Language of document : ECLI:EU:T:2003:277

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

21 ottobre 2003 (1)

«Direttiva 70/524/CEE - Autorizzazione comunitaria, associata al responsabile dell'immissione in circolazione, di un additivo nell'alimentazione degli animali - Regime transitorio - Revoca dell'autorizzazione - Ricorso di annullamento - Ricevibilità - Presupposti per la revoca - Principio di precauzione - Principi di parità di trattamento, di certezza del diritto, di buona amministrazione e di buona fede»

Nella causa T-392/02,

Solvay Pharmaceuticals BV, con sede in Weesp (Paesi Bassi), rappresentata dai sigg. C. Meijer, F. Herbert e M.L. Struys, avocats, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dalla sig.ra M. Balta e dal sig. F.P. Ruggeri Laderchi, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. A. Bordes, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

avente ad oggetto la domanda di annullamento del regolamento (CE) del Consiglio 23 settembre 2002, n. 1756, che modifica la direttiva 70/524/CEE del Consiglio relativa agli additivi nell'alimentazione degli animali per quanto riguarda la revoca dell'autorizzazione di un additivo, e il regolamento (CE) n. 2430/1999 della Commissione (GU L 265, pag. 1),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. N.J. Forwood, presidente, J. Pirrung e A.W.H. Meij, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 17 luglio 2003,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto normativo

Regime comunitario degli additivi nell'alimentazione degli animali

Presentazione generale

1.
    La direttiva del Consiglio 23 novembre 1970, 70/524/CEE, relativa agli additivi nell'alimentazione degli animali (GU L 270, pag. 1), stabilisce il regime comunitario applicabile all'autorizzazione e alla revoca dell'autorizzazione degli additivi nell'alimentazione degli animali.

2.
    Il settimo ‘considerando’ di tale direttiva enuncia che «in una prima fase alcune sostanze puramente medicamentose, come i coccidiostatici, devono essere considerate additivi dal punto di vista dell'alimentazione degli animali, poiché finora quasi tutti gli Stati membri le hanno utilizzate nel quadro di una profilassi collettiva soprattutto nell'avicoltura; che esse saranno comunque nuovamente esaminate qualora sia elaborata una direttiva riguardante gli alimenti medicamentosi».

3.
    La direttiva 70/524 è stata emendata ed integrata in più occasioni. In particolare, è stata modificata in modo sostanziale dalla direttiva del Consiglio 29 novembre 1984, 84/587/CEE (GU L 319, pag. 13), e dalla direttiva del Consiglio 23 luglio 1996, 96/51/CE (GU L 235, pag. 39), ed è stata integrata dalle decisioni citate infra ai punti 22 e 23.

4.
    La direttiva 96/51 è entrata in vigore il 7 ottobre 1996, in conformità dell'art. 254, n. 2, CE, istituendo un nuovo regime di autorizzazione e di revoca di autorizzazione degli additivi nell'alimentazione degli animali (in prosieguo: il «nuovo regime» o il «regime istituito dalla direttiva 96/51»), che ha sostituito il regime fino ad allora applicabile (in prosieguo: il «regime iniziale»). Questo nuovo regime è entrato in vigore il 1° ottobre 1999, alla fine di un periodo transitorio previsto dalla detta direttiva in relazione a taluni additivi.

Regime iniziale

5.
    L'art. 3, n. 1, della direttiva 70/524, abrogato dalla direttiva 96/51, stabiliva che «[g]li Stati membri prescrivono che nell'ambito dell'alimentazione animale soltanto gli additivi elencati nell'allegato I che soddisfano alle disposizioni della presente direttiva possono essere commercializzati e che possono essere contenuti negli alimenti per animali soltanto alle condizioni previste in questo allegato».

6.
    Il 16 febbraio 1987 il Consiglio ha adottato la direttiva 87/153/CEE, che fissa le linee direttrici per la valutazione degli additivi nell'alimentazione degli animali (GU L 64, pag. 19), modificata da ultimo dalla direttiva della Commissione 17 settembre 2001, 2001/79/CE (GU L 267, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 87/153»), al fine di ottenere che i fascicoli a corredo delle domande d'iscrizione fossero istruiti secondo linee direttrici comuni che definissero in particolare gli studi necessari per valutare l'efficacia e la sicurezza delle sostanze interessate per l'uomo, gli animali e l'ambiente.

7.
    Nell'ambito del regime iniziale, la direttiva della Commissione 19 novembre 1982, 82/822/CEE, che modifica gli allegati della direttiva 70/524 (GU L 347, pag. 16), ha autorizzato, in via provvisoria, come additivo alimentare, la sostanza nifursolo, un coccidiostatico della famiglia dei nitrofurani. La direttiva della Commissione 21 dicembre 1988, 89/23/CEE, che modifica gli allegati della direttiva 70/524 (GU 1989, L 11, pag. 34), ha iscritto in via definitiva il nifursolo nel vecchio allegato I della direttiva 70/524. Tale allegato è stato soppresso a partire dal 1° aprile 1998, in conformità dell'art. 1, n. 19, della direttiva 96/51.

Regime istituito dalla direttiva 96/51

- Autorizzazione comunitaria degli additivi

8.
    Nell'ambito del nuovo regime, definito dalla direttiva 70/524, come modificata dalla direttiva 96/51 (in prosieguo: la «direttiva 70/524»), l'art. 3 della direttiva 70/524 prevede che possano essere immessi in circolazione solo gli additivi oggetto di un'autorizzazione comunitaria accordata mediante regolamento della Commissione.

9.
    Ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva 70/524, ai fini della concessione di tale autorizzazione, il richiedente sceglie uno Stato membro quale relatore, in occasione della procedura d'esame, del fascicolo da lui costituito conformemente alle disposizioni della direttiva 87/153.

10.
    L'art. 3 A della direttiva 70/524 definisce le condizioni per la concessione dell'autorizzazione comunitaria di un additivo.

11.
    Ai sensi del terzo ‘considerando’ della direttiva 96/51, è parso necessario distinguere, nell'ambito del nuovo regime, gli «additivi utilizzati ordinariamente e senza rischi particolari per la fabbricazione dei mangimi» da quelli «ad alta tecnologia di composizione estremamente precisa, che pertanto devono essere oggetto di un'autorizzazione di immissione in circolazione associata [a un responsabile di quest'ultima], al fine di evitare esemplari più o meno conformi e quindi più o meno sicuri».

12.
    Tale distinzione è stata operata dall'art. 2 della direttiva 70/524, con la precisazione che gli additivi oggetto di un'autorizzazione associata al responsabile della loro immissione in circolazione sono all'allegato C, parte I. Risulta da tale allegato che tutti gli additivi appartenenti al gruppo degli antibiotici, al gruppo dei coccidiostatici e altre sostanze medicamentose, nonché al gruppo dei promotori di crescita sono soggetti a tale autorizzazione.

13.
    L'art. 2, lett. l), della direttiva 70/524 definisce il «responsabile dell'immissione in circolazione» come la «persona fisica o giuridica che si assume la responsabilità della conformità dell'additivo che ha formato oggetto di autorizzazione comunitaria e della relativa immissione in circolazione».

- Regime transitorio

14.
    Per gli additivi autorizzati nell'ambito del regime iniziale e per i quali la direttiva 96/51 associa ormai l'autorizzazione al responsabile dell'immissione in circolazione, gli artt. 9 G, 9 H e 9 I della direttiva 70/524, introdotti dalla direttiva 96/51, istituiscono procedure transitorie.

15.
    L'art. 9 H, n. 1, della direttiva 70/524 autorizza provvisoriamente, a decorrere dal 1° aprile 1998, e trasferisce nell'allegato B, capitolo II, aggiunto dall'art. 1, n. 20, della direttiva 96/51, additivi come il nifursolo, che sono stati iscritti, nell'ambito del regime iniziale, nell'allegato I della direttiva dopo il 31 dicembre 1987 (v. sopra, punto 7). Tali additivi devono essere oggetto di una domanda di autorizzazione entro il 1° ottobre 1998, secondo la procedura prevista dall'art. 9 H, nn. 2 e 3.

16.
    Ai sensi dell'art. 9 H, n. 2, della direttiva 70/524, la nuova domanda di autorizzazione dev'essere corredata di una «monografia» e di una «scheda segnaletica» - redatte secondo le direttive di cui all'allegato della direttiva 87/153 - conformi al fascicolo sulla cui base è stata accordata l'autorizzazione nel regime iniziale.

17.
    L'art. 9 H, n. 3, della direttiva 70/524 prevede la revoca o la sostituzione dell'autorizzazione provvisoria, mediante regolamento adottato in conformità alla procedura del comitato di regolamentazione disciplinato dall'art. 23 della detta direttiva (v. infra, punto 21). Ai sensi dell'art. 9 H, n. 3, lett. a), l'autorizzazione è revocata «se i documenti richiesti al paragrafo 2 non sono stati trasmessi entro il termine fissato o se, in seguito a verifica dei documenti, è accertato che la monografia o la scheda segnaletica non sono conformi ai dati del fascicolo in base al quale è stata concessa l'autorizzazione iniziale». Se non si verifica nessuna delle due ipotesi di revoca descritte, l'art. 9 H, n. 3, lett. b), della direttiva 70/524 prevede la sostituzione delle autorizzazioni provvisorie di cui al n. 1 con «autorizzazioni associate al responsabile della loro immissione in circolazione accordate per dieci anni mediante regolamento che entra in vigore non oltre il 1° ottobre 1999» e la conseguente iscrizione degli additivi in parola nel capitolo I dell'elenco degli additivi autorizzati pubblicato ogni anno nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, in conformità dell'art. 9 T, lett. b), della direttiva 70/524.

18.
    In applicazione dell'art. 9 H della direttiva 70/524, l'art. 1 del regolamento (CE) della Commissione 16 novembre 1999, n. 2430, che associa l'autorizzazione di taluni additivi appartenenti al gruppo «Coccidiostatici ed altre sostanze medicamentose» nell'alimentazione degli animali alle persone responsabili della loro immissione in circolazione (GU L 296, pag. 3), sostituisce le autorizzazioni provvisorie degli additivi iscritti nell'allegato I, tra i quali l'E 769 Nifursol, con autorizzazioni accordate al responsabile dell'immissione in circolazione fino al 30 settembre 2009.

- Revoca dell'autorizzazione degli additivi

19.
    Nel contesto del nuovo regime, l'art. 9 M della direttiva 70/524 stabilisce le condizioni di revoca dell'autorizzazione di un additivo.

20.
    Ai sensi dell'art. 9 R della direttiva 70/524, la revoca dell'autorizzazione di un additivo è soggetta alla procedura del comitato di regolamentazione disciplinato dall'art. 23 della detta direttiva.

21.
    L'art. 23 della direttiva 70/524, come modificato dalla direttiva 84/587 e, in ultimo luogo, dall'allegato I dell'Atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l'Unione europea (GU 1994, C 241, pag. 21), come modificato dalla decisione del Consiglio dell'Unione europea 1° gennaio 1995, 95/1/CE, Euratom, CECA, recante adattamento degli Atti relativi all'adesione di nuovi Stati membri all'Unione (GU L 1, pag. 1), dispone quanto segue:

«(...)

2.    Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato [permanente degli alimenti per animali] un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame (...).

3.    La Commissione adotta le misure e ne assicura l'immediata applicazione, se sono conformi al parere del comitato. Se non sono conformi al parere del comitato o in mancanza di un parere, la Commissione presenta senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare. Il Consiglio adotta dette misure a maggioranza qualificata.

(...)».

- Comitato permanente degli alimenti per animali e comitato scientifico per l'alimentazione animale

22.
    Il comitato permanente degli alimenti per animali (in prosieguo: il «comitato permanente»), al quale fa riferimento l'art. 23 della direttiva 70/524, è stato creato con decisione del Consiglio 20 luglio 1970, 70/372/CEE (GU L 170, pag. 1).

23.
    Con decisione 24 settembre 1976, 76/791/CEE, relativa all'istituzione di un comitato scientifico per l'alimentazione animale (GU L 279, pag. 35), sostituita dalla decisione della Commissione 23 luglio 1997, 97/579/CE, che istituisce i comitati scientifici nel settore della salute dei consumatori e della sicurezza dei generi alimentari (GU L 237, pag. 18), la Commissione si è fatta affiancare da un comitato scientifico per l'alimentazione animale («Scientific Committee for Animal Nutrition»; in prosieguo: lo «SCAN»).

24.
    Ai sensi dell'art. 8, n. 1, della direttiva 70/524, lo SCAN «è incaricato, su richiesta della Commissione, di assisterla per tutte le questioni scientifiche relative agli additivi impiegati nell'alimentazione degli animali». Ai sensi dell'art. 8, n. 2, su richiesta della Commissione lo Stato membro relatore provvede affinché tutto il fascicolo di cui all'art. 4 o parte dello stesso venga trasmesso ufficialmente ai membri dello SCAN.

Regime comunitario dei medicinali veterinari

25.
    Ai sensi dell'art. 5 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 giugno 1990, n. 2377, che definisce una procedura comunitaria per la determinazione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale (GU L 224, pag. 1), nel caso in cui non si possa stabilire un limite massimo di residui per una sostanza farmacologicamente attiva impiegata in medicinali veterinari, a causa del fatto che i residui della stessa in alimenti di origine animale costituiscono un rischio per la salute del consumatore indipendentemente dal limite fissato, la sostanza di cui trattasi viene inclusa in un elenco che forma oggetto dell'allegato IV.

26.
    Ai sensi del regolamento (CEE) del Consiglio 18 ottobre 1993, n. 2901, che modifica gli allegati I, II, III e IV del regolamento n. 2377/90 (GU L 264, pag. 1), i nitrofurani (tranne il furazolidone) sono stati iscritti nell'allegato IV del regolamento n. 2377/90. In conseguenza di tale iscrizione è vietato somministrare i detti nitrofurani quali medicinali veterinari agli animali da produzione alimentare. Il regolamento (CE) della Commissione 26 giugno 1995, n. 1442, che modifica gli allegati I, II, III e IV del regolamento n. 2377/90 (GU L 143, pag. 26), ha esteso tale divieto al furazolidone.

Fatti e procedimento

Fatti all'origine della controversia

Statuto di additivo del nifursolo

27.
    Il nifursolo è un additivo impiegato nell'alimentazione animale, prodotto dalla Solvay Pharmaceuticals BV (in prosieguo: la «ricorrente»), per prevenire l'insorgere di una parassitosi, l'istomoniasi [«blackhead» («malattia della testa nera»)], nei tacchini.

28.
    Il nifursolo appartiene al gruppo dei nitrofurani, sostanze medicamentose della classe dei coccidiostatici, trattati dal punto di vista dell'alimentazione degli animali come additivi nella direttiva 70/524, in attesa dell'elaborazione di una direttiva sugli alimenti medicamentosi, come emerge dal settimo ‘considerando’ della direttiva 70/524 (v. punto 2 supra). Come rilevato dal Consiglio, il legislatore comunitario ha ritenuto opportuno, infatti, a titolo provvisorio, trattare queste sostanze come additivi, poiché la regolamentazione relativa all'alimentazione animale era più armonizzata di quella relativa ai medicinali.

29.
    E' pacifico tra le parti che il nifursolo non è mai stato oggetto di una domanda di autorizzazione in quanto medicinale veterinario all'interno della Comunità.

Autorizzazione iniziale del nifursolo come additivo

30.
    Nel 1982 il nifursolo è stato provvisoriamente autorizzato come additivo alimentare per gli animali. Nel 1988, in seguito ad una valutazione di tale sostanza sulla base di un fascicolo istruito in conformità della direttiva 87/153, il nifursolo è stato definitivamente autorizzato e iscritto nell'ex allegato I della direttiva 70/524 (v. punti 6 e 7 supra).

Divieto dei nitrofurani come medicinali veterinari

31.
    Nel 1995 è stata vietata la somministrazione di tutti i nitrofurani come medicinali veterinari (v. punto 26 supra).

32.
    Dal preambolo del parere dello SCAN dell'11 ottobre 2001 (v. punto 46 infra) risulta che tale divieto è stato enunciato in seguito all'esame, effettuato dal «comitato per i medicinali veterinari» dell'Agenzia europea di valutazione dei medicinali, di quattro sostanze («nitrofurazone», «nitrofurantoina», «furaltadone» e «furazolidone») appartenenti al gruppo dei nitrofurani, nel corso del periodo 1990-1995. Tale comitato aveva ritenuto che due di queste sostanze (il «furazolidone» e il «nitrofurazone») presentassero rischi di genotossicità e cancerogenicità, e che l'innocuità delle altre due sostanze non potesse essere valutata per l'insufficienza dei dati tossicologici disponibili. Il nifursolo non è stato esaminato dal comitato per i medicinali veterinari.

Nuova autorizzazione del nifursolo come additivo, in applicazione delle disposizioni transitorie della direttiva 96/51 e revoca di tale autorizzazione ad opera del regolamento impugnato

33.
    Dai documenti del fascicolo emerge che la procedura di riesame del nifursolo, conclusasi con la revoca dell'autorizzazione di tale sostanza ad opera del regolamento impugnato, è stata attivata nel corso della procedura di concessione di una nuova autorizzazione della stessa sostanza prevista dal regime transitorio istituito dalla direttiva 96/51 (v. punti 15-18 supra).

34.
    Infatti, il Veterinary Medicines Directorate del Regno Unito (in prosieguo: la «VMD»), nella lettera 20 luglio 1998 alla ricorrente, fa riferimento, in quanto autorità designata dallo Stato membro relatore, alla nuova domanda di autorizzazione relativa al nifursolo presentatale dalla ricorrente nel maggio 1998 perché venisse trasmessa alla Commissione prima del 1° ottobre 1998, come previsto dall'art. 9 H, n. 2, della direttiva 70/524. In tale lettera, la VMD, pur sottolineando che il nifursolo non sarebbe stato soggetto ad una procedura di riesame al fine del mantenimento della sua autorizzazione in virtù delle nuove disposizioni introdotte dalla direttiva 96/51, informa la ricorrente in merito alla decisione della Commissione di riesaminare la parte del fascicolo relativa al nifursolo per quanto riguardava la sicurezza, senza richiedere studi complementari. Interrogata in occasione di una riunione del comitato permanente (v. punto 22 supra) dalla VMD e dalla Germania, che dubitavano della fondatezza giuridica di un tale riesame, la Commissione, rilevando che il nifursolo apparteneva al gruppo chimico dei nitrofurani, si era richiamata, in sostanza, alle esigenze di coerenza tra la regolamentazione relativa ai medicinali e quella relativa agli additivi, a seguito del divieto dei nitrofurani come medicinali veterinari destinati agli animali produttori di alimenti. Peraltro, sempre in quella riunione aveva indicato di voler ottenere dalla ricorrente un riassunto dalla parte del fascicolo relativa alla sicurezza nonché pareri di esperti sulle differenze esistenti in materia di tossicità tra il nifursolo e gli altri nitrofurani, in particolare il furazolidone. A questo proposito, la VMD menziona la necessità di esaminare la relazione del comitato per i medicinali veterinari su tali sostanze (v. 32 supra), per verificare se sia utile ai fini di tale controllo.

35.
    Facendo seguito ad una lettera della ricorrente datata 10 settembre 1998, con cui quest'ultima, riferendosi a vari rapporti e dati già disponibili, chiedeva se questi fossero sufficienti affinché la Commissione potesse pronunciarsi sull'innocuità del nifursolo, la VMD replicava alla ricorrente, con lettera 23 settembre 1998, che, secondo i servizi della Commissione, «gli aspetti relativi alla genotossicità e alla mutagenicità erano stati trattati in maniera adeguata», ma che occorreva «verificare nuovamente la sicurezza del nifursolo concentrandosi sugli aspetti relativi alla cancerogenicità e sulle differenze di tossicità tra il nifursolo e gli altri nitrofurani, in particolare il furazolidone».

36.
    Il 24 dicembre 1998 la ricorrente inviava alla VMD un fascicolo integrativo contenente in particolare un rapporto che riesaminava la questione della cancerogenicità.

37.
    Con lettera 28 gennaio 1999 la VMD informava la ricorrente che la Commissione era soddisfatta del fascicolo integrativo sull'innocuità del nifursolo e le chiedeva di inviarne copie ai membri dello SCAN e del comitato permanente.

38.
    La VMD informava la ricorrente, con lettera 3 agosto 1999, che era appena stato istituito un gruppo di lavoro dello SCAN con l'incarico di esaminare il fascicolo.

39.
    Il 16 novembre 1999, in applicazione dell'art. 9 H della direttiva 70/524, il regolamento n. 2430/1999 sostituiva l'autorizzazione provvisoria del nifursolo mediante un'autorizzazione associata al responsabile dell'immissione in commercio di tale sostanza, la ricorrente, valida fino al 30 settembre 2009 (v. punti 15 e 18 supra).

40.
    In seguito a quesiti posti dalla Svezia, dalla Spagna e dalla Finlandia, la VMD comunicava alla ricorrente, con lettera 9 febbraio 2000 alla quale allegava le osservazioni della Svezia, che la Commissione suggeriva che la ricorrente, dopo aver ricevuto il parere dello SCAN, proponesse un programma di studi complementari sull'innocuità del nifursolo al fine di risolvere tale questione.

41.
    Con lettera 22 maggio 2000, la VMD trasmetteva alla ricorrente il rapporto di valutazione stilato da tale autorità su domanda della Commissione sulla base dei dati forniti dalla ricorrente. Il detto rapporto, redatto da un esperto poi divenuto membro del gruppo di lavoro dello SCAN sopra citato, non veniva comunicato alla Commissione dalla VMD, in quanto quest'ultima riteneva opportuno evitare la distribuzione di tale rapporto agli altri esperti dello SCAN incaricati del riesame del nifursolo, per non influenzare la loro valutazione. Secondo le conclusioni di tale rapporto (pagg. 11 e 12), è provato che alcuni nitrofurani sono genotossici e si suppone che tale rischio sia associato alla presenza nella molecola di un «gruppo 5-nitro» (ciclo furanico avente un atomo di azoto in posizione 5; «This property is thought to be associated with the presence in the molecule of a furan ring with a nitrogen atom at the 5-position»). Dato che il nifursolo presenta questa struttura molecolare, si sospetta, secondo la VMD, che presenti anch'esso un rischio di genotossicità.

42.
    Nel citato rapporto, la VMD ritiene che i dati tossicologici disponibili a proposito del nifursolo siano incompleti. Infatti, non vi sarebbero studi sulla tossicità dello sviluppo («studies of developmental toxicity») e i dati farmacocinetici sarebbero incompleti. Quanto al rischio di mutagenicità, la VMD sottolinea che i risultati delle prove in vitro non erano chiari ed anzi suscitavano inquietudini in relazione all'esistenza di un rischio simile. I risultati negativi di studi in vivo sul midollo osseo (test del micronucleo e test di citogenetica) e sul fegato [test UDS (sintesi di Dna non programmata)] avrebbero lasciato pensare che il nifursolo non fosse genotossico dopo un passaggio nel fegato. Tuttavia, il risultato positivo del test UDS sull'intestino e del test di collegamento al Dna avrebbe suggerito una possibile genotossicità del nifursolo. Sarebbe stata avanzata l'ipotesi che il risultato positivo del test UDS sull'intestino potesse risultare da un'irritazione ma, secondo la VMD, la possibilità che il nifursolo potesse essere sia irritante sia genotossico non poteva essere esclusa. Le osservazioni effettuate in occasione dei test di mutagenicità concorderebbero con l'ipotesi secondo cui il nifursolo sarebbe un agente genotossico ad azione diretta soggetto a un metabolismo rapido ed estensivo. Sarebbero necessari studi supplementari per confermare o smentire tale ipotesi. In attesa di ciò, sarebbe prudente considerare che il nifursolo presenta rischi potenziali di genotossicità e di cancerogenicità.

43.
    Peraltro, la VMD sottolinea che è possibile dimostrare che il rischio per i consumatori è minimo mostrando l'assenza di residui rilevabili di nifursolo e dei suoi metaboliti del gruppo dei nitrofurani negli alimenti provenienti da animali trattati con tale sostanza. A questo proposito, suggerisce che la ricorrente fornisca, conformemente al capitolo IV, n. 1.3, della direttiva 87/153, un certo numero di dati e di studi precisi.

44.
    La VMD conclude che, sulla base dei dati a disposizione, la somministrazione del nifursolo agli animali dovrebbe essere vietata. Essa indica le informazioni complementari richieste:

-    rapporti esaustivi su tutti gli studi esistenti;

-    studi di tossicità dello sviluppo;

-    dati farmacocinetici sulla velocità e la portata del metabolismo;

-    studi di cancerogenicità per via orale di buona qualità;

-    studi complementari di mutagenicità;

-    informazioni sui residui rilevati negli alimenti mediante il metodo analitico utilizzato nello studio di eliminazione dei residui (sono stati rilevati tutti i residui potenzialmente genotossici?).

45.
    A seguito di tale rapporto, che segnalava un certo numero di punti che richiedevano la produzione di dati complementari o nuovi, la ricorrente inviava alla VMD, il 27 giugno 2000, diversi studi dei quali trasmetteva copia altresì allo SCAN il 28 settembre 2000.

46.
    L'11 ottobre 2001 lo SCAN adottava un parere sul nifursolo. Per quanto riguarda, prima di tutto, la mutagenicità e la genotossicità, lo SCAN constata quanto segue:

«I risultati degli studi di mutagenicità in vivo che hanno utilizzato il midollo osseo come tessuto di riferimento (test di citogenicità e test del micronucleo) sono stati chiaramente negativi. Nessuno degli studi in vivo che hanno utilizzato altri tessuti di riferimento ha dato risultati negativi convincenti, anche se il risultato negativo di un test biologico di cancerogenicità limitata è in qualche modo rassicurante. Solo la fornitura di risultati rassicuranti provenienti da nuovi studi di mutagenicità in vivo che utilizzassero due tessuti di riferimento diversi potrebbe dissipare le inquietudini generate dalle allerte strutturali e dai risultati positivi di alcuni test in vitro. Generalmente, un test UDS in vivo sul fegato in cui si impieghi una dose massima di almeno 2000 mg/kg di peso corporeo dovrebbe essere considerato come studio supplementare utile, ma, dati i risultati negativi dello studio UDS in vitro sugli epatociti, il valore di un tale studio è dubbio. Uno dei test più recenti su tessuti multipli, come il test di Comet in vivo, che esamina diversi tessuti di riferimento, tra cui lo stomaco, l'intestino e il fegato, potrebbe fornire risultati più pertinenti» («One of the newer multi-tissue assays such as the in vivo comet essay, looking at several tissues including the stomach, intestines and liver might give some relevant results») (punto 4.2.6 del parere). In secondo luogo, in relazione alla cancerogenicità, lo SCAN constata che i dati disponibili non danno indicazioni chiare sulla tumorigenicità derivante dal nifursolo. Ritiene tuttavia che tali risultati debbano essere considerati provvisori, in ragione delle lacune nella struttura dello studio e della mancanza di dettagli sull'istopatologia, in particolare di dati relativi ai tumori degli animali singoli (punto 5 del parere). In terzo luogo, esaminando la sicurezza del nifursolo per il consumatore (punto 6 del parere), lo SCAN fa osservare innanzitutto, per quanto riguarda il metabolismo e i residui di nifursolo nel tacchino, che gli studi forniti hanno consentito di identificare due “vie metaboliche“ distinte, ma che non si è proceduto ad un'identificazione di residui tissutali né ad un'indagine sull'assorbimento, la distribuzione e l'escrezione del nifursolo (punto 6.1). Ne conclude che, sulla base degli studi di mutagenicità, genotossicità e cancerogenicità forniti dalla ricorrente, e in ragione soprattutto dell'assenza di dati disponibili sulla tossicità dello sviluppo e del fatto che solo una via metabolica è comune al tacchino e al ratto, non è possibile fissare una dose giornaliera accettabile per i consumatori (cioè un livello di assorbimento, da parte dell'essere umano, di residui della detta sostanza nei prodotti alimentari che potrebbe essere considerato sicuro; in prosieguo: la “DGA“) (punto 6.3 del parere). Lo SCAN ne deduce che, non potendo stabilire né la DGA né l'esposizione umana ai residui di nifursolo (compresi i metaboliti), l'innocuità del nifursolo non può essere assicurata (punto 7 del parere)».

47.
    Il 22 novembre 2001 la Commissione, durante una riunione con i rappresentanti della ricorrente, partecipava a quest'ultima la sua intenzione, alla luce del parere dello SCAN, di revocare l'autorizzazione d'immissione sul mercato del nifursolo.

48.
    Con lettere 3 dicembre 2001 e 15 gennaio 2002 alla Commissione, la ricorrente confermava di avere dato avvio a nuovi studi, che sarebbero dovuti terminare prima del 1° gennaio 2003, per colmare le lacune del suo fascicolo. Ricordava di avere sottoposto alla detta istituzione, in occasione della riunione summenzionata del 22 novembre 2001, un protocollo redatto nell'agosto 2001 dalla TNO Pharma (dipartimento farmaceutico dell'organizzazione olandese per la ricerca scientifica applicata), al fine di quantificare i residui di nifursolo presenti nella carne di tacchino. Essa trasmetteva altresì taluni documenti relativi al profilo tossicologico e al rischio di cancerogenicità presentato dal nifursolo. Infine, sottolineava che la revoca dell'autorizzazione del nifursolo avrebbe privato il settore dell'allevamento del tacchino dell'ultimo mezzo di controllo dell'istomoniasi, poiché i prodotti veterinari destinati controllare tale malattia erano stati ritirati dal mercato già da tempo.

49.
    Parallelamente, la Commissione procedeva a consultazioni, presso le amministrazioni degli Stati membri e delle imprese interessate, al fine di valutare l'impatto sanitario e socioeconomico di un'eventuale revoca del nifursolo dal mercato. In una lettera di consultazione del 20 dicembre 2001, la Commissione dichiarava che lo SCAN aveva emesso un parere favorevole sul nifursolo. Rilevava che tale parere «indicava chiaramente che il nifursolo presenta rischi di mutagenicità ed è sospettato di cancerogenicità, come gli altri nitrofurani. Inoltre, non è stato possibile fissare una DGA per il consumatore, così che l'innocuità [del nifursolo] non può essere garantita». Tale consultazione verteva sulle probabili conseguenze di una revoca del nifursolo, stante la proibizione del dimetridazolo a partire dal 1° luglio 2002, e sulle alternative possibili, tra cui le «buone pratiche di igiene» attualmente applicate in Svezia.

50.
    L'8 gennaio 2002 la ricorrente veniva informata dal segretariato dello SCAN che, per ottenere una revisione del parere adottato da tale comitato, sarebbe occorso produrre dati scientifici complementari dettagliati che colmassero le lacune identificate dallo SCAN.

51.
    Nelle riunioni del 5 e 6 febbraio 2002, il cui processo verbale veniva approvato nella riunioni del 17 e 18 aprile 2002, lo SCAN concludeva che i dati complementari forniti dalla ricorrente confermavano che non si evidenziavano rischi di cancerogenicità. Tuttavia, permanendo dubbi sulla potenziale genotossicità del nifursolo e mancando studi cinetici sui residui di tale sostanza nella carne di tacchino, lo SCAN riteneva di dover confermare la conclusione secondo cui la sicurezza del nifursolo non era dimostrata.

52.
    Con lettera 8 marzo 2002 al segretariato dello SCAN, la ricorrente ricordava di aver informato la Commissione del fatto che la TNO Pharma aveva già intrapreso nuovi studi relativi ai residui di nifursolo e dei suoi metaboliti nei tessuti del tacchino e di avere l'intenzione di procedere a test di mutagenicità supplementari in vivo. La ricorrente esprimeva il desiderio di mettersi in contatto con un membro del gruppo di lavoro dello SCAN per discutere del protocollo e della pianificazione nel tempo di tali studi. Con lettera 8 aprile 2002, il segretariato dello SCAN rispondeva che non spettava a tale gruppo dare consulenza alle imprese. Secondo la procedura istituita dalla direttiva 70/524, è lo Stato membro relatore a fungere da intermediario tra queste e la Commissione ai fini della presentazione dei fascicoli di autorizzazione. Lo stesso varrebbe per lo SCAN. Inoltre, il coinvolgimento dello SCAN nell'elaborazione dei protocolli di studio lederebbe la sua indipendenza.

53.
    Nel corso delle riunioni del 17 e del 18 aprile, il cui processo verbale veniva approvato nelle riunioni del 18 e del 19 giugno 2002, lo SCAN esaminava uno studio cinetico presentato dalla ricorrente trovandolo solo in parte soddisfacente. Peraltro, per quanto riguarda la prova della mancanza di genotossicità del nifursolo, prendeva in esame la proposta della ricorrente di effettuare un test classico di mutazione genetica in vitro. Benché lo SCAN ammettesse che non esistevano test di mutagenicità in vivo approvati al di fuori dei test sul midollo osseo e dei test UDS sul fegato, riteneva che test in vitro supplementari non consentissero di fugare le inquietudini suscitate dai risultati positivi di determinati test già comunicati. Per confermare la mancanza di mutagenicità in vivo del nifursolo, già dimostrata nel midollo osseo, lo SCAN riafferma la necessità di un adeguato test supplementare in vivo (cioè un test diverso dal test UDS) su un tessuto diverso dal midollo osseo.

54.
    In conformità della procedura prevista dall'art. 23 della direttiva 70/524, la Commissione sottoponeva al comitato permanente, chiedendone il parere, una proposta di regolamento sulla revoca dell'autorizzazione dell'additivo nifursolo.

55.
    Poiché tale proposta non otteneva la maggioranza qualificata in occasione della votazione del comitato permanente alla riunione del 23 maggio 2002, la Commissione presentava al Consiglio, l'8 luglio 2002, una proposta di regolamento di revoca dell'autorizzazione del nifursolo [COM (2002) 367 def.]

56.
    Con lettera del 23 luglio 2002 alla Commissione, la ricorrente ricordava, in particolare, che le sue lettere, in cui s'informava tale istituzione del fatto che i risultati dei test necessari sarebbero stati disponibili alla fine dell'anno, erano rimaste senza riscontro. Essa annunciava che le avrebbe inviato il giorno successivo un riassunto completo di tali test con i documenti di appoggio - ciò che ha fatto, come ha confermato la Commissione in sede di udienza - e chiedeva un termine ragionevole per fornire i risultati di tali test. Con lettera 30 luglio 2002, la Commissione rispondeva in sostanza che, poiché l'innocuità del nifursolo non poteva essere garantita stante l'insufficienza dei dati scientifici forniti, era tenuta a proporre la revoca dell'autorizzazione di tale sostanza. Una volta colmate le lacune della domanda, la ricorrente avrebbe avuto la possibilità di chiedere una nuova autorizzazione secondo la procedura abituale. La Commissione aggiungeva che la ricorrente era stata pienamente informata della politica seguita, in occasione dei contatti con i servizi tecnici della Commissione, in particolare nel corso della riunione del 22 novembre 2001.

57.
    Il 23 settembre 2002 il Consiglio adottava il regolamento (CE) del Consiglio n. 1756/2002, di modifica della direttiva n. 70/524, per quanto riguarda la revoca dell'autorizzazione di un additivo, e il regolamento n. 2430/1999 (GU L 265, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

Regolamento impugnato

58.
    Il regolamento impugnato si basa sulla direttiva 70/524, in particolare sul suo art. 9 M. Il Consiglio si riferisce, nel terzo ‘considerando’, ai pareri del «comitato misto FAO/OMS di esperti sugli additivi alimentari» e del «comitato per i medicinali veterinari» dell'Agenzia europea di valutazione dei medicinali, espressi tra il 1990 e il 1995 in relazione alla «somministrazione di medicinali veterinari del gruppo di sostanze note come nitrofurani agli animali da produzione alimentare». Il Consiglio rileva che, ai sensi di tali pareri, a causa della genotossicità e della cancerogenicità delle dette sostanze è impossibile determinarne una DGA. E' per questa ragione che tutti i nitrofurani sono stati iscritti nell'allegato IV del regolamento n. 2377/90, con la conseguente proibizione in tutta la Comunità di somministrare tali sostanze come medicinali veterinari ad animali da produzione alimentare. Secondo il quarto e il quinto ‘considerando’ del regolamento impugnato, la Commissione ha conseguentemente invitato lo SCAN a procedere ad una nuova valutazione dei rischi del nifursolo. Poiché tale comitato, nel parere dell'11 ottobre 2001, confermato il 18 aprile 2002, concludeva che era impossibile - sulla base degli studi forniti dalla ricorrente e in ragione della mancanza di dati disponibili in materia di tossicità dello sviluppo - determinare una DGA per il nifursolo, il Consiglio ne inferiva - al sesto ‘considerando’ - che «non è possibile (...) garantire che il Nifursol sia esente da rischi per la salute umana». Al settimo e all'ottavo ‘considerando’ precisa che le condizioni stabilite all'art. 3 A, lett. b), della direttiva 70/524 non sono più soddisfatte e che quindi non dev'essere più consentito l'uso del nifursolo come additivo nell'alimentazione degli animali.

59.
    Di conseguenza, l'art. 1 del regolamento impugnato sopprime l'iscrizione del nifursolo all'allegato I del regolamento n. 2430/1999 e all'allegato B, capitolo II, della direttiva 70/524. L'art. 2 del regolamento impugnato dispone che tale soppressione entra in vigore a partire dal 31 marzo 2003.

Procedimento dinanzi al Tribunale

60.
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 dicembre 2002 la ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso ai sensi dell'art. 230, quarto comma, CE diretto, in primo luogo, ad ottenere l'annullamento del regolamento impugnato e la condanna del Consiglio alle spese.

61.
    Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il medesimo giorno, la ricorrente ha domandato ex art. 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale che il suo ricorso d'annullamento fosse deciso con procedimento accelerato. Con osservazioni su tale istanza depositate il 21 gennaio 2003, il Consiglio ne ha chiesto il rigetto.

62.
    Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 gennaio 2003 la Commissione ha chiesto di essere ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

63.
    La Seconda Sezione del Tribunale, alla quale è stata attribuita la causa principale con decisione 22 gennaio 2003, ha respinto l'istanza di procedimento accelerato con decisione 4 febbraio 2003, notificata alle parti il giorno seguente.

64.
    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 marzo 2003 la ricorrente ha presentato una domanda di sospensione dell'esecuzione degli artt. 1 e 2 del regolamento impugnato, nonché una domanda di sospensione cautelare ex art. 105, n. 2, del regolamento di procedura.

65.
    Con ordinanza 17 marzo 2003 del presidente della Seconda Sezione del Tribunale la Commissione è stata ammessa ad intervenire nella causa principale a sostegno delle conclusioni del Consiglio e ha depositato la sua memoria di intervento il 14 maggio 2003.

66.
    Con ordinanza 11 aprile 2003, causa T-392/02 R, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio (Racc. pag. II-0000), il presidente del Tribunale ha respinto la domanda di provvedimenti provvisori fondandosi sulla ponderazione degli interessi in gioco.

67.
    Con lettera protocollata nella cancelleria del Tribunale il 21 maggio 2003, la ricorrente ha rinunciato a depositare la replica. L'11 giugno 2003 ha depositato le proprie osservazioni sulla memoria di intervento.

68.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha aperto la fase orale del procedimento. Nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento, la Commissione è stata invitata a produrre un documento, richiesta cui ha ottemperato.

69.
    Le parti sono state sentite nelle loro deduzioni orali e nelle loro risposte ai quesiti del Tribunale all'udienza svoltasi il 17 luglio 2003. Nel corso di tale udienza, gli esperti che assistevano la ricorrente e la Commissione su richiesta del Tribunale hanno risposto ai quesiti del Tribunale.

Conclusioni delle parti

70.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    annullare il regolamento impugnato;

-    condannare il Consiglio alle spese;

-    in via subordinata, nell'ipotesi in cui il ricorso fosse respinto, condannare il Consiglio alla totalità delle spese, data la denunciata carenza di cooperazione e di trasparenza da parte della Commissione nella gestione del fascicolo.

71.
    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, chiede che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

Sulla ricevibilità

Argomenti delle parti

72.
    La ricorrente sostiene che il suo ricorso è ricevibile. A suo avviso, il regolamento impugnato non è un atto di portata generale, ma una decisione dissimulata adottata contro di lei. Infatti, il regolamento avrebbe lo scopo esclusivo di revocare l'autorizzazione all'immissione sul mercato del nifursolo, quando solo la ricorrente è titolare di tale autorizzazione.

73.
    Inoltre, anche supponendo che il regolamento impugnato abbia una portata generale, secondo la ricorrente esso riveste un carattere decisionale nei suoi confronti, in quanto la riguarda direttamente e individualmente ai sensi dell'art. 230, quarto comma, CE (sentenze del Tribunale 11 settembre 2002, causa T-13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. II-3305, e causa T-70/99, Alpharma/Consiglio, Racc. pag. II-3495).

74.
    Il Consiglio non solleva formalmente un'eccezione di irricevibilità. Tuttavia sottolinea, in primo luogo, che il regolamento impugnato ha una portata generale.

75.
    In secondo luogo, il Consiglio ammette che la situazione della ricorrente presenta alcune analogie con quella dei ricorrenti nelle cause da cui originano le citate sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio e Alpharma/Consiglio. Rileva nondimeno che, in tali sentenze, il Tribunale ha riconosciuto la legittimazione ad agire dei produttori di additivi interessati sulla base dei diritti particolari di cui godevano nell'ambito delle procedure di riesame previste dalle disposizioni transitorie introdotte dalla direttiva 96/51. Ebbene, tale regime transitorio non sarebbe applicabile nella fattispecie.

Giudizio del Tribunale

76.
    La portata generale di un regolamento non esclude che esso possa riguardare direttamente ed individualmente talune persone fisiche o giuridiche, che sono conseguentemente legittimate ad impugnarlo ai sensi dell'art. 230, quarto comma, CE (sentenza della Corte 18 maggio 1994, causa C-309/89, Codorniu/Consiglio, Racc. pag. I-1853, punto 19; citate sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 84, e Alpharma/Consiglio, punto 76).

77.
    Nel caso di specie, la ricorrente è direttamente interessata dal regolamento impugnato. Tale atto, infatti, il quale s'impone direttamente agli operatori interessati senza che sia necessario adottare misure intermedie, ha come effetto di annullare l'autorizzazione a commercializzare tale sostanza di cui beneficiava la ricorrente (v., in questo senso, citate sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 87, e Alpharma/Consiglio, punto 79).

78.
    Quanto al problema di accertare se la ricorrente sia individualmente interessata dal regolamento impugnato, occorre ricordare che una persona fisica o giuridica può sostenere che un atto di portata generale la riguarda individualmente soltanto qualora l'atto controverso incida su di essa a motivo di determinate qualità che le sono peculiari ovvero di una situazione di fatto che la caratterizza rispetto a qualsiasi altro soggetto (sentenza della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 197, in particolare pag. 223, e citate sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 88, e Alpharma/Consiglio, punto 80).

79.
    Nella fattispecie, la ricorrente sostiene giustamente di trovarsi, nella sua veste di responsabile dell'immissione in circolazione del nifursolo a seguito dell'adozione del regolamento n. 2430/1999, in una situazione particolare che la contraddistingue rispetto qualsiasi altro soggetto. Infatti, da un lato, in applicazione dell'art. 2, lett. l), della direttiva 70/524, la ricorrente, in quanto «responsabile dell'immissione in circolazione del nifursolo», si assumeva la responsabilità della conformità dell'additivo in questione e della sua immissione in circolazione (v. punto 13 supra). In tale veste, godeva d'altra parte di determinati diritti procedurali nell'ambito della procedura di riesame del nifursolo, in quanto la Commissione era tenuta ad informarla sulle principali lacune del fascicolo, come dichiarato al punto 186 infra.

80.
    Ne risulta che la ricorrente è stata lesa dalla revoca dell'autorizzazione del nifursolo in ragione di una qualità particolare che la contraddistingue rispetto a qualsiasi altro soggetto.

81.
    Del resto, la conferma che la ricorrente sia contraddistinta rispetto agli altri è data dal fatto che l'art. 1 del regolamento impugnato sopprime l'iscrizione del nifursolo nell'allegato I del regolamento n. 2430/1999 e nell'allegato B, capitolo II, della direttiva 70/524. Infatti, questi allegati recano la menzione espressa, in relazione ad ogni additivo registrato, del nome del responsabile dell'immissione in circolazione, nel caso di specie il nome della ricorrente con riferimento al nifursolo.

82.
    Il ricorso è pertanto ricevibile.

Nel merito

83.
    A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce tre gruppi di motivi, relativi in primo luogo ad una violazione degli artt. 9 M, secondo trattino, e 3 A, lett. b), della direttiva 70/524, nonché, in via subordinata, del «principio di precauzione», in secondo luogo ad una violazione dell'art. 9 M, quinto trattino, della detta direttiva e dei principi di parità di trattamento e di buona amministrazione e, in terzo luogo, all'inosservanza dei principi di certezza del diritto, di buona amministrazione e di buona fede nel procedimento che ha condotto all'adozione del regolamento impugnato.

84.
    Il Tribunale ritiene opportuno esaminare innanzitutto il primo gruppo di motivi summenzionati, per poi affrontare congiuntamente gli altri due gruppi di motivi dedotti dalla ricorrente.

Sul primo gruppo di motivi, relativi ad una violazione degli artt. 9 M, secondo trattino, e 3 A, lett. b), della direttiva 70/524, nonché del principio di precauzione

- Argomenti delle parti

85.
    La ricorrente sostiene che, adottando come motivazione della revoca dell'autorizzazione del nifursolo il fatto che «non è possibile (...) garantire che il Nifursol sia esente da rischi per la salute umana» (sesto ‘considerando’ del regolamento impugnato), il Consiglio ha alterato in maniera significativa il criterio definito dall'art. 9 M della direttiva 70/524 in relazione all'art. 3 A, lett. b), della stessa. Infatti, ai sensi di quest'ultima disposizione, un'autorizzazione può essere revocata soltanto quando risulti che l'additivo in causa abbia un'influenza negativa sulla salute umana. Orbene, nella fattispecie, il regolamento impugnato si fonderebbe su un rischio puramente ipotetico.

86.
    Inoltre, la ricorrente fa osservare che la revoca dell'autorizzazione del nifursolo non si fonda sul principio di precauzione. Lo testimonierebbe la mancanza di qualsiasi riferimento a tale principio nel regolamento impugnato. Inoltre, il ricorso al principio di precauzione - dal momento che, secondo la giurisprudenza, questo implica l'esistenza di un livello di rischio inaccettabile per la salute umana (sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, cit., punti 149-151) - sarebbe inconciliabile con il dispositivo del regolamento impugnato, che prevede la revoca dell'autorizzazione del nifursolo solo a partire dal 31 marzo 2003, cioè sei mesi dopo la data della sua adozione, al fine di consentire l'adeguamento delle condizioni alimentari degli animali e di prendersi cura della loro salute. Ciò confermerebbe del resto il carattere ipotetico del rischio per la salute umana denunciato. Il ricorso al principio di precauzione sarebbe altresì difficilmente conciliabile con il fatto che lo SCAN ha impiegato più di un anno ad elaborare il suo parere e la Commissione quasi quattro anni per proporre la revoca dell'autorizzazione del nifursolo.

87.
    In via subordinata, anche ammettendo che il regolamento impugnato si fondi sul principio di precauzione, ne farebbe applicazione erronea, considerando un rischio per la salute umana puramente ipotetico (sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, cit., punto 145).

88.
    La ricorrente afferma che i pareri ai quali si riferisce il regolamento impugnato non dimostrano l'esistenza di un rischio serio identificato. Innanzitutto sostiene che i pareri del comitato misto FAO-OMS di esperti di additivi alimentari e del comitato per i medicinali veterinari, di cui al terzo ‘considerando’ del regolamento impugnato, non vertevano sul nifursolo, ma su altre due sostanze del gruppo dei nitrofurani. Ora, le diverse sostanze di tale gruppo non potrebbero essere assimilate, in considerazione dei loro effetti, a tali due sostanze, come dimostrerebbe l'impiego di diverse sostanze del gruppo dei nitrofurani come molecole attive in medicinali per uso umano. Peraltro, sarebbe a causa della mancanza di studi disponibili sulle sostanze in esame, in quanto nessuna impresa sarebbe disponibile ad effettuare gli investimenti necessari, che la somministrazione dei nitrofurani come medicinali veterinari ad animali da produzione alimentare è stata vietata.

89.
    Il parere dello SCAN dell'11 ottobre 2001, confermato il 18 aprile 2002, sul quale si fonda il regolamento impugnato (quinto ‘considerando’) non sarebbe sfavorevole all'autorizzazione del nifursolo come sostenuto dalla Commissione e sarebbe stato citato in maniera incompleta nel detto regolamento. Per quanto riguarda i rischi di genotossicità e mutagenicità presentati dal nifursolo, lo SCAN avrebbe ritenuto che taluni studi in vitro realizzati nel 1985 avessero indicato che tale sostanza presentava un potenziale mutagenetico in circostanze specifiche (punto 4.1.4 del parere). Tuttavia, tali studi sarebbero precedenti l'iscrizione del nifursolo nell'ex allegato I della direttiva 70/524 e sarebbero stati esaminati in occasione di tale iscrizione. Gli studi in vivo effettuati su ratti, poi, si sarebbero rivelati negativi o non concludenti. Lo SCAN ne avrebbe dedotto la necessità di studi in vivo supplementari al fine di dissipare il dubbio derivante da determinati risultati di studi in vitro (punto 4.2.6 del parere). Lo SCAN, quindi, non avrebbe potuto stabilire la DGA per il consumatore, stimando di non essere in possesso di dati sufficienti.

90.
    A questo proposito, la ricorrente sottolinea che l'insufficienza dei dati scientifici non può esserle imputata. Nella lettera del 23 settembre 1998, la VMD le avrebbe fatto presente che il responsabile della Commissione riteneva che le questioni relative alla genotossicità e alla mutagenicità fossero state esaminate in maniera adeguata (nei documenti già presentati nell'ambito della procedura di autorizzazione del 1988) e che il riesame della sicurezza del nifursolo dovesse concentrarsi sugli aspetti relativi alla cancerogenicità e alle differenze di tossicità tra il nifursolo e gli altri nitrofurani, in particolare il furazolidone.

91.
    Per quanto riguarda la cancerogenicità, l'assenza di rischio sarebbe stata confermata nel processo verbale delle riunioni dello SCAN del 5 e 6 febbraio 2002. Il regolamento impugnato (quinto ‘considerando’) citerebbe pertanto il rischio di cancerogenicità in maniera del tutto ingiustificata.

92.
    La Commissione avrebbe istruito la domanda di riesame del nifursolo mescolando tale sostanza e determinate altre sostanze del gruppo dei nitrofurani, come indicherebbe in particolare la lettera della VMD del 20 luglio 1998. Ora, contrariamente a quanto insinuato dalla Commissione nelle sue osservazioni, la scelta dello statuto di additivo per il nifursolo non sarebbe volta all'elusione di una misura di divieto.

93.
    Inoltre, il ragionamento del Consiglio e della Commissione conterrebbe una contraddizione. Infatti, secondo la ricorrente, o nel 1995 era possibile identificare un nesso chiaro tra il nifursolo e determinati nitrofurani il cui utilizzo come medicinali veterinari era stato vietato - in tale ipotesi, l'autorizzazione del nifursolo nel 1999 sarebbe significativa (ordinanza Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, cit., punto 75) - o, come sottolineato dalla Commissione nelle osservazioni, il rischio per la salute umana presentato dal nifursolo sarebbe stato ancora «insufficientemente definito» nel 1995, cosicché solo elementi nuovi avrebbero potuto giustificare la revoca dell'autorizzazione di tale sostanza nel 2002.

94.
    A questo proposito, la menzione della possibilità di una revoca delle autorizzazioni di additivi in qualsiasi momento, di cui al quinto ‘considerando’ del regolamento n. 2430/1999, non osterebbe all'insorgere di una legittima aspettativa dei titolari di autorizzazioni in relazione alla conformità delle sostanze autorizzate alle condizioni enunciate dall'art. 3 A della direttiva 70/524, tanto più che il detto quinto ‘considerando’ riguarda l'art. 9 G della direttiva 70/524, che nel caso di specie non sarebbe pertinente.

95.
    Il Consiglio respinge tale argomento. Sostiene che la direttiva 70/524 si basa su un sistema di «elenco positivo» secondo il quale gli additivi sono ammessi solo ove il produttore dimostri che sono soddisfatte le condizioni enumerate all'art. 3 A della stessa direttiva. Tale direttiva prevederebbe una «tolleranza zero nei confronti dei potenziali rischi per i quali il produttore non abbia fornito la prova della loro accettabilità». Il regolamento impugnato si baserebbe sul principio di precauzione, in relazione al regime probatorio (sentenza del Tribunale 26 novembre 2002, cause riunite T-74/00, T-76/00, da T-83/00 a T-85/00, T-132/00, T-137/00 e T-141/00, Artegodan e a./Commissione, Racc. pag. 4945).

96.
    Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il Consiglio, al sesto ‘considerando’ del regolamento impugnato, avrebbe applicato unicamente la regola secondo cui spetta al produttore di un additivo provare che quest'ultimo non ha un'influenza sfavorevole sulla salute, quando sia stato identificato un rischio potenziale.

97.
    Infatti, il legislatore comunitario ben potrebbe adottare una politica di «tolleranza zero» nei confronti di taluni fattori di rischio per i quali il produttore non può dimostrare che siano accettabili (sentenza della Corte 24 ottobre 2002, causa C-121/00, Hahn, Racc. pag. I-9193, e conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed pronunciate per tale sentenza, Racc. pag. I-9193, punto 29).

98.
    Il Consiglio afferma che il rischio per la salute umana presentato dal nifursolo è lungi dall'essere ipotetico. Gli esperimenti in vitro su tale sostanza avrebbero confermato che i rischi legati a determinati caratteri della struttura molecolare dei nitrofurani sono presenti anche nel nifursolo. Gli studi in vivo sarebbero stati lacunosi e non concludenti, e non avrebbero pertanto consentito di dimostrare che i fenomeni rivelati durante gli esperimenti in vitro non possano riprodursi nelle condizioni di somministrazione reale del nifursolo.

99.
    Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la durata della procedura di riesame del nifursolo e il fatto che l'entrata in vigore del divieto di tale sostanza sia stata fissata sei mesi dopo l'adozione del regolamento impugnato non dimostrerebbero l'assenza di rischi seri per la salute. Infatti, la migliore strategia di gestione del rischio non sarebbe stata di vietare immediatamente il nifursolo. In ragione del rischio marginale di esposizione a tale sostanza, sarebbe stato accettabile e proporzionato attendere il tempo necessario per consultare il produttore della stessa e lo SCAN, e per tener conto di determinati interessi concorrenti riducendo le conseguenze della revoca dell'autorizzazione controversa sulla salute umana e animale.

100.
    La Commissione condivide l'argomento del Consiglio. Sottolinea che nel 1995 il nifursolo è sfuggito al divieto generale dei nitrofurani come medicinali veterinari solo a causa della sua classificazione amministrativa precedente come additivo alimentare per animali. A partire da quel periodo, il rischio di genotossicità, connesso alla presenza di un «gruppo 5-nitro» nella struttura molecolare del nifursolo, sarebbe stato tuttavia considerato «serio», benché ancora «insufficientemente definito».

101.
    Tale rischio, tuttavia, non avrebbe richiesto una «gestione urgente», dato il limitato utilizzo del nifursolo negli allevamenti di tacchini e dei necessari adeguamenti nel settore economico interessato. La Commissione, pertanto, avrebbe richiesto il riesame di tale sostanza solamente nel luglio 1998 al fine di risolvere la questione nell'ambito delle nuove disposizioni della direttiva 70/524, la cui proposta di modifica sarebbe stata depositata nel 1993. Peraltro, sarebbe a causa del carattere lacunoso degli studi forniti dalla ricorrente, sottolineato nei pareri dello SCAN dell'11 ottobre 2001 e dell'aprile 2002, che il gruppo di lavoro dello SCAN avrebbe potuto esaminare il fascicolo di riesame del nifursolo solo a partire dal 28 settembre 2000.

102.
    Conseguentemente, le istituzioni comunitarie non avrebbero commesso alcun errore manifesto di valutazione nella scelta della gestione del rischio.

- Giudizio del Tribunale

103.
    Da una lato, in via principale, la ricorrente sostiene che, alla luce degli studi disponibili, la revoca dell'autorizzazione del nifursolo si fonda su un rischio puramente ipotetico per la salute umana. Le istituzioni interessate avrebbero erroneamente identificato un nesso tra il nifursolo ed altre sostanze del gruppo dei nitrofurani, la cui valutazione ad opera del comitato per i medicinali veterinari tra il 1990 e il 1995 ha condotto, nel 1995, al divieto di somministrare qualsiasi sostanza di tale gruppo come medicinale veterinario nella Comunità.

104.
    D'altro lato, la ricorrente afferma che il carattere puramente ipotetico del rischio preso in considerazione nel caso di specie è confermato altresì dal fatto che il nifursolo ha formato oggetto di una nuova autorizzazione nel 1999, sulla base dell'art. 9 H della direttiva 70/524. A questo proposito, la ricorrente suggerisce (v. punto 96 supra) che, se si poteva identificare un nesso a partire dal 1995 tra, da una parte, la presenza di una struttura molecolare contenente un «gruppo 5-nitro», che caratterizza i nitrofurani - tra cui il nifursolo - e, d'altra parte, rischi di genotossicità e cancerogenicità, la nuova autorizzazione del nifursolo del 1999 dimostra che tali rischi sono stati esclusi per detta sostanza. A sostegno di tale tesi, la ricorrente ha affermato in udienza, in risposta ad un quesito del Tribunale, che, ai fini della concessione di tale nuova autorizzazione ai sensi dell'art. 9 H della direttiva 70/524, le autorità competenti erano tenute a verificare preventivamente che il nifursolo soddisfacesse la condizione relativa all'innocuità per la salute umana di cui all'art. 3 A della detta direttiva. Infatti, l'art. 9 H della direttiva 70/524 non derogava alle condizioni definite dall'art. 3 A della stessa. Nelle cause da cui originano le citate sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio e Alpharma/Consiglio, le autorizzazioni delle sostanze interessate sarebbero quindi state ritirate nonostante il fatto che la procedura prevista dall'art. 9 H fosse in corso. La ricorrente ne conclude che, nel caso di specie, solamente elementi nuovi avrebbero quindi potuto giustificare la revoca dell'autorizzazione del nifursolo nel 2002. Orbene, tutti gli elementi scientifici presi in considerazione nel 2002 sarebbero stati già disponibili nel 1995.

Sulla portata dell'autorizzazione del nifursolo rilasciata nel 1999

105.
    Occorre pertanto valutare, in primo luogo, la portata dell'autorizzazione del nifursolo come additivo rilasciata nel 1999, posteriormente al divieto integrale di utilizzo dei nitrofurani come medicinali veterinari.

106.
    A questo proposito, si deve rilevare che tale nuova autorizzazione è stata rilasciata nel novembre 1999 per un periodo di dieci anni, quando la procedura di riesame della sicurezza del nifursolo era già stata attivata dal mese di luglio 1998 e la Commissione disponeva dei pareri sfavorevoli, pronunciati tra il 1990 e il 1995, relativi a determinati nitrofurani come medicinali veterinari.

107.
    Sotto questo profilo, la controversia in esame si distingue dai fatti di cui è causa nei procedimenti che si sono conclusi con le citate sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio e Alpharma/Consiglio, richiamate dalla ricorrente, in cui la revoca dell'autorizzazione di alcuni tra gli additivi interessati (alcuni antibiotici) aveva avuto luogo - come misura protettiva fondata sull'art. 11 della direttiva 70/524 - prima della sostituzione della loro autorizzazione provvisoria con un'autorizzazione associata al responsabile dell'immissione in commercio secondo la procedura prevista dal regime transitorio istituito dalla direttiva 96/51.

108.
    Nel caso di specie, l'incoerenza tra la concessione di una nuova autorizzazione nel 1999 e la concomitante prosecuzione della procedura di revoca di questa stessa autorizzazione, iniziata nel 1998 sulla base dell'art. 9 M della direttiva 70/524, risulta esclusivamente da un'applicazione rigida delle disposizioni previste dal regime transitorio. L'applicazione di tale regime transitorio non ha tuttavia avuto alcuna incidenza sulla procedura di riesame del nifursolo e sul contenuto del regolamento impugnato, né è stata fonte di incertezza giuridica per la ricorrente, contrariamente a quanto da essa sostenuto (v. punto 116 infra).

109.
    Infatti, nell'ambito del detto regime transitorio, l'art. 9 H della direttiva 70/524, applicabile al caso di specie, prevedeva la sostituzione, su domanda del titolare, dell'autorizzazione provvisoria dell'additivo interessato con un'autorizzazione associata al responsabile dell'immissione in circolazione, qualora fossero soddisfatte le due condizioni seguenti: in primo luogo, la trasmissione, entro il termine fissato, della monografia e della scheda segnaletica relativa a tale additivo e, in secondo luogo, la conformità di questi due documenti ai dati del fascicolo in base al quale era stata accordata l'autorizzazione iniziale. Risulta in particolare dall'art. 9 H, n. 3, lett. b), della direttiva 70/524 che, qualora le due condizioni citate fossero state soddisfatte, la nuova autorizzazione avrebbe dovuto essere accordata senza meno, per un periodo di dieci anni, mediante regolamento avente effetto dal 1° ottobre 1999 al più tardi.

110.
    Risulta pertanto chiaramente da queste disposizioni che l'art. 9 H della direttiva 70/524 istituiva una procedura puramente amministrativa in deroga al regime comune invocato dalla ricorrente. Tali disposizioni transitorie, infatti, escludevano qualsiasi riesame scientifico della sicurezza dell'additivo interessato e, conseguentemente, qualsiasi margine di discrezionalità delle istituzioni interessate sotto questo profilo. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il rilascio di un'autorizzazione in base al citato articolo non era quindi soggetto al preventivo controllo del rispetto della condizione relativa all'innocuità per la salute umana della sostanza in questione, enunciata all'art. 3 A, lett. b), della direttiva 70/524.

111.
    Questa interpretazione dell'art. 9 H della direttiva 70/524 è corroborata dall'economia e dalla finalità del regime transitorio istituito dalla direttiva 96/51. Infatti, al fine di tutelare le esigenze di protezione della sanità pubblica e in uno sforzo di economia di procedura, questo regime transitorio prevedeva unicamente il riesame delle sostanze la cui autorizzazione iniziale fosse stata accordata prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva 87/153, secondo le spiegazioni fornite dal Consiglio e dalla Commissione in sede di udienza. La procedura istituita dall'art. 9 H della direttiva 70/524, applicabile agli additivi iscritti nell'allegato I della direttiva 70/524 dopo il 31 dicembre 1997, si basava sull'idea per cui, come regola generale, tali sostanze - inizialmente valutate sulla base di un fascicolo conforme alle disposizioni della direttiva 87/153 - non necessitavano di un riesame, a differenza degli additivi iscritti nell'allegato I prima di tale data, la cui nuova autorizzazione era soggetta ad un riesame preventivo in virtù dell'art. 9 G della direttiva 70/524.

112.
    In tale contesto, si deve sottolineare che, nell'economia della direttiva 70/524, le disposizioni transitorie dell'art. 9 H non ostavano all'attuazione, in parallelo alla procedura puramente amministrativa di sostituzione dell'autorizzazione provvisoria di un additivo mediante un'autorizzazione definitiva, di una misura protettiva ai sensi dell'art. 11 della citata direttiva, come nelle cause da cui originano le citate sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio e Alpharma/Consiglio, o di una procedura di revoca dell'additivo fondata sull'art. 9 M della citata direttiva, come nel caso di specie.

113.
    In particolare, dato il carattere formale del controllo effettuato ai fini del rilascio di una nuova autorizzazione sulla base dell'art. 9 H della direttiva 70/524, il rilascio di un'autorizzazione in base a tale disposizione non è tale da creare una presunzione di innocuità della sostanza considerata né, quindi, da influenzare l'esame assolutamente autonomo della stessa sostanza effettuato nel corso della procedura di riesame.

114.
    Nel caso di specie, è pacifico che le condizioni puramente formali di rilascio di una nuova autorizzazione sulla base dell'art. 9 H della direttiva 70/524 erano soddisfatte in relazione al nifursolo.

115.
    Ne consegue che solamente l'adozione di una misura protettiva o la revoca dell'autorizzazione provvisoria del nifursolo sulla base dell'art. 9 M della direttiva 70/524, prima del 1° ottobre 1999, potevano ostare al rilascio di una nuova autorizzazione a partire da tale data. Orbene, in sede di udienza il Consiglio e la Commissione hanno dichiarato a questo proposito che, nel caso di specie, una misura protettiva non era stata considerata appropriata e la lunghezza della procedura di riesame del nifursolo ai sensi del citato art. 9 M si spiegava in ragione dell'importanza dei requisiti procedurali, in particolare della necessità di ottenere un parere scientifico ai fini dell'applicazione del principio di precauzione.

116.
    Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente (v. punto 97 supra), la nuova autorizzazione del nifursolo ad opera del regolamento n. 2430/1999 non ha potuto far sorgere alcuna legittima aspettativa in relazione all'innocuità di tale sostanza. La ricorrente non ha mai potuto dubitare del carattere puramente amministrativo di tale autorizzazione, che poteva essere revocata in qualsiasi momento sulla base degli artt. 9 M o 11 della direttiva 70/524, come del resto espressamente specificato dal regolamento 2430/1999, al quinto ‘considerando’. In particolare, il riferimento fatto in questo stesso ‘considerando’ all'art. 9 G della direttiva 70/524, che è privo di qualsiasi pertinenza nel caso di specie, non era tale da destare dubbi nella ricorrente sulla possibilità di una revoca della nuova autorizzazione del nifursolo in esito al riesame in corso di tale sostanza. Infatti, la ricorrente era stata immediatamente avvertita della decisione della Commissione di procedere a tale riesame, con lettera della VMD del 20 luglio 1998, ed è stata successivamente regolarmente informata sulle diverse fasi di tale procedura durante tutto il suo svolgimento.

117.
    Ne risulta che, prima dell'adozione del regolamento impugnato, il nifursolo aveva formato oggetto unicamente di una valutazione sulla base di un fascicolo conforme alle disposizioni della direttiva 87/153 in occasione della sua autorizzazione iniziale nel 1988 (v. punti 6 e 7 supra). Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, i pareri pronunciati tra il 1990 e il 1995 nel settore dei medicinali veterinari non erano quindi stati presi in considerazione ai fini dell'esame dell'innocuità di tale sostanza.

118.
    La nuova autorizzazione del nifursolo nel 1999 non può quindi essere presa in considerazione nell'ambito dell'esame delle censure relative al preteso rischio per la salute umana.

Sul presunto carattere ipotetico del denunciato rischio per la salute umana

119.
    Dato questo contesto giuridico, occorre esaminare, in secondo luogo, l'argomento principale della ricorrente, secondo cui il regolamento impugnato si fonda su un rischio per la salute umana puramente ipotetico. A questo proposito, la ricorrente lamenta, in via principale, la violazione degli artt. 9 M e 3 A, lett. b), della direttiva 70/524 e, in via subordinata, la violazione del principio di precauzione (v. punto 83 supra).

120.
    Orbene, si deve notare che, nel caso di specie, alla luce dell'argomentazione della ricorrente e contrariamente alla presentazione dei citati motivi da essa effettuata, la violazione del principio di precauzione non può essere invocata in maniera isolata, in via subordinata. Nel caso di specie, i motivi relativi, da un lato, alla violazione degli artt. 9 M e 3 A, lett. b), della direttiva 70/524 e, dall'altro e in via subordinata, alla violazione del principio di precauzione debbono essere intesi nel senso che la ricorrente deduce una violazione del combinato disposto degli artt. 9 M e 3 A, lett. b), della direttiva 70/524, in relazione al principio di precauzione.

121.
    Infatti, il principio di precauzione costituisce un principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle autorità interessate di adottare, nell'ambito preciso dell'esercizio delle competenze che sono loro attribuite dalla regolamentazione pertinente, provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici. Essendo le istituzioni comunitarie responsabili, in tutti i loro ambiti d'azione, della tutela della sanità pubblica, della sicurezza e dell'ambiente, il principio di precauzione può essere considerato come un principio autonomo che discende dalle disposizioni del Trattato, in particolare dai suoi artt. 3, lett. p), CE, 6 CE, 152, n. 1, CE, 153, nn. 1 e 2, CE e 174, nn. 1 e 2, CE (sentenza Artegodan e a./Commissione, cit., punti 182-184; v., sempre in questo senso, sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, cit., punti 114 e 115, e Alpharma/Consiglio, cit., punti 135 e 136).

122.
    Secondo una giurisprudenza consolidata, in materia sanitaria il principio di precauzione implica che, nel caso in cui sussistano incertezze quanto all'esistenza o alla portata dei rischi per la salute delle persone, le istituzioni possano prendere provvedimenti di tutela senza dover attendere che la realtà e la gravità di tali rischi siano pienamente dimostrate (sentenze della Corte 5 maggio 1998, causa C-180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I-2265, punto 99, e causa C-157/96, National Farmers' Union e a., Racc. pag. I-2211, punto 63; sentenze del Tribunale 16 luglio 1998, causa T-199/96, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. II-2805, punto 66; Pfizer Animal Health/Consiglio, cit., punto 139; Alpharma/Consiglio, cit., punto 152, e Artegodan e a./Commissione, cit., punto 185).

123.
    Nel caso di specie, il principio di precauzione si applica quindi in relazione al combinato disposto degli artt. 9 M e 3 A, lett. b), della direttiva 70/524.

124.
    Come sostenuto dal Consiglio (v. punto 95 supra), la mancanza di esplicito riferimento al principio di precauzione nel regolamento impugnato non significa che tale istituzione non si sia fondata su tale principio ai fini della valutazione dei provvedimenti da adottare ai sensi dell'art. 9 M, secondo trattino, della direttiva 70/524 per evitare i rischi denunciati. Al contrario, risulta espressamente da tale regolamento che esso si fonda sull'impossibilità, nel caso del nifursolo, di determinare una DGA, in particolare a causa della mancanza di dati scientifici disponibili in materia di tossicità dello sviluppo. Ammettendo così l'esistenza di un rischio potenziale, il regolamento impugnato applica in maniera implicita ma certa il principio di precauzione, fatto salvo il sindacato giurisdizionale limitato di tale applicazione.

125.
    Per quanto riguarda la portata del potere discrezionale dell'istituzione competente, si deve notare che, nel caso in cui la valutazione scientifica non consenta di stabilire con sufficiente certezza l'esistenza del rischio, la scelta di ricorrere o di non ricorrere al principio di precauzione dipende dal livello di protezione scelto dall'autorità competente nell'esercizio del suo potere discrezionale, tenuto conto delle priorità da essa definite in relazione agli obiettivi perseguiti in conformità delle norme pertinenti del Trattato e del diritto derivato. Tale scelta deve tuttavia essere conforme al principio della preminenza della tutela della sanità pubblica, della sicurezza e dell'ambiente sugli interessi economici, nonché ai principi di proporzionalità e di non discriminazione (sentenza Artegodan e a./Commissione, cit., punto 186).

126.
    In tale contesto, per quanto riguarda la portata del sindacato giurisdizionale sull'attuazione del principio di precauzione, si deve rammentare che, secondo una giurisprudenza consolidata, allorché un'istituzione comunitaria è chiamata a compiere valutazioni complesse, essa dispone di un ampio potere discrezionale il cui esercizio è assoggettato ad un sindacato giurisdizionale che si limita a verificare se il provvedimento di cui trattasi non sia inficiato da errore manifesto o da sviamento di potere, o se l'autorità competente non abbia manifestamente oltrepassato i limiti del proprio potere discrezionale (sentenze Regno Unito/Commissione, cit., punto 97, e Artegodan e a./Commissione, cit., punto 201).

127.
    Nel caso di specie, in conformità delle norme appena ricordate al punto precedente, occorre verificare se le istituzioni interessate abbiano applicato regolarmente il combinato disposto degli artt. 9 M e 3 A, lett. b), della direttiva 70/524 in relazione al principio di precauzione.

128.
    Ex art. 3 A della direttiva 70/524, l'autorizzazione comunitaria di un additivo è concessa a condizione che:

«(...)

b)    tenuto conto delle condizioni d'impiego, l'additivo non abbia influenze sfavorevoli sulla salute umana o animale o sull'ambiente e non danneggi il consumatore alterando le caratteristiche dei prodotti di origine animale;

(...)».

129.
    Risulta dalla citata disposizione, interpretata in relazione ai detti principi (punti 121 e 125), che, nel settore degli additivi per l'alimentazione animale, l'esistenza di indizi seri i quali, senza eliminare l'incertezza scientifica, consentano ragionevolmente di dubitare dell'innocuità di una sostanza, giustifica la revoca dell'autorizzazione della stessa. Il principio di precauzione tende infatti a evitare i rischi potenziali. Invece, rischi puramente ipotetici - fondati su semplici ipotesi non provate scientificamente - non possono essere presi in considerazione (v., in questo senso, sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, cit., punto 146; Alpharma/Consiglio, cit., punto 159, e Artegodan e a./Commissione, cit., punto 192).

130.
    Subordinare il mantenimento dell'autorizzazione di una sostanza alla prova dell'assenza di qualsiasi rischio anche puramente ipotetico sarebbe contemporaneamente irrealistico - in quanto siffatta prova e di regola impossibile da fornire dal punto di vista scientifico, giacché un livello di «rischio zero» in pratica non esiste (v., in questo senso, sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, cit., punto 145, e Alpharma/Consiglio, cit., punto 158) - e contrario al principio di proporzionalità.

131.
    Nel caso di specie, per dimostrare che il regolamento impugnato si fonda sull'esistenza di un rischio puramente ipotetico per la salute umana, la ricorrente si richiama, in sostanza, in primo luogo al tenore letterale del sesto ‘considerando’ del regolamento impugnato e all'insussistenza di una situazione di urgenza (v. punti 85 e 86 supra) e, in secondo luogo, all'irrilevanza dei pareri scientifici summenzionati emessi tra il 1990 e il 1995 nel settore dei medicinali veterinari (v. punto 88 supra), nonché al contenuto del parere dello SCAN su cui si fonda il regolamento impugnato (v. punti 89-91 supra).

132.
    Per quanto riguarda, in primo luogo, il tenore letterale del sesto ‘considerando’ del regolamento impugnato, si deve ammetterne l'equivocità. Infatti, concludendo che «non è possibile (...) garantire che il Nifursol sia esente da rischi per la salute umana», il Consiglio sembra fare riferimento a un rischio puramente ipotetico.

133.
    La conclusione enunciata nel citato sesto ‘considerando’ deve tuttavia essere letta nel suo contesto. In particolare, deve essere interpretata in relazione ai motivi, esposti al quinto ‘considerando’ del regolamento impugnato, sui quali essa si fonda, giacché il tenore letterale non consente di per sé di qualificare i rischi presi in considerazione. Nel caso di specie, emerge in maniera chiara ed esplicita dal citato quinto ‘considerando’ che il regolamento impugnato si fonda sul parere dello SCAN dell'11 ottobre 2001, confermato il 18 aprile 2002 e, peraltro, comunicato alla ricorrente, il quale faceva presente l'impossibilità di stabilire una DGA sulla base dei dati scientifici disponibili. Interpretato in tale contesto, il sesto ‘considerando’ del regolamento impugnato non consente quindi di ritenere che il Consiglio abbia preso in considerazione nel caso di specie un rischio puramente ipotetico, come confermato nel prosieguo del nostro ragionamento (punti 135-166 qui di seguito).

134.
    Del resto, la lunghezza della procedura di riesame e il termine di sei mesi previsto dal regolamento impugnato per l'entrata in vigore del divieto del nifursolo non possono costituire un indice dell'assenza di rischi seri per la salute umana presentati da tale sostanza.

135.
    Infatti, il ricorso al principio di precauzione non implica necessariamente una situazione d'urgenza. L'adozione di una misura protettiva al fine di evitare un rischio non dimostrabile allo stato delle conoscenze scientifiche al momento di tale adozione, ma dimostrato da indizi sufficientemente seri, in determinati casi può essere differita in funzione della natura, della gravità e della portata di tale rischio, nell'ambito di una ponderazione dei diversi interessi in gioco. Nell'effettuare una simile ponderazione, l'autorità competente gode di un ampio margine di discrezionalità (v. 125 supra).

136.
    Nella fattispecie, ne discende che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, non consentono di presumere che i rischi considerati fossero puramente ipotetici né la mancanza di una decisione di riesame della sicurezza del nifursolo prima del luglio 1998, quando l'utilizzo di tutti i nitrofurani come medicinali veterinari era stato vietato già dal 1995, né il ricorso alla procedura di revoca ai sensi dell'art. 9 M della direttiva 70/524, invece che ad una misura protettiva sulla base dell'art. 11 della stessa direttiva, né la lunghezza della procedura di riesame e il differimento, nel regolamento impugnato, dell'entrata in vigore del divieto del nifursolo.

137.
    In secondo luogo, tenuto conto dell'argomentazione della ricorrente, si deve verificare, alla luce dei pareri scientifici considerati nel regolamento impugnato, se tale regolamento sia viziato da un manifesto errore di valutazione in relazione ai rischi potenziali denunciati (v. punto 129 supra).

138.
    A questo proposito, la ricorrente rimprovera innanzitutto alle istituzioni interessate di essersi basate su rischi di cancerogenicità e mutagenicità che si asseriva fossero collegati alla struttura molecolare del nifursolo.

139.
    All'udienza, i periti della ricorrente hanno ammesso che il gruppo dei nitrofurani era «interessato» ai detti due rischi, benché non fosse mai stato provato che la presenza di un «gruppo 5-nitro» nella struttura molecolare, caratteristica dei nitrofurani, fosse la causa dell'esistenza di tali rischi. Tuttavia, hanno insistito sul fatto che le sostanze che appartengono al gruppo dei nitrofurani e che, quindi, contengono un «gruppo 5-nitro» nella loro struttura molecolare presentavano peraltro strutture annesse molto diverse tra loro e producevano conseguentemente effetti distinti. Tali differenze sarebbero confermate in particolare dalla conclusione dello SCAN relativa all'assenza di cancerogenicità del nifursolo (v. punto 51 supra) e dal fatto che è stato provato che altri nitrofurani, autorizzati come medicinali per uso umano (come l'ercefuryl), non erano mutageni.

140.
    Orbene, non si può che constatare innanzitutto che il regolamento impugnato (quinto ‘considerando’) non si fonda sulla struttura molecolare del nifursolo per concludere che l'innocuità di tale sostanza non è stata dimostrata, bensì sui pareri emessi dallo SCAN sulla base di tutto il dossier scientifico relativo al nifursolo, quale è stato trasmesso dalla ricorrente e da essa completato nel corso del procedimento amministrativo. Infatti, i pareri emessi nel campo dei medicinali veterinari in relazione a determinati nitrofurani diversi dal nifursolo sono richiamati unicamente al fine di giustificare la decisione della Commissione di procedere a una nuova valutazione scientifica dei rischi presentati dal nifursolo in quanto additivo, come emerge esplicitamente dal regolamento impugnato (terzo e quarto ‘considerando’) e dalla lettera della VMD del 20 luglio 1998 (citata al punto 34 supra) che informava la ricorrente in ordine a tale decisione.

141.
    In particolare, il Consiglio e la Commissione non contestano che la semplice appartenenza del nifursolo al gruppo dei nitrofurani non sarebbe stata sufficiente, in assenza di verifica specifica della sicurezza di tale sostanza, per concludere che essa presentava gli stessi rischi evidenziati dal comitato per i medicinali veterinari in relazione al furazolidone e al nitrofurazone. Nel parere dell'11 ottobre 2001 (v. punto 32 supra), lo SCAN sottolinea del resto che il comitato per i medicinali veterinari non aveva esaminato il nifursolo nei suoi pareri emessi tra il 1990 e il 1995, che hanno portato nel 1995 al divieto di utilizzo di tutti i nitrofurani come medicinali veterinari.

142.
    Tuttavia, è altresì evidente che il principio secondo cui l'esistenza di determinati gruppi attivi in una molecola implica a prima vista un effetto determinato è generalmente accettato dalla comunità scientifica ed è applicato dall'industria farmaceutica, come hanno fatto osservare i periti della Commissione all'udienza, senza essere smentiti in questo dai periti della ricorrente.

143.
    Nel caso di specie, si deve comunque notare che la VMD ha sottolineato - nella sua relazione del 22 maggio 2000, redatta su domanda della Commissione a seguito della sua decisione di riesame del nifursolo (v. punto 41 supra) - che si suppone che il rischio di genotossicità, provato in relazione a determinati nitrofurani, sia associato alla presenza di un gruppo nitro-5 nella struttura molecolare di tali sostanze. La VMD ne ha dedotto che anche il nifursolo era sospettato di presentare un rischio simile.

144.
    Conseguentemente, benché la relazione del 22 maggio 2000 della VMD non sia stata comunicata alla Commissione, dalle considerazioni che precedono risulta che tale istituzione non ha commesso un manifesto errore di valutazione ritenendo che l'aver messo in evidenza, tra il 1990 e il 1995, rischi di genotossicità e cancerogenicità in relazione a determinati nitrofurani destasse dubbi sufficientemente seri sull'innocuità del nifursolo - la cui molecola contiene lo stesso principio attivo (cioè un gruppo nitro-5) - per giustificare un riesame di tale sostanza. Tale analisi non è invalidata dal fatto, richiamato dalla ricorrente, che la somministrazione di tutti i nitrofurani quali medicinali veterinari sia stata vietata in ragione della mancanza di studi disponibili sulle diverse sostanze interessate, ad eccezione del furazolidone e del nitrofurazone (v. punto 91 supra). Infatti, dalle considerazioni summenzionate non risulta che la Commissione abbia ecceduto i limiti del suo potere discrezionale ritenendo che fosse sufficiente che i rischi considerati fossero stati provati in relazione a due sostanze del gruppo dei nitrofurani per sospettare che altre sostanze dello stesso gruppo presentassero gli stessi rischi e decidere di procedere al riesame del nifursolo al fine di sincerarsi che tali rischi potessero essere esclusi in relazione a tale sostanza sulla base dei dati scientifici ad essa propri.

145.
    A questo proposito, si deve notare che il nifursolo, che era stato autorizzato unicamente come additivo, non era interessato dal divieto dei nitrofurani come medicinali veterinari (v. punto 29 supra). La sua autorizzazione rimaneva quindi valida fino ad eventuale riesame in conformità delle procedure previste dalla direttiva 70/524 nel settore degli additivi nell'alimentazione animale. Pertanto, la ricorrente sottolinea giustamente che la sua scelta, risalente al 1982, di immettere in commercio il nifursolo come additivo piuttosto che come medicinale veterinario era perfettamente conforme alla normativa vigente (v. punto 28 supra) e non era affatto volta a eludere un provvedimento di divieto.

146.
    Tuttavia, nel caso di specie, dal momento che la Commissione aveva fatto presente che esistevano ragionevoli dubbi sull'innocuità del nifursolo che giustificavano il riesame di tale sostanza, come dichiarato precedentemente (v. punto 144 supra), spettava alla ricorrente provare che tali dubbi erano infondati sulla base del fascicolo da essa presentato in occasione dell'ultima valutazione del nifursolo nel 1988 (v. punto 117 supra), eventualmente integrato da studi o relazioni scientifiche successive.

147.
    In mancanza di tale prova, non si può dichiarare che il Consiglio e la Commissione abbiano commesso un manifesto errore di valutazione nel ritenere che i dubbi di cui sopra potessero essere considerati sufficientemente seri da giustificare la revoca dell'autorizzazione della sostanza interessata, in virtù del principio di precauzione.

148.
    A questo proposito, l'argomento della ricorrente secondo cui determinati nitrofurani sono autorizzati come medicinali per uso umano (v. punti 88 e 139 supra) è privo di qualsiasi pertinenza nel caso di specie. Infatti, come sostenuto dal Consiglio, la normativa applicabile assoggetta il rilascio o la revoca dell'autorizzazione di un medicinale per uso umano alla valutazione del suo rapporto rischi/benefici (v., in questo senso, sentenza Artegodan e a./Commissione, cit., punto 178).

149.
    Al contrario, nel campo degli additivi per l'alimentazione animale, la direttiva 70/524 assoggetta il rilascio o il mantenimento dell'autorizzazione di una sostanza alla prova dell'assenza di rischi per la salute umana. Conformemente al principio della preminenza della tutela della salute umana, tale direttiva non prevede la ponderazione dei detti rischi con i vantaggi economici o i vantaggi in termini di salute animale derivanti dall'uso della sostanza considerata, fatto salvo il margine di discrezionalità riservato alle istituzioni interessate per quanto riguarda la gestione del rischio in caso di incertezza scientifica (v. punti 125 e 135 supra).

150.
    Pertanto, il Consiglio sostiene giustamente che, nel campo degli additivi, le istituzioni competenti hanno legittimamente adottato una politica di «tolleranza zero» nei confronti dei potenziali rischi che le sostanze in questione presentano per la salute umana. Tale concetto di «tolleranza zero» non riguarda i rischi puramente ipotetici e non è quindi assimilabile al concetto di «rischio zero» precedentemente citato (punto 133; v., in questo senso, sentenza Hahn, citata supra al punto 97). Nella causa Hahn, si stabilì che, allo stato della scienza all'epoca dei fatti, la presenza del microrganismo in questione (la listeria monocitogena) negli alimenti poteva costituire un pericolo effettivo per la salute umana. L'incertezza riguardava i valori massimi ammissibili di contaminazione ad opera di tale microrganismo nei gruppi di persone più vulnerabili. L'avvocato generale Geelhoed sottolineava che, «[a] causa di tali insicurezze, il principio di prevenzione [poteva] giustificare la rigorosa tolleranza zero» (paragrafi 40, 43, 50 e 51 delle conclusioni relative alla sentenza Hahn, cit.). Nella fattispecie, è possibile considerare per analogia che, se il concetto di «tolleranza zero» può condurre, in applicazione del principio di precauzione, al divieto totale di un additivo anche in caso di incertezza sulla portata del rischio potenziale considerato, bisogna tuttavia che l'esistenza di tale rischio potenziale sia dimostrata da dati scientifici.

151.
    E' in tale contesto che si deve esaminare l'argomento della ricorrente secondo cui lo SCAN, nel suo parere dell'11 ottobre 2001, non sarebbe giunto alla conclusione che esistevano rischi seri per la salute umana. Secondo la ricorrente, il Consiglio avrebbe proceduto infatti a una lettura solo parziale di tale parere.

152.
    Nel regolamento impugnato, il Consiglio ha constatato che la condizione relativa all'innocuità del nifursolo non era più soddisfatta nel caso di specie, sostanzialmente perché non era possibile determinare una DGA (v. punto 58 supra). Il quinto ‘considerando’ del detto regolamento si fonda sulla conclusione dello SCAN, contenuta nel parere dell'11 ottobre 2001, secondo la quale, «sulla base degli studi di mutagenicità, genotossicità e cancerogenicità forniti dalla ricorrente, e a causa in particolare della mancanza di dati disponibili sulla tossicità dello sviluppo [teratogenicità], non è possibile fissare una [DGA] per i consumatori».

153.
    Per quanto riguarda innanzitutto il rischio di cancerogenicità presentato dal nifursolo, la ricorrente deduce dal passaggio citato del regolamento impugnato che tale regolamento fa presente un simile rischio, mentre l'esistenza dello stesso rischio è stata formalmente esclusa dallo SCAN nel processo verbale delle sue riunioni del 5 e 6 febbraio 2002, approvato il 17 e 18 aprile seguente (v. punto 51 supra).

154.
    Quest'argomento non può essere accolto. È vero che il regolamento impugnato non menziona esplicitamente i rischi che nel caso di specie osterebbero alla definizione di una DGA, ma rinvia al parere dello SCAN di cui riprende le conclusioni. Il passaggio citato di quel regolamento non consente tuttavia di concludere che il Consiglio abbia considerato l'esistenza di un rischio di cancerogenicità, per il solo fatto solo di menzionare tutti gli studi forniti dalla ricorrente, anche per quanto riguarda tale rischio, al fine dell'esame della sicurezza del nifursolo da parte dello SCAN. Inoltre, l'interpretazione del regolamento impugnato proposta dalla ricorrente è chiaramente contraddetta dal riferimento espresso, al quinto ‘considerando’ del regolamento impugnato, al processo verbale delle riunioni dello SCAN del 5 e 6 febbraio 2002, sopra citate, in cui il detto comitato ha escluso l'esistenza di un rischio di cancerogenicità, pur mantenendo ferma la conclusione sfavorevole di cui al suo parere dell'11 ottobre 2001. Ai termini del citato processo verbale, lo SCAN ha fatto presente la potenziale genotossicità del nifursolo e la mancanza di studi cinetici sui residui di tale sostanza. Infine, il Consiglio e la Commissione non hanno contestato, dinanzi al Tribunale, che il rischio di cancerogenicità fosse stato escluso dallo SCAN.

155.
    Per quanto riguarda, poi, i rischi di genotossicità, mutagenicità e tossicità dello sviluppo (teratogenicità), esaminati nel parere dello SCAN, dalle spiegazioni concordanti fornite dai periti di parte all'udienza risulta che questi tre rischi derivano da un fenomeno comune consistente nel fatto che la sostanza in questione provoca mutazioni genetiche nella cellula. A seconda che tale effetto si produca sulle cellule di un embrione, sulle cellule di riproduzione o sulle cellule somatiche, si parla rispettivamente di effetto teratogeno, genotossico o mutageno. In particolare i termini di mutagenicità e genotossicità sarebbero impiegati spesso dagli scienziati indistintamente per designare il fenomeno di cui si tratta.

156.
    Peraltro, è pacifico per le parti che una DGA - ovverossia il livello di assorbimento di residui negli alimenti, da parte dell'essere umano, che potrebbe essere considerato sicuro - può essere fissata solo quando la sostanza non presenti i rischi citati, in quanto questi ultimi potrebbero essere provocati da una sola molecola, secondo le spiegazioni dei periti della Commissione all'udienza.

157.
    La ricorrente obietta tuttavia che, nel caso di specie, la denunciata impossibilità di stabilire una DGA non risulta dal fatto che si mettono in evidenza rischi per la sanità pubblica, bensì dal fatto che lo SCAN ritenesse di non disporre di dati scientifici sufficienti. Lo SCAN, lungi dal constatare l'esistenza di un rischio di genotossicità/mutagenicità, avrebbe concluso, nel suo parere, che erano necessari studi complementari su altri tessuti per confermare i risultati negativi (cioè il fatto che non fosse stato messo in evidenza alcun rischio per la salute umana) degli studi in vivo già realizzati sul midollo osseo. Orbene, tale presunta insufficienza di dati non sarebbe imputabile alla ricorrente, ma alla Commissione (v. punti 89 e 90 supra).

158.
    Tuttavia, tale argomentazione della ricorrente non invalida l'interpretazione del parere dello SCAN, accolta dalle istituzioni interessate, secondo cui tale comitato avrebbe concluso che esistevano potenziali rischi seri per la salute umana.

159.
    In particolare, per quanto riguarda gli studi in vitro, il fatto, richiamato dalla ricorrente, che tali studi fossero già disponibili nel 1988, quando il nifursolo è stato valutato per la prima volta, non ostava a che fossero presi in considerazione nell'ambito del riesame di tale sostanza effettuato in ragione dei dubbi relativi alla sua innocuità, suscitati dal divieto dei nitrofurani come medicinali veterinari (v. punto 146 supra).

160.
    Peraltro, la ricorrente non ha contestato che nel caso di specie siano necessari studi in vivo. Sostiene, al contrario, che i risultati degli studi in vivo disponibili, effettuati sul midollo osseo, erano negativi o non concludenti.

161.
    Ora, nel suo parere dell'11 ottobre 2001 (punto 4.2.6), lo SCAN conclude, in relazione ai rischi di mutagenicità e genotossicità, che solamente la fornitura di risultati rassicuranti provenienti da nuovi studi sulla mutagenicità in vivo che utilizzassero due tessuti di riferimento diversi potrebbe dissipare le inquietudini generate dalle allerte strutturali e dai risultati positivi di taluni esperimenti in vitro. Nel processo verbale delle sue riunioni del 17 e 18 aprile 2002, lo SCAN ribadisce la necessità di un adeguato studio supplementare in vivo (cioè non UDS) su un tessuto diverso dal midollo osseo per confermare l'assenza di mutagenicità in vivo, già dimostrata sul midollo osseo. All'udienza, i periti della Commissione hanno sottolineato, in risposta ad un quesito del Tribunale, che lo SCAN, nel suo parere dell'11 ottobre 2001, aveva unicamente suggerito un esperimento multitessuto, come il Comet assay. Quanto al rischio di tossicità dello sviluppo, lo SCAN sottolinea, nello stesso parere (punto 6-3), la mancanza di dati disponibili.

162.
    In tale contesto, si deve rilevare che l'incoerenza denunciata dalla ricorrente tra l'esigenza di studi di mutagenicità in vivo supplementari su due tessuti diversi dal midollo osseo, di cui al parere dello SCAN dell'11 ottobre 2001, da un lato, e l'esigenza di uno studio di mutagenicità supplementare su un tessuto diverso dal midollo osseo di cui al processo verbale delle riunioni di questo stesso comitato del 17 e 18 giugno 2002, dall'altro, non è tale da mettere in discussione la coerenza e la comprensibilità, in relazione alla motivazione del parere, della constatazione dello SCAN secondo cui gli studi disponibili sul midollo osseo non sarebbero sufficienti per poter dissipare i dubbi sui rischi di mutagenicità e genotossicità.

163.
    Sotto questo profilo, la ricorrente non adduce alcun altro argomento che metta in discussione la coerenza interna e la motivazione del parere dello SCAN per quanto riguarda la detta constatazione. Peraltro, benché essa abbia fatto valere, nella fase orale del procedimento, di aver trasmesso alcuni studi di tossicità effettuati su tre generazioni di ratti, non contesta che manchino studi relativi alla tossicità dello sviluppo, richiesti dalla direttiva 87/153. La regolarità del parere dello SCAN non è pertanto contestata (v., in questo senso, sentenza Artegodan e a./Commissione, cit., punti 199 e 200).

164.
    Conseguentemente, si deve necessariamente constatare che, adottando il regolamento impugnato, il Consiglio non ha commesso alcun errore manifesto di valutazione ritenendo che l'innocuità del nifursolo non fosse sufficientemente garantita, alla luce delle conclusioni affatto chiare dello SCAN secondo cui, stante la necessità di studi supplementari sulla mutagenicità e la genotossicità e stante la mancanza di dati sulla tossicità dello sviluppo (teratogenesi), non era possibile stabilire una DGA.

165.
    Infine, l'argomento della ricorrente secondo cui l'insufficienza di dati scientifici non le sarebbe imputabile si ricollega alla seconda serie di motivi, relativi alla violazione dell'art. 9 M, quinto trattino, della direttiva 70/524 nonché dei principi di parità di trattamento, di certezza del diritto, di buona amministrazione e di buona fede. La sua trattazione, quindi, avverrà nell'ambito dell'esame di tali motivi.

166.
    A questo punto è sufficiente ricordare che, essendo stato ammesso che determinati elementi (i risultati degli esperimenti in vitro; l'appartenenza del nifursolo ad un gruppo di sostanze la cui struttura molecolare consente a prima vista di presumere l'esistenza di gravi rischi di per la salute umana) destavano seri dubbi sull'innocuità del nifursolo, spettava alla ricorrente fornire i dati necessari per dissipare tali dubbi, come è già stato dichiarato (v. punti 146 e 147 supra). Orbene, benché abbia confermato che non vi erano rischi di cancerogenicità, lo SCAN ha ritenuto che i dati forniti dalla ricorrente non consentissero di dissipare i seri dubbi relativi ai rischi di mutagenicità, genotossicità e tossicità dello sviluppo presentati dal nifursolo.

167.
    Ne consegue che i motivi relativi alla violazione degli artt. 9 M, secondo trattino, e 3 A, lett. b), della direttiva 70/524 nonché del principio di precauzione sono infondati.

Sul secondo e terzo gruppo di motivi, relativi alla violazione dell'art. 9 M, quinto trattino, della direttiva 70/524 e dei principi di parità di trattamento, certezza del diritto, buona amministrazione e buona fede

- Argomenti delle parti

168.
    La ricorrente ritiene, in primo luogo, che l'art. 9 M, quinto trattino, della direttiva 70/524 abiliti la Commissione ad ingiungere al responsabile dell'immissione di un additivo sul mercato di fornirle informazioni entro un termine determinato, a pena di revoca dell'autorizzazione di immissione in commercio. Poiché la Commissione ha omesso, nel caso di specie, di ingiungere alla ricorrente di fornire i dati precisi necessari per la valutazione del nifursolo, il Consiglio non potrebbe basarsi, nel regolamento impugnato, sull'insufficienza dei dati disponibili. Tale regolamento sarebbe quindi viziato per violazione delle garanzie procedurali previste dall'art. 9 M, quinto trattino, della direttiva 70/524. Inoltre, in quanto la Commissione avrebbe rinunciato senza ragione obiettiva ad esercitare il proprio potere di richiedere informazioni, il regolamento impugnato sarebbe altresì contrario ai principi di parità di trattamento e di buona amministrazione (v., per analogia, sentenze della Corte 13 aprile 1994, cause riunite C-324/90 e C-342/90, Germania e Pleuger Worthington/Commissione, Racc. pag. I-1173, e del Tribunale 27 settembre 2002, causa T-211/02, Tideland Signal/Commissione, Racc. pag. II-3781).

169.
    La ricorrente sottolinea, in secondo luogo, che la normativa applicabile non precisa la natura degli studi che devono essere effettuati e il tipo di protocollo (cioè la metodologia) che il responsabile dell'immissione sul mercato di una sostanza deve impiegare in caso di riesame della sicurezza di quest'ultima da parte della Commissione. Le autorità incaricate del riesame sarebbero quindi tenute a fornire indicazioni («guidance») a questo proposito al fine di evitare di creare una situazione di incertezza giuridica grave per il titolare dell'autorizzazione, trovandosi quest'ultimo nell'incapacità di intraprendere gli studi, spesso lunghi e costosi, necessari per fornire i dati che le dette autorità ritengono probanti.

170.
    Infatti, la direttiva 87/153, che fissa le linee direttrici per la valutazione degli additivi nell'alimentazione degli animali, non preciserebbe la natura degli studi richiesti e le procedure da seguire, in particolare per quanto riguarda gli esperimenti sulla mutagenicità. Per quanto riguarda gli studi di bilancio e l'identificazione dei metaboliti, la direttiva non preciserebbe neppure in che cosa consista una marcatura adeguata delle molecole e non definirebbe il periodo di esposizione «congruo». Al fine di evitare qualsiasi malinteso sull'interpretazione delle nozioni contenute nella detta direttiva, sarebbe quindi indispensabile il concorso delle autorità incaricate del riesame.

171.
    Nella fattispecie, omettendo di fornire le precisazioni necessarie, il Consiglio e la Commissione avrebbero violato il principio della certezza del diritto. Inoltre, la Commissione non avrebbe osservato i principi di buona amministrazione e di buona fede astenendosi dal rispondere alle domande della ricorrente (sentenze della Corte 15 luglio 1960, cause riunite 43/59, 45/59 e 48/59, Von Lachmüller e a./Commissione, Racc. pag. 901, e 19 ottobre 1983, causa 179/82, Lucchini/Commissione, Racc. pag. 3083).

172.
    Le lettere della ricorrente, in particolare quelle del 3 dicembre 2001 e del 15 gennaio 2002 (v. punto 48 supra), dimostrerebbero che invano la ricorrente ha sollecitato a più riprese l'assistenza della Commissione per quanto riguarda la natura degli studi da effettuare e i protocolli da applicare. Inoltre, con lettera dell'8 aprile 2002, il segretariato dello SCAN avrebbe rifiutato di fornire le indicazioni richieste dalla ricorrente, per il fatto che il coinvolgimento dello SCAN nell'elaborazione dei protocolli di studio potrebbe mettere in discussione la sua indipendenza nel momento in cui dovrà conoscere i risultati degli studi. A questo proposito, la ricorrente sostiene che, nel settore dei medicinali per uso umano, nonostante l'esistenza di linee direttrici («guidelines») dettagliate, il comitato per le specialità farmaceutiche non esita a rispondere alle richieste di informazioni («guidance») rivoltegli dal titolare o dal richiedente di autorizzazione di immissione sul mercato di un medicinale.

173.
    Peraltro, la Commissione non avrebbe mai messo in dubbio l'opportunità delle domande che la ricorrente le aveva rivolto nel corso della procedura amministrativa. Contrariamente a quanto da essa sostenuto, la Commissione non avrebbe tuttavia fornito, nel corso della riunione del 22 novembre 2001, le indicazioni richieste per quanto riguarda gli studi da presentare e il tipo di protocollo da applicare, a seguito del parere dello SCAN dell'11 ottobre 2001 (v. punto 46 supra). La ricorrente avrebbe espresso invano l'auspicio, nella lettera del 15 gennaio 2002, «di poter discutere del modo più appropriato per conformarsi alle esigenze della Commissione». Infatti, nel parere dell'11 ottobre 2001, lo SCAN riteneva che fossero necessari studi supplementari sulla mutagenicità in vivo, effettuati su due tessuti diversi dal midollo osseo. Orbene, come avrebbe riconosciuto lo SCAN nelle riunioni del 17 e del 18 aprile 2002, non esistevano studi sulla mutagenicità in vivo approvati al di là di quelli sul midollo osseo e gli studi UDS sul fegato. Solo a seguito della proposta alternativa della ricorrente di avviare uno studio in vitro lo SCAN, in occasione delle citate riunioni, avrebbe limitato la propria richiesta ad uno studio sulla mutagenicità in vivo adeguato su un solo tessuto diverso dal midollo osseo (v. punto 53 supra).

174.
    Infine, la ricorrente respinge le censure della Commissione secondo cui essa avrebbe dato prova di malafede o di negligenza nel corso della procedura di riesame del nifursolo. Per contro, le consultazioni a cui avrebbe proceduto la Commissione avrebbero snaturato il parere dello SCAN allo scopo di convincere gli utilizzatori del nifursolo e gli Stati membri della presunta pericolosità di tale sostanza.

175.
    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, obietta in primo luogo che l'art. 9 M, quinto trattino, della direttiva 70/524 non conferisce alcun potere d'ingiunzione alla Commissione.

176.
    In secondo luogo, il Consiglio sostiene che la ricorrente ha beneficiato di tutte le informazioni necessarie per essere in grado di fornire i dati scientifici che dimostrassero l'innocuità del nifursolo.

177.
    Esso sottolinea che la ricorrente non indica chiaramente se contesti il regolamento impugnato ovvero la presunta incompletezza delle direttive 70/524 e 87/153. Inoltre, benché gli argomenti della ricorrente sembrino rapportarsi a violazioni dei doveri d'ufficio della Commissione, la ricorrente non metterebbe in discussione la responsabilità extracontrattuale di tale istituzione. A questo proposito, il Consiglio ha precisato all'udienza che i vizi di procedura denunciati sono imputabili alla Commissione e non riguardano pertanto la legittimità del regolamento impugnato, adottato dal Consiglio che non è vincolato dal parere dello SCAN, in quanto esso è privo di valore giuridico.

178.
    In via subordinata il Consiglio respinge l'argomento della ricorrente per il fatto che spetterebbe al produttore di una sostanza pianificare ed effettuare i test che, alla luce delle caratteristiche della sostanza in questione che per ipotesi sia conosciuta solo da lui, siano in grado di dimostrare che tale sostanza, in particolare, non ha alcuna influenza sfavorevole sulla salute umana o animale o sull'ambiente. La direttiva 70/524 e i suoi atti di esecuzione, in particolare le «linee direttrici» definite dalla direttiva 87/153, si limiterebbero a determinare alcuni criteri di carattere generale relativi ai fascicoli acclusi a una domanda di autorizzazione di un additivo. Spetterebbe ai produttori sviluppare le metodologie di sperimentazione appropriate.

179.
    Peraltro, nel caso di specie, la Commissione si sarebbe sforzata di assistere la ricorrente con sollecitudine mediante numerosi contatti diretti o con l'intermediazione della VMD.

180.
    La Commissione condivide l'argomentazione del Consiglio. I dati supplementari richiesti avrebbero potuto essere definiti solo nei termini del tutto generici seguenti: la ricorrente doveva fornire «i risultati negativi, sufficientemente probanti, di studi pertinenti in relazione ai rischi identificati di genotossicità ed anche a livello di esame dei metaboliti e dei loro residui, tenendo conto delle vie metaboliche identificate».

181.
    La ricorrente sarebbe stata regolarmente informata degli studi supplementari necessari per dimostrare l'innocuità del nifursolo, grazie alle domande espresse dalla Commissione in particolare in occasione della riunione del 22 novembre 2001, alla lettera della VMD del 9 febbraio 2000 e al parere dello SCAN dell'11 ottobre 2001.

182.
    Inoltre, numerose norme tecniche o linee direttrici sulla natura e la metodologia degli studi da fornire sarebbero state definite a diversi livelli dai poteri pubblici o dalle istituzioni specializzate. In particolare, la direttiva 87/153, pur con una certa flessibilità, avrebbe fornito indicazioni appropriate sui diversi studi che dovevano essere intrapresi dal produttore di un additivo.

- Giudizio del Tribunale

183.
    In relazione, in primo luogo, al motivo inerente ad una violazione dell'art. 9 M, quinto trattino, della direttiva 70/524, occorre ricordare che tale articolo stabilisce che l'autorizzazione di un additivo è revocata mediante regolamento, in particolare:

-    «se non è più soddisfatta una delle condizioni connesse all'autorizzazione dell'additivo di cui all'articolo 3 A» (secondo trattino) e

-    «se il responsabile dell'immissione in circolazione dell'additivo non fornisce, entro un termine determinato, le informazioni richieste dal responsabile della Commissione» (quinto trattino).

184.
    Come sostenuto dal Consiglio, dall'economia di quest'articolo risulta che esso enuncia ipotesi alternative di revoca. Al contrario, l'art. 9 M, quinto trattino, della direttiva 70/524 non conferisce alcun potere d'ingiunzione alla Commissione. Riguarda unicamente «le informazioni richieste dal responsabile della Commissione» e non dalla Commissione stessa. A tale istituzione attribuisce il potere di vietare un additivo qualora il produttore non fornisca tali informazioni. Analogamente, è sufficiente che una delle condizioni enunciate all'art. 3 A della direttiva 70/524 non sia soddisfatta per giustificare la revoca dell'autorizzazione.

185.
    In tale contesto giuridico, il fatto che nel caso di specie manchi una decisione formale della Commissione che ingiunga alla ricorrente di fornire i dati precisi considerati sufficientemente probanti non può costituire né una violazione di forme sostanziali né una violazione dei principi di parità di trattamento e di buona amministrazione.

186.
    Tuttavia, occorre rilevare che, riferendosi l'art. 9 M, quinto trattino, della direttiva 70/524 a richieste di informazione rivolte al responsabile dell'immissione in circolazione di un additivo per il riesame di tale sostanza, esso deve essere interpretato, in relazione ai principi di certezza del diritto e di buona amministrazione, come fondamento giuridico di un diritto del responsabile dell'immissione in circolazione di un additivo ad essere informato sulle principali lacune della propria domanda. Al di là delle situazioni di urgenza, infatti, la Commissione non può revocare l'autorizzazione di un additivo senza aver dato al suo titolare la possibilità di fornire i dati che essa ritiene idonei a colmare tali lacune.

187.
    Ne risulta che, pur non potendo pretendere che la Commissione metta formalmente in mora il responsabile dell'immissione in circolazione di un additivo, in mancanza di qualsiasi disposizione procedurale espressa in tal senso, quest'ultimo deve essere tuttavia strettamente coinvolto nella procedura di riesame dell'additivo e può avvalersi del diritto di essere informato sulle principali lacune del suo fascicolo che ostano al mantenimento dell'autorizzazione.

188.
    Contrariamente a quanto affermato dal Consiglio, il rispetto di tali garanzie procedurali è soggetto al sindacato del giudice cui sia presentato un ricorso contro il regolamento impugnato che pone fine alla procedura di riesame.

189.
    Nella fattispecie, occorre pertanto verificare, in secondo luogo, alla luce degli scambi epistolari tra, da una parte, la Commissione o la VMD e, dall'altra, la ricorrente, nonché dalle indicazioni contenute nella relazione di valutazione della VMD sul nifursolo e, soprattutto, nel parere dello SCAN dell'11 ottobre 2001, se la ricorrente sia stata sufficientemente informata in merito alle lacune della sua domanda per essere in grado di fornire eventualmente i dati scientifici necessari, o addirittura di dare inizio a studi idonei a colmare tali lacune.

190.
    La ricorrente rimprovera sostanzialmente alla Commissione di non averle fornito indicazioni sufficienti («guidance») sugli studi in vivo da effettuare per dissipare i dubbi relativi, in particolare, ai rischi di mutagenicità presentati dal nifursolo. Essa si richiama segnatamente al fatto che la direttiva 87/153, che fissa le linee direttrici per la valutazione degli additivi nell'alimentazione degli animali, non precisa la natura degli studi richiesti per quanto riguarda la mutagenicità né le procedure da seguire.

191.
    A questo proposito, i dubbi espressi dal Consiglio in relazione all'oggetto della contestazione della ricorrente sono infondati. Quest'ultima non deduce l'illegittimità della normativa applicabile. Riferendosi al carattere, a suo dire, del tutto impreciso delle linee direttrici definite dalla direttiva 87/153, ne fa derivare l'esistenza di un obbligo di «guidance» della Commissione, che sarebbe tenuta a fornirle, ove necessario, gli orientamenti necessari all'avvio di studi supplementari appropriati.

192.
    Occorre esaminare gli elementi precisi invocati dalla ricorrente per dimostrare che essa non ha beneficiato delle informazioni necessarie per poter dare avvio agli studi appropriati.

193.
    In particolare, la ricorrente rimprovera alla Commissione di averle dichiarato, nella lettera della VMD del 23 settembre 1998 (citata al punto 35 supra), che le questioni della genotossicità e della mutagenicità del nifursolo erano già state esaminate adeguatamente nel 1988.

194.
    A questo riguardo è inevitabile constatare che una simile affermazione, fatta all'inizio della procedura di riesame, presentava necessariamente un carattere provvisorio. Inoltre, la portata di quest'affermazione era stata chiaramente relativizzata nella lettera della VMD del 23 settembre 1996, che poneva espressamente l'accento sulla necessità, secondo la Commissione, di concentrarsi in particolare sulle differenze di tossicità tra il nifursolo e gli altri nitrofurani, specialmente il furazolidone.

195.
    Per di più, si deve notare che la ricorrente è stata avvertita, nel corso della procedura di riesame, delle lacune del fascicolo, a mano a mano che esse venivano evidenziate. A seguito di questioni sollevate da alcuni Stati membri, nel febbraio 2000 la Commissione ha pertanto suggerito alla ricorrente di proporre un programma di studi complementari sull'innocuità del nifursolo, al fine di discutere tale questione, dopo aver ricevuto il parere dello SCAN (v. punto 40 supra).

196.
    Inoltre, la relazione di valutazione del nifursolo, redatta dalla VMD in quanto autorità competente dello Stato membro relatore e trasmessa alla ricorrente solamente nel maggio 2000, sottolineava in modo molto chiaro e circostanziato la necessità di studi supplementari relativi in particolar modo alla mutagenicità e tossicità dello sviluppo nonché ai residui di nifursolo rilevati nella carne di tacchino (v. punti 41-44 e 55 supra).

197.
    Peraltro, la ricorrente sostiene sostanzialmente di essersi trovata, a seguito del parere dello SCAN dell'11 ottobre 2001, nell'incapacità di determinare il tipo di studio da intraprendere per il fatto che in tale parere si esigevano studi adeguati supplementari sulla mutagenicità in vivo effettuati su due tessuti diversi dal midollo osseo, quando erano stati convalidati solo studi di questo tipo sul midollo osseo e il fegato. Ora, la Commissione non avrebbe dato corso alla richiesta di assistenza che la ricorrente avrebbe formulato in particolare nelle lettere del 3 dicembre 2001 e del 15 gennaio 2002.

198.
    A questo proposito, come ammesso dalla ricorrente stessa (v. punto 173 supra), risulta dal processo verbale delle riunioni dello SCAN del 17 e 18 aprile 2002 (v. punto 53 supra) che questo comitato ha riconosciuto l'impossibilità di fornire gli studi su due tessuti diversi dal midollo osseo, come consigliato nel suo parere dell'11 ottobre 2001, e ha conseguentemente modulato le pretese che erano state espresse in tale parere. Ciò dimostra che le osservazioni della ricorrente non solo sono state prese in considerazione, ma hanno indotto lo SCAN a modificare il giudizio sulle lacune del fascicolo in relazione ai rischi di mutagenicità presentati dal nifursolo.

199.
    Il coinvolgimento della ricorrente nella procedura di riesame è altresì corroborato dal fatto che, in occasione delle riunioni del 5 e del 6 febbraio 2002, lo SCAN ha confermato la conclusione provvisoria sull'assenza di rischi di cancerogenicità del nifursolo che era stata espressa nel parere dell'11 ottobre 2001, a seguito della presentazione di dati integrativi ad opera della ricorrente (v. punto 51 supra).

200.
    Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non risulta né dal fascicolo né dalle spiegazioni fornite dalle parti in risposta ai quesiti del Tribunale, in sede di udienza, che nel corso della procedura di riesame la ricorrente abbia domandato chiarimenti su questioni precise relative alla richiesta di uno studio di mutagenicità in vivo appropriato. A questo proposito, risulta dalle lettere della ricorrente alla Commissione del 3 dicembre 2001 e del 15 gennaio 2002, e dalla lettera allo SCAN dell'8 marzo 2002 (v. punti 48 e 52 supra), che il protocollo di studi realizzato dalla TNO Pharma, sottoposto alla Commissione alla riunione del 22 novembre 2001, non si riferiva ad uno studio di mutagenicità, ma era volto a determinare i residui rilevabili. All'udienza, la Commissione ha confermato, senza essere contraddetta dalla ricorrente, che lo studio «TNO» non riguardava il rischio di mutagenicità. Ora, in mancanza di dati scientifici sufficienti che consentissero di escludere tale rischio, non poteva comunque essere fissata una DGA (v. punto 156 supra).

201.
    Ne consegue che non è fondata la tesi della ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe risposto alle sue domande relative agli studi in vivo suggeriti nel parere dello SCAN.

202.
    Conseguentemente, non avendo la ricorrente presentato alcun progetto preciso di studio in vivo appropriato relativo, in particolare, alla mutagenicità del nifursolo, la Commissione ha legittimamente sottoposto al comitato permanente una proposta di revoca dell'autorizzazione del nifursolo. Poiché tale proposta non ha ottenuto la maggioranza qualificata in seno a tale comitato, la Commissione ha immediatamente sottoposto al Consiglio una proposta di regolamento recante revoca di tale autorizzazione, in conformità dell'art. 23 della direttiva 70/524. Solamente in seguito a tale proposta la ricorrente ha sottoposto alla Commissione, alla fine del mese di luglio 2002, un riassunto completo degli studi in corso, con i documenti a corredo.

203.
    Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non emerge dalla lettera di consultazione inviata dalla Commissione alle amministrazioni degli Stati membri e alle imprese interessate il 20 dicembre 2001 che la Commissione abbia snaturato il parere dello SCAN dell'11 ottobre 2001 (v. punto 49 supra).

204.
    Alla luce delle considerazioni sopra esposte, i motivi relativi ad una violazione dell'art. 9 M, quinto trattino, della direttiva 70/524 nonché dei principi di parità di trattamento, certezza del diritto, buona amministrazione e buona fede non possono essere accolti.

205.
    Ne deriva che il ricorso dev'essere dichiarato infondato.

Sulle spese

206.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è risultata soccombente, essa deve essere condannata alle spese del presente giudizio e del procedimento sommario. A questo proposito, devono essere altresì respinte le sue conclusioni formulate in via subordinata e volte alla condanna del Consiglio alle spese in ragione della presunta mancanza di cooperazione e di trasparenza nella gestione della sua domanda da parte della Commissione, poiché nessuna delle censure può essere accolta, come risulta dall'esame del secondo gruppo di motivi (v. punti 189 e segg. supra).

207.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 4, dello stesso regolamento, le istituzioni comunitarie intervenute nella causa sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dal Consiglio, comprese le spese sostenute nell'ambito del procedimento sommario.

3)    La Commissione sopporterà le proprie spese, comprese quelle sostenute nell'ambito del procedimento sommario.

N.J. Forwood
J. Pirrung
A.W.H. Meij

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 ottobre 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

N.J. Forwood

Indice

    Contesto normativo

II - 2

        Regime comunitario degli additivi nell'alimentazione degli animali

II - 2

            Presentazione generale

II - 2

            Regime iniziale

II - 3

            Regime istituito dalla direttiva 96/51

II - 3

                - Autorizzazione comunitaria degli additivi

II - 3

                - Regime transitorio

II - 4

                - Revoca dell'autorizzazione degli additivi

II - 5

                - Comitato permanente degli alimenti per animali e comitato scientifico per l'alimentazione animale

II - 6

            Regime comunitario dei medicinali veterinari

II - 6

        Fatti e procedimento

II - 7

            Fatti all'origine della controversia

II - 7

                Statuto di additivo del nifursolo

II - 7

                Autorizzazione iniziale del nifursolo come additivo

II - 7

                Divieto dei nitrofurani come medicinali veterinari

II - 8

                Nuova autorizzazione del nifursolo come additivo, in applicazione delle disposizioni transitorie della direttiva 96/51 e revoca di tale autorizzazione ad opera del regolamento impugnato

II - 8

            Regolamento impugnato

II - 14

            Procedimento dinanzi al Tribunale

II - 15

        Conclusioni delle parti

II - 16

        In diritto

II - 16

            Sulla ricevibilità

II - 16

                Argomenti delle parti

II - 16

                Giudizio del Tribunale

II - 17

            Nel merito

II - 18

                Sul primo gruppo di motivi, relativi ad una violazione degli artt. 9 M, secondo trattino, e 3 A, lett. b), della direttiva 70/524, nonché del principio di precauzione

II - 18

                    - Argomenti delle parti

II - 18

                    - Giudizio del Tribunale

II - 22

                Sulla portata dell'autorizzazione del nifursolo rilasciata nel 1999

II - 23

                Sul presunto carattere ipotetico del denunciato rischio per la salute umana

II - 25

                Sul secondo e terzo gruppo di motivi, relativi alla violazione dell'art. 9 M, quinto trattino, della direttiva 70/524 e dei principi di parità di trattamento, certezza del diritto, buona amministrazione e buona fede

II - 35

                    - Argomenti delle parti

II - 35

                    - Giudizio del Tribunale

II - 38

    Sulle spese

II - 42


1: Lingua processuale: il francese.