Language of document : ECLI:EU:T:2005:135

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

20 aprile 2005 (*)

«Marchio comunitario – Domanda di registrazione di marchio figurativo Faber – Opposizione del titolare dei marchi nazionali denominativo e figurativi NABER – Diniego di registrazione»

Nella causa T‑211/03,

Faber Chimica Srl, con sede in Fabriano, rappresentata dagli avv.ti P. Tartuferi e M. Andreano,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalla sig.ra M. Capostagno e dal sig. O. Montalto, in qualità di agenti,

convenuto,

altra parte nel procedimento dinanzi alla Commissione di ricorso dell’UAMI:

Industrias Químicas Naber, SA Nabersa, con sede in Valencia (Spagna),

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI 19 marzo 2003 (procedimento R 620/2001‑4), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Faber Chimica Srl e la Industrias Químicas Naber, SA Nabersa,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. J. Pirrung, presidente, N.J. Forwood e S. Papasavvas, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale,

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 13 giugno 2003,

visto il controricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 settembre 2003,

a seguito dell’udienza dell’11 gennaio 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 I fatti

1        Il 14 novembre 1997, la ricorrente ha presentato, ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato, una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«UAMI»).

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno figurativo Faber, come qui di seguito riprodotto:

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3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 1, 2 e 3 ai sensi dell’accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per la registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 1: «Prodotti chimici destinati all’industria e alle scienze; resine artificiali grezze; materie concianti; adesivi (collanti) destinati all’industria»;

–        classe 2: «Colori, vernici, lacche; preservanti contro la ruggine e contro il deterioramento del legno; materie tintorie; mordenti; resine naturali grezze; metalli in fogli ed in polvere per pittori, decoratori, tipografi ed artisti»;

–        classe 3: «Preparati per la sbianca ed altre sostanze per il bucato; preparati per pulire, lucidare, sgrassare, abradere; saponi; profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli; dentifrici».

4        L’11 gennaio 1999 la domanda è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 2/99.

5        Il 12 aprile 1999, la Industrias Químicas Naber, SA Nabersa (in prosieguo: l’«opponente»), ha proposto opposizione, ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94, contro la registrazione del marchio richiesto, per tutti i prodotti oggetto della domanda di marchio. Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era il rischio di confusione, menzionato all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. L’opposizione si fondava sull’esistenza dei seguenti marchi nazionali anteriori, di cui l'opponente è titolare:

–        il marchio denominativo NABER, registrato in Spagna con il n. 801 202 per prodotti della classe 1 («Prodotti chimici e sostanze adesive per l’industria, decoloranti; resine artificiali e sintetiche»);

–        i tre marchi figurativi Naber, come rappresentati qui di seguito, registrati in Spagna con i nn. 2 072 120, 2 072 121 e 2 072 122 per designare rispettivamente prodotti della classe 1 [«Prodotti chimici destinati all’industria, alla scienza (con eccezione di quelli destinati alla ricerca medica), alla fotografia come anche all’agricoltura, orticoltura e silvicoltura; resine artificiali allo stato grezzo; materie plastiche allo stato grezzo; concimi per la terra (naturali ed artificiali); composti disinfestanti; preparati per la tempera e la saldatura dei metalli; prodotti chimici per la conservazione alimentare; materie concianti; sostanze adesive per l’industria»], della classe 2 («Colori, vernici, lacche; preservanti contro la ruggine e contro il deterioramento del legno; materie tintorie; mordenti; resine naturali grezze; metalli in fogli ed in polvere per pittori, decoratori, tipografi ed artisti») e della classe 3 («Preparati per sbiancare ed altre sostanze per il bucato; preparati per pulire, lucidare, sgrassare, abradere; saponi; profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli; dentifrici; deodoranti a uso personale»).

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6        Con decisione 23 aprile 2001, la divisione di opposizione ha respinto l’opposizione dichiarando che non sussisteva somiglianza visiva, fonetica o concettuale tra i marchi in oggetto né, pertanto, alcun rischio di confusione tra loro.

7        Il 25 giugno 2001, l’opponente ha proposto dinanzi all’UAMI, ai sensi degli artt. 57‑62 del regolamento n. 40/94, ricorso avverso la decisione della divisione d’opposizione.

8        Con decisione 19 marzo 2003 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), notificata alla ricorrente con lettera del 3 aprile 2003, la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha, da un lato, confermato la valutazione operata dalla divisione di opposizione secondo la quale non sussisteva somiglianza tra il marchio richiesto e i marchi figurativi anteriori e, dall’altro, dopo aver escluso la pertinenza nella fattispecie della valutazione sul piano concettuale, ha riconosciuto la sussistenza di una somiglianza visiva e fonetica tra il marchio richiesto e il marchio denominativo anteriore, nonché una somiglianza tra i prodotti contraddistinti da tali due marchi. La commissione di ricorso ha pertanto accolto il ricorso, annullando parzialmente la decisione della divisione di opposizione.

 Conclusioni delle parti

9        La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare o riformare la decisione impugnata nella parte in cui ritiene sussistente la similitudine, e quindi il rischio di confusione, tra il marchio richiesto e il marchio denominativo anteriore dell’opponente;

–        condannare l’UAMI alle spese, comprese quelle sostenute nel procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI;

–        in via istruttoria, ammettere una consulenza tecnica d’ufficio diretta ad accertare l’esclusione della somiglianza fonetica tra i vocaboli «naber» e «faber» nella lingua spagnola.

10      L’Ufficio conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la parte ricorrente alle spese.

 In diritto

 Argomenti delle parti

11      La ricorrente deduce sostanzialmente un unico motivo, vertente sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

12      In proposito, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di avere ragionato in maniera contraddittoria valutando in modo diverso, nella decisione impugnata, la somiglianza tra il marchio richiesto e i marchi anteriori dell’opponente, a seconda che si trattasse dei marchi anteriori figurativi o di quello denominativo. In tal senso, dopo aver correttamente concluso per l’insussistenza di ogni rischio di confusione tra il marchio richiesto e i marchi figurativi anteriori, attribuendo un valore decisivo all’elemento visivo dei segni di cui trattasi (punti 14‑25 della decisione impugnata), la commissione di ricorso avrebbe poi erroneamente concluso per la sussistenza di un rischio di confusione tra il detto marchio e il marchio denominativo anteriore dell’opponente, per il motivo, in particolare, che quest’ultimo può adottare ogni tipo di rappresentazione grafica (punto 26 della decisione impugnata). In questo iter logico, la commissione di ricorso si sarebbe erroneamente fondata su un «potenziale futuro ipotetico mutamento» del marchio in questione.

13      Quanto alla comparazione tra i segni in conflitto, quali si presentano attualmente, la ricorrente afferma che non esiste tra loro alcuna somiglianza visiva, fonetica o concettuale, fermo restando, a suo parere, che l’aspetto visivo va considerato preponderante ai fini di tale comparazione, cosicché, in assenza di somiglianza visiva, dovrebbe escludersi qualunque rischio di confusione.

14      La ricorrente contesta inoltre la comparazione tra i prodotti designati dai marchi in conflitto nonché la valutazione globale del rischio di confusione alle quali si è proceduto nella decisione impugnata. Essa deduce altresì argomenti vertenti sull’assenza di concorrenza effettiva sul mercato tra le imprese di cui trattasi, nonché sulla mancanza di prove della notorietà di cui godrebbero i marchi anteriori dell’opponente in Spagna.

15      L’UAMI sostiene che la decisione impugnata non è viziata da alcuna contraddizione né da alcun errore di valutazione. Più specificamente, la commissione di ricorso avrebbe correttamente comparato il marchio richiesto e i marchi anteriori, distinguendo questi ultimi in ragione della loro tipologia, ritenuta capace di incidere in modo significativo sulla loro impressione d’insieme. Sarebbe infatti un dato irrefutabile che i marchi anteriori presentino caratteristiche morfologiche diverse, che legittimano e, anzi, esigono una distinta valutazione e conducono a conclusioni diverse.

16      Giustamente, peraltro, la commissione di ricorso avrebbe ritenuto che il marchio denominativo anteriore, in quanto registrato indipendentemente da una specifica caratterizzazione grafica, potesse essere utilizzato sotto diverse stilizzazioni, cosicché non poteva essere esclusa la possibilità di una stilizzazione che lo rendesse simile, nel suo uso concreto, al marchio richiesto.

17      Per quanto riguarda la comparazione tra i segni in conflitto nella fattispecie, più specificamente sotto il profilo visivo, l’UAMI ritiene che la commissione di ricorso fosse legittimata a fondarsi sull’identità di quattro lettere su cinque, costitutive del suffisso «aber», e sullo scarso impatto della lettera «F» con la quale comincia il marchio richiesto, la cui particolare stilizzazione ne inficerebbe l’immediata intelligibilità.

18      Per quanto riguarda poi l’aspetto auditivo, l’UAMI condivide la valutazione della commissione di ricorso che, pur ammettendo la differenza tra le lettere iniziali «F» e «N», giudicata a torto decisiva dalla divisione di opposizione, ha attribuito maggior rilievo all’identità della finale comune «aber». Questa valutazione si fonderebbe sull’incidenza delle vocali, la cui portata fonetica sarebbe generalmente più rilevante rispetto a quella delle consonanti, in particolare nelle lingue romanze come lo spagnolo. Nel caso dei due marchi, la presenza della lettera «A» e del suffisso «ber» darebbe luogo a una sonorità complessivamente assorbente e più incisiva di quella della lettera iniziale «F» o «N».

19      L’UAMI respinge altresì gli argomenti con i quali la ricorrente contesta la comparazione tra i prodotti contrassegnati dai marchi in conflitto nonché la valutazione globale del rischio di confusione alle quali si è proceduto nella decisione impugnata. Similmente, l’UAMI contesta gli argomenti dedotti dalla ricorrente con riferimento all’asserita assenza di concorrenza effettiva sul mercato tra le imprese di cui trattasi, nonché alla mancanza di prove della notorietà acquisita dai marchi anteriori dell’opponente in Spagna.

 Giudizio del Tribunale

20      Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa della sua identità o somiglianza con il marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato.

21      Secondo una costante giurisprudenza, il rischio di confusione in merito all’origine commerciale dei prodotti o servizi dev’essere valutato globalmente, secondo la percezione che il pubblico pertinente ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, e tenendo conto di tutti i fattori che caratterizzano il caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 29‑33 nonché giurisprudenza ivi citata].

22      Nella fattispecie, il marchio denominativo anteriore dell’opponente, che è l’unico in discussione nella presente lite, è registrato in Spagna, che costituisce pertanto il territorio pertinente ai fini dell’applicazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

23      Per quanto riguarda la definizione del pubblico pertinente nella fattispecie, si deve rilevare, come ha già fatto la commissione di ricorso (punto 31 della decisione impugnata), che i prodotti designati dal marchio denominativo anteriore dell’opponente rientrano nella classe 1 e sono essenzialmente destinati ad una clientela industriale («Prodotti chimici e sostanze adesive per l’industria, decoloranti, resine artificiali e sintetiche»).

24      Occorre pertanto tener conto, ai fini della valutazione globale del rischio di confusione, del punto di vista del pubblico pertinente, costituito essenzialmente dai consumatori industriali in Spagna. In quanto professionisti, costoro sono in grado di manifestare un grado di attenzione più elevato della media al momento di scegliere i prodotti di cui trattasi [v., in tal senso, sentenze del Tribunale 9 aprile 2003, causa T-224/01, Durferrit/UAMI – Kolene (NU‑TRIDE), Racc. pag. II‑1589, punto 52, e 30 giugno 2004, causa T-317/01, M+M/UAMI – Mediametrie (M+M EUROdATA), Racc. pag. II‑1817, punto 52].

25      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre verificare la comparazione, effettuata dalla commissione di ricorso, da un lato, tra i segni in conflitto e, dall’altro, tra i prodotti di cui trattasi.

26      Per quanto riguarda, in primo luogo, la comparazione dei segni in discussione, occorre rilevare, in generale, che due marchi sono simili allorché, dal punto di vista del pubblico pertinente, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti rilevanti. Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, rilevano gli aspetti visivo, auditivo e concettuale (v., in tal senso, sentenze della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 23, e 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 25). Risulta inoltre dalla medesima giurisprudenza che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva da essi prodotta, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi.

27      Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, secondo la quale l’aspetto visivo dovrebbe essere considerato preponderante, secondo la Corte non si può escludere che la sola somiglianza fonetica tra due marchi possa creare un rischio di confusione [v., in tal senso, sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit. supra al punto 26, punto 28, e sentenza del Tribunale 15 gennaio 2003, causa T‑99/01, Mystery Drinks/UAMI – Karlsberg Brauerei (MYSTERY), Racc. pag. II‑43, punto 42].

28      Nella fattispecie, emerge dalla decisione impugnata che i segni in conflitto sono stati considerati simili dalla commissione di ricorso in esito ad un’analisi visiva e auditiva. Peraltro, è pacifico (v. punto 16 della decisione impugnata, non contestato dalla ricorrente nell’ambito del presente ricorso) che i segni di cui trattasi, non avendo alcun significato nella lingua spagnola, non sono comparabili sul piano concettuale.

29      Per quanto riguarda, anzitutto, la comparazione visiva, la commissione di ricorso muove dal principio che un marchio denominativo può adottare ogni tipo di rappresentazione grafica (punto 26 della decisione impugnata). Secondo le memorie scritte dell’UAMI, essa fa con ciò riferimento all’eventualità di un impiego futuro del marchio denominativo dell’opponente in una forma stilizzata che lo renda graficamente simile al marchio richiesto.

30      La ricorrente sostiene che, così ragionando, la commissione di ricorso si sarebbe erroneamente fondata su un «potenziale futuro ipotetico mutamento» del marchio in questione. Secondo la ricorrente, la comparazione va invece effettuata considerando il segno quale si presenta attualmente, e non ipotizzando future modificazioni che non sono minimamente riconducibili al giudizio globale attuale. La ricorrente aggiunge che, se l’opponente dovesse modificare in futuro la rappresentazione grafica del proprio marchio, ne risulterebbe un altro segno distintivo, non tutelato, che i suoi clienti non comprenderebbero più e che non potrebbe dunque più indicare la provenienza dei suoi prodotti.

31      L’UAMI replica che il criterio valutativo applicato dalla commissione di ricorso è noto e comunemente applicato, in quanto la registrazione di un marchio puramente denominativo conferisce al suo titolare un diritto esclusivo non confinato ad una predefinita configurazione stilistica del segno. Ciò non altererebbe in alcun modo l’attualità del giudizio di confondibilità effettuato nella fattispecie dalla commissione di ricorso. A contrario, i marchi figurativi anteriori sarebbero, per loro stessa natura, protetti esclusivamente nella morfologia esatta oggetto di registrazione. Nella specie, proprio questa «cristallizzazione» della loro morfologia avrebbe permesso di differenziare i marchi figurativi anteriori dell’opponente, in modo da escludere ogni rischio di confusione con il marchio richiesto.

32      In proposito occorre rilevare che, nella fattispecie, la comparazione visiva va effettuata tra un marchio denominativo, costituito dal vocabolo «naber», e un marchio figurativo complesso, comprendente tanto un elemento verbale, vale a dire il vocabolo «faber», quanto un elemento grafico. Questo marchio figurativo complesso è descritto come segue nella domanda di marchio:

«Denominazione “faber” in caratteri a stampa minuscoli, col trattino orizzontale della “f” che si allunga fin sopra a tutte le altre lettere, scendendo poi al di sotto del tratto orizzontale della “r”, senza toccarlo, e con trattino orizzontale inferiore della “f” che percorre il tratto verticale di questa stessa lettera “f” con un prolungamento che scende e poi sottolinea la parola per intero, per terminare poi di fronte al tratto orizzontale della “r”, senza toccarlo. La denominazione ed i suoi prolungamenti sono inscritti in un'ellissi».

33      Come giustamente afferma l’UAMI sul suo sito Internet, un marchio denominativo è un marchio costituito esclusivamente da lettere, da parole o da associazioni di parole, scritte in caratteri di stampa standard, senza elementi grafici particolari. Un marchio figurativo, per contro, è una riproduzione particolare di simboli verbali o grafici o una combinazione di elementi verbali e grafici, a colori oppure no. Un marchio figurativo complesso è costituito da due o più categorie di segni, che combinano ad esempio lettere e un segno grafico, come il marchio richiesto nella fattispecie.

34      Alla luce di queste considerazioni preliminari, né il ragionamento della ricorrente né quello dell’UAMI possono essere condivisi.

35      Da un lato, la ricorrente trascura le caratteristiche del marchio denominativo anteriore allorché vuole ravvisarvi soltanto un tipo particolare di marchio figurativo, cristallizzato in una data morfologia. Inoltre, la ricorrente commette un secondo errore omettendo di prendere in considerazione l’elemento verbale del marchio complesso richiesto.

36      Dall'altro, l’UAMI sembra conferire al marchio denominativo un elemento grafico di cui esso è, per definizione, privo. Inoltre, l’UAMI adotta una prospettiva monca allorché giustifica la tutela conferita al marchio denominativo anteriore con la sua idoneità a imitare in futuro la forma particolare del marchio complesso richiesto.

37      Al fine di valutare la somiglianza tra un marchio figurativo complesso e un marchio denominativo anteriore, gli aspetti grafici o stilistici particolari che quest’ultimo potrebbe eventualmente assumere non sono pertinenti. In ogni caso, non si deve sostituire alla valutazione della somiglianza con il marchio denominativo anteriore, l’unica pertinente nella fattispecie, una valutazione della somiglianza con un elemento figurativo che non rientra nella sfera della tutela conferita dalla registrazione anteriore.

38      In realtà, non è per il fatto che un marchio denominativo anteriore potrebbe in futuro assumere un aspetto grafico idoneo a renderlo identico o simile a un marchio complesso richiesto che quest'ultimo dovrebbe vedersi opporre un diniego di registrazione, bensì perché tale marchio complesso è attualmente costituito, a parte il suo aspetto figurativo singolare, da un elemento verbale identico o simile a quello che costituisce il marchio anteriore, e perché, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione, tale elemento verbale non può essere considerato accessorio rispetto all’altra componente del segno [v., a contrario, l’iter logico seguito dal Tribunale ai punti 50 e segg. della sentenza 12 dicembre 2002, causa T‑110/01, Vedial/UAMI – France Distribution (HUBERT), Racc. pag. II‑5275].

39      Pertanto, nella fattispecie, occorre muovere dall’analisi della somiglianza visiva tra gli elementi verbali «naber» e «faber», per poi, nel caso in cui una tale somiglianza fosse accertata, verificare se l’elemento grafico o figurativo aggiuntivo, proprio del marchio richiesto, sia idoneo a costituire un elemento di differenziazione sufficiente ad escludere l’esistenza di una somiglianza visiva dei segni in conflitto agli occhi del pubblico di riferimento (v,. in tal senso, sentenza HUBERT, cit. supra al punto 38).

40      Per quanto riguarda, anzitutto, il raffronto visivo tra gli elementi puramente verbali «faber» e «naber», vero è che questi due vocaboli hanno in comune le quattro lettere «aber». Tuttavia, come rileva la commissione di ricorso al punto 18 della decisione impugnata, il fatto che esista un elemento comune ai due marchi messi a raffronto non significa che tale elemento sia necessariamente la componente più attraente di entrambi. La valutazione della loro somiglianza dipenderà dunque essenzialmente dalla maggiore o minore rilevanza riconosciuta alla lettera iniziale, che li distingue l’uno dall’altro, rispetto alle quattro lettere finali, che essi hanno in comune non soltanto tra loro, ma anche, stando alle indicazioni fornite dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo, con numerosi altri marchi presenti sul mercato spagnolo (v. punto II della decisione della divisione d’opposizione e punto  4 della decisione impugnata). Alla luce di quest’ultimo elemento, la bilancia non pende nettamente in favore dell’una o dell’altra opinione. Si deve pertanto concludere che esiste una certa somiglianza visiva tra questi due segni, senza che essa appaia particolarmente determinante.

41      Per quanto riguarda, poi, l’esame dell’elemento figurativo aggiuntivo, proprio del marchio richiesto, il Tribunale condivide la valutazione della divisione di opposizione, secondo la quale tale elemento non è secondario, atteso che esso «consiste in una composizione di fantasia che necessita di uno sforzo concettuale di composizione». La divisione d’opposizione ha rilevato, in particolare, che «la lettera d’attacco “F” è fortemente stilizzata poiché ricopre, da una parte, l’insieme dell’elemento verbale nella sua parte superiore e, d’altra parte, la barra della “F” sottolinea l’elemento verbale circondandolo dal basso finendo poi con il coincidere con la barra della lettera finale “R”». Peraltro, l’ellisse entro la quale tale composizione è incastonata ne accentua fortemente il particolare aspetto figurativo.

42      Anche la commissione di ricorso ha riconosciuto, al punto 27 della decisione impugnata, l’«importanza dell’aspetto figurativo» del marchio richiesto.

43      La combinazione di queste due valutazioni, nell’ambito della valutazione globale della somiglianza visiva, induce il Tribunale a ritenere che l’elemento grafico o figurativo aggiuntivo, proprio del marchio richiesto, sia idoneo a costituire un elemento di differenziazione sufficiente ad escludere l’esistenza di una somiglianza visiva dei segni in conflitto agli occhi del pubblico di riferimento, costituito da professionisti.

44      A torto, pertanto, la commissione di ricorso ha concluso, al punto 27 della decisione impugnata, nel senso di una somiglianza visiva tra i segni in conflitto, nonostante l’«importante aspetto figurativo» del marchio richiesto, per il motivo che la finale «aber» vi sarebbe «chiaramente riconoscibile».

45      Occorre peraltro sottolineare la contraddizione, anch’essa rilevata dalla ricorrente, tra quest’ultima valutazione e quella, effettuata al punto 21 della decisione impugnata, secondo la quale la finale «aber» «non si distingue in modo particolare» nel marchio di cui trattasi.

46      Quanto al raffronto auditivo, la divisione di opposizione aveva rilevato, da un lato, che la lettera iniziale è percepita con maggiore intensità dal pubblico essendo in prima posizione e, d’altra parte, che il suono «F» è chiaramente distinto dal suono «N». Questa sola differenza era sufficiente, a parere della divisione di opposizione, ad escludere qualunque somiglianza fonetica tra i marchi in conflitto.

47      Al contrario, al punto 22 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che tale differenza non fosse decisiva. Ha rilevato che, dal punto di vista fonetico, le parole sono divise in sillabe e che, in seno ad ogni sillaba, in particolare nella lingua spagnola, l’intensità della voce aumenta sulle vocali, conformemente al fenomeno dell’accentuazione. Nella specie, nella sillaba iniziale dei vocaboli «naber» e «faber», la lettera «A» sarebbe, di conseguenza, più sonora della consonante iniziale. Poiché la seconda sillaba, «ber», è, peraltro, identica nei due vocaboli, la commissione di ricorso conclude affermando che esiste una certa somiglianza fonetica tra i segni in conflitto.

48      Senza che sia necessario ricorrere alla perizia sollecitata dalla ricorrente al fine di confutare tale tesi, il Tribunale ritiene che esista incontestabilmente una certa somiglianza fonetica tra i segni in conflitto. Tuttavia, anche tenendo conto del fenomeno dell’accentuazione evocato dall’UAMI, tale somiglianza non è sufficiente a neutralizzare la differenziazione fonetica indotta dalla lettera iniziale, atteso che, come ha rilevato la divisione di opposizione, i suoni prodotti dalle consonanti «F» e «N» sono chiaramente distinti.

49      Da un lato, infatti, la consonante «F» è sorda, vale a dire che le corde vocali non vibrano con l’emissione del suono, a differenza della consonante «N», che è sonora. D’altra parte, la consonante «F» è fricativa, vale a dire che articolandola si produce un’impressione di frizione, mentre la consonante «N» è nasale, ossia, in altre parole, la sua articolazione produce un’impressione di risonanza.

50      Alla luce del fatto che il pubblico pertinente è un pubblico specializzato, dotato di un grado di attenzione più elevato di quello del consumatore medio, questa differenziazione fonetica dei due segni in conflitto e, soprattutto, la marcata differenziazione visiva derivante dall’importante aspetto figurativo proprio di uno di essi sono sufficienti a concludere, in esito ad una valutazione globale, che i segni costitutivi dei marchi di cui trattasi, considerati nel loro insieme e tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti, non sono simili.

51      Da quanto precede risulta che una delle condizioni indispensabili per applicare l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 non è soddisfatta.

52      Occorre pertanto accogliere il motivo vertente sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e accogliere le conclusioni della ricorrenente, senza che occorra procedere al raffronto tra i prodotti di cui trattasi né esaminare gli altri argomenti della ricorrente.

 Sulle spese

53      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

54      Conformemente all’art. 136, n. 2, del regolamento di procedura, le spese indispensabili sostenute dalle parti per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili.

55      Poiché l’UAMI è rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese, ivi comprese le spese indispensabili ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sostenute dalla ricorrente, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione 19 marzo 2003 (procedimento R 620/2001‑4) della quarta commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) è annullata nella parte in cui ha accolto l’opposizione del titolare del marchio denominativo spagnolo NABER.

2)      

3)      La parte convenuta è condannata alle spese.


Pirrung

Forwood

Papasavvas





Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 aprile 2005.


Il cancelliere

 

       Il presidente




H. Jung

 

       J. Pirrung


* Lingua processuale: l'italiano.