Language of document : ECLI:EU:T:2011:217

Causa T‑299/08

Elf Aquitaine SA

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato del clorato di sodio — Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’Accordo SEE — Imputabilità del comportamento illecito — Diritti della difesa — Obbligo di motivazione — Principio di individualità delle pene e delle sanzioni — Principio di legalità delle pene — Presunzione d’innocenza — Principio di buona amministrazione — Principio della certezza del diritto — Sviamento di potere — Ammende — Circostanza aggravante — Deterrenza — Circostanza attenuante — Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo — Valore aggiunto significativo»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Unità economica — Criteri di valutazione

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

2.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comunicazione degli addebiti — Contenuto necessario — Rispetto dei diritti della difesa — Portata

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 23 e 27, n. 1)

3.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Unità economica — Criteri di valutazione

(Art. 81, n. 1, CE)

4.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Unità economica

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

5.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Unità economica — Criteri di valutazione

(Art. 81, n. 1, CE)

6.      Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata — Decisione di applicazione delle norme sulla concorrenza — Decisione riguardante una pluralità di destinatari — Necessità di una motivazione sufficiente in particolare nei confronti dell’ente che deve sostenere l’onere conseguente a un’infrazione

(Artt. 81, n. 1, CE e 253 CE)

7.      Atti delle istituzioni — Presunzione di validità — Decisione della Commissione che addebita ad una società controllante la violazione del diritto della concorrenza commessa dalla sua controllata

(Art. 249 CE)

8.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Carattere dissuasivo

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 2006/C 210/02, punti 25 e 30)

9.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Non imposizione o riduzione dell’ammenda in contropartita della cooperazione dell’impresa incriminata — Necessità di un comportamento che abbia agevolato l’accertamento dell’infrazione da parte della Commissione

[Regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 18 e 23, n. 2; comunicazione della Commissione 2002/C 45/03, punti 20, 21 e 23, lett. b)]

10.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Potere discrezionale della Commissione — Sindacato giurisdizionale — Competenza del giudice dell’Unione estesa al merito

(Art. 229 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 31)

1.      Il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra i due enti giuridici. Infatti, ciò si verifica perché, in tale situazione, la società controllante e la propria controllata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, formano una sola impresa, circostanza che consente alla Commissione di emanare una decisione che infligge ammende nei confronti della società controllante, senza necessità di dimostrare l’implicazione personale di quest’ultima nell’infrazione.

Riguardo al caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata che abbia infranto le norme in materia di concorrenza, da un lato, la società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento di tale controllata e, dall’altro, esiste una presunzione semplice secondo cui detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata.

Alla luce di tali considerazioni è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla controllante per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata. La Commissione potrà poi ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla propria controllata, a meno che tale società controllante, cui incombe l’onere di confutare tale presunzione, non fornisca sufficienti elementi probatori idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato.

Infatti, la Commissione non è tenuta a comprovare la suddetta presunzione di esercizio di un’influenza determinante con indizi supplementari. Sebbene una prassi decisionale della Commissione, precedente all’adozione della decisione, fosse consistita nel comprovare detta presunzione con indizi supplementari, tale osservazione non può che rimanere priva di influenza sulla conclusione secondo cui la Commissione è legittimata a basarsi unicamente sul fatto che una società controllante deteneva la quasi totalità del capitale sociale della sua controllata per presumere che essa esercitasse su quest’ultima un’influenza determinante.

(v. punti 49-52, 59)

2.      Il rispetto dei diritti della difesa esige che l’impresa chiamata a rispondere di una violazione delle norme sulla concorrenza sia stata messa in grado, durante il procedimento amministrativo avviato dinanzi alla Commissione, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita trasgressione del Trattato.

Il regolamento n. 1/2003 prevede, all’art. 27, n. 1, l’invio alle parti di una comunicazione degli addebiti che deve contenere in termini chiari tutti gli elementi essenziali su cui la Commissione si fonda in tale fase del procedimento, per consentire agli interessati di prendere effettivamente conoscenza dei comportamenti loro contestati dalla Commissione e di far valere utilmente la loro difesa prima che essa adotti una decisione definitiva.

Una tale comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale del principio fondamentale del diritto comunitario che richiede il rispetto delle prerogative della difesa in qualsiasi procedimento. Tale principio esige in particolare che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale intende infliggere una sanzione per violazione delle regole di concorrenza contenga gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova su cui si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico.

In particolare, la comunicazione degli addebiti deve precisare in maniera inequivocabile la persona giuridica alla quale potranno essere inflitte ammende, dev’essere inviata a quest’ultima e deve indicare in che qualità a tale persona giuridica sono contestati i fatti addebitati. È infatti con la comunicazione degli addebiti che l’impresa interessata viene informata di tutti gli elementi essenziali sui quali si fonda la Commissione in tale fase del procedimento. Di conseguenza, solo dopo l’invio di detta comunicazione l’impresa interessata può far pienamente valere i suoi diritti della difesa.

Pertanto, allorché la Commissione informa una società controllante, in una comunicazione degli addebiti, che intende imputarle, sul fondamento della presunzione di esercizio di un’influenza determinante, il comportamento illecito della sua controllata, il fatto che la Commissione non abbia assunto alcun provvedimento istruttorio nei confronti di detta società prima di notificarle la comunicazione degli addebiti non viola i diritti della difesa di tale impresa. In proposito, tale società è stata messa in grado di far conoscere utilmente il proprio punto di vista nel corso della fase amministrativa del procedimento riguardo all’effettività e alla pertinenza dei fatti e delle circostanze dedotti dalla Commissione nella sua comunicazione degli addebiti, tanto nelle sue osservazioni in risposta a tale comunicazione, quanto durante l’audizione presso il consigliere auditore.

(v. punti 134-140)

3.      In forza del principio del carattere individuale delle pene e delle sanzioni, una persona fisica o giuridica può essere sanzionata esclusivamente per fatti ad essa individualmente ascritti. Il principio in questione è applicabile in qualsiasi procedimento amministrativo che possa concludersi con l’irrogazione di sanzioni in forza delle norme sulla concorrenza.

Tuttavia, tale principio deve conciliarsi con la nozione di impresa ai sensi dell’art. 81 CE. Pertanto, qualora l’entità economica violi le regole della concorrenza, è tenuta, secondo il principio della responsabilità personale, a rispondere di tale infrazione.

Infatti, non è un atto di istigazione a commettere l’illecito compiuto dalla società controllante nei confronti della sua controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in tale illecito, ma il fatto che esse costituiscono un’unica impresa ai sensi dell’art. 81 CE che permette alla Commissione di adottare la decisione che impone ammende nei confronti di una società capogruppo.

Pertanto, la Commissione non viola il principio d’individualità delle pene e delle sanzioni condannando una società controllante per un’infrazione che si è presunto avesse commesso a causa dei legami economici e giuridici che la univano alla sua controllata e che le permettevano di determinare il comportamento di quest’ultima sul mercato.

(v. punti 178-181)

4.      Il principio di legalità delle pene impone che la legge definisca chiaramente le infrazioni e le pene che essa reprime. Tale condizione si rivela soddisfatta allorché il soggetto sia in grado di sapere, sulla base del dettato della disposizione pertinente e con l’aiuto di un’interpretazione che ne è data dai tribunali, quali atti e omissioni implicano la sua responsabilità penale.

Orbene, ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese che commettano, in particolare, un’infrazione alle disposizioni dell’art. 81 CE. Nella misura in cui una società controllante e la sua controllata sono state considerate costituire un’impresa, ai sensi di quest’ultimo articolo, la Commissione, senza violare il principio della legalità delle pene, può imporre un’ammenda alle persone giuridiche che facevano parte della suddetta impresa.

(v. punti 187-189)

5.      Il principio della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato.

Nell’ambito di una decisione della Commissione che infligge un’ammenda ad una società controllante per un’infrazione alle norme sulla concorrenza commessa dalla sua controllata, in applicazione della presunzione di influenza determinante della società controllante che detiene la quasi totalità del capitale sociale della propria controllata, la Commissione dispone di un margine di discrezionalità per decidere se sia opportuno imputare la responsabilità di un’infrazione ad una controllante.

Pertanto, poiché la Commissione ha la facoltà, ma non l’obbligo, di imputare la responsabilità dell’infrazione a una società controllante, allorché le condizioni di una simile presunzione sono soddisfatte, il semplice fatto che la Commissione non abbia proceduto a tale imputazione in un altro caso non implica che essa sia tenuta ad effettuare la stessa valutazione in una decisione impugnata. Tuttavia, tale imputazione è soggetta al controllo dei giudici dell’Unione, ai quali spetta di verificare che ricorrano le condizioni di una siffatta imputazione.

(v. punti 196-198)

6.      La motivazione richiesta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara ed inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento volto ad analizzare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE deve essere valutato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia.

Allorquando una decisione che applica l’art. 81 CE riguarda più destinatari e pone un problema di imputabilità dell’infrazione, essa deve contenere una motivazione sufficiente nei confronti di ciascuno dei destinatari, specie di quelli che, secondo il tenore della stessa decisione, dovranno sopportare l’onere conseguente all’infrazione. Ne consegue che, per essere sufficientemente motivata nei confronti delle società controllanti delle controllate autrici dell’infrazione, la decisione della Commissione deve contenere un’esposizione esauriente dei motivi atti a giustificare l’imputabilità dell’infrazione a tali società.

(v. punti 216-217)

7.      Le decisioni della Commissione si presumono valide e producono effetti giuridici finché non siano state annullate o revocate. Inoltre, la Commissione non è tenuta a sospendere il procedimento avviato nei confronti di una società, per infrazioni alle regole della concorrenza, in attesa che il giudice dell’Unione si pronunci su un ricorso proposto dalla stessa società contro un’altra decisione che la sanziona per altre infrazioni alle regole della concorrenza. Infatti, nessuna disposizione di legge impone alla Commissione di sospendere l’adozione di decisioni in cause vertenti su fatti diversi.

(v. punto 241)

8.      Nell’ambito del potere della Commissione di infliggere ammende alle imprese che commettono un’infrazione ai sensi dell’art. 81 CE, in via di principio la responsabilità per l’impresa di cui trattasi incombe alla persona fisica o giuridica che dirigeva l’impresa interessata al momento in cui l’infrazione è stata commessa, pur se, alla data di adozione della decisione che ha constatato l’infrazione, la gestione dell’impresa era stata posta sotto la responsabilità di un’altra persona. Per l’applicazione e l’esecuzione delle decisioni prese dalla Commissione ai sensi dell’art. 81 CE, è necessario identificare un’entità dotata di personalità giuridica. Infatti, quando la Commissione adotta una decisione in applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, essa deve identificare la o le persone, fisiche o giuridiche, potenzialmente responsabili del comportamento dell’impresa in causa e sanzionabili a tal titolo, alle quali indirizzare la decisione.

Gli orientamenti adottati dalla Commissione per calcolare l’importo delle ammende garantiscono la certezza del diritto delle imprese, dato che determinano la metodologia che la Commissione si è imposta per la fissazione dell’importo delle ammende. L’amministrazione non può discostarsene, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento.

Per quanto riguarda due società, ossia una società controllante e la sua controllata, che costituiscono, all’epoca della commissione dell’infrazione, un’impresa ai sensi dell’art. 81 CE, ma che non esistevano più in tale forma alla data dell’adozione della decisione che imponeva loro un’ammenda, la Commissione può, da un lato, infliggere, conformemente all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, un’ammenda in solido a tali due imprese, che devono rispondere dell’infrazione commessa, e, dall’altro lato, imporre alla sola società controllante, ai sensi del punto 30 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003, una maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda, dal momento che il fatturato particolarmente importante di essa, rispetto alle altre entità sanzionate al momento dell’adozione della decisione, le permetteva di mobilizzare più facilmente i fondi necessari per il pagamento di un’ammenda.

A tale riguardo, il fatto che l’ammenda, imposta a scopo dissuasivo alla sola società controllante, sia calcolata con riguardo all’importo di base dell’ammenda inflitta in solido alle due società, e che già include una maggiorazione specifica a scopo dissuasivo, non può essere iniquo.

Infatti, l’ammenda imposta in solido alle due società corrisponde all’importo di base dell’ammenda comprensivo di un importo addizionale calcolato in funzione di una certa aliquota del valore delle vendite della controllata, conformemente al punto 25 degli orientamenti, «al fine di dissuadere ulteriormente le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione».

Per contro, l’ammenda irrogata alla sola società controllante e comprendente una notevole maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda ha lo scopo, conformemente al punto 30 degli orientamenti, di «garantire l’effetto sufficientemente dissuasivo delle ammende» per le imprese il cui fatturato, oltre alle vendite di beni e servizi oggetto dell’infrazione, è particolarmente considerevole.

Pertanto, da un lato, l’importo addizionale applicato ai sensi del punto 25 degli orientamenti e, dall’altro lato, la maggiorazione specifica imposta alla società controllante in forza del punto 30 degli orientamenti, rispondono a due obiettivi dissuasivi distinti, di cui la Commissione può giustamente tener conto nel determinare l’ammenda.

(v. punti 250-253, 255-256, 288-289)

9.      La Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende e può, a questo proposito, tener conto di molteplici elementi, tra i quali figura la cooperazione delle imprese interessate in occasione dell’indagine condotta dai propri servizi. In tale contesto, la Commissione è chiamata ad effettuare complesse valutazioni di fatto, quali quelle riguardanti la cooperazione fornita da ciascuna delle imprese suddette. Nell’ambito della valutazione della cooperazione fornita dai membri di un’intesa, solo un errore manifesto di valutazione da parte della Commissione può essere censurato, poiché essa gode di un ampio potere discrezionale nel valutare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita da un’impresa, segnatamente in rapporto ai contributi offerti da altre imprese.

Se è vero che la Commissione è tenuta a motivare per quali ragioni ritiene che elementi di prova forniti dalle imprese nel quadro della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese costituiscano un contributo che giustifica o meno una riduzione dell’ammenda inflitta, spetta, in compenso, alle imprese che desiderino contestare la decisione della Commissione a tal riguardo dimostrare che essa, in mancanza di tali informazioni fornite volontariamente da queste imprese, non sarebbe stata in grado di provare la sostanza dell’infrazione e di adottare quindi una decisione con conseguenti ammende.

La riduzione delle ammende, nel caso della cooperazione di imprese che partecipino ad infrazioni al diritto della concorrenza, trova il suo fondamento nella considerazione secondo cui tale cooperazione facilita il compito della Commissione mirante a dichiarare l’esistenza di un’infrazione e, se del caso, a porvi fine. Tenuto conto della ragion d’essere della riduzione, la Commissione non può non tener conto dell’utilità dell’informazione fornita, la quale deve necessariamente dipendere dagli elementi di prova già in suo possesso.

Quando un’impresa, nell’ambito della cooperazione, si limita a confermare in maniera meno circostanziata ed esplicita informazioni già fornite da un’altra impresa nell’ambito della cooperazione, il grado della cooperazione fornita da tale impresa, quand’anche possa presentare una certa utilità per la Commissione, non può essere considerato equiparabile a quello della prima impresa che ha trasmesso le dette informazioni. Una dichiarazione che si limiti a corroborare, in una certa misura, una dichiarazione di cui la Commissione disponeva già, infatti, non agevola in misura significativa l’assolvimento dei compiti di quest’ultima. Essa quindi non è sufficiente a giustificare una riduzione dell’importo dell’ammenda in considerazione della cooperazione. Inoltre, la collaborazione di un’impresa alle indagini non dà diritto ad alcuna riduzione dell’ammenda qualora tale collaborazione non abbia oltrepassato quanto l’impresa era tenuta a fare in forza dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003.

(v. punti 340-344)

10.    Quanto al controllo esercitato dal giudice dell’Unione sulle decisioni della Commissione in materia di concorrenza, al di là del semplice controllo di legittimità, che consente soltanto di respingere il ricorso di annullamento o di annullare l’atto impugnato, la competenza giurisdizionale estesa al merito conferita, ai sensi dell’art. 229 CE, al Tribunale dall’art. 31 del regolamento n. 1/2003 legittima tale giudice a riformare l’atto impugnato, anche in assenza di annullamento, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto, al fine di modificare, ad esempio, l’importo dell’ammenda.

(v. punto 379)