Language of document : ECLI:EU:T:2014:88

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

27 febbraio 2014 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato mondiale degli schermi a cristalli liquidi (LCD) – Accordi e pratiche concordate in materia di prezzi e di capacità produttive – Vendite interne – Diritti della difesa – Ammende – Immunità parziale dalle ammende – Infrazione unica e continuata – Principio del ne bis in idem»

Nella causa T‑128/11,

LG Display Co. Ltd, con sede in Seoul (Corea del Sud),

LG Display Taiwan Co. Ltd., con sede in Taipei (Taiwan),

rappresentate da A. Winckler e F.-C. Laprévote, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da P. Van Nuffel e F. Ronkes Agerbeek, in qualità di agenti, assistiti da S. Kingston, barrister,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento parziale della decisione C(2010) 8761 def. della Commissione, dell’8 dicembre 2010, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (caso COMP/39.309 – LCD), e di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti con tale decisione,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, G. Berardis (relatore) e C. Wetter, giudici,

cancelliere: N. Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 aprile 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

 Fatti

 Società di cui trattasi nel presente procedimento

1        La LG Display Co. Ltd (in prosieguo: la «LGD»), precedentemente denominata LG Philips LCD Co. Ltd, è una società di diritto coreano che controlla un gruppo di società stabilite in tutto il mondo e attive nella produzione di schermi a cristalli liquidi a matrice attiva (in prosieguo: gli «LCD»).

2        La LGD è stata creata il 26 luglio 1999 mediante un accordo di impresa comune stipulato tra la società di diritto coreano LG Electronics, Inc. (in prosieguo: la «LGE») e la società di diritto neerlandese Koninklijke Philips Electronics NV (in prosieguo: la «Philips»).

3        Nel periodo tra il 26 luglio 1999 e il 23 luglio 2004, la LGE e la Philips detenevano ciascuna il 50% del capitale della LGD. Le loro rispettive partecipazioni sono in seguito scese al 37,9% e al 32,87%.

4        La LG Display Taiwan Co. Ltd., precedentemente denominata LG Philips LCD Taiwan (in prosieguo: la «LGDT»), è una società di diritto taiwanese, controllata al 100% dalla LGD, attiva nella produzione e nella fornitura di LCD.

(omissis)

 Decisione impugnata

(omissis)

19      Nella decisione impugnata, la Commissione ha accertato l’esistenza di un’intesa tra sei grandi produttori internazionali di LCD, tra cui le ricorrenti, per quanto riguarda le due seguenti categorie di tali prodotti, di dimensioni pari o superiori a dodici pollici: gli LCD per le tecnologie dell’informazione, come quelli per i computer portatili compatti e i monitor per computer, e gli LCD per i televisori (in prosieguo: congiuntamente, gli «LCD oggetto del cartello»).

20      Secondo la decisione impugnata, tale intesa ha assunto la forma di un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), che si è protratta quantomeno tra il 5 ottobre 2001 e il 1° febbraio 2006 (in prosieguo: il «periodo dell’infrazione»). Durante tale periodo, i partecipanti all’intesa hanno tenuto numerose riunioni multilaterali, da essi chiamate «riunioni Cristallo», principalmente in alberghi di Taiwan. Tali riunioni avevano un oggetto chiaramente anticoncorrenziale, poiché per i partecipanti rappresentavano segnatamente l’occasione per fissare prezzi minimi per gli LCD oggetto del cartello, per discutere delle loro proiezioni di prezzo al fine di evitarne la diminuzione e per coordinare gli aumenti di prezzi nonché i livelli di produzione. Nel periodo dell’infrazione, tra i partecipanti all’intesa sono anche intercorsi incontri bilaterali e si sono tenuti frequenti scambi di informazioni sui temi trattati durante le «riunioni Cristallo». Essi hanno inoltre preso provvedimenti per verificare se le decisioni adottate durante tali riunioni fossero applicate (punti da 70 a 74 della decisione impugnata).

(omissis)

22      In applicazione degli orientamenti del 2006, in primo luogo, la Commissione ha definito il valore delle vendite di LCD oggetto del cartello direttamente o indirettamente interessate dall’infrazione. A tal fine, essa ha individuato le tre seguenti categorie di vendite effettuate dai partecipanti all’intesa:

–        «vendite SEE dirette», ossia vendite di LCD oggetto del cartello a un’altra impresa all’interno del SEE;

–        «vendite SEE dirette tramite prodotti trasformati», ossia vendite di LCD oggetto del cartello integrati, all’interno del gruppo cui appartiene il produttore, in prodotti finiti venduti a un’altra impresa all’interno del SEE;

–        «vendite indirette», ossia vendite di LCD oggetto del cartello a un’altra impresa situata al di fuori del SEE, la quale successivamente incorpora gli schermi nei prodotti finiti da essa venduti nel SEE (punto 380 della decisione impugnata).

23      Tuttavia, la Commissione ha ritenuto che poteva limitarsi a prendere in considerazione le prime due categorie menzionate al precedente punto 22, in quanto l’inclusione della terza categoria non era necessaria affinché le ammende inflitte potessero raggiungere un sufficiente livello dissuasivo (punto 381 della decisione impugnata).

24      Anziché utilizzare il valore delle vendite realizzate da un’impresa nel corso dell’ultimo anno completo della sua partecipazione all’infrazione, come normalmente previsto al punto 13 degli orientamenti del 2006, nel caso di specie, la Commissione ha ritenuto più opportuno usare il valore annuo medio delle vendite per tutta la durata dell’infrazione, tenuto conto in particolare della crescita esponenziale delle vendite della maggior parte delle imprese interessate negli anni cui si riferisce la decisione impugnata (punto 384 della decisione impugnata).

25      Per quanto riguarda le ricorrenti, nonostante le obiezioni delle medesime, la Commissione ha ritenuto che il valore delle vendite pertinenti dovesse essere calcolato tenendo altresì conto delle loro vendite alla LGE e alla Philips. Infatti, da un lato, le vendite a queste ultime società sarebbero state anch’esse oggetto delle discussioni tra i partecipanti all’intesa di cui trattasi e, dall’altro, il prezzo riguardante tali vendite sarebbe stato influenzato dalle circostanze che caratterizzavano il mercato, ossia l’esistenza di prezzi fissati in base al cartello. Pertanto, per le ricorrenti, il totale delle vendite pertinenti effettuate durante il periodo dell’infrazione è stato fissato in EUR 2 296 240 479, la cui media annua, ottenuta dividendo il suddetto importo per la durata dell’intesa pari a 4,33 anni, corrispondeva a EUR 530 309 579 (punti 386 e 396 nonché tabella n. 4 della decisione impugnata).

(omissis)

31      Sulla base di tali considerazioni, all’articolo 2 della decisione impugnata, la Commissione ha condannato in solido le ricorrenti al pagamento di un’ammenda di EUR 215 000 000.

 Procedimento e conclusioni delle parti

32      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 febbraio 2011, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

33      Dopo il deposito della controreplica da parte della Commissione in data 8 dicembre 2011, le ricorrenti hanno presentato un’offerta di prova supplementare a norma dell’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, a sostegno del quarto motivo dedotto nel loro ricorso (in prosieguo: l’«offerta di prova supplementare»).

34      La Commissione ha presentato le proprie osservazioni sull’offerta di prova supplementare il 26 gennaio 2012.

35      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Sesta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64 del regolamento di procedura, ha posto taluni quesiti scritti alle parti, le quali vi hanno risposto entro il termine impartito.

36      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 26 aprile 2013.

37      In seguito a quest’ultima udienza, poiché la fase orale era ancora aperta, il Tribunale ha rivolto altri quesiti scritti alle parti, le quali vi hanno risposto entro i termini impartiti.

38      La fase orale è stata chiusa con decisione del presidente della Sesta Sezione del Tribunale del 12 luglio 2013.

39      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare parzialmente la decisione impugnata e ridurre sostanzialmente l’importo dell’ammenda loro inflitta in forza della decisione di cui trattasi;

–        condannare la Commissione alle spese;

–        decidere di qualsiasi altra misura che riterrà opportuna.

40      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

(omissis)

 Sul primo motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe, a torto e in violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti, incluso le loro vendite interne nel calcolo dell’importo dell’ammenda

(omissis)

 Sul primo capo, relativo alla violazione degli orientamenti del 2006

(omissis)

–       Sulla presa in considerazione delle vendite alle imprese collegate alle ricorrenti

60      Le ricorrenti deducono sostanzialmente che la circostanza che, ai sensi della giurisprudenza ricordata al precedente punto 54, esse non formino un’impresa unica assieme alla LGE e alla Philips, se ha come conseguenza che queste ultime non possono essere considerate solidalmente e congiuntamente responsabili dell’infrazione commessa dalle ricorrenti, è priva di rilevanza al fine di dimostrare se gli LCD oggetto del cartello, venduti dalle ricorrenti alla LGE e alla Philips, rientrassero nelle vendite connesse all’infrazione accertata nella decisione impugnata, a norma del punto 13 degli orientamenti del 2006.

61      A tal riguardo, va osservato che la Commissione non ha sostenuto che l’infrazione riguardava le vendite delle ricorrenti alla LGE e alla Philips per il semplice fatto che non si trattava di vendite tra società appartenenti ad un’impresa unica, ai sensi della giurisprudenza ricordata al precedente punto 54.

62      Infatti, la circostanza che, nella decisione impugnata, la Commissione non abbia constatato che le ricorrenti, la LGE e la Philips formavano un’impresa unica era una condizione necessaria per includere le vendite delle ricorrenti alla LGE e alla Philips nella categoria delle «vendite SEE dirette», la quale presuppone che le vendite di cui trattasi vengano fatte a terzi indipendenti. Tuttavia, la Commissione era comunque tenuta a spiegare quale fosse il nesso delle vendite delle ricorrenti alla LGE e alla Philips con l’intesa.

63      In merito, al punto 396 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che tale nesso consistesse nel fatto che, in primo luogo, le vendite di LCD oggetto del cartello ai clienti, quali la LGE e la Philips, che erano legati ai partecipanti all’intesa, facevano parte delle discussioni tra i medesimi e, in secondo luogo, il prezzo delle vendite a tali clienti era influenzato dalle circostanze che caratterizzavano il mercato, ossia l’esistenza di prezzi fissati in base al cartello.

(omissis)

 Sul terzo capo, relativo alla violazione del principio della parità di trattamento

(omissis)

136    Per quanto riguarda le ricorrenti, la Commissione ha infine considerato che esse non formavano, unitamente alla LGE e alla Philips, un’impresa unica. A tal riguardo, va rilevato che le ricorrenti non hanno fornito il minimo elemento che rimettesse in discussione tale conclusione della Commissione.

137    Pertanto, le vendite delle ricorrenti alla LGE e alla Philips sono state incluse nella categoria delle «vendite SEE dirette».

138    Qualora la Commissione non avesse proceduto in tal modo, essa avrebbe consentito alle ricorrenti di beneficiare di un vantaggio rispetto agli altri partecipanti all’intesa che, come esse, non erano verticalmente integrati, nei limiti in cui non formavano un’impresa unica con le società alle quali vendevano i loro LCD oggetto del cartello.

139    La circostanza che, nei confronti dei partecipanti all’intesa i quali, contrariamente alle ricorrenti, erano stati considerati imprese uniche verticalmente integrate, la Commissione ha incluso le vendite pertinenti nella categoria delle «vendite SEE tramite prodotti trasformati» non può essere criticata sul piano del rispetto del principio della parità di trattamento, poiché l’esistenza di un’impresa unica dà luogo a una situazione diversa, che giustifica il fatto di aver applicato ai suddetti partecipanti quest’altra categoria.

140    Per quanto attiene all’argomento delle ricorrenti relativo alla presunta discriminazione operata a seconda che le vendite interne a un gruppo fossero dirette a società controllate o a società controllanti, è sufficiente rilevare che la Commissione ha applicato, a giusto titolo, la nozione di impresa unica. Pertanto, le società controllate al 100% sono state considerate come facenti capo alla stessa impresa delle partecipanti all’intesa, mentre le società con una partecipazione azionaria in quelle facenti parti dell’intesa non sono state considerate come società controllanti in quanto non era stato dimostrato che le condizioni previste a tal fine dalla giurisprudenza fossero soddisfatte. Orbene, la Commissione ha ritenuto che ciò non fosse il caso della LGE e della Philips nei confronti delle ricorrenti, le quali non rimettono in discussione tale constatazione. Per contro, qualora una delle imprese partecipanti all’intesa abbia effettuato vendite nel SEE a terzi indipendenti, tali vendite sono state prese in considerazione dalla Commissione, qualunque fosse la società (controllata o controllante) facente capo a tale impresa, che avesse materialmente venduto gli LCD oggetto del cartello.

141    Quanto al fatto che, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, la Commissione ha deciso di non tenere conto della terza categoria di vendite definite al punto 380 della decisione impugnata, ossia le «vendite indirette» (v. punto 22 supra), occorre osservare che, sebbene taluni LCD, oggetto di cartello, forniti dai partecipanti all’intesa a terzi stabiliti al di fuori del SEE abbiano potuto ritrovarsi in prodotti finiti venduti nel SEE, è innegabile che il nesso tra l’intesa e il territorio del SEE, ai sensi del punto 13 degli orientamenti del 2006, era più debole rispetto a quello esistente in ordine alle due categorie di vendite di cui la decisione impugnata ha tenuto conto.

142    Inoltre, poiché l’esclusione delle «vendite indirette» è stata applicata a tutti i partecipanti all’intesa, non può essere ravvisata alcuna discriminazione a tal riguardo.

(omissis)

 Sul secondo motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe a torto rifiutato di concedere alle ricorrenti un’immunità dalle ammende per il 2005

155    Le ricorrenti ritengono che la Commissione avrebbe dovuto riconoscere loro un’immunità parziale, in base al punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, non soltanto per il 2006, ma anche per il 2005. Infatti, con la loro richiesta orale di trattamento favorevole del 17 luglio 2006, nonché con la loro dichiarazione orale complementare del 20 luglio 2006, accompagnata da numerosi documenti probatori, le ricorrenti sarebbero state le prime a riferire alla Commissione fatti da essa precedentemente ignorati, ossia che l’intesa sugli LCD era proseguita nel 2005. A tal proposito, le ricorrenti sostengono che i documenti prodotti dalla Samsung il 18 luglio 2006, successivi alla loro richiesta orale, non consentivano di dimostrare l’organizzazione di «riunioni Cristallo» nel 2005 e che la dichiarazione orale complementare della Samsung del 20 luglio 2006, pur descrivendo contatti tra concorrenti nel 2005, non era accompagnata da documenti probatori.

(omissis)

157    Si deve ricordare che, ai sensi del punto 23 della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, viene previsto quanto segue:

«23      In ogni decisione finale adottata al termine del procedimento amministrativo, la Commissione determinerà:

a)      se gli elementi di prova forniti da un’impresa hanno rappresentato un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione in quello stesso momento;

b)      il livello della riduzione di cui un’impresa beneficerà, che verrà stabilito come indicato di seguito in relazione all’importo delle ammende che la Commissione avrebbe altrimenti inflitto:

–        [p]rima impresa a soddisfare la condizione di cui al punto 21: riduzione del 30-50%,

–        (…)

Inoltre, se un’impresa fornisce elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione che hanno un’incidenza diretta sulla gravità o la durata della presunta intesa, la Commissione non terrà conto di questi elementi nel determinare l’importo di eventuali ammende da infliggere all’impresa che li ha forniti».

(omissis)

 Richiamo dei principi generali

(omissis)

166    Pertanto, il punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002 non riguarda i casi in cui un’impresa abbia semplicemente presentato elementi di prova nuovi o più completi rispetto ai fatti di cui la Commissione era già a conoscenza. Il suddetto comma non si applica neppure ai casi in cui un’impresa porta a conoscenza della Commissione fatti nuovi che, tuttavia, non sono atti a modificare la valutazione della Commissione sulla gravità o sulla durata dell’intesa. Tale disposizione si applica invece esclusivamente ai casi in cui sono soddisfatte due condizioni: in primo luogo, l’impresa in questione è la prima a provare fatti in precedenza ignorati dalla Commissione e, in secondo luogo, tali fatti, avendo un’incidenza diretta sulla gravità o sulla durata della presunta intesa, consentono alla Commissione di giungere a nuove conclusioni in merito all’infrazione (sentenza Transcatab/Commissione, cit., punto 382).

167    Occorre adottare un’interpretazione restrittiva delle condizioni previste per l’applicazione del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, limitandola alle ipotesi in cui una società partecipante ad un’intesa fornisca alla Commissione una nuova informazione relativa alla gravità o alla durata dell’infrazione ed escludendo le ipotesi in cui la società si sia limitata a fornire elementi che consentono di rafforzare le prove relative all’esistenza dell’infrazione. A tal riguardo, va rammentato che, siccome il procedimento di trattamento favorevole costituisce una deroga al principio secondo cui un’impresa deve essere sanzionata per qualsiasi violazione del diritto della concorrenza, le norme ivi afferenti devono dunque essere interpretate restrittivamente. Peraltro, va sottolineato che l’efficacia dei programmi di trattamento favorevole sarebbe compromessa qualora le imprese non fossero più incentivate ad essere le prime a sottoporre alla Commissione informazioni che denunciano un’intesa.

(omissis)

 Applicazione al caso di specie

170    Anzitutto, occorre rilevare che le ricorrenti non contestano la cronologia degli eventi del luglio 2006 fissata dalla Commissione. Pertanto, è pacifico che:

–        le ricorrenti hanno rilasciato una dichiarazione orale il 17 luglio 2006;

–        la Samsung ha presentato taluni elementi di prova il 18 luglio 2006;

–        la Samsung ha rilasciato una dichiarazione orale il 20 luglio 2006, alle ore 9:40;

–        le ricorrenti hanno rilasciato una dichiarazione orale e presentato elementi di prova il 20 luglio 2006, alle ore 15:30.

171    Ne consegue che, per beneficiare dell’immunità parziale per il 2005, le ricorrenti devono dimostrare che le informazioni da esse fornite il 17 luglio 2006 soddisfano le condizioni previste dal punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, quali riassunte al precedente punto 166. Ove ciò non avvenisse, le ricorrenti dovrebbero dimostrare, da un lato, che nonostante le informazioni rivelate dalla Samsung in data 18 e 20 luglio 2006, la Commissione ignorava che l’infrazione condannata nella decisione impugnata era proseguita nel 2005 e, dall’altro, che le informazioni da esse prodotte il 20 luglio 2006 soddisfacevano le condizioni di cui trattasi.

172    Va verificato se, con gli argomenti addotti a sostegno del presente motivo, le ricorrenti siano riuscite a dimostrare che avrebbero dovuto beneficiare dell’immunità parziale per il 2005.

173    In primo luogo, secondo le ricorrenti, la Commissione ha interpretato erroneamente il punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, esigendo che, al fine di ottenere l’immunità parziale, esse fornissero prove sufficienti per dimostrare i fatti di cui trattasi. Infatti, il testo della suddetta comunicazione, quale interpretato dalla Commissione in altre cause, si limiterebbe a prevedere che tali prove siano pertinenti. Peraltro, la Commissione avrebbe applicato alla Samsung un trattamento di favore, concedendole l’immunità in base ad informazioni che non erano di qualità superiore rispetto alle informazioni fornite dalle ricorrenti.

174    A tal riguardo, va osservato che, conformemente ai principi ricordati ai precedenti punti da 161 a 168, la Commissione ha correttamente considerato che le informazioni fornite dalle ricorrenti il 17 luglio 2006 erano troppo vaghe per soddisfare le condizioni previste dalla disposizione di cui trattasi, quale interpretata dalla giurisprudenza.

175    Infatti, la lettura della dichiarazione delle ricorrenti del 17 luglio 2006 consente di dichiarare che, al punto 467 della decisione impugnata, la Commissione ha potuto correttamente rilevare quanto segue:

«(…) Nella specie, non sono sufficienti per dimostrare che l’infrazione si è protratta per tutto il 2005 le mere asserzioni orali fatte il 17 luglio 2006, secondo le quali riunioni, simili a quelle del 5 e del 19 ottobre 2001, sono proseguite fino all’inizio del 2005 e che, dopo tale data, alcuni scambi di informazioni sono proseguiti per un determinato periodo di tempo o che prezzi minimi e orientamenti di tariffazione venivano talvolta discussi o convenuti, ma che altrimenti tali riunioni si limitavano a scambi di informazioni sui prezzi, sulle capacità e sulla produzione. Nel periodo in cui [la LGD] ha sottoposto questo tipo di elementi di prova riguardanti il 2005 e anche i primi due mesi del 2006, segnatamente con la sua dichiarazione del 20 luglio 2006, la Samsung, quale richiedente l’immunità, con le sue dichiarazioni del 18 e del 20 luglio 2006, aveva già adeguatamente informato la Commissione in merito alla prosecuzione dell’infrazione nel 2005 (…)».

176    A differenza di quanto affermato dalle ricorrenti, la loro dichiarazione non può essere considerata come contenente elementi di prova precisi e corroborati, aventi una diretta incidenza sulla durata dell’infrazione ai sensi della giurisprudenza ricordata al precedente punto 168, che l’infrazione si è protratta per tutto il 2005. Infatti, sebbene la dichiarazione indichi che informazioni sui prezzi, sul mercato e sulle condizioni di approvvigionamento a livello mondiale, nonché informazioni sulle relazioni con determinati clienti, sono state scambiate durante riunioni svoltesi dall’ottobre 2001 all’inizio del 2005, è poi questione, dopo tale data, soltanto di «taluni scambi di informazioni» per un «certo lasso di tempo», senza che venga precisato di che tipo di informazioni si trattasse. I riferimenti, contenuti nella dichiarazione, a scambi di informazioni sui prezzi riguardano le summenzionate riunioni tenutesi tra il 2001 e l’inizio del 2005. Nulla nella dichiarazione evoca lo scambio di informazioni sui prezzi per il periodo successivo all’inizio del 2005. La dichiarazione non specifica neppure in quale data nel 2005 sia cambiata la natura delle riunioni, bensì si limita a indicare che tale cambiamento è avvenuto all’inizio dell’anno.

177    Ne consegue che le informazioni contenute nella dichiarazione delle ricorrenti in ordine all’anno 2005 sono troppo vaghe per avere una diretta incidenza sulla durata dell’intesa.

178    Quanto al fatto che la Commissione ha applicato alla Samsung criteri meno restrittivi quando le ha riconosciuto l’immunità da qualsiasi ammenda, è sufficiente rilevare che il criterio da applicare a tal fine, descritto al punto 8, lettera b), della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, è diverso da quello previsto al punto 23, lettera b), ultimo comma, della medesima. Infatti, la prima delle suddette disposizioni prevede che l’immunità totale vada concessa all’impresa che per prima fornisca elementi di prova che, a giudizio della Commissione, sono tali da consentirle di accertare un’intesa.

179    Il fatto che si tratti di criteri diversi costituisce una giustificazione oggettiva che consente alla Commissione di non trattare la Samsung e le ricorrenti allo stesso modo, senza con ciò violare il principio della parità di trattamento (v. la giurisprudenza ricordata al precedente punto 131).

(omissis)

189    Peraltro, è certamente vero che l’ultimo elemento di prova fornito dalla Samsung, di cui al precedente punto 187, non viene menzionato nella decisione impugnata, la quale si basa con maggiore frequenza sulle prove fornite dalle ricorrenti per quanto riguarda il 2005. Tuttavia, il mancato riferimento, nella decisione impugnata, a ciascuna delle prove fornite dalla Samsung non influisce sul fatto che, al momento della dichiarazione delle ricorrenti del 20 luglio 2006, grazie agli elementi forniti da quest’ultima impresa, la Commissione non ignorava che contatti bilaterali tra taluni partecipanti all’intesa erano proseguiti nel 2005.

190    La circostanza che la Commissione ha sovente usato le informazioni fornite dalle ricorrenti il 20 luglio 2006 conferma che esse avevano effettivamente un maggiore valore probatorio rispetto agli elementi rivelati in precedenza dalla Samsung. Tuttavia, proprio per tale ragione la Commissione ha ritenuto che gli elementi forniti dalle ricorrenti rappresentassero un «valore aggiunto significativo» ai sensi dei punti 21 e 22 della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, che giustifica una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda. A tal riguardo, deve essere sottolineato che i criteri di valutazione per la concessione di tale riduzione sono diversi da quelli, ricordati al precedente punto 166, che devono essere usati per determinare se la dichiarazione delle ricorrenti del 20 luglio 2006 potesse dare luogo alla concessione dell’immunità parziale anche per il 2005.

(omissis)

192    In quarto luogo, per quanto riguarda il fatto che le informazioni fornite dalla Samsung non riguardano le «riunioni Cristallo», bensì soltanto contatti bilaterali, va ricordato che la decisione impugnata, segnatamente al punto 70, definisce l’infrazione di cui trattasi nel senso che essa si estende non soltanto alle «riunioni Cristallo», bensì anche alle riunioni e ai contatti bilaterali tra i partecipanti. Di conseguenza, taluni elementi di prova riguardanti l’esistenza di tali contatti nel 2005 rilevano ai fini della prova che l’infrazione unica accertata nella decisione impugnata si è protratta per tutto l’anno in questione.

193    Quanto al fatto che le prove presentate dalla Samsung non riguardano specificamente la partecipazione delle ricorrenti all’intesa nel 2005, da una parte, va ricordato che, come osservato al precedente punto 185, uno dei messaggi di posta elettronica prodotti dalla Samsung indica la possibilità di chiedere alle ricorrenti le loro intenzioni circa taluni prezzi, il che dimostra che esse continuavano a partecipare all’intesa. Dall’altra, secondo la giurisprudenza, qualora si tratti di un’infrazione unica e continuata, un’impresa che abbia partecipato ad un’infrazione attraverso comportamenti propri, rientranti nelle nozioni di accordo o pratica concordata, soggetti all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e diretti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere anche responsabile, per tutta la durata della sua partecipazione alla suddetta infrazione, dei comportamenti posti in essere da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione (sentenze del Tribunale del 12 dicembre 2007, BASF e UCB/Commissione, T‑101/05 e T‑111/05, Racc. pag. II‑4949, punto 160, e del 2 febbraio 2012, Denki Kagaku Kogyo e Denka Chemicals/Commissione, T‑83/08, non pubblicata nella Raccolta, punto 242).

194    Da quanto precede emerge che gli argomenti delle ricorrenti diretti ad ottenere l’immunità parziale per il 2005 non sono fondati.

195    Ciò premesso, occorre esaminare, in ultimo luogo, l’argomento addotto dalle ricorrenti in subordine, relativo al fatto che l’immunità parziale loro riconosciuta dalla Commissione per il mese di gennaio 2006 avrebbe implicato di escludere tale mese da tutte le fasi del calcolo dell’importo dell’ammenda per quanto le riguarda.

196    Sul punto va ricordato che, come indicato nella tabella n. 5 della decisione impugnata, la Commissione ha escluso il mese di gennaio 2006 dal calcolo del coefficiente relativo alla durata dell’infrazione per quanto riguarda le ricorrenti. Infatti, è stato loro applicato un coefficiente pari a 4,16, mentre quello applicato agli altri partecipanti era pari a 4,25, corrispondente alla durata dell’intero periodo dell’infrazione, arrotondato per difetto.

197    Tuttavia, per definire il valore delle vendite dei beni connessi all’infrazione, valore in base al quale viene ottenuto l’importo di base per il calcolo dell’ammenda, per tutti i partecipanti all’infrazione la Commissione ha calcolato la media delle loro vendite nel corso di tutto il periodo dell’infrazione, compreso il mese di gennaio 2006.

198    Di conseguenza, anche per le ricorrenti la Commissione ha tenuto conto del totale delle loro vendite durante l’intero periodo dell’infrazione, compreso il mese di gennaio 2006, e ha diviso l’importo ottenuto per 4,33, durata dell’intero periodo dell’infrazione, arrotondato per eccesso.

199    Va ricordato che, come riconosciuto dalla Commissione al punto 468 della decisione impugnata, il fatto di riconoscere alle ricorrenti l’immunità parziale per il 2006 significa che, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda che deve essere loro inflitta, esse devono essere trattate come se avessero partecipato all’infrazione dal 5 ottobre 2001 al 31 dicembre 2005. In una formulazione più vicina ai termini del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, non si deve tenere conto dei fatti successivi al 31 dicembre 2005 per fissare l’importo della suddetta ammenda.

200    Orbene, con il suo modo di procedere nei confronti delle ricorrenti, la Commissione non ha rispettato il proprio impegno a non tenere conto del periodo coperto dall’immunità parziale, concessa in forza del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002.

201    Infatti, tale disposizione non prevede che la Commissione prescinda dai fatti coperti dalla suddetta immunità unicamente ai fini del calcolo del coefficiente relativo alla durata dell’infrazione; occorre invece riconoscerle una portata più generale, il che esclude dunque di prendere in considerazione i summenzionati fatti per tutti gli aspetti riguardanti la fissazione dell’importo dell’ammenda, ivi compreso il calcolo del valore medio delle vendite pertinenti. In sostanza, l’immunità parziale, quale prevista nella comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, equivale quindi a una «finzione giuridica» in forza della quale, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, la Commissione deve ragionare come se l’impresa beneficiaria di tale immunità non avesse partecipato all’infrazione nel periodo coperto da tale beneficio.

202    Per tale motivo occorre respingere la tesi della Commissione secondo cui l’immunità parziale non ha alcuna incidenza sulla scelta dell’anno o degli anni di riferimento utilizzati per calcolare il valore delle vendite pertinenti nel calcolo dell’importo di base dell’ammenda, dal momento che tale valore serve unicamente per stimare la potenziale nocività del partecipante all’intesa.

203    Da quanto precede emerge che il presente motivo deve essere parzialmente accolto, in quanto la Commissione ha tenuto conto, a torto, del mese di gennaio 2006 nel calcolo del valore delle vendite delle ricorrenti ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda che deve essere loro inflitta.

 Sul terzo motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe a torto rifiutato di considerare la cooperazione delle ricorrenti come circostanza attenuante ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda

(omissis)

205    Secondo il punto 29, quarto trattino, degli orientamenti del 2006, può costituire una circostanza attenuante, che può dare luogo ad una riduzione dell’importo dell’ammenda, il fatto che «l’impresa collabora efficacemente con la Commissione al di fuori del campo di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole [del 2002] e oltre quanto richiesto dagli obblighi di collaborazione previsti dalla legge».

206    A tal riguardo, occorre considerare che tale disposizione va interpretata nel senso che essa non consente a un’impresa di beneficiare di una duplice riduzione dell’importo dell’ammenda, a titolo della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002 e a titolo degli orientamenti del 2006, per la stessa cooperazione con la Commissione.

207    Infatti, dalla giurisprudenza risulta che, con riguardo alle infrazioni rientranti nell’ambito di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, in linea di principio, l’interessato non può validamente addebitare alla Commissione di non aver preso in considerazione il grado della sua cooperazione come circostanza attenuante al di fuori dell’ambito giuridico della predetta comunicazione (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, Racc. pag. II‑497, punto 586, e del 14 luglio 2011, Arkema France/Commissione, T‑189/06, Racc. pag. II‑5455, punto 178). Poiché la Commissione ha tenuto conto della cooperazione delle ricorrenti, riducendo l’importo dell’ammenda in forza della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002, non può esserle validamente addebitato di non aver applicato una riduzione supplementare dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti, al di fuori dell’ambito di applicazione della comunicazione di cui trattasi.

208    Ne consegue che la giurisprudenza secondo cui, in situazioni eccezionali, la Commissione è tenuta a concedere una riduzione dell’importo dell’ammenda a un’impresa in base al punto 29, quarto trattino, degli orientamenti del 2006 (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2011, Arkema France/Commissione, cit., punto 170, e sentenza Transcatab/Commissione, cit., punto 330) deve essere interpretata nel senso che l’esistenza di siffatte situazioni presuppone che la cooperazione dell’impresa interessata, pur andando oltre il suo obbligo legale di collaborare, non le conferisca tuttavia diritto a una riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002.

209    Nella specie, poiché la Commissione addebita alle ricorrenti di aver partecipato a un’intesa, è incontestabile che si tratta di un’infrazione rientrante nell’ambito di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002 (v., per analogia, sentenza della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 381).

210    Del pari, è pacifico che le ricorrenti hanno beneficiato di una riduzione dell’importo dell’ammenda in applicazione della suddetta comunicazione.

211    Atteso quanto precede, le ricorrenti potrebbero beneficiare di una riduzione supplementare, a titolo di circostanza attenuante, soltanto in base ad una cooperazione diversa da quella già presa in considerazione nell’ambito della comunicazione sul trattamento favorevole del 2002 e che soddisfi le condizioni richieste per l’applicazione del punto 29, quarto trattino, degli orientamenti del 2006.

(omissis)

 Sul quarto motivo, vertente sull’esclusione dal procedimento dei fornitori giapponesi di LCD

(omissis)

 Sul concetto d’infrazione unica e continuata

(omissis)

220    Occorre innanzitutto ricordare che la nozione d’infrazione unica riguarda la situazione in cui più imprese abbiano preso parte ad un’infrazione costituita da un comportamento continuato avente un unico obiettivo economico volto a falsare la concorrenza, oppure da infrazioni singole tra loro collegate da un’identità di oggetto (stessa finalità dell’insieme degli elementi) e di soggetti (identità delle imprese interessate, consapevoli di partecipare all’oggetto comune) (v. sentenza del Tribunale del 28 aprile 2010, Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, T‑446/05, Racc. pag. II‑1255, punto 89, e la giurisprudenza citata).

221    Si deve poi rilevare che una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o, ancora, da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero anche costituire di per sé stessi e presi isolatamente una violazione della suddetta disposizione. Ove le diverse azioni facciano parte di un piano globale a causa del loro identico oggetto, consistente nel falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato unico, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni alle imprese di cui trattasi in funzione della loro partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (v. sentenza Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, cit., punto 90, e giurisprudenza ivi citata).

222    A tal riguardo, in primo luogo, occorre osservare che, sebbene tale giurisprudenza consenta alla Commissione di perseguire, con un unico procedimento e un’unica decisione, contemporaneamente più comportamenti che avrebbero potuto essere perseguiti singolarmente, essa non comporta l’obbligo per la Commissione di procedere in tal modo. Pertanto, in linea di principio, non può essere addebitato alla Commissione di perseguire separatamente vari comportamenti che essa avrebbe potuto raggruppare in un’infrazione unica e continuata. Peraltro, ciascuno di tali comportamenti potrebbe racchiudere in sé molteplici infrazioni.

223    Ne consegue che la Commissione dispone di un potere discrezionale in ordine alla portata dei procedimenti da essa avviati. Infatti, secondo la giurisprudenza, essa non può essere costretta ad accertare e a sanzionare qualsiasi comportamento anticoncorrenziale e i giudici dell’Unione non potrebbero – neanche solo ai fini di una riduzione dell’importo dell’ammenda – dichiarare che la Commissione, alla luce delle prove in suo possesso, avrebbe dovuto provare l’esistenza di un’infrazione in un dato periodo e nei confronti di una determinata impresa (v., in tal senso, sentenza Tokai Carbon e a./Commissione, cit., punti 369 e 370).

224    L’esercizio di tale potere è soggetto al controllo giurisdizionale. Tuttavia, dalla giurisprudenza emerge che solo qualora si sia potuto dimostrare che la Commissione aveva avviato, senza una ragione oggettiva, due distinti procedimenti relativi ad una situazione di fatto unitaria la sua scelta potrebbe essere considerata uno sviamento di potere (v., in tal senso, sentenza della Corte del 29 giugno 2010, Commissione/Alrosa, C‑441/07 P, Racc. pag. I‑5949, punto 89).

225    Nel caso di specie, la Commissione ha ritenuto di non disporre, o di non disporre ancora, di prove sufficienti a carico dei fornitori giapponesi e ha quindi scelto di non perseguirli contemporaneamente alle ricorrenti e agli altri destinatari della decisione impugnata. Orbene, tale circostanza costituisce una ragione oggettiva, che giustifica la scelta della Commissione. È evidente che, nell’ambito del procedimento avviato nei confronti dei fornitori giapponesi, la Commissione è tenuta a rispettare segnatamente il principio del ne bis in idem nei confronti delle ricorrenti.

(omissis)

228    Nel caso di specie, va anzitutto osservato che l’infrazione che la Commissione ha contestato ai destinatari della decisione impugnata consiste nel fatto di aver partecipato, da un lato, alle «riunioni Cristallo», nel corso delle quali fissavano prezzi minimi per gli LCD oggetto del cartello, discutevano proiezioni di prezzo per evitarne la diminuzione e coordinavano i loro aumenti di prezzi nonché i loro livelli di produzione e, dall’altro, a riunioni bilaterali riguardanti i temi discussi durante le «riunioni Cristallo» (v. punto 20 supra).

229    Orbene, le ricorrenti ammettono che i fornitori giapponesi non hanno partecipato alle «riunioni Cristallo», bensì ad altre riunioni, alle quali tuttavia i destinatari della decisione impugnata non hanno preso parte.

230    Anche supponendo che i fornitori giapponesi abbiano anch’essi messo in atto, tra di loro o altresì con i destinatari della decisione impugnata, un’intesa volta a falsare il gioco della concorrenza sui prezzi degli LCD, non si può considerare che la loro strategia a tal fine rientri necessariamente nello stesso piano globale e impieghi metodi uguali a quelli concepiti dai destinatari della decisione impugnata.

231    La mancanza di prova di un piano globale e di metodi comuni costituisce una ragione oggettiva che consente alla Commissione di perseguire l’infrazione commessa dalle ricorrenti senza includere nello stesso procedimento quella eventualmente commessa dai fornitori giapponesi.

(omissis)

234    Peraltro, occorre respingere l’argomento che le ricorrenti cercano di trarre dal fatto che, nelle sue memorie dinanzi al Tribunale, la Commissione ha sostenuto che, per conformarsi ai principi sanciti nella sentenza del Tribunale del 12 ottobre 2007, Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione (T‑474/04, Racc. pag. II‑4225, punti da 72 a 81), nella decisione impugnata essa ha omesso qualsiasi riferimento ai fornitori giapponesi, mentre invece essi erano stati menzionati nella comunicazione degli addebiti, pur non essendone destinatari.

235    A tal riguardo, va ricordato che dalla citata sentenza Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione, emerge infatti che, al fine di rispettare segnatamente la presunzione di innocenza, nelle sue decisioni la Commissione deve evitare di pubblicare riferimenti semplicemente atti ad accusare un’impresa di un’infrazione, qualora il dispositivo di tale decisione non riguardi la suddetta impresa. Tuttavia, il fatto che, in applicazione dei principi sanciti nella suddetta sentenza, nella decisione impugnata la Commissione non ha menzionato i fornitori giapponesi significa soltanto che essa ha rispettato la presunzione di innocenza nei confronti di tali fornitori. Per contro, tale mancata menzione non può essere interpretata nel senso che la Commissione ha preso posizione, se non altro implicitamente, in merito alla partecipazione dei fornitori giapponesi a pratiche anticoncorrenziali riguardanti gli LCD oggetto del cartello.

(omissis)

 Sulla presunta violazione dell’obbligo di motivazione

(omissis)

238    A tal riguardo, va rammentato che la Commissione non aveva alcun obbligo di esporre, nella decisione impugnata, le ragioni per cui i fornitori giapponesi non erano stati perseguiti. Infatti, l’obbligo di motivazione di un atto non può comprendere un obbligo per l’istituzione che ne è l’autrice di motivare il fatto di non aver adottato altri atti simili indirizzati a terzi (sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, Racc. pag. II‑2501, punto 414, e del 4 luglio 2006, Hoek Loos/Commissione, T‑304/02, Racc. pag. II‑1887, punto 63). L’argomentazione addotta dalle ricorrenti deve quindi essere respinta.

 Sulle presunte violazioni dei principi della certezza del diritto e del ne bis in idem

(omissis)

242    Nel caso di specie, le ricorrenti non possono invocare il principio del ne bis in idem, in quanto il loro ricorso riguarda la decisione che pone fine al primo procedimento avviato dalla Commissione nei loro confronti per un’infrazione relativa agli LCD oggetto del cartello. Infatti, tale principio può essere invocato soltanto contro una decisione che concluda un eventuale secondo procedimento, relativo alla medesima infrazione. Per contro, tale principio non può assumere alcun rilievo nei confronti della decisione impugnata, la cui esistenza costituisce una condizione sine qua non affinché il principio in questione possa essere invocato nei confronti del secondo procedimento.

243    La certezza del diritto delle ricorrenti è garantita dal fatto che qualsiasi decisione della Commissione che le perseguisse per la stessa infrazione di quella oggetto della decisione impugnata sarebbe contraria al principio del ne bis in idem. Il rispetto di tale principio, evidentemente, non può concepirsi in via preventiva, nell’ambito del presente ricorso diretto contro la decisione impugnata.

244    In merito alla circostanza secondo cui la Commissione ha avviato un procedimento nei confronti dei fornitori giapponesi, nell’ambito del quale ha richiesto informazioni alle ricorrenti, essa non ha alcuna incidenza sulla legittimità della decisione impugnata o sull’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti. Invero, il fatto di essere stati perseguiti per l’infrazione accertata nella decisione impugnata non esime le ricorrenti dal loro dovere di collaborare con la Commissione ai fini di un procedimento che può sfociare nell’accertamento di un’infrazione commessa da altre imprese o perfino da esse, purché i fatti considerati dalla Commissione a tal fine siano diversi da quelli su cui la decisione impugnata è fondata, fermo restando che quest’ultima non riguardava i fornitori giapponesi.

(omissis)

 Sulla presunta violazione del principio di proporzionalità

(omissis)

248    Va osservato che la proporzionalità di un’ammenda deve essere valutata alla luce di tutte le circostanze dell’infrazione (v. sentenza del Tribunale del 29 novembre 2005, SNCZ/Commissione, T‑52/02, Racc. pag. II‑5005, punto 58, e la giurisprudenza citata). Orbene, i rischi, invocati dalle ricorrenti, di dovere sopportare spese supplementari in seguito a un secondo procedimento avviato dalla Commissione nei confronti segnatamente dei fornitori giapponesi, non possono essere considerati circostanze relative all’infrazione commessa dalle ricorrenti, accertata nella decisione impugnata.

(omissis)

 Esercizio della competenza estesa al merito

252    Oltre all’annullamento parziale della decisione impugnata, le ricorrenti chiedono al Tribunale di ridurre l’importo dell’ammenda loro inflitta dalla Commissione, fondandosi sul fatto che quest’ultima sarebbe incorsa negli errori menzionati nei motivi sopra esaminati e, per quanto riguarda l’esclusione dal procedimento dei fornitori giapponesi di LCD, anche sulla possibilità che l’apertura di un procedimento riguardante tali fornitori arrechi un pregiudizio alle ricorrenti.

253    Dall’esame dei motivi delle ricorrenti emerge che l’unico errore in cui è incorsa la Commissione nella fissazione dell’ammenda loro inflitta è quello di aver tenuto conto del mese di gennaio 2006 nel calcolo del valore medio delle loro vendite (punti da 195 a 203 supra). Peraltro, per le ragioni illustrate al precedente punto 244, non si può considerare che l’avvio, da parte della Commissione, di un procedimento riguardante i fornitori giapponesi abbia arrecato un pregiudizio alle ricorrenti. Ad ogni modo, tale circostanza non ha inciso sulla gravità e sulla durata dell’infrazione commessa dalle ricorrenti.

254    Ciò premesso, va esaminata la domanda delle ricorrenti volta ad ottenere che il Tribunale corregga l’errore relativo al mese di gennaio 2006 e riduca di conseguenza l’importo dell’ammenda loro inflitta dalla Commissione.

255    Va ricordato che il controllo di legittimità delle decisioni adottate dalla Commissione è completato dalla competenza estesa al merito riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), conformemente all’articolo 261 TFUE. Tale competenza autorizza il giudice, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o maggiorare l’importo dell’ammenda o della penalità inflitta.

256    Spetta quindi al Tribunale, nell’ambito della sua competenza estesa al merito, valutare, alla data in cui adotta la propria decisione, se alle ricorrenti sia stata inflitta un’ammenda il cui importo riflette adeguatamente la gravità e la durata dell’infrazione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 27 settembre 2012, Shell Petroleum e a./Commissione, T‑343/06, punto 117, e la giurisprudenza ivi citata).

257    Nella specie, va osservato che le parti convengono che l’esclusione del mese di gennaio 2006 dal calcolo del valore medio delle vendite pertinenti delle ricorrenti ha come conseguenza che, applicando alla suddetta media lo stesso metodo seguito nella decisione impugnata, l’importo dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti ammonta a EUR 210 000 000.

258    Pertanto, in mancanza di altri elementi atti a giustificare un più ampio riesame dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti nella decisione impugnata e alla luce di tutte le circostanze delle specie, tale importo deve essere ridotto a EUR 210 000 000.

259    Peraltro, tenuto conto di quanto precede, i restanti capi della domanda devono essere respinti.

(omissis)

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’importo dell’ammenda inflitta in solido alla LG Display Co. Ltd e alla LG Display Taiwan Co. Ltd. all’articolo 2 della decisione C(2010) 8761 def. della Commissione, dell’8 dicembre 2010, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (caso COMP/39.309 – LCD), è fissato in EUR 210 000 000.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La LG Display e la LG Display Taiwan sopporteranno le proprie spese nonché tre quarti di quelle sostenute dalla Commissione europea.

4)      La Commissione sopporterà un quarto delle proprie spese.

Kanninen

Berardis

Wetter

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 febbraio 2014.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.


1 –      Vengono riprodotti unicamente i punti della presente sentenza di cui il Tribunale ritiene utile la pubblicazione.