Language of document : ECLI:EU:C:2019:942

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GERARD HOGAN

presentate il 7 novembre 2019 (1)

Causa C488/18

Finanzamt Kaufbeuren mit Außenstelle Füssen

contro

Golfclub Schloss Igling e. V.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Esenzioni – Articolo 132, paragrafo 1, lettera m) – Prestazione di servizi strettamente connessi allo sport – Effetto diretto – Portata del potere discrezionale degli Stati membri – Principio della neutralità fiscale – Principio della parità di trattamento – Nozione di organismi senza fini di lucro»






1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 2006/112»).

2.        La presente domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento tra il Finanzamt Kaufbeuren mit Außenstelle Füssen (amministrazione tributaria di Kaufbeuren, agenzia di Füssen, Germania) e il Golfclub Schloss Igling e.V. (in prosieguo: il «Golfclub»), riguardante il rifiuto dell’amministrazione tributaria di esentare dall’imposta sul valore aggiunto (IVA) taluni servizi strettamente connessi alla pratica del golf, forniti dal Golfclub.

3.        La questione principale sollevata dalla presente causa è se, nonostante la formulazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112, si riferisca semplicemente a «talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport», tale disposizione possa essere comunque considerata sufficientemente precisa e incondizionata e, pertanto, avere effetto diretto.

I.      Diritto dell’Unione

A.      Direttiva 2006/112

4.        L’articolo 132 della direttiva 2006/112 prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

(…)

m)      talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica;

n)      talune prestazioni di servizi culturali e le cessioni di beni loro strettamente connesse effettuate da enti di diritto pubblico o da altri organismi culturali riconosciuti dallo Stato membro interessato»[.]»

B.      Diritto tedesco

5.        Conformemente all’articolo 4, paragrafo 22, dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sul fatturato; in prosieguo: l’«UStG»), nella versione pubblicata il 21 febbraio 2005 (BGB1. 2005 I, pag. 386), sono esenti da imposta le seguenti operazioni:

«a)      conferenze, corsi e altre manifestazioni di carattere scientifico o educativo organizzate da persone giuridiche di diritto pubblico, da scuole superiori di amministrazione ed economia, da università popolari o da organismi che perseguono obiettivi di pubblica utilità o quelli di un’organizzazione professionale, se la maggior parte delle entrate è utilizzata per coprire le spese.

b)      altre manifestazioni culturali e sportive organizzate dagli operatori di cui alla lettera a), nelle quali il contributo è costituito dai diritti di partecipazione».

6.        Gli articoli 51, 52, 55, 58, 59, 60 e 61 dell’Abgabenordnung (codice tributario tedesco; in prosieguo: l’«AO»), stabilivano quanto segue:

«Articolo 51

Considerazioni generali

1)      Le seguenti disposizioni si applicano quando il presente codice concede vantaggi fiscali a un ente collettivo per il fatto di perseguire direttamente ed esclusivamente scopi di pubblica utilità, di beneficenza o religiosi (scopi che danno diritto a vantaggi fiscali). Per ente collettivo si intende una società, un’associazione di persone o una massa patrimoniale come definiti dalla legge relativa all’imposta sulle società. Le suddivisioni funzionali (dipartimenti) degli enti collettivi non sono trattate come soggetti d’imposta indipendenti.

(…)

Articolo 52

Scopi di pubblica utilità

1)      Un ente collettivo persegue scopi di pubblica utilità se la sua attività è destinata ad apportare in modo disinteressato al pubblico benefici di ordine materiale, spirituale o morale. Non si ravvisa alcuna attività a favore del pubblico se il gruppo dei beneficiari è definito, ad esempio, dall’appartenenza a una famiglia o al personale di un’impresa, o se non può che essere circoscritto in modo permanente a causa della sua definizione, in particolare in funzione di caratteristiche geografiche o professionali. Non si può affermare che vi sia promozione degli interessi del pubblico solo perché un ente collettivo destina i suoi fondi a un ente di diritto pubblico.

2)      Fatte salve le disposizioni del precedente paragrafo 1), sono riconosciute come promozione degli interessi del pubblico le seguenti attività:

(…)

21.      la promozione dello sport (gli scacchi sono considerati uno sport);

(…)

Articolo 55

Attività disinteressata

1)      La promozione o il sostegno sono forniti in modo disinteressato se non perseguono principalmente uno scopo lucrativo, ad esempio scopi commerciali o altri scopi economici, e se sono soddisfatti i seguenti requisiti:

1.      I fondi dell’ente collettivo possono essere utilizzati solo per gli scopi previsti dallo statuto. I membri o soci (membri ai fini delle presenti disposizioni) non possono percepire né quote di utili né, nella loro qualità di membri, altre assegnazioni provenienti dai fondi dell’ente collettivo. L’ente collettivo non può utilizzare i propri fondi per la promozione o il sostegno diretto o indiretto dei partiti politici.

2.      Al momento della cessazione della loro qualità di membri o dello scioglimento volontario o forzato dell’ente collettivo, i membri non possono percepire più delle quote di capitale versato e del valore corrente dei loro conferimenti in natura.

3.      L’ente collettivo non può favorire una persona attraverso spese estranee al suo oggetto o attraverso una retribuzione sproporzionata.

4.      In caso di scioglimento volontario o forzato dell’ente collettivo o di cessazione del suo oggetto sociale, il patrimonio dell’ente collettivo che eccede le quote di capitale versato dai membri e il valore corrente dei loro conferimenti in natura può essere utilizzato solo per scopi che danno diritto a vantaggi fiscali (principio dell’obbligo di destinazione statutaria del patrimonio). Tale requisito è soddisfatto anche nel caso in cui il patrimonio debba essere ceduto a un altro ente collettivo che gode di vantaggi fiscali o a una persona giuridica di diritto pubblico per scopi che danno diritto a vantaggi fiscali.

5.      Fatto salvo l’articolo 62, l’ente collettivo, in linea di principio, utilizza i suoi fondi tempestivamente per gli scopi statutari che danno diritto a vantaggi fiscali. Costituisce un uso appropriato anche l’impiego di fondi per l’acquisizione o la creazione di beni destinati alle finalità statutarie. I fondi si considerano utilizzati tempestivamente quando sono utilizzati per scopi statutari che danno diritto a vantaggi fiscali entro e non oltre due anni civili o due esercizi finanziari successivi alla loro maturazione.

(…)

Articolo 58

Attività che lasciano impregiudicati i vantaggi fiscali

Il vantaggio fiscale non è precluso nel caso in cui

(…)

8.      un ente collettivo organizzi eventi sociali di secondaria importanza rispetto alle sue attività che danno diritto a vantaggi fiscali,

9.      un’associazione sportiva promuova lo sport retribuito oltre allo sport non retribuito,

(…)

Articolo 59

Presupposti del vantaggio fiscale

Sono concessi vantaggi fiscali se lo statuto, l’atto costitutivo o altro atto (statuto ai fini delle presenti disposizioni) che descrive lo scopo perseguito dall’ente collettivo stabilisce che tale scopo soddisfa i requisiti di cui agli articoli da 52 a 55 e viene perseguito esclusivamente e direttamente; l’attività di gestione effettiva deve essere conforme a tali disposizioni statutarie.

Articolo 60

Requisiti applicabili allo statuto

1)      I fini statutari e i mezzi per conseguirli devono essere definiti in modo così preciso da garantire che sia possibile accertare, sulla base dello statuto, se sussistano i presupposti statutari per l’ottenimento dei vantaggi fiscali. Lo statuto deve contenere le disposizioni di cui all’allegato 1.

2) Lo statuto deve essere conforme ai requisiti prescritti, per quanto riguarda l’imposta sulle società e l’imposta sulle attività produttive, durante l’intero periodo d’imposizione e di accertamento e, per quanto riguarda le altre imposte, al momento in cui sorge l’obbligo fiscale.

Articolo 61

Obbligo di destinazione statutaria del patrimonio

1)      L’obbligo di destinazione statutaria del patrimonio è sufficiente a fini fiscali (articolo 55, paragrafo 1, numero 4) se lo scopo per il quale il patrimonio deve essere utilizzato in caso di scioglimento volontario o forzato dell’ente collettivo o se viene meno l’oggetto sociale viene definito nello statuto in modo così preciso affinché si possa accertare, sulla base dello statuto, se tale scopo dia diritto a vantaggi fiscali.

2)      (abrogato)

3)      Se la disposizione sull’obbligo di destinazione del patrimonio è successivamente modificata in modo tale che non sia più conforme ai requisiti di cui all’articolo 55, paragrafo 1, numero 4, essa è considerata sin dall’inizio insufficiente ai fini fiscali. L’articolo 175, paragrafo 1, prima frase, numero 2, si applica a condizione che gli avvisi di accertamento fiscale possano essere emessi, annullati o modificati nella misura in cui si riferiscono a imposte sorte nei dieci anni civili precedenti la modifica della disposizione relativa all’obbligo di destinazione del patrimonio».

II.    Fatti della controversia

7.        Il Golfclub è un’associazione registrata, che nell’esercizio controverso (2011) non è stata riconosciuta come organizzazione di beneficenza ai sensi degli articoli 51 e seguenti dell’AO. Secondo il suo statuto, il suo scopo è quello di coltivare e promuovere lo sport del golf. A tal fine, essa gestisce un campo da golf e i relativi impianti, che affitta alla Golfplatz‑Y‑Betriebs‑GmbH (in prosieguo: la «Golfplatz»). Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 3, dello statuto dell’associazione, in caso di scioglimento volontario o forzato, i suoi beni sono trasferiti a una persona o istituzione designata dall’assemblea generale.

8.        Il 25 gennaio 2011 la Golfplatz è stata acquisita dal Golfclub per EUR 380 000. Per finanziare tale operazione, il Golfclub ha contratto prestiti dai suoi membri con un tasso d’interesse annuo del 4% e rimborsato tali prestiti al tasso annuo del 5%.

9.        Nel corso dello stesso esercizio, il Golfclub ha riscosso entrate per un totale di EUR 78 615,02 dalle seguenti attività:

i) l’uso del campo da golf;

ii) il noleggio di palline da golf;

iii) il noleggio di caddy;

iv) la vendita di mazze da golf;

v) l’organizzazione e lo svolgimento di tornei di golf e di manifestazioni per i quali il Golfclub ha ricevuto quote di iscrizione per la partecipazione.

10.      L’amministrazione fiscale rifiuta l’esenzione di tali attività dall’IVA per il fatto che ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 22, dell’UStG, sono esentate solo le quote di partecipazione e che tale esenzione non può essere applicata neppure per l’organizzazione e lo svolgimento di tornei di golf, in quanto il Golfclub non può essere qualificato come organizzazione di beneficenza ai sensi degli articoli 51 e seguenti dell’AO. Infatti, il suo statuto non ha previsto norme sufficientemente precise per quanto riguarda la destinazione statutaria del suo patrimonio in caso di scioglimento e l’acquisizione della Golfplatz dimostra che il Golfclub non persegue in via esclusiva uno scopo non lucrativo.

11.      La decisione adottata dall’amministrazione fiscale, riguardante il Golfclub, è stata annullata dal Finanzgericht München (Tribunale tributario di Monaco di Baviera, Germania) con la motivazione che il Golfclub è un organismo senza fini di lucro ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 e tale disposizione, che ha effetto diretto, impone agli Stati membri di esentare tutte le attività strettamente connesse alla pratica di uno sport da parte di un organismo senza fini di lucro.

III. Fatti e questioni pregiudiziali

12.      L’amministrazione fiscale ha proposto un ricorso per riesame contro la sentenza del Finanzgericht (Tribunale tributario) dinanzi al giudice del rinvio. Quest’ultimo considera che l’esito della controversia dipende, da un lato, dall’effetto diretto o meno dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 e, pertanto, dal fatto che gli organismi senza fini di lucro possono far valere direttamente tale disposizione in caso di trasposizione non corretta della richiamata direttiva. D’altro lato, la controversia verte sul significato della nozione di «organismi senza fini di lucro» utilizzata dalla stessa disposizione.

13.      Per quanto riguarda la prima questione, il giudice nazionale afferma di nutrire dubbi circa l’effetto diretto dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112, in quanto, nella sentenza del 15 febbraio 2017, British Film Institute (C‑592/15, EU:C:2017:117, punti 23 e 24), la Corte di giustizia ha dichiarato che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera n), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (in prosieguo: la «sesta direttiva») non ha effetto diretto. Infatti, per giungere a tale conclusione, la Corte si è basata in particolare sul fatto che tale disposizione faceva riferimento, al pari dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), a «talune prestazioni di servizi» e, pertanto, concedeva agli Stati membri il potere discrezionale di decidere quali prestazioni esentare. Ciò ha indotto la Corte a concludere che tale disposizione non soddisfaceva le condizioni che le consentissero di dispiegare un effetto diretto dinanzi ai giudici nazionali.

14.      Per quanto riguarda la seconda questione, il giudice nazionale si chiede se la nozione di «organismo senza fini di lucro» di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 debba essere considerata una nozione autonoma del diritto dell’Unione e, in caso di risposta affermativa, se tale nozione debba essere interpretata nel senso che, affinché un organismo sia così qualificato, il suo atto costitutivo deve prevedere che, in caso di trasferimento ad un altro organismo, anche quest’ultimo debba perseguire uno scopo non lucrativo.

15.      In tali circostanze, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della [direttiva 2006/112], ai sensi del quale [gli Stati membri esentano] “talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica”, possieda efficacia diretta, cosicché, in caso di sua mancata trasposizione, gli organismi senza fini di lucro possano invocare direttamente tale disposizione.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione: se gli “organismi senza fini di lucro” di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della [direttiva 2006/112] rappresentino:

–        una nozione del diritto dell’Unione che debba costituire oggetto di interpretazione autonoma, ovvero

–        se gli Stati membri siano autorizzati a subordinare il riconoscimento di organismi di tal genere alla sussistenza di requisiti come quelli previsti all’articolo 52 della Abgabenordnung (Codice tributario), nel combinato disposto con il successivo articolo 55 (ovvero agli articoli 51 e seguenti della Abgabenordnung nel loro complesso).

3)      Nell’ipotesi in cui si tratti di una nozione del diritto dell’Unione che debba costituire oggetto d’interpretazione autonoma: se un organismo senza fini di lucro, ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della [direttiva 2006/112] debba prevedere, per il caso di suo scioglimento, il trasferimento di tutto il suo patrimonio esistente ad altro organismo senza fini di lucro dedito alla pratica dello sport e dell’educazione fisica».

IV.    Analisi

16.      Come richiesto dalla Corte, nelle presenti conclusioni limiterò le mie osservazioni alla prima questione.

17.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 abbia effetto diretto e, pertanto, possa essere invocato dai singoli dinanzi ai giudici nazionali.

18.      In via preliminare, occorre ricordare che una disposizione può essere invocata dinanzi ai giudici nazionali dai singoli nei confronti di uno Stato membro in particolare quando quest’ultimo ha omesso di trasporre tempestivamente la direttiva nell’ordinamento nazionale o quando l’ha trasposta in modo non corretto, qualora tale disposizione sia incondizionata e sufficientemente precisa (2).

19.      Una disposizione del diritto dell’Unione si deve ritenere incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri (3). Per essere considerata sufficientemente precisa, una disposizione deve descrivere l’obbligo che essa stabilisce in termini non equivoci e incondizionati (4).

20.      Nel caso dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112, la giurisprudenza esistente fornisce già indicazioni sul modo in cui occorre rispondere alla questione sollevata dal giudice del rinvio.

A.      Analisi alla luce della giurisprudenza esistente della Corte di giustizia

21.      La prima giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 – come le sentenze del 16 ottobre 2008, Canterbury Hockey Club e Canterbury Ladies Hockey Club (C‑253/07, EU:C:2008:571), del 21 febbraio 2013, Žamberk (C‑18/12, EU:C:2013:95), e la sentenza del 19 dicembre 2013, The Bridport and West Dorset Golf Club (C‑495/12, EU:C:2013:861) – potrebbe dare l’impressione, a prima vista, che gli Stati membri siano tenuti ad esentare qualsiasi prestazione di servizi strettamente connessa alla pratica dello sport, fornita da organismi senza fini di lucro. Ritengo, tuttavia, che un’analisi più dettagliata di tali sentenze dimostri che, in realtà, ciò in effetti non avviene.

22.      Nella sentenza del 16 ottobre 2008, Canterbury Hockey Club e Canterbury Ladies Hockey Club (C‑253/07, EU:C:2008:571, punto 27), la Corte ha dichiarato che «l’art. 13, parte A, n. 1, lett. m), della sesta direttiva non intende far beneficiare dell’esenzione prevista da tale disposizione solo taluni tipi di sport, ma è diretto alla pratica dello sport in generale (…)». In tale causa la questione centrale era se le quote di partecipazione pagate dai club di hockey all’England Hockey in cambio dei servizi forniti da tale organismo fossero soggette all’IVA.

23.      Nel rispondere alla prima questione sollevata dal giudice del rinvio, la Corte ha innanzitutto dichiarato che la prestazione di servizi ai fini dell’attuale articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 ricomprende servizi prestati, da un punto di vista formale, non soltanto a persone fisiche, ma anche a persone giuridiche e ad associazioni prive di personalità giuridica, purché, in particolare, i loro beneficiari effettivi siano persone che esercitano lo sport. Infatti, se così non fosse, «l’esenzione prevista da tale disposizione dipenderebbe dall’esistenza di un rapporto giuridico tra il fornitore di servizi e le persone che esercitano lo sport nell’ambito di una tale struttura». Tale conclusione sarebbe in contrasto con l’intero obiettivo dell’esenzione.

24.      La Corte ha poi esaminato la seconda questione, ossia se gli Stati membri abbiano il diritto di limitare il regime di esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 alle sole prestazioni di servizi fornite ai singoli che esercitano lo sport. Essa ha dichiarato, al punto 39, che la direttiva non consentiva agli Stati membri di «escludere un certo gruppo di destinatari di tali prestazioni dal beneficio dell’esenzione in questione», in quanto gli Stati membri non disponevano di tale potere discrezionale al riguardo.

25.      Analogamente, nella sentenza del 21 febbraio 2013, Žamberk (C‑18/12, EU:C:2013:95), la Corte ha stabilito, al punto 21, che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 «non intende far beneficiare dell’esenzione da ess[o] previst[o] solo taluni tipi di sport». La Corte ha poi stabilito, al punto 25, che «attività sportive non organizzate, non sistematiche e non finalizzate alla partecipazione a competizioni sportive possono essere considerate pratica sportiva ai sensi di tale disposizione» (5). In ogni caso, il linguaggio facoltativo («possono») utilizzato dalla Corte in tale punto suggerisce di per sé che gli Stati membri dispongono di un potere discrezionale in materia. Se la disposizione in questione fosse stata considerata incondizionata, si potrebbe presumere che la Corte si sarebbe espressa in tal senso utilizzando termini imperativi come «devono».

26.      Aprendo una parentesi, a questo punto, si può ammettere che, in queste due cause, la Corte sembra aver proceduto supponendo tacitamente che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), avesse stesso effetto diretto. Tuttavia, va anche osservato che la questione dell’effetto diretto non è stata sottoposta espressamente alla Corte e la Corte non era tenuta, in nessuna delle due cause, a esaminare tale punto.

27.      Di conseguenza, poiché le questioni sollevate nelle cause Canterbury Hockey Club e Canterbury Ladies Hockey Club (C‑253/07, EU:C:2008:571) e Žamberk (C‑18/12, EU:C:2013:95) non riguardavano espressamente né l’esistenza di un certo potere discrezionale degli Stati membri nel decidere quali servizi esentare né il carattere incondizionato dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), ritengo che da tali sentenze non si possa trarre alcuna conclusione per quanto riguarda la presente questione dell’effetto diretto di tale disposizione. Per quanto mi riguarda, ritengo che tali decisioni dovrebbero essere intese nel senso che non escludono ex ante talune attività sportive dall’ambito di applicazione di tale disposizione semplicemente perché esse non soddisfacevano il criterio specifico in questione in ciascuna delle rispettive cause.

28.      Nella sentenza del 19 dicembre 2013, The Bridport and West Dorset Golf Club (C‑495/12, EU:C:2013:861, punto 32), la Corte ha dichiarato, in risposta alle questioni dalla prima alla quinta sollevate dal giudice del rinvio, che «l’articolo 134, lettera b), della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso non esclude dal beneficio dell’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della medesima direttiva la prestazione di servizi consistente nella concessione da parte di un organismo senza fini di lucro, che gestisce un campo da golf e che propone un piano associativo, del diritto di utilizzare il suddetto campo da golf ai visitatori non membri di tale organismo». Tuttavia, la disposizione in discussione nella causa Bridport and West Dorset Golf Club non era l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), bensì l’articolo 134, lettera b), della direttiva 2006/112 (6). Poiché l’articolo 134, lettera b), limita la possibilità per gli Stati membri di esentare, sulla base dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, la Corte ha implicitamente ma necessariamente fondato il proprio ragionamento sulla premessa che le condizioni per l’applicazione di tale disposizione fossero soddisfatte.

29.      Di conseguenza, non si può affermare che la Corte abbia effettivamente esaminato la questione, nettamente distinta, se l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), avesse esso stesso effetto diretto. Ne consegue, pertanto, che non si possono trarre conclusioni neppure da questa sentenza, almeno per quanto riguarda la questione fondamentale nel caso di specie.

30.      In ogni caso, questa analisi caso per caso della giurisprudenza precedente è ormai scarsamente rilevante perché, da allora, la Corte ha espressamente preso posizione in almeno due sentenze, vale a dire le sentenze del 13 luglio 2017, London Borough of Ealing (C‑633/15, EU:C:2017:544) e del 15 febbraio 2017, British Film Institute (C‑592/15, EU:C:2017:117), dalle quali si evince chiaramente che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), lascia agli Stati membri un margine di discrezionalità per quanto riguarda la portata del loro potere di esentare talune prestazioni di servizi strettamente connesse alla pratica dello sport. L’esistenza stessa di tale potere discrezionale significa, di per sé, che le disposizioni dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), non possono essere considerate per natura incondizionate. Poiché il requisito dell’incondizionalità è un presupposto per l’applicazione della teoria dell’effetto diretto, ne consegue che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), non può essere considerato di effetto diretto. Questo punto può essere illustrato mediante l’esame di queste due decisioni.

31.      In primo luogo, nella sentenza del 15 febbraio 2017, British Film Institute (C‑592/15, EU:C:2017:117), la Corte ha stabilito che l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera n), della sesta direttiva – da allora sostituito dalle identiche disposizioni dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera n), della direttiva 2006/112 – «dev’essere interpretato nel senso che esso non è dotato di efficacia diretta per cui, in assenza di trasposizione, tale disposizione non può essere direttamente invocata da un organismo di diritto pubblico o da un altro organismo culturale».

32.      La Corte ha osservato in particolare che l’espressione «talune prestazioni di servizi culturali», utilizzata da tale disposizione, «non richiede l’esenzione di tutte le prestazioni di servizi culturali, in modo che gli Stati membri possono esentarne “taluni”, pur assoggettandone altri all’IVA» (7). La Corte ha adottato tale posizione in quanto, in primo luogo, «un’interpretazione siffatta non corrisponde al significato abituale del termine “talune” impiegato all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera n), della sesta direttiva e priva di efficacia pratica il ricorso a tale termine nel contesto di detta disposizione» (8). In secondo luogo, per quanto riguarda l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera n), della sesta direttiva, il legislatore dell’Unione ha respinto espressamente la proposta iniziale della Commissione europea di specificare, in modo armonizzato, i servizi considerati (9). In terzo luogo, la decisione del legislatore dell’Unione di lasciare agli Stati membri il potere discrezionale di determinare quali servizi dovrebbero essere esentati potrebbe spiegarsi con la grande varietà di tradizioni culturali e di identità regionali nell’ambito dell’Unione e, talvolta, in seno ad uno stesso Stato membro (10).

33.      Tuttavia, la Corte ha concluso, in sostanza, che l’esistenza del potere discrezionale di esonerare «talune» prestazioni di servizi culturali significava che tale disposizione non soddisfaceva i requisiti necessari per l’applicazione della teoria dell’effetto diretto (11).

34.      In secondo luogo, nella sentenza del 13 luglio 2017, London Borough of Ealing (C‑633/15, EU:C:2017:544, punto 19), la Corte ha respinto l’argomento secondo cui l’obbligo per gli Stati membri di assoggettare all’IVA tutte le prestazioni di servizi strettamente connesse alla pratica dello sport ai fini dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 era direttamente efficace per il motivo che ciò «sarebbe contrario ai termini del citato articolo 132, paragrafo 1, lettera m) (…) i quali hanno ad oggetto “talune” prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica».

35.      Tutte queste considerazioni sono perfettamente applicabili nel caso dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112, poiché tale disposizione fa anche riferimento al potere di esentare «talune» prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica. Il fatto che agli Stati membri sia concesso un potere discrezionale in materia è incompatibile con il requisito dell’incondizionalità, che è di per sé un presupposto per l’applicazione della teoria dell’effetto diretto. Ritengo pertanto che, alla luce del ragionamento della Corte sia nella sentenza British Film Institute (C‑592/15, EU:C:2017:117) che nella sentenza London Borough of Ealing (C‑633/15, EU:C:2017:544), l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 non può essere considerato sufficientemente preciso e incondizionato da avere un effetto diretto.

B.      Analisi alla luce dei metodi interpretativi comunemente accettati

36.      Anche un’analisi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 alla luce dei metodi interpretativi tradizionalmente utilizzati dalla Corte, basati sul tenore letterale, sul contesto e sull’obiettivo della disposizione in questione, porta alla stessa conclusione.

1.      Tenore letterale dellarticolo 132, paragrafo 1, lettera m)

37.      L’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 prevede che gli Stati membri esentino dall’IVA «talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica».

38.      Poiché questa formulazione della disposizione in parola stabilisce che gli Stati membri debbano esentare talune prestazioni di servizi – e non, si noti, tutte le prestazioni di servizi – strettamente connesse con la pratica dello sport, è chiaro che gli Stati membri dispongono di un certo potere discrezionale in materia. Essi possono quindi determinare quali prestazioni di servizi connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro, intendano esentare.

39.      Nelle sue osservazioni scritte, il governo dei Paesi Bassi sostiene, tuttavia, che il termine «talune» dovrebbe essere inteso non nel senso di «alcune ma non tutte», bensì nel senso di sottolineare che tale esenzione si applica solo alle prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport, fornite da organismi senza fini di lucro.

40.      Non posso accettare tale argomento. Infatti, va ricordato che, poiché i termini impiegati per individuare le esenzioni previste dall’articolo 132 della direttiva 2006/112 costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’IVA deve essere riscossa per ogni prestazione effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo, tali termini devono essere pertanto interpretati restrittivamente.

41.      Chiaramente, tale regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini impiegati per definire tale esenzione debbano essere interpretati in un modo da privarla dei suoi effetti (12). Ciò implica tuttavia che, quando la formulazione di un’esenzione – come quella prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 – è chiara, la sua interpretazione letterale dovrebbe prevalere.

42.      In questo caso, affinché l’argomento presentato dal governo dei Paesi Bassi fosse sostenibile, sarebbe stato necessario, a mio avviso, che la fine della frase fosse stata strutturata in modo diverso e, in particolare, che i termini «fornite da organismi senza fini di lucro» fossero stati menzionati separatamente. Se l’intento del legislatore dell’Unione fosse stato che tale disposizione dovesse essere interpretata come richiesto dal governo dei Paesi Bassi, esso avrebbe potuto, ad esempio, prevedere quanto segue: sono esentate «talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, ossia quelle fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica (13).

43.      Di conseguenza, alla luce della regola interpretativa appena citata, l’argomento del governo dei Paesi Bassi non può prosperare.

44.      Va inoltre osservato che, come ha costantemente affermato la Corte, le disposizioni del diritto dell’Unione dovrebbero essere interpretate non solo alla luce della loro formulazione, ma anche alla luce del loro contesto e dei loro obiettivi (14). Qualsiasi analisi degli obiettivi perseguiti dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 e del suo contesto conduce alla medesima conclusione.

2.      Obiettivi perseguiti dallarticolo 132, paragrafo 1, lettera m)

45.      È vero che i considerando della direttiva 2006/112 offrono scarse indicazioni riguardo agli obiettivi perseguiti dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m) (15). Poiché tale disposizione esenta talune prestazioni di servizi connesse allo sport, si può tuttavia presumere che tale esenzione sia intesa a favorire l’attività sportiva del pubblico, in particolare in quanto contribuisce a realizzare obiettivi di sanità pubblica (16).

46.      Tale obiettivo non implica, tuttavia, che l’intenzione del legislatore dell’Unione fosse quella di esentare tutte le prestazioni di servizi strettamente connesse alla pratica dello sport, fornite da organismi senza fini di lucro. È vero che la Corte ha dichiarato che la nozione di sport si riferisce a un’attività caratterizzata da una «componente fisica non irrilevante» (17). Tuttavia, non tutte le attività fisiche contribuiscono nella stessa misura a realizzare l’obiettivo di interesse generale di mantenere la forma fisica della popolazione. Analogamente, non tutte le prestazioni di servizi strettamente connesse alla pratica dello sport o dell’educazione fisica possono perseguire tale obiettivo. Pertanto, alla luce di tale obiettivo, il legislatore dell’Unione può avere certamente ritenuto, conformemente al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5, paragrafo 1, TUE, che gli Stati membri si trovino nella posizione migliore per decidere quali prestazioni di servizi strettamente connesse allo sport debbano essere esentate dalla propria normativa di recepimento.

47.      Diverse considerazioni potrebbero avere portato il legislatore dell’Unione a tale conclusione.

48.      In primo luogo, come nel caso dei servizi culturali, esiste una grande varietà sia di pratiche sportive che di atteggiamenti nei confronti dei diversi sport tra gli Stati membri. La corrida, ad esempio, è considerata da alcuni come una delle grandi glorie della Spagna, ma nel migliore dei casi questo sport è tollerato in alcuni Stati membri e disapprovato in altri (18). Gli sport da combattimento e da contatto presentano le proprie problematiche sia in termini di sicurezza che di benessere fisico dei partecipanti. Lo stesso può dirsi di alcuni sport estremi. Ancora una volta, si può ritenere che altri sport sollevino questioni di benessere degli animali, sulle quali può sussistere una varietà di opinioni tra i vari Stati membri. Un’ulteriore considerazione è che, mentre alcuni sport sono profondamente radicati nella vita culturale e sportiva di particolari Stati membri – si pensi in questo caso alla corrida in Spagna, alle bocce in Francia, al cricket nel Regno Unito e al calcio gaelico e all’hurling in Irlanda – questi sport sono anche ampiamente sconosciuti e sono praticati solo di rado nell’Unione europea al di fuori del rispettivo Stato membro interessato.

49.      Tutto ciò significa che gli Stati membri possono avere una propria opinione distinta sull’utilità di tali sport e sulla misura in cui la partecipazione del pubblico a determinati sport debba essere incoraggiata o sostenuta finanziariamente.

50.      In secondo luogo, per quanto riguarda un particolare sport, anche la questione se talune prestazioni di servizi strettamente connesse a tale sport debbano essere esentate potrebbe essere complessa. Ad esempio, la vela può essere considerata uno sport in un contesto agonistico, ma se praticata in modo diverso potrebbe essere considerata semplicemente un’attività ricreativa o addirittura equivalente a un mezzo di trasporto. Analogamente, sebbene le passeggiate o le escursioni guidate a cavallo facciano parte dell’equitazione – attività talvolta proposte, ad esempio, ai bambini durante le vacanze – ciò potrebbe non essere sufficiente per considerare tali servizi connessi alla pratica di uno sport, come richiesto dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112. In alcune circostanze e a determinate condizioni, tali attività potrebbero essere considerate semplicemente come attività ricreative e non come sport in quanto tale.

51.      In terzo luogo, l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 può avere notevoli ripercussioni economiche sui servizi sportivi di ciascun mercato nazionale, in quanto l’esenzione può essere concessa solo a organismi senza fini di lucro (19). Di conseguenza, il legislatore dell’Unione, concedendo agli Stati membri un certo potere discrezionale nel decidere quali servizi esentare, può aver ritenuto che gli Stati membri si trovassero in una posizione migliore per valutare l’impatto che tali esenzioni avrebbero avuto sulla concorrenza locale.

52.      Ne consegue, pertanto, che il legislatore dell’Unione possa avere ritenuto opportuno rimettersi alla decisione degli Stati membri in materia, il che potrebbe spiegare, a sua volta, perché tale disposizione non abbia imposto agli Stati membri l’obbligo incondizionato di esentare tutte le attività sportive.

3.      Contesto in cui si applica larticolo 132, paragrafo 1, lettera m)

53.      Si potrebbe anche ritenere che il contesto in cui si applica l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), dia adito a pochi dubbi riguardo all’interpretazione da attribuire al suddetto articolo 132, paragrafo 1, lettera m). La maggior parte delle esenzioni specifiche di cui all’articolo 132 si applicano non solo a talune attività, ma anche, a differenza delle esenzioni di cui all’articolo 135, alle attività svolte da talune categorie di fornitori (20). Se, pertanto, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), avesse il significato asserito dal governo dei Paesi Bassi, il legislatore dell’Unione avrebbe dovuto utilizzare il termine «talune» in ciascuna di tali esenzioni. Tuttavia, tale termine è utilizzato solo in relazione a due di tali esenzioni, ossia l’articolo 132, paragrafo 1, lettera n), relativo alla prestazione di servizi culturali, e l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m).

54.      Ne consegue che sia il tenore letterale che il contesto in cui è stato adottato l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), dimostrano che tale disposizione deve essere interpretata nel senso che concede agli Stati membri un certo potere discrezionale per determinare, tra le prestazioni di servizi connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro, quelle che essi intendono esonerare.

C.      Impatto del principio della parità di trattamento sull’interpretazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m)

55.      Né l’esistenza di un certo potere discrezionale concesso agli Stati membri è esclusa dal principio della parità di trattamento, talvolta definito, nel contesto dell’IVA, come principio di neutralità fiscale (21).

56.      Il principio della parità di trattamento impone che situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato da un particolare motivo (22).

57.      Secondo una giurisprudenza costante, la comparabilità di diverse situazioni, necessaria perché una differenza di trattamento rientri nell’ambito di applicazione del principio della parità di trattamento, deve essere valutata alla luce dell’oggetto e dello scopo delle disposizioni in questione, nonché dei principi e degli obiettivi del settore cui si riferisce l’atto in parola (23). Nell’applicare il principio della parità di trattamento si deve anche tener conto della portata delle competenze della persona interessata (24).

58.      Di conseguenza, qualora una disposizione dell’Unione lasci agli Stati membri un certo potere discrezionale per precisare le condizioni della sua applicazione, solo nel caso in cui l’obiettivo perseguito da tale disposizione richieda che taluni beni o servizi siano trattati nello stesso modo, il principio di uguaglianza può limitare il potere discrezionale di cui dispongono tali Stati membri (25). In caso contrario, il principio della parità di trattamento non può essere invocato per sostenere che tale disposizione deve essere interpretata, contrariamente al suo tenore letterale, nel senso che non lascia alcun potere discrezionale a tali Stati membri. Infatti, se così non fosse, ciò significherebbe che la portata di qualsiasi armonizzazione raggiunta da un atto del diritto dell’Unione sarebbe sempre completa.

59.      Poiché l’obiettivo perseguito dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 non richiede che tutte le prestazioni di servizi strettamente connesse alla pratica dello sport o dell’educazione fisica debbano essere considerate nello stesso modo, il principio della parità di trattamento non richiede che tutte queste prestazioni siano trattate in maniera identica. Solo quando uno Stato membro ha esercitato il potere discrezionale così conferitogli dalla direttiva, si potrebbe allora sostenere, alla luce degli obiettivi perseguiti da tale Stato nell’esercizio del suddetto potere discrezionale, che il modo in cui è stato effettivamente esercitato ha violato il principio della parità di trattamento (26).

60.      Di conseguenza, nel procedimento principale, spetta al giudice del rinvio verificare se, tenuto conto degli obiettivi perseguiti dal legislatore tedesco nell’esercizio del potere discrezionale conferitogli dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112, esso abbia rispettato il principio della parità di trattamento non esentando le attività di cui trattasi nel procedimento principale.

D.      Ricorso eccezionale all’articolo 132, paragrafo 1, lettera m)

61.      Come precisato dalla giurisprudenza della Corte, quando una disposizione concede un certo potere discrezionale agli Stati membri, una persona può ancora far valere tale disposizione, in particolari circostanze, per invocare la teoria dell’effetto diretto (27). Tuttavia, tale persona può agire in tal senso solo nella misura in cui lo Stato membro interessato abbia ecceduto il suo potere discrezionale (28) o se abbia espressamente rinunciato a qualsiasi intenzione di esercitare il potere discrezionale così conferito (29).

62.      Nel caso dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112, si eccederebbe tale potere discrezionale se, ad esempio, uno Stato membro rifiutasse di esentare un servizio per un motivo non consentito, come nel caso in cui il servizio non sia fornito da organismi senza fini di lucro a persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica o nel caso in cui i beneficiari del servizio non siano membri di un organismo senza fini di lucro (30), o nel caso in cui il prestatore di tale servizio, sebbene sia un organismo senza fini di lucro, non sia un ente di diritto pubblico (31) o nel caso in cui il servizio sia fornito a una persona giuridica invece che a una persona fisica (32), o, come spiegato in precedenza, qualora, alla luce degli obiettivi perseguiti dalla normativa nazionale che applica tale margine di discrezionalità, detto motivo abbia violato il principio della parità di trattamento.

63.      Nel caso di specie, l’amministrazione tributaria ha rifiutato di esentare i servizi in questione – ad eccezione dell’organizzazione di tornei di golf – con la motivazione che tali servizi non rientrano tra quelli che la Germania ha scelto di esentare. Questa particolare motivazione non può, di per sé, definirsi come eccedente la portata del potere discrezionale concesso dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), agli Stati membri, in quanto, come ho già cercato di spiegare, gli Stati membri hanno, in linea di principio, il diritto di decidere quali particolari servizi, strettamente connessi allo sport o all’educazione fisica, essi scelgono di esentare. Pertanto, il Golfclub non può far valere direttamente tale disposizione, salvo che, come spiegato in precedenza, alla luce degli obiettivi perseguiti dalla Repubblica federale di Germania nell’esercizio del suo potere discrezionale, risulti che tali servizi avrebbero dovuto essere considerati nella stessa situazione dei servizi sportivi che sono stati di fatto esentati dal diritto tedesco. Tuttavia, si tratta, in ultima analisi, di una questione la cui valutazione spetta al giudice nazionale.

64.      A questo punto vorrei inoltre osservare che questa particolare questione non è stata discussa direttamente dinanzi a noi, né la Corte è in possesso di informazioni che le consentano di fornire indicazioni utili al giudice del rinvio a tal riguardo.

65.      Propongo pertanto di rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 dovrebbe essere interpretato nel senso che non ha effetto diretto, cosicché tale disposizione non può essere invocata direttamente dai singoli dinanzi ai giudici nazionali, salvo che lo Stato membro interessato abbia ecceduto la portata del potere discrezionale conferitogli da tale disposizione della direttiva (33).

V.      Conclusione

66.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo che la Corte risponda alla prima questione sollevata dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania) come segue:

L’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 del Consiglio, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, che esenta «talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica», deve essere interpretato nel senso che non ha effetto diretto, cosicché tale disposizione non può essere invocata direttamente dai singoli dinanzi ai giudici nazionali, salvo che lo Stato membro interessato abbia ecceduto la portata del potere discrezionale conferitogli da tale disposizione della direttiva.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      V., in tal senso, sentenze del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 33), del 12 dicembre 2013, Portgás (C‑425/12, EU:C:2013:829, punto 18), del 15 gennaio 2014, Association de médiation sociale  (C‑176/12, EU:C:2014:2, punto 31), del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C‑337/13, EU:C:2014:328, punto 31) e del 7 luglio 2016, Ambisig  (C‑46/15, EU:C:2016:530, punto 16).


3      V., in tal senso, sentenze del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi  (C‑337/13, EU:C:2014:328, punto 32), del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C‑108/14 e C‑109/14, EU:C:2015:496, punto 49), e del 13 febbraio 2019, Human Operator (C‑434/17, EU:C:2019:112, punto 38).


4      Sentenze del 26 febbraio 1986, Marshall  (152/84, EU:C:1986:84, punto 52), e del 26 ottobre 2006, Pohl‑Boskamp (C‑317/05, EU:C:2006:684, punto 41).


5      Il corsivo è mio.


6      Ciò avviene anche per la sentenza del 12 gennaio 2006, Turn- und Sportunion Waldburg (C‑246/04, EU:C:2006:22, punto 36), che riguardava l’interpretazione dell’articolo 13, parte B, lettera b), e della parte C della sesta direttiva e non l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera m), di tale direttiva.


7      Punto 23 della sentenza del 15 febbraio 2017, British Film Institute (C‑592/15, EU:C:2017:117).


8      Punto 16 di tale sentenza.


9      Punti da 19 a 21 di tale sentenza.


10      Punto 22 di tale sentenza.


11      Punti 23 e 24.


12      V., in tal senso, sentenze del 18 novembre 2004, Temco Europe (C‑284/03, EU:C:2004:730, punto 17), e del 21 febbraio 2013, Žamberk  (C‑18/12, EU:C:2013:95, punto 19).


13      Inoltre, i lavori preparatori dimostrano che l’uso del termine «talune» è il risultato dell’espressa intenzione del legislatore di concedere agli Stati membri un certo margine di discrezionalità. Infatti, nella sua proposta di sesta direttiva, la Commissione ha inizialmente proposto che gli Stati membri esentassero «le prestazioni di servizi, e le cessioni di beni ad esse accessorie, da parte di organizzazioni sportive o di allenamento fisico senza fini di lucro ai loro membri; tale esenzione si applica solo alle operazioni direttamente connesse all’esercizio di attività sportive e di allenamento fisico da parte di dilettanti». Tuttavia, questa proposta è stata espressamente respinta dal Consiglio che ha provveduto a sostituirla con il testo corrispondente all’attuale formulazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m). Successivamente, quando il 5 dicembre 1984 la Commissione ha proposto al Consiglio di sopprimere il termine «talune», il Consiglio ha nuovamente respinto la proposta, lasciando la formulazione di tale disposizione nella versione originale del 17 maggio 1977.


14      V., ad esempio, sentenza del 10 luglio 2019, Bundesverband der Verbraucherzentralen und Verbraucherverbände (C‑649/17, EU:C:2019:576, punto 37).


15      Secondo la giurisprudenza della Corte, «il principio della certezza e della chiarezza del diritto esige che l’interpretazione che la Corte è chiamata a dare si riferisca alla lettera e agli scopi che emergono dalle pertinenti disposizioni». V. sentenza del 5 maggio 1988, Erzeugergemeinschaft Gutshof‑Ei (C‑91/87, EU:C:1988:235, punto 8).


16      V., in tal senso, sentenze del 21 febbraio 2013, Žamberk (C‑18/12, EU:C:2013:95, punto 23), del 19 dicembre 2013, The Bridport and West Dorset Golf Club (C‑495/12, EU:C:2013:861, punto 20) e del 26 ottobre 2017, The English Bridge Union (C‑90/16, EU:C:2017:814, punto 23). In particolare, nella sentenza Žamberk, la Corte ha respinto l’argomento  secondo cui l’esenzione non si applicava ad «attività sportive non organizzate e non sistematiche» quali – come in tale causa – il nuoto occasionale in un complesso di piscine.


17      V. sentenza del 26 ottobre 2017, The English Bridge Union (C‑90/16, EU:C:2017:814, punto 22).


18      Ad esempio, secondo la legge francese, la corrida è consentita solo nelle zone in cui esiste una tradizione locale ininterrotta. V. articolo 521 – 1 del codice penale francese.


19      Se la distorsione della concorrenza è inerente al fatto che l’articolo 132 della direttiva 2006/112 prevede alcune esenzioni (sentenza del 19 dicembre 2013, The Bridport and West Dorset Golf Club, C‑495/12, EU:C:2013:861, punto 37), ciò non significa che il legislatore dell’Unione abbia cercato in qualche modo di impedire agli Stati membri di determinare la portata di tali distorsioni quando ha concesso loro il potere discrezionale previsto dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m).


20      V. sentenza del 14 dicembre 2006, VDP Dental Laboratory (C‑401/05, EU:C:2006:792, punto 28).


21      L’uso, in tale contesto, dell’espressione «principio di neutralità fiscale» è fuorviante, in quanto può essere confusa con il meccanismo di detrazione previsto dalla sesta direttiva al fine di esonerare l’operatore dall’onere dell’IVA dovuta o versata sulle sue attività economiche a loro volta soggette all’IVA. A tale proposito, non sempre la giurisprudenza è stata coerente. Infatti, come ho già sottolineato nelle mie conclusioni nella causa Grup Servicii Petroliere (C‑291/18, EU:C:2019:302), secondo alcune sentenze, il principio di neutralità è la «traduzione», in materia di IVA, del principio della parità di trattamento (ordinanza del 18 novembre 2014, MDDP, C‑319/12, EU:C:2014:2395, punto 38). In alcune altre sentenze, la Corte lo ha considerato un’espressione particolare del principio di parità di trattamento (sentenza del 7 marzo 2013, Efir, C‑19/12, non pubblicata, EU:C:2013:148, punto 35) che non coincide con quest’ultimo (sentenza del 25 aprile 2013, Commissione/Svezia, C‑480/10, EU:C:2013:263, punto 18). Tuttavia, nella successiva sentenza del 7 marzo 2017, RPO(C‑390/15, EU:C:2017:174), la Grande Sezione ha seguito un approccio più rigoroso, considerando che, nella sua seconda accezione, la nozione di neutralità fiscale equivale al principio della parità di trattamento, ma che, per le misure fiscali, deve essere tuttavia conferito al legislatore dell’Unione un ampio potere discrezionale.


22      V., ad esempio, sentenza del 7 marzo 2017, RPO (C‑390/15, EU:C:2017:174, punto 41).


23      Sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e Lorraine e a.  (C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 26). Di conseguenza, affinché si applichi il principio della parità di trattamento, non è sufficiente che i beni o i servizi in questione siano in concorrenza tra loro. Essi devono essere simili alla luce dell’oggetto e dello scopo delle disposizioni in esame, tenendo conto, a tal fine, dei principi e degli obiettivi del settore di cui trattasi. V. sentenza del 7 marzo 2017, RPO  (C‑390/15, EU:C:2017:174, punto 42), che si discosta dalla sentenza del 10 novembre 2011, Rank Group (C‑259/10 e C‑260/10, EU:C:2011:719, punto 36). Pertanto, nel diritto dell’Unione, applicare il principio della parità di trattamento equivale a svolgere un test di coerenza.


24      V., per analogia, riguardo all’esistenza di un vantaggio selettivo nel settore degli aiuti di Stato, sentenza del 26 aprile 2018, ANGED (C‑236/16, EU:C:2018:291, punto 29).


25      In altri termini, il principio della parità di trattamento non determina l’esistenza di un potere discrezionale lasciato agli Stati membri, ma limita le modalità di esercizio di tale potere discrezionale.


26      V., in tal senso, sentenze del 17 febbraio 2005, Linneweber e Akritidis  (C‑453/02 e C‑462/02, EU:C:2005:92, punto 37), e del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C‑183/14, EU:C:2015:454, punto 50).


27      Sentenza del 28 giugno 2007, JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C‑363/05, EU:C:2007:391, punto 61).


28      V., in tal senso, sentenza del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing  (C‑404/16, EU:C:2017:759, punto 38).


29      V., in proposito, sentenza del 17 febbraio 2005, Linneweber e Akritidis  (C‑453/02 e C‑462/02, EU:C:2005:92, punto 35).


30      V. sentenza del 19 dicembre 2013, The Bridport and West Dorset Golf Club  (C‑495/12, EU:C:2013:861, punti 32 e 39).


31      V., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2017, London Borough of Ealing  (C‑633/15, EU:C:2017:544, punto 33).


32      V. sentenza del 16 ottobre 2008, Canterbury Hockey Club e Canterbury Ladies Hockey Club (C‑253/07, EU:C:2008:571, punto 35).


33      L’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), pur lasciando agli Stati membri il compito di determinare con precisione quali servizi debbano essere esentati, limita tale potere discrezionale richiedendo, affinché un servizio sia esentato, che sia stato fornito da un organismo senza fini di lucro. Propongo che la Corte si pronunci quindi sulla possibilità o meno che uno Stato membro possa o debba rifiutare l’esenzione di un servizio quando quest’ultimo è fornito da un organismo senza fini di lucro il cui statuto non esclude che, in caso di scioglimento, gli utili possano essere trasferiti ai suoi membri o a un organismo a scopo di lucro.