SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
17 luglio 1997(1)
[234s«Trasporti marittimi Tassa sulle merci Maggiorazione all'importazione»[s
Nel procedimento C-90/94,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a
norma dell'art. 177 del Trattato CE, dall'Østre Landsret (Danimarca), nella causa
dinanzi ad esso pendente tra
Haahr Petroleum Ltd
e
Åbenrå Havn,
Ålborg Havn,
Horsens Havn,
Kastrup Havn NKE A/S,
Næstved Havn,
Odense Havn,
Struer Havn,
Vejle Havn,
con l'intervento di: Trafikministeriet,
domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 9-13, 84 e 95 del Trattato CEE,
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta dai signori G.F. Mancini, presidente di sezione, J.L. Murray e P.J.G.
Kapteyn (relatore), giudici,
avvocato generale: F.G.Jacobs
cancelliere: H. von Holstein, vicecancelliere
viste le osservazioni scritte presentate:
- per la società Haahr Petroleum Ltd, dall'avv. Lars N. Vistesen, del foro di
Copenaghen;
- per i porti convenuti Åbenrå Havn, Ålborg Havn, Horsens Havn, Kastrup
Havn NKE A/S, Næstved Havn, Odense Havn, Struer Havn e Vejle Havn
dagli avvocati Per Magid e Jeppe Skadhauge, del foro di Copenaghen;
- per il Trafikministeriet (ministro danese dei Trasporti), dall'avv. Karsten
Hagel-Sørensen, del foro di Copenaghen;
- per il governo del Regno Unito, dalla signora Lucinda Hudson, del Treasury
Solicitor's Department, in qualità di agente, assistita dai signori Stephen
Richards e Rhodri Thompson, barristers;
- per la Commissione delle Comunità europee, dai signori Anders Christian
Jessen e Enrico Traversa, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali della società Haahr Petroleum Ltd, rappresentata dagli
avvocati Isi Foighel, del foro di Copenaghen, e Lars N. Vistesen, dei porti
convenuti Åbenrå Havn, Ålborg Havn, Horsens Havn, Kastrup Havn NKE A/S,
Næstved Havn, Odense Havn, Struer Havn e Vejle Havn rappresentati dagli
avvocati Per Magid e Jeppe Skadhauge, del Trafikministeriet, rappresentato
dall'avv. Karsten Hagel-Sørensen, e della Commissione, rappresentata dai signori
Anders Christian Jessen, Enrico Traversa e Richard Lyal, membro del servizio
giuridico, in qualità di agente, all'udienza del 9 gennaio 1997,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 27 febbraio
1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
- Con ordinanza 8 marzo 1994, pervenuta in cancelleria il 15 marzo seguente, l'Østre
Landsret ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, varie
questioni pregiudiziali relative all'interpretazione degli artt. 9-13, 84 e 95 del
Trattato CEE.
- Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia fra la Haahr
Petroleum Ltd (in prosieguo: la «Haahr Petroleum»), una società che svolge il
commercio della benzina e di altri prodotti petroliferi, e i porti commerciali di
Åbenrå, di Ålborg, di Horsens, di Kastrup, di Næstved, di Odense, di Struer e di
Vejle (in prosieguo: i «porti commerciali convenuti»), in merito alla riscossione da
parte di questi ultimi di una maggiorazione all'importazione, nella misura del 40%,
a carico delle merci importate dall'estero, fino al 31 marzo 1990, della tassa sulle
merci che in Danimarca è riscossa su tutte le merci caricate, scaricate, o imbarcate
o sbarcate in altro modo nei porti commerciali danesi o nel canale che consente
l'accesso a detti porti.
- In Danimarca l'autorizzazione per creare un porto commerciale, vale a dire un
porto utilizzato per il trasporto commerciale di merci, di veicoli e di persone, è
rilasciata dal ministro dei Trasporti. A seconda del sistema di proprietà e di
controllo, si può effettuare una distinzione fra i porti gestiti dai comuni, che sono
enti amministrativi autonomi soggetti ad amministrazione comunale, il porto di
Copenaghen, che fruisce di un particolare regime giuridico, i porti statali, che
dipendono dal ministero dei Trasporti, e i porti privati, che sono gestiti dai loro
proprietari in conformità alle condizioni fissate nella corrispondente autorizzazione.
- Una parte delle entrate dei porti proviene dalle tasse versate dagli utenti per il loro
uso. Tasse su navi e su merci devono essere versate quindi per lo scalo nel porto,
nonché per l'imbarco e lo sbarco di merci, di veicoli o di persone. Imposte speciali
vengono richieste per l'uso di gru, di magazzini o di piazzuole.
- Quando vigeva la legge 12 maggio 1976, n. 239, sui porti commerciali (Lovtidende
A 1976, pag. 587), rimasta in vigore fino al 31 dicembre 1990, spettava al ministro
competente, ora il ministro dei Trasporti, fissare le aliquote delle tasse sulle navi
e sulle merci dopo averle negoziate con la direzione dei porti commerciali. Secondo
la prassi ministeriale, le aliquote delle tasse erano calcolate in base alla situazione
economica dei 22 porti commerciali provinciali più importanti in termini di volume
di traffico commerciale, e venivano fissate in modo da consentire ai porti di far
fronte alle loro spese di gestione e di manutenzione, nonché di garantire un livello
ragionevole di autofinanziamento dei necessari ampliamenti e ammodernamenti.
- Le tasse sulle navi e sulle merci erano riportate in un regolamento stabilito, per
ciascun porto, sulla base di un regolamento comune elaborato dal ministro
competente per tutti i porti commerciali.
- In forza della normativa vigente all'epoca dei fatti della causa principale, la tassa
sulle navi era dovuta per tutte le navi e le imbarcazioni nonché per i galleggianti
di ogni genere trovantisi nel porto o nel canale che ne consente l'accesso. Essa era
calcolata, secondo un importo fisso per tonnellata di stazza lorda (TSL) o per
tonnellata lorda (TL), per ogni scalo o come imposta mensile. Le navi al di sotto
delle 100 tonnellate TSL/TL venivano esentate dal versamento della tassa sulle
navi.
- La tassa sulle merci era dovuta per tutte le merci caricate, scaricate o imbarcate
o sbarcate in altro modo nel porto o nei canali per l'accesso al porto. Essa era
costituita da un certo importo per tonnellata. Esenzioni o tariffe speciali erano
contemplate per alcune merci. Ai termini della normativa in esame, la tassa sulle
merci doveva essere corrisposta dalla nave o dal suo agente locale prima della
partenza, ma era rispettivamente dovuta dal destinatario e dallo speditore delle
merci, sui quali poteva essere trasferita.
- Durante il periodo che rileva per la causa principale la tassa sulle merci riscossa
sulle merci importate dall'estero era maggiorata del 40%. Dall'ordinanza di rinvio
risulta che tale maggiorazione all'importazione del 40% era stata introdotta
nell'ambito di un adeguamento generale del livello delle tariffe dei porti effettuato
nel 1956 in base ad una relazione della Commissione delle tariffe dei porti e dei
ponti istituita nel 1954 dal ministero dei Lavori pubblici.
- Secondo detta commissione, l'aumento delle tariffe considerato necessario doveva
riguardare le tasse tanto sulle merci quanto sulle navi, ma doveva «essere
effettuato in modo tale che il suo obiettivo vale a dire l'incremento dell'entrate
dei porti non sia compromesso da un perdita totale o parziale del traffico nei
porti, a causa della preferenza del trasporto su strada o per ferrovia». Pertanto, la
commissione delle tariffe dei porti e dei ponti proponeva, per quanto riguarda le
tasse sulle merci, «di concentrarsi sul commercio con l'estero, poiché la maggior
parte delle merci importate o esportate viene di norma trasportata via mare e può
essere considerato quindi relativamente irrilevante il rischio che detto trasporto non
venga effettuato tramite porti solo a causa di un aumento della tassa sulle merci».
Detta commissione considerava inoltre che «il sistema più adeguato per ottenere
la maggiorazione di entrate tramite tasse sulle merci (è di aumentare) le stesse
tasse solo per quanto riguarda le merci importate», poiché la tassa che colpisce i
prodotti importati, ad esempio i fertilizzanti e i foraggi per il settore agricolo e le
materie prime per il settore industriale, è meno elevata di quella che colpisce i
prodotti finiti ed un aumento della tassa sulle importazioni avrebbe pertanto
un'influenza molto più limitata sui settori di attività interessati di un aumento delle
tasse sulle esportazioni. Infine, il rischio che il traffico interno possa disertare i
porti a favore del trasporto su strada ha indotto la Commissione delle tariffe dei
porti e dei ponti a proporre, da un lato, di esentare le navi di piccole dimensioni
dal previsto aumento delle tasse sulle navi e, dall'altro, di far fruire le navi fino a
100 tonnellate delle aliquote inferiori di regola concesse alle navi aventi una stazza
inferiore a 100 tonnellate.
- La maggiorazione all'importazione del 40% veniva abolita dal ministro del
Trasporti con effetto a partire dal 1° aprile 1990.
- Fra il 1984 e il 31 marzo 1990, data dell'abolizione della maggiorazione
all'importazione, la Haahr Petroleum importava in Danimarca, allo scopo di
raffinarli e di rivenderli, petrolio grezzo e benzina provenienti da altri Stati membri
e da paesi terzi, facendo scalo nei porti commerciali convenuti. Tutti i suddetti
porti sono gestiti dai comuni, escluso quello di Kastrup, che è un porto privato.
- Con ricorso depositato il 5 novembre 1991 presso l'Østre Landsret, la Haahr
Petroleum chiedeva che i porti commerciali convenuti fossero condannati a
rimborsarle le maggiorazioni all'importazione riscosse dal 1° gennaio 1984 al 31
marzo 1990, per un importo complessivo di 9,6 milioni DKR.
- A sostegno della sua domanda, la Haahr Petroleum faceva valere, invocando gli
artt. 9 e 12 del Trattato, che la controversa maggiorazione all'importazione
corrispondeva ad una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale e che, a
partire dal 1° gennaio 1973, il Regno di Danimarca non poteva riscuotere dazi
doganali né tasse di effetto equivalente. Riferendosi alla sentenza 13 dicembre
1973, Sociaal Fonds voor de Diamantarbeiders (cause riunite 37 e 38/73, Racc. pag.
1609), relativa agli artt. 18-28 e 113 del Trattato CEE, la Haahr Petroleum
sosteneva inoltre «che a partire dall'istituzione della tariffa doganale comune è
vietato agli Stati membri introdurre unilateralmente nuove tasse o aumentare
quelle già in vigore». Infine, la Haahr Petroleum si opponeva alla prescrizione della
sua azione in forza delle norme nazionali in materia (che prevedono un termine di
cinque anni), in quanto una domanda basata sul diritto comunitario sfugge alla
prescrizione non solo qualora il ritardo per far valere detta domanda sia dovuto ad
una tardiva attuazione di una disposizione di diritto comunitario nell'ordinamento
giuridico nazionale (sentenza 25 luglio 1991, causa C-208/90, Emmott, Racc. pag.
I-4269), ma anche quando la domanda sia fondata sulla tardiva abrogazione di una
norma nazionale incompatibile col diritto comunitario.
- I porti commerciali convenuti rilevavano che la maggiorazione all'importazione
doveva essere valutata con riguardo al titolo IV del Trattato relativo ai trasporti,
come sosteneva il ministero dei Trasporti intervenuto a sostegno delle loro
conclusioni, oppure con riguardo all'art. 95 del Trattato, in quanto la maggiorazione
del 40% faceva parte della tassa sulle merci, la quale, a sua volta, faceva parte di
un sistema generale di imposte interne le cui aliquote differenziate erano
compatibili con le disposizioni del Trattato. Essi sostenevano inoltre che la
domanda della Haahr Petroleum era prescritta per quanto riguarda le tasse pagate
prima del 5 novembre 1986 (vale a dire cinque anni prima della proposizione del
ricorso dinanzi all'Østre Landsret) e che le circostanze del caso di specie non
presentavano alcun elemento tale da giustificare una deroga ai principi generali del
diritto nazionale in materia.
- Il ministero dei Trasporti faceva valere che le tasse di cui trattasi perseguivano un
obiettivo di politica dei trasporti in quanto, da un lato, l'uniformità delle tasse
mirava a mantenere la concorrenza fra i porti e i trasporti stradali all'interno della
Danimarca e a garantire che i porti non si facessero reciprocamente concorrenza
mediante dette tasse e, dall'altro, la maggiorazione all'importazione era diretta a
garantire il finanziamento dei porti, senza che il trasporto delle merci venisse
dirottato su strada o per ferrovia. Per provare che la maggiorazione
all'importazione non mirava a colpire l'importazione di merci, ma avrebbe
riguardato i sistemi di trasporto, esso rilevava che il porto commerciale
internazionale più importante, vale a dire quello di Copenaghen, non imponeva
detta tassa.
- In tali circostanze l'Østre Landsret ha deciso di sospendere il procedimento e di
sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la maggiorazione speciale all'importazione del 40% della tassa generale
sulle merci ricada sotto le norme del Trattato CEE sull'Unione doganale,
in particolare gli artt. 9 e 13 ovvero l'art. 95.
2) Se le norme del Trattato CEE sull'Unione doganale, in particolare gli artt.
9-13 ovvero l'art. 95, vadano interpretati nel senso che è incompatibile con
dette disposizioni la riscossione di una maggiorazione speciale
all'importazione del 40% della tassa generale sulle merci qualora la
maggiorazione venga riscossa solo sulle merci provenienti dall'estero.
3) In caso di soluzione affermativa della questione sub 2, come possa essere
legittimata una tassa del genere partendo da considerazioni inerenti alla sua
funzione di corrispettivo di un servizio o alla politica dei trasporti, ai sensi
dell'art. 84, n. 2.
4) Se l'eventuale incompatibilità con il Trattato CEE riguardi la totalità della
detta maggiorazione in quanto tale, riscossa dopo l'adesione della
Danimarca al Trattato CEE, ovvero unicamente l'aumento di detta
maggiorazione, avvenuto dopo quel momento.
5) Qualora risulti che la maggiorazione all'importazione è incompatibile con
il diritto comunitario, se l'eventuale domanda di ripetizione dell'indebito
possa essere prescritta in forza del diritto nazionale con la conseguenza che
non è possibile ottenerne il rimborso totale o parziale».
Sulle questioni prima, seconda, terza e quarta
- Con le sue prime quattro questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il
giudice nazionale chiede chiarimenti sulla nozione di tassa di effetto equivalente a
dazi doganali di cui agli artt. 9-13 del Trattato, nonché su quella di imposizione
interna discriminatoria di cui all'art. 95 del Trattato, con riguardo all'imposizione
da parte di uno Stato membro di una maggiorazione all'importazione nella misura
del 40%, in caso d'importazione di merci su navi provenienti da un altro Statomembro, della tassa generale sulle merci riscossa sulle merci caricate, scaricate, o
imbarcate o sbarcate in altro modo nei porti del primo Stato membro o nel canale
che consente l'accesso a detti porti.
- Va ricordato in proposito che, per giurisprudenza consolidata (v. in particolare,
sentenza 2 agosto 1993, causa C-266/91, CELBI, Racc. pag. I-4337, punto 9), le
disposizioni relative alle tasse di effetto equivalente e quelle concernenti le
imposizioni interne discriminatorie non sono applicabili cumulativamente, di modo
che nel sistema del Trattato una stessa imposizione non può appartenere
contemporaneamente ad entrambe le categorie.
- Risulta del pari da giurisprudenza consolidata (v., in particolare, sentenza 7
dicembre 1995, causa C-45/94, Ayuntamiento de Ceuta, Racc. pag. I-4385, punto
28) che qualsiasi onere pecuniario imposto unilateralmente, indipendentemente
dalla sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisce le merci per il fatto che
esse attraversano una frontiera, quando non si tratti di un dazio doganale in senso
proprio, costituisce una tassa d'effetto equivalente ai sensi degli artt. 9, 12, 13 e 16
del Trattato CEE. Un onere siffatto sfugge tuttavia a tale qualificazione se fa parte
di un regime generale di tributi interni che colpisce sistematicamente categorie di
merci secondo criteri obiettivi, applicati indipendentemente dall'origine delle
merci, nel qual caso esso rientra nella sfera di applicazione dell'art. 95 del Trattato.
- A questo proposito, si deve constatare, in primo luogo, che una tassa, quale la tassa
generale sulle merci di cui trattasi nella causa principale, fa parte, unitamente in
particolare alla tassa sulle navi, di un sistema generale di tasse interne che devono
essere versate per l'uso dei porti commerciali e delle loro attrezzature.
- Va sottolineato, in secondo luogo, che, escluse talune categorie di merci esentate,
la tassa di cui trattasi colpisce tutte le merci caricate, scaricate, o imbarcate o
sbarcate in altro modo nei porti commerciali, indipendentemente dal fatto che
dette merci arrivino al porto provenienti da un altro Stato membro o da un altro
porto commerciale dello stesso Stato membro.
- Occorre osservare, in terzo luogo, che essa colpisce le merci, tanto nazionali quanto
importate, allo stesso momento e secondo gli stessi criteri oggettivi, vale a dire
all'atto dell'imbarco o dello sbarco e in base al tipo delle merci e al loro peso.
- Va rilevato, in quarto luogo, che una maggiorazione all'importazione , quale quella
di cui trattasi nella causa principale, con cui la tassa generale sulle merci è
aumentata quando colpisce merci importate, fa parte integrante della stessa tassa
e non costituisce una tassa a parte, in quanto l'importo della maggiorazione è
espresso sotto forma di percentuale della tassa e in quanto la maggiorazione e la
tassa sono riscosse in base allo stesso fondamento giuridico, allo stesso momento,
secondo gli stessi criteri e dagli stessi uffici e poiché il relativo gettito è versato agli
stessi destinatari.
- In tali circostanze, il fatto che la maggiorazione all'importazione colpisca, per
definizione, esclusivamente le merci importate e l'origine delle merci sia pertanto
decisiva per l'importo della tassa da riscuotere non può sottrarre né la tassa in
generale né la maggiorazione in particolare alla sfera di applicazione dell'art. 95
del Trattato, di modo che la loro compatibilità col diritto comunitario deve essere
valutata in base a detto articolo e non in base agli artt. 9-13 del Trattato.
- A questo proposito si deve anzitutto precisare che, secondo la costante
giurisprudenza della Corte, l'art. 95 del Trattato si applica solamente alle merci
provenienti dagli Stati membri e, eventualmente, alle merci originarie di paesi terzi
che si trovano in libera pratica negli Stati membri. Ne consegue che quest'articolo
non si applica ai prodotti importati direttamente dai paesi terzi (v., in particolare,
sentenza 13 luglio 1994, causa C-130/92, OTO, Racc. pag. I-3281, punto 18).
- Occorre inoltre ricordare come l'art. 95 del Trattato vieti che uno Stato membro
colpisca direttamente o indirettamente i prodotti degli altri Stati membri con
imposizioni interne superiori a quelle che colpiscono i prodotti nazionali similari
o tali da proteggere altre produzioni nazionali. Pertanto non si può contestare che
l'applicazione di una tassa di importo più elevato ai prodotti importati rispetto ai
prodotti nazionali o l'applicazione, ai soli prodotti importati, di una maggiorazione
che aumenti la tassa applicabile ai prodotti nazionali e importati è in contrasto con
il detto divieto di discriminazione enunciato dall'art. 95.
- I porti commerciali convenuti fanno valere tuttavia che la maggiorazione
all'importazione corrisponde ad una differenziazione della tassa sulle merci che
sarebbe compatibile con l'art. 95 del Trattato, come interpretato dalla Corte, in
quanto tale differenziazione si baserebbe su criteri oggettivi. Essi sostengono in
particolare che siffatta differenziazione è giustificata con riguardo alla duplice
considerazione che, in un contesto ove vi è concorrenza con altri sistemi di
trasporto, il trasporto marittimo internazionale potrebbe meglio sostenere l'onere
constituito dalla maggiorazione e che tale trasporto è effettuato di regola da navi
di dimensioni maggiori che si avvalgono degli impianti portuali più delle navi di
piccole dimensioni usate nel trasporto nazionale. Nello stesso senso si esprime il
ministero dei Trasporti secondo cui la maggiorazione non costituisce una
discriminazione illecita, poiché rappresenterebbe il corrispettivo per le spese
supplementari generali collegate nei porti alle prestazioni fornite alle navi di grandi
dimensioni usate per le importazioni.
- E' vero che, per giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenza 7 aprile 1987,
causa 196/85, Commissione/Francia, Racc. pag. 1597, punto 6), il diritto
comunitario, nello stadio attuale del suo sviluppo, non limita la libertà di ciascuno
Stato membro di istituire un sistema impositivo differenziato per taluni prodotti,
anche similari ai sensi dell'art. 95, primo comma, del Trattato, in relazione a criteri
obiettivi, quali la natura delle materie prime usate o i processi di produzione
seguiti. Siffatte differenziazioni tuttavia sono compatibili col diritto comunitario solo
se perseguono scopi di politica economica compatibili anch'essi con quanto
prescritto dal Trattato e dal diritto derivato e se le loro modalità sono tali da
evitare qualsiasi forma di discriminazione, diretta o indiretta, nei confronti delle
importazioni dagli altri Stati membri, o di protezione a favore di prodotti nazionali
concorrenti.
- Pertanto, la Corte ha già considerato che non si può considerare compatibile col
divieto di discriminazione sancito dall'art. 95 del Trattato un criterio di
maggiorazione dell'imposta che, per definizione, in nessun caso può applicarsi ai
prodotti nazionali similari, con la conseguenza che un regime del genere esclude
a priori i prodotti nazionali dal regime di tassazione più oneroso (v. sentenza 15
marzo 1983, causa 319/81, Commissione/Italia, Racc. pag. 601, punto 17). Del pari
la Corte ha già considerato che una tassazione differenziata non è compatibile col
diritto comunitario ove i prodotti maggiormente gravati da imposte siano, per loro
natura, prodotti importati (v. sentenza 4 marzo 1986, causa 106/84,
Commissione/Danimarca, Racc. pag. 833, punto 21).
- Lo stesso vale, a maggior ragione, per una tassazione differenziata nella quale il
criterio di maggiorazione dell'imposta sia costituito dalla importazione stessa e che
pertanto escluda, per definizione, tutti i prodotti nazionali dall'imposizione più
onerosa.
- In ogni caso, la natura discriminatoria di una tassazione differenziata non può
essere giustificata da considerazioni di carattere generale collegate alle differenze
esistenti tra i trasporti internazionali e i trasporti nazionali quanto alla loro
rispettiva capacità di sostenere un determinato onere fiscale senza che il trasporto
marittimo sia dirottato verso altri sistemi di trasporto e quanto alle dimensioni delle
navi usate a seconda che il trasporto sia nazionale o internazionale.
- Infatti, anche ammesso che tali considerazioni possano giustificare una differenza
di tassazione, si deve constatare che, in un regime quale quello di cui trattavasi
nella causa principale, esse non sono applicate oggettivamente in quanto il detto
regime esclude a priori che i trasporti nazionali, effettuati nelle stesse condizioni
dei trasporti internazionali, siano assoggettati alla stessa tassazione di quest'ultimi,
e inversamente.
- Orbene, dalla giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza 26 giugno
1991, causa C-152/89, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-3141, punti 20-25)
emerge che un sistema fiscale può considerarsi compatibile con l'art. 95 del
Trattato solo qualora venga provato che esso è congegnato in modo da escludere
in ogni caso che i prodotti importati siano tassati maggiormente dei prodotti
nazionali e, pertanto, che esso non comporta, in nessun caso, effetti discriminatori.
- Per quanto riguarda la questione se una tassa discriminatoria, quale quella di cui
trattasi nella causa principale, possa sfuggire al divieto di cui all'art. 95 del Trattato
grazie a considerazioni relative alla retribuzione di un servizio, è sufficiente
ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, cui fanno riferimento i porti
commerciali convenuti e il ministero dei Trasporti (v., in particolare, sentenze 25
gennaio 1977, causa 46/76, Bauhuis, Racc. pag. 5, punto 11, e 21 marzo 1991, causa
C-209/89, Commissione/Italia, Racc. pag. I-1575, punto 9), il fatto che un onere
pecuniario costituisca la retribuzione di un servizio effettivamente reso all'operatore
economico, d'importo proporzionato al servizio stesso, è tale da sottrarlo soltanto
alla qualifica di tassa di effetto equivalente a un dazio doganale ai sensi degli artt.
9 e seguenti del Trattato, e non al divieto di qualsiasi imposta interna
discriminatoria enunciato dall'art. 95.
- I porti commerciali convenuti e il ministero dei Trasporti fanno valere del pari che
una tassa quale quella di cui trattasi nella causa principale esula dall'applicazione
dell'art. 95 del Trattato e dal divieto da esso sancito qualora essa persegua obiettivi
legittimi di politica dei trasporti, vale a dire, da un lato, il finanziamento dei porti
commerciali e, dall'altro, la tassazione, in misura proporzionalmente maggiore, dei
trasporti marittimi a lunga distanza rispetto al traffico a breve distanza. Essi
aggiungono come in particolare dalla sentenza della Corte 13 dicembre 1989,
Corsica Ferries France (causa C-49/89, Racc. pag. 4441), emerga che tasse che
perseguano un obiettivo di politica dei trasporti devono essere valutate alla luce
delle norme del Trattato in materia di trasporti, in particolare l'art. 84, n. 2, e del
regolamento (CEE) del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4055, che applica il
principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri
e tra Stati membri e paesi terzi (GU L 378, pag. 1).
- A questo proposito, occorre innanzi tutto rilevare che il fatto che un'imposta o un
tributo costituisca una tassa speciale o abbia una specifica destinazione non può
sottrarla alla sfera di applicazione dell'art. 95 del Trattato (v. sentenza 22 marzo
1977, causa 74/76, Iannelli e Volpi, Racc. pag. 557, punto 19) né, eventualmente,
al divieto sancito da detto articolo.
- Occorre inoltre sottolineare che una tassa, quale la tassa controversa nella causa
principale, colpisce i prodotti ed è a carico del destinatario o dello speditore delle
merci, anche se essa è riscossa in occasione del loro trasporto o dell'uso di porti
commerciali ed è corrisposta, in un primo momento, dalla nave o dal suo agente
locale.
- Ne consegue che né la precitata sentenza Corsica Ferries France, che riguardava
tasse riscosse sui passeggeri sbarcati, imbarcati o trasbordati in alcuni porti
marittimi e che erano poste a carico dell'armatore, né il regolamento n. 4055/86,
che disciplina la libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo fra Stati
membri e fra Stati membri e paesi terzi, possono impedire l'applicazione dell'art.
95 del Trattato.
- La Corte ha già affermato del resto che una tassa riscossa sui trasporti in funzione,
in particolare, del peso delle merci trasportate rientra nell'ambito di applicazione
dell'art. 95 del Trattato e, poiché si ripercuote immediatamente sul costo del
prodotto nazionale e di quello importato, dev'essere applicata in modo non
discriminatorio sui prodotti importati (v. sentenza 16 febbraio 1977, causa 20/76,
Schöttle e Söhne, Racc. pag. 247, punti 15 e 16).
- Quanto alla questione se l'incompatibilità della tassa controversa con l'art. 95 del
Trattato riguardi tutta la maggiorazione all'importazione o unicamente l'aumento
che tale maggiorazione ha subito dopo l'adesione del Regno di Danimarca alle
Comunità europee, occorre constatare anzitutto che l'Atto relativo alle condizioni
di adesione e agli adattamenti dei Trattati (GU 1972, L 73, pag. 14) non prevede
alcuna disposizione transitoria o di deroga concernente l'applicazione dell'art. 95
del Trattato. Quest'articolo era pertanto applicabile in Danimarca sin dall'adesione
di questo Stato alle Comunità europee.
- Si deve ricordare inoltre come dalla giurisprudenza della Corte risulti che, se una
tassa è incompatibile con l'art. 95 del Trattato, essa è vietata nella misura in cui è
discriminatoria a danno del prodotto importato (v. in questo senso, sentenze 27
febbraio 1980, causa 68/79, Just, Racc. pag. 501, punto 14, e 27 ottobre 1993, causa
C-72/92, Scharbatke, Racc. pag. I-5509, punto 10).
- Ne consegue che una tassa come quella di cui trattasi nella causa principale
dev'essere considerata incompatibile con l'art. 95 e vietata da questo articolo solo
nella misura della maggiorazione che colpisce le merci importate.
- Si devono risolvere pertanto le prime quattro questioni dichiarando che l'art. 95 del
Trattato osta a che uno Stato membro applichi, in caso di importazione per nave
di merci da un altro Stato membro, una maggiorazione del 40% alla tassa generale
sulle merci da cui sono gravate le merci caricate, scaricate, o imbarcate o sbarcate
in altro modo nei porti del primo Stato membro o nei canali d'accesso a detti porti.
Sulla quinta questione pregiudiziale
- Con tale questione il giudice nazionale chiede in sostanza se sia lecito, con riguardo
al diritto comunitario, applicare ad una domanda di rimborso basata sulla
violazione dell'art. 95 del Trattato una norma nazionale in forza della quale l'azione
giudiziaria di ripetizione di tasse indebitamente versate è prescritta dopo che sia
trascorso un termine di cinque anni, anche se tale norma produce così l'effetto di
impedire, in tutto o in parte, il rimborso di dette tasse.
- A tale proposito, si deve anzitutto ricordare che, conformemente alla costante
giurisprudenza della Corte, in assenza di una disciplina comunitaria della materia,
spetta all'ordinamento interno di ciascuno Stato membro regolare le modalità
procedurali dell'azione di ripetizione dell'indebito, fermo restando, tuttavia, che tali
modalità non possono essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghi rimedi
di natura interna, e che in nessun caso possono essere congegnate in modo da
rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei dirittiriconosciuti dall'ordinamento comunitario (v., in particolare, sentenze 14 dicembre
1995, causa C-312/93, Peterbroeck, Racc. pag. I-4599, punto 12, e 8 febbraio 1996,
causa C-212/94, FMC e a., Racc. pag. I-389, punto 71).
- Tale giurisprudenza si applica anche ai termini di ricorso nazionali fissati a pena
di decadenza (v., oltre alle precitate sentenze FMC e a. e Emmott, in particolare
la sentenza 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe, Racc. pag. 1989, nonché la
sentenza nella causa 45/76, Comet, Racc. pag. 2043).
- Va inoltre rilevato come dalla giurisprudenza e in particolare dalle precitate
sentenze Rewe e Comet risulti che la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a
pena di decadenza, che costituisce l'applicazione del principio fondamentale della
certezza del diritto, soddisfa le due summenzionate condizioni e non si può
considerare in particolare che essa renda praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal diritto comunitario, anche
se, per definizione, lo spirare di detti termini comporta il rigetto, totale o parziale,
dell'azione esperita.
- Occorre infine constatare che un termine di prescrizione di cinque anni, quale
quello di cui trattasi nella causa principale, dev'essere considerato ragionevole.
- Dalle precedenti considerazioni risulta che l'applicazione di siffatto termine a
domande di rimborso basate sulla violazione dell'art. 95 del Trattato non è, allo
stato attuale del diritto comunitario, incompatibile con quest'ultimo, anche se essa
produce l'effetto d'impedire, in tutto o in parte, il rimborso richiesto.
- Contrariamente a quanto la Haahr Petroleum ha sostenuto dinanzi al giudice
nazionale nonché nelle sue osservazioni dinanzi alla Corte, la precitata sentenza
Emmott non è tale da infirmare siffatta conclusione.
- Infatti, al punto 17 di detta sentenza, la Corte ha espressamente ricordato il
principio secondo cui la fissazione di un termine di ricorso ragionevole a pena di
decadenza soddisfa le condizioni stabilite dalla precitata giurisprudenza. Solo a
causa del carattere particolare delle direttive e tenuto conto delle circostanze
proprie di detta causa essa ha considerato, al punto 23, che, fino al momento della
loro trasposizione corretta nel diritto nazionale, lo Stato membro inadempiente non
può eccepire la tardività di un'azione giudiziaria avviata nei suoi confronti da un
singolo al fine della tutela dei diritti conferitigli dalle disposizioni della direttiva, di
modo che un termine di ricorso di diritto nazionale può cominciare a decorrere
solo da detto momento.
- Poiché la domanda di rimborso considerata dalla quinta questione pregiudiziale non
è basata sull'effetto diretto di una disposizione di una direttiva non recepita
correttamente nel diritto nazionale, ma su quello di una disposizione del Trattato,
occorre risolvere tale questione nel senso che il diritto comunitario non osta
all'applicazione, quanto a una domanda di rimborso basata sulla violazione dell'art.
95 del Trattato, di una norma nazionale, in forza della quale l'azione giudiziaria
diretta alla ripetizione di tasse indebitamente versate è prescritta dopo lo spirare
di un termine di cinque anni, anche se detta norma produce così l'effetto
d'impedire, in tutto o in parte, il rimborso di dette tasse.
Sulle spese
- Le spese sostenute dal governo del Regno Unito e dalla Commissione delle
Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar
luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui
spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,LA CORTE (Sesta Sezione),
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall'Østre Landsret, con ordinanza 8
marzo 1994, dichiara:
- L'art. 95 del Trattato osta a che uno Stato membro applichi, in caso di
importazione per nave di merci da un altro Stato membro, una
maggiorazione del 40% alla tassa generale sulle merci da cui sono gravate
le merci caricate, scaricate, o imbarcate o sbarcate in altro modo nei porti
del primo Stato membro o nei canali d'accesso a detti porti.
- Il diritto comunitario non osta all'applicazione, quanto a una domanda di
rimborso basata sulla violazione dell'art. 95 del Trattato, di una norma
nazionale, in forza della quale l'azione giudiziaria diretta alla ripetizione
di tasse indebitamente versate è prescritta dopo lo spirare di un termine di
cinque anni, anche se detta norma produce così l'effetto di impedire, in
tutto o in parte, il rimborso di dette tasse.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 luglio 1997.
Il cancelliere
Il presidente della Sesta Sezione
R. Grass
G.F. Mancini
1: Lingua processuale: il danese.