrebbero dovuto formare l’oggetto, nonostante tale carattere di routine, di una remunerazione supplementare.

321    In secondo luogo, al considerando 568 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso che l’applicazione dell’analisi del contributo, al caso di specie, avrebbe determinato una remunerazione della LuxOpCo per tutte le sue funzioni, nonché tutti i suoi beni e i rischi, come analizzati alla sezione 9.2.1.2 della decisione impugnata, e dunque ad una remunerazione superiore a quella convalidata nel ruling fiscale in questione. Così facendo, la Commissione ha ritenuto che il fatto di approvare il TNMM nel ruling fiscale in questione avrebbe comportato una diminuzione del reddito imponibile della LuxOpCo rispetto a società il cui utile imponibile rifletteva i prezzi negoziati sul mercato. In particolare, come risulta dal considerando 566 della decisione impugnata, secondo la Commissione, non era appropriato avallare un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento che prevede l’imputazione alla LuxSCS della totalità dell’utile residuo realizzato dalla LuxOpCo in eccesso rispetto al [riservato] dei suoi costi di esercizio.

322    Inoltre, dal punto 45 delle risposte della Commissione ai quesiti scritti del Tribunale risulta che, a suo avviso, la remunerazione della LuxOpCo era «necessariamente» più elevata con l’applicazione del metodo di ripartizione degli utili, nella variante dell’analisi del contributo, poiché tale metodo avrebbe consentito di remunerare le funzioni uniche e di valore della LuxOpCo.

323    È sulla base delle considerazioni figuranti ai punti da 316 a 322 supra che occorre esaminare le censure del Granducato di Lussemburgo e di Amazon dirette a contestare la prima constatazione sussidiaria.

324    Come risulta dal punto 314 supra, il Granducato di Lussemburgo e Amazon deducono tre censure, le quali sono intese a contestare, in primo luogo, l’affermazione secondo la quale la LuxOpCo svolgeva funzioni uniche e di valore; in secondo luogo, la constatazione secondo la quale il ruling fiscale in questione aveva erroneamente avallato l’utilizzo del TNMM e nella specie doveva essere utilizzato il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo, e, in terzo luogo, la conclusione secondo la quale l’utilizzo del metodo di ripartizione degli utili, nella variante dell’analisi del contributo, avrebbe «necessariamente» dato luogo ad una remunerazione più elevata.

1)      Sull’esercizio, da parte della LuxOpCo, di funzioni cosiddette «uniche e di valore»

325    Anzitutto, occorre rilevare che la prima constatazione sussidiaria rinvia espressamente alle sezioni 9.2.1.2.1 e 9.2.1.2.2, 9.2.1.2.3 e 9.2.1.4 della decisione impugnata, nelle quali la Commissione ha proceduto alla propria analisi funzionale della LuxOpCo, e si basa direttamente sulle constatazioni contenute in tali sezioni.

326    Le constatazioni effettuate nelle sezioni 9.2.1.2.1 e 9.2.1.2.2, 9.2.1.2.3 e 9.2.1.2.4 della decisione impugnata, nonché la constatazione secondo la quale la LuxOpCo svolgeva funzioni uniche e di valore costituiscono l’oggetto della terza censura della seconda parte del primo motivo nella causa T‑816/17 e del quinto motivo che rinvia al secondo e al terzo motivo nella causa T‑318/18, intesa a contestare l’analisi funzionale della LuxOpCo operata dalla Commissione.

327    Occorre esaminare congiuntamente la totalità degli argomenti del Granducato di Lussemburgo e di Amazon diretti a contestare la fondatezza dell’analisi funzionale della LuxOpCo, effettuata dalla Commissione, e la constatazione secondo la quale la LuxOpCo svolgeva funzioni uniche e di valore.

328    Anzitutto, secondo il Granducato di Lussemburgo e Amazon, la LuxOpCo non aveva funzioni significative relative allo sviluppo, al miglioramento, alla gestione e allo sfruttamento dei beni immateriali in Europa, ma era unicamente incaricata della gestione dell’impresa. Infatti, la sostanza dello sviluppo, della gestione e del miglioramento dei beni immateriali avrebbe avuto luogo negli Stati Uniti.

329    Inoltre, il Granducato di Lussemburgo e Amazon fanno valere, in sostanza, che le funzioni della LuxOpCo connesse all’attività commerciale del gruppo Amazon in Europa costituivano contributi routinarie e non contributi unici e di valore, poiché esse si basavano ampiamente sui beni immateriali messi a disposizione dalla LuxSCS. Le funzioni della LuxOpCo connesse alle attività commerciali del gruppo Amazon in Europa si sarebbero limitate dunque a funzioni di gestione.

330    Infine, per quanto riguarda i beni e i rischi assunti dalla LuxOpCo, Amazon sostiene che i rischi connessi alle attività commerciali della LuxOpCo erano gestiti e attenuati dalla tecnologia.

331    La Commissione contesta tali argomenti.

332    Anzitutto, essa fa valere, in sostanza, che è la LuxOpCo ad avere svolto, con il sostegno delle società affiliate europee, tutte le funzioni rilevanti uniche e di valore relative alle tre componenti dei beni immateriali, ossia la tecnologia, i dati clienti e il marketing.

333    Essa fa poi valere che le funzioni «umane» non sarebbero state sostituite dalla tecnologia né nella fissazione dei prezzi, né nelle relazioni del gruppo Amazon con i venditori e i clienti, né nella gestione delle scorte, né nelle decisioni concernenti le scorte. La Commissione sostiene che il fatto che la LuxOpCo utilizzasse i beni immateriali nell’ambito dell’esercizio di tali funzioni non significava che queste ultime non potessero essere considerate uniche e di valore.

334    Infine, per quanto riguarda i beni immateriali e i rischi assunti dalla LuxOpCo, da un lato, la Commissione rileva che il Granducato di Lussemburgo non ha formulato alcuna critica diretta nei confronti dei considerando della decisione impugnata vertenti su questi due elementi e, dall’altro, essa contesta l’argomento di Amazon secondo il quale la tecnologia ha consentito di gestire i rischi della LuxOpCo senza richiedere il minimo intervento umano.

335    In via preliminare, occorre sottolineare che l’esame della questione se la LuxOpCo svolgesse effettivamente «funzioni uniche e di valore», come sostenuto dalla Commissione, oppure soltanto «funzioni routinarie», come fatto valere dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon, deve essere effettuato alla luce delle nozioni che sono state elaborate al punto 227 supra. La nozione di «funzioni uniche e di valore», benché essa non venga espressamente definita nelle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, è l’opposto della nozione di «funzioni routinarie», le quali sono funzioni che possono essere agevolmente valutate. Come è stato rilevato al paragrafo 228 supra, la nozione di «funzione unica» rinvia alla situazione nella quale non vi è un elemento comparabile per una certa funzione. La nozione di «funzione di valore» è relativa segnatamente al fatto che la funzione in questione consente di generare entrate importanti.

336    Peraltro, occorre parimenti rilevare, nella misura in cui la Commissione ha essenzialmente fondato la sua analisi funzionale della LuxOpCo sulle dichiarazioni dei dipendenti di quest’ultima, risultanti dal contenzioso portato dinanzi alla United States Tax Court (Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti) (in prosieguo: le «testimonianze dei dipendenti di Amazon»), che, nel ricorso nella causa T‑816/17, il Granducato di Lussemburgo fa valere che tali testimonianze risalgono al 2014 e vertono sulle attività del gruppo Amazon fra il 2005 e il 2014, cosicché le autorità lussemburghesi non potevano in alcun caso essere a conoscenza di tali informazioni al momento della concessione del ruling fiscale in questione.

337    Occorre rilevare al riguardo, anzitutto, che suddetto argomento del Granducato di Lussemburgo è opposto alla posizione dallo stesso adottata nelle sue risposte ai quesiti scritti del Tribunale. Infatti, per quanto riguarda la possibilità di tenere conto del parere del Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti e della relazione sui prezzi di trasferimento del 2017, quest’ultimo ha affermato che, per stabilire se la LuxOpCo avesse beneficiato di un vantaggio, era necessario esaminare quale sarebbe stata l’imposta che la stessa avrebbe dovuto sostenere in assenza del ruling fiscale in questione, il che implica necessariamente di prendere in considerazione informazioni posteriori alla concessione del ruling fiscale in questione.

338    È vero che, nella sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione (T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punti 247 e 250), il Tribunale ha ritenuto che l’esame dell’esistenza di un vantaggio conferito da un accordo preventivo sui prezzi oggetto della decisione impugnata dovrebbe essere effettuato con riferimento al contesto dell’epoca in cui è stato concluso. Tuttavia, il Tribunale ha fondato tale constatazione sul fatto che, nella causa in parola, la misura contestata dalla Commissione era unicamente l’accordo preventivo sui prezzi.

339    Nella specie, si deve constatare che la misura delle autorità lussemburghesi oggetto della decisione impugnata è non solo il ruling fiscale in questione, il quale è stato adottato nel 2003, e poi prorogato nel 2004 e nel 2010, ma anche la successiva accettazione della dichiarazione annuale della LuxOpCo, fondata su detta decisione, cosicché le informazioni relative alla situazione effettiva della LuxOpCo durante il periodo interessato erano necessariamente informazioni a disposizione delle autorità fiscali quando esse hanno adottato le misure oggetto della decisione anticipata in materia fiscale.

340    Ne consegue che, nelle circostanze del caso di specie, alla Commissione non può essere addebitato di avere fondato la sua analisi sulle testimonianze dei dipendenti di Amazon. Occorre dunque prendere in considerazione tali elementi al fine di valutare le censure formulate dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon per quanto riguarda l’analisi funzionale della LuxOpCo.

i)      Sulle funzioni svolte dalla LuxOpCo per quanto riguarda i beni immateriali (sezione 9.2.1.2.1 e considerando da 449 a 472 della decisione impugnata)

341    In via generale, fra le parti è controverso il punto se la LuxOpCo avesse svolto funzioni significative, «uniche e di valore», per quanto riguarda i beni immateriali. La Commissione ritiene siffatta ipotesi ricorresse, poiché la LuxOpCo sarebbe stata responsabile per gli adeguamenti della tecnologia alle specificità del mercato europeo, per lo sviluppo dei dati clienti e per attività in relazione ai beni di marketing.

342    Nell’ambito della sezione 9.2.1.2.1 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, in forza dell’accordo di licenza, la LuxOpCo fosse stata incaricata di svolgere funzioni «uniche e di valore» in relazione ai beni immateriali. Dette funzioni includevano, a suo avviso, lo sviluppo, il miglioramento e la gestione della proprietà intellettuale in generale, ma del pari a livello di ciascuna delle tre componenti dei beni immateriali, ossia della tecnologia, dei dati clienti e del marchio depositato, attraverso innovazioni tecnologiche e commerciali europee indipendenti, la creazione e la gestione dei dati clienti, nonché lo sviluppo e la manutenzione del marchio depositato. In tal senso, in sostanza, secondo la Commissione, la LuxOpCo non si è limitata a sfruttare la tecnologia per gestire i siti europei, bensì avrebbe contribuito attivamente allo sviluppo, al miglioramento e alla gestione di detta tecnologia durante il periodo considerato (considerando 449, 450 e 465 della decisione impugnata).

343    In primo luogo, la Commissione ha rilevato che la LuxOpCo beneficiava di una licenza esclusiva e irrevocabile sui beni immateriali, e quindi del diritto di continuare a sviluppare, migliorare, mantenere e proteggere tali beni immateriali, benché la LuxSCS rimanesse proprietaria delle opere derivate create dalla LuxOpCo (considerando 450 della decisione impugnata).

344    In secondo luogo, la Commissione ha constatato che, in generale, la LuxOpCo avrebbe contribuito allo sviluppo, al mantenimento e alla gestione dei beni immateriali attraverso lo «EU IP Steering Committee» (comitato di organizzazione concernente la proprietà intellettuale nell’Unione) (considerando da 452 a 455 della decisione impugnata). Secondo la Commissione, lo EU IP Steering Committee rappresentava un forum nel contesto del quale i dirigenti della LuxOpCo e della ASE incaricati di attività commerciali e legate alla tecnologia si incontravano per discutere e raccomandare azioni riguardanti i beni immateriali in Europa, così come presentate loro dai consulenti legali del gruppo Amazon. Le decisioni effettive riguardanti lo sviluppo, il miglioramento, la gestione e lo sfruttamento dei beni immateriali venivano quindi prese dai membri della LuxOpCo e della ASE facenti parte di questo comitato, nella loro veste di amministratori con poteri decisionali responsabili delle attività di vendita al dettaglio e di servizi del gruppo Amazon in Europa (considerando da 452 a 455 della decisione impugnata).

345    In terzo luogo, la Commissione ha affermato che la LuxOpCo aveva contribuito allo sviluppo della tecnologia (considerando da 466 a 472 della decisione impugnata). Essa ha rilevato che, effettivamente, la tecnologia messa a disposizione della LuxOpCo da parte della LuxSCS sarebbe stata la «tecnologia esistente di Amazon US», così come «costantemente sviluppata negli Stati Uniti» (considerando 456 e 461 della decisione impugnata). Tuttavia, a suo avviso, molteplici funzionalità dei software di Amazon, utilizzate negli Stati Uniti, avrebbero dovuto essere adattate per essere impiegate in Europa. In particolare, la Commissione ha affermato che, per svolgere opportunamente le attività commerciali europee del gruppo Amazon in Europa, la LuxOpCo avrebbe sviluppato, migliorato e gestito tale tecnologia americana con il sostegno delle sue controllate durante il periodo considerato (considerando da 456 a 460 della decisione impugnata). Inoltre, la LuxOpCo e le sue società collegate europee avrebbero sviluppato appositamente una tecnologia importante utilizzata per le attività europee di vendita al dettaglio e di servizi. Un esempio di questo tipo di tecnologia sarebbe stato lo «European Fulfilment Network» (rete di distribuzione europea, EFN), tecnologia che aveva consentito di mettere in comune le scorte del gruppo Amazon situate in diversi Stati membri e di associare i centri di elaborazione degli ordini europei, cosicché, grazie a tale strumento, i clienti di ciascun paese dell’Unione erano in grado di acquistare articoli da qualsiasi sito Internet nazionale del gruppo Amazon in Europa (considerando 462 e 463 della decisione impugnata).

346    In quarto luogo, per quanto riguarda i dati clienti, la Commissione ha constatato che, anche se i dati clienti dei siti Internet europei erano di proprietà giuridica della LuxSCS, la LuxOpCo aveva esercitato funzioni attive e critiche in relazione allo sviluppo, al miglioramento e alla gestione di tali dati durante il periodo considerato (considerando da 466 a 468 della decisione impugnata). Essa ha rilevato, a tal riguardo, che la LuxOpCo aveva accumulato attivamente tali dati come servizio reso a favore della LuxSCS e doveva assicurarne la manutenzione e garantire il rispetto delle leggi applicabili in materia di protezione dei dati.

347    In quinto luogo, per quanto riguarda il «marchio depositato» (considerando da 469 a 470), ossia i marchi di Amazon, nella misura in cui essi siano stati depositati nell’Unione, la Commissione ha rilevato che, benché tale marchio fosse ben riconosciuto e che un notevole riconoscimento come marchio a livello mondiale costituisse un elemento importante per attirare i clienti, il valore di tale marchio commerciale sarebbe stato di secondaria importanza per la riuscita della realizzazione in Europa dei tre pilastri delle attività del gruppo Amazon, ossia l’assortimento, il prezzo e la facilità d’uso (in prosieguo: i «tre pilastri»). Tenuto conto del fatto che il marchio e la reputazione del gruppo Amazon sarebbero dipesi in larga misura dall’erogazione coerente da parte della LuxOpCo e delle società collegate europee di un servizio altamente soddisfacente per i clienti, si dovrebbe concludere, secondo la Commissione, che, in realtà, il valore del marchio di Amazon in Europa sarebbe stato generato a livello della LuxOpCo e delle società europee collegate e non a livello della LuxSCS (considerando 469 e 470 della decisione impugnata). Inoltre, le attività di marketing sarebbero state assicurate dalla LuxOpCo e dalle società europee, sulla base del know-how locale (considerando 472 della decisione impugnata).

348    Dal momento che il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano ciascuno dei cinque punti dell’analisi della Commissione, occorre esaminare separatamente gli argomenti relativi a ciascuna di tali questioni.

349    Prima di procedere ad un simile esame, occorre rilevare, in via preliminare, che il Granducato di Lussemburgo e Amazon non contestano che la LuxOpCo abbia svolto talune funzioni in relazione allo sviluppo dei beni immateriali, e segnatamente la tecnologia, bensì contestano unicamente che la LuxOpCo abbia svolto un ruolo significativo nello sviluppo dei beni immateriali e quindi che esercitasse funzioni uniche e di valore in relazione a tali beni.

350    Infatti, nelle loro memorie, il Granducato di Lussemburgo e Amazon ammettono che la LuxOpCo ha esercitato funzioni di sviluppo che essi designano come «minime», o ancora che essa ha svolto un ruolo, il quale sarebbe, tuttavia, «secondario», nella creazione del valore dei beni immateriali.

351    Ne discende dunque che, anche stando a quanto affermato dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon, la LuxOpCo ha effettivamente svolto funzioni, foss’anche di natura secondaria, in relazione allo sviluppo dei beni immateriali.

–       Sulla natura della licenza conferita alla LuxOpCo (considerando 450 della decisione impugnata)

352    Come già rilevato al punto 343 supra, al fine di dimostrare l’importanza delle funzioni della LuxOpCo in relazione allo sviluppo dei beni immateriali, la Commissione ha insistito, al considerando 450 della decisione impugnata, sul fatto che la LuxOpCo aveva «il diritto di continuare a sviluppare, migliorare, sottoporre a manutenzione (…) i beni immateriali per l’intera durata della loro vita utile». In tale contesto, la Commissione ha affermato al punto 100 del controricorso presentato nella causa T‑816/17 che la LuxOpCo aveva un «diritto esclusivo di proseguire lo sviluppo, [di] migliorare [e di] sottoporre a manutenzione i beni immateriali» di Amazon.

353    È vero che il termine «esclusiva» è stato utilizzato al punto 2.1 dell’accordo di licenza per descrivere la licenza concessa alla LuxOpCo, la quale, in ogni caso, copriva unicamente il territorio europeo. Tale punto 2.1, lettera a), così recita:

«Concessione di licenza di proprietà intellettuale esclusiva»

[LuxSCS] concede in maniera irrevocabile alla [LuxOpCo], in forza di tutti i diritti di proprietà intellettuale della [LuxSCS] su o compresa la proprietà intellettuale della [LuxSCS], attualmente esistenti o futuri, i seguenti diritto unico ed esclusivo e licenza sulla proprietà intellettuale della [LuxSCS] per la durata [dell’accordo di licenza], (...)».

354    Tuttavia, alla luce degli accordi contrattuali esistenti fra la LuxSCS e le entità americane, si deve constatare che, di fatto, la LuxOpCo non era l’unica entità ad essere titolare del diritto di migliorare e di sviluppare tali beni immateriali.

355    In effetti, i diritti di cui beneficiava la LuxOpCo con riferimento allo sviluppo dei beni immateriali ai sensi dell’accordo di licenza erano necessariamente non esclusivi, nella misura in cui le altre parti coinvolte nell’ARC, ossia la ATI e la A 9, avevano conservato il diritto di sviluppare, migliorare e sfruttare la tecnologia. Il fatto che le altre parti coinvolte nell’ARC, ossia la ATI e la A 9, avessero conservato il diritto di sviluppare e migliorare la tecnologia non è peraltro contestato dalla Commissione.

356    A tal riguardo, occorre ricordare che i diritti che la LuxOpCo aveva ottenuto in forza dell’accordo di licenza non erano limitati ai beni immateriali esistenti al momento della conclusione di detto accordo, bensì coprivano parimenti tutti i beni immateriali futuri, creati a seguito degli sforzi costanti di sviluppo, di manutenzione e di miglioramento realizzati sotto la direzione delle entità americane ATI e A 9. Ciò dimostra chiaramente che la LuxOpCo non era la sola entità autorizzata a sviluppare e migliorare i beni immateriali coperti dall’accordo di licenza.

357    La Commissione ammette peraltro che i beni, come trasferiti alla LuxSCS, il 1° gennaio 2005, a titolo dell’accordo di adesione, sono stati oggetto di una «sostituzione progressiva» da parte di beni immateriali, sviluppati e migliorati successivamente, ai sensi dell’ARC, nel corso del periodo considerato. Essa riconosce parimenti che la tecnologia detenuta dalla LuxSCS, e data in licenza alla LuxOpCo, era sviluppata dalle entità americane, in particolare dalla ATI e dalla A 9.

358    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la Commissione ha erroneamente ritenuto che la LuxOpCo beneficiasse di un diritto esclusivo di proseguire lo sviluppo dei beni immateriali. Tale constatazione non è cionondimeno sufficiente ad invalidare il ragionamento della Commissione secondo il quale la LuxOpCo ha esercitato funzioni significative, se non funzioni uniche e di valore in relazione allo sviluppo dei beni immateriali. Infatti, la circostanza, per la LuxOpCo di non avere un diritto esclusivo di utilizzo sui beni immateriali non depone né a favore né a sfavore dell’affermazione della Commissione secondo la quale la LuxOpCo avrebbe svolto funzioni uniche e di valore rispetto allo sviluppo dei beni immateriali.

–       Sullo EU IP Steering Committee (considerando da 452 a 455 della decisione impugnata)

359    In sostanza, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano che lo EU IP Steering Committee abbia avuto il ruolo che la Commissione gli ha attribuito (punto 344 supra). A loro avviso, tale comitato non ha preso alcuna decisione quanto allo sviluppo o al miglioramento dei beni immateriali. Inoltre, non solo la maggioranza dei partecipanti a detto comitato avrebbe fatto parte del personale americano, ma, di fatto, le decisioni dello EU IP Steering Committee sarebbero state prese da dipendenti del gruppo Amazon negli Stati uniti e più specificamente dal vicepresidente responsabile della proprietà intellettuale.

360    La Commissione contesta tali argomenti.

361    Ai considerando 452 e 453 della decisione impugnata, la Commissione ha illustrato che lo EU IP Steering Committee è stato creato con l’obiettivo di fornire orientamenti tecnici e commerciali sullo sviluppo e sull’utilizzo della proprietà intellettuale in Europa. La Commissione ha rilevato che dallo «EU Policies and Procedures Manual» (manuale delle politiche e delle procedure per l’Unione) emergerebbe, da un lato, che tale comitato si riuniva segnatamente per esaminare il portafoglio di proprietà intellettuale di Amazon, nonché la strategia commerciale dell’impresa in quanto atteneva allo sviluppo e all’utilizzo della proprietà intellettuale. Dall’altro, il comitato in parola sarebbe stato composto, segnatamente, dal vicepresidente dei servizi per l’Unione, dal direttore legale per l’Unione (impiegato dalla LuxOpCo), dal consulente del gruppo Amazon in materia di proprietà intellettuale e dal vicepresidente responsabile delle attività europee.

362    La Commissione ha poi indicato che il fatto che si trattasse soltanto di un organo consultivo, come sarebbe stato spiegato da Amazon nel procedimento amministrativo, non significava che le sue raccomandazioni non avessero un impatto sullo sviluppo, sulla manutenzione e sulla gestione dei beni immateriali. Essa ha rilevato che, di fatto, lo EU IP Steering Committee si riuniva, in primo luogo, per formulare raccomandazioni sulle domande volte a proteggere i beni immateriali (e, così facendo, i diritti esclusivi della LuxOpCo derivanti dall’accordo di licenza concluso tra la LuxSCS e la LuxOpCo); in secondo luogo, per esaminare lo stato di avanzamento dei procedimenti giudiziari in Europa riguardanti i beni immateriali e, in terzo luogo, per fornire formazione ai dipendenti europei sull’uso della tecnologia e di altri beni immateriali (considerando 454 della decisione impugnata).

363    Infine, fondandosi sulla testimonianza del vicepresidente responsabile della proprietà intellettuale, impiegato negli Stati Uniti, la Commissione ha concluso che lo EU IP Steering Committee era un forum nel contesto del quale i dirigenti della LuxOpCo si incontravano per discutere azioni riguardanti i beni immateriali, così come presentate loro dai consulenti legali del gruppo Amazon, e che le decisioni effettive riguardanti lo sviluppo, il miglioramento, la gestione e lo sfruttamento dei beni immateriali venivano quindi prese dai membri della LuxOpCo e della ASE facenti parte di questo comitato, nella loro veste di amministratori con poteri decisionali responsabili delle attività di vendita al dettaglio e di servizi del gruppo Amazon in Europa (considerando 455 della decisione impugnata).

364    È giocoforza constatare, leggendo i considerando da 452 a 455 della decisione impugnata, che la Commissione non ha dimostrato, nella decisione impugnata, che lo EU IP Steering Committee prendeva decisioni significative vertenti sullo sviluppo o il miglioramento dei beni immateriali.

365    Anzitutto, la Commissione ammette, ai considerando 452 e 453 della decisione impugnata, che il ruolo dello EU IP Steering Committee era limitato, nella misura in cui si limitava a fornire «orientamenti tecnici e commerciali» e un «sostegno» decisionale strategico in relazione allo sviluppo della proprietà intellettuale detenuta dalla LuxSCS, oppure alla conclusione di diversi accordi di licenza con terzi.

366    Dal manuale delle politiche e delle procedure per l’Unione del gruppo Amazon risulta peraltro che lo EU IP Steering Committee non disponeva di poteri decisionali in quanto tali, ma costituiva unicamente un organo destinato ad assistere lo sviluppo e l’utilizzo della proprietà intellettuale in Europa. Ciò è peraltro implicitamente ammesso dalla Commissione al considerando 454 della decisione impugnata allorché menziona l’«impatto» che le «raccomandazioni» di suddetto comitato avevano sullo sviluppo, sulla manutenzione e sulla gestione dei beni immateriali.

367    Inoltre, dal considerando 454 della decisione impugnata (v. punto 362 supra), nonché dalla testimonianza del vicepresidente responsabile della proprietà intellettuale, impiegato negli Stati Uniti, al quale viene fatto riferimento al considerando 455 di detta decisione, risulta che, nella prassi, lo EU IP Steering Committee si limitava ad esaminare le questioni connesse alla protezione e alla manutenzione dei diritti sui beni immateriali e che la questione dello sviluppo o dei miglioramenti dei beni immateriali in quanto tale non era ivi discussa.

368    Infine, nei limiti in cui lo EU IP Steering Committee possa essere stato un forum di discussione sui miglioramenti e lo sviluppo dei beni immateriali, è giocoforza constatare che le decisioni relative allo sviluppo dei beni immateriali non venivano adottate da tale comitato, ma, in linea di principio, dai dipendenti del gruppo Amazon negli Stati Uniti e in particolare dal vicepresidente responsabile della proprietà intellettuale. Tale affermazione fatta dal Granducato di Lussemburgo non è stata contestata dalla Commissione.

369    Inoltre, per quanto riguarda la composizione di detto comitato, contrariamente a quanto fatto valere dalla Commissione nelle sue memorie, dipendenti che svolgono funzioni direttive all’interno delle entità americane, e segnatamente il vicepresidente responsabile della proprietà intellettuale di Amazon US, partecipavano allo EU IP Steering Committee e ne presiedevano persino le riunioni.

370    Da quanto suesposto discende che le constatazioni della Commissione relative allo EU IP Steering Committee non consentono di supportare la sua conclusione, al punto 455 della decisione impugnata, secondo la quale le decisioni relative allo sviluppo e al miglioramento dei beni immateriali erano adottate dal personale della LuxOpCo e della ASE facenti parte di questo comitato, nella loro veste di amministratori con poteri decisionali responsabili delle attività di vendita al dettaglio e di servizi del gruppo Amazon in Europa.

371    Tutt’al più, la Commissione è giunta a dimostrare che la LuxOpCo svolgeva funzioni in relazione alla gestione e alla protezione dei beni immateriali e che i dipendenti della LuxOpCo decidevano in merito a misure appropriate, come ad esempio il deposito di un brevetto, sulla base delle raccomandazioni discusse nell’ambito dello EU IP Steering Committee.

372    Dalle considerazioni che precedono risulta che le affermazioni della Commissione relative allo EU IP Steering Committee non sono sufficienti a dimostrare che la LuxOpCo ha svolto funzioni di sviluppo dei beni immateriali che potrebbero essere qualificate «uniche e di valore».

–       Sulle funzioni della LuxOpCo concernenti lo sviluppo della tecnologia

373    Al considerando 449 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che le funzioni della LuxOpCo includevano lo sviluppo, il miglioramento e la gestione della tecnologia.

374    A sostegno di tale affermazione, essa ha indicato anzitutto, al considerando 456 della decisione impugnata, in sostanza, che la tecnologia sviluppata negli Stati Uniti non aveva potuto essere sfruttata tale e quale in Europa e che erano stati necessari adattamenti al fine di rispondere alle esigenze specifiche europee. Essa ha esposto che lo sviluppo delle attività commerciali del gruppo Amazon in Europa richiedeva una tecnologia specifica (software diversi, adattamenti locali).

375    La Commissione ha poi sottolineato che la LuxOpCo aveva le risorse tecnologiche necessarie per condurre attività di ricerca e sviluppo. Essa ha segnatamente rilevato che una sessantina di persone avrebbero svolto compiti di natura tecnologica, un gruppo di «localizzazione» e di traduzione svolgeva funzioni di adattamento dei siti Internet europei alle preferenze locali e un’ulteriore decina di persone sarebbero state impiegate come «Technical Program Manager» (gestore di programma tecnico), il cui ruolo era quello di convertire in termini tecnici le esigenze tecnologiche individuate dai gruppi locali incaricati della vendita al dettaglio. Secondo la Commissione, sarebbe tale processo ad aver consentito che la tecnologia venisse continuamente sviluppata e adattata in funzione del mercato locale.

376    A tal proposito, la Commissione ha effettivamente riconosciuto, al considerando 461 della decisione impugnata, che le risorse tecniche basate presso la LuxOpCo erano limitate. Essa ha tuttavia sottolineato che, in realtà, il valore unico della tecnologia sarebbe risultato dal know-how locale, dalla definizione di nuove esigenze aziendali e dalla loro traduzione nel progetto software, e non dalla codifica in sé.

377    Infine, la Commissione ha indicato che la LuxOpCo ha parimenti contribuito all’elaborazione di cataloghi, di tecnologia di traduzione e di adattamenti locali. Tali compiti sarebbero stati effettuati da vecchi gruppi delle società collegate europee o da personale assunto di recente. Inoltre, essa ha rilevato che le società collegate europee avevano del pari svolto un ruolo importante nello sviluppo di nuove tecnologie proprie dei mercati nazionali europei.

378    La Commissione ha aggiunto che, in particolare, la LuxOpCo e le società collegate europee avrebbero contribuito allo sviluppo dell’EFN. Tale tecnologia avrebbe risposto ad un’esigenza specifica delle attività europee, consentendo ai clienti europei di acquistare articoli da qualsiasi sito Internet europeo del gruppo Amazon.

379    Il Granducato di Lussemburgo e Amazon fanno valere che la LuxOpCo non ha svolto alcuna funzione importante di sviluppo, di miglioramento o di manutenzione relative ai beni immateriali connessi alla tecnologia. Essi confutano segnatamente le affermazioni della Commissione secondo le quali la LuxOpCo avrebbe svolto un ruolo maggiore nello sviluppo dell’EFN e fanno valere che tale tecnologia, benché specifica dell’Europa, sarebbe stata sviluppata negli Stati Uniti e che la LuxOpCo non avrebbe partecipato né alla sua progettazione né alla sua creazione.

380    La Commissione contesta tali argomenti e insiste nella sua posizione espressa ai considerando da 456 a 465 della decisione impugnata, come illustrata ai punti da 373 a 378 supra.

381    In via preliminare, occorre constatare che, contrariamente a quanto suggerito dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon, la Commissione non ha affermato, nella decisione impugnata, che la LuxOpCo era la principale sviluppatrice della tecnologia, a livello mondiale o soltanto a livello europeo, ma, come illustrato ai considerando 449 e 465 della decisione impugnata, che la LuxOpCo ha contribuito attivamente allo sviluppo, al miglioramento e alla gestione della tecnologia durante il periodo considerato. La Commissione non contesta neanche che la tecnologia sia stata costantemente sviluppata negli Stati Uniti.

382    A tal riguardo, è vero che, come fatto valere dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon, gli strumenti tecnologici erano sviluppati principalmente dalle entità americane e messi a disposizione delle attività europee nella loro forma definitiva. Il software utilizzato dai diversi siti europei era peraltro comune.

383    Da un lato, dal fascicolo emerge che la sostanza delle decisioni relative allo sviluppo dei beni immateriali e alla prioritarizzazione dei progetti da sviluppare, inclusa la tecnologia specifica dell’Europa, veniva decisa negli Stati Uniti.

384    Dall’altro, è pacifico che il maggior numero di tecnici e di ingegneri che contribuiscono allo sviluppo della tecnologia era situato negli Stati Uniti. Non meno di [riservato] dipendenti del gruppo Amazon contribuivano allo sviluppo dei beni immateriali, dei quali più di [riservato] dipendenti erano impiegati negli Stati Uniti per lavori connessi alla tecnologia nel corso del periodo considerato. La Commissione non contesta tali dati. Inoltre, dai documenti del fascicolo, e segnatamente dalle diverse testimonianze dei dipendenti del gruppo Amazon, emerge che i servizi centrali e dei tecnici americani sono stati incaricati dello sviluppo degli strumenti specifici del mercato europeo.

385    Inoltre, per quanto riguarda il contributo della LuxOpCo in relazione allo sviluppo della tecnologia, occorre rilevare i seguenti elementi.

386    In primo luogo, la Commissione ha correttamente accertato che erano talvolta necessari adattamenti al fine di attuare la tecnologia in Europa.

387    Infatti, benché, come fatto valere dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon, il modello di attività e la tecnologia sottesa siano gli stessi negli Stati Uniti e in Europa, dalle diverse testimonianze dei dipendenti del gruppo Amazon fornite dalle parti, e segnatamente dalla testimonianza del vicepresidente direttore, responsabile delle attività di vendita al dettaglio internazionale, impiegato negli Stati Uniti, emerge che, a causa delle specificità del mercato europeo rispetto al mercato americano, la tecnologia sviluppata negli Stati Uniti non poteva essere sempre utilizzata tale e quale sui siti Internet europei. Pertanto, oltre all’EFN, tecnologia sviluppata appositamente per le attività europee del gruppo Amazon, erano necessari adattamenti o «localizzazioni». Dai documenti del fascicolo risulta che siffatti adattamenti includevano segnatamente sforzi di traduzione [riservato].

388    In secondo luogo, dalle testimonianze dei dipendenti del gruppo Amazon risulta che, benché una parte significativa degli adattamenti della tecnologia al mercato europeo fosse stata effettuata negli Stati Uniti, segnatamente quando si trattava del lavoro sui software, la LuxOpCo aveva, in una certa misura, contribuito a tali adattamenti.

389    Infatti, come confermato, peraltro, da Amazon nel ricorso nella causa T‑318/18, alla fine del periodo considerato, tutt’al più una sessantina di persone occupavano posizioni collegate alla tecnologia in Lussemburgo.

390    Al riguardo, dai documenti del fascicolo, e segnatamente dalle testimonianze del vicepresidente direttore, responsabile delle attività di vendita al dettaglio internazionale, impiegato negli Stati Uniti, e dell’ex responsabile dei programmi terzi in Europa (e segnatamente di MarketPlace), risulta che, al più tardi a partire dall’anno successivo alla ristrutturazione del 2006, la LuxOpCo ha iniziato a servirsi di propri tecnici. Più precisamente, la LuxOpCo ha assunto, nel corso del periodo considerato, sviluppatori di software (software developers) che hanno contribuito allo sviluppo di programmi specifici per le attività europee e hanno lavorato sugli adattamenti locali.

391    Analogamente, dalla testimonianza dell’ex responsabile dei programmi terzi in Europa (e segnatamente di MarketPlace) emerge che [riservato].

392    In siffatto contesto, per quanto riguarda il gruppo di localizzazione e di traduzione, identificato dalla Commissione al considerando 459 della decisione impugnata, occorre constatare che dagli elementi del fascicolo emerge che tale gruppo era responsabile dell’adattamento dei siti Internet europei, segnatamente della traduzione, e che esso aveva contribuito allo sviluppo di software. Infatti, dalle testimonianze dei dipendenti del gruppo Amazon emerge [riservato]. Tuttavia, anche se tali attività e quest’ultima tecnologia avevano svolto un ruolo importante per le attività commerciali della LuxOpCo, ciò non toglie che esse rivestivano un ruolo minore rispetto al resto della tecnologia sviluppata negli Stati Uniti.

393    Per quanto riguarda poi le attività di sviluppo del catalogo, identificate dalla Commissione al considerando 456 della decisione impugnata, si deve constatare che, come fatto valere da Amazon e dal Granducato di Lussemburgo, dette attività non comprendevano la progettazione dei software alla base del catalogo, la quale veniva effettuata negli Stati Uniti. Le attività relative al catalogo sviluppate in Lussemburgo [riservato]. Il lavoro locale sullo sviluppo del catalogo [riservato].

394    Dalla testimonianza del vicepresidente direttore, responsabile delle attività di commercio al dettaglio a livello internazionale, impiegato negli Stati Uniti, risulta che [riservato]. Pertanto, pur se operazioni sui software in relazione al catalogo avevano potuto essere realizzate dalla LuxOpCo, tali operazioni restavano estremamente limitate rispetto agli sviluppi realizzati dai servizi centrali del gruppo Amazon.

395    Da quanto suesposto risulta che la LuxOpCo ha contribuito allo sviluppo della tecnologia procedendo a tali adattamenti, principalmente connessi alla traduzione, e, soltanto in misura minore, allo sviluppo di taluni software e funzionalità. Inoltre, la sostanza del lavoro di adattamento della tecnologia alle attività europee era ampiamente dipendente dai servizi centrali del gruppo Amazon. Ne consegue che i contributi della LuxOpCo allo sviluppo della tecnologia hanno potuto svolgere soltanto un ruolo minore nella creazione del valore di tale tecnologia. Ne discende che, pur se la Commissione ha correttamente affermato, al considerando 461 de della decisione impugnata, che gli adattamenti richiesti in Europa sono stati sviluppati in prossimità dei mercati locali, era errato dare una simile importanza ai contributi della LuxOpCo a detti adattamenti e trarne la conclusione che tali contributi erano unici e di valore.

396    In terzo luogo, come rilevato dalla Commissione ai considerando da 460 a 461 della decisione impugnata, oltre agli adattamenti effettuati localmente dai gruppi lussemburghesi, la LuxOpCo contribuiva parimenti allo sviluppo della tecnologia a causa del suo coinvolgimento nel processo di individuazione delle nuove esigenze tecnologiche dell’impresa e della loro traduzione in progetti di software.

397    A tal riguardo, la LuxOpCo disponeva di responsabili di programmi (technical program managers), la cui funzione consisteva nel tradurre in termini tecnici le esigenze commerciali affinché un ingegnere (software developer) potesse codificarle (v. considerando 460 della decisione impugnata). Il Granducato di Lussemburgo non contesta peraltro che le specifiche funzionali e tecniche degli strumenti e degli adattamenti richiesti in Europa siano state sviluppate in prossimità dei mercati locali.

398    È vero che, come sottolineato dalla Commissione, in sostanza, al considerando 461 della decisione impugnata, la definizione delle esigenze commerciali e la formulazione di specifiche svolgevano un ruolo importante nello sviluppo della tecnologia. Infatti, dai documenti del fascicolo emerge che il valore della tecnologia del gruppo Amazon si basa sulla capacità di tale tecnologia di servire i tre pilastri del gruppo Amazon, ossia i prezzi bassi, l’assortimento e la facilità d’uso (v. punto 347 supra), e dunque di rispondere alle esigenze dei clienti. In tal senso, il valore della tecnologia di Amazon risiede parimenti, in una certa misura, nell’adattamento alle esigenze locali, e, segnatamente, nella capacità dei gruppi locali di formulare le specifiche per ottenere gli adattamenti della tecnologia alle esigenze dei consumatori.

399    Tuttavia, occorre rilevare che, come sostenuto da Amazon, solo una dozzina di responsabili di programmi era impiegata in Lussemburgo, contro [riservato] negli Stati Uniti, e [riservato] di tali persone impiegate in Lussemburgo lo sono state solo alla fine del periodo considerato [riservato].

400    Inoltre, pur se la LuxOpCo ha individuato le esigenze tecnologiche dell’impresa e le specifiche relative a tali esigenze, la progettazione e la creazione della tecnologia, da parte loro, sono state sviluppate negli Stati Uniti. In tale contesto, contrariamente a quanto sembra suggerire la Commissione al punto 103 del controricorso nella causa T‑318/18, le attività delle entità americane non si limitavano a mere attività di codifica, bensì a vere e proprie attività di sviluppo.

401    Infine, come sostenuto da Amazon, la schiacciante maggioranza delle decisioni strategiche concernenti lo sviluppo della tecnologia, segnatamente per quanto riguarda l’Europa, veniva adottata dalle entità americane e non dalla LuxOpCo.

402    Ne discende che la realizzazione di tali sviluppi e miglioramenti della tecnologia, al fine di migliorare l’esperienza dei clienti, si basava principalmente sul modello sviluppato negli Stati Uniti, che è lo stesso in Europa e negli Stati Uniti, e unicamente in misura minore sulle specifiche tecniche che potevano essere formulate dai gruppi locali.

403    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che, mentre la Commissione ha correttamente ritenuto che la LuxOpCo avesse contribuito allo sviluppo dei beni immateriali tramite l’elaborazione di specifiche tecniche, a livello della tecnologia oggetto dell’accordo di licenza, detti contributi restavano limitati. Inoltre, nella misura in cui, prima del 2006, tali funzioni erano già svolte dalle società collegate, occorre constatare, al pari di quanto fatto valere dal Granducato di Lussemburgo al punto 109 del ricorso nella causa T‑816/17, che esse non possono essere considerate uniche, bensì che si tratta di funzioni ordinarie.

404    In quarto luogo, la Commissione ha ritenuto che la LuxOpCo avesse contribuito allo sviluppo dell’EFN, la sola tecnologia veramente specifica delle attività europee del gruppo Amazon.

405    Come illustrato dalla Commissione al considerando 463 della decisione impugnata, l’EFN è una combinazione di progressi tecnologici, come l’introduzione di nuove funzionalità, e di ottimizzazioni logistiche.

406    È pacifico che l’EFN ha svolto un ruolo essenziale per le attività commerciali di vendita al dettaglio e di servizi europei. Come rilevato dalla Commissione al considerando 462 della decisione impugnata, e affermato dalla stessa Amazon nella sua memoria post-procedimento depositata dinanzi alla United States Tax Court (Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti), la creazione dell’EFN mirava a risolvere il problema posto dall’esistenza di più siti Internet associati a centri nazionali di elaborazione degli ordini. Tale tecnologia ha consentito di associare i centri europei di elaborazione degli ordini e la messa in comune delle scorte, dando così ai clienti di tutta l’Unione la possibilità di acquistare articoli da qualsiasi sito Internet di Amazon in Europa.

407    Dalle testimonianze dei dipendenti di Amazon, nonché dalla memoria post-procedimento depositata dinanzi alla United States Tax Court (Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti) da Amazon risulta peraltro che l’EFN è stato determinante per poter lanciare le attività in due nuovi paesi europei, ossia la Spagna e l’Italia.

408    Orbene, dal fascicolo emerge che la Commissione era effettivamente legittimata a ritenere che la LuxOpCo fosse coinvolta nello sviluppo dell’EFN (v. punto 404 supra).

409    Infatti, nella memoria post-procedimento depositata nell’ambito del procedimento dinanzi alla United States Tax Court (Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti), Amazon ha, essa stessa, [riservato]. Secondo i termini di tale memoria, «AEHT» (ossia Amazon Europe Holding Technology, termine che corrisponde alla designazione ufficiale della LuxSCS) [riservato]. Occorre sottolineare, al riguardo, che non è stata operata alcuna differenza, nell’ambito del procedimento americano menzionato al punto 14 supra, fra le diverse entità lussemburghesi del gruppo e che, in tale procedimento, il termine «AEHT» è stato utilizzato in maniera indifferenziata per designare la LuxOpCo o la LuxSCS. Orbene, per quanto riguarda la partecipazione allo sviluppo dell’EFN, è chiaro che Amazon faceva riferimento alla LuxOpCo e non alla LuxSCS.

410    Tale constatazione è corroborata, peraltro, dalle testimonianze dei dipendenti del gruppo Amazon, e segnatamente da quella del vicepresidente direttore delle attività di vendita al dettaglio a livello internazionale, impiegato negli Stati Uniti, il quale conferma che, all’epoca, il capo delle attività di vendita al dettaglio in Europa, assunto dalla LuxOpCo, aveva contribuito attivamente all’elaborazione e alla concettualizzazione dell’EFN.

411    Cionondimeno, occorre precisare che sarebbe errato ritenere che la LuxOpCo si sia assunta la responsabilità della totalità del processo di sviluppo dell’EFN.

412    Da un lato, dal fascicolo risulta che la sede americana ha svolto un ruolo decisionale nel lancio del progetto dell’EFN.

413    Dall’altro, come fatto valere dal Granducato di Lussemburgo e come si evince dalle testimonianze dei dipendenti del gruppo Amazon e dal parere del Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti, lo sviluppo dell’EFN è stato realizzato con il sostegno delle entità americane. Più specificamente, il lavoro in relazione allo sviluppo dei software alla base dell’EFN sarebbe stato effettuato dai tecnici dei gruppi centrali e, segnatamente, sulla base delle specifiche formulate dai gruppi della LuxOpCo. Inoltre, la Commissione non contesta che, sotto il profilo operativo, le definizioni e i requisiti della piattaforma su cui era basato tale strumento sarebbero stati parimenti stabiliti negli Stati Uniti.

414    Benché, al considerando 462 della decisione impugnata, la Commissione indichi che «l’EFN è stata sviluppata in Europa» senza ulteriori precisazioni, il contributo delle entità americane non è stato tuttavia totalmente ignorato dalla Commissione. Essa cita segnatamente, alla nota 481 della decisione impugnata, una delle testimonianze secondo la quale la tecnologia sarebbe stata sviluppata in Europa con l’ausilio dei gruppi tecnologici centrali.

415    Da quanto suesposto risulta che, benché l’EFN fosse basata in larga misura sulla tecnologia sviluppata negli Stati Uniti, la LuxOpCo ha parimenti contribuito attivamente allo sviluppo di tale tecnologia. Orbene, alla luce dell’importanza di suddetta tecnologia per l’espansione delle attività europee del gruppo Amazon, la Commissione non è incorsa in errore nel considerare tali contributi unici e di valore. Anche se la LuxSCS fosse, in ultima analisi, il proprietario di tale tecnologia, ciò non toglie che lo sviluppo di quest’ultima sia stato parimenti il frutto degli sforzi della LuxOpCo.

416    Dalle constatazioni effettuate ai punti da 386 a 415 supra risulta dunque che, a parte l’EFN, al cui sviluppo la LuxOpCo ha attivamente partecipato, gli adattamenti più importanti della tecnologia erano effettuati negli Stati uniti, in dialogo con i gruppi europei che formulavano le loro esigenze, e che, inoltre, taluni adattamenti minori potevano essere effettuati direttamente dai gruppi locali.

417    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che pur se la Commissione ha correttamente ritenuto che, stante la sua partecipazione allo sviluppo dell’EFN, la LuxOpCo abbia svolto funzioni uniche e di valore in relazione alla tecnologia, per il resto, essa ha esagerato l’importanza delle funzioni della LuxOpCo connesse allo sviluppo della tecnologia. Infatti, a parte lo sviluppo dell’EFN, le funzioni della LuxOpCo si limitavano principalmente ad adattamenti e all’elaborazione di specifiche tecniche. Pertanto, la conclusione svolta al considerando 465 della decisione impugnata, e segnatamente l’affermazione secondo la quale la LuxOpCo ha proceduto a miglioramenti significativi della tecnologia, non può essere confermata in toto.

418    Nella misura in cui tale constatazione si basa sulle testimonianze dei dipendenti di Amazon, non risulta necessario esaminare in dettaglio gli argomenti del Granducato di Lussemburgo e di Amazon secondo i quali la Commissione avrebbe fatto un uso erroneo delle testimonianze, segnatamente per affermare che la tecnologia era sviluppata in Europa (in particolare l’EFN), mentre lo era negli Stati Uniti. Infatti, quandanche l’analisi della Commissione non venisse confermata in toto, gli errori commessi dalla Commissione non sono idonei a rimettere in discussione la constatazione secondo la quale la LuxOpCo ha effettivamente contribuito allo sviluppo dei beni immateriali, e segnatamente dell’EFN.

–       Sui dati clienti (considerando da 466 a 468 della decisione impugnata)

419    Il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano la fondatezza della constatazione della Commissione secondo la quale la LuxOpCo ha svolto funzioni attive e critiche in relazione allo sviluppo, al miglioramento e alla gestione dei dati clienti. In sostanza, essi fanno valere che i dati clienti venivano raccolti in maniera automatica, con l’ausilio della tecnologia sviluppata negli Stati Uniti e senza intervento dei dipendenti della LuxOpCo.

420    La Commissione contesta tali argomenti.

421    In via preliminare, si deve rilevare che le parti sono in disaccordo sulla questione se la LuxOpCo abbia contribuito attivamente allo sviluppo della banca dati che raggruppa le informazioni sui clienti, come, ad esempio, i registri delle vendite. Si tratta dunque di stabilire se l’accumulo dei dati clienti nel corso del periodo considerato, come la loro protezione, sia attribuibile alla LuxOpCo.

422    In primo luogo, occorre rilevare che, come illustrato dalla Commissione nella tabella 19 della decisione impugnata, nel corso del periodo considerato, il computo dei clienti unici per anno è ampiamente aumentato, passando da 17 milioni di clienti nel 2006 a più di 60 milioni nel 2014.

423    In secondo luogo, al pari della Commissione, occorre constatare che i dati clienti sono un bene chiave per un operatore del commercio elettronico come il gruppo Amazon, segnatamente per quanto riguarda il marketing. Infatti, taluni strumenti, in particolare l’uso della tecnologia delle raccomandazioni e delle similitudini, dipendono dai dati clienti. I dati clienti costituiscono dunque un bene immateriale unico e di valore.

424    In terzo luogo, è pacifico che la LuxOpCo sia l’entità che ha raccolto i dati clienti e che essa sia, inoltre, responsabile del rispetto della normativa applicabile a tali dati. Il Granducato di Lussemburgo e Amazon non contestano peraltro l’affermazione figurante al considerando 468 della decisione impugnata secondo la quale la LuxOpCo ha accumulato i dati clienti dei siti Internet europei come servizio reso a favore della LuxSCS.

425    Senz’altro, è importante rilevare, al pari di Amazon, che la raccolta dei dati clienti era automatizzata e che è tramite la tecnologia sviluppata negli Stati Uniti e fornita dalla LuxSCS alla LuxOpCo che quest’ultima poteva raccogliere i dati clienti.

426    Tuttavia, come sottolineato dalla Commissione al punto 107 del suo controricorso nella causa T‑318/18, è la LuxOpCo che contribuiva attivamente all’accumulo dei dati clienti tramite l’attuazione dei tre pilastri della strategia del gruppo Amazon (v. punto 347 supra), consentendo di attirare i clienti sui suoi siti Internet e di raccogliere più dati clienti. Infatti, la raccolta dei dati clienti dipende necessariamente dall’attrattività dei siti Internet del gruppo Amazon per i clienti. Orbene, l’aumento della frequentazione dei siti Internet europei, e quindi dei dati clienti raccolti, era a sua volta connesso all’attuazione dei tre summenzionati pilastri, ossia il prezzo, l’assortimento e la facilità d’uso, da parte della LuxOpCo. Se è pacifico che la tecnologia sviluppata negli Stati Uniti svolgeva un ruolo essenziale nella corretta attuazione di questi tre pilastri, ciò non toglie che la LuxOpCo avesse svolto un ruolo attivo e critico in relazione all’accumulo di nuovi dati clienti e avesse così contribuito allo sviluppo di tali beni immateriali unici e di valore.

427    Inoltre, occorre rilevare che la Commissione ha correttamente ritenuto, al considerando 468 della decisione impugnata, che la LuxOpCo dovesse assicurare la manutenzione dei dati clienti e garantire il rispetto delle leggi applicabili in materia di protezione dei dati. Pur se il fatto di proteggere la banca dati dei clienti è un’attività importante per un modello commerciale che comporta la vendita al dettaglio e servizi forniti segnatamente a consumatori finali, e ciò per le ragioni illustrate dalla Commissione al considerando 466 della decisione impugnata, si tratta cionondimeno di un’attività abituale per ogni licenziatario che lavora con questo tipo di banca dati.

428    Alla luce delle considerazioni che precedono, devono essere confermate le constatazioni della Commissione effettuate ai considerando da 466 a 468 della decisione impugnata, quantomeno l’affermazione che la LuxOpCo ha svolto funzioni attive e critiche in relazione al miglioramento dei dati clienti nel corso del periodo considerato. A tal riguardo, si deve constatare che, accumulando i dati clienti, i quali sono triplicati fra il 2006 e il 2014, come emerge dal punto 422 supra, la LuxOpCo ha contribuito al valore di suddetto bene immateriale, il quale costituisce un bene immateriale unico e di valore. La LuxOpCo ha dunque svolto funzioni uniche e di valore.

–       Sul «marchio Amazon» (considerando da 469 a 472 della decisione impugnata)

429    Il Granducato di Lussemburgo e Amazon rimettono in discussione l’affermazione della Commissione secondo la quale il valore del «marchio» Amazon è generato a livello della LuxOpCo e delle società collegate europee.

430    La Commissione contesta tali argomenti.

431    In primo luogo, occorre sottolineare che, come ammesso implicitamente dalla Commissione ai considerando 469 e 471 della decisione impugnata, il marchio Amazon è ben riconosciuto e gode di un notevole riconoscimento a livello mondiale, il che costituiva un elemento importante per attirare i clienti. Si deve rilevare che tale reputazione era preesistente alla creazione della LuxOpCo. Tuttavia, la constatazione della Commissione, formulata ai considerando 469 e 470 della decisione impugnata, secondo la quale il marchio commerciale non è il fulcro del modello del gruppo Amazon, poiché la strategia commerciale di detto gruppo è focalizzata sui tre pilastri (prezzo, facilità d’uso, catalogo di prodotti) deve essere confermata. Infatti, il valore del marchio depositato in Europa dipende parimenti dalla capacità di fornire un assortimento di qualità, prezzi vantaggiosi e un’estrema facilità d’uso. La stessa Amazon sottolinea peraltro che il valore dei beni immateriali di marketing del gruppo Amazon in Europa dipende dalla soddisfazione dei clienti.

432    In secondo luogo, occorre constatare che, come fatto valere dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon, la tecnologia svolge un ruolo importante, se non determinante, nello sviluppo del marchio commerciale di Amazon. Infatti, da un lato, la tecnologia è centrale nell’attuazione dei tre pilastri. La soddisfazione dei clienti dipende in tal senso in larga misura dalla tecnologia. Dall’altro, la tecnologia svolge un ruolo cruciale nel marketing e consente di massimizzare la possibilità che il nome «Amazon» compaia nelle ricerche dei potenziali clienti. È pacifico che tale tecnologia viene sviluppata negli Stati Uniti.

433    Cionondimeno, la sola tecnologia non è sufficiente all’attuazione dei tre pilastri. Infatti, questi ultimi sono stati parimenti attuati dalla LuxOpCo, tramite l’adozione di decisioni strategiche necessarie all’esercizio delle attività commerciali del gruppo Amazon in Europa.

434    Occorre rilevare a tal riguardo che dalla sua memoria post-procedimento risulta che, nell’ambito del procedimento dinanzi alla United States Tax Court (Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti) (v. punto 14 supra), Amazon ha fatto valere, in sostanza, che [riservato].

435    In particolare, Amazon ha affermato nella memoria post-procedimento depositata dinanzi alla United States Tax Court (Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti) che [riservato] e, nell’ambito di una sezione dedicata ai beni immateriali di marketing, che [riservato].

436    Nel suo parere, la United States Tax Court (Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti) ha peraltro concluso che la «AEHT» assumeva la sola responsabilità di mantenere e sviluppare i beni immateriali connessi al marketing e che essa pagava, tramite la ripartizione dei costi, i miglioramenti tecnologici necessari a mantenere il valore di tali beni immateriali. È vero che, nella memoria post-procedimento e nel parere del Tribunale fiscale federale degli Stati Uniti, Amazon e quest’ultimo fanno riferimento alla «AEHT». Cionondimeno, dal momento che non viene fatta alcuna distinzione, nell’ambito del procedimento americano menzionato al punto 14 supra, fra le diverse entità lussemburghesi del gruppo e il termine «AEHT» viene utilizzato in maniera indifferenziata per designare la LuxOpCo o la LuxSCS, si deve intendere, in tale contesto preciso, che la «AEHT» si riferisce alla LuxOpCo e non alla LuxSCS. Infatti, dal fascicolo risulta che la LuxSCS non ha svolto simili funzioni.

437    Inoltre, occorre rilevare che né il Granducato di Lussemburgo né Amazon contestano l’affermazione effettuata al considerando 472 della decisione impugnata, secondo la quale, in Europa, erano la LuxOpCo e le società collegate ad assicurare lo svolgimento del marketing online del gruppo Amazon, sfruttando il loro know-how locale.

438    In tali circostanze, se è vero che il marchio Amazon beneficiava, in Europa, di una reputazione sorta anteriormente alla creazione della LuxOpCo e che essa godeva della reputazione internazionale del gruppo Amazon, si deve concludere che la Commissione ha correttamente stabilito che, nel corso del periodo considerato, il mantenimento e lo sviluppo del valore del marchio erano, quantomeno, generati in parte a livello della LuxOpCo e delle entità europee.

439    Occorre rilevare a tal riguardo, peraltro, al pari della Commissione, che Amazon era nota come venditore di libri e media quando è entrata nel mercato europeo, e che i gruppi locali hanno dovuto fare sforzi considerevoli per sviluppare la reputazione del marchio in relazione ad altre categorie di prodotti.

440    Di conseguenza, occorre confermare le valutazioni della Commissione contenute ai considerando da 469 a 472 della decisione impugnata. A tal riguardo, si deve constatare, alla luce delle constatazioni effettuate ai punti da 433 a 438 supra, che la LuxOpCo contribuiva allo sviluppo del valore del marchio e dei beni di marketing e svolgeva, per questo motivo, funzioni di valore. Per contro, nulla consente di ritenere che tali funzioni avessero un carattere unico. Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che la Commissione abbia correttamente concluso che la LuxOpCo aveva contribuito allo sviluppo dei beni immateriali, per ciascuna delle sue componenti. Per quanto riguarda lo sviluppo della tecnologia, il contributo della LuxOpCo consisteva principalmente in adattamenti e nell’elaborazione di specifiche tecniche. Per contro, la partecipazione della LuxOpCo allo sviluppo dell’EFN può essere assimilata ad una funzione unica e di valore. Inoltre, la LuxOpCo ha svolto un ruolo importante nell’accumulo dei dati clienti, segnatamente tramite l’attuazione dei tre pilastri, contribuendo così attivamente allo sviluppo di tale bene unico e di valore. Per quanto riguarda i beni di marketing, la LuxOpCo ha svolto un ruolo importante nell’aumento della reputazione del marchio Amazon in Europa e ha dunque svolto funzioni di valore. Dal fascicolo non risulta tuttavia che queste ultime funzioni possano essere qualificate come uniche.

441    Si deve dunque concludere che la Commissione ha correttamente affermato, ai considerando 414 e 415 della decisione impugnata, che l’amministrazione lussemburghese avrebbe dovuto tenere conto del fatto che la LuxOpCo svolgeva funzioni uniche e di valore connesse ai beni immateriali. Per contro, non tutte le funzioni della LuxOpCo connesse ai beni immateriali erano uniche e di valore.

442    Si deve peraltro constatare, a tal riguardo, che tali funzioni avrebbero dovuto essere prese in considerazione, se non al momento dell’adozione del ruling fiscale in questione, quantomeno al momento della sua attuazione annuale. Infatti, ogni cambiamento di situazione, il che include l’esercizio di funzioni supplementari, avrebbe dovuto essere preso in considerazione.

ii)    Sulle funzioni svolte dalla LuxOpCo nell’ambito delle attività di vendita al dettaglio e di servizi del gruppo Amazon in Europa (sezione 9.2.1.2.2 e considerando da 473 a 499 della decisione impugnata)

443    Per quanto riguarda le funzioni svolte dalla LuxOpCo nell’ambito delle attività di vendita al dettaglio e di servizi del gruppo Amazon in Europa, nella decisione impugnata, la Commissione ha, in sostanza, evidenziato il fatto che, tanto secondo la relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 quanto di fatto, la LuxOpCo svolgeva il ruolo di sede sociale europea ed era l’impresa responsabile di dette attività. Sarebbe dunque la LuxOpCo che avrebbe dovuto prendere e che prendeva le decisioni strategiche relative alle operazioni commerciali del gruppo Amazon in Europa (considerando da 473 a 478 della decisione impugnata).

444    Più specificamente, la Commissione ha constatato che la LuxOpCo svolgeva tutte le funzioni strategiche connesse alle attività di vendita al dettaglio e dei servizi online del gruppo Amazon nel corso del periodo considerato e che essa prendeva tutte le decisioni strategiche concernenti gli articoli e la determinazione dei prezzi, registrava le vendite e agiva in veste di parte contraente nei confronti dei consumatori. Essa assorbiva così i costi corrispondenti e sosteneva i rischi relativi alle vendite e alle scorte (considerando 475 della decisione impugnata).

445    La Commissione ha in tal senso ritenuto che la LuxOpCo prendesse, in piena autonomia, tutte le decisioni pertinenti concernenti ciascuno dei tre pilastri della strategia del gruppo Amazon in Europa (considerando 478 della decisione impugnata).

446    Le parti concordano sul fatto che la LuxOpCo esercitasse attività di rivenditore al dettaglio online e di prestatore di servizi. È parimenti pacifico che la LuxOpCo svolgesse le funzioni di sede delle attività europee del gruppo Amazon.

447    Cionondimeno, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano il fatto che la LuxOpCo esercitasse funzioni di esercizio importanti. A loro avviso, le attività della LuxOpCo si basavano in ampia misura sulla tecnologia sviluppata negli Stati Uniti e corrispondevano a funzioni di gestione delle attività europee o a funzioni di sostegno commerciale ordinarie, le quali generavano poco valore aggiunto.

448    Più specificamente, il Granducato di Lussemburgo e Amazon sostengono che le funzioni umane sarebbero state sostituite dalla tecnologia nell’ambito delle attività commerciali del gruppo Amazon e che i prezzi erano fissati in maniera automatica. Essi aggiungono che era impossibile che degli individui fissassero attivamente il prezzo dei milioni di articoli disponibili sui siti del gruppo Amazon, che i rapporti con i venditori e i clienti erano quasi del tutto automatizzati, che, nei centri di elaborazione degli ordini, la localizzazione delle scorte e l’ordine di raccolta degli acquisti erano funzioni definite da tecnologie e i dipendenti dei centri dovevano soltanto seguire le istruzioni date dalla tecnologia, e che le decisioni concernenti l’inventario (decisioni di acquisto, luogo di stoccaggio, ecc.) erano automatizzate, laddove i dipendenti dovevano unicamente eseguire le indicazioni fornite sulla base della tecnologia.

449    Occorre dunque verificare se la Commissione abbia correttamente ritenuto che la LuxOpCo svolgesse funzioni di esercizio importanti e adottasse decisioni strategiche in relazione a ciascuno dei tre pilastri della strategia del gruppo Amazon, cosicché essa non poteva essere assimilata ad un’impresa che esercita mere funzioni di gestione.

–       Sull’assortimento (considerando da 479 a 489 della decisione impugnata)

450    La Commissione ha constatato, al considerando 479 della decisione impugnata, che lo sviluppo e il mantenimento dell’assortimento più ampio possibile erano aspetti fondamentali per il successo del gruppo Amazon in Europa. Essa ha aggiunto che la decisione relativa alle categorie di prodotti da vendere veniva presa sulla base della conoscenza del mercato. Essa avrebbe dunque richiesto l’intervento umano, non essendo la tecnologia da sola sufficiente.

451    In particolare, la Commissione ha rilevato, da un lato, che la LuxOpCo aveva potuto contare su un numero significativo di dipendenti assunti dalle società collegate europee, i quali sarebbero intervenuti per costituire l’assortimento in Europa e ampliare l’assortimento includendo nuove famiglie di prodotti disponibili sulla base della loro conoscenza del mercato, dei prodotti e dei consumatori locali (corrispondenti in tal senso al loro «know-how locale») (considerando da 470 a 482 della decisione impugnata). Dall’altro, la LuxOpCo avrebbe svolto un ruolo determinante nell’acquisizione di operatori locali, nella definizione di partenariati con i fornitori e nello stabilire programmi di terzi per lo sviluppo di MarketPlace (considerando da 483 a 489 della decisione impugnata).

452    Il Granducato di Lussemburgo e Amazon non rimettono in discussione la constatazione di ordine generale figurante al considerando 483 della decisione impugnata, secondo la quale Amazon sviluppa il suo assortimento acquistando da altri rivenditori al dettaglio presenti sul mercato, stipulando partenariati con taluni fornitori e stabilendo programmi di terzi, quali MarketPlace.

453    Dalla testimonianza dell’ex responsabile dei programmi di terzi in Europa (e segnatamente di MarketPlace) risulta peraltro che il lavoro dei reclutatori locali era fondamentale per consentire il lancio di nuovi prodotti sui siti Internet.

454    Il Granducato di Lussemburgo e Amazon non contestano neanche il fatto che sia la LuxOpCo, con il sostegno delle sue società collegate europee, ad avere assunto tali attività «generali» del gruppo Amazon, ad avere proceduto alle acquisizioni di talune imprese di vendita al dettaglio europee, ad avere concluso partenariati con fornitori europei, definendo strategie e buone prassi concernenti la selezione e il lancio di nuove famiglie di prodotti, e ad avere persino definito le clausole contrattuali standard per i fornitori (v. considerando 485 della decisione impugnata).

455    Dalla testimonianza del vicepresidente direttore, responsabile delle attività di vendita al dettaglio a livello internazionale, impiegato negli Stati Uniti, risulta peraltro che [riservato]. Pertanto, anche se la LuxOpCo non decideva in maniera totalmente autonoma sulle categorie di prodotti, essa svolgeva un ruolo significativo nel lancio di una nuova categoria di prodotti. Al riguardo, dalla testimonianza dell’ex responsabile delle attività di vendita al dettaglio in Europa, impiegato dalla LuxOpCo, risulta che, nell’ambito del lancio di una nuova categoria di prodotti, essa era [riservato].

456    La ristrutturazione del 2006 ha dunque consentito una gestione più autonoma delle attività europee.

457    Si deve concludere che la Commissione ha correttamente ritenuto che la LuxOpCo prendesse decisioni importanti connesse all’assortimento e che la tecnologia da sola non fosse sufficiente per attuare in Europa tale pilastro della strategia del gruppo Amazon.

–       Sui prezzi (considerando da 490 a 493 della decisione impugnata)

458    Per quanto riguarda i prezzi, la Commissione ha affermato che, pur se la determinazione dei prezzi era automatizzata e si basava sull’utilizzazione di un algoritmo, si trattava unicamente di uno strumento che consentiva di attuare una determinata politica di tariffazione, che in Europa era definita dalla LuxOpCo.

459    In particolare, la Commissione ha rilevato che, senza l’intervento personale, basato sulla conoscenza del mercato locale, da parte delle società europee collegate, l’algoritmo di calcolo del prezzo non avrebbe funzionato in maniera efficace. In Europa, tale compito sarebbe affidato alla LuxOpCo, con il sostegno delle sue società collegate europee.

460    Il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano tali affermazioni. Essi fanno valere, segnatamente, che le attività commerciali della LuxOpCo si basano in gran parte sull’automatizzazione e che la partecipazione dei dipendenti della LuxOpCo era minima, in particolare per quanto riguarda i prezzi.

461    Non è effettivamente opinabile che, come fatto valere dal Granducato di Lussemburgo, senza la tecnologia, le attività della LuxOpCo sarebbero state meno importanti.

462    Cionondimeno, si deve constatare che, come risulta dal considerando 168 della decisione impugnata, fino al 2009, il gruppo Amazon ricorreva essenzialmente alla tariffazione manuale. Solo a partire dal 2009 i prezzi sono stati fissati a partire da un algoritmo. A tal riguardo, la Commissione ha dunque correttamente rilevato che l’algoritmo non era sufficiente da solo in relazione alla fissazione dei prezzi e che consentiva di attuare la politica di tariffazione definita, in Europa, dalla LuxOpCo (v. considerando 490 della decisione impugnata).

463    Anzitutto, come rilevato dalla Commissione al considerando 491 della decisione impugnata, senza l’intervento personale della LuxOpCo, basato sulla conoscenza del mercato locale da parte delle società collegate europee, l’algoritmo di calcolo del prezzo non avrebbe potuto funzionare in maniera efficace.

464    Quindi, come individuato dalla Commissione al considerando 492 della decisione impugnata, dal manuale delle politiche e delle procedure per l’Unione del gruppo Amazon emerge che la determinazione dei prezzi era effettuata nel Lussemburgo da un comitato per la determinazione dei prezzi al dettaglio nell’Unione, composto dai quadri dirigenti della LuxOpCo. Tale comitato era l’unico organo competente per la definizione di orientamenti in materia di prezzi per i prodotti che il gruppo Amazon offriva sui propri siti Internet europei. Il ruolo della LuxOpCo nella definizione delle politiche di prezzo è parimenti confermato dalle testimonianze dei dipendenti della LuxOpCo.

465    Inoltre, è pacifico che la LuxOpCo ricorreva a un responsabile della tariffazione europeo avente il compito di approvare i prezzi, in particolare quando si discostavano da quelli fissati dall’algoritmo, e che un gruppo era incaricato di garantire [riservato] a livello mondiale. Tale gruppo, avente sede nel Lussemburgo presso la LuxOpCo, seguiva i prezzi [riservato] ed esaminava i prezzi offerti a livello mondiale, ivi compreso negli Stati Uniti (v. considerando 492 della decisione impugnata).

466    Infine, il Granducato di Lussemburgo e Amazon non rimettono in discussione in maniera fondata il fatto che la LuxOpCo abbia dovuto elaborare una strategia particolare per generare entrate e per distinguersi dai concorrenti. A detto riguardo, l’influenza della LuxOpCo e delle sue società europee collegate sulle decisioni in materia di determinazione dei prezzi si rifletteva nelle promozioni applicabili a taluni articoli offerti sui siti Internet nell’Unione (v. considerando 493 della decisione impugnata). È pacifico che, durante i suoi primi anni di attività in Germania, il sito «Amazon.de» aveva persino inventato la «garanzia del prezzo basso» con l’obiettivo di incoraggiare un riscontro sui prezzi da parte dei clienti, in cambio di uno sconto sui loro acquisti, e che, nel Regno Unito, taluni tipi di promozioni sui prezzi applicati di frequente sul mercato, come i [riservato], hanno reso più arduo [riservato] l’esercizio della concorrenza [riservato]. Per quanto riguarda la vendita di libri in Francia e in Germania, la LuxOpCo ha creato un sistema di spedizione gratuito. A tal riguardo, si tratta di esempi di decisioni di fissazione dei prezzi in relazione ai concorrenti sul mercato e, pertanto, di decisioni strategiche tipiche di un rivenditore al dettaglio.

467    Alla luce di quanto suesposto, si deve concludere che la LuxOpCo ha adottato decisioni strategiche per quanto riguarda la determinazione dei prezzi e ha dunque esercitato funzioni importanti. Se è vero che la tariffazione dei prezzi dipendeva dalla tecnologia del gruppo Amazon, ciò non toglie che l’intervento dei collaboratori della LuxOpCo era parimenti fondamentale.

–       Sulla «facilità d’uso» (considerando da 494 a 499 della decisione impugnata)

468    Per quanto riguarda la «facilità d’uso», la Commissione ha constatato che la LuxOpCo aveva il compito di garantire la facilità d’uso dell’offerta di vendita al dettaglio e di mercato del gruppo Amazon in Europa. Più precisamente, la LuxOpCo avrebbe disposto di un gruppo detto gruppo «Localizzazione e traduzione» che avrebbe verificato e adattato la traduzione automatica e consentito segnatamente la messa in comune di diversi cataloghi europei al fine di creare e gestire l’EFN (considerando 495 della decisione impugnata). La LuxOpCo e le società europee collegate avrebbero detenuto e sviluppato il know-how rispetto alla logistica locale, segnatamente per la spedizione degli articoli (considerando 496 della decisione impugnata).

469    Secondo la Commissione, la tecnologia è un requisito previo della «facilità d’uso», in particolare della traduzione dei cataloghi di articoli europei, della consegna e del servizio di assistenza per i clienti (v. considerando da 494 a 499 della decisione impugnata). Il personale della LuxOpCo avrebbe svolto un ruolo sia al livello dei cataloghi degli articoli sia per quanto riguarda la consegna dei prodotti e il servizio di assistenza clienti. A tal riguardo, il know-how sarebbe appartenuto alla LuxOpCo e alle società collegate europee (v. considerando 496 della decisione impugnata).

470    Tali elementi non vengono contestati, del resto, dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon in maniera fondata e devono essere confermati.

471    Da quanto suesposto discende dunque che la LuxOpCo ha preso decisioni strategiche in relazione alla gestione delle attività commerciali del gruppo Amazon in Europa ed era dunque il principale responsabile dell’attuazione dei tre pilastri della strategia di detto gruppo per tale zona geografica. La Commissione ha pertanto correttamente ritenuto che, nonostante l’importanza della tecnologia, la LuxOpCo avesse parimenti svolto un ruolo essenziale nella gestione e nell’espansione di tali attività di vendita al dettaglio e dei mercati e, dunque, che essa avesse svolto funzioni di valore. Tuttavia, dal fascicolo non emerge che siffatte funzioni rivestissero un carattere unico.

iii) Sui beni utilizzati dalla LuxOpCo (considerando da 500 a 505 della decisione impugnata)

472    Per quanto riguarda i beni utilizzati dalla LuxOpCo, la Commissione ha rilevato, al considerando 500 della decisione impugnata, che la LuxOpCo aveva utilizzato «beni importanti» per assumere le funzioni descritte nelle sezioni 9.2.1.2.1 (funzioni in relazione ai beni immateriali) e 9.2.1.2.2 (funzioni svolte nel contesto delle attività di vendita al dettaglio e di servizi) della sua decisione.

473    Da un lato, la Commissione ha constatato, al considerando 501 della decisione impugnata, che la LuxOpCo possedeva e gestiva l’intero assortimento (sul periodo considerato, le rimanenze ammontavano a EUR [riservato] miliardi) e che essa deteneva la totalità delle azioni di ASE, AMEU e delle società europee collegate alle quali concedeva finanziamenti.

474    Dall’altro, la Commissione ha affermato che la struttura dei costi della LuxOpCo dimostrava che beni importanti sarebbero stati utilizzati per assorbire i costi associati allo sviluppo e al miglioramento dei beni immateriali nell’esercizio delle sue funzioni (considerando 502 della decisione impugnata). In particolare, per quanto riguarda il marchio depositato, la LuxOpCo avrebbe sostenuto costi di marketing diretto elevati (ad esempio i costi connessi alla promozione) (considerando da 503 a 504 della decisione impugnata). Di conseguenza, la Commissione ha ritenuto che, in assenza di qualsiasi rimborso individuabile da parte della LuxOpCo, tali costi dovrebbero essere considerati come effettivamente sopportati dalla LuxOpCo.

475    La Commissione ha dunque concluso che la LuxOpCo aveva sostenuto i costi corrispondenti allo sfruttamento economico dei beni immateriali, nonché allo sviluppo, al miglioramento e alla gestione degli stessi. Secondo la Commissione, nessuno di tali costi può essere considerato una spesa sostenuta in nome della LuxSCS (considerando 505 della decisione impugnata).

476    Il Granducato di Lussemburgo e Amazon, del resto, non contestano tali constatazioni in maniera fondata, salvo per quanto riguarda il fatto che la LuxOpCo avrebbe sostenuto i costi connessi allo sviluppo, al miglioramento e alla gestione dei beni immateriali. A tal riguardo, è sufficiente rinviare al punto 235 supra. Ad eccezione dell’affermazione secondo la quale la LuxOpCo avrebbe sostenuto i costi connessi all’ARC e all’accordo di adesione, devono essere confermate le valutazioni fatte dalla Commissione ai considerando da 500 a 505 della decisione impugnata.

iv)    Sui rischi assunti dalla LuxOpCo (considerando da 506 a 517 della decisione impugnata)

477    Per quanto riguarda i rischi assunti dalla LuxOpCo, la Commissione ha ritenuto, ai considerando da 506 a 517 della decisione impugnata, che tale società, da un lato, sopportasse, tanto secondo le disposizioni degli accordi conclusi con la LuxSCS quanto di fatto, i rischi associati allo sviluppo, al miglioramento e alla gestione dei beni immateriali. Dall’altro, la LuxOpCo avrebbe controllato e gestito tutti i rischi commerciali e imprenditoriali corrispondenti, connessi alle attività di vendita al dettaglio e di servizi svolte dal gruppo Amazon in Europa, ivi inclusi il rischio di credito, il rischio legato alle riscossioni dei crediti, il rischio di gestione delle scorte, il rischio di mercato, il rischio di perdita o anche i rischi legati al mantenimento di personale in grado di vendere gli articoli e fornire servizi in maniera efficiente ed entro i tempi richiesti.

478    La Commissione ha poi respinto l’affermazione di Amazon, formulata nel procedimento amministrativo, secondo la quale la LuxOpCo aveva fatto ampio affidamento alla tecnologia per gestire e sostenere i rischi (considerando 506 e 508 della decisione impugnata).

479    Anzitutto, secondo la Commissione, anche se la tecnologia consentiva di ridurre al minimo i rischi, la LuxOpCo sopportava detti rischi a causa del suo ruolo di sede europea e delle sue attività di vendita al dettaglio e di servizio (considerando 509 e 510 della decisione impugnata). Essa rileva che, nonostante la LuxOpCo facesse affidamento sulla tecnologia per la gestione dei rischi commerciali, ciò deriverebbe soltanto da una decisione strategica da parte sua (considerando 511 della decisione impugnata).

480    Inoltre, non sarebbe accertato, né nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 né in un altro documento, che i rischi strategici, finanziari e operativi che la LuxOpCo doveva affrontare nelle sue operazioni quotidiane sarebbero stati gestiti da una politica di gruppo in materia di gestione dei rischi (considerando 512 della decisione impugnata). Al contrario, i rischi come la perdita di attività economica sarebbero stati gestiti a livello locale, con la LuxOpCo in veste di responsabile principale in Europa (considerando da 513 a 515 della decisione impugnata).

481    Tra le parti è controversa la questione di quale fosse l’entità che assumeva effettivamente i rischi connessi ai beni immateriali e, più specificamente, la questione se la LuxOpCo abbia mobilitato dei beni per assorbire i costi connessi allo sviluppo della proprietà intellettuale. Inoltre, secondo il Granducato di Lussemburgo, una parte dei rischi e delle funzioni individuate dalla Commissione sarebbe stata assunta dalle società europee collegate e non dalla LuxOpCo.

482    Per quanto riguarda i rischi connessi allo sviluppo, al miglioramento e alla gestione dei beni immateriali, affermare, al pari di quanto dichiarato dalla Commissione al considerando 507 della decisione impugnata, che la LuxOpCo sosteneva tali rischi, tanto secondo le disposizioni degli accordi conclusi con la LuxSCS quanto nei fatti, non persuade.

483    Come rilevato correttamente dal Granducato di Lussemburgo, al punto 104 del ricorso nella causa T‑816/17, se è vero che, in forza dell’accordo di licenza, la LuxSCS aveva trasferito un certo numero di rischi connessi allo sfruttamento delle attività commerciali alla LuxOpCo, ciò non toglie che la LuxSCS, la quale era la proprietaria giuridica del diritto di sfruttare beni immateriali durante il periodo considerato, sosteneva sempre i rischi connessi ai beni immateriali, poiché essa doveva onorare l’obbligo contratto ai sensi dell’accordo di adesione e dell’ARC di pagare i costi di adesione e i costi ai sensi dell’ARC alla ATI e alla A 9.

484    Tale constatazione non è contestata in maniera circostanziata dalla Commissione. Per quanto riguarda la capacità finanziaria della LuxSCS di assumere i rischi se si materializzavano, la Commissione non è stata in grado di dimostrare la sua affermazione secondo la quale la LuxSCS non disponeva di fondi propri sostanziali. Per quanto riguarda il capitale iniziale della LuxSCS, considerato irrilevante dalla Commissione al considerando 445 della decisione impugnata, è pacifico che, quantomeno per il 2006, è grazie al suo capitale che la LuxSCS ha potuto assorbire le perdite subite nel corso dei suoi primi anni di esercizio senza intervento della LuxOpCo. Sotto tale profilo, nel 2006, l’importo della royalty pagata dalla LuxOpCo alla LuxSCS era ampiamente inferiore ai pagamenti di acquisto e di ripartizione dei costi effettuati dalla LuxSCS.

485    In circostanze siffatte, si deve ritenere che la LuxOpCo sopportasse tutt’al più una parte dei rischi connessi all’esistenza, allo sviluppo, al miglioramento e alla gestione dei beni immateriali.

486    Per contro, per quanto riguarda gli altri rischi menzionati ai considerando da 507 a 517 della decisione impugnata, ossia i rischi tipici di un’attività di rivenditore al dettaglio online e di prestatore di servizi, il Granducato di Lussemburgo e Amazon non contestano in maniera fondata che la LuxOpCo sopportasse del rischi del genere, come il rischio relativo alla perdita di attività economica in quanto tale (v. considerando 514 di detta decisione) e i rischi relativi alla detenzione di scorte invendute in Europa, all’hosting dei server e alla manutenzione dei call center, ai crediti inesigibili e all’inadempimento o alla mancata esecuzione dei contratti conclusi con i clienti. In particolare, se il Granducato di Lussemburgo e Amazon fanno valere che la tecnologia consentiva di ridurre al minimo i rischi della LuxOpCo in relazione alla gestione delle attività commerciali, e segnatamente i rischi di inventario, è giocoforza constatare, al pari di quanto rilevato dalla Commissione al considerando 510 della decisione impugnata, che la tecnologia non ha soppresso completamente tali rischi. Occorre dunque confermare le affermazioni della Commissione.

v)      Conclusioni sull’analisi funzionale della LuxOpCo

487    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve constatare che l’analisi funzionale della LuxOpCo effettuata dalla Commissione non convince del tutto.

488    In primo luogo, alla luce delle informazioni raccolte dalla Commissione ai fini dell’adozione della decisione impugnata, come illustrate in quest’ultima e una parte delle quali è stata confermata supra, non era escluso di poter ritenere che la LuxOpCo svolgesse effettivamente talune funzioni uniche e di valore per quanto riguarda i beni immateriali. Ciò vale per quanto riguarda lo sviluppo dell’EFN e l’accumulo dei dati clienti. Quanto al resto, con riguardo ai beni di marketing, pur se le funzioni della LuxOpCo sono di valore, non è dimostrato che siffatte funzioni possano essere considerate uniche.

489    In secondo luogo, l’analisi delle funzioni della LuxOpCo quale rivenditore al dettaglio online e quale prestatore di servizi può essere sostanzialmente confermata. A tal riguardo, contrariamente a quanto fatto valere dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon, la LuxOpCo non si limitava a svolgere mere funzioni di «gestione», bensì agiva come un rivenditore al dettaglio online e sosteneva i rischi inerenti a tali attività. Siffatte funzioni erano effettivamente «di valore», poiché si trattava di attività che potevano contribuire in modo significativo al fatturato della LuxOpCo e dunque al modello commerciale del gruppo Amazon. Tuttavia, siffatte funzioni non possono essere qualificate come uniche. Infatti, nella misura in cui il Granducato di Lussemburgo e Amazon hanno indicato che un’impresa poteva essere considerata un’entità che svolge funzioni routinarie (in contrapposizione ad un’entità che svolge funzioni uniche e di valore) allorché tali funzioni potevano essere valutate facilmente (in inglese «benchmarked») (v. punto 225 supra), è sufficiente rilevare che la relazione [riservato], menzionata dalle parti principali, verte su attività di rivenditore al dettaglio online e affronta la questione della remunerazione rilevata sul mercato per siffatti rivenditori.

490    Alla luce di quanto suesposto, si deve constatare che, mentre la Commissione ha potuto validamente ritenere che talune funzioni della LuxOpCo, in relazione ai beni immateriali, fossero uniche e di valore, la sua tesi diretta ad affermare che le funzioni della LuxOpCo connesse alle sue attività commerciali erano uniche e di valore non persuade del tutto. Sebbene la Commissione abbia correttamente constatato che la LuxOpCo svolgeva più funzioni di quelle individuate ai fini dell’adozione del ruling fiscale in questione, ossia mere funzioni di «gestione», essa ha erroneamente ritenuto che le funzioni della LuxOpCo relative alla sua attività di rivenditore al dettaglio fossero uniche e di valore.

491    Tale conclusione non viene rimessa in discussione da nessuno degli altri argomenti del Granducato di Lussemburgo o di Amazon.

492    In primo luogo, il Granducato di Lussemburgo e Amazon fanno valere che il fatto che le funzioni della LuxOpCo fossero esercitate, prima della ristrutturazione del 2006, dalle società collegate europee e che queste ultime fossero remunerate ai costi maggiorati dimostra che le funzioni della LuxOpCo sono unicamente funzioni ordinarie. È sufficiente rilevare, a tal riguardo, che la ristrutturazione del 2006 aveva appunto come obiettivo la creazione di una sede per le attività del gruppo Amazon in Europa, attribuendo alla LuxOpCo funzioni ben più importanti di quelle delle società collegate europee.

493    In secondo luogo, il Granducato di Lussemburgo addebita alla Commissione di avere attribuito alla LuxOpCo le funzioni svolte dalle società collegate europee. È sufficiente constatare a tal riguardo che le società collegate europee operavano in quanto prestatori di servizi presso la LuxOpCo ed erano peraltro remunerate come tali. Esse svolgevano pertanto le loro funzioni per conto e a rischio della LuxOpCo. La Commissione poteva dunque attribuire suddette funzioni alla LuxOpCo.

2)      Sulla scelta del metodo

494    Come illustrato al punto 317 supra, la Commissione ha ritenuto, in sostanza, che fosse erroneo avere utilizzato il TNMM per determinare l’importo della royalty e la remunerazione della LuxOpCo e che avrebbe dovuto essere utilizzato il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo.

495    Più precisamente, al considerando 567 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che, quando entrambe le parti coinvolte in una transazione infragruppo apportano contributi unici e di valore a detta transazione, di norma, il metodo di ripartizione degli utili è considerato essere uno dei metodi più appropriati per quanto concerne i prezzi di trasferimento, poiché, in casi analoghi, parti indipendenti dovrebbero di norma ripartirsi gli utili generati da tale transazione in maniera proporzionale ai loro rispettivi contributi.

496    In tale contesto, la Commissione ha precisato, rimandando al considerando 256 della decisione impugnata, che le linee guida dell’OCSE distinguevano due metodi di ripartizione degli utili, ossia l’analisi del contributo e l’analisi del residuo. Per quanto riguarda l’analisi del residuo, la Commissione ha specificato che essa si applicava nel caso in cui una parte riceveva una remunerazione per le sue funzioni ordinarie oltre a quella percepita dalla stessa per i contributi unici e di valore che essa apportava alla transazione. Per quanto riguarda l’analisi del contributo, la Commissione ha precisato che essa consisteva nel ripartire gli utili complessivi in funzione del valore relativo delle funzioni svolte (tenuto conto dei beni utilizzati e dei rischi sostenuti) da ciascuna delle parti coinvolte nelle transazioni infragruppo.

497    La Commissione ha aggiunto che, quando entrambe le parti della transazione controllata apportavano contributi unici e di valore e non esistevano transazioni meno complesse il cui prezzo dovesse essere determinato separatamente, era più appropriato applicare l’analisi del contributo ai fini dell’attribuzione degli utili complessivi. L’analisi del residuo sarebbe stata appropriata nel caso in cui fossero esistite transazioni meno complesse.

498    Sulla base di tali osservazioni, la Commissione ha concluso che, poiché la LuxSCS e la LuxOpCo erano entrambe considerate svolgere funzioni uniche e di valore in relazione ai beni immateriali, era opportuno preferire l’analisi del contributo all’analisi del residuo.

499    Fra le parti della lite è controversa la questione se la Commissione avesse ragione nel ritenere che il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo fosse appropriato nella specie, e di conseguenza, che la scelta del TNMM non avrebbe dovuto essere avallata nel ruling fiscale in questione.

500    Prima di tutto, occorre ricordare, per quanto riguarda la scelta del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento in quanto tale, che, come illustrato al punto 202 della sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione (T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669), i diversi metodi di fissazione dei prezzi di trasferimento cercano di raggiungere livelli di utile che riflettono i prezzi di trasferimento di libera concorrenza e che non si può concludere, in linea di principio, che un metodo non consente di ottenere un’approssimazione attendibile di un risultato di mercato.

501    Inoltre, nell’ambito dell’esame di una misura sotto il profilo del principio di libera concorrenza, la Commissione è libera di utilizzare un metodo diverso da quello avallato dalle autorità fiscali nazionali. Dal punto 154 della sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione (T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669), risulta che se non si può contestare alla Commissione di aver utilizzato un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento che essa ritiene appropriato nel caso di specie per esaminare il livello dei prezzi di trasferimento per una o più operazioni strettamente collegate che fanno parte della misura controversa, spetta tuttavia alla medesima giustificare la propria scelta metodologica.

502    Nella specie, in considerazione dell’esistenza di talune funzioni uniche e di valore tanto in capo alla LuxSCS quanto in capo alla LuxOpCo, alla Commissione non può essere addebitato di avere ritenuto che il metodo di ripartizione degli utili fosse potuto risultare appropriato, in generale, per esaminare la transazione controllata.

503    Cionondimeno, la conclusione della Commissione intesa ad adottare l’analisi del contributo non persuade. Infatti, a tal riguardo, come risulta implicitamente, ma necessariamente, dai considerando 256, 567 e 568 della decisione impugnata, la Commissione ha preso le mosse dalla constatazione che la circostanza che le parti della transazione controllata svolgessero funzioni uniche e di valore, nonché funzioni routinarie richiedeva un’applicazione del metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del residuo, mentre il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo sarebbe stata adatta solo se le imprese interessate esercitavano unicamente funzioni uniche e di valore. Orbene, come emerge dai punti 488 e 489 supra, sebbene la Commissione avesse ragione di ritenere che alcune delle funzioni della LuxOpCo in relazione ai beni immateriali fossero uniche e di valore, essa ha erroneamente considerato che le funzioni della LuxOpCo connesse alle attività commerciali fossero uniche e di valore. Inoltre, essa non ha neanche stabilito che non ve ne fossero di comparabili alle attività commerciali della LuxOpCo, né che la remunerazione di tali funzioni non avrebbe potuto essere determinata separatamente.

504    Inoltre, dai punti 3.6 e 3.8 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 risulta implicitamente, ma necessariamente, che la scelta del metodo di ripartizione degli utili, incluso nella variante dell’analisi del contributo, dipende in maniera decisiva dal fatto di avere individuato dati esterni provenienti da imprese indipendenti per determinare il valore del contributo di ciascuna impresa associata alle transazioni. Orbene, la Commissione non ha tentato di identificare se siffatti dati affidabili fossero disponibili, per poter concludere che nella specie poteva essere scelto il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo.

505    Inoltre, la Commissione non ha spiegato in che modo le funzioni della LuxOpCo in relazione allo sviluppo dei beni immateriali fossero tali per cui l’analisi del contributo sarebbe stata il metodo appropriato nella specie, e non invece l’analisi del residuo (v. considerando 568 della decisione impugnata).

506    Ne consegue che, quando ha respinto il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del residuo e ha scelto la variante dell’analisi del contributo, la Commissione non ha giustificato debitamente la sua scelta metodologica e non ha dunque soddisfatto i requisiti illustrati al punto 501 supra.

507    Nella misura in cui la Commissione ha fondato la sua prima constatazione sussidiaria sul fatto che solo l’analisi del contributo sarebbe stata il metodo appropriato nella specie, l’errore constatato al punto 506 supra vizia il ragionamento della Commissione relativo alla dimostrazione dell’esistenza del vantaggio.

508    Il Tribunale reputa cionondimeno necessario proseguire l’esame degli argomenti delle parti ricorrenti intesi a far valere che la Commissione non ha dimostrato che la remunerazione della LuxOpCo avrebbe dovuto essere più elevata a causa dell’utilizzo del metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo.

3)      Sulla dimostrazione che la remunerazione della LuxOpCo avrebbe dovuto essere più elevata a causa dell’utilizzo del metodo di ripartizione degli utili (applicazione dell’analisi del contributo)

509    Come illustrato supra, al considerando 568 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, se fosse stato applicato il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo, ciò avrebbe necessariamente dato luogo ad una remunerazione più consistente per la LuxOpCo. La Commissione ha in tal senso ritenuto che, avallando il metodo di calcolo della royalty proposto da Amazon che conduceva ad una sottovalutazione della remunerazione della LuxOpCo, il ruling fiscale in questione avesse conferito un vantaggio a quest’ultima. La Commissione ha cionondimeno precisato, al considerando 564 della decisione impugnata, di non avere tentato di stabilire quale sarebbe stata esattamente la remunerazione di libera concorrenza della LuxOpCo.

510    A tal riguardo, si deve ricordare che, come rilevato ai punti da 317 a 320 supra, l’errore individuato dalla Commissione non si basa sulla constatazione che talune funzioni della LuxOpCo, incluse funzioni routinarie o ordinarie, non hanno costituito l’oggetto di una remunerazione. Per contro, la Commissione ha preso le mosse dal postulato che la LuxOpCo assumesse una serie di funzioni della LuxOpCo uniche e di valore e che, pertanto, avrebbe dovuto essere applicato il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo.

511    Fra le parti è controversa la questione se la Commissione sia pervenuta, sulla base della constatazione menzionata al punto 509 supra, a dimostrare l’esistenza di un vantaggio a favore della LuxOpCo.

512    Al fine di d l’esistenza di un vantaggio, la Commissione doveva dimostrare che la LuxOpCo avrebbe dovuto percepire una remunerazione maggiore se le fosse stato applicato il metodo di ripartizione degli utili rispetto a quella effettivamente percepita in applicazione del ruling fiscale in questione.

513    Come illustrato al punto 310 supra, spetta alla Commissione dimostrare in maniera concreta che gli errori metodologici da essa individuati nella decisione anticipata in materia fiscale non consentivano di giungere ad un’approssimazione attendibile di un risultato di libera concorrenza e che essi avevano condotto ad una riduzione dell’utile imponibile, senza che sia escluso che, in taluni casi, un errore metodologico sia tale da non consentire affatto di giungere ad un’approssimazione di un risultato di libera concorrenza e che esso conduca necessariamente ad una sottovalutazione della remunerazione che avrebbe dovuto essere percepita in condizioni di mercato.

514    Le stesse considerazioni devono essere applicate qualora la Commissione ritenga di avere individuato un errore nell’analisi funzionale. Infatti, non è escluso che, nonostante un errore nell’analisi funzionale, la remunerazione calcolata non si discosti dal risultato di libera concorrenza che avrebbe potuto essere determinato se le funzioni fossero state correttamente prese in considerazione. In tale contesto, si deve rilevare che, pur se talune funzioni non sono state individuate correttamente e non sono state prese in considerazione nell’ambito del calcolo della remunerazione, è probabile che suddette funzioni avrebbero dovuto essere oggetto di una remunerazione e che, a causa dell’omessa considerazione di tali funzioni supplementari, la remunerazione dell’impresa in questione avrebbe dovuto essere più elevata. Cionondimeno, la Commissione non può pervenire a simili conclusioni senza verificare, in maniera concreta, se, nel caso di specie e alla luce delle specificità della transazione in questione, l’errore individuato nell’analisi funzionale avrebbe potuto dare luogo ad una remunerazione supplementare.

515    Infine la Commissione, quando esamina, nell’esercizio della competenza conferitale dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, una misura fiscale concessa ad una società integrata, deve porre a raffronto l’onere fiscale della società integrata derivante dall’applicazione della misura fiscale interessata con l’onere fiscale derivante dall’applicazione delle norme fiscali ordinarie del diritto nazionale di una società, posta in una situazione di fatto analoga, che eserciti le proprie attività alle condizioni di mercato (v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 149). Quando individua errori nell’analisi funzionale sulla quale si basa una misura fiscale come il ruling fiscale in questione, la Commissione è tenuta a paragonare l’onere fiscale dell’impresa integrata risultante dall’applicazione della misura fiscale in questione, da un lato, all’onere fiscale di un’impresa operante sul mercato che eserciti funzioni comparabili a quelle dell’impresa integrata, come individuate dalla Commissione, dall’altro. Occorre sottolineare al riguardo che un siffatto raffronto non implica che la Commissione debba necessariamente realizzare un’analisi completamente nuova avente lo stesso livello di dettaglio di quella effettuata dallo Stato membro ai fini dell’adozione della misura fiscale in questione. Tuttavia, anche se non deve procedere ad una simile analisi, la Commissione è tenuta ad identificare, quantomeno, un numero di elementi concreti che consentano di stabilire con certezza che la remunerazione di libera concorrenza per le funzioni della società, come individuate dalla Commissione, era necessariamente superiore alla remunerazione percepita in applicazione della misura fiscale in questione.

516    In conseguenza di quanto appena illustrato al punto 515 supra, la Commissione avrebbe dovuto paragonare la remunerazione della LuxOpCo ottenuta applicando il metodo approvato nel ruling fiscale in questione alla remunerazione di libera concorrenza che avrebbe dovuto essere percepita alla luce delle funzioni della LuxOpCo che la Commissione stessa aveva individuato nella propria analisi funzionale. In mancanza di una vera e propria applicazione del metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo, la Commissione avrebbe dovuto individuare, quantomeno, un numero di elementi che consentissero di concludere che la remunerazione della LuxOpCo calcolata in applicazione del ruling fiscale in questione era necessariamente inferiore alla remunerazione che una società operante sul libero mercato avrebbe percepito se tale società avesse avuto funzioni comparabili a quelle individuate dalla Commissione nella sua analisi funzionale. Più precisamente, se la Commissione riteneva che l’analisi del contributo fosse il metodo di calcolo appropriato, invece di limitarsi a semplici presunzioni non verificate del risultato che sarebbe stato ottenuto in applicazione del metodo della ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo, essa avrebbe dovuto verificare se, sul libero mercato, la considerazione di funzioni e rischi comparabili a quelli incombenti alla LuxOpCo nell’ambito della transazione controllata (segnatamente le sue funzioni e i suoi rischi di rivenditore al dettaglio online) si traduceva effettivamente in una quota di utili (per un rivenditore al dettaglio online paragonabile alla LuxOpCo) che sarebbe stata superiore a quella a cui la LuxOpCo aveva diritto ai sensi del metodo di calcolo di cui al ruling fiscale in questione. Anche se la Commissione non era effettivamente tenuta ad indicare cifre precise, essa era quantomeno tenuta a fornire indizi verificabili al riguardo.

517    Nella specie, nella decisione impugnata, la Commissione si è limitata a constatare che, se fosse stato utilizzato il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo, la LuxOpCo avrebbe percepito una remunerazione più elevata, senza tentare di applicare tale metodo. Orbene, la Commissione non può presumere quale sarebbe il risultato dell’applicazione di un determinato metodo, né quale remunerazione avrebbe dovuto essere attribuita ad una determinata funzione. Per contro, come è già stato rilevato ai punti 515 e 516 supra, essa deve dimostrare che la remunerazione approvata nel ruling fiscale in questione era inferiore all’approssimazione attendibile di una remunerazione di libera concorrenza che sarebbe stata ottenuta in applicazione del metodo di ripartizione degli utili con l’analisi del contributo.

518    A tal riguardo, occorre rilevare che la Commissione non ha tentato di verificare quale fosse la corretta chiave di ripartizione degli utili complessivi della LuxSCS e della LuxOpCo che sarebbe stata opportuna se tali parti fossero state imprese indipendenti, e neppure di identificare elementi concreti che consentissero di stabilire che le funzioni della LuxOpCo connesse allo sviluppo dei beni immateriali o all’esercizio delle funzioni di sede avrebbero dato diritto ad una quota maggiore degli utili rispetto alla quota degli utili effettivamente ricevuta in applicazione del ruling fiscale in questione.

519    Inoltre, si deve ricordare che, anche se i contributi della LuxOpCo in relazione ai beni immateriali (contributo allo sviluppo di una piccola parte della tecnologia, contributo all’espansione della banca dati clienti e alla valorizzazione del marchio) e alla gestione delle attività commerciali sono effettivamente reali, nessuno degli elementi contenuti nella decisione impugnata consente di misurare l’apporto di tali funzioni rispetto alle funzioni della LuxSCS (messa a disposizione della tecnologia, la quale svolge un ruolo cruciale per la gestione delle attività del gruppo Amazon e la generazione degli utili). Pertanto, in assenza di un’analisi approfondita, non è possibile prevedere in che misura i contributi della LuxOpCo le conferiranno una quota degli utili realizzati in Europa superiore a quella ottenuta in applicazione del ruling fiscale in questione.

520    In tali circostanze, si deve constatare che la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di un vantaggio, ma tutt’al più la probabilità dell’esistenza di un vantaggio.

521    È vero che, come menzionato dalla Commissione in udienza, il fatto che taluni beni vengano trasmessi gratuitamente, senza che la remunerazione della LuxOpCo, approvata dal ruling fiscale, tenga conto di tali funzioni, è idoneo a dimostrare che la remunerazione della LuxOpCo è inferiore a ciò che un’impresa indipendente avrebbe percepito in condizioni di mercato. Cionondimeno, è giocoforza constatare che la decisione impugnata non contiene un siffatto ragionamento.

522    È vero che non è escluso che, se la LuxOpCo svolgeva più funzioni di quelle prese in considerazione ai fini del calcolo della sua remunerazione come approvata nel ruling fiscale in questione, la LuxOpCo avrebbe avuto diritto ad una remunerazione supplementare. Cionondimeno, il ragionamento della Commissione, come illustrato nella decisione impugnata, resta teorico e non è sufficiente a dimostrare che la LuxOpCo ha effettivamente ricevuto un vantaggio a causa dell’applicazione del metodo di calcolo della sua remunerazione approvato dal ruling fiscale in questione.

523    Senz’altro, la Commissione ha affermato, nelle sue risposte ai quesiti del Tribunale e in udienza, che, in applicazione del ruling fiscale in questione, la LuxOpCo ha percepito solo il 20% circa degli utili complessivi della LuxOpCo e della LuxSCS e che, se le fosse stato applicato il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo, tenendo conto delle sue funzioni uniche e di valore, essa avrebbe necessariamente percepito una quota maggiore di tali utili complessivi.

524    Cionondimeno, in primo luogo, occorre rilevare che l’affermazione secondo la quale la LuxOpCo avrebbe percepito soltanto il 20% circa degli utili complessivi non risulta nella parte della decisione impugnata relativa alla prima constatazione sussidiaria, e neppure nel resto della decisione impugnata. Tale cifra può tutt’al più essere calcolata sulla base dei diversi dati numerici contenuti nella decisione impugnata. In proposito, si deve rilevare che tale cifra pari a circa il 20% degli utili complessivi della LuxOpCo e della LuxSCS corrisponde agli utili di gestione della LuxOpCo dopo la deduzione della royalty versata alla LuxSCS in applicazione del ruling fiscale in questione.

525    In secondo luogo, la Commissione non apporta alcun elemento concreto nella decisione impugnata idoneo a dimostrare che il fatto che l’80% circa degli utili complessivi della LuxOpCo e della LuxSCS fosse attribuito alla LuxSCS, al fine di remunerare il suo contributo, ossia la messa a disposizione dei beni immateriali, non è conforme alla libera concorrenza, né che l’attribuzione di circa il 20% degli utili complessivi non costituisce una remunerazione sufficiente alla luce dei contributi effettuati dalla LuxOpCo.

526    In terzo luogo, come rilevato da Amazon in udienza, la Commissione non ha affermato, nella decisione impugnata, che alla LuxOpCo avrebbe dovuto essere attribuita una remunerazione supplementare oltre alla remunerazione calcolata applicando il TNMM. Infatti, la constatazione secondo la quale doveva essere applicato il metodo di ripartizione degli utili con analisi del contributo comporta di non tenere conto della remunerazione calcolata inizialmente sulla base dell’applicazione del TNMM e di procedere ad un calcolo completamente nuovo. Orbene, non è escluso che la remunerazione della LuxOpCo calcolata in applicazione del metodo di ripartizione degli utili con l’analisi del contributo sia inferiore alla remunerazione calcolata ai sensi del TNMM, come approvata dal ruling fiscale in questione.

527    Da un lato, occorre rilevare che, in occasione del procedimento amministrativo, Amazon aveva presentato alla Commissione una relazione concernente la percentuale di margine per imprese che svolgono attività di vendita al dettaglio online, ossia la relazione [riservato]. La percentuale media di margine per le attività di vendita al dettaglio online era pari allo 0,5% dei costi totali dei rivenditori al dettaglio online. Senza che sia necessario verificare se, alla luce di tale elemento, Amazon fosse legittimata ad affermare, come fatto dalla stessa in udienza, che tale percentuale avrebbe dimostrato che la remunerazione della LuxOpCo nel periodo considerato sarebbe stata «confortevole», è giocoforza constatare che, alla luce di detta relazione, la Commissione avrebbe dovuto approfondire il suo esame concernente la questione se la remunerazione della LuxOpCo corrispondeva ad un risultato di piena concorrenza per le sue funzioni di rivenditore al dettaglio online. Senza un siffatto esame, non è possibile affermare con certezza che la LuxOpCo avrebbe potuto ricevere una remunerazione superiore per le sue funzioni connesse alle attività commerciali.

528    D’altro lato, a livello delle attività di sviluppo svolte dal gruppo Amazon, le funzioni della LuxOpCo connesse ai beni immateriali, segnatamente per quanto riguarda la tecnologia, restavano limitate. Non è dunque evidente che suddette funzioni fossero tali per cui la quota degli utili attribuibili alla LuxOpCo avrebbe dovuto essere superiore al 20% degli utili complessivi della LuxSCS e della LuxOpCo.

529    Di conseguenza, in assenza di elementi sulla chiave di ripartizione che avrebbe dovuto essere utilizzata, non è possibile individuare l’ordine di grandezza della remunerazione che la LuxOpCo avrebbe dovuto percepire in condizioni di libera concorrenza, né a fortiori stabilire se tale remunerazione sia inferiore o superiore a quella ottenuta in applicazione del ruling fiscale in questione.

530    Ne consegue che la Commissione non è pervenuta a stabilire che, se fosse stato applicato il metodo di ripartizione degli utili nella variante dell’analisi del contributo, la remunerazione della LuxOpCo sarebbe stata più elevata. La prima constatazione sussidiaria non consente dunque di sostenere la conclusione secondo la quale il ruling fiscale in questione ha conferito un vantaggio economico alla LuxOpCo. Infatti, a parte il fatto che la Commissione non ha tentato di stabilire quale sarebbe stata la remunerazione di libera concorrenza della LuxOpCo alla luce delle funzioni individuate dalla Commissione nella propria analisi funzionale, la prima constatazione sussidiaria non contiene elementi concreti che consentono di dimostrare in modo giuridicamente adeguato che gli errori nell’analisi funzionale, nonché l’errore metodologico individuato dalla Commissione, relativo alla scelta del metodo in quanto tale, hanno effettivamente comportato una riduzione dell’onere fiscale della LuxOpCo.

531    Nessuno degli altri argomenti illustrati dalla Commissione può rimettere in discussione tali constatazioni.

532    In primo luogo, è vero, come illustrato dalla Commissione in udienza, che sussiste una differenza fra la dimostrazione del vantaggio e la quantificazione del vantaggio. Quindi, non è escluso che sia possibile dimostrare che un errore metodologico dia necessariamente luogo ad una remunerazione inferiore senza che tale riduzione di remunerazione venga quantificata. Cionondimeno, come constatato al punto 529 supra, nella specie, la decisione impugnata non contiene elementi idonei a dimostrare che l’utilizzo del metodo di ripartizione degli utili con l’analisi del contributo, invece del TNMM, avrebbe necessariamente dato luogo ad una remunerazione più elevata.

533    In secondo luogo, è vero, come rilevato dalla Commissione in udienza, che il Granducato di Lussemburgo e Amazon non negano che, se la LuxOpCo avesse sviluppato in maniera sostanziale i beni immateriali, ciò avrebbe dovuto comportare una remunerazione supplementare.

534    Cionondimeno, come affermato da Amazon in udienza e come illustrato al punto 526 supra, la tesi della Commissione non equivale a ritenere che avrebbe dovuto essere calcolata una remunerazione supplementare rispetto a quella calcolata in applicazione del ruling fiscale in questione. La Commissione ha infatti considerato che il metodo dei contributi con analisi del residuo non fosse appropriata nella specie. Ne consegue che la tesi della Commissione si limita a far valere che, se la remunerazione della LuxOpCo fosse stata calcolata applicando il metodo della ripartizione degli utili secondo l’analisi del contributo, ciò avrebbe dato luogo ad una remunerazione più elevata rispetto a quella ottenuta in applicazione del TNMM. Nella misura in cui l’analisi del contributo implicherebbe di non prendere in considerazione la remunerazione inizialmente calcolata sulla base dell’applicazione del TNMM e di procedere ad un calcolo completamente nuovo, non è escluso che la remunerazione della LuxOpCo, calcolata applicando il metodo di ripartizione degli utili con analisi del contributo, sia inferiore alla remunerazione calcolata applicando il TNMM, quale approvata dal ruling fiscale in questione.

535    In terzo luogo, l’argomento della Commissione, illustrato nelle sue memorie, secondo il quale l’applicazione del metodo di ripartizione degli utili avrebbe necessariamente dato luogo ad una remunerazione più elevata della LuxOpCo nella misura in cui ciò avrebbe comportato una ripartizione dell’utile residuo fra la LuxOpCo e la LuxSCS, piuttosto che all’attribuzione della totalità dell’utile residuo alla LuxSCS, nonché l’argomento secondo il quale non era necessario applicare il metodo di ripartizione degli utili per dimostrare l’esistenza di un vantaggio, poiché tale metodo consiste nel ripartire l’utile residuo, devono essere respinti.

536    Infatti, è giocoforza constatare che una siffatta ripartizione dell’utile residuo è rilevante solo nell’ambito dell’utilizzo dell’analisi del residuo. Orbene, dalla decisione impugnata, e segnatamente dai suoi considerando 567 e 568, emerge chiaramente che la Commissione ha ritenuto che solo l’analisi del contributo, e non l’analisi del residuo, poteva essere validamente utilizzata, nella specie, ai fini dell’applicazione del metodo di ripartizione degli utili. Orbene, come illustrato al punto 534 supra, l’analisi del contributo consiste nel ripartire direttamente gli utili complessivi fra le diverse parti coinvolte nella transazione e non tiene conto della remunerazione calcolata inizialmente per la LuxOpCo. Non può dunque presumersi che l’applicazione del metodo della ripartizione degli utili avrebbe necessariamente dato luogo ad una remunerazione superiore per la LuxOpCo.

537    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta pertanto che la Commissione non è riuscita a dimostrare, nell’ambito della sua prima constatazione sussidiaria, che il ruling fiscale in questione aveva conferito un vantaggio alla LuxOpCo.

538    I motivi e gli argomenti diretti a contestare la prima constatazione sussidiaria devono dunque essere accolti.

c)      Sulla seconda constatazione sussidiaria concernente il vantaggio

539    Nell’ambito della seconda constatazione sussidiaria del vantaggio, e in particolare al considerando 569 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che, anche qualora le autorità fiscali lussemburghesi avessero accettato a ragione la presunzione secondo la quale la LuxSCS esercitava funzioni uniche e di valore in relazione ai beni immateriali e anche qualora esse avessero successivamente ritenuto a ragione che la LuxOpCo esercitasse soltanto funzioni ordinarie di gestione, la scelta di un indicatore di utile basato sui costi di esercizio nel contesto del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato dal ruling fiscale in questione non sarebbe stata appropriata. Dai considerando da 569 a 574 della decisione impugnata risulta che, secondo la Commissione, se le autorità fiscali lussemburghesi avessero preso in considerazione, come indicatore del livello di utile nell’ambito dell’applicazione del TNMM, i costi totali della LuxOpCo, come sarebbe stato fatto nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, la remunerazione della LuxOpCo sarebbe stata superiore a quella concordata nel ruling fiscale in questione. Di conseguenza, la base imponibile di tale società sarebbe stata anch’essa superiore.

540    A sostegno della sua seconda constatazione sussidiaria del vantaggio, la Commissione ha ricordato il fatto che il metodo approvato dal ruling fiscale in questione utilizzava i costi di esercizio come indicatore del livello di utile, mentre la relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, sulla quale si fondava la domanda di ruling fiscale, avrebbe utilizzato i costi totali in quanto indicatore del livello di utile. La Commissione ha poi indicato che, nel procedimento amministrativo, Amazon aveva riconosciuto che sussisteva un’incoerenza fra il metodo approvato nel ruling fiscale in questione e il metodo proposto dalla relazione sui prezzi di trasferimento del 2003. A tal riguardo, Amazon si sarebbe limitata ad affermare che detta incoerenza non incideva sul risultato, dal momento che i costi di esercizio rappresentavano la maggior parte dei costi totali delle imprese comparabili esaminate nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 (considerando 571 della decisione impugnata). In risposta a tali argomenti, la Commissione ha affermato, da un lato, che la scelta di imprese comparabili che avevano bassi costi di prodotti, anche se tali costi rappresentavano la maggior parte dei costi della LuxOpCo, avrebbe «indica[to]» una scelta inappropriata delle imprese comparabili. Dall’altro, la Commissione ha rilevato che diverse imprese comparabili tra quelle selezionate per l’analisi di comparabilità avrebbero costi elevati in termini di prodotti, materie prime e materiali di consumo (considerando 572 della decisione impugnata).

541    La Commissione ha concluso che, poiché i costi totali costituiscono una base più importante rispetto ai costi di esercizio, il reddito imponibile della LuxOpCo sarebbe stato più elevato se i costi totali fossero stati conservati – come avrebbero fatto gli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 – in quanto indicatore del livello di utile (considerando 574 della decisione impugnata). Per illustrare tale constatazione, nella tabella 20 della decisione impugnata, la Commissione ha paragonato l’utile imponibile della LuxOpCo in applicazione del ruling fiscale in questione all’utile della LuxOpCo al [riservato]% dei costi totali e in assenza di un massimale. Secondo tale tabella, per gli anni dal 2006 al 2013, il primo ammonterebbe a EUR [riservato] milioni, mentre il secondo ammonterebbe a EUR [riservato] milioni.

542    In primo luogo, occorre rilevare che, in udienza, la Commissione ha fatto presente che, nell’ambito della seconda constatazione sussidiaria, quale figurante ai considerando da 569 a 574 della decisione impugnata, essa non avrebbe «mai detto» che i costi totali erano i più appropriati. Per contro, essa si avrebbe semplicemente affermato che i costi di esercizio non erano un indicatore di utile appropriato ai fini della determinazione della remunerazione della LuxOpCo. Del resto, la Commissione non avrebbe fatto altro che applicare la logica di cui avrebbero dato prova gli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003. In altri termini, essa avrebbe applicato i costi totali per determinare la remunerazione di libera concorrenza per la LuxOpCo per la sola ragione che così avrebbero fatto gli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003.

543    Al riguardo, si deve ricordare che, come è stato indicato al punto 125 supra, incombe alla Commissione l’onere della prova per quanto riguarda la dimostrazione delle condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. In particolare, la Commissione deve dimostrare l’esistenza di un vantaggio a favore dell’impresa che essa considera beneficiaria di un aiuto di Stato. Tale vantaggio deve essere un vantaggio reale.

544    Si ricorda che, nella specie, la questione concernente l’esistenza di un vantaggio comporta una verifica volta a chiarire se la royalty dovuta dalla LuxOpCo alla LuxSCS, come prevista nella formula di calcolo convalidata dal ruling fiscale in questione, fosse conforme alla libera concorrenza o meno. A tal riguardo, la Commissione ha individuato taluni errori nell’applicazione del TNMM proposto par Amazon e convalidato nel ruling fiscale in questione. Più precisamente, la Commissione ha individuato un errore nella scelta dell’indicatore del livello di utile approvato dal ruling fiscale in questione.

545    Orbene, come è già stato rilevato, mero riscontro di un errore metodologico non è sufficiente, in linea di principio, a dimostrare, di per sé, che un ruling fiscale abbia conferito un vantaggio ad una determinata società e, pertanto, a dimostrare l’esistenza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107 TFUE (v. punto 123, supra). Inoltre, come è già stato rilevato, spetta alla Commissione fornire la prova per quanto riguarda le condizioni dell’esistenza di un aiuto di Stato (v. punto 125, supra).

546    Ne consegue, nella specie, che la Commissione era tenuta a dimostrare che l’errore nella scelta dell’indicatore, individuato dalla medesima, aveva dato luogo non solo ad un risultato diverso, ma ad una diminuzione dell’onere fiscale del beneficiario del ruling fiscale in questione. Ciò implicava di rispondere alla questione di quale indicatore di livello di utile sarebbe stato effettivamente appropriato.

547    Tenuto conto dell’interpretazione dei considerando da 569 a 574 della decisione impugnata data dalla Commissione in udienza, secondo la quale essa avrebbe utilizzato i costi totali non per il motivo che avrebbero costituito un indicatore del livello di utile appropriato, ma soltanto al fine di trasporre la «logica» sottesa alla relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 (v. punto 542 supra), si deve constatare che la Commissione non ha tentato di accertare che sarebbe stata la remunerazione di libera concorrenza, né a fortiori se la remunerazione della LuxOpCo, approvata dal ruling fiscale in questione, fosse inferiore alla remunerazione che la LuxOpCo avrebbe percepito in condizioni di piena concorrenza.

548    Ne discende che, con la seconda constatazione sussidiaria, la Commissione non è pervenuta a dimostrare l’esistenza di un vantaggio.

549    Per motivi di completezza e in secondo luogo, occorre rilevare che, anche se si dovesse ritenere che, ai considerando da 569 a 574 della decisione impugnata, la Commissione, in realtà, avesse considerato che i costi totali fossero il corretto indicatore del livello di utile (in contrapposizione ad una mera trasposizione – priva di qualsivoglia utilità – della logica sottesa alla relazione sui prezzi di trasferimento del 2003), le considerazioni alla base della seconda constatazione sussidiaria del vantaggio e la conclusione illustrata dalla Commissione al considerando 547 della decisione impugnata non possono essere accolte.

550    Infatti, a tal riguardo, si deve ricordare e al contempo sottolineare che, come rilevato dalla Commissione al considerando 569 della decisione impugnata, essa ha fondato la sua seconda constatazione sussidiaria concernente il vantaggio – e dunque identificato il fatto che la scelta dei costi di esercizio costituiva un errore metodologico – sulla tesi secondo la quale la LuxSCS avrebbe svolto funzioni uniche e di valore, mentre la LuxOpCo si sarebbe limitata a svolgere «funzioni ordinarie di gestione». La premessa delle autorità fiscali lussemburghesi, quale accettata dalla Commissione al considerando 569 della decisione impugnata, consisteva dunque nell’affermare che la LuxOpCo svolgeva unicamente le funzioni limitate di una società di gestione.

551    Orbene, dalle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 non risulta che i costi totali costituivano l’indicatore del livello di utile appropriato per remunerare una società di gestione. Dal momento che l’attività di una società di gestione è simile all’attività di una società che fornisce servizi e il cui valore è scollegato dal volume di vendite e dal volume di acquisti di materie prime in quanto tali, era ipotizzabile, secondo le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, utilizzare i costi di esercizio di una siffatta impresa per definire l’indicatore di utile appropriato e non i costi totali.

552    Nella specie, in primo luogo, quando ha fatto riferimento, ai considerando 572 e 573 della decisione impugnata, ai costi totali – in contrapposizione ai costi di esercizio – per calcolare la remunerazione della LuxOpCo, la Commissione è in realtà partita dalla premessa da essa stessa fissata al considerando 569 della decisione impugnata.

553    Infatti, diversamente dall’approccio menzionato al considerando 569 della decisione impugnata, secondo il quale la LuxOpCo sarebbe considerata una società avente «funzioni (…) di gestione», le valutazioni contenute al considerando 572 della decisione impugnata si basano sull’idea che la LuxOpCo sia un’«impresa di vendita al dettaglio». Ad un’analisi più attenta, la scelta dei costi totali è stata preferita dalla Commissione giacché la LuxOpCo sarebbe stata un rivenditore al dettaglio e non perché essa sarebbe stata una «società avente funzioni di gestione». Alla luce della premessa menzionata al considerando 569 della decisione impugnata, la Commissione avrebbe dovuto tentare di determinare l’indicatore del livello di utile di una società di gestione e non quello di un’impresa che svolgeva attività di rivenditore al dettaglio.

554    In secondo luogo, come risulta dal punto 551 supra, secondo le linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, in generale, per quanto riguarda le società di gestione, non è certo che i costi totali costituiscano un indicatore del livello di utile appropriato.

555    È vero che non si può escludere a priori che, nel caso di una società di gestione particolare, per ragioni specifiche proprie di tale società, l’indicatore del livello di utile appropriato per quest’ultima siano effettivamente i costi totali. La Commissione, tuttavia, non ha illustrato la ragione che avrebbe potuto giustificare la scelta dei costi totali come indicatore del livello di utile appropriato nel caso particolare della LuxOpCo quale società di gestione.

556    In terzo luogo, anche se si dovesse accettare la scelta dei costi totali quale indicatore del livello di utile più adatto alla situazione della LuxOpCo nella sua qualità di rivenditore al dettaglio (v. il considerando 572 della decisione impugnata), è giocoforza constatare che la Commissione non ha affatto analizzato la problematica della scelta dell’indicatore di utile appropriato per la LuxOpCo nella sua qualità di organizzatore di un mercato (marketplace) per venditori terzi. Inoltre, per quanto riguarda le vendite proprie, la Commissione non ha esaminato in che misura i costi totali sarebbero stati un indicatore del livello di utile appropriato per l’attività della LuxOpCo nella sua qualità di rivenditore al dettaglio online.

557    In proposito, si deve ricordare che, nella sua risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha indicato che l’utilizzo di un margine sui costi di esercizio – e non dei costi totali – come indicatore del livello di utile per attività di distribuzione è consentito qualora la parte sottoposta a test intervenga in qualità di intermediario e non rischi i propri capitali a causa, segnatamente, dell’acquisto dei beni rivenduti. A tal riguardo, la Commissione si è basata sui paragrafi 2.101 e 2.102 delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2010, che non sono, tuttavia, pertinenti nella specie

558    Anche se si dovesse accettare che una siffatta raccomandazione risultava già dalle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995 ed era pertinente nella specie, occorre constatare che, nella sua qualità di organizzatore di un mercato, dal punto di vista dei venditori terzi, la LuxOpCo svolgeva unicamente il ruolo di intermediario fra i venditori terzi e i consumatori e che essa non ha rischiato i propri capitali in relazione alle vendite realizzate dai venditori terzi.

559    Infine, se si dovesse ammettere che la Commissione era legittimata a ritenere che i costi totali fossero il corretto indicatore per la LuxOpCo in quanto rivenditore al dettaglio online, considerando il fatto che detta società utilizzava la tecnologia per le attività di vendita al dettaglio, e, in particolare, quella relativa alla fissazione automatica dei prezzi, la scelta dei costi totali quale indicatore del livello di utile per la LuxOpCo avrebbe reso necessarie rettifiche al ribasso del tasso da applicare, al fine di tenere conto delle differenze materiali fra la struttura dei costi della LuxOpCo e la struttura dei costi dei rivenditori al dettaglio tradizionali.

560    La Commissione, da parte sua, non ha previsto né tantomeno effettuato siffatte rettifiche.

561    In secondo luogo, secondo la tabella 20 della decisione impugnata, la remunerazione della LuxOpCo, calcolata in applicazione del margine di [riservato]% sui costi totali della LuxOpCo, sarebbe stata pari ad un importo compreso fra EUR due e tre miliardi.

562    In udienza, Amazon ha affermato, senza essere contraddetta sul punto dalla Commissione, che la remunerazione della LuxOpCo calcolata dalla Commissione sarebbe superiore agli «utili totali» generati nell’Unione, i quali sarebbero pari, a suo avviso, ad un importo compreso fra EUR un miliardo e 1,5 miliardi. La remunerazione calcolata dalla Commissione nell’ambito della seconda constatazione sussidiaria equivarrebbe a due volte il valore di tutti gli utili del gruppo Amazon ottenuti in Europa e non sarebbe per questo motivo realistica. Occorre cionondimeno rilevare che, come risulta dall’allegato C1 nella causa T‑318/18 al quale Amazon ha rinviato in udienza, la cifra compresa fra EUR 1 e 1,5 miliardi non corrisponde al solo utile contabile della LuxOpCo sul periodo considerato, bensì all’utile consolidato della LuxSCS e della LuxOpCo, e viene dunque fatta una deduzione degli importi versati dalla LuxSCS ai sensi dell’ARC e dell’accordo di adesione.

563    In ogni caso, da un raffronto fra la remunerazione della LuxOpCo calcolata in applicazione di una percentuale del [riservato]% dei costi totali per ciascun anno del periodo considerato quale figurante all’ultima riga della tabella 20 della decisione impugnata e il risultato di gestione (utile operativo) della LuxOpCo per gli stessi anni, quale identificato dalla Commissione all’ottava riga della tabella 2 della decisione impugnata, emerge che la remunerazione della LuxOpCo, calcolata in applicazione della seconda constatazione sussidiaria del vantaggio sarebbe superiore al suo utile di gestione per gli anni 2012 e 2013. Orbene, un siffatto risultato si discosta manifestamente da un risultato di libera concorrenza.

564    Da quanto suesposto risulta che l’applicazione della percentuale del [riservato]% ai costi totali della LuxOpCo, sulla quale si basa la seconda constatazione sussidiaria, non produce risultati attendibili per il calcolo della remunerazione della LuxOpCo per la totalità del periodo considerato. Non si tratta dunque di un risultato corrispondente ad una remunerazione di libera concorrenza, cosicché si deve concludere che tale calcolo effettuato dalla Commissione nell’ambito della sua seconda constatazione sussidiaria non consente di dimostrare che la LuxOpCo avrebbe ottenuto un vantaggio a causa della scelta dei costi di esercizio quale indicatore del livello di utile approvato dal ruling fiscale in questione.

565    Di conseguenza, devono essere accolti i motivi e gli argomenti del Granducato di Lussemburgo e di Amazon diretti a rimettere in discussione la fondatezza della seconda constatazione sussidiaria del vantaggio.

d)      Sulla terza constatazione sussidiaria concernente il vantaggio

566    Nell’ambito della terza censura della seconda parte del primo motivo nella causa T‑816/17 e del quinto motivo nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano la terza constatazione sussidiaria della Commissione vertente sull’esistenza di un vantaggio fiscale a favore della LuxOpCo (sezione 9.2.2.3 della decisione impugnata).

567    Si ricorda che, come illustrato al punto 68 supra, nell’ambito della terza constatazione sussidiaria, la Commissione ha ritenuto, in sostanza, che l’inclusione di un massimale, in forza del quale la remunerazione della LuxOpCo non poteva superare lo 0,55% delle sue vendite annuali, nel metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento, non fosse appropriata e conferisse un vantaggio alla LuxOpCo in quanto avrebbe dato luogo ad una diminuzione del suo reddito imponibile.

568    Più precisamente, la Commissione ha constatato che, durante gli esercizi fiscali del 2006, del 2007, del 2011, del 2012 e del 2013, l’amministrazione fiscale aveva accettato dichiarazioni fiscali nelle quali il reddito imponibile della LuxOpCo era determinato applicando il massimale dello 0,55% rispetto alle sue vendite annuali (considerando 575 della decisione impugnata).

569    La Commissione ha fatto presente che né la relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, né le analisi ex post, e neppure gli argomenti illustrati dal Granducato di Lussemburgo e Amazon nel corso del procedimento amministrativo giustificavano l’inclusione di tale massimale (considerando 576 e 577 della decisione impugnata). Essa ha aggiunto, al considerando 577 della decisione impugnata, che l’applicazione del massimale aveva comportato un’ulteriore riduzione all’erronea applicazione del margine ai costi di esercizio e, per siffatto motivo, non può collocarsi all’interno di una gamma di prezzi di libera concorrenza.

570    Secondo il Granducato di Lussemburgo e Amazon, la Commissione ha ritenuto erroneamente che l’inclusione del massimale conferisse un vantaggio alla LuxOpCo.

571    Da un lato, essi fanno valere che l’inclusione del massimale mirerebbe a obbligare la LuxOpCo a funzionare in maniera efficace e a ridurre i suoi costi. Dall’altro, essi sottolineano che, in ogni caso, l’applicazione del massimale non ha mai spinto la remunerazione della LuxOpCo al di fuori della gamma di prezzi di libera concorrenza, come dimostrerebbe la relazione sui prezzi di trasferimento del 2017.

572    La Commissione contesta tali argomenti.

573    Essa fa valere, in proposito, che il meccanismo di soglia minima e di massimale non è previsto dalle linee guida dell’OCSE e non è in alcun modo giustificato sotto il profilo dei prezzi di trasferimento. Inoltre, essa aggiunge che, contrariamente a quanto fatto valere dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon, l’applicazione di un siffatto meccanismo non è giustificata dall’obiettivo di garantire una remunerazione bassa e stabile alla LuxOpCo, poiché l’obiettivo stesso del TNMM consiste appunto nel garantire una siffatta remunerazione alla parte alla quale esso è applicato.

574    Anzitutto, si deve constatare che, come confermato peraltro dalla Commissione nelle sue risposte ai quesiti scritti del Tribunale, la terza constatazione sussidiaria è indipendente e autonoma rispetto alla seconda constatazione sussidiaria. Infatti, come risulta dall’ultima frase del considerando 575 della decisione impugnata, nell’ambito di questa terza constatazione, la Commissione parte dalla premessa che i costi di esercizio potevano essere utilizzati come indicatore del livello di utile.

575    Come rilevato dalla Commissione, correttamente, nella decisione impugnata e nelle sue memorie, il meccanismo di soglia minima e di massimale non ha alcuna giustificazione o razionalità economica. È difficilmente concepibile che, in condizioni di mercato, un’impresa accetti che la sua remunerazione sia assoggettata ad un massimale pari ad una percentuale delle sue vendite annuali. Inoltre, il TNMM consente di garantire una remunerazione bassa, ma stabile, senza che sia necessario un meccanismo di soglia minima e di massimale. Un siffatto meccanismo non è neppure previsto nelle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995. Infatti, il TNMM implica unicamente l’individuazione di un indicatore utile e di una percentuale di margine.

576    La Commissione ha dunque correttamente ritenuto che l’inclusione di un siffatto massimale costituisse un errore metodologico.

577    Cionondimeno, questa sola constatazione non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un vantaggio.

578    Infatti, è giocoforza constatare che, per ciascun anno di applicazione del ruling fiscale in questione, anche dopo l’applicazione del meccanismo di massimale, la remunerazione della LuxOpCo è rimasta all’interno della gamma di prezzi di libera concorrenza, calcolata sulla base della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, ossia fra [riservato] e [riservato]% dei costi di esercizio. La Commissione non contesta peraltro tale constatazione.

579    Orbene, come spiegato dalla stessa Commissione in udienza, dal momento che la remunerazione si colloca nell’intervallo interquartile, essa, in linea di principio, deve essere considerata conforme alla libera concorrenza.

580    È vero che la Commissione ha precisato che una siffatta conclusione non poteva essere tratta quando le imprese comparabili sulla base delle quali tale intervallo era stato calcolato non fossero state correttamente selezionante.

581    Tuttavia, nell’ambito della terza constatazione sussidiaria, la Commissione non ha rimesso in discussione la gamma di prezzi di libera concorrenza, né la scelta delle imprese comparabili sulla base della quale tale gamma di prezzi è stata calcolata.

582    Infatti, al considerando 575 della decisione impugnata, la Commissione ha addebitato alle autorità lussemburghesi di avere accettato che il reddito imponibile della LuxOpCo fosse determinato applicando il massimale, «anziché attestarsi al [riservato]% dei suoi costi di esercizio». È giocoforza constatare, dunque, che, nell’ambito della terza constatazione sussidiaria, la Commissione non rimette in discussione il tasso di rendimento sulla base del quale esso è applicato, bensì unicamente il massimale in quanto tale.

583    Inoltre, da un lato, dai considerando da 575 a 578 della decisione impugnata non risulta che la Commissione abbia contestato la gamma di prezzi di libera concorrenza, calcolata nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, la quale si colloca fra [riservato] e [riservato]% dei costi di esercizio. Infatti, se la Commissione ha rilevato, al considerando 577 della decisione impugnata, che il Granducato di Lussemburgo e Amazon hanno fatto valere, nel procedimento amministrativo, che il reddito imponibile della LuxOpCo non era mai uscito dalla gamma di prezzi di libera concorrenza, essa non ha contestato la gamma di prezzi in quanto tale, ma si è limitata ad affermare che l’applicazione del massimale aveva costituito un’ulteriore riduzione rispetto a quella individuata nell’ambito della seconda constatazione sussidiaria. Orbene, come rilevato al punto 574 supra, la seconda e la terza constatazione sussidiaria sono autonome e indipendenti.

584    D’altro lato, nei considerando da 575 a 578 della decisione impugnata, la Commissione non ha neanche rimesso in discussione la scelta delle imprese comparabili utilizzate nel calcolo della gamma di prezzi di libera concorrenza. Il considerando 571 della decisione impugnata, nel quale la Commissione ha menzionato un errore nella scelta delle imprese comparabili, rientra nella seconda constatazione sussidiaria. Orbene, come illustrato al punto 574 supra, la terza constatazione sussidiaria era autonoma e indipendente dalle altre constatazioni.

585    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che, per quanto inappropriato il meccanismo di massimale possa essere, e benché non sia previsto nelle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 1995, la Commissione non ha dimostrato che tale meccanismo aveva avuto un impatto sul carattere di libera concorrenza della royalty pagata dalla LuxOpCo alla LuxSCS.

586    Di conseguenza, la mera constatazione secondo la quale il massimale è stato applicato per gli anni 2006, 2007, 2011, 2012 e 2013 non è sufficiente a dimostrare che la remunerazione della LuxOpCo ricevuta per tali anni non corrispondeva ad un’approssimazione di un risultato di libera concorrenza.

587    In effetti, la Commissione ha rilevato tutt’al più un errore metodologico nel calcolo della remunerazione della LuxOpCo, senza essere pervenuta a dimostrare che tale errore aveva avuto come effetto la diminuzione artificiosa della remunerazione della LuxOpCo, in proporzioni tali che siffatto livello di remunerazione non avrebbe potuto essere osservato in condizioni di mercato.

588    In circostanze del genere, si deve rilevare che, con la terza constatazione sussidiaria, la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di un vantaggio per la LuxOpCo.

589    Pertanto, i motivi e gli argomenti del Granducato di Lussemburgo e di Amazon diretti a contestare la terza constatazione sussidiaria del vantaggio devono essere accolti.

590    Da tutte le considerazioni che precedono risulta dunque che, con nessuna delle constatazioni svolte nella decisione impugnata, la Commissione è pervenuta a dimostrare in modo giuridicamente adeguato l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Di conseguenza, la decisione impugnata deve essere annullata in toto, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi e argomenti sollevati dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon.

 Sulle spese

591    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon, conformemente alla loro domanda.

592    Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, l’Irlanda sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Le cause T816/17 e T318/18 sono riunite ai fini della presente sentenza.

2)      La decisione (UE) 2018/859 della Commissione, del 4 ottobre 2017, relativa all’aiuto di Stato SA.38944 (2014/C) (ex 2014/NN) cui il Lussemburgo ha dato esecuzione a favore di Amazon, è annullata.

3)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese nonché quelle del Granducato di Lussemburgo, di Amazon.com, Inc. e di Amazon EU Sàrl.

4)      L’Irlanda sopporterà le proprie spese.

van der Woude

Tomljenović

Marcoulli

      

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 maggio 2021.

Firme


Indice


I. Fatti

A. Sulla decisione anticipata in materia fiscale (ruling fiscale) in questione

B. Sul procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione

C. Sulla decisione impugnata

1. Sulla presentazione del contesto fattuale e giuridico

a) Sulla presentazione del gruppo Amazon

b) Sulla presentazione del ruling fiscale in questione

c) Sulla presentazione del quadro giuridico nazionale applicabile

d) Sulla presentazione del quadro dell’OCSE relativamente ai prezzi di trasferimento

2. Sulla valutazione compiuta sul ruling fiscale in questione

a) Sull’analisi dell’esistenza di un vantaggio

1) Sulla constatazione principale del vantaggio

2) Sulle constatazioni in via subordinata del vantaggio

b) Sulla selettività della misura

c) Sull’individuazione del beneficiario dell’aiuto

II. Procedimento e conclusioni delle parti

A. Sul procedimento nella causa T816/17

1. Sulla composizione del collegio giudicante e sul trattamento prioritario

2. Sull’intervento

3. Sulle domande di trattamento riservato

4. Sulle conclusioni delle parti

B. Sul procedimento nella causa T318/18

1. Sulla composizione del collegio giudicante e sul trattamento prioritario

2. Sulle domande di trattamento riservato

3. Sulle conclusioni delle parti

C. Sulla riunione delle cause e sulla fase orale del procedimento

III. In diritto

A. Sulla riunione delle cause T816/17 e T318/18 alla luce della decisione che definisce il giudizio

B. Sui motivi e gli argomenti invocati

1. Osservazioni preliminari

a) Sulla determinazione delle condizioni di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE nel contesto delle misure fiscali nazionali

b) Sull’onere della prova

c) Sull’intensità del controllo che deve essere esercitato dal Tribunale

2. Sui motivi e sugli argomenti intesi a contestare la constatazione principale del vantaggio

a) Sulla ricevibilità di taluni argomenti dell’Irlanda per quanto riguarda l’esistenza di un vantaggio

b) Sulla fondatezza dei motivi e degli argomenti del Granducato di Lussemburgo e di Amazon concernenti la constatazione principale del vantaggio

1) Sulla rilevanza, nel tempo, di talune linee guida dell’OCSE utilizzate dalla Commissione ai fini dell’applicazione del TNMM

2) Sui presunti errori commessi dalla Commissione in sede di applicazione del TNMM nella decisione impugnata

i) Sull’analisi funzionale e la scelta, da parte della Commissione, della LuxSCS in quanto parte da sottoporre a test

– Sulle funzioni e sui beni della LuxSCS

– Sui rischi assunti dalla LuxSCS

– Conclusione sull’analisi funzionale della LuxSCS e sull’impatto di tale conclusione sulla scelta di detta società quale parte da sottoporre a test

ii) Sulla remunerazione calcolata dalla Commissione per la LuxSCS partendo dalla premessa che essa era la parte da sottoporre a test

– Sulla prima componente della royalty dovuta alla LuxSCS (costi di adesione e costi dell’ARC)

– Sulla seconda componente della remunerazione della LuxSCS (costi di mantenimento)

3) Conclusione sulla constatazione principale

3. Sui motivi e sugli argomenti intesi a contestare il ragionamento sussidiario concernente il vantaggio

a) Osservazioni preliminari sulle tre constatazioni sussidiarie

b) Sulla prima constatazione sussidiaria concernente il vantaggio

1) Sull’esercizio, da parte della LuxOpCo, di funzioni cosiddette «uniche e di valore»

i) Sulle funzioni svolte dalla LuxOpCo per quanto riguarda i beni immateriali (sezione 9.2.1.2.1 e considerando da 449 a 472 della decisione impugnata)

– Sulla natura della licenza conferita alla LuxOpCo (considerando 450 della decisione impugnata)

– Sullo EU IP Steering Committee (considerando da 452 a 455 della decisione impugnata)

– Sulle funzioni della LuxOpCo concernenti lo sviluppo della tecnologia

– Sui dati clienti (considerando da 466 a 468 della decisione impugnata)

– Sul «marchio Amazon» (considerando da 469 a 472 della decisione impugnata)

ii) Sulle funzioni svolte dalla LuxOpCo nell’ambito delle attività di vendita al dettaglio e di servizi del gruppo Amazon in Europa (sezione 9.2.1.2.2 e considerando da 473 a 499 della decisione impugnata)

– Sull’assortimento (considerando da 479 a 489 della decisione impugnata)

– Sui prezzi (considerando da 490 a 493 della decisione impugnata)

– Sulla «facilità d’uso» (considerando da 494 a 499 della decisione impugnata)

iii) Sui beni utilizzati dalla LuxOpCo (considerando da 500 a 505 della decisione impugnata)

iv) Sui rischi assunti dalla LuxOpCo (considerando da 506 a 517 della decisione impugnata)

v) Conclusioni sull’analisi funzionale della LuxOpCo

2) Sulla scelta del metodo

3) Sulla dimostrazione che la remunerazione della LuxOpCo avrebbe dovuto essere più elevata a causa dell’utilizzo del metodo di ripartizione degli utili (applicazione dell’analisi del contributo)

c) Sulla seconda constatazione sussidiaria concernente il vantaggio

d) Sulla terza constatazione sussidiaria concernente il vantaggio

Sulle spese


*      Lingue processuali: inglese e francese.


1      Dati riservati omessi.