Language of document : ECLI:EU:C:2023:245

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

LAILA MEDINA

presentate il 23 marzo 2023 (1)

Causa C83/22

RTG

contro

Tuk Tuk Travel SL

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado de Primera Instancia nº 5 de Cartagena (Tribunale di primo grado n. 5 di Cartagena, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 267 TFUE – Direttiva (UE) 2015/2302 – Pacchetti turistici e servizi turistici collegati – Articolo 5, paragrafo 1 – Obblighi di informazione precontrattuale – Allegato I, parti A e B – Modulo informativo standard – Articolo 12, paragrafo 2 – Risoluzione del contratto di pacchetto turistico – Circostanze inevitabili e straordinarie che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto – COVID-19 – Diritto al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto – Domanda di rimborso parziale da parte del viaggiatore – Giudice nazionale – Esame d’ufficio da parte del giudice – Principi di diritto processuale nazionale»






1.        Tra i settori più gravemente e direttamente colpiti dalla pandemia di COVID-19 vi è il settore dei viaggi e del turismo (2). L’incertezza provocata dalla pandemia e la sua rapida diffusione in diversi continenti hanno indotto numerosi viaggiatori a risolvere i loro contratti di pacchetto turistico prima dell’adozione di misure di emergenza da parte dei governi e della chiusura delle frontiere. Tale situazione di incertezza ha dato adito a dubbi quanto alla portata esatta dei diritti e degli obblighi delle parti di un contratto di pacchetto turistico e, più in particolare, ha reso difficile per i viaggiatori l’esercizio del loro diritto di risolvere il contratto senza corrispondere spese di risoluzione, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302 (3).

2.        In tale contesto, il rinvio pregiudiziale in esame solleva una questione di natura puramente processuale. Detta questione concerne il potere dei giudici di accertare d’ufficio i diritti che i consumatori traggono dalla direttiva 2015/2302 e, più in particolare, il diritto del viaggiatore di risolvere il contratto di pacchetto turistico senza corrispondere spese di risoluzione in caso di circostanze inevitabili e straordinarie, conformemente alle condizioni previste dall’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva. Inoltre, esso solleva la questione se un giudice debba disporre del potere di concedere d’ufficio al consumatore più di quanto richiesto, al fine di garantire l’esercizio effettivo dei diritti ad esso conferiti in quanto viaggiatore ai sensi di tale direttiva.

3.        Vi è una giurisprudenza costante e copiosa sul potere dei giudici nazionali di accertare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale. In tale filone giurisprudenziale, fondato su considerazioni inerenti alla tutela della parte più debole, rientrano alcune delle sentenze più importanti nel diritto dell’Unione in materia di consumatori (4), quali le sentenze Océano Grupo (5), Cofidis (6) o Aziz (7). La sentenza Océano Grupo è stata considerata un «potente strumento per eliminare iniquità e ripristinare la giustizia sociale nel diritto dei contratti» (8), mentre la sentenza Cofidis è stata persino fonte di ispirazione artistica (9). Dopo oltre due decenni di sviluppo e consolidamento di tale filone giurisprudenziale, le sentenze più recenti si concentrano sulla precisazione di aspetti della dottrina dell’esame d’ufficio, stabilendo un equilibrio talora delicato tra la tutela efficace dei consumatori e i principi fondamentali del diritto processuale (10). Da questo punto di vista, la dottrina dell’esame d’ufficio sembra in procinto di raggiungere una fase di «maturità» nella sua evoluzione o, come acutamente osservato da uno studioso, l’«età della ragione» (11). La presente causa s’inserisce in tale fase.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2015/2302

4.        Il capo II della direttiva 2015/2302 è intitolato «Obbligo d’informazione e contenuto del contratto di pacchetto turistico». In tale capo, l’articolo 5, rubricato «Informazioni precontrattuali», così dispone:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché, prima che il viaggiatore sia vincolato da un contratto di pacchetto turistico o da un’offerta corrispondente, l’organizzatore e, nel caso in cui il pacchetto sia venduto tramite un venditore, anche quest’ultimo, forniscano al viaggiatore il pertinente modulo informativo standard di cui all’allegato I, parte A o parte B e, se applicabili al pacchetto, le seguenti informazioni:

a)      le caratteristiche principali dei servizi turistici:

(…)

g)      informazioni sulla facoltà per il viaggiatore di risolvere il contratto in qualunque momento prima dell’inizio del pacchetto dietro pagamento di adeguate spese di risoluzione, o, se applicabili, le spese di risoluzione standard richieste dall’organizzatore ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1;

(…)

3.      Le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 sono presentate in modo chiaro, comprensibile ed evidente. Nel caso in cui tali informazioni sono fornite per iscritto, esse devono essere leggibili».

5.        L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2015/2302 dispone quanto segue:

«1.      Gli Stati membri assicurano che il viaggiatore possa risolvere il contratto di pacchetto turistico in ogni momento prima dell’inizio del pacchetto. In caso di risoluzione del contratto di pacchetto turistico da parte del viaggiatore ai sensi del presente paragrafo, il viaggiatore può essere tenuto a pagare all’organizzatore spese di risoluzione adeguate e giustificabili. (…)

2.      Fatto salvo il paragrafo 1, il viaggiatore ha diritto di risolvere il contratto di pacchetto turistico prima dell’inizio del pacchetto senza corrispondere spese di risoluzione in caso di circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione. In caso di risoluzione del contratto di pacchetto turistico ai sensi del presente paragrafo, il viaggiatore ha diritto al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non ha diritto a un indennizzo supplementare».

6.        L’articolo 23 della direttiva 2015/2302, rubricato «Carattere imperativo della direttiva», ai suoi paragrafi 2 e 3 così dispone:

«2.      I viaggiatori non possono rinunciare ai diritti conferiti loro dalle norme nazionali che recepiscono la presente direttiva.

3.      Eventuali clausole contrattuali o dichiarazioni del viaggiatore che escludano o limitino, direttamente o indirettamente, i diritti derivanti dalla presente direttiva o il cui scopo sia eludere l’applicazione della presente direttiva non vincolano il viaggiatore».

7.        L’articolo 24 di tale direttiva, rubricato «Applicazione», prevede quanto segue:

«Gli Stati membri garantiscono che esistano mezzi adeguati ed efficaci per assicurare il rispetto della presente direttiva».

8.        L’allegato I, parte A, della direttiva 2015/2302, intitolato «Modulo informativo standard per contratti di pacchetto turistico ove sia possibile l’uso di collegamenti ipertestuali (hyperlink)», stabilisce, in una casella di testo, il contenuto di tale modulo e indica che, seguendo l’hyperlink, il viaggiatore riceverà le seguenti informazioni:

«Diritti fondamentali ai sensi della direttiva (UE) 2015/2302

(…)

–      I viaggiatori possono, in circostanze eccezionali, risolvere il contratto senza corrispondere spese di risoluzione prima dell’inizio del pacchetto, ad esempio se sussistono seri problemi di sicurezza nel luogo di destinazione che possono pregiudicare il pacchetto.

(…)».

9.        L’allegato I, parte B, della direttiva 2015/2302, intitolato «Modulo informativo standard per contratti di pacchetto turistico in situazioni diverse da quelle di cui alla parte A», stabilisce, in una casella di testo, il contenuto di tale modulo, seguito dagli stessi diritti fondamentali previsti da tale direttiva ed enunciati nell’allegato I, parte A, di quest’ultima.

 Diritto spagnolo

 Legge generale relativa alla tutela dei consumatori e degli utenti

10.      Gli articoli 5 e 12 della direttiva 2015/2302 sono stati recepiti nell’ordinamento giuridico spagnolo, rispettivamente, dagli articoli 153 e 160 del Real Decreto Legislativo 1/2007, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley General para la Defensa de los Consumidores y Usuarios y otras leyes complementarias (regio decreto legislativo n. 1/2007, recante approvazione del testo consolidato della legge generale relativa alla tutela dei consumatori e degli utenti e di altre leggi complementari; in prosieguo: la «legge generale relativa alla tutela dei consumatori e degli utenti»), del 16 novembre 2007 (BOE n. 287 del 30 novembre 2007, pag. 49181).

 Legge recante il codice di procedura civile

11.      L’articolo 216 della Ley 1/2000 de Enjuiciamiento Civil (legge 1/2000 recante il codice di procedura civile), del 7 gennaio 2000 (BOE n. 7 dell’8 gennaio 2000, pag. 575; in prosieguo: la «LEC») prevede quanto segue:

«I giudici civili dirimono le cause di cui sono investiti in base agli elementi di fatto, alle prove e alle domande delle parti, salvo quando la legge dispone diversamente in casi particolari».

12.      L’articolo 218, paragrafo 1, della LEC così dispone:

«Le decisioni giurisdizionali devono essere chiare, precise e corrispondere alle domande giudiziali e alle ulteriori istanze delle parti, dedotte tempestivamente nel procedimento. Esse contengono le declaratorie richieste, e condannano o assolvono il convenuto dirimendo tutti i punti controversi oggetto di discussione.

Il giudice, senza discostarsi dalla causa dell’azione accogliendo elementi di fatto o di diritto distinti da quelli addotti in giudizio dalle parti, statuisce in conformità alle disposizioni applicabili alla causa, anche qualora non siano state citate o fatte valere correttamente dalle parti».

13.      L’articolo 412, paragrafo 1, della LEC è formulato come segue:

«Una volta che l’oggetto del procedimento è stato stabilito nella domanda giudiziale, nella comparsa di risposta e, eventualmente, nella domanda riconvenzionale, le parti non possono successivamente modificarlo».

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

14.      Il 10 ottobre 2019 il ricorrente acquistava presso la Tuk Tuk Travel SL, resistente, un pacchetto turistico per due persone con destinazione Vietnam e Cambogia, partenza da Madrid (Spagna) l’8 marzo 2020 e ritorno il 24 marzo 2020.

15.      Al momento della firma del contratto d’acquisto, il ricorrente versava EUR 2 402, mentre il costo totale del pacchetto ammontava a EUR 5 208. Le condizioni generali del contratto fornivano informazioni sulla possibilità «di annullare il pacchetto prima dell’inizio dello stesso dietro pagamento di spese di risoluzione». Non vi era alcuna informazione contrattuale o precontrattuale sulla possibilità di annullamento del viaggio in caso di circostanze inevitabili e straordinarie nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che avessero un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto turistico.

16.      Il 12 febbraio 2020 il ricorrente comunicava alla resistente la decisione di non usufruire del pacchetto, in considerazione della diffusione del COVID-19 in Asia, e chiedeva il rimborso delle somme dovutegli per la mancata esecuzione del pacchetto medesimo.

17.      La resistente rispondeva in data 14 febbraio 2020 informandolo che, detratte le spese di risoluzione, gli avrebbe rimborsato l’importo di EUR 81. Il ricorrente ha contestato il calcolo delle spese di risoluzione. Infine, la resistente ha informato il ricorrente che gli avrebbe rimborsato la somma di EUR 302.

18.      Il ricorrente ha deciso di proporre un ricorso dinanzi al giudice del rinvio e di stare in giudizio personalmente, senza un rappresentante processuale, com’era legittimato a fare ai sensi del diritto processuale nazionale. Egli ha sostenuto che la sua decisione di annullare il viaggio era dovuta a un motivo di forza maggiore, segnatamente l’evoluzione preoccupante della situazione sanitaria a causa del COVID-19. Egli ha chiesto un rimborso aggiuntivo di EUR 1 500, consentendo all’agenzia di trattenere EUR 601 a titolo di spese di gestione.

19.      La resistente ha sostenuto che, alla data di risoluzione del contratto, la decisione del ricorrente di annullare il viaggio non era giustificata. A febbraio 2020 si viaggiava regolarmente verso i paesi di destinazione. Pertanto, secondo la resistente, il ricorrente non poteva invocare una situazione di forza maggiore per risolvere il contratto. La resistente ha altresì affermato che il ricorrente aveva accettato le condizioni contrattuali generali concernenti le spese di gestione in caso di risoluzione anticipata del pacchetto (pari al 15% dell’importo totale del viaggio) e che le spese di annullamento erano quelle applicate da ciascun fornitore. Inoltre, non avendo stipulato un’assicurazione, il ricorrente si era assunto i rischi legati all’annullamento.

20.      Poiché le parti non hanno chiesto lo svolgimento di un’udienza, la causa è passata in fase di deliberazione il 22 giugno 2021. Tuttavia, il 15 settembre 2021 il giudice del rinvio ha emesso un’ordinanza (in prosieguo: l’«ordinanza del 15 settembre 2021») e ha invitato le parti a presentare le loro osservazioni, entro il termine di 10 giorni, sulle seguenti questioni: in primo luogo, se la situazione sanitaria dedotta dal consumatore potesse essere considerata un rischio eccezionale e inevitabile ai sensi dell’articolo 160, paragrafo 2, della legge generale relativa alla tutela dei consumatori e degli utenti; in secondo luogo, le conseguenze giuridiche della mancata informazione, da parte dell’organizzatore di viaggi al consumatore, del suo diritto di risolvere il contratto senza corrispondere spese di risoluzione e, più precisamente, la questione se l’assenza (secondo il giudice del rinvio) di un obbligo di fornire tali informazioni ai sensi della direttiva 2015/2302 sia contraria all’articolo 169, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera a), TFUE; in terzo luogo, se il giudice possa, d’ufficio, informare il consumatore della portata dei suoi diritti, qualora dalla domanda risulti che egli non ne è a conoscenza; e, in quarto luogo, se la tutela dei consumatori esiga che il giudice ingiunga al resistente di concedere al consumatore il rimborso integrale, in violazione del principio del dispositivo e del divieto di statuire ultra petita, in circostanze in cui il consumatore non è stato informato della portata dei suoi diritti. Infine, il giudice del rinvio ha chiesto alle parti di presentare argomenti concernenti la necessità di effettuare un rinvio pregiudiziale.

21.      Il ricorrente non ha presentato osservazioni. La resistente ha ribadito la sua posizione quanto all’assenza di circostanze inevitabili e straordinarie che avrebbero giustificato la risoluzione del contratto. Per il resto, essa ha ritenuto che non occorresse effettuare un rinvio pregiudiziale, poiché il ricorrente non aveva presentato osservazioni sulle questioni sollevate dal giudice del rinvio nell’ordinanza del 15 settembre 2021.

22.      Il giudice del rinvio nutre dubbi, in primo luogo, sulla validità dell’articolo 5 della direttiva 2015/2302. In particolare, esso afferma che né tale direttiva né la normativa spagnola di recepimento includono tra le informazioni obbligatorie che gli organizzatori devono fornire ai viaggiatori il diritto di risolvere il contratto di pacchetto turistico senza corrispondere spese di risoluzione in caso di circostanze inevitabili e straordinarie. In mancanza di siffatto requisito, il ricorrente non era a conoscenza del suo diritto di ottenere il rimborso integrale dei pagamenti effettuati. Sulla base di tali considerazioni, il giudice del rinvio chiede se le informazioni minime fornite al ricorrente ai sensi della direttiva 2015/2302 siano insufficienti alla luce dell’articolo 169 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 114 TFUE.

23.      In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede se, ai sensi del diritto dell’Unione, sia possibile concedere d’ufficio, nella sentenza, il rimborso integrale di tutti i pagamenti effettuati dal consumatore, eccedendo l’importo richiesto da quest’ultimo. Il giudice del rinvio spiega che una decisione d’ufficio di questo tipo sarebbe contraria a un principio fondamentale del diritto processuale spagnolo, segnatamente il principio per cui le statuizioni contenute nel dispositivo di una sentenza devono corrispondere alle domande formulate nel ricorso (articolo 218, paragrafo 1, della LEC).

24.      In tali circostanze, lo Juzgado de Primera Instancia nº 5 de Cartagena (Tribunale di primo grado n. 5 di Cartagena, Spagna) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se gli articoli 169, paragrafi 1 e 2, lettera a), TFUE, e 114, paragrafo 3, TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano all’articolo 5 della direttiva 2015/2302 (...) giacché, tra le informazioni precontrattuali obbligatorie per il viaggiatore, detto articolo non include il diritto, riconosciuto dall’articolo 12 della direttiva, di risolvere il contratto prima dell’inizio del pacchetto, ottenendo il rimborso integrale della somma versata, in caso di circostanze inevitabili e straordinarie che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto.

2)      Se gli articoli 114 e 169 TFUE, nonché l’articolo 15 della direttiva 2015/2302, ostino all’applicazione dei principi del dispositivo e di congruenza previsti dagli articoli 216 e 218, paragrafo 1, della [LEC], qualora tali principi procedurali possano impedire la piena tutela del consumatore ricorrente».

25.      I governi ceco, spagnolo e finlandese, il Consiglio dell’Unione europea, il Parlamento europeo e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. I governi spagnolo e finlandese, il Parlamento e la Commissione hanno presenziato all’udienza tenutasi il 12 gennaio 2022.

 Valutazione

 Osservazioni preliminari

26.      In via preliminare, il governo ceco sostiene che il rinvio pregiudiziale si fonda implicitamente sul presupposto che, nelle circostanze del caso di specie, il ricorrente fosse legittimato a risolvere il contratto a causa di circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione del viaggio, in forza dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302. Tuttavia, secondo il governo ceco, tale presupposto non è corretto. A suo avviso, l’esistenza di circostanze inevitabili e straordinarie deve essere valutata al momento della risoluzione del pacchetto. Il mero rischio che circostanze del genere si verifichino in futuro non può far sorgere, in capo al viaggiatore, il diritto di risolvere il pacchetto.

27.      Tuttavia, le questioni proposte dal giudice del rinvio non vertono sul fatto se, nelle circostanze del caso di specie, il ricorrente avesse il diritto di risolvere il contratto senza corrispondere spese di risoluzione ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302. Pertanto, tale questione non sarà esaminata nell’ambito della presente causa. La Corte è tenuta a pronunciarsi alla luce delle considerazioni di fatto e di diritto esposte nella decisione di rinvio (12).

 Prima questione

28.      Con la prima questione il giudice del rinvio solleva, in sostanza, la questione della validità dell’articolo 5 della direttiva 2015/2302, alla luce dell’articolo 169, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera a), TFUE, in combinato disposto con l’articolo 114, paragrafo 3, TFUE. Dalla decisione di rinvio risulta che i dubbi del giudice del rinvio quanto alla validità di tale disposizione discendono dalla premessa secondo cui tale disposizione non include, tra le informazioni precontrattuali obbligatorie che devono essere fornite ai viaggiatori, il diritto sancito all’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva.

29.      A tal riguardo, occorre osservare, come sostenuto dai governi ceco e finlandese, nonché dal Consiglio, dal Parlamento e dalla Commissione nelle loro osservazioni scritte, che la premessa alla base dei dubbi del giudice del rinvio quanto alla validità dell’articolo 5 della direttiva 2015/2302 è errata.

30.      Infatti, l’articolo 5 della direttiva 2015/2302, che disciplina l’obbligo di fornire informazioni precontrattuali, deve essere interpretato alla luce del contenuto del modulo informativo standard di cui all’allegato I, parte A e parte B. Più specificamente, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2015/2302, l’organizzatore deve fornire al viaggiatore le informazioni standard utilizzando il modulo pertinente di cui all’allegato I, parte A o B, e, se applicabili al pacchetto, le informazioni contenute in tale disposizione.

31.      Il modulo informativo standard di cui all’allegato I, parte A e parte B, della direttiva 2015/2302 enuncia i diritti fondamentali dei quali i viaggiatori devono essere informati. Tra tali diritti figura, ai sensi del settimo trattino delle parti A e B di tale allegato, il diritto dei viaggiatori «in circostanze eccezionali, [di] risolvere il contratto senza corrispondere spese di risoluzione prima dell’inizio del pacchetto, ad esempio se sussistono seri problemi di sicurezza nel luogo di destinazione che possono pregiudicare il pacchetto». Sebbene la precisa disposizione della direttiva 2015/2302 che conferisce tale diritto, ossia l’articolo 12, paragrafo 2, non sia espressamente citata nel testo del modulo informativo standard, è chiaro che nel suddetto modulo deve essere indicato il contenuto di tale diritto.

32.      Inoltre, la Commissione ha sottolineato che l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2015/2302 e il suo allegato I sono stati correttamente recepiti nel diritto spagnolo e, più in particolare, nella legge generale relativa alla tutela dei consumatori e degli utenti.

33.      Dalle considerazioni che precedono risulta che l’articolo 5 della direttiva 2015/2302 include, tra le informazioni precontrattuali obbligatorie che devono essere fornite ai viaggiatori, il diritto, loro attribuito dall’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva, di risolvere il contratto prima dell’inizio del pacchetto e di ottenere il rimborso integrale dei pagamenti effettuati in caso di circostanze inevitabili e straordinarie che abbiano un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto. Di conseguenza, la premessa in senso contrario, alla base dei dubbi del giudice del rinvio quanto alla validità dell’articolo 5 della direttiva 2015/2302, è in realtà erronea.

34.      In tali circostanze, l’esame della prima questione non ha rivelato alcun elemento idoneo a inficiare la validità dell’articolo 5 della direttiva 2015/2302.

 Seconda questione

35.      In via preliminare, occorre ricordare che, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice del rinvio una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è stato investito e, in tale prospettiva, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Per fornire una siffatta risposta utile, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la sua questione (13).

36.      Sulla base di tale giurisprudenza, occorre rilevare, come sostanzialmente sottolineato dai governi spagnolo e finlandese nonché dalla Commissione nelle loro osservazioni scritte, che dal contesto della seconda questione risulta che il giudice del rinvio chiede l’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302 e che il riferimento, in tale questione, all’articolo 15 di tale direttiva può essere dovuto a un errore tipografico.

37.      Alla luce di tali considerazioni, occorre riformulare la seconda questione proposta nel senso che, con essa, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302, letto alla luce degli articoli 114 e 169 TFUE, debba essere interpretato nel senso che osta all’applicazione di principi di diritto processuale nazionale ai sensi dei quali il giudice nazionale investito di una controversia non può concedere d’ufficio al consumatore il rimborso integrale al quale esso ha diritto, qualora il consumatore abbia chiesto un importo inferiore.

38.      Al fine di rispondere a tale questione, occorre formulare alcune osservazioni in merito alla sua portata. Come già ricordato (14), nell’ordinanza del 15 settembre 2021 il giudice del rinvio ha invitato le parti a presentare le loro osservazioni su taluni punti. Tra di essi figurava la questione se detto giudice abbia il potere, da un lato, di informare d’ufficio il consumatore circa la portata dei suoi diritti e, dall’altro, di concedergli un importo superiore al petitum. Il consumatore non ha presentato osservazioni su tali questioni. In udienza, il governo spagnolo ha sostenuto che, sulla base della sua interpretazione di tale ordinanza, il giudice del rinvio ha informato il consumatore dei suoi diritti. Tuttavia, il consumatore è rimasto passivo. A mio avviso, l’ordinanza del 15 settembre 2021, come presentata dal giudice del rinvio, e il fascicolo di cui dispone la Corte non consentono di dedurre che il giudice nazionale abbia effettivamente informato il consumatore dei suoi diritti.

39.      Tenuto conto di tali considerazioni, la struttura della mia analisi è la seguente. In primo luogo, a titolo introduttivo, presenterò gli elementi più importanti dell’obbligo dei giudici nazionali di applicare d’ufficio le disposizioni della normativa dell’Unione in materia di tutela dei consumatori. In secondo luogo, analizzerò la questione se il giudice nazionale sia tenuto ad applicare d’ufficio l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302. Infine, analizzerò la questione se occorra riconoscere al giudice nazionale il potere di concedere un importo superiore a quello richiesto dal consumatore nel suo ricorso.

 a)      Obbligo dei giudici nazionali di applicare d’ufficio le disposizioni del diritto dell’Unione in materia di tutela dei consumatori

40.      La Corte ha già precisato, in varie occasioni, il modo in cui i giudici nazionali devono garantire la tutela dei diritti che i consumatori traggono dalla normativa dell’Unione in materia di consumatori, nonché l’impatto di tale normativa sui poteri dei giudici di applicare d’ufficio le disposizioni del diritto dell’Unione in materia di consumatori.

41.      Il filone più importante di tale giurisprudenza riguarda la direttiva 93/13 (15). Il giudice nazionale è tenuto a esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, a ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista, laddove disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine (16).

42.      Il principio del controllo d’ufficio delle clausole contrattuali abusive si basa su una combinazione di elementi essenzialmente desunti dal sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13, dal carattere imperativo delle disposizioni di cui trattasi, dalla natura e dall’importanza dell’interesse pubblico rappresentato dalla tutela dei consumatori, nonché da considerazioni di efficacia.

43.      Più precisamente, nella sua giurisprudenza, la Corte ha sottolineato la natura e l’importanza dell’interesse pubblico costituito dalla tutela dei consumatori, che si trovano in una posizione di inferiorità nei confronti dei professionisti per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il grado di informazione (17). Essa ha altresì sottolineato che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 è una disposizione imperativa tesa a sostituire all’equilibrio formale fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti determinato dal contratto, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra tali parti (18). Tale disposizione è considerata come una norma equivalente alle disposizioni nazionali che occupano, nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno, il rango di norme di ordine pubblico (19).

44.      Inoltre, la direttiva 93/13 impone agli Stati membri, come risulta dal suo articolo 7, paragrafo 1, in combinato disposto con il ventiquattresimo considerando della stessa, di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori (20).

45.      Le considerazioni che giustificano un intervento positivo del giudice nazionale al fine di compensare lo squilibrio tra il consumatore e il professionista non si limitano alla direttiva 93/13. In forza del principio di effettività e nonostante norme giuridiche interne contrarie, la Corte ha imposto ai giudici nazionali di applicare d’ufficio talune disposizioni contenute nelle direttive dell’Unione in materia di tutela dei consumatori. Tale obbligo è stato giustificato dalla considerazione che il sistema di tutela posto in atto da tali direttive è fondato sull’idea che il consumatore si trova in una situazione d’inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione e che esiste un rischio non trascurabile che, soprattutto per ignoranza, il consumatore non faccia valere la norma giuridica intesa a tutelarlo (21).

46.      Più in particolare, la Corte ha avuto occasione di pronunciarsi sull’applicazione d’ufficio, da parte dei giudici, di talune disposizioni della direttiva 1999/44/CE (22) (sentenze Duarte Hueros (23) e Faber (24)) e della direttiva 87/102/CEE (25) (sentenza Rampion e Godard (26)). Inoltre, la Corte ha ricordato più volte l’obbligo, per i giudici nazionali, di esaminare d’ufficio le violazioni di talune disposizioni della normativa dell’Unione in materia di tutela dei consumatori, in particolare per quanto riguarda la direttiva 85/577/CEE (27) (sentenza Martín Martín (28)) e la direttiva 2008/48/CE (29) (sentenze Radlinger e Radlingerová (30) e OPR-Finance (31)).

47.      Per quanto riguarda l’attuazione di tale obbligo di intervento positivo da parte del giudice, esso è subordinato alla disponibilità di tutti gli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine (32).

48.      Inoltre, una volta che il giudice nazionale abbia rilevato d’ufficio la violazione di determinate disposizioni contenute nella normativa dell’Unione in materia di tutela dei consumatori, esso è tenuto, senza attendere che il consumatore presenti una domanda a tale scopo, a trarre tutte le conseguenze derivanti, secondo il diritto nazionale, da una siffatta violazione, a condizione che sia rispettato il principio del contraddittorio e che le sanzioni istituite dal diritto nazionale siano efficaci, proporzionate e dissuasive (33).

49.      L’applicazione d’ufficio del diritto dell’Unione in materia di consumatori può avere implicazioni sul diritto processuale nazionale. In forza del principio di autonomia processuale nazionale, in mancanza di una disciplina da parte del diritto dell’Unione, le modalità procedurali dirette ad assicurare la salvaguardia dei diritti che i soggetti traggono dal diritto dell’Unione rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, fatti salvi i principi di equivalenza e di effettività (34). Per quanto riguarda il principio di effettività, la Corte ha dichiarato, tuttavia, che il suo rispetto non può supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato (35).

50.      Inoltre, l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione in materia di tutela dei consumatori implica un’esigenza di tutela giurisdizionale effettiva, sancita all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che si applica, tra l’altro, alla definizione delle modalità procedurali relative alle azioni giudiziarie fondate su tali diritti (36).

51.      Da tutte le considerazioni che precedono risulta che l’esigenza di un intervento positivo dei giudici nazionali nel contenzioso riguardante i consumatori si è evoluta, come acutamente osservato in dottrina, diventando un «vero e proprio regime europeo di applicazione d’ufficio» (37) che introduce nel diritto dell’Unione in materia di consumatori un «rimedio processuale completo e omnicomprensivo» (38).

 b)      Poteri d’ufficio dei giudici nell’ambito della direttiva 2015/2302

52.      La completezza della dottrina dell’esame d’ufficio m’induce a ritenere che le ragioni sottese all’obbligo dei giudici nazionali di applicare d’ufficio il diritto dell’Unione in materia di tutela dei consumatori valgono anche in relazione alla direttiva 2015/2302. Un’interpretazione diversa, come ha sottolineato la Commissione in udienza, creerebbe incoerenze nella tutela dei consumatori.

53.      Tutte le parti interessate che hanno partecipato all’udienza hanno riconosciuto che i giudici nazionali sono tenuti ad applicare d’ufficio l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302 e a riconoscere al consumatore il diritto di risolvere il contratto senza corrispondere spese di risoluzione, purché dispongano degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine. A questo proposito occorre considerare che, in linea di principio, è compito del giudice nazionale, onde individuare le norme giuridiche applicabili ad una controversia sottopostagli, qualificare giuridicamente i fatti e gli atti dedotti in giudizio dalle parti per corroborare le loro pretese (39). Nel procedimento principale, spetterebbe quindi al giudice del rinvio esaminare se le circostanze addotte dal ricorrente a fondamento della sua pretesa possano essere qualificate come «circostanze inevitabili e straordinarie» attributive del diritto previsto all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302.

54.      Inoltre, le parti A e B dell’allegato I di tale direttiva qualificano il diritto del viaggiatore di risolvere il contratto senza corrispondere spese di risoluzione, in qualsiasi momento prima dell’inizio del pacchetto, come un «diritto fondamentale». Tenuto conto della sua importanza, tale diritto rientra nelle informazioni precontrattuali che l’organizzatore è tenuto a fornire al viaggiatore ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2015/2302 (40). Dal considerando 26 della direttiva 2015/2302 risulta che dette informazioni precontrattuali costituiscono «informazioni importanti» che dovrebbero essere «vincolanti». Pertanto, il diritto di risolvere il contratto senza corrispondere spese di risoluzione in caso di circostanze inevitabili e straordinarie è centrale nel sistema della direttiva 2015/2302. Esso contribuisce altresì alla realizzazione dell’obiettivo di tale direttiva, che consiste, come risulta dall’articolo 1 della stessa, interpretato alla luce dei suoi considerando 3 (41) e 5, nel conseguimento di un livello elevato e il più uniforme possibile di protezione dei consumatori in materia di contratti tra viaggiatori e professionisti relativi a pacchetti turistici.

55.      Tale finalità non potrebbe essere effettivamente perseguita se il consumatore fosse esso stesso costretto a far valere i diritti dei quali gode nei confronti dell’organizzatore, in particolare in ragione del rischio non trascurabile che il consumatore ignori i suoi diritti o incontri difficoltà per esercitarli (42). Infatti, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, nei procedimenti in materia di diritto dei consumatori, sussiste un rischio non trascurabile che, soprattutto per ignoranza, il consumatore non faccia valere la norma giuridica intesa a tutelarlo (43). Tale rischio è aggravato in situazioni in cui il consumatore non si avvale di un rappresentante processuale, come nel caso di cui al procedimento principale.

56.      Inoltre, dall’articolo 23 della direttiva 2015/2302, interpretato alla luce del considerando 46 di quest’ultima, discende che i diritti dei viaggiatori ivi sanciti hanno carattere imperativo. A tal riguardo, è importante ricordare che, nella sua giurisprudenza, la Corte ha dedotto dal carattere vincolante delle disposizioni delle direttive dell’Unione in materia di consumatori il requisito della loro applicazione d’ufficio da parte dei giudici. Tale conclusione è stata formulata con riguardo all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (44), ma anche ad altre disposizioni del diritto dell’Unione in materia di tutela dei consumatori. Nella sentenza Faber (45), la Corte ha sottolineato che la regola di ripartizione dell’onere della prova stabilita dall’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 1999/44 presenta, conformemente all’articolo 7 di tale direttiva, un carattere vincolante sia per le parti, che non possono derogarvi in via convenzionale, sia per gli Stati membri, che devono adoperarsi affinché essa sia rispettata. La Corte ha dichiarato che una norma del genere deve essere applicata d’ufficio dai giudici anche qualora non sia stata espressamente invocata dal consumatore che può usufruirne.

57.      Pertanto, per analogia, si deve ammettere che il carattere vincolante del diritto del viaggiatore sancito all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302, interpretato alla luce dell’articolo 23 di tale direttiva, esige che i giudici nazionali riconoscano d’ufficio il succitato diritto e ne informino debitamente il consumatore, anche qualora quest’ultimo, che può beneficiarne, non l’abbia espressamente invocato.

58.      Inoltre, nel procedimento principale, l’organizzatore ha violato il suo obbligo di informare il consumatore del diritto di risolvere il contratto. L’accertamento d’ufficio, da parte del giudice nazionale, del diritto attribuito al consumatore costituirebbe quindi un mezzo adeguato ed efficace per assicurare il rispetto della direttiva 2015/2302, come richiesto dall’articolo 24 della stessa.

59.      Sono d’accordo con il governo finlandese, il quale ha sottolineato, in udienza, che un giudice nazionale dovrebbe informare il consumatore dei suoi diritti non appena sorga il dubbio che quest’ultimo non li stia facendo valere appieno per ignoranza. Un «minimo indizio» (46) in tal senso dovrebbe essere sufficiente. Siffatto indizio dovrebbe essere considerato evidente in circostanze, come quelle di cui al procedimento principale, in cui l’organizzatore ha violato il suo obbligo di informazione precontrattuale, oppure allorché le informazioni non siano state presentate «in modo chiaro, comprensibile ed evidente», come richiesto dall’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 2015/2302.

60.      Il governo finlandese ha inoltre correttamente sottolineato, in udienza, che la prestazione di informazioni da parte del giudice nazionale al consumatore, in merito ai diritti di quest’ultimo, costituisce una misura di organizzazione del procedimento. Si tratta di una fase processuale distinta, rivolta a entrambe le parti e condotta conformemente ai requisiti formali previsti, a tal riguardo, dalle norme processuali nazionali (47). Com’è già stato sottolineato (48), quando il giudice nazionale rileva d’ufficio una questione di diritto, deve agire nel rispetto del principio del contraddittorio e invitare entrambe le parti a presentare le loro osservazioni sulla sua valutazione.

61.      Da quanto precede risulta che una tutela effettiva dei consumatori può essere conseguita soltanto qualora il giudice nazionale sia tenuto, avendo a disposizione tutti gli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, ad applicare d’ufficio l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302 e a informare debitamente il consumatore del suo diritto di risolvere il contratto senza corrispondere spese di risoluzione, enunciato in tale disposizione, fatto salvo in ogni caso il rispetto del principio del contraddittorio.

 c)      Limiti ai poteri d’ufficio dei giudici: sul divieto di statuire ultra petita

62.      La prossima questione da affrontare è se l’obbligo del giudice nazionale di applicare d’ufficio l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302 e di informare debitamente il consumatore dei diritti che esso ne trae comporti altresì l’obbligo, per il giudice nazionale, di concedere d’ufficio un rimborso integrale, superiore all’importo richiesto dal consumatore. Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’applicazione, in tali circostanze, del principio del dispositivo, secondo cui l’oggetto della controversia è definito dalle parti, nonché del divieto di statuire ultra petita, sia in contrasto con una tutela effettiva dei consumatori.

63.      A tale riguardo, occorre precisare che il giudice applica d’ufficio il diritto nell’ambito delle sue competenze ed entro i limiti dell’oggetto della controversia di cui è investito. È quindi importante distinguere due aspetti diversi dei poteri del giudice. Una cosa è riconoscere il potere del giudice di applicare d’ufficio le disposizioni dirette a tutelare i consumatori e di informare debitamente il consumatore dei diritti che ne trae. Tutt’altra cosa è riconoscere il potere del giudice, dopo che il consumatore è stato debitamente informato, di eccedere i limiti dell’oggetto della controversia e di concedere d’ufficio più di quanto richiesto dal consumatore.

64.      Tutte le parti interessate hanno sottolineato l’importanza del principio fondamentale del dispositivo (49). Occorre sottolineare che la dottrina dell’applicazione d’ufficio della disciplina in materia di consumatori comporta soltanto gli adattamenti a tale principio necessari al fine di porre rimedio allo squilibrio tra il consumatore e il professionista. Essa non è intesa a violare i principi fondamentali del contenzioso civile o a istituire un giudice «paternalista» (50). Come la Corte ha dichiarato nella sentenza Lintner (51), l’effettività della tutela che si ritiene concessa dal giudice nazionale al consumatore mediante un intervento d’ufficio «non può spingersi fino a ignorare o eccedere i limiti dell’oggetto della controversia come definito dalle parti con le loro pretese, lette alla luce dei motivi da esse dedotti, di modo che detto giudice nazionale non è tenuto ad estendere tale controversia al di là delle conclusioni e dei motivi presentati dinanzi al medesimo». Una conclusione diversa comporterebbe una violazione del divieto di statuire ultra petita, poiché permetterebbe al giudice di ignorare o eccedere i limiti dell’oggetto della controversia fissati dalle conclusioni e dai motivi delle parti (52).

65.      Occorre altresì sottolineare che la Corte ha attribuito particolare importanza alla volontà espressa dal consumatore nel corso del procedimento. La Corte ha precisato, in relazione all’obbligo del giudice nazionale di disapplicare, se necessario d’ufficio, le clausole abusive conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, che tale giudice non è tenuto a disapplicare la clausola in questione qualora il consumatore, dopo essere stato avvisato da detto giudice, intenda non invocarne la natura abusiva e non vincolante, dando quindi un consenso libero e informato alla clausola in questione (53).

66.      Pertanto, il sistema di tutela previsto dal diritto dell’Unione in materia di consumatori e istituito a loro favore non può spingersi fino ad essere loro imposto. Di conseguenza, quando il consumatore preferisce non avvalersi di tale sistema di tutela, quest’ultimo non viene applicato (54). Il consumatore può opporsi all’applicazione d’ufficio della normativa nel suo caso concreto (55).

67.      Le stesse considerazioni dovrebbero valere nel contesto del regime di tutela previsto dalla direttiva 2015/2302. Pertanto, qualora il consumatore, dopo essere stato debitamente informato dal giudice dei suoi diritti e degli strumenti procedurali per farli valere, non intenda avvalersi di tale tutela, il principio di effettività non può spingersi fino a obbligare il giudice nazionale ad ampliare la domanda e a violare il principio che gli vieta di statuire ultra petita.

68.      In udienza, il collegio ha formulato questioni e osservazioni in merito a motivi validi idonei a giustificare la scelta del consumatore di pretendere meno rispetto a quanto avrebbe diritto. Infatti, a seconda dell’ordinamento giuridico, tale decisione può essere dovuta a considerazioni legate alla procedura applicabile (56). Non si può neppure escludere che vengano in rilievo considerazioni di carattere personale (57). In tali circostanze, qualora il consumatore rimanga passivo dopo essere stato informato dal giudice nazionale dei suoi diritti e degli strumenti per farli valere, è ragionevole dedurne che abbia compiuto una scelta libera e informata di mantenere la domanda originaria.

69.      Nella causa principale, tuttavia, come sottolineato dalla Commissione in udienza, non è possibile ritenere che il consumatore, il quale non ha presentato osservazioni in merito alle questioni sollevate dal giudice nazionale, abbia espresso una scelta libera e informata di mantenere la domanda originaria. Come osservato in precedenza (58), dal fascicolo non risulta chiaramente se il giudice del rinvio abbia spiegato al consumatore i suoi diritti e gli strumenti procedurali disponibili per farli valere.

70.      È importante sottolineare, inoltre, che dalla giurisprudenza della Corte risulta che i giudici nazionali non hanno l’obbligo generale di estendere l’ambito della controversia e di concedere un importo maggiore o un rimedio diverso rispetto a quello richiesto. Ciò vale, più in particolare, per il diritto del consumatore di ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate in forza di una clausola contrattuale abusiva. Devono esistere circostanze specifiche ed eccezionali le quali indichino che il consumatore è privo degli strumenti procedurali che gli consentono di far valere i suoi diritti in forza del diritto dell’Unione in materia di consumatori (59).

71.      Inoltre, in un’ottica simile, la Corte ha dichiarato che i giudici nazionali non sono tenuti, in linea di principio, a operare una compensazione d’ufficio tra i pagamenti indebitamente effettuati sulla base di una clausola abusiva e l’importo residuo dovuto in base al contratto, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (60).

72.      Pertanto, dalla giurisprudenza risulta che i principi di effettività e di tutela giurisdizionale effettiva non impongono ai giudici nazionali di ignorare o eccedere i limiti dell’oggetto della controversia stabiliti dalle conclusioni delle parti. Tali principi esigono, tuttavia, che siano disponibili mezzi efficaci che consentano al consumatore di far valere i suoi diritti e pretendere ciò che gli spetta.

73.      Ciò mi conduce alla questione se siffatti strumenti procedurali efficaci fossero disponibili nel procedimento principale. La decisione di rinvio menziona soltanto la disposizione di diritto nazionale che sancisce il divieto di mutatio libelli (articolo 412, paragrafo 1, della LEC). Tuttavia, il giudice del rinvio non si è pronunciato sull’applicazione concreta di tale divieto nell’ordinamento giuridico spagnolo (61). Esso non ha neppure precisato se un’eventuale estensione del petitum comporti un cambiamento del giudice competente o della procedura applicabile. La determinazione degli strumenti procedurali mediante i quali il consumatore può esercitare il diritto di chiedere il rimborso integrale dei pagamenti effettuati costituisce, quindi, una questione rimessa al diritto processuale nazionale, fatti salvi i principi di equivalenza e di effettività. Tali strumenti potrebbero consistere, ad esempio, nel proporre un nuovo ricorso o nell’estendere l’oggetto della controversia di cui il giudice del rinvio è investito, su invito di detto giudice. (62). A tal riguardo, occorre ricordare che la circostanza che una determinata procedura comporti vari requisiti procedurali che il consumatore deve rispettare al fine di far valere i suoi diritti non significa comunque che egli non goda di una tutela giurisdizionale effettiva (63). Tuttavia, come ho già sottolineato, gli strumenti procedurali a sua disposizione per far valere detti diritti dovrebbero offrire una tutela giurisdizionale effettiva.

74.      Alla luce di quanto precede, concludo che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302, letto alla luce degli articoli 114 e 169 TFUE, deve essere interpretato nel senso che non osta all’applicazione di principi di diritto processuale nazionale ai sensi dei quali il giudice nazionale investito di una controversia non può concedere d’ufficio al consumatore il rimborso integrale dell’importo al quale esso ha diritto, qualora il consumatore abbia chiesto un importo inferiore. Tuttavia, il giudice nazionale è tenuto ad applicare d’ufficio l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302 ove disponga di tutti gli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, e fatto salvo il rispetto del principio del contraddittorio. Più precisamente, il giudice nazionale è tenuto a informare debitamente il consumatore dei diritti che esso trae da tale disposizione e degli strumenti procedurali a sua disposizione per farli valere, purché detti strumenti garantiscano una tutela giurisdizionale effettiva.

 Conclusione

75.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dallo Juzgado de Primera Instancia nº 5 de Cartagena (Tribunale di primo grado n. 5 di Cartagena, Spagna) nel modo seguente:

1)      Dall’esame della prima questione non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità dell’articolo 5 della direttiva (UE) 2015/2302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 90/314/CEE del Consiglio.

2)      L’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302, letto alla luce degli articoli 114 e 169 TFUE, deve essere interpretato nel senso che non osta all’applicazione di principi di diritto processuale nazionale ai sensi dei quali il giudice nazionale investito di una controversia non può concedere d’ufficio al consumatore il rimborso integrale dell’importo al quale esso ha diritto, qualora il consumatore abbia chiesto un importo inferiore. Tuttavia, il giudice nazionale è tenuto ad applicare l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302 d’ufficio, ove disponga di tutti gli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, e fatto salvo il rispetto del principio del contraddittorio. Più precisamente, il giudice nazionale è tenuto a informare debitamente il consumatore dei diritti che esso trae da tale disposizione e degli strumenti procedurali a sua disposizione per farli valere, purché detti strumenti garantiscano una tutela giurisdizionale effettiva.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      V. anche UNWTO, Secretary-General’s Policy Brief on Tourism and COVID-19 (disponibile all’indirizzo https://www.unwto.org/tourism-and-covid-19-unprecedented-economic-impacts).


3      Direttiva (UE) 2015/2302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 90/314/CEE del Consiglio (GU 2015, L 326, pag. 1).


4      V. Terryn, E., Straetmans, G. e Colaert, V. (a cura di), Landmark Cases of EU Consumer Law, In Honour of Jules Stuyck, Intersentia, Cambridge – Anversa – Portland, 2013.


5      Sentenza del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346; in prosieguo: la «sentenza Océano Grupo»).


6      Sentenza del 21 novembre 2002, Cofidis (C‑473/00, EU:C:2002:705).


7      Sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164). Per un’analisi dettagliata della causa nel contesto del procedimento di esecuzione ipotecaria, v. Fernández Seijo, J.M., La Tutela de los consumidores en los procedimientos judiciales, Especial referencia a las ejecuciones hipotecarias, Wolters Kluwer, Barcellona, 2013.


8      Nicola, F. e Tichadou, E., «Océano Grupo: A Transatlantic Victory for the Consumer and a Missed Opportunity for European Law», in Nicola, F. e Davies, B. (a cura di), EU Law Stories, Contextual and Critical Histories of European Jurisprudence, Cambridge University Press, 2017, pag. 390.


9      Il romanzo di Emmanuel Carrère, D’autres vies que la mienne (Folio, 2010) ripercorre la storia personale del giudice francese Etienne Rigal, che ha proposto il rinvio pregiudiziale che ha dato luogo alla sentenza del 21 novembre 2002, Cofidis (C‑473/00, EU:C:2002:705). Il libro ha ispirato, a sua volta, il film Toutes nos envies (2010) (Dir. Philippe Lioret), con Vincent Lindon nel ruolo del giudice.


10      V. Werbrouck, J. e Dauw, E., «The national courts’ obligation to gather and establish the necessary information for the application of consumer law – the endgame?», European Law Review, 46(3), 2021, pagg. 331 e 337.


11      Poillot, E., «Cour de justice, 3e ch., 11 mars 2020, Györgyné Lintner c/ UniCredit Bank Hungary Zrt., aff. C‑511/17, ECLI:EU:C:2020:188», in Picod, F. (a cura di), Jurisprudence de la CJUE 2020: décisions et commentaires, Bruylant, 2021, pag. 966 («âge de raison» nella versione originale francese).


12      V., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Statoil Fuel & Retail (C‑553/13, EU:C:2015:149, punto 33).


13      Sentenza del 9 settembre 2021, LatRailNet e Latvijas dzelzceļš (C‑144/20, EU:C:2021:717, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).


14      Supra, paragrafo 20.


15      Direttiva del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29). Per una rassegna sistematica di tale filone giurisprudenziale, v. comunicazione della Commissione – Orientamenti sull’interpretazione e sull’applicazione della direttiva 93/13/CEE del Consiglio concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 2019, C 323, pag. 4), sezione 5.


16      Sentenza del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco (C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).


17      Sentenza del 4 giugno 2020, Kancelaria Medius (C‑495/19, EU:C:2020:431, punto 30 e giurisprudenza ivi citata). V. conclusioni dell’avvocato generale Saggio nelle cause riunite Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:1999:620, paragrafo 26), il quale sottolinea che la direttiva 93/13 tutela interessi che rientrano nell’«ordine pubblico economico» e che, quindi, «trascendono quelli specifici delle parti». Come osservato in dottrina, il notevole squilibrio del rapporto contrattuale risultante dall’uso di clausole contrattuali abusive non incide soltanto sulla sfera privata del consumatore, ma «pregiudica (...) l’ordinamento giuridico ed economico nel suo complesso»; v. Podimata, E., «Standard Contract Terms and Rules on Procedure», in Essays in Honour of Konstantinos D. Kerameus, Ant. N. Sakkoulas; Bruylant, Atene, Bruxelles, 2009, pagg. da 1079 a 1093.


18      Sentenza del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco (C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).


19      Sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco (C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 24). V. Fekete, B. e Mancaleoni, A.M., «Application of Primary and Secondary EU Law on the National Courts’ Own Motion», in Hartkamp, A., Sieburgh, C. e Devroe, W. (a cura di), Cases, Materials and Text on European Law and Private Law, Hart Publishing, Oxford e Portland, Oregon, 2017, pag. 440, i quali sottolineano che «la questione dello status delle disposizioni in materia di contratti con i consumatori – se si tratti di mere norme imperative oppure di norme di ordine pubblico – ha rappresentato un problema notevole, soprattutto nel diritto dei Paesi Bassi, in cui l’applicazione d’ufficio è permessa soltanto in relazione a norme di ordine pubblico, e non a norme imperative (indipendentemente dal fatto che abbiano oppure no una “mera” finalità di tutela)».


20      Sentenza del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco (C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).


21      Sentenza del 4 giugno 2015, Faber (C‑497/13, EU:C:2015:357, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


22      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (GU 1999, L 171, pag. 12).


23      Sentenza del 3 ottobre 2013, Duarte Hueros (C‑32/12, EU:C:2013:637, punto 39).


24      Sentenza del 4 giugno 2015, Faber (C‑497/13, EU:C:2015:357, punto 56).


25      Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri in materia di credito al consumo (GU 1987, L 42, pag. 48).


26      Sentenza del 4 ottobre 2007, Rampion e Godard (C‑429/05, EU:C:2007:575, punto 65).


27      Direttiva del Consiglio, del 20 dicembre 1985, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU 1985, L 372, pag. 31).


28      Sentenza del 17 dicembre 2009, Martín Martín (C‑227/08, EU:C:2009:792, punto 29).


29      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66; e rettifiche in GU 2009, L 207, pag. 14; GU 2010, L 199, pag. 40 e GU 2011, L 234, pag. 46).


30      Sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 67).


31      Sentenza del 5 marzo 2020, OPR-Finance (C‑679/18, EU:C:2020:167, punto 23).


32      V., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2020, OPR-Finance (C‑679/18, EU:C:2020:167, punto 23 e giurisprudenza ivi citata). Per quanto concerne le circostanze in cui un giudice nazionale potrebbe essere tenuto ad adottare d’ufficio misure istruttorie necessarie a completare il fascicolo, v. sentenza dell’11 marzo 2020, Lintner (C‑511/17, EU:C:2020:188, punti da 35 a 38).


33      V., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2020, OPR-Finance (C‑679/18, EU:C:2020:167, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


34      V., in dettaglio, sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco (C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).


35      V., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco (C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


36      V. sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco (C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).


37      Poillot, E., «L’encadrement procédural de l’action des consommateurs» in Sauphanor-Brouillaud, N. et al., Les contrats de consommation. Règles communes, L.G.D.J, Parigi, 2013, pag. 971 («un véritable régime européen du relevé d’office» nell’originale francese).


38      Micklitz, H., «Theme VIII. Unfair Contract Terms – Public Interest Litigation Before European Courts», in Terryn, E., Straetmans, G. e Colaert, V. (a cura di), op. cit., nota 4, pag. 641.


39      Sentenza del 4 giugno 2015, Faber (C‑497/13, EU:C:2015:357, punto 38).


40      V., in dettaglio, la mia risposta alla prima questione.


41      Tale considerando richiama le disposizioni del TFUE richiamate nella seconda questione, vale a dire l’articolo 169, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 169, paragrafo 2, lettera a), TFUE, dai quali risulta che l’Unione contribuisce al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori, mediante misure adottate a norma dell’articolo 114 TFUE.


42      V., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2007, Rampion e Godard (C‑429/05, EU:C:2007:575, punto 65).


43      Sentenza del 5 marzo 2020, OPR -Finance (C‑679/18, EU:C:2020:167, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).


44      V. supra, paragrafo 43.


45      Sentenza del 4 giugno 2015, Faber (C‑497/13, EU:C:2015:357, punto 55).


46      In tal senso, Werbrouck, J. e Dauw, E., op. cit., nota 10, pag. 330.


47      V., in tal senso, sentenza del 21 febbraio 2013, Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 31).


48      Paragrafo 48.


49      Per un’analisi comparativa dettagliata dei principi guida della procedura civile e dell’impatto del diritto dell’Unione in materia di consumatori, v Hess B. e Law, S. (a cura di), Implementing EU Consumer Rights by National Procedural Law The Luxembourg Report on European Procedural Law, Volume II, Beck, Hart, Nomos, 2019.


50      V. Beka, A., The Active Role of Courts in Consumer Litigation, Applying EU Law of the National Courts’ Own Motion, Intersentia, Cambridge, Anversa, Chicago, 2018, pag. 354, la quale osserva che un giudice interventista in materia di diritto dei consumatori «non è un giudice paternalista» e che «esso opera entro i limiti della giustizia civile, benché adattata alle specificità del contenzioso in materia di consumo».


51      Sentenza dell’11 marzo 2020, Lintner (C‑511/17, EU:C:2020:188, punto 30).


52      Sentenza dell’11 marzo 2020, Lintner (C‑511/17, EU:C:2020:188, punto 31).


53      Sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak (C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 53).


54      Sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak (C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 54).


55      V. Biardeaud, G. e Flores, P., Crédit à la consommation, Protection du consommateur, Delmas Express, Parigi, 2012, pag. 300.


56      I governi spagnolo e finlandese hanno sottolineato che una possibile giustificazione per la presentazione di una domanda per un importo inferiore a quello cui il ricorrente ha diritto potrebbe consistere nella possibilità di stare in giudizio personalmente, quando l’importo preteso si colloca al di sotto di una certa soglia. Un’altra considerazione potrebbe riguardare, a seconda di quanto previsto dal diritto nazionale, il fatto che le sentenze pronunciate nell’ambito di procedimenti relativi a controversie di modesta entità non sono impugnabili. Il governo finlandese ha osservato che, qualora il ricorrente debba sopportare le proprie spese in caso di accoglimento parziale del ricorso, oppure qualora non sia certo dell’esito dello stesso, potrebbe scegliere di promuovere una causa per un importo inferiore.


57      Ad esempio, tenuto conto della pandemia, un consumatore potrebbe ritenere opportuno che vi sia un’equa ripartizione del rischio di risoluzione del contratto.


58      Paragrafo 38.


59      A tal riguardo possono essere forniti due esempi. Il primo riguarda la sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco (C‑869/19, EU:C:2022:397; in prosieguo: la «sentenza Unicaja Banco»). Il contesto di tale sentenza è molto specifico. Essa deve essere interpretata alla luce della sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980; in prosieguo: la «sentenza Gutiérrez Naranjo»), nella quale la Corte ha dichiarato incompatibile con l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 la giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) che limitava nel tempo gli effetti restitutori legati alla dichiarazione giudiziale del carattere abusivo, da parte del giudice, di uno specifico tipo di clausola («clausola di tasso minimo») alle sole somme indebitamente versate in applicazione di una siffatta clausola successivamente alla pronuncia della decisione che ha accertato giudizialmente tale carattere abusivo. Nella sentenza Unicaja Banco, la Corte ha dichiarato, in sostanza, che il divieto di statuire ultra petita non osta a che il giudice adito in appello avverso una sentenza che limita nel tempo la restituzione delle somme indebitamente corrisposte dal consumatore in base a una clausola dichiarata abusiva sollevi d’ufficio un motivo relativo alla violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 e disponga la restituzione integrale di dette somme, laddove la mancata impugnazione di tale sentenza da parte del consumatore interessato non possa essere imputata a una completa passività di quest’ultimo. Nel contesto di tale causa, il fatto che un consumatore non avesse proposto ricorso nel termine adeguato poteva essere ricondotto al fatto che, quando la Corte ha pronunciato la sentenza Gutiérrez Naranjo, il termine entro il quale era possibile interporre appello o proporre appello incidentale in base al diritto nazionale era già scaduto. Il secondo esempio è offerto dalla sentenza del 3 ottobre 2013, Duarte Hueros (C‑32/12, EU:C:2013:637). In tale causa, il consumatore si era limitato a chiedere la risoluzione del contratto di vendita a causa della difettosità del prodotto acquistato. Il giudice del rinvio riteneva che, trattandosi di un difetto minore, il consumatore non avesse diritto alla risoluzione del contratto, bensì a una riduzione del prezzo. Tuttavia, il rimedio della riduzione del prezzo non poteva più essere concesso alla ricorrente. La Corte ha ritenuto che, in tale caso specifico, l’applicazione del principio di corrispondenza tra le domande giudiziali delle parti e le decisioni giurisdizionali fosse idonea ad arrecare pregiudizio all’effettività della tutela dei consumatori, poiché il diritto processuale spagnolo non consente al giudice nazionale di riconoscere d’ufficio il diritto del consumatore ad ottenere una congrua riduzione del prezzo di vendita del bene, e ciò sebbene detto consumatore non sia autorizzato né a precisare la sua domanda iniziale né a proporre un nuovo ricorso a questo fine.


60      Sentenza del 30 giugno 2022, Profi Credit Bulgaria (Compensazione d’ufficio in caso di clausola abusiva) (C‑170/21, EU:C:2022:518, punto 44).


61      Le norme che disciplinano le possibili evoluzioni dell’oggetto della controversia possono variare a seconda dell’ordinamento giuridico. Ad esempio, nel diritto processuale civile francese, le conclusioni delle parti non possono, in linea di principio, essere modificate, salvo per quanto riguarda le domande accessorie, qualora esse presentino un nesso sufficiente con le conclusioni originarie [articolo 4 del Code de Procédure Civile (codice di procedura civile)]. V. Cadiet, L, Normand, J. e Amrani-Mekki, S., Théorie Générale du Procès, 3ª ed., Thémis droit, Puf, 2020, pag. 741, i quali precisano che il principio del divieto di mutatio libelli è stato trasformato in un principio di mutatio libelli controllata dai giudici («principe directeur du procès, l’immutablité du litige s’est muée, au fil du temps, en principe de mutabilité contrôlée du litige»). Nel diritto processuale civile tedesco, conformemente all’articolo 263 della Zivilprozessordnung (codice di procedura civile; in prosieguo: la «ZPO»), non appena la controversia è pendente, la modifica delle conclusioni di una parte dipende, generalmente, dal consenso dell’altra parte o da una valutazione di opportunità da parte del giudice. Tuttavia, l’articolo 264 della ZPO esclude taluni casi dalle norme relative alla mutatio libelli di cui all’articolo 263 della ZPO e, per ragioni di economia processuale, consente al ricorrente di apportare modifiche (Bacher, K., in Vorwerk, V. e Wolf, C., BeckOK ZPO, 47ª edizione, Verlag Beck München, 2022, § 264, punto 1). L’obiettivo è evitare nuove controversie giuridiche e risparmiare alle parti, ma anche al potere giudiziario, la necessità di affrontare a più riprese le stesse questioni (v. Foerste, U., in Musielak, H.-J. e Voit, W., ZPO – Zivilprozessordnung, 19ª edizione, Verlag Franz Vahlen, 2022, § 264, punto 1).


62      V., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 2020, Lintner (C‑511/17, EU:C:2020:188, punto 39).


63      Sentenza del 31 maggio 2018, Sziber (C‑483/16, EU:C:2018:367, punto 50).