Language of document : ECLI:EU:C:2022:237

SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

31 marzo 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Sistema di Dublino – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Articolo 29, paragrafo 2 – Trasferimento del richiedente asilo verso lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale – Termine di trasferimento di sei mesi – Possibilità di proroga di tale termine fino a un massimo di un anno in caso di detenzione – Nozione di “detenzione” – Ricovero coatto del richiedente asilo in un reparto psichiatrico ospedaliero con l’autorizzazione di un giudice»

Nella causa C‑231/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), con decisione del 25 marzo 2021, pervenuta in cancelleria il 12 aprile 2021, nel procedimento

IA

contro

Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da J. Passer, presidente di sezione, A. Prechal (relatrice), presidente della Seconda Sezione, e M.L. Arastey Sahún, giudice,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo austriaco, da J. Schmoll, V.‑S. Strasser, A. Posch e G. Eberhard, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da C. Cattabriga e M. Wasmeier, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra IA e il Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl (Ufficio federale per il diritto degli stranieri e il diritto di asilo, Austria) (in prosieguo: l’«Ufficio»), in merito al trasferimento dell’interessato verso l’Italia.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        I considerando 4 e 5 del regolamento Dublino III sono così formulati:

«(4)      Secondo le conclusioni [adottate dal Consiglio europeo nella riunione straordinaria] di Tampere [il 15 e il 16 ottobre 1999], il [Sistema europeo comune di asilo] dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo.

(5)      Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale».

4        La sezione VI del capo VI del regolamento Dublino III, dedicata ai trasferimenti dei richiedenti verso lo Stato membro competente, contiene l’articolo 29 di tale regolamento, intitolato «Modalità e termini», che così prevede:

«1.      Il trasferimento del richiedente o di altra persona ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di un altro Stato membro di prendere o riprendere in carico l’interessato, o della decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.

Se i trasferimenti verso lo Stato membro competente avvengono sotto forma di partenza controllata o sotto scorta, gli Stati membri garantiscono che siano svolti in modo umano e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana.

(...)

2.      Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione dell’interessato, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora questi sia fuggito.

(...)

4.      La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, condizioni uniformi per la consultazione e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, in particolare nel caso di trasferimenti differiti o ritardati, di trasferimenti a seguito di accettazione automatica, trasferimenti di minori o persone a carico e di trasferimenti sorvegliati. (...)».

5        Il regolamento (CE) n. 1560/2003 della Commissione, del 2 settembre 2003, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 (GU 2003, L 222, pag. 3), come modificato dal regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 della Commissione, del 30 gennaio 2014 (GU 2014, L 39, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento di esecuzione»), contiene le modalità di applicazione del regolamento Dublino III.

6        Il capo III del regolamento di esecuzione, intitolato «Esecuzione del trasferimento», contiene l’articolo 9, a sua volta intitolato «Rinvio e ritardi di trasferimento», che così dispone:

«1.      Lo Stato membro competente è informato senza indugi della decisione di rinviare il trasferimento qualora siano promossi un ricorso o una revisione aventi effetto sospensivo, ovvero sussistano motivazioni materiali quali lo stato di salute del richiedente, l’indisponibilità del mezzo di trasporto o il fatto che il richiedente si sia sottratto all’esecuzione del trasferimento.

1 bis.      Qualora un trasferimento sia ritardato su richiesta dello Stato membro che provvede al trasferimento, quest’ultimo e gli Stati membri competenti devono riprendere i contatti al fine di consentire l’organizzazione di un nuovo trasferimento quanto prima possibile, conformemente all’articolo 8, e non oltre due settimane dal momento in cui le autorità vengono a conoscenza della cessazione delle circostanze che hanno causato il ritardo o il rinvio. In tal caso, prima che sia eseguito il trasferimento viene inviato un modulo standard aggiornato per il trasferimento dei dati prima di un trasferimento, di cui all’allegato VI.

2.      Lo Stato membro che non può eseguire il trasferimento entro il normale termine di sei mesi dalla data di accettazione della richiesta di presa in carico o di ripresa in carico dell’interessato, o della decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo, per uno dei motivi di cui all’articolo 29, paragrafo 2, del [regolamento Dublino III], ne informa lo Stato membro competente prima dello scadere del termine. In mancanza di ciò, la competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale e le altre obbligazioni a norma del [regolamento Dublino III], ricadono sullo Stato membro richiedente, in conformità dell’articolo 29, paragrafo 2, di detto regolamento.

(...)».

 Diritto austriaco

7        L’articolo 5 del Bundesgesetz über die Gewährung von Asyl (Asylgesetz 2005) (legge federale del 2005 relativa alla concessione del diritto di asilo), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: l’«AsylG 2005»), prevede quanto segue:

«[Casi in cui] l’Austria non è competente [per l’esame della domanda di asilo]

(...)

Competenza di un altro Stato

(1)      Una domanda di protezione internazionale non trattata ai sensi degli articoli 4 o 4a è respinta come inammissibile quando, in forza di una convenzione o sulla base del regolamento Dublino [III], un altro Stato è competente ad esaminare la domanda di asilo o la domanda di protezione internazionale. (...)

(2)      Occorre procedere a norma del paragrafo 1 anche quando un altro Stato membro è competente, in forza di una convenzione o sulla base del regolamento Dublino [III], a stabilire quale Stato sia competente ad esaminare la domanda di asilo o di protezione internazionale.

(...)».

8        L’articolo 46 del Fremdenpolizeigesetz 2005 (legge di polizia sugli stranieri del 2005) è così formulato:

«(1)      Gli stranieri nei confronti dei quali è esecutiva una decisione di rimpatrio, un provvedimento di allontanamento, un provvedimento di espulsione o un divieto di soggiorno sono allontanati dal territorio (accompagnamento alla frontiera) da parte degli organi di pubblica sicurezza per conto [dell’Ufficio] (...).

(...)

(7)      Se lo straniero si trova in un ospedale (...) e il suo accompagnamento alla frontiera è imminente, l’ospedale deve, su richiesta, informare senza indugio [l’Ufficio] della data stabilita o probabile della sua dimissione dallo stesso. Se la data comunicata ai sensi della prima frase è modificata, l’ospedale ne informa di propria iniziativa [l’Ufficio]».

9        L’articolo 61 della legge di polizia sugli stranieri del 2005 stabilisce quanto segue:

«(1)      [L’Ufficio] ordina l’allontanamento di un cittadino di uno Stato terzo quando

1.      la sua domanda di protezione internazionale è respinta ai sensi degli articoli 4a o 5 dell’AsylG 2005, o dopo ogni ulteriore decisione di diniego a norma dell’articolo 68, paragrafo 1, dell’Allgemeines Verwaltungsverfahrensgesetz [(legge generale sul procedimento amministrativo)] che faccia seguito a una decisione di diniego a norma degli articoli 4a o 5 dell’AsylG 2005 (...)

(...)

(2)      Un provvedimento di allontanamento ha la conseguenza di consentire l’accompagnamento alla frontiera del cittadino del paese terzo verso lo Stato di destinazione. Il provvedimento resta in vigore per diciotto mesi dalla partenza del cittadino di un paese terzo.

(...)».

10      L’articolo 3 dell’Unterbringungsgesetz (legge sul ricovero non penale in reparti psichiatrici di malati psichici sottoposti a cure; in prosieguo: l’«UbG»), intitolato «Condizioni di ricovero», così dispone:

«Una persona può essere ricoverata in un reparto psichiatrico solo se:

1.      soffre di una patologia psichica e, in relazione a quest’ultima, mette in pericolo, in modo grave e sostanziale, la vita o la salute propria o altrui; e

2.      essa non può ricevere un trattamento medico adeguato o cure in altro modo, in particolare senza ricovero in un reparto psichiatrico».

11      L’articolo 8 dell’UbG, intitolato «Ricovero senza richiesta [dell’interessato]», prevede quanto segue:

«Una persona può essere ricoverata in un reparto psichiatrico contro la sua volontà o senza la sua volontà soltanto se un medico del servizio sanitario pubblico [o] un medico della polizia o un medico dell’assistenza sanitaria primaria, incaricato a tal fine (...), al quale essa è stata presentata e che l’ha esaminata, certifica che sussistevano le condizioni per il ricovero. Il certificato indica le ragioni dettagliate per le quali il medico ritiene che le condizioni per il ricovero siano soddisfatte».

12      L’articolo 9 di detta legge è così formulato:

«(1)      Gli organi di pubblica sicurezza, laddove ritengano, per ragioni particolari, che riguardo a una persona siano soddisfatte le condizioni per il ricovero, hanno il diritto e l’obbligo di accompagnare tale persona da un medico affinché essa venga esaminata (articolo 8) o di ricorrere a un medico affinché esamini la stessa. Se il medico rilascia un certificato attestante che le condizioni per il ricovero sono soddisfatte, gli organi di pubblica sicurezza devono accompagnare la persona interessata in un reparto psichiatrico o fare in modo che quest’ultima vi sia accompagnata. Se il medico non rilascia tale certificato, la persona interessata non può essere trattenuta più a lungo.

(2)      In caso di pericolo imminente, gli organi di pubblica sicurezza possono accompagnare la persona interessata in un reparto psichiatrico anche senza previo esame da parte di un medico e in mancanza di certificato.

(3)      Il medico e gli organi di pubblica sicurezza devono agire nel modo meno invasivo possibile per la persona interessata e adottare le misure necessarie per prevenire qualsiasi pericolo. Essi devono, per quanto possibile, collaborare con servizi psichiatrici esterni a un reparto psichiatrico e, in caso di necessità, ricorrere ai servizi di pronto soccorso locali».

13      Il paragrafo 1 dell’articolo 10 della medesima legge prevede quanto segue:

«Il responsabile del reparto esamina immediatamente la persona interessata. Essa può essere ammessa soltanto nel caso in cui, in base al suo certificato medico, sono soddisfatte le condizioni di ricovero.

(...)».

14      L’articolo 11 dell’UbG dispone quanto segue:

«L’articolo 10 si applica mutatis mutandis se

1.      nel caso di un paziente altrimenti ammesso nel reparto psichiatrico e la cui libertà di movimento non è limitata, sussistono motivi per ritenere che siano soddisfatte le condizioni per il ricovero, o

2.      una persona che si trova su sua richiesta revoca la domanda o non la rinnova dopo sei settimane o la durata totale autorizzata per il ricovero su richiesta è cessata e, in ciascuno di tali casi, vi è motivo di supporre che le condizioni di ricovero continuino a sussistere».

15      L’articolo 17 dell’UbG, intitolato «Notifica al giudice», così recita:

«Se una persona è ammessa in un reparto psichiatrico senza averlo richiesto (articoli 10 e 11), il responsabile del reparto deve informarne immediatamente il tribunale. (...)».

16      L’articolo 18 di tale legge, intitolato «Oggetto del procedimento», prevede quanto segue:

«Il tribunale decide in merito alla legittimità del ricovero del paziente nei casi di cui agli articoli 10 e 11, previo esame delle condizioni di ricovero».

17      L’articolo 20, paragrafo 1, dell’UbG dispone quanto segue:

«Se il tribunale, nel corso dell’audizione, conclude che sussistono le condizioni per il ricovero, dichiara il ricovero provvisoriamente legittimo in attesa di una decisione ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1, e fissa un’udienza che ha luogo al più tardi quattordici giorni dopo l’audizione».

18      La medesima legge, all’articolo 26, paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Al termine dell’udienza, il tribunale statuisce sulla legittimità del ricovero. La decisione deve essere emessa nel corso di tale udienza in presenza del paziente; essa deve essere motivata e deve essergli spiegata».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

19      Nell’ottobre 2016, IA, cittadino marocchino, è entrato in Italia in provenienza dalla Libia. La polizia italiana ha quindi proceduto alla registrazione dei suoi dati personali e biometrici.

20      IA si è poi recato in Austria dove ha presentato una domanda di asilo il 20 febbraio 2017.

21      Il 1° marzo 2017, le autorità austriache hanno chiesto alle autorità italiane di prendere IA in carico. Detta domanda è rimasta senza risposta.

22      Il 30 maggio 2017, le autorità austriache hanno informato le autorità italiane che la domanda di presa in carico di cui sopra era considerata accettata e che il termine massimo di sei mesi per effettuare il trasferimento era iniziato a decorrere il 2 maggio 2017.

23      Con decisione del 12 agosto 2017, l’Ufficio, da un lato, ha respinto la domanda di asilo di IA in quanto inammissibile e, dall’altro, ha disposto la sua espulsione verso l’Italia.

24      Il 25 settembre 2017, IA ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria). Egli ha successivamente rinunciato a tale ricorso.

25      Tra il 20 settembre 2017 e il 6 ottobre 2017, IA, su sua richiesta, ha ricevuto cure psichiatriche in un ospedale di Vienna (Austria).

26      Il trasferimento di IA verso l’Italia, che era previsto per il 23 ottobre 2017, non ha potuto aver luogo poiché, tra il 6 ottobre 2017 e il 4 novembre 2017, quest’ultimo era stato ricoverato, senza averlo richiesto, presso il reparto psichiatrico di un ospedale di Vienna. Tale ricovero è stato dichiarato legittimo da un tribunale distrettuale viennese, inizialmente a titolo provvisorio, con una prima ordinanza del 6 ottobre 2017, poi, fino al 17 novembre 2017, con una seconda ordinanza del 17 ottobre 2017. Detto giudice ha autorizzato il ricovero di IA per il motivo che quest’ultimo costituiva, a causa della sua patologia psichica, una minaccia grave e sostanziale per sé stesso e per altri.

27      Il 25 ottobre 2017, le autorità austriache hanno informato le autorità italiane che, conformemente all’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, il termine di trasferimento di IA era stato prorogato a dodici mesi a causa del suo ricovero in un reparto psichiatrico ospedaliero.

28      Il ricovero di IA è terminato prematuramente il 4 novembre 2017. In tale data, egli è stato ricoverato, su sua richiesta, presso un reparto psichiatrico ospedaliero, dal quale è stato dimesso il 6 novembre 2017.

29      Il 6 dicembre 2017, IA è stato trasferito in aereo verso l’Italia sotto scorta di polizia e accompagnato da un medico.

30      Il 22 dicembre 2017, IA ha presentato una domanda di asilo in Italia, accolta il 24 aprile 2018.

31      In seguito, IA ha proposto ricorso dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) contro il suo trasferimento dall’Austria verso l’Italia, con la motivazione che quest’ultimo aveva avuto luogo dopo la scadenza, il 2 novembre 2017, del termine di sei mesi previsto all’articolo 29, paragrafo 1, primo comma, del regolamento Dublino III ed era quindi illegittimo in quanto tardivo.

32      Con sentenza del 14 febbraio 2020, tale giudice ha respinto il ricorso in quanto infondato. Esso ha considerato che, il 25 ottobre 2017, le autorità austriache hanno informato le autorità italiane della proroga del termine di trasferimento di sei mesi, conformemente all’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, a causa della detenzione dell’interessato. Tale termine di trasferimento, che doveva scadere il 2 novembre 2017, è stato quindi prorogato di sei mesi, fino al 2 maggio 2018. Pertanto, il trasferimento di IA, avvenuto il 6 dicembre 2017, non era tardivo.

33      Il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha considerato che il ricovero di IA in un istituto psichiatrico, contro la sua volontà, con ordinanza giurisdizionale si basa, conformemente alle condizioni previste all’articolo 3 dell’UbG, sulla constatazione che, a causa della sua patologia psichica, tale persona metteva in pericolo, in modo grave e sostanziale, la propria vita nonché quella altrui.

34      Orbene, secondo tale giudice, la detenzione dovuta a una patologia psichica costituisce una misura privativa della libertà, come risulta dagli articoli 6, 52 e 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Per contro, ai fini della proroga del termine di trasferimento a causa di una «detenzione», ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III, non sarebbe necessario che la detenzione avvenga in un carcere né che essa sia fondata su una decisione giudiziaria di colpevolezza. L’elemento determinante sarebbe che lo Stato di trasferimento sia impossibilitato a procedere al trasferimento della persona interessata verso lo Stato membro competente, qualora tale soggetto sia sottratto al controllo delle autorità amministrative con una decisione giudiziaria.

35      Investito da IA di un ricorso per cassazione («Revision») avverso tale sentenza del Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale), il giudice del rinvio ritiene che la questione essenziale che si pone per stabilire se, nel caso di specie, il trasferimento di IA verso l’Italia fosse legittimo è se la nozione di «detenzione», ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III, nozione che, del resto, non è definita in tale regolamento, debba essere intesa nel senso che include una detenzione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, vale a dire il ricovero nel reparto psichiatrico di un ospedale a causa di una patologia psichica, contro o senza la volontà dell’interessato, che è stato dichiarato legittimo da un tribunale.

36      Il giudice del rinvio ritiene che tale questione possa prestarsi a una risposta affermativa, per i motivi esposti dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale). Esso considera, tuttavia, che una risposta in senso contrario sia anch’essa ipotizzabile a causa, da un lato, del fatto che il «ricovero senza richiesta [dell’interessato]», ai sensi degli articoli 8 e seguenti dell’UbG, è anzitutto una misura medica semplicemente dichiarata legittima dal tribunale, misura che non sembra necessariamente rientrare nel termine «Inhaftierung» nella versione in lingua tedesca, «imprisonment» nella versione in lingua inglese o ancora «emprisonnement» nella versione in lingua francese [«detenzione» nella versione in lingua italiana].

37      Dall’altro lato, il giudice del rinvio ritiene che le malattie gravi che impediscono provvisoriamente un trasferimento verso lo Stato membro competente non possano giustificare una proroga del termine di trasferimento conformemente all’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III, come confermerebbe la giurisprudenza della Corte (sentenza del 16 febbraio 2017, C. K. e a., C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 89).

38      Nell’ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere che il ricovero in un reparto psichiatrico ospedaliero rientri nella nozione di «detenzione», ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III, il giudice del rinvio ritiene necessario sapere quale sarebbe, nel caso di specie, la durata precisa della proroga del termine di trasferimento.

39      A tale riguardo, si potrebbe ritenere che il termine di trasferimento possa essere prorogato fino a concorrenza della durata, o del periodo durante il quale IA era effettivamente ricoverato, contro la sua volontà, in un reparto psichiatrico ospedaliero, o del presunto periodo di «detenzione» notificato allo Stato membro richiesto conformemente all’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione, accompagnato, se del caso, da un termine ragionevole per organizzare il trasferimento.

40      In tale contesto, il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se la nozione di detenzione ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento [Dublino III], ricomprenda anche un ricovero dell’interessato nel reparto di psichiatria di un ospedale disposto contro la sua volontà o in mancanza di essa e dichiarato ammissibile dall’autorità giudiziaria (nella specie, in ragione della sua pericolosità – per sé e per gli altri – risultante dalla patologia psichica da cui è affetto).

2.      In caso di risposta affermativa alla prima questione:

a)      Se, nell’ipotesi di detenzione, il termine di cui all’articolo 29, paragrafo 2, prima frase, del regolamento [Dublino III] possa essere sempre prorogato di un anno dallo Stato membro richiedente, in maniera vincolante per l’interessato.

b)      In caso negativo, per quale lasso di tempo sia ammessa una proroga, ad esempio, solo

–        per l’effettiva durata della detenzione, oppure

–        per la presumibile durata complessiva della detenzione, riferita al momento in cui lo Stato membro competente ne è stato informato ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento [di esecuzione],

se del caso maggiorata, rispettivamente, di un termine adeguato per la nuova organizzazione del trasferimento».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

41      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che la nozione di «detenzione», contemplata in tale disposizione, è applicabile al ricovero di un richiedente asilo in un reparto psichiatrico ospedaliero autorizzato con una decisione giudiziaria, per il motivo che tale persona, a causa di una patologia psichica, costituisce un serio pericolo per sé stessa o per la società.

42      A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione europea, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto non solo dei termini di tale disposizione, ma anche del suo contesto e degli obiettivi perseguiti dalla legislazione di cui fa parte (sentenza del 15 aprile 2021, The North of England P & I Association, C‑786/19, UE:C:2021:276, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

43      Orbene, si deve constatare che la nozione di «detenzione», ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III, non è definita dal legislatore dell’Unione e che tale disposizione non contiene alcun riferimento esplicito al diritto degli Stati membri per determinarne il senso e la portata. Occorre pertanto sviluppare un’interpretazione autonoma e uniforme di questa nozione.

44      Per quanto riguarda, in primo luogo, il tenore letterale dell’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III, occorre ricordare, in via preliminare, che, secondo una giurisprudenza costante, la formulazione di una disposizione del diritto dell’Unione usata in una delle versioni linguistiche non può fungere da unico fondamento per l’interpretazione di tale disposizione ovvero vedersi riconosciuta priorità rispetto alle altre versioni linguistiche (sentenza del 15 aprile 2021, The North of England P & I Association, C‑786/19, EU:C:2021:276, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

45      Nel caso di specie, il termine «detenzione» o il termine vicino e ampiamente intercambiabile «pena detentiva» è impiegato nella maggior parte delle versioni linguistiche di tale disposizione. Lo stesso vale per talune versioni linguistiche quali quelle in lingua spagnola, ceca, danese, inglese, francese, maltese, neerlandese, rumena, slovacca e finlandese.

46      Per contro, altre versioni linguistiche, chiaramente minoritarie, come quelle in lingua italiana, portoghese o svedese, utilizzano termini più ampi che denotano, rispettivamente, una detenzione, un trattenimento o il fatto di essere privati della propria libertà, senza che tali termini suggeriscano un nesso con un «carcere» o con una «pena detentiva».

47      Quanto al termine «Inhaftierung», utilizzato nella versione in lingua tedesca, il governo austriaco sostiene che esso comprende, nel linguaggio corrente, in particolare, la «privazione della libertà» e non può pertanto essere circoscritto a una pena detentiva disposta da un giudice nell’ambito di un procedimento penale, mentre il governo tedesco ritiene che tale nozione possa essere intesa in questo senso più limitato.

48      Sempre secondo un’interpretazione letterale dell’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III, dal significato comune del termine «detenzione» o «pena detentiva» che, come constatato al punto 45 della presente sentenza, deriva dalla grande maggioranza delle versioni linguistiche di tale disposizione, risulta che esso significa, essenzialmente, una pena privativa della libertà inflitta nell’ambito di un procedimento penale a causa della commissione di un reato di cui la persona interessata è responsabile o di cui è sospettata.

49      Più precisamente, nella sua accezione abituale, tale termine si riferisce a una pena privativa della libertà che deve, come regola generale, essere scontata in un carcere e che è inflitta da un giudice qualora quest’ultimo ritenga, in esito a un procedimento penale, che una persona possa essere considerata colpevole di un reato. Inoltre, secondo il suo significato abituale, questo stesso termine comprende anche la custodia cautelare di una persona sospettata di aver commesso un reato, disposta, in linea di principio, con una decisione giudiziaria nell’ambito di un procedimento penale.

50      Orbene, alla luce di tale significato comune, il ricovero coatto di una persona in un reparto psichiatrico ospedaliero, autorizzato da un tribunale per il motivo che quest’ultima soffre di una patologia psichica che la rende particolarmente pericolosa per sé stessa o per la società, non può essere qualificato come «detenzione», ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III.

51      A tale riguardo, occorre constatare che un ricovero coatto ai sensi dell’UbG interviene senza che la persona interessata sia stata condannata per aver commesso un reato o senza che sia sospettata di aver commesso un siffatto reato.

52      Detto ricovero differisce pertanto sostanzialmente dal ricovero psichiatrico di una persona ordinato per il fatto che quest’ultima ha commesso un reato per il quale non può tuttavia essere considerata penalmente responsabile a causa di una patologia psichica di cui soffriva all’epoca dei fatti che le sono addebitati.

53      In secondo luogo, il contesto in cui si inserisce l’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III e gli obiettivi perseguiti da tale regolamento non ostano all’interpretazione secondo la quale la nozione di «detenzione», ai sensi di tale disposizione, comprende soltanto la privazione della libertà imposta con decisione giudiziaria nell’ambito di un procedimento penale a causa di un reato di cui il richiedente asilo è ritenuto responsabile o per il quale quest’ultimo è sospettato di essere responsabile.

54      A tale riguardo, occorre ricordare che l’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III consente, a titolo eccezionale, la proroga del termine di trasferimento di sei mesi fissato all’articolo 29, paragrafo 1 e paragrafo 2, prima frase, di tale regolamento, in modo da tener conto del fatto che è materialmente impossibile per lo Stato membro richiedente procedere al trasferimento dell’interessato a causa della detenzione o della fuga di quest’ultimo (sentenza del 19 marzo 2019, Jawo, C‑163/17, EU:C:2019:218, punto 60).

55      Orbene, un’interpretazione estensiva della nozione di «detenzione», ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III, tale da includere tutte le misure privative della libertà, comprese quelle che non sono imposte nell’ambito di un procedimento penale a causa di un reato commesso dalla persona interessata o che quest’ultima è sospettata di aver commesso, non terrebbe conto del carattere eccezionale, sottolineato dalla Corte, di una siffatta proroga.

56      Infatti, l’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III, dal momento che prevede un’eccezione, in due ipotesi specifiche, alla regola generale contenuta nell’articolo 29, paragrafo 1 e paragrafo 2, prima frase, di tale regolamento, deve, secondo un principio sancito da una giurisprudenza costante della Corte, essere interpretato restrittivamente [v., segnatamente, sentenza del 20 maggio 2021, X (Veicoli cisterna di GPL), C‑120/19, EU:C:2021:398, punto 50].

57      Inoltre, è vero che, ai punti 61 e 62 della sentenza del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218), la Corte ha escluso che la nozione di «fuga», ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III, debba essere interpretata nel senso che essa richiede la prova dell’intenzione dell’interessato di sottrarsi alle autorità nazionali competenti al fine di evitare il rischio che tali autorità incontrino eventuali notevoli difficoltà o non possano garantire l’effettivo funzionamento del sistema di Dublino e il raggiungimento degli obiettivi di quest’ultimo.

58      Per contro, un’interpretazione della nozione di «detenzione», ai sensi della medesima disposizione, limitata alle privazioni di libertà imposte da decisioni giudiziarie nell’ambito di procedimenti penali, ad esclusione di altri tipi di misure privative della libertà, non comporta un rischio simile.

59      Infatti, tale interpretazione richiede soltanto una semplice verifica di fatto dell’esistenza di una decisione giudiziaria privativa della libertà, adottata nell’ambito di un procedimento penale, nei confronti di una persona che ha commesso un reato, o che è sospettata di aver commesso un reato.

60      Una verifica di tale natura non implica difficoltà pratiche particolari che possano ostacolare l’effettivo funzionamento del sistema di Dublino e il raggiungimento degli obiettivi di quest’ultimo.

61      Tale interpretazione non è quindi neanche in contrasto con l’obiettivo di celerità perseguito, ai sensi dei suoi considerando 4 e 5, dal regolamento Dublino III (sentenza del 19 marzo 2019, Jawo, C‑163/17, EU:C:2019:218, punti 58 e 59).

62      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che la nozione di «detenzione», di cui a tale disposizione, non è applicabile al ricovero coatto di un richiedente asilo in un reparto psichiatrico ospedaliero, autorizzato con una decisione giudiziaria per il motivo che tale persona, a causa di una patologia psichica, costituisce un serio pericolo per sé stessa o per la società.

 Sulla seconda questione

63      La seconda questione è stata sollevata dal giudice del rinvio nell’ipotesi di una risposta affermativa alla prima questione. Orbene, dal punto 62 della presente sentenza risulta che ad essa è stata fornita una risposta negativa. Non occorre, pertanto, rispondere alla seconda questione.

 Sulle spese

64      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

L’articolo 29, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «detenzione», di cui a tale disposizione, non è applicabile al ricovero coatto di un richiedente asilo in un reparto psichiatrico ospedaliero, autorizzato con una decisione giudiziaria per il motivo che tale persona, a causa di una patologia psichica, costituisce un serio pericolo per sé stessa o per la società.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.