Language of document : ECLI:EU:T:2023:535

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

13 settembre 2023 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea denominativo TMC TRANSFORMERS – Registrazione internazionale del marchio figurativo anteriore TMC – Impedimento alla registrazione relativo – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001]»

Nella causa T‑167/22,

Transformers Manufacturing Company Pty Ltd, con sede a Melbourne (Australia), rappresentata da F. Caricato, avvocata,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da R. Raponi, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

H & F Srl, con sede a Milano (Italia), rappresentata da F. Jacobacci e N. Galizia, avvocati,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da A. Marcoulli, presidente, J. Schwarcz (relatore) e W. Valasidis, giudici,

cancelliere: R. Ūkelytė, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 25 maggio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la Transformers Manufacturing Company Pty Ltd, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della quinta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 14 febbraio 2022 (procedimento R 1212/2021-5) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

I.      Fatti

2        Il 28 settembre 2017 la ricorrente ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)], per il segno denominativo TMC TRANSFORMERS.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 9 ai sensi dell’accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «[t]rasformatori di potenza; trasformatori elettronici di potenza; unità di potenza [trasformatori]; trasformatori di potenza per amplificazione; trasformatori; trasformatori elettrici; trasformatori flyback; trasformatori riduttori elettrici; trasformatori di impedenza; trasformatori step up; trasformatori di corrente; trasformatori di distribuzione; trasformatori ad alta tensione; trasformatori di tensione elettrica; grappi di alimentazione [trasformatori]; trasformatori di rete (elettrici-); trasformatori di tensione capacitiva; trasformatori di corrente elettrica; trasformatori di tipo a secco; commutatori di presa per trasformatori elettrici».

4        Il 2 gennaio 2018 la H & F Srl, interveniente, ha presentato opposizione alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti di cui al precedente punto 3.

5        L’opposizione si fondava, in particolare, sulla registrazione internazionale anteriore figurativa n. 1229971 che designa l’Unione europea di seguito riprodotta, avente ad oggetto, conformemente alla dichiarazione di concessione di privativa del 15 giugno 2018 a seguito di un diniego provvisorio di protezione nell’Unione europea, i [«[t]rasformatori in resina da 160kVA a 30MVA per la distribuzione e le applicazioni di rete» rientranti nella classe 9:

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6        Il motivo dedotto a fondamento dell’opposizione era quello indicato all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001.

7        Il 17 giugno 2021 la divisione di opposizione ha accolto integralmente l’opposizione ravvisando un rischio di confusione. Ha rigettato la domanda di marchio per tutti i prodotti cui quest’ultima si riferiva.

8        Il 13 luglio 2021 la ricorrente ha presentato ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione della divisione di opposizione.

9        Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso ha respinto il ricorso. In primo luogo, essa ha osservato che il territorio rilevante era quello dell’Unione europea. In secondo luogo, ha ritenuto che il pubblico di riferimento fosse composto principalmente da professionisti il cui livello di attenzione era elevato, o, almeno, superiore alla media. Anche qualora i prodotti controversi fossero stati acquistati dal pubblico generico, quest’ultimo avrebbe avuto comunque un livello di attenzione superiore alla media. Data la presenza del termine «transformers» nel marchio richiesto, la commissione di ricorso ha tenuto conto, particolarmente, della parte del pubblico di riferimento che conosceva l’inglese. In terzo luogo, i prodotti oggetto del marchio richiesto erano in parte identici e in parte molto simili ai prodotti protetti dal marchio anteriore. In quarto luogo, per quanto attiene alla comparazione dei segni, la commissione di ricorso ha ritenuto che fossero molto simili sotto i profili visivo e fonetico, ma che non lo fossero sotto il profilo concettuale. In quinto luogo, il carattere distintivo del marchio anteriore è stato valutato normale. Date tali circostanze, la commissione di ricorso ha riconosciuto la sussistenza di un rischio di confusione per un consumatore anglofono.

II.    Conclusioni delle parti

10      La ricorrente ha chiesto, inizialmente, che il Tribunale voglia:

–        in via preliminare e prima di pronunciarsi nel merito, «dichiarare irricevibili i ricorsi dinanzi alla divisione d’opposizione e dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO»;

–        riformare la decisione impugnata «in quanto infondata in fatto e in diritto e insufficientemente motivata»;

–        in subordine annullare la decisione impugnata «perché infondata in fatto e in diritto» e rinviare la causa all’EUIPO;

–        condannare l’EUIPO e l’interveniente alle spese «dei tre gradi di giudizio».

11      All’udienza del 25 maggio 2023, la ricorrente ha ritirato il secondo capo delle conclusioni.

12      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

13      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        confermare la decisione impugnata;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

A.      Osservazioni preliminari

1.      Sul diritto applicabile      

14      Tenuto conto della data di introduzione della domanda di registrazione in contestazione, ossia il 28 settembre 2017, che è determinante ai fini dell’individuazione del diritto applicabile ratione materiae, i fatti del caso di specie sono disciplinati dalle disposizioni sostanziali del regolamento n. 207/2009 del Consiglio, del 24 marzo 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015 (GU 2015, L 341, pag. 21), il quale è entrato in vigore il 23 marzo 2016, (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2014, Bimbo/UAMI, C‑591/12 P, EU:C:2014:305, punto 12, e del 18 giugno 2020, Primart/EUIPO, C‑702/18 P, EU:C:2020:489, punto 2 e giurisprudenza citata). Inoltre, poiché, secondo una giurisprudenza costante, le norme procedurali si considerano generalmente applicabili alla data della loro entrata in vigore (v. sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 45 e giurisprudenza citata), la controversia è disciplinata dalle disposizioni procedurali del regolamento 2017/1001 e da quelle del regolamento delegato (UE) 2018/625 della Commissione, del 5 marzo 2018, che integra il regolamento 2017/1001 (GU 2018, L 104, pag. 1).

15      Di conseguenza, nel caso di specie, per quanto riguarda le norme sostanziali, occorre intendere i riferimenti fatti dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, come riguardanti l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), di identico tenore del regolamento n. 207/2009.

2.      Sulla ricevibilità del ricorso e dei capi delle conclusioni

16      L’interveniente sostiene che il ricorso è irricevibile poiché la ricorrente non avrebbe dedotto nessuno dei motivi per i quali è ammesso il ricorso al Tribunale ai sensi dell’articolo 72 del regolamento 2017/1001.

17      Va respinto l’argomento dell’interveniente che attiene all’irricevibilità del presente ricorso. Infatti, si evince chiaramente dall’atto introduttivo di ricorso quali siano i motivi sollevati dalla ricorrente (v. punto 24 infra), conformemente alla disposizione di cui al precedente punto 16 e all’articolo 177 del regolamento di procedura del Tribunale.

18      Per quanto riguarda il primo capo delle conclusioni della ricorrente, diretto a far «dichiarare irricevibili i ricorsi dinanzi alla divisione d’opposizione e dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO», e per quanto riguarda il secondo capo delle conclusioni dell’interveniente, diretto a far confermare la decisione impugnata, è sufficiente ricordare che, nell’ambito del controllo di legittimità fondato sull’articolo 263 TFUE, il Tribunale non è competente a pronunciare sentenze dichiarative o confermative (v., in tal senso, ordinanza del 9 dicembre 2003, Italia/Commissione, C‑224/03, non pubblicata, EU:C:2003:658, punti 20 e 21, e sentenza del 4 febbraio 2009, Omya/Commissione, T‑145/06, EU:T:2009:27, punto 23). Ne consegue che occorre respingere per incompetenza tali capi delle conclusioni.

3.      Sullammissibilità degli allegati al ricorso

19      L’EUIPO sostiene che i documenti contenuti negli allegati A.5, da A.7 a A.16, da A.18 a A.22 e da A.24 a A.27 sono inammissibili, essendo stati prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale.

20      L’interveniente sostiene che tutti i documenti contenuti negli allegati da A.4 a A.28 sono inammissibili poiché «nuovi e tardivi». La commissione di ricorso avrebbe già giustamente respinto alcuni di essi in considerazione della loro tardività, vale a dire gli allegati A.4, A.6, A.17, e A.23.

21      Per quanto riguarda, da un lato, gli allegati di cui l’EUIPO contesta l’ammissibilità (v. punto 19 supra), si evince effettivamente dall’analisi del fascicolo amministrativo dell’EUIPO che essi non erano stati presentati in occasione del procedimento dinanzi a quest’ultimo. Secondo giurisprudenza costante, il ricorso dinanzi al Tribunale è diretto al controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO ai sensi dell’articolo 65 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 72 del regolamento 2017/1001), cosicché la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta. I succitati documenti devono essere quindi respinti, senza che sia necessario esaminare il loro valore probatorio [v. sentenza del 21 novembre 2018, PepsiCo/EUIPO – Intersnack Group (Exxtra Deep), T‑82/17, EU:T:2018:814, punto 16 e giurisprudenza citata].

22      Gli allegati A.4, A.6, A.17, e A.23, che l’interveniente ha sostenuto essere inammissibili (v. punto 20 supra), sono già stati giudicati inammissibili dalla commissione di ricorso, in applicazione dell’articolo 95, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 (decisione impugnata, punti da 15 a 23). In sostanza, la commissione di ricorso ha ritenuto che, in considerazione della natura e delle date dei documenti in questione, essi avrebbero già potuto essere presentati alla divisione di opposizione. In aggiunta, ha giudicato tali documenti, prima facie, non rilevanti per l’esito del procedimento dinanzi ad essa. In assenza di contestazione da parte della ricorrente, dinanzi al Tribunale, di tali valutazioni della commissione di ricorso, anche tali elementi di prova devono essere considerati inammissibili.

23      Pertanto, vanno dichiarati inammissibili gli elementi di prova presentati negli allegati A.5, da A.7 a A.16, da A.18 a A.22 e da A.24 a A.27, presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale, nonché gli allegati A.4, A.6, A.17 e A.23, relativi a elementi di prova già respinti in quanto tardivi dalla commissione di ricorso.

B.      Nel merito

24      La ricorrente deduce tre motivi, vertenti, il primo, sull’assenza di legittimazione ad agire dell’interveniente, il secondo, sull’erronea valutazione del rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e, il terzo, sul difetto di motivazione della decisione impugnata.

1.      Sul primo motivo, vertente sul difetto di legittimazione ad agire dellinterveniente

25      La ricorrente sostiene che l’EUIPO non ha tenuto conto, nel procedimento di opposizione e nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, del fatto che i marchi azionati dall’interveniente a fondamento dell’opposizione non le erano stati trasferiti prima della data di proposizione di tale procedimento, ma appartenevano sempre a un’altra azienda, la cui denominazione sociale era ISA Srl, costituita nel 2005 e integralmente acquisita, il 30 dicembre 2014, dalla società TMC Italia SpA. Si tratterebbe di una carenza di legittimazione ad agire sulla quale l’EUIPO non si è pronunciato.

26      Nel corso del procedimento di opposizione, la ricorrente avrebbe sostenuto che quando quest’ultimo è iniziato, il 2 gennaio 2018, l’interveniente aveva azionato cinque marchi anteriori a sostegno di tale opposizione, mentre la titolare di tali marchi era la TMC Italia. Il 4 settembre 2020 l’opponente avrebbe integrato l’atto di opposizione depositando solamente estratti dalla banca dati dell’Ufficio italiano brevetti e marchi, relativi a solo tre di tali cinque marchi da cui si evincerebbe che tra la TMC Italia e l’ISA è intervenuta una cessione di tali marchi che è stata trascritta. La ricorrente sottolinea che una siffatta trascrizione della cessione era necessaria per renderla opponibile ai terzi.

27      Infine, l’interveniente non avrebbe prodotto alcuna documentazione con riferimento a due marchi internazionali azionati a fondamento dell’opposizione. Ebbene, dall’articolo 20, paragrafo 12, del regolamento 2017/1001 e dalle direttive dell’EUIPO risulterebbe che, in caso di cessione, l’avente causa nella titolarità di un marchio può presentare opposizione solo se sono soddisfatte le condizioni indicate nella disposizione succitata, vale a dire, se è stata presentata una domanda di trascrizione del trasferimento al più tardi alla data di deposito dell’opposizione.

28      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente. L’interveniente sostiene, in particolare, che l’eccezione, sollevata dalla ricorrente e basata sulla carenza di legittimazione ad agire, risultante dalla pretesa assenza di prova della cessione da parte dell’ISA dei marchi su cui si fonda l’opposizione, è nuova e tardiva, non essendo stata sollevata dinanzi alla commissione di ricorso, e quindi non è conforme all’articolo 188 del regolamento di procedura del Tribunale.

29      In primo luogo, va respinto l’argomento dell’interveniente secondo cui la ricorrente avrebbe sollevato il suo difetto di legittimazione ad agire, basato sull’asserita assenza di prova della cessione dei marchi anteriori, per la prima volta dinanzi al Tribunale.

30      A questo proposito, va notato che la ricorrente ha già sostenuto a più riprese dinanzi alla divisione di opposizione che la registrazione internazionale anteriore n. 1229971 non era stata ceduta all’interveniente alla data di deposito dell’opposizione.

31      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che l’EUIPO, nei procedimenti di opposizione e di ricorso, ha omesso di pronunciarsi sul fatto che i marchi azionati dall’interveniente a sostegno dell’opposizione non le erano stati trasferiti prima della data di presentazione dell’opposizione, ma appartenevano ancora a un’altra azienda, il che costituirebbe un difetto di legittimazione ad agire, di cui l’EUIPO non avrebbe tenuto conto.

32      Sotto un primo aspetto, occorre rilevare che dall’atto di opposizione del 2 gennaio 2018, per quanto riguarda il marchio internazionale n. 1229971, risulta che l’interveniente aveva selezionato la casella che consentiva di utilizzare prove contenute nelle banche dati online, conformemente all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento delegato 2018/625. L’interveniente ha espressamente indicato, facendo riferimento alle banche dati on line, nella sua memoria contenente i motivi dinanzi alla divisione di opposizione del 14 maggio 2020, di essere titolare dei marchi anteriori azionati a sostegno dell’opposizione, compreso il marchio internazionale n. 1229971, rispetto al quale l’EUIPO aveva affermato, in una lettera del 1º marzo 2018 indirizzata all’interveniente, che l’opposizione era ammissibile. D’altronde, la stessa ricorrente ha ammesso, nella risposta dinanzi alla divisione di opposizione del 22 luglio 2020, che dalla banca dati online TMView risultava che la registrazione internazionale anteriore n. 1229971 «sarebbe stata trasferita all’interveniente», pur criticando l’asserita mancanza di prove documentali al riguardo.

33      Sotto un secondo aspetto, in risposta alle affermazioni della ricorrente relative alla sua asserita mancanza di legittimazione ad agire, l’interveniente, entro il termine inizialmente fissato dall’EUIPO al 18 ottobre 2020 e prorogato al 18 dicembre 2020, ha presentato talune informazioni aggiuntive il 16 dicembre 2020 e, in risposta alle osservazioni della ricorrente del 24 febbraio 2021, ha aggiunto, il 6 maggio 2021, vale a dire entro il termine fissato al riguardo al 16 maggio 2021, anche un estratto del registro relativo alla registrazione internazionale anteriore n. 1229971. Da detto documento risulta che la cessione del marchio internazionale anteriore n. 1229971 deve essere considerata registrata presso l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) il 12 dicembre 2017, conformemente all’articolo 27, paragrafo 1, lettera b), del regolamento di esecuzione del Protocollo relativo all’Accordo di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi., vale a dire in una data precedente al deposito dell’opposizione (2 gennaio 2018).

34      Sotto un terzo aspetto, la divisione di opposizione ha affermato, nella sua decisione del 17 giugno 2021, che l’opposizione era fondata, in particolare, sulla registrazione internazionale anteriore n. 1229971. Per quanto riguarda quest’ultima, essa ha confermato esplicitamente l’indicazione risultante dalla banca dati TMView, ossia che detta registrazione era stata ceduta all’interveniente, e ha quindi ritenuto che non vi fosse alcuna incoerenza nella domanda di opposizione, in quanto basata su tale registrazione. Tale valutazione della divisione di opposizione deve essere interpretata nel senso che essa ha effettuato l’accesso al suddetto registro elettronico, conformemente alla possibilità data dall’interveniente nell’atto di opposizione (v. punto 32 supra) e che, contrariamente alle affermazioni della ricorrente, ha effettivamente preso in considerazione la situazione di fatto risultante da detto registro. Tale indicazione relativa al trasferimento della registrazione internazionale anteriore n. 1229971 all’interveniente era, per di più, supportata dall’estratto del registro relativo a tale registrazione, presentato alla divisione di opposizione, come ricordato al precedente punto 33

35      Sotto un quarto aspetto, occorre rilevare che la commissione di ricorso, al punto 13 della decisione impugnata, ha ripreso l’approccio adottato dalla divisione di opposizione, fondato, per ragioni di economia procedurale, sulla registrazione internazionale anteriore n. 1229971. In tal modo, la commissione di ricorso ha anche avallato, implicitamente ma inevitabilmente, le considerazioni della divisione di opposizione, relative al fatto che non vi era alcuna incoerenza nella domanda di opposizione in quanto fondata su tale registrazione (v. punto 34 supra).

36      Di conseguenza, la divisione di opposizione e poi la commissione di ricorso non hanno omesso di esaminare la legittimazione ad agire dell’interveniente, ma hanno preso posizione al riguardo.

37      Quanto al merito di una posizione del genere, occorre ricordare, innanzitutto, che l’interveniente aveva selezionato nell’atto di opposizione la casella che consentiva di utilizzare prove contenute nelle banche dati online, il che comprende i registri tenuti presso l’EUIPO e l’OMPI (punto 33 supra), poi, che l’interveniente aveva presentato, alla divisione di opposizione, un documento relativo alla cessione di cui trattasi che dimostrava che quest’ultima era stata registrata presso l’OMPI con effetto dal 12 dicembre 2017 (punto 33 supra), e, infine, che secondo l’articolo 20, paragrafo 12, del regolamento 2017/1001 «[q]ualora vi siano termini da rispettare nei confronti dell’Ufficio, l’avente causa può fare a quest’ultimo le dichiarazioni previste a tal fine, non appena l’Ufficio abbia ricevuto la domanda di registrazione del trasferimento». Di conseguenza, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, poiché la cessione del marchio anteriore era stata registrata anteriormente al deposito dell’opposizione, va constatato che l’interveniente era legittimata ad agire al momento della presentazione della sua opposizione.

38      Pertanto, occorre respingere il primo motivo attinente al difetto di legittimazione ad agire dell’interveniente.

2.      Sul secondo motivo, vertente sullerronea valutazione del rischio di confusione ai sensi dellarticolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, e sul terzo motivo, vertente sulla violazione dellobbligo di motivazione

39      La ricorrente sostiene, in sostanza, che, diversamente da quanto ritenuto dalla commissione di ricorso, non sussisteva, nella specie, alcun rischio di confusione. La commissione di ricorso avrebbe commesso errori nella definizione del pubblico di riferimento, nella comparazione dei prodotti e nella valutazione delle somiglianze tra i segni in contestazione e avrebbe motivato la decisione impugnata per quanto riguarda la valutazione del pubblico di riferimento solo facendo un generico rimando alla decisione della divisione di opposizione.

40      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

41      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con il marchio anteriore e dell’identità o della somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

42      Il rischio di confusione è la probabilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi controversi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Il rischio di confusione deve essere valutato complessivamente, secondo la percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza citata].

43      È stato altresì statuito che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative (v., in tal senso, sentenze del 12 ottobre 2004, Vedial/UAMI, C‑106/03 P, EU:C:2004:611, punto 51, e del 13 settembre 2007, Il Ponte Finanziaria/UAMI, C‑234/06 P, EU:C:2007:514, punto 48).

44      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se la commissione di ricorso abbia correttamente concluso per l’esistenza di un rischio di confusione per il pubblico di riferimento, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

a)      Sul territorio di riferimento, sul pubblico di riferimento e sul suo livello di attenzione

45      Nell’ambito della valutazione complessiva del rischio di confusione, occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza citata].

46      Secondo la giurisprudenza, il pubblico di riferimento ai fini della valutazione del rischio di confusione è costituito dagli utilizzatori che possono usare tanto i prodotti contrassegnati dal marchio anteriore quanto quelli contrassegnati dal marchio richiesto. Pertanto, come regola generale, quando i prodotti di uno dei marchi in conflitto sono inclusi nella designazione più ampia contemplata dall’altro marchio, il pubblico di riferimento è definito con riferimento alla formulazione più specifica [v. sentenza del 24 maggio 2011, ancotel/UAMI – Acotel (ancotel.), T‑408/09, non pubblicata, EU:T:2011:241, punti 38 e 39 e giurisprudenza citata].

47      Ai punti da 30 a 36 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che, poiché il marchio anteriore considerato era la registrazione internazionale n. 1229971 che designava l’Unione europea, il territorio di riferimento fosse quello dell’Unione europea.

48      Secondo l’approccio adottato dalla divisione di opposizione e considerando gli argomenti delle parti, la commissione di ricorso ha valutato il rischio di confusione tenendo conto specificamente della parte del pubblico che conosceva l’inglese e che quindi capiva la parola «transformers», inclusa nel marchio richiesto. A suo avviso, tale parola sarebbe stata compresa dal pubblico degli Stati membri in cui l’inglese è una lingua ufficiale, vale a dire l’Irlanda e Malta, ma anche dal pubblico di quelli in cui, comunque, l’inglese è ampiamente compreso, il che include, in particolare, la Danimarca, i Paesi Bassi, la Finlandia e la Svezia.

49      Inoltre, la commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti controversi, «costituiti essenzialmente da trasformatori», fossero destinati principalmente a un pubblico di professionisti il cui livello di attenzione era elevato, o almeno superiore alla media. Anche se questi prodotti fossero acquistati dal pubblico in generale, quest’ultimo avrebbe un livello di attenzione superiore alla media, data la natura tecnica dei prodotti di cui trattasi. Di conseguenza, la commissione di ricorso ha precisato che avrebbe tenuto conto di un consumatore che aveva «comunque un livello di attenzione superiore alla media, che fosse parte di un pubblico generale o di un pubblico specializzato composto da persone dotate di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale».

50      In via preliminare, prima di procedere all’analisi delle affermazioni della ricorrente relative al merito, occorre valutare il motivo dedotto dalla ricorrente, relativo al fatto che la commissione di ricorso non avrebbe motivato la sua decisione quanto al pubblico di riferimento, poiché si sarebbe limitata a rimandare in modo generico alla decisione della divisione di opposizione.

51      A tal riguardo, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 94, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001), le decisioni dell’EUIPO devono essere motivate.

52      Occorre inoltre ricordare che il difetto di motivazione, o una motivazione insufficiente, costituisce un motivo attinente alla violazione delle forme sostanziali, distinto, in quanto tale, dal motivo relativo all’erronea motivazione della decisione, il cui controllo rientra nell’ambito dell’esame del merito di tale decisione [v., in tal senso, sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 67, e del 23 settembre 2015, Mechadyne International/UAMI (FlexValve), T‑588/14, non pubblicata, EU:T:2015:676, punto 59]. Infatti, l’eventuale erroneità della motivazione non ne fa una motivazione inesistente [v. sentenza del 30 settembre 2016, Alpex Pharma/EUIPO – Astex Pharmaceuticals (ASTEX), T‑355/15, non pubblicata, EU:T:2016:591, punto 45 e giurisprudenza citata].

53      Infine, quando la commissione di ricorso approva la decisione della divisione di opposizione su taluni punti, e tenuto conto della continuità funzionale tra divisioni di opposizione e commissioni di ricorso, attestata dall’articolo 64, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 71, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001), tale decisione nonché la sua motivazione su tali punti fanno parte del contesto in cui la decisione della commissione di ricorso è stata adottata, contesto che è noto alle parti e che consente al giudice di esercitare pienamente il suo controllo di legittimità quanto al merito della valutazione della commissione di ricorso [v., in tal senso, sentenze del 13 settembre 2010, Inditex/UAMI – Marín Díaz de Cerio (OFTEN), T‑292/08, EU:T:2010:399, punti 48 e 49 e giurisprudenza citata; v. anche, per analogia, sentenza del 18 marzo 2015, Naazneen Investments/UAMI – Energy Brands (SMART WATER), T‑250/13, non pubblicata, EU:T:2015:160, punto 16].

54      In particolare, per quanto riguarda il pubblico di riferimento, oggetto della critica della ricorrente, da un lato, la commissione di ricorso ha indicato, al punto 33 della decisione impugnata, l’approccio adottato dalla divisione di opposizione. Dall’altro, innanzitutto, ha altresì proceduto, ai punti da 34 a 36 di detta decisione, a una definizione della parte del pubblico che capiva, data la sua conoscenza dell’inglese, la parole «transformers» inclusa nel marchio richiesto, poi, ha fatto presente che i prodotti controversi si rivolgevano, principalmente, a un pubblico di professionisti, pur tenendo conto, anche, dell’ipotesi di acquisto da parte di un consumatore appartenente al pubblico in generale e, infine, ha definito il grado di attenzione di un tale pubblico (v. punti 48 e 49 supra).

55      Date tali circostanze, è giocoforza affermare che sia per quanto riguarda il pubblico di riferimento sia per quanto riguarda il suo grado di attenzione, la motivazione della decisione impugnata è conforme ai principi ricordati ai precedenti punti da 51 a 53.

56      Per quanto riguarda il merito della decisione impugnata, in primo luogo, la ricorrente sostiene che, poiché l’interveniente è una società italiana che utilizza, nella registrazione internazionale anteriore n. 1229971, i colori della bandiera italiana e poiché «la controversia è sorta anche in Italia», è evidente che il pubblico di riferimento deve essere principalmente italofono. Il rischio di confusione dovrebbe essere analizzato in relazione ai paesi in cui i prodotti erano commercializzati e non in relazione a paesi, come la Finlandia o la Svezia, dove il fatturato delle due parti del procedimento di opposizione è basso o addirittura inesistente. Per di più, il fatto che il pubblico di riferimento capisca l’inglese sarebbe meno importante nel contesto dei segni che sono acronimi.

57      A tal proposito, è sufficiente osservare che, secondo la giurisprudenza, si evince dal carattere unitario del marchio dell’Unione europea derivante dall’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 1, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001) che la domanda di marchio dell’Unione è respinta quando esiste un impedimento assoluto o relativo in una parte dell’Unione europea [sentenze del 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T‑6/01, EU:T:2002:261, punto 59, e del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.) T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punto 76]. Pertanto, nelle circostanze del caso di specie, in cui uno dei marchi controversi contiene una parola inglese chiaramente distinguibile, «transformers», e viste le conclusioni della commissione di ricorso (v., altresì, punto 69 della decisione impugnata), quest’ultima poteva giustamente limitare la sua analisi all’esistenza di un rischio di confusione per il pubblico di riferimento anglofono.

58      In secondo luogo, secondo la ricorrente, la commissione di ricorso non ha tenuto sufficientemente conto, nell’analisi del pubblico di riferimento e del suo livello di attenzione, della categoria di prodotti di cui si trattava, vale a dire, in sostanza, dei trasformatori elettrici ad alta tensione, acquistati mediante gare d’appalto o da aziende specializzate per impianti industriali, ospedali o abitazioni, il cui utilizzo richiedeva specialisti. Infatti, se in primis avrebbe individuato un pubblico di professionisti con un elevato livello di attenzione, avrebbe commesso un errore sminuendo tale livello di attenzione con l’espressione «superiore alla media», quindi sostenendo che «[a]nche qualora detti prodotti fossero acquistati dal pubblico in generale, quest’ultimo avrebbe comunque un grado di attenzione superiore alla media».

59      A tal riguardo, occorre rilevare che la commissione di ricorso ha designato i prodotti, oggetto della registrazione internazionale anteriore n. 1229971, in particolare al punto 5 della decisione impugnata, come «trasformatori elettrici». Tuttavia, come peraltro ammesso dal rappresentante dell’EUIPO all’udienza, tale designazione non ha tenuto conto di una limitazione, conformemente alla dichiarazione di concessione di protezione del 15 giugno 2018 successiva a un diniego provvisorio di protezione nell’Unione europea, secondo la quale la registrazione internazionale anteriore n. 1229971 doveva essere considerata protetta, nel territorio dell’Unione europea, solo per prodotti designati in maniera più limitata, vale a dire «[t]rasformatori in resina da 160kVA a 30MVA per la distribuzione e le applicazioni di rete».

60      La divisione di opposizione, dal canto suo, aveva invece correttamente tenuto conto dei «[t]rasformatori in resina da 160kVA a 30MVA per la distribuzione e le applicazioni di rete», come indicato in particolare alla pagina 2 della sua decisione del 17 giugno 2021.

61      Sebbene dai punti da 39 a 41 della decisione impugnata risulti che, nonostante una designazione dei prodotti protetti dalla registrazione internazionale anteriore n. 1229971 come «trasformatori elettrici», la commissione di ricorso ha poi espressamente fatto proprie, nel contesto del confronto tra i prodotti, le valutazioni della divisione di opposizione riguardanti i «[t]rasformatori in resina da 160kVA a 30MVA per la distribuzione e le applicazioni di rete» (v. punto 60 supra), un approccio del genere non emerge dalla parte della decisione impugnata relativa alla definizione del pubblico di riferimento, in cui il riferimento al «pubblico in generale» non è coerente con la presa in considerazione dei «[t]rasformatori in resina da 160kVA a 30MVA per la distribuzione e le applicazioni di rete».

62      A tale proposito, va tuttavia rilevato che il riferimento effettuato dalla commissione di ricorso al pubblico in generale è solo secondario, in quanto essa ha espressamente affermato che i prodotti in contestazione erano destinati principalmente a un pubblico di professionisti, il cui grado di attenzione era elevato o comunque superiore alla media (v. punto 35 della decisione impugnata), circostanza di cui essa ha altresì tenuto conto nella valutazione del rischio di confusione (decisione impugnata, punto 68). Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non si può ritenere che la commissione di ricorso abbia commesso un errore di valutazione per quanto riguarda il grado di attenzione del pubblico specializzato. Infatti, mentre quest’ultimo avrebbe certamente un grado di attenzione «elevato» al momento dell’acquisto dei prodotti oggetto della registrazione internazionale anteriore n. 1229971 e della maggior parte dei prodotti protetti dal marchio richiesto, potrebbe invece avere un grado di attenzione «superiore alla media» per alcuni altri prodotti oggetto del marchio richiesto, quali «trasformatori», «trasformatori elettrici» o «trasformatori di corrente», la cui formulazione non indica che sono limitati all’«alta tensione», ma che possono riferirsi a prodotti utilizzati nella vita quotidiana.

63      Di conseguenza, nel valutare il rischio di confusione, si terrà conto del punto di vista di un pubblico di professionisti con un livello di attenzione superiore alla media o addirittura elevato, in possesso di conoscenze e competenze specifiche nel settore in contestazione.

b)      Sul confronto tra i prodotti

64      Per valutare la somiglianza tra i prodotti di cui trattasi, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra di essi. Tali fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità. Anche altri fattori possono essere esaminati, come i canali di distribuzione dei prodotti interessati [v. sentenza del 14 maggio 2013, Sanco/UAMI – Marsalman (Raffigurazione di un pollo), T‑249/11, EU:T:2013:238, punto 21 e giurisprudenza citata].

65      Qualora i prodotti oggetto del marchio anteriore comprendano i prodotti oggetto della domanda di marchio, tali prodotti sono considerati identici [v. sentenza del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 34 e giurisprudenza citata].

66      Nei procedimenti di opposizione, l’EUIPO può prendere in considerazione solo l’elenco dei prodotti richiesti così come appare nella domanda di marchio interessato, fatte salve eventuali modifiche [v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2007, Saint-Gobain Pam/UAMI – Propamsa (PAM PLUVIAL), T‑364/05, EU:T:2007:96, punto 89].

67      Ai punti da 39 a 41 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha condiviso le valutazioni e le conclusioni della divisione di opposizione, secondo cui i prodotti oggetto del marchio richiesto erano in parte identici e in parte molto simili a quelli oggetto della registrazione internazionale anteriore n. 1229971.

68      La ricorrente sostiene, in sostanza, che esistono differenze tra i prodotti oggetto dei marchi controversi. Afferma di non aver voluto rivendicare in generale la protezione del marchio richiesto per i prodotti che essa fabbricava e commercializzava, ma di essersi limitata, data la sua specializzazione, ai trasformatori elettrici in quanto tali, nonché ai commutatori di presa. Secondo la ricorrente, tali prodotti consentono, a seconda del fabbisogno di energia elettrica dell’utenza, il passaggio dall’alta tensione alla media o alla bassa tensione, senza creare alterazioni di corrente in caso di corto circuito.

69      L’interveniente, invece, segnalerebbe unicamente che la registrazione internazionale anteriore n. 1229971 riguardava «trasformatori in resina da 160kVA a 30MVA per distribuzione e applicazioni speciali», cosicché un utilizzatore si interesserebbe a detto marchio solo per questo tipo di trasformatori. Secondo la ricorrente, esisterebbe pertanto una certa differenza nelle rivendicazioni delle due parti, in considerazione delle opzioni tecniche. Un esperto del ramo, che peraltro conoscerebbe da tempo la fama del marchio richiesto e la storia della ricorrente, nonché «la tipologia dei prodotti», sceglierebbe in base alle sue esigenze, nonché ai servizi offerti, in particolare per i lavori di manutenzione.

70      A questo proposito, si è già osservato che la divisione di opposizione aveva designato i prodotti oggetto della registrazione internazionale anteriore n. 1229971 non come «trasformatori elettrici» ma, più specificamente, come «trasformatori in resina da 160kVA a 30MVA per la distribuzione e le applicazioni di rete» e aveva fatto un confronto dei prodotti su tale base. La commissione di ricorso, al punto 41 della decisione impugnata, ha espressamente riproposto le sue analisi, affermando di poter avallare le motivazioni della decisione della divisione di opposizione, che hanno così costituito parte integrante della motivazione della sua decisione, riferendosi al punto 48 della sentenza del 13 settembre 2010, OFTEN (T‑292/08, EU:T:2010:399).

71      Gli argomenti addotti dalla ricorrente dinanzi al Tribunale non consentono di mettere in discussione la conclusione della divisione di opposizione, che la commissione di ricorso ha avallato, secondo cui i prodotti oggetto dei marchi in contestazione erano identici, ad eccezione dei «commutatori di presa per trasformatori elettrici» oggetto del marchio richiesto, che erano simili ad un grado elevato ai prodotti oggetto della registrazione internazionale anteriore n. 1229971. Infatti, da un lato, tutti i prodotti ritenuti «identici» sono trasformatori di diversi tipi. Non si può escludere, come afferma la divisione di opposizione, che le tipologie generali, che il marchio richiesto intende proteggere, includano i «trasformatori in resina da 160kVA a 30MVA per la distribuzione e le applicazioni di rete», protetti dalla registrazione internazionale anteriore n. 1229971 o che si sovrappongano parzialmente a questi ultimi.

72      Dall’altro lato, per quanto riguarda i «commutatori di presa per trasformatori elettrici», la commissione di ricorso ha giustamente ripreso l’analisi della divisione di opposizione, secondo la quale essi «erano simili ad un alto livello ai “trasformatori in resina da 160kVA a 30MVA per la distribuzione e le applicazioni di rete”, in quanto riguardavano uno stesso pubblico, avevano la stessa destinazione, gli stessi produttori, erano della stessa natura e condividevano gli stessi canali di distribuzione, oltre a presentare un certo grado di complementarità». In particolare, la questione di stabilire se il pubblico di riferimento fosse a conoscenza della fama del marchio richiesto o della storia della ricorrente è irrilevante ai fini del confronto dei prodotti [v., per analogia, sentenza del 10 novembre 2011, Esprit International/UAMI – Marc O’Polo International (Raffigurazione di una lettera su una tasca), T‑22/10, non pubblicata, EU:T:2011:651, punto 37]. Le affermazioni della ricorrente secondo cui il pubblico specializzato, che peraltro conoscerebbe da tempo la sua fama, sarebbe in grado di distinguere i prodotti contrassegnati dai marchi in conflitto, non mettono in discussione tale ragionamento.

73      Di conseguenza, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che alcuni prodotti in contestazione fossero identici e altri molto simili.

c)      Sulle somiglianze tra i segni

74      La valutazione globale del rischio di confusione deve basarsi, per quanto riguarda la somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o dei servizi controversi svolge un ruolo determinante nella valutazione complessiva di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio di solito percepisce un marchio come un tutt’uno e non si mette a esaminarne i vari dettagli (v., sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35, e giurisprudenza citata).

75      La valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla a un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi controversi, considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione globale prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v., sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 41 e giurisprudenza citata). Soltanto quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 42). È quanto potrebbe verificarsi in particolare quando tale componente può dominare da sola l’immagine del marchio che al pubblico di riferimento resta in mente, cosicché tutte le altre componenti del marchio risultano trascurabili nell’impressione complessiva prodotta da quest’ultimo (sentenza del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 43).

76      La commissione di ricorso ha constatato, ai punti da 45 a 55 della decisione impugnata, che la registrazione internazionale anteriore n. 1229971 consisteva in un marchio figurativo, formato dal gruppo di tre lettere nere «tmc», scritte in caratteri maiuscoli, posizionate tra due elementi figurativi invertiti consistenti in una striscia rossa orizzontale e tre linee di colore verde, bianco e rosso molto più sottili.

77      Il marchio richiesto era un marchio denominativo, contenente l’elemento «tmc» seguito dal termine «transformers», entrambi in lettere maiuscole nere.

78      Per quanto riguarda il gruppo di lettere «tmc», la commissione di ricorso ha ritenuto che fosse moderatamente distintivo in quanto non avevano un significato particolare. L’elemento denominativo «transformers», invece, sarebbe stato percepito dal pubblico anglofono con il significato di «trasformatori». Pertanto, esso è privo, a suo avviso, di carattere distintivo ed è descrittivo dei prodotti controversi, specificamente dei trasformatori o dei prodotti ad essi strettamente collegati. Nel caso di specie, l’impatto dell’elemento «transformers», posto solo dopo l’elemento «tmc», deve essere considerato debole a tutti i livelli di confronto.

79      Per quanto riguarda gli elementi figurativi presenti nel segno anteriore, la commissione di ricorso ha ritenuto che si trattasse di semplici forme geometriche che, di conseguenza, non erano particolarmente distintive e svolgevano una funzione essenzialmente decorativa.

80      Alla luce di tali considerazioni, la commissione di ricorso ha valutato l’elemento denominativo «tmc» come il più distintivo in entrambi i segni. Esso era dominante anche nel segno anteriore in considerazione del suo impatto visivo più rilevante dovuto alle sue dimensioni e alla sua posizione.

81      Per quanto riguarda il confronto dei segni, sotto un primo aspetto, la commissione di ricorso ha ritenuto che essi fossero molto simili sul piano visivo, in quanto coincidevano a livello dell’elemento maggiormente distintivo e dominante «tmc», mentre l’impatto degli elementi di differenziazione era limitato (v. punti da 76 a 80 supra). Sotto un secondo aspetto, essa ha ritenuto che l’identità fonetica esistente tra la registrazione internazionale anteriore n. 1229971 e l’inizio del marchio richiesto prevalesse sulla differenza fonetica derivante dalla presenza dell’elemento denominativo non distintivo «transformers». Pertanto, i segni dovevano essere considerati molto simili. Sotto un terzo aspetto, dal punto di vista concettuale, i segni non erano simili, a suo avviso, poiché il gruppo di lettere «tmc» non era associato ad alcun concetto, mentre l’elemento aggiuntivo «transformers» del marchio richiesto era associato al concetto di «trasformatori».

82      La ricorrente sostiene, in sostanza, che l’acronimo «tmc» è diffusissimo in tutti i settori merceologici e quindi debolmente distintivo. I marchi in contestazione potevano quindi coesistere, essendo simili solo per le tre lettere iniziali. Queste ultime rimanderebbero alla storia aziendale della ricorrente, fondatrice dell’«attività economica del marchio». La commissione di ricorso non avrebbe sufficientemente considerato i fattori rilevanti che hanno dato origine al conflitto nel contesto della valutazione dei segni. Né avrebbe tenuto conto del pubblico specifico destinatario, delle condizioni di commercializzazione dei prodotti in contestazione, delle modalità di vendita e di esposizione, della categoria di prodotti e della preminenza dell’elemento funzionale su quello estetico nelle scelte dei consumatori. Secondo la ricorrente, nelle circostanze del caso di specie, la commissione di ricorso non ha valutato a sufficienza le differenze tra i marchi in conflitto, in particolare sotto i profili concettuale e visivo, e si è erroneamente fondata sul principio dell’immagine imperfetta dei marchi che i consumatori serbano nella memoria.

83      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

i)      Sul carattere distintivo dell’elemento denominativo «tmc»

84      Va rilevato che la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che l’elemento denominativo «tmc» non avesse alcun significato in relazione ai prodotti controversi e, di conseguenza, che il suo carattere distintivo fosse medio. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non è rilevante che i consumatori siano a conoscenza della sua storia. Non è stato d’altronde dimostrato che essi avrebbero compreso detto elemento denominativo in tale contesto e, quanto alla registrazione internazionale anteriore n. 1229971, che quest’ultima avrebbe rimandato a una società figlia italiana in considerazione dei colori utilizzati, o ancora che tali elementi sarebbero stati percepiti dal pubblico di riferimento in tutti gli Stati membri in cui l’inglese è ampiamente compreso, di cui la commissione di ricorso ha tenuto conto nella valutazione del rischio di confusione (v. punto 48 supra).

85      Inoltre, per quanto riguarda la questione di stabilire se l’elemento denominativo «tmc» sia diffuso in tutti i settori merceologici e, pertanto, poco distintivo, anche indipendentemente dallo stabilire se tale affermazione sia ricollegabile ad argomenti già presentati nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO, non è stato dimostrato che tale elemento è effettivamente presente nel mercato, come richiesto dalla giurisprudenza [v., in tal senso, sentenza del 25 maggio 2016, Ice Mountain Ibiza/EUIPO – Marbella Atlantic Ocean Club (ocean beach club ibiza), T‑5/15, non pubblicata, EU:T:2016:311, punto 35]. Oltre a ciò, come sostiene giustamente l’EUIPO, alcuni dei riferimenti ai marchi contenenti l’elemento denominativo «tmc» presentati dalla ricorrente nell’allegato A.28 al ricorso riguardavano elementi della banca dati TMView relativi a territori al di fuori dell’Unione europea, ossia il Regno Unito o la Norvegia, e altri che sono collegati a marchi che non riguardano prodotti della classe 9. Pertanto, nel complesso, non è possibile ritenere che l’elemento denominativo «tmc» sia dotato di un debole carattere distintivo.

ii)    Sugli elementi dominanti nei marchi controversi

86      Quanto alla valutazione del carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole a quelle delle altre componenti. Inoltre e incidentalmente, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle varie componenti nella configurazione del marchio complesso (sentenza del 23 ottobre 2002, MATRATZEN, T‑6/01, EU:T:2002:261, punto 35).

87      Il fatto che uno dei termini che compongono un marchio denominativo sia descrittivo non consente, di per sé, di affermare che tale termine è trascurabile nell’impressione d’insieme prodotta da detto marchio [sentenza dell’11 dicembre 2014, Oracle America/UAMI – Aava Mobile (AAVA CORE), T‑618/13, non pubblicata, EU:T:2014:1053, punto 33].

88      Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, non si può ritenere che le linee tracciate intorno all’elemento denominativo «tmc», svolgano un ruolo più che decorativo nella registrazione internazionale anteriore n. 1229971.

89      Non si può muovere dal presupposto che una parte sufficiente dei consumatori di riferimento abbia conoscenza della storia dell’interveniente e che, in considerazione dei colori utilizzati, faccia un collegamento tra tale marchio e il fatto che si tratti di una società figlia italiana di un’azienda inizialmente attiva in Australia, come insinua la ricorrente, senza alcuna prova a sostegno. Un’interpretazione del genere è particolarmente distante dalla grafica della registrazione internazionale anteriore n. 1229971, dalla quale non emerge nulla che possa far pensare agli elementi citati dalla ricorrente. Del resto, quest’ultima non ha dimostrato che tali elementi contestuali sarebbero percepiti dal pubblico di riferimento in tutti gli Stati membri in cui l’inglese è ampiamente compreso, di cui ha tenuto conto la commissione di ricorso nella valutazione di un rischio di confusione, (v. punto 48 supra).

90      Per quanto riguarda il marchio richiesto, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che l’impatto dell’elemento denominativo «transformers» fosse debole a tutti i livelli di confronto (v. punto 78 supra).

91      Date tali circostanze, e poiché nessun argomento della ricorrente invalida la valutazione sulla natura descrittiva e poco distintiva della parola «transformers», cosicché il suo impatto sotto tutti i profili di confronto era debole, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che l’elemento denominativo «tmc» fosse, nei marchi in conflitto, l’elemento con il maggiore impatto.

iii) Sulla somiglianza dei marchi in conflitto sul piano visivo, fonetico e concettuale

92      Sul piano visivo, contrariamente alle affermazioni della ricorrente dirette a concludere nel senso di una somiglianza soltanto debole, occorre notare che, data l’identità dell’elemento denominativo «tmc», e tenuto conto della scarsa incidenza dell’elemento denominativo «transformers» dato il suo carattere descrittivo, nonché alla luce della natura puramente decorativa degli elementi grafici della registrazione internazionale anteriore n. 1229971, i quali, peraltro, presentano linee parallele che mettono in evidenza l’elemento denominativo di tale marchio, la commissione di ricorso non ha commesso errori di valutazione per aver ravvisato forti somiglianze visive.

93      Sul piano fonetico, sebbene la ricorrente sostenga che la somiglianza è solo debole, in considerazione della differenza nel numero di sillabe, nonché alla luce di un’analisi della successione delle vocali e delle consonanti nei marchi confliggenti, va notato che, poiché l’inizio del marchio richiesto è identico, nella pronuncia, a quello della registrazione internazionale anteriore n. 1229971, e poiché la seconda parte è composta da un elemento denominativo descrittivo che taluni consumatori potrebbero non pronunciare all’acquisto di detti prodotti, la commissione di ricorso ha giustamente concluso per una forte somiglianza tra i segni su tale piano.

94      Sul piano concettuale, la ricorrente ammette che i marchi in contestazione rinviano a un’azienda, ma sostiene che, nella registrazione internazionale anteriore n. 1229971, «il messaggio iniziale del marchio rimane». Essa ribadisce quanto affermato e cioè che l’acronimo «tmc» è ampiamente utilizzato nel settore di riferimento, indebolendo così l’impatto delle somiglianze. Ebbene, tali affermazioni non consentono di confutare quanto concluso dalla commissione di ricorso, ossia che non vi è somiglianza concettuale tra i marchi confliggenti e addirittura consentirebbero, se provate, di stabilire una certa somiglianza concettuale.

d)      Sul carattere distintivo della registrazione internazionale anteriore n. 1229971

95      Ai punti da 56 a 60 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che l’interveniente non avesse dedotto che la registrazione internazionale anteriore n. 1229971 era particolarmente distintiva in considerazione del suo uso o della sua fama. Il carattere distintivo intrinseco sarebbe normale, non essendoci un significato rispetto ai prodotti di riferimento.

96      Poiché gli argomenti della ricorrente relativi al rapporto tra l’elemento denominativo «tmc» e l’interveniente, che sarebbe nota al pubblico di riferimento, sono stati respinti in quanto infondati, occorre dichiarare che la valutazione della commissione di ricorso circa il carattere distintivo normale della registrazione internazionale anteriore n. 1229971 considerata nel suo insieme non è viziata da alcun errore di valutazione.

e)      Sul rischio di confusione

97      La commissione di ricorso ha ritenuto, in via preliminare, che gli argomenti della ricorrente in merito alla relazione tra le parti non fossero rilevanti nell’ambito di un procedimento di opposizione. La ricostruzione storica che la ricorrente aveva presentato non avrebbe giocato un ruolo significativo nell’accertamento di un rischio di confusione e non avrebbe messo in discussione la validità della registrazione internazionale anteriore n. 1229971.

98      Nella valutazione complessiva del rischio di confusione, la commissione di ricorso ha preso in considerazione, innanzitutto, il fatto che i prodotti in esame erano in parte identici e in parte molto simili e, poi, che i segni controversi erano molto simili dal punto di vista visivo e fonetico, mentre dal punto di vista concettuale non lo erano. Nel complesso, quindi, essa ha ritenuto che i segni in conflitto fossero molto simili, poiché le somiglianze visiva e fonetica derivavano dall’identità dell’elemento comune «tmc», che era l’elemento maggiormente distintivo e dominante della registrazione internazionale anteriore n. 1229971, dato che tali somiglianze prevalevano sulle differenze, anche concettuali. Ancora, è stato preso in considerazione il carattere distintivo normale dei marchi in conflitto e, infine, il fatto che il consumatore ne conservasse solo un’immagine imperfetta nella memoria. Nel complesso, la commissione di ricorso ha riscontrato la sussistenza di un rischio di confusione.

99      Poiché è già stato risposto agli argomenti della ricorrente vertenti sull’assenza di somiglianza tra i segni, sul confronto dei prodotti controversi, nonché sul pubblico di riferimento e il suo grado di attenzione, è sufficiente aggiungere che, diversamente da quanto sostiene la ricorrente e come correttamente affermato dalla commissione di ricorso, il principio secondo cui il consumatore solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto tra i diversi marchi, ma deve fare affidamento sulla loro immagine imperfetta che conserva nella memoria, è applicabile anche ad un pubblico che dimostri un grado di attenzione elevato [v., in tal senso, sentenze del 20 febbraio 2018, Kwang Yang Motor/EUIPO – Schmidt (CK1), T‑45/17, non pubblicata, EU:T:2018:85, punto 57, e del 16 dicembre 2010, Longevity Health Products/UAMI – Gruppo Lepetit (RESVEROL), T‑363/09, non pubblicata, EU:T:2010:538, punto 33]. A questo proposito, occorre evidenziare, nel caso di specie, l’impatto particolarmente forte del gruppo di lettere «tmc» in maiuscolo presente in entrambi i marchi in conflitto, visibili indipendentemente dai metodi di commercializzazione.

100    Di conseguenza, tenuto conto degli elementi ricordati ai precedenti punti da 97 a 99, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione per aver ritenuto che sussistesse un rischio di confusione.

101    Pertanto, e tenuto conto del fatto che, come osservato dalla commissione di ricorso (v. punto 97 supra), la validità della registrazione internazionale anteriore n. 1229971 non è messa in discussione dai diversi argomenti della ricorrente relativi agli elementi contrattuali o storici intercorsi tra le parti del procedimento d’opposizione, che non sono rilevanti ai fini del presente procedimento, occorre respingere il secondo e il terzo motivo della ricorrente.

102    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, poiché nessuno dei motivi dedotti dalla ricorrente a sostegno della sua domanda di annullamento deve essere accolto, occorre respingere il ricorso integralmente.

IV.    Sulle spese

103    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

104    Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alle domande dell’EUIPO e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Transformers Manufacturing Company Pty Ltd è condannata alle spese.

Marcoulli

Schwarcz

Valasidis

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 settembre 2023.

Il cancelliere

 

Il presidente

V. Di Bucci

 

S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.