Language of document : ECLI:EU:T:2004:290

Causa T‑144/02

Richard J. Eagle e altri

contro

Commissione delle Comunità europee

«Personale impiegato nella joint venture JET — Parità di trattamento — Omessa applicazione dello status di agente temporaneo — Art. 152 CEEA — Termine ragionevole — Danni materiali subiti»

Massime della sentenza

1.      Dipendenti — Ricorso — Diritto di ricorso — Persone che domandano di essere risarcite in ragione del loro impiego da parte di un’impresa comune CEEA al di fuori dell’ambito del regime applicabile agli altri agenti

(Trattato CEEA, art. 152)

2.      Dipendenti — Ricorso — Termini — Persone che domandano di essere risarcite in ragione del loro impiego da parte di un’impresa comune CEEA al di fuori dell’ambito del regime applicabile agli altri agenti — Rispetto di un termine ragionevole — Durata e dies a quo del termine

(Statuto della Corte di giustizia, art. 46; Statuto del personale, art. 90)

3.      Dipendenti — Agenti temporanei — Assunzione — Personale impiegato dall’impresa comune CEEA Joint European Torus (JET) — Discrezionalità delle istituzioni — Limiti

(Decisione del Consiglio 78/471/Euratom)

4.      Dipendenti — Responsabilità extracontrattuale delle istituzioni — Presupposti — Illecito — Danno — Nesso di causalità — Nozione — Applicazione nel contenzioso statutario — Criteri

1.      Il ricorso per risarcimento proposto da persone che hanno lavorato per l’impresa comune Joint European Torus (JET), creata, in forza delle disposizioni del Trattato CEEA, nell’ambito di una messa a disposizione da parte di imprese terze contrattualmente legate alla JET, e diretto a ottenere un risarcimento per il danno subìto a causa del fatto che, contrariamente a quanto lo statuto della Jet imporrebbe, tali persone non sono state assunte come agenti temporanei rientranti nel regime applicabile agli altri agenti, deve essere qualificato come riconducibile alle controversie tra la Comunità e i suoi agenti.

Infatti, in primo luogo, le questioni giuridiche sollevate da tale ricorso si riferiscono, come nel caso del ricorso in cui una persona rivendichi lo status di dipendente o di agente, a diritti statutari. In secondo luogo, la nozione di controversia tra la Comunità e i suoi agenti è interpretata dalla giurisprudenza in maniera estensiva, poiché una concezione troppo restrittiva a tal proposito potrebbe generare incertezza del diritto, in quanto metterebbe eventuali ricorrenti in una situazione d’incertezza in merito all’azione giudiziaria da esperire o proporrebbe loro una scelta artificiosa. In terzo ed ultimo luogo, la scelta da parte dei ricorrenti del procedimento di cui agli artt. 90 e 91 dello Statuto non è stata contestata dalle istituzioni parti della controversia, che riconoscono come la controversia e l’illecito contestato trovino il loro fondamento in disposizioni statutarie.

(v. punti 39, 42-43, 47)

2.      L’art. 90, n. 1, dello Statuto del personale non fissa alcun termine per la presentazione di una domanda. Il rispetto di un termine ragionevole è però richiesto in tutti i casi in cui, nel silenzio dei testi, i principi di certezza del diritto o di tutela del legittimo affidamento ostano a che le istituzioni comunitarie e le persone fisiche o giuridiche agiscano senza limiti di tempo, rischiando così, in particolare, di mettere in pericolo la stabilità di situazioni giuridiche consolidate. Nelle azioni di responsabilità che possono far sorgere un onere pecuniario per la Comunità, il rispetto di un termine ragionevole per presentare una domanda di risarcimento è dettato anche dall’intento di tutelare le finanze pubbliche, che si traduce in particolare, per le azioni in materia di responsabilità extracontrattuale, nel termine di prescrizione quinquennale fissato dall’art. 46 dello Statuto della Corte.

Il carattere ragionevole di un termine dev’essere valutato in funzione delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità del caso e del comportamento delle parti coinvolte.

Quanto alla presentazione di una domanda di risarcimento danni da parte di persone che abbiano lavorato per l’impresa comune Joint European Torus (JET) nell’ambito di una messa a disposizione da parte di imprese terze contrattualmente legate alla JET, in quanto avrebbero dovuto essere assunte come agenti temporanei rientranti nel regime applicabile agli altri agenti, si deve considerare, poiché un termine di confronto può essere costituito dal citato art. 46, che gli interessati, dato che ritenevano di essere oggetto di un trattamento discriminatorio illecito, avrebbero dovuto presentare all’istituzione comunitaria una domanda diretta ad ottenere l’adozione da parte sua delle misure idonee a rimediare a tale situazione e a porvi fine, entro un termine ragionevole che non può eccedere i cinque anni a decorrere dal momento in cui essi sono venuti a conoscenza della situazione di cui si lamentano.

Per determinare tale momento occorre riferirsi, tenuto conto della situazione di precarietà che caratterizzava l’impiego degli interessati, alla conclusione di ciascun contratto annuale, iniziale o di rinnovo.

(v. punti 56-57, 66, 68, 71, 80, 82)

3.      È vero che le istituzioni comunitarie dispongono di un ampio potere discrezionale nella scelta dei mezzi più idonei per far fronte alle loro esigenze di personale, in particolare riguardo all’assunzione di agenti temporanei. Ciò vale segnatamente in materia di organizzazione e di funzionamento delle joint venture.

La circostanza che lo statuto dell’impresa comune Joint European Torus (JET) prevedesse che l’«altro personale» del gruppo di lavoro del progetto fosse assunto con contratti di agente temporaneo non obbligava la Commissione ad effettuare tali assunzioni, qualora ciò non rispondesse ad alcuna esigenza del gruppo di lavoro del progetto. La direzione della joint venture disponeva, pertanto, della massima discrezionalità per valutare, nella composizione del gruppo di lavoro del progetto, la quota che doveva rientrare in ciascuna delle due categorie di personale di cui all’art. 8.1 dello statuto (personale proveniente dai membri della joint venture e altro personale), e le sue scelte si riflettevano in un’annotazione nell’organigramma inserito nel bilancio annuale. Essa, inoltre, poteva avvalersi di società di manodopera o di prestazione di servizi per svolgere vari compiti necessari al funzionamento della joint venture, ma che non rientravano nelle funzioni assegnate a quest’ultima in forza dei Trattati, funzioni che il gruppo di lavoro del progetto era incaricato di svolgere sotto l’autorità del direttore del progetto.

Per contro, la direzione della JET non poteva stipulare simili contratti con società di manodopera o di prestazione di servizi allo scopo di eludere l’applicazione delle disposizioni statutarie. Infatti, le funzioni attribuite dai Trattati alle istituzioni comunitarie non possono essere affidate ad imprese esterne, ma devono essere eseguite da personale sottoposto ad un regime statutario.

(v. punti 113-115)

4.      In materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità e, in particolare, delle controversie che riguardano i rapporti tra la Comunità e i suoi agenti, un diritto al risarcimento è riconosciuto dal diritto comunitario solo se sono soddisfatte tre condizioni, ossia l’illiceità del comportamento addebitato alle istituzioni comunitarie, la presenza effettiva di un danno e l’esistenza di un nesso causale fra il comportamento e il danno asserito.

Affinché sia riconosciuto un nesso di causalità, occorre in linea di principio che sia fornita la prova di un rapporto diretto e certo di causa-effetto tra l’illecito commesso dall’istituzione comunitaria in questione e il danno lamentato.

Tuttavia, nel contenzioso statutario, il grado di certezza del nesso di causalità è raggiunto qualora l’illecito commesso da un’istituzione comunitaria abbia, in maniera certa, privato una persona non necessariamente di un’assunzione, a cui l’interessato non potrà mai provare di aver avuto diritto, bensì di una seria possibilità di essere assunto come dipendente o agente, che cagioni all’interessato un danno materiale consistente in un mancato guadagno. Qualora risulti altamente probabile, nelle circostanze del caso di specie, che il rispetto della legalità avrebbe indotto l’istituzione comunitaria interessata a procedere all’assunzione dell’agente, l’incertezza teorica che sussiste in merito all’esito di un procedimento condotto in maniera regolare non può ostare al risarcimento del danno materiale reale che l’interessato ha subìto per essere stato privato del diritto a fare domanda per un posto statutario che con ogni probabilità avrebbe ottenuto.

(v. punti 99, 148-149)