Language of document : ECLI:EU:T:2023:618

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

11 ottobre 2023 (*)

«Funzione pubblica – Personale della BEI – Retribuzione – Assegno per figli a carico – Indennità scolastiche – Ripetizione dell’indebito – Incompetenza dell’autore dell’atto – Violazione del termine di prescrizione»

Nella causa T‑529/22,

QT, rappresentata da L. Levi, avvocata,

ricorrente,

contro

Banca europea per gli investimenti (BEI), rappresentata da G. Faedo e J. Pawlowicz, in qualità di agenti, assistiti da A. Glavasevic e V. Wellens, avvocati,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata),

composto da J. Svenningsen, presidente, C. Mac Eochaidh, J. Laitenberger, J. Martín y Pérez de Nanclares (relatore) e M. Stancu, giudici,

cancelliere: H. Eriksson, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 20 giugno 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 270 TFUE e sull’articolo 50 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, QT, ricorrente, chiede, da un lato, l’annullamento della decisione della Banca europea per gli investimenti (BEI) del 28 settembre 2001 di procedere al recupero di un importo pari a EUR 61 186,61 indebitamente versato a titolo di indennità scolastiche, assegni per figlio a carico e benefici connessi durante il periodo da luglio 2014 a giugno 2017 (in prosieguo: la «decisione di recupero») nonché della decisione della BEI del 20 maggio 2022 che respinge il suo ricorso amministrativo (in prosieguo: la «decisione di rigetto del ricorso amministrativo») e, dall’altro, il risarcimento del danno che avrebbe subito a causa di tali decisioni.

 Fatti

2        La ricorrente è agente della BEI dal 16 marzo 2006. Da luglio 2014 a giugno 2017 inclusi, ha percepito in particolare assegni per figlio a carico e indennità scolastiche (in prosieguo, congiuntamente: le «indennità controverse») per il proprio figlio per un corso di apnea subacquea che egli ha seguito durante detto periodo presso l’Apnea Academy West Europe, a Adeje (Spagna).

3        A seguito di un’informazione ricevuta dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) da parte di un agente della BEI riguardante potenziali irregolarità nella concessione di indennità scolastiche e di diritti derivati in seno alla BEI, esso ha avviato, nel novembre 2017, un’indagine riguardante 70 agenti della BEI, tra cui la ricorrente.

4        Il 16 aprile 2018 l’OLAF ha informato la ricorrente dell’avvio di un’indagine che la riguardava.

5        Il 7 dicembre 2020 l’OLAF ha comunicato alla BEI la sua relazione finale, redatta il 4 dicembre 2020, che raccomandava alla BEI di avviare, da un lato, un procedimento disciplinare nei confronti della ricorrente e, dall’altro, un procedimento di recupero delle indennità controverse nonché dei benefici derivati per il periodo da luglio 2014 a giugno 2017.

6        La ricorrente è stata informata della notifica alla BEI della relazione dell’OLAF che chiudeva la sua indagine e delle raccomandazioni di quest’ultimo con lettera del 29 gennaio 2021, che le indicava altresì che l’attuazione dei due procedimenti sarebbe stata effettuata separatamente dalla BEI.

7        Con messaggio di posta elettronica del 21 giugno 2021, la BEI ha illustrato in dettaglio le somme che costituivano l’importo totale di EUR 61 186,61 considerato dalla BEI ai fini del recupero e ha invitato la ricorrente a presentare le sue osservazioni, osservazioni che ha presentato il 17 agosto 2021.

8        Il 28 giugno 2021 la BEI ha notificato alla ricorrente la relazione finale dell’OLAF e l’ha convocata a un’audizione predisciplinare.

9        Con messaggio di posta elettronica del 28 settembre 2021, la BEI ha adottato la decisione di recupero, mediante una rateizzazione in forza della quale la somma di EUR 565,79 viene trattenuta sullo stipendio mensile della ricorrente a partire dal mese di settembre 2021 e fino a dicembre 2030.

10      Il 20 maggio 2022 la BEI ha adottato la decisione di rigetto del ricorso amministrativo presentato dalla ricorrente il 29 novembre 2021.

 Conclusioni delle parti

11      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione di recupero e la decisione di rigetto del ricorso amministrativo (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni impugnate»);

–        condannare la BEI al rimborso delle somme recuperate, maggiorate degli interessi di mora corrispondenti al tasso d’interesse della Banca centrale europea (BCE) aumentato di due punti percentuali;

–        condannare la BEI alle spese.

12      La BEI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente a sopportare tutte le spese.

 In diritto

 Sulloggetto della domanda di annullamento

13      Da una giurisprudenza costante emerge che una domanda di annullamento formalmente diretta contro la decisione di rigetto di una domanda precontenziosa che contesta un atto lesivo ha l’effetto di sottoporre al Tribunale tale atto, qualora essa sia, in quanto tale, priva di contenuto autonomo (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2022, KL/BEI, T‑651/20, non pubblicata, EU:T:2022:512, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

14      Tuttavia, una decisione esplicita di rigetto di una domanda precontenziosa può non avere, tenuto conto del suo contenuto, carattere confermativo dell’atto contestato. Tale ipotesi ricorre quando la decisione di rigetto della domanda precontenziosa contiene un riesame della situazione dell’interessato sulla scorta di elementi di fatto o di diritto nuovi, oppure modifica o integra la decisione iniziale. In questi casi, il rigetto della domanda precontenziosa costituisce un atto soggetto al controllo del giudice, che ne tiene conto nella valutazione della legittimità dell’atto contestato o lo considera un atto lesivo che si sostituisce ad esso (v., in tal senso, sentenza del 24 aprile 2017, HF/Parlamento, T‑584/16, EU:T:2017:282, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

15      Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che la sua domanda diretta contro la decisione di rigetto del ricorso amministrativo è ricevibile in quanto le è stato trasmesso un nuovo documento, ossia la nota al fascicolo del 26 aprile 2022, in allegato a tale decisione, in risposta a una censura vertente su un vizio d’incompetenza dell’autrice della decisione di recupero.

16      Benché la decisione di rigetto del ricorso amministrativo non modifichi il dispositivo della decisione di recupero per quanto riguarda il suo importo e le sue modalità, essa non è tuttavia interamente priva di contenuto autonomo. Infatti, oltre a confermare la decisione di recupero, la decisione di rigetto del ricorso amministrativo comporta motivi complementari, in risposta a tale ricorso, i quali forniscono precisazioni e si esprimono sulle censure dedotte dalla ricorrente, in particolare su quella vertente sull’incompetenza dell’autrice della decisione di recupero.

17      In tali circostanze e tenuto conto del fatto che la ricorrente non effettua una distinzione nella sua argomentazione in funzione di ciascuna delle decisioni impugnate, occorre esaminarle congiuntamente (v., in tal senso, ordinanza del 18 settembre 2018, Dreute/Parlamento, T‑732/17, non pubblicata, EU:T:2018:582, punto 42).

 Nel merito

 Sul primo capo delle conclusioni della ricorrente

18      A sostegno della sua domanda di annullamento, la ricorrente deduce quattro motivi. Il primo verte sull’incompetenza dell’autrice della decisione di recupero, il secondo, sulla violazione della prescrizione quinquennale prevista dall’articolo 16.3 delle disposizioni amministrative applicabili al personale della BEI (in prosieguo: le «DA»), il terzo, sulla violazione di questa stessa disposizione per quanto riguarda le condizioni richieste per un recupero e, il quarto, sulla violazione degli articoli 2.2.3 e 2.2.4 delle DA nonché su un errore manifesto di valutazione.

–       Sul primo motivo, vertente sull’incompetenza dell’autrice della decisione di recupero

19      Il primo motivo si articola in sostanza in due parti, la prima vertente sull’assenza di regolare subdelega di poteri conferita alla capo dell’unità «Diritti individuali e pagamenti» (in prosieguo: la «capo unità») ai fini dell’adozione della decisione di recupero e, la seconda, vertente sulla mancanza di doppia firma di detta decisione.

20      In primo luogo, la BEI sostiene che la decisione di recupero è stata effettivamente adottata dalla capo unità in forza di una subdelega di poteri, confermata a posteriori dalla nota al fascicolo del 26 aprile 2022. In secondo luogo, essa afferma che il messaggio di posta elettronica contenente tale decisione è stato inviato al di fuori del quadro di subdelega definito dalle sue regole, le quali non menzionano le decisioni di recupero a seguito d’indagini dell’OLAF.

21      In via preliminare, si deve rilevare che le parti convengono che l’autorità competente in seno alla BEI per adottare decisioni di recupero di somme indebite è, in linea di principio, la direttrice generale del personale. È altresì pacifico che l’autrice della decisione di recupero controversa non è la direttrice generale del personale ma la capo unità. Secondo la BEI, invece, quest’ultima ha ricevuto a tal fine una regolare subdelega di poteri da parte di tale direttrice.

22      In primo luogo, occorre rammentare che, secondo una costante giurisprudenza, la delega di poteri non si presume e, anche se autorizzata a delegare i suoi poteri, l’autorità delegante deve adottare una decisione esplicita con la quale trasferisce i detti poteri e la delega può avere ad oggetto soltanto poteri di esecuzione, esattamente definiti (v., in tal senso, sentenze del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità, 9/56, EU:C:1958:7, pag. da 42 a 44, 46 e 47, e del 26 maggio 2005, Tralli/BCE, C‑301/02 P, EU:C:2005:306, punto 43).

23      Nel caso di specie, la BEI ha precisato all’udienza che la subdelega di poteri in forza della quale la capo unità ha adottato la decisione di recupero era una subdelega non scritta. Tale subdelega emergerebbe tuttavia dalla lettera del 29 gennaio 2021 della direttrice generale del personale alla ricorrente con cui annunciava a quest’ultima la sua intenzione di procedere al recupero nonché dall’accordo di detta direttrice menzionato esplicitamente nella decisione di recupero.

24      Orbene, è giocoforza constatare che gli elementi del fascicolo non consentono di suffragare l’esistenza di una siffatta subdelega.

25      Infatti, il contenuto della lettera del 29 gennaio 2021 della direttrice generale del personale non dimostra che quest’ultima avrebbe deciso di subdelegare l’esecuzione materiale del recupero delle indennità controverse ai servizi posti sotto la sua direzione, tra i quali rientra l’unità «Diritti individuali e pagamenti». Tale lettera si limita a informare la ricorrente delle raccomandazioni dell’OLAF a seguito della sua indagine riguardante la ricorrente, dell’intenzione della BEI di darvi seguito il più rapidamente possibile e di attuare tali raccomandazioni in modo separato.

26      Inoltre, non si può ritenere che la menzione, nella decisione di recupero, di un accordo della direttrice generale del personale in relazione a tale decisione, equivalga a una decisione esplicita, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 22, adottata da tale direttrice generale di trasferire alla capo unità il potere di eseguire il procedimento di recupero raccomandato dall’OLAF. Per di più, detta direttrice generale non figura tra i destinatari in copia del messaggio di posta elettronica con cui è stata adottata la decisione di recupero.

27      Quanto alla nota al fascicolo del 26 aprile 2022 con cui la direttrice generale del personale ha confermato di aver subdelegato alla capo unità il potere di adottare la decisione di recupero, la stessa BEI ha riconosciuto, nelle sue memorie nonché in udienza, che essa non poteva costituire una regolare subdelega di poteri, dal momento che era stata redatta successivamente a detta decisione.

28      Di conseguenza, nella misura in cui la subdelega di poteri non è dimostrata, si deve concludere che la decisione di recupero è stata adottata da un’autorità incompetente.

29      In secondo luogo, emerge, certamente, dalla giurisprudenza che una decisione adottata da un’autorità incompetente a motivo del non rispetto delle regole di ripartizione dei poteri che le sono conferiti può essere annullata solo se il mancato rispetto di dette regole pregiudica una delle garanzie offerte ai funzionari dallo Statuto dei funzionari dell’Unione europea o le regole di buona amministrazione in materia di gestione del personale (sentenze del 30 maggio 1973, Drescig/Commissione, 49/72, EU:C:1973:58, punto 13; del 7 febbraio 2007, Caló/Commissione, T‑118/04 e T‑134/04, EU:T:2007:37, punto 68, e del 17 novembre 2017, Teeäär/BCE, T‑555/16, non pubblicata, EU:T:2017:817, punto 52).

30      Tuttavia, occorre altresì rammentare che le regole di buona amministrazione in materia di gestione del personale richiedono segnatamente che la ripartizione delle competenze in seno alle istituzioni sia chiaramente definita e resa pubblica. Lo stesso obbligo grava sugli organi della BEI, i quali non si trovano affatto in una situazione diversa da quella in cui versano gli organi direttivi degli altri organismi e delle altre istituzioni dell’Unione nei loro rapporti con i loro agenti (v., in tal senso, sentenza del 17 novembre 2017, Teeäär/BCE, T‑555/16, non pubblicata, EU:T:2017:817, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

31      Orbene, come emerge dai precedenti punti da 22 a 28, l’asserita competenza dell’autrice della decisione di recupero non era stata né chiaramente definita, né resa pubblica.

32      Ne consegue che la decisione di recupero è inficiata da un vizio d’incompetenza che ha pregiudicato le regole della buona amministrazione in materia di gestione del personale e detta decisione deve essere annullata nella sua interezza. Di conseguenza, la decisione di rigetto del ricorso amministrativo della ricorrente è altresì inficiata da un errore di diritto, nella parte in cui viene dichiarato che la capo unità era competente per adottare la decisione di recupero.

33      Si deve quindi accogliere la prima parte del primo motivo senza che sia necessario analizzare la seconda parte relativa alla doppia firma.

34      Il Tribunale ritiene tuttavia opportuno, al fine di garantire una buona amministrazione della giustizia, esaminare altresì il secondo motivo.

–       Sul secondo motivo, vertente sulla violazione della prescrizione quinquennale

35      La ricorrente sostiene, essenzialmente, che la BEI ha violato il termine di prescrizione di cinque anni previsto dall’articolo 16.3 delle DA procedendo al recupero delle indennità controverse che le sono state versate da luglio 2014 a giugno 2017. Infatti, in applicazione della summenzionata prescrizione quinquennale, il recupero non avrebbe potuto vertere su somme versate prima del 28 settembre 2016, ossia cinque anni prima della data di adozione della decisione di recupero.

36      La BEI sostiene, invece, che l’avvio di un’indagine da parte dell’OLAF ha comportato necessariamente l’interruzione del termine di prescrizione per il recupero delle indennità controverse, a partire dalla data in cui la ricorrente è stata informata dell’avvio di un’indagine nei suoi confronti, il 16 aprile 2018, e fino alla relazione finale dell’OLAF, il 4 dicembre 2020, che le è stata notificata il 7 dicembre 2020.

37      In via preliminare, occorre rammentare che, analogamente a quanto previsto dall’articolo 85 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), l’articolo 16.3 delle DA così dispone:

«16.3 Recupero degli importi indebitamente versati

Gli importi indebitamente versati a un membro del personale o ai suoi aventi diritto a titolo delle presenti [DA] danno luogo al recupero se il beneficiario era a conoscenza dell’irregolarità del versamento o se tale irregolarità era così evidente che egli non poteva non accorgersene.

Il recupero può essere ripartito su più mesi. Non deve superare, ogni mese, un quinto dello stipendio base del membro del personale.

Il recupero deve essere eseguito entro cinque anni a decorrere dalla data in cui l’importo è stato indebitamente versato, a meno che la [BEI] possa dimostrare che il beneficiario ha indotto deliberatamente in errore l’amministrazione al fine di ottenere il versamento dell’importo considerato. In tal caso, anche se è trascorso il termine di cinque anni, la domanda di recupero non può essere invalidata».

38      Nella fattispecie, da un lato, occorre precisare che la BEI non sostiene che il caso di specie rientra nell’eccezione all’applicazione del termine di prescrizione prevista dall’articolo 16.3, paragrafo 3, seconda frase, delle DA. Dall’altro, la BEI rammenta nelle sue memorie che la questione se la ricorrente l’abbia deliberatamente indotta in errore al fine di ottenere il versamento delle indennità controverse dovrebbe essere decisa nell’ambito di un eventuale procedimento disciplinare che sarebbe condotto separatamente rispetto a quello di recupero. All’udienza, essa ha indicato al Tribunale di aver avviato un siffatto procedimento, che era ancora in corso a tale data.

39      Invece, la BEI ritiene che il termine di prescrizione quinquennale che si applica nel caso di specie sia stato interrotto durante il periodo dell’indagine dell’OLAF. Una siffatta interruzione potrebbe essere dedotta dalle disposizioni del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’OLAF e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013, L 248, pag. 1), in particolare dal suo articolo 5, paragrafo 3. Essa sostiene che, in forza di detta disposizione, finché l’OLAF conduce un’indagine interna, gli organi e organismi interessati non avviano indagini parallele sugli stessi fatti. Inoltre, essa sostiene che l’OLAF le ha formalmente ingiunto, con un messaggio di posta elettronica del 14 giugno 2018, di astenersi dal condurre indagini parallele fintantoché detta indagine non fosse conclusa. Essa afferma pertanto di essersi trovata nell’incapacità totale di agire, cosicché la prescrizione non è potuta decorrere nei suoi confronti.

40      La BEI sostiene altresì che l’interruzione della prescrizione quinquennale con l’avvio di un’indagine dell’OLAF si impone in forza del principio di buona amministrazione e del principio di leale cooperazione che discende dall’articolo 13 TFUE. A suo avviso, una soluzione contraria equivarrebbe a privarla di qualsivoglia possibilità di recuperare somme indebitamente versate ai suoi agenti ogniqualvolta dette somme fossero oggetto di un’indagine dell’OLAF lunga e complessa.

41      Infine, la BEI ritiene che il principio di un’interruzione della prescrizione quinquennale in caso di indagine dell’OLAF sia stato ammesso dalla giurisprudenza sulla base delle disposizioni del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE, e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario»). A suo avviso, è quindi irrilevante che essa si sia o meno dotata di una norma di diritto positivo che preveda una siffatta interruzione.

42      Al riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, un termine di prescrizione ha la funzione di garantire la certezza del diritto e tale requisito fondamentale osta a che l’amministrazione possa ritardare indefinitamente l’esercizio dei suoi poteri (sentenza del 9 giugno 2021, DI/BCE, T‑514/19, EU:T:2021:332, punto 58).

43      Orbene, onde adempiere la sua funzione diretta a garantire la certezza del diritto, il termine di prescrizione dev’essere stabilito in precedenza e la determinazione della sua durata e delle modalità di applicazione rientra nella competenza del legislatore dell’Unione (sentenza del 15 luglio 1970, ACF Chemiefarma/Commissione, 41/69, EU:C:1970:71, punti 19 e 20; v., altresì, sentenza del 17 marzo 2021, EJ/BEI, T‑585/19, non pubblicata, EU:T:2021:142, punto 33 e giurisprudenza ivi citata). La prescrizione, infatti, impedendo che siano rimesse in discussione all’infinito situazioni consolidate dal decorso del tempo tende a rafforzare la certezza del diritto, ma può anche permettere che si consolidino situazioni che erano, per lo meno in origine, contrarie alla legge. Vi si fa pertanto ricorso nella misura risultante da un contemperamento tra l’esigenza di certezza del diritto e l’esigenza di legalità in funzione delle circostanze storiche e sociali che prevalgono nella società in una determinata epoca. Essa rientra per tale motivo nella scelta del solo legislatore, e, una volta che quest’ultimo ha fissato un termine di prescrizione, il giudice non può sostituire ad esso un altro termine in una determinata causa (v., per analogia, sentenza del 23 marzo 2022, ON/Commissione, T‑730/20, non pubblicata, EU:T:2022:155, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

44      Nel caso di specie, dalla chiara formulazione dell’articolo 16.3 delle DA emerge che la BEI deve procedere al recupero di somme indebitamente versate a uno dei suoi agenti entro un termine di cinque anni a decorrere dal loro versamento, salvo dimostrare l’intenzione dell’agente in questione di indurla in errore per ottenere tale versamento.

45      L’articolo 16.3 delle DA non contiene, invece, alcun riferimento relativo all’interruzione o alla sospensione del termine di prescrizione per procedere a un recupero in caso di avvio di un’indagine da parte dell’OLAF sui fatti all’origine di tale recupero.

46      Pertanto, la certezza del diritto osta a che la BEI possa avvalersi dell’avvio dell’indagine dell’OLAF nei confronti di un agente per sostenere che il termine di prescrizione è stato interrotto o sospeso.

47      Per quanto attiene all’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento n. 883/2013, quest’ultimo dispone che «finché è in corso un’indagine interna dell’[OLAF], le istituzioni, gli organi e gli organismi interessati non avviano un’indagine parallela sugli stessi fatti, salvo diversi accordi con l’[OLAF]».

48      Orbene, occorre sottolineare che l’adozione di una decisione di recupero di somme indebitamente versate non può essere equiparata a un’indagine.

49      Per quanto riguarda l’argomento della BEI vertente sui principi di buona amministrazione e di leale cooperazione e in particolare sull’asserita ingiunzione rivolta alla BEI dall’OLAF nel messaggio di posta elettronica del 14 giugno 2018, si deve constatare che il contenuto di tale messaggio di posta elettronica non consente di dedurre che l’OLAF avesse espressamente chiesto alla BEI di non procedere al recupero delle indennità controverse. Inoltre, all’udienza, in risposta a un quesito del Tribunale, la BEI ha indicato di non aver consultato l’OLAF al riguardo.

50      In tali circostanze, nulla impediva alla BEI di procedere al recupero delle somme che essa riteneva avere indebitamente versato alla ricorrente prima della fine dell’indagine dell’OLAF che la riguardava.

51      Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla BEI, l’assenza di effetto interruttivo o sospensivo delle indagini dell’OLAF sul termine di prescrizione previsto dall’articolo 16.3 delle DA non ha l’effetto di privare la BEI di ogni possibilità di recupero di somme indebitamente versate in caso di lunga e complessa indagine dell’OLAF vertente sulla regolarità di siffatti versamenti e non viola l’imperativo di salvaguardare interessi finanziari dell’Unione.

52      In ogni caso, spettava alla BEI adottare una norma che prevedesse una siffatta interruzione o una siffatta sospensione nel suo quadro normativo.

53      Da quanto precede discende che, salvo violare il principio della certezza del diritto, non può essere accolto l’argomento della BEI secondo cui i principi di leale cooperazione e di buona amministrazione giustificavano che essa procedesse al recupero delle indennità controverse oltre il termine di cinque anni previsto dall’articolo16.3 delle DA.

54      Di conseguenza, alla data dell’adozione della decisione di recupero, la BEI non aveva più, in linea di principio, il diritto di recuperare le somme che erano state versate alla ricorrente, a titolo delle indennità controverse, fino al 28 settembre 2016. Gli altri argomenti della BEI non sono tali da mettere in discussione tale conclusione.

55      Infatti, si deve respingere l’argomento della BEI secondo cui la ricorrente era cosciente, prima della scadenza del termine di prescrizione quinquennale, che la sua ammissibilità al beneficio delle indennità controverse era messa in discussione dall’amministrazione, dal momento che l’articolo 16.3 delle DA non prevede interruzione o sospensione del termine di prescrizione in una siffatta ipotesi. Inoltre, da detta disposizione emerge senza ambiguità che il momento di partenza del termine di cinque anni per il recupero di somme indebite è il versamento di queste ultime e non la data in cui il beneficiario avrebbe preso coscienza della sua irregolarità.

56      Ciò vale anche per il paragone operato dalla BEI con le disposizioni del regolamento finanziario. Con tale argomento, la BEI fa riferimento alla sentenza del 19 luglio 2016, HG/Commissione (F‑149/15, EU:F:2016:155), che avrebbe ammesso il principio di un’interruzione della prescrizione quinquennale in caso di indagine dell’OLAF, senza essere direttamente messo in discussione dal Tribunale nella sua sentenza del 15 dicembre 2021, HG/Commissione (T‑693/16 P RENV‑RX, EU:T:2021:895). Orbene, è giocoforza constatare che il Tribunale ha dichiarato che il termine di prescrizione previsto dall’articolo 85 dello Statuto era inapplicabile alla controversia in detta causa. Infatti, l’origine di tale controversia non risiedeva nel versamento di somme indebite al funzionario in questione ma nel pregiudizio finanziario da questi causato all’amministrazione attraverso il suo comportamento. Inoltre, da detta sentenza emerge inequivocabilmente che il Tribunale ha ritenuto che il termine di prescrizione di cinque anni applicabile ai crediti dell’Unione nei confronti di terzi in forza del regolamento finanziario, che inizia a decorrere dalla constatazione di un siffatto credito ed è interrotto da qualsiasi atto diretto al recupero di quest’ultimo, non potesse applicarsi, né mediante applicazione diretta né come parametro del termine ragionevole. Tale constatazione si fonda sul fatto che la prescrizione prevista da tali disposizioni può riguardare soltanto una fase successiva all’accertamento del credito, e non una fase precedente, come il periodo durante il quale si erano verificati i fatti generatori di tale credito (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 2021, HG/Commissione, T‑693/16 P RENV-RX, EU:T:2021:895, punti 129 e 130).

57      Si deve quindi constatare che le decisioni impugnate sono state adottate in violazione del termine di prescrizione quinquennale previsto dall’articolo 16.3 delle DA, per quanto attiene alle somme versate alla ricorrente fino al 28 settembre 2016.

58      Da tutto quanto precede discende che anche il secondo motivo deve essere accolto. Di conseguenza, le decisioni impugnate devono essere annullate.

 Sul secondo capo delle conclusioni della ricorrente

59      Con il secondo capo delle conclusioni, la ricorrente chiede il rimborso delle somme recuperate in forza delle decisioni impugnate, maggiorate degli interessi di mora fissati al tasso della BCE essi stessi aumentati di due punti percentuali. All’udienza, la ricorrente ha precisato che la sua domanda era diretta a che il Tribunale eserciti la competenza estesa al merito conferita dall’articolo 91, paragrafo 1, dello Statuto.

60      La BEI contesta la necessità dell’esercizio da parte del Tribunale della competenza estesa al merito in quanto le misure che un annullamento delle decisioni impugnate comporterebbe si tradurrebbero nel rimborso delle somme recuperate in forza di dette decisioni.

61      Si deve rilevare, nel caso di specie, che il Tribunale non può esercitare la competenza ad esso conferita dall’articolo 91, paragrafo 1, dello Statuto senza privare di effetto utile l’obbligo della BEI di prendere i provvedimenti che l’esecuzione della presente sentenza comporta in forza dell’articolo 266, primo comma, TFUE. Infatti, in conseguenza dell’annullamento delle decisioni impugnate, spetta alla BEI adottare una nuova decisione, che potrebbe assumere diverse forme, ciò che il Tribunale non può pregiudicare pronunciandosi sul secondo capo delle conclusioni della ricorrente.

62      In tali circostanze, si deve respingere la domanda di risarcimento della ricorrente.

 Sulle spese

63      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

64      La BEI, rimasta sostanzialmente soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata),

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Banca europea per gli investimenti (BEI) del 28 settembre 2021 riguardante il recupero di un importo pari a EUR 61 186,61 indebitamente versato a QT a titolo di indennità scolastiche, assegni per figlio a carico e benefici connessi durante il periodo da luglio 2014 a giugno 2017, nonché la decisione della BEI del 20 maggio 2022 di respingere il suo ricorso amministrativo sono annullate.

2)      La domanda di risarcimento è respinta.

3)      La BEI è condannata alle spese.

Svenningsen

Mac Eochaidh

Laitenberger

Martín y Pérez de Nanclares

 

      Stancu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 ottobre 2023.

Firme


*       Lingua processuale: il francese.