Language of document : ECLI:EU:T:2023:650

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

18 ottobre 2023 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato dell’etilene – Decisione di accertamento di un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Coordinazione su un elemento del prezzo di acquisto – Procedura di transazione – Ammenda – Adeguamento dell’importo di base dell’ammenda – Punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende – Recidiva – Punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende – Competenza estesa al merito – Domanda riconvenzionale di aumento dell’importo dell’ammenda»

Nella causa T‑590/20,

Clariant AG, con sede in Muttenz (Svizzera),

Clariant International AG, con sede in Muttenz,

rappresentate da F. Montag e M. Dreher, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da A. Boitos, I. Rogalski e J. Szczodrowski, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto, nelle delibere, da M. van der Woude, presidente, G. De Baere (relatore), G. Steinfatt, K. Kecsmár e S. Kingston, giudici,

cancelliere: I. Kurme, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 24 novembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il loro ricorso, che si fonda sull’articolo 263 TFUE, le ricorrenti, Clariant AG e Clariant International AG, chiedono, in via principale, l’annullamento parziale della decisione C(2020) 4817 final della Commissione, del 14 luglio 2020, relativa a un procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE (AT.40410 – Etilene) (in prosieguo: la «decisione impugnata») e, in subordine, la riduzione dell’importo dell’ammenda che è stata loro inflitta «in solido» in detta decisione. La Commissione europea chiede, in via riconvenzionale, l’aumento dell’importo dell’ammenda medesima.

I.      Fatti

A.      Procedimento amministrativo

2        Il 29 giugno 2016, una delle quattro imprese che hanno partecipato a contatti collusivi connessi con l’acquisto di etilene ha chiesto l’immunità dalle ammende ai sensi della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»).

3        Tra il 23 maggio e il 3 luglio 2017, le tre altre imprese che avevano partecipato a tali contatti collusori hanno parimenti chiesto l’immunità dalle ammende o, in subordine, la possibilità di beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione.

4        Il 10 luglio 2018, la Commissione ha avviato il procedimento previsto dall’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1) contro le quattro imprese oggetto del procedimento (in prosieguo, considerate congiuntamente, le «partecipanti al cartello tra imprese») al fine di avviare le discussioni per pervenire ad una transazione, conformemente alla comunicazione della Commissione concernente la transazione nei procedimenti per l’adozione di decisioni a norma dell’articolo 7 e dell’articolo 23 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio nei casi di cartelli (GU 2008, C 167, pag. 1; in prosieguo: la «comunicazione sulla transazione).

5        Con lettera del 23 luglio 2018, le ricorrenti hanno confermato alla Commissione la loro volontà di avviare le discussioni per pervenire ad una transazione.

6        Durante tali discussioni, la Commissione ha informato le ricorrenti quanto alle censure che intendeva far valere nei loro confronti ed ha comunicato loro gli elementi di prova fondamentali del fascicolo, sui quali si era fondata per formulare tali censure. Essa ha parimenti comunicato loro una stima del margine dell’ammenda che intendeva infliggere nei loro confronti.

7        Il 20 novembre 2019, le ricorrenti hanno presentato la loro proposta di transazione, conformemente all’articolo 10 bis, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), con i quali esse riconoscevano la loro responsabilità «in solido» per la loro partecipazione all’infrazione. Esse hanno parimenti indicato l’importo massimo dell’ammenda che avrebbero accettato nel contesto della procedura di transazione, pari a EUR 159 663 000.

8        Il 7 febbraio 2020 la Commissione ha emanato la comunicazione degli addebiti. Il 24 febbraio 2020, le ricorrenti hanno confermato che essa rifletteva adeguatamente la loro proposta di transazione e che esse continuavano ad impegnarsi pienamente nella prosecuzione della procedura di transazione.

B.      Decisione impugnata

9        Il 14 luglio 2020 la Commissione ha adottato la decisione impugnata.

1.      Descrizione dellinfrazione

10      La Commissione ha constatato che le ricorrenti avevano partecipato a un’infrazione unica e continuata, consistente nello scambio di informazioni tariffarie e commerciali sensibili e nella fissazione di un elemento del prezzo connesso agli acquisti di etilene, sui territori belga, tedesco, francese e nerlandese, sul periodo che va dal 26 dicembre 2011 al 29 marzo 2017 [articolo 1, lettera c), della decisione impugnata].

11      Il comportamento censurato riguardava l’acquisto di etilene sul libero mercato, salvo l’etilene prodotto a fini vincolati, vale a dire l’etilene prodotto e utilizzato dai produttori stessi.

12      L’etilene era generalmente acquistato sulla base di accordi di fornitura a lungo termine. Al fine di riflettere il rischio di volatilità dei prezzi di acquisto dell’etilene, tali accordi di fornitura spesso si riferivano al prezzo contrattuale mensile (in prosieguo: il «PCM»). Per fissare il PCM per i mesi successivi, dovevano essere conclusi due accordi bilaterali distinti, ma identici, chiamati comunemente «transazioni», tra due distinte coppie di fornitori e di acquirenti. Dopo la conclusione della prima transazione, le parti potevano notificare il loro accordo a un organismo di notificazione privato e indipendente, che pubblicava questa prima transazione sul mercato. A seguito della conclusione di una transazione a un prezzo identico da parte di un’altra coppia di fornitori e acquirenti, questo prezzo veniva pubblicato dagli organismi di notifica quale PCM per i mesi successivi.

13      La Commissione ha sottolineato che il PCM non era un prezzo netto, ma un elemento variabile delle formule di determinazione del prezzo utilizzate in taluni contratti di fornitura. Il PCM aveva pertanto un impatto diretto sul prezzo di acquisto effettivo dell’etilene fissato nel contesto di tali contratti di fornitura e nel contesto di talune transazioni sul mercato spot.

14      La Commissione ha considerato che i partecipanti al cartello tra imprese avevano coordinato il loro comportamento sul mercato mediante contatti bilaterali relativi al PCM concordando, da un lato, i prezzi da fissare quale obiettivo che intendevano utilizzare nelle procedure di negoziazione del PCM con i venditori di etilene e, dall’altro, i PCM finali che volevano ottenere, basati su una valutazione congiunta dei fattori di prezzo e delle analisi pubbliche. I suddetti partecipanti si sono anche consultati sulle loro future posizioni nelle procedure di negoziazione di transazioni con i venditori di etilene. Infine, si sono scambiati informazioni sulle tendenze del mercato.

15      L’obiettivo del comportamento in parola era quello di influenzare le trattative sul PCM al fine di ottenere il prezzo di acquisto più basso possibile nell’ambito delle procedure di transazione con i fornitori di etilene.

16      La Commissione ha concluso che il comportamento in parola presentava le caratteristiche di un accordo o di una pratica concordata ai sensi dell’articolo 101 TFUE, che aveva l’obiettivo di limitare la concorrenza sul mercato degli acquisti di etilene. Non era quindi necessario esaminare gli effetti di tale comportamento su detto mercato né verificare se i partecipanti al cartello fossero in ultima analisi riusciti a ottenere il PCM voluto.

17      Per quanto riguarda la partecipazione delle ricorrenti all’infrazione, la Commissione ha rilevato, da una parte, che la seconda ricorrente, la Clariant International, aveva accettato senza riserve la propria responsabilità per la sua partecipazione diretta all’infrazione commessa nel periodo dal 26 dicembre 2011 al 29 marzo 2017 e, d’altra parte, che la prima ricorrente, la Clariant, aveva accettato senza riserve la propria responsabilità «in solido» per la partecipazione della sua controllata al 100% all’infrazione commessa nel periodo dal 26 dicembre 2011 al 29 marzo 2017. Pertanto, essa ha ritenuto responsabili «in solido» dell’infrazione per il periodo in questione la seconda ricorrente, per la sua partecipazione diretta, e la prima, in quanto società madre della seconda.

2.      Sullimporto finale dellammenda inflitta alle ricorrenti

18      Alle ricorrenti è stata inflitta, «in solido», un’ammenda di un importo di EUR 155 769 000 [articolo 2, lettera c), della decisione impugnata].

19      A questo proposito, in primo luogo, la Commissione ha preso in considerazione, ai fini del calcolo dell’importo di base dell’ammenda, il valore degli acquisti di etilene effettuati nel periodo che copre l’ultimo anno completo di partecipazione delle ricorrenti all’infrazione, vale a dire il 2016.

20      Secondo la Commissione, non era appropriato utilizzare il valore delle vendite dei prodotti a valle come dies a quo per calcolare l’importo di base dell’ammenda, nei limiti in cui l’infrazione riguardava un cartello tra imprese in relazione agli acquisti e tutte le parti non erano presenti sullo stesso mercato (o sugli stessi mercati) a monte.

21      Inoltre, la Commissione ha ritenuto opportuno prendere in considerazione unicamente, da un lato, il valore degli acquisti effettuati nell’ambito di accordi di fornitura di etilene che utilizzano una formula di determinazione dei prezzi basata sul PCM e, dall’altro, il valore degli acquisti effettuati sul mercato spot dell’etilene e basati sul PCM.

22      In secondo luogo, per determinare l’importo di base dell’ammenda la Commissione ha tenuto conto, oltre che della gravità dell’infrazione e della sua durata, anche della necessità di dissuasione.

23      Anzitutto, dato che l’infrazione consisteva in una fissazione orizzontale dei prezzi, che per sua natura è una delle più gravi restrizioni della concorrenza, la Commissione ha fissato il coefficiente di gravità al 15%.

24      La Commissione ha poi tenuto conto del fatto che le ricorrenti hanno partecipato all’infrazione dal 26 dicembre 2011 al 29 marzo 2017, ossia per 1 921 giorni, il che corrisponde a un coefficiente moltiplicatore di 5,25 in ragione della durata.

25      Infine, la Commissione ha fissato un importo aggiuntivo del 15% da applicare come deterrente, tenuto conto della gravità dell’infrazione.

26      In terzo luogo, la Commissione ha apportato modifiche all’importo di base dell’ammenda.

27      Da una parte, ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti per il calcolo delle ammende»), la Commissione ha aumentato l’importo di base dell’ammenda del 50% per il motivo che le ricorrenti avevano già commesso un’analoga violazione dell’articolo 101 TFUE. A questo proposito, la Commissione ha fatto riferimento alla sua decisione C(2004) 4876 definitivo del 19 gennaio 2005 relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo [101 TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (COMP/E-1/37.773 – MCAA) (in prosieguo: la «decisione MCAA»), con la quale la prima ricorrente e la sua controllata Clariant GmbH erano state ritenute responsabili di un cartello sul mercato dell’acido monocloroacetico (in prosieguo: il «cartello tra imprese MCAA»).

28      La Commissione ha inoltre ritenuto che non vi fossero circostanze attenuanti che giustificassero una riduzione dell’importo di base dell’ammenda.

29      D’altra parte, ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, per tener conto delle particolarità del caso e della necessità di ottenere un importo sufficientemente dissuasivo dell’ammenda, la Commissione ha aumentato l’importo di base dell’ammenda del 10%.

30      In quarto luogo, la Commissione ha fatto in modo che l’ammenda non superasse il 10% del fatturato totale delle ricorrenti nel 2019, in conformità con l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

31      In quinto luogo, la Commissione ha nuovamente ridotto l’ammenda nell’ambito della procedura di clemenza. Alle ricorrenti è stata pertanto concessa una riduzione dell’ammenda del 30% in forza della comunicazione sulla cooperazione.

32      In sesto luogo, l’importo della multa è stato ridotto del 10% per premiare le ricorrenti per la loro collaborazione nella procedura di transazione.

II.    Conclusioni delle parti

33      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 2 della decisione impugnata, nella parte in cui prevede un’ammenda di un importo superiore a EUR 94 405 800;

–        in subordine, ridurre l’ammenda inflitta loro ai sensi dell’articolo 2, lettera c), di tale decisione a un importo proporzionato;

–        respingere la richiesta della Commissione di aumentare l’ammenda inflitta a EUR 181 731 000;

–        condannare la Commissione alle spese.

34      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        fissare l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti all’articolo 2, lettera c), della decisione impugnata in EUR 181 731 000;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

III. In diritto

A.      Sulle domande di annullamento e di riduzione dell’importo dell’ammenda

35      A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti deducono tre motivi, i primi due sollevati a sostegno della domanda di annullamento e il terzo a sostegno della domanda di riduzione dell’ammenda. Con il primo motivo, esse sostengono che la Commissione ha erroneamente aumentato l’importo di base dell’ammenda ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende. Con il secondo motivo, esse sostengono che la Commissione ha erroneamente aumentato l’importo di base dell’ammenda ai sensi del punto 37 di detti orientamenti. Il terzo motivo riguarda la sproporzione dell’importo dell’ammenda rispetto alla gravità dell’infrazione commessa.

1.      Sul primo motivo, attinente al fatto che la Commissione ha erroneamente aumentato limporto di base dellammenda ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende. 

36      In limine, occorre ricordare che dai punti da 107 a 113 della decisione impugnata risulta che l’ammenda è stata inflitta alle ricorrenti ai sensi dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 10 bis, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004.

37      L’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 prevede che, nel determinare l’importo dell’ammenda, si tenga conto non solo della gravità dell’infrazione, ma anche della sua durata.

38      A questo proposito, l’eventuale recidiva è uno dei fattori da prendere in considerazione nell’analisi della gravità dell’infrazione in questione (sentenze del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 63, e del 12 dicembre 2014, Eni/Commissione, T‑558/08, EU: T:2014:1080, punto 276; v. anche, in tal senso, sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 91).

39      La circostanza aggravante della recidiva è definita dal primo trattino del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende come la continuazione o la ripetizione di un’infrazione identica o simile dopo che la Commissione o un’autorità nazionale garante della concorrenza abbiano constatato che l’impresa in questione ha violato le disposizioni degli articoli 101 TFUE o 102 TFUE. In tal caso, l’importo di base dell’ammenda può essere aumentato fino al 100% per ogni infrazione accertata.

40      Il primo motivo di ricorso si articola in tre capi relativi, il primo, alla violazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e dei principi di proporzionalità e di buona amministrazione, nei limiti in cui la Commissione sarebbe venuta meno al suo obbligo di valutazione; il secondo, alla violazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e del principio di proporzionalità, nei limiti in cui la Commissione avrebbe erroneamente classificato le ricorrenti come recidive e, il terzo, alla violazione dell’obbligo di motivazione.

a)      Sul primo capo del primo motivo, relativo al mancato esercizio, da parte della Commissione, del suo potere discrezionale.

41      Le ricorrenti censurano alla Commissione di non aver tenuto sufficientemente conto delle circostanze particolari che hanno portato alla constatazione di un’infrazione nell’ambito del cartello MCAA. La Commissione si sarebbe limitata, al considerando 138 della decisione impugnata, a constatare che le circostanze che avevano giustificato la mancata imposizione di un’ammenda nell’ambito di tale cartello non erano rilevanti nel caso di specie.

42      Le ricorrenti evidenziano diverse circostanze che la Commissione avrebbe dovuto esaminare. Esse sostengono che la decisione relativa al cartello MCAA è stata rivolta alla prima ricorrente sulla base della sua responsabilità come società madre. Tale cartello sarebbe stato posto in essere, segnatamente, da una società che la prima ricorrente avrebbe successivamente acquisito. Al momento dell’acquisizione, tale cartello era già in vigore da almeno quattordici anni. Inoltre, i due dipendenti della suddetta società acquisita dalla prima ricorrente, responsabili delle attività interessate da tale cartello, continuavano a parteciparvi in segreto e nessun altro sarebbe stato coinvolto all’interno della prima ricorrente. Quest’ultima avrebbe scoperto il cartello in questione attraverso misure interne di conformità e lo avrebbe denunciato, per cui avrebbe ottenuto dalla Commissione l’immunità totale dalle ammende. Per quanto riguarda l’infrazione oggetto del presente caso, solo un singolo dipendente vi avrebbe partecipato, all’insaputa di tutti gli altri dipendenti o dirigenti delle ricorrenti. Orbene, questa persona non sarebbe stata impiegata dalla prima ricorrente all’epoca delle pratiche contestate sul mercato dell’acido monocloroacetico e avrebbe agito nonostante le misure di conformità adottate dalla prima ricorrente.

43      Inoltre, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità nel fissare il tasso di aumento dell’ammenda. Poiché il punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende prevede al riguardo una maggiorazione compresa tra lo 0% e il 100%, la Commissione sarebbe tenuta, in virtù del principio di proporzionalità, a valutare dove si collochi la gravità di un’infrazione ripetuta in tale margine. Secondo le ricorrenti, tuttavia, la decisione impugnata non chiarisce per quale ragione la gravità della recidiva giustificasse un aumento del 50%.

44      Le ricorrenti ritengono che la Commissione abbia utilizzato gli stessi criteri per giustificare sia l’accertamento della recidiva sia la scelta del tasso di maggiorazione, mentre si tratta di aspetti distinti che richiedono una valutazione separata. Inoltre, i criteri applicati dalla Commissione erano comuni a tutti i casi di recidiva e non potevano essere invocati per giustificare un aumento specifico in un determinato caso di recidiva.

45      Inoltre, dalla prassi decisionale della Commissione risulterebbe che, da un lato, l’unico fattore preso in considerazione per determinare l’aumento dell’ammenda per le infrazioni ripetute sarebbe il numero di infrazioni precedenti e, dall’altro, non si terrebbe conto della metà inferiore del margine di aumento. La Commissione verrebbe così meno all’obbligo di imporre una sanzione adeguata che rifletta la gravità di una determinata infrazione.

46      Non avendo preso in considerazione la prima metà del margine di aumento delle ammende prevista al punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende e applicando lo stesso aumento generale del 50% a tutti i casi di prima recidiva, la Commissione ha violato i principi della parità di trattamento, della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto.

47      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

48      Si deve ricordare che la Commissione dispone di un potere discrezionale con riguardo alla scelta degli elementi da prendere in considerazione ai fini della determinazione dell’importo delle ammende, come, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza necessità di riferirsi ad un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione. La constatazione e la valutazione delle caratteristiche specifiche di una recidiva rientrano nel detto potere della Commissione (v., in tal senso, sentenza dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, EU:C:2007:88, punti 37 e 38, e del 29 settembre 2021, Nec/Commissione, T 341/18, EU: T:2021:634, punti 103 e 104).

49      La presa in considerazione della recidiva mira a indurre le imprese che hanno dimostrato una tendenza a violare le regole della concorrenza a mutare il loro comportamento. Pertanto, la Commissione può, in ogni singolo caso, prendere in considerazione quei fattori che confermano tale tendenza, incluso, ad esempio, il tempo trascorso tra le infrazioni in questione (sentenze del 7 giugno 2011, Arkema France e a./Commissione, T‑217/06, EU: T:2011:251, punto 294, e del 29 settembre 2021, Nec/Commissione, T 341/18, EU:T:2021:634, punti 77 e 104).

50      Quanto alla proporzionalità di una maggiorazione dell’ammenda in ragione della recidiva, occorre ricordare che il Tribunale può essere chiamato a valutare se la Commissione abbia rispettato detto principio allorché ha maggiorato, a titolo di recidiva, l’ammenda inflitta e, segnatamente, se detta maggiorazione fosse necessaria con riferimento, segnatamente, al periodo di tempo trascorso tra l’infrazione di cui trattasi e la precedente violazione delle regole di concorrenza (sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 70, e del 29 settembre 2021, Nec/Commissione, T 341/18, EU:T:2021:634, punto 117).

51      Nella specie, la Commissione ha inflitto alle ricorrenti una maggiorazione del 50% dell’importo dell’ammenda per recidiva. Essa ha rilevato che, al momento in cui è stata commessa l’infrazione in questione, la prima ricorrente era già stata ritenuta responsabile di condotta anticoncorrenziale nella decisione relativa al cartello MCAA.

52      Più specificamente, al considerando 138 della decisione impugnata, la Commissione ha esposto i fattori che ha preso in considerazione per valutare l’esistenza di una recidiva. Essa ha osservato che:

–        la condotta contestata nel presente caso era iniziata, per quanto riguarda le ricorrenti, il 26 dicembre 2011, vale a dire dopo l’adozione della decisione sul cartello MCAA del 19 gennaio 2005;

–        tra l’adozione di tale decisione e l’inizio della condotta contestata nel presente caso era trascorso un periodo di tempo limitato;

–        le due infrazioni dovevano essere considerate «simili» ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, in quanto costituivano entrambe violazioni all’articolo 101 TFUE;

–        la prima ricorrente era la società madre della Clariant GmbH, che aveva partecipato direttamente all’infrazione e formava un’unica impresa con quest’ultima durante il periodo dell’infrazione; si doveva tenere conto del comportamento passato dell’impresa e non solo di quello della Clariant GmbH;

–        le circostanze specifiche dell’infrazione stabilite in tale decisione e che avevano giustificato l’esenzione delle ricorrenti dall’ammenda non erano rilevanti per la valutazione della violazione delle regole di concorrenza da parte delle ricorrenti dopo l’adozione della decisione in questione.

53      Da questo considerando si evince che la Commissione, nell’esercizio del suo potere discrezionale, ha individuato gli elementi che le consentivano di valutare se le ricorrenti fossero recidive.

54      In particolare, la Commissione ha tenuto conto del fatto che la prima ricorrente aveva commesso due infrazioni che costituivano una violazione dell’articolo 101 TFUE, separate da un periodo di tempo relativamente breve, il che costituisce una prova sufficiente della propensione a violare le regole di concorrenza (v., in tal senso, sentenza dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, EU:C:2007:88, punto 40).

55      Per quanto riguarda la scelta del tasso di maggiorazione, le ricorrenti sostengono a torto che la Commissione non poteva giustificare la scelta di tale tasso basandosi sugli stessi elementi menzionati per valutare l’esistenza di una recidiva. Infatti, per scegliere il tasso di maggiorazione in ragione della recidiva, la Commissione deve valutare gli indicatori che consentono di caratterizzare tale recidiva e, in particolare, il tempo trascorso tra l’infrazione di cui trattasi e la precedente infrazione alle regole di concorrenza, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 50.

56      Sebbene sia possibile per la Commissione prendere in considerazione altri elementi di prova ai fini dell’analisi della recidiva e della scelta del tasso di maggiorazione, tale considerazione rientra nel suo potere discrezionale, conformemente alla giurisprudenza citata supra ai punti da 48 a 50. Nel ritenere, nel caso di specie, che le circostanze specifiche dell’infrazione oggetto della decisione sul cartello MCAA, evidenziate dalle ricorrenti, non fossero rilevanti, la Commissione ha quindi esercitato il proprio potere discrezionale.

57      Peraltro, le ricorrenti non possono utilmente invocare il fatto che la Commissione non abbia determinato il tasso di maggiorazione del 50% sulla base della particolare gravità dell’infrazione. Infatti, quest’ultima ha specificamente preso in considerazione il limitato periodo di tempo trascorso tra l’adozione della decisione sul cartello MCAA e l’inizio della condotta contestata nel presente caso. Orbene, la valutazione del tempo trascorso tra l’accertamento di una precedente infrazione e la nuova infrazione dipende dalla situazione di ciascun caso, cosicché tale indicatore consente alla Commissione di analizzare la particolare gravità della recidiva in ogni singolo caso.

58      Nei limiti in cui le ricorrenti sostengono che il considerando 138 della decisione impugnata non contiene un’argomentazione esplicita che giustifichi le ragioni per cui la Commissione ha ritenuto inconferenti determinate circostanze relative all’infrazione commessa nell’ambito del cartello MCAA, si deve ritenere, al pari della Commissione, che tale argomento sia volto a far valere un difetto di motivazione nella decisione impugnata. Esso sarà pertanto analizzato nel contesto del terzo capo del primo motivo.

59      Le ricorrenti sostengono inoltre, in sostanza, che la Commissione viola i principi di proporzionalità, di parità di trattamento, di legittimo affidamento e di certezza del diritto, in quanto dalla sua prassi decisionale in materia di recidiva emergerebbe che essa tiene conto solo del numero di infrazioni precedenti e impone una maggiorazione del 50% in tutti i casi di prima recidiva, senza tenere conto della prima metà della fascia di maggiorazione prevista dal punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende. La politica della Commissione non consentirebbe di valutare caso per caso la particolare gravità di un’infrazione.

60      Tuttavia, occorre rilevare che tale argomento si basa su un’analisi della prassi decisionale della Commissione. Orbene, in diverse occasioni la Corte ha affermato che la precedente prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza e che le decisioni relative ad altri casi sono meramente indicative dell’esistenza di una discriminazione (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2017, Zucchetti Rubinetteria/Commissione, C 618/13 P, EU:C:2017:48, punto 38).

61      In ogni caso, in primo luogo, si è constatato che, sebbene si possano prendere in considerazione altri indicatori, il tempo trascorso tra due infrazioni identiche o simili consente alla Commissione di valutare se un’impresa è recidiva in un determinato caso e quindi di determinare il tasso di maggiorazione appropriato, conformemente al principio di proporzionalità.

62      In secondo luogo, per quanto riguarda la violazione del principio di parità di trattamento, occorre ricordare che detto principio impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del 24 settembre 2020, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione, C 601/18 P, EU:C:2020:751, punto 101 e giurisprudenza ivi citata). Dato che le ricorrenti fanno valere la violazione di detto principio, è importante che specifichino e dimostrino quale sia la situazione paragonabile a un’altra che è stata trattata in modo diverso o quale sia la situazione diversa da un’altra che è stata trattata in modo identico [sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (France) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 311; v. anche, in tal senso, sentenza del 28 maggio 2020, Agrochem-Maks/Commissione, T‑574/18, EU:T:2020:226, punto 105 (non pubblicata)]. Orbene, le ricorrenti si riferiscono a decisioni della Commissione senza chiarire se le circostanze di tali cause erano uguali o diverse rispetto a quelle di cui al procedimento in esame.

63      In terzo luogo, per quanto riguarda la violazione dei principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto, è sufficiente rilevare che tali affermazioni non sono motivate.

64      Alla luce di quanto precede, va osservato che la Commissione ha esercitato il proprio potere discrezionale quando ha accertato la recidiva e ha deciso di aumentare l’importo di base dell’ammenda del 50%. Inoltre, nel farlo, non ha disatteso i principi di proporzionalità, parità di trattamento, legittimo affidamento e certezza del diritto.

65      Si deve pertanto respingere il primo capo del primo motivo

b)      Sul secondo capo del primo motivo, attinente allerronea qualificazione delle ricorrenti come recidive 

66      Le ricorrenti sostengono che la valutazione della Commissione sull’esistenza di una recidiva è viziata da errori di diritto e presentano, in sostanza, quattro censure al riguardo, che la Commissione contesta.

1)      Sulla prima censura, relativa alla mancanza di somiglianza tra l’infrazione commessa nell’ambito del cartello tra imprese MCAA e l’infrazione oggetto del presente procedimento

67      Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha commesso un errore di diritto nel ritenere che l’infrazione commessa nell’ambito del cartello MCAA e l’infrazione oggetto del presente procedimento costituissero infrazioni identiche o simili ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

68      Secondo le ricorrenti, la Commissione avrebbe dovuto effettuare un confronto dettagliato delle due infrazioni in questione, la cui natura e le cui caratteristiche differivano in modo significativo. Il cartello MCAA sarebbe consistito in un accordo di vendita volto ad attuare aumenti dei prezzi di vendita a valle mediante annunci concertati del prezzo di vendita finale. L’obiettivo principale di detto cartello era quello di mantenere le quote di mercato dei suoi partecipanti attraverso un sistema di assegnazione dei volumi e dei clienti, accompagnato da un meccanismo di compensazione per garantire che le quote di volume concordate fossero rispettate nella pratica. Lo scambio di informazioni sui prezzi di vendita era accessorio rispetto allo scopo principale di tale cartello.

69      Per contro, il cartello oggetto del presente procedimento verterebbe sull’acquisto a monte di una materia prima. A differenza del cartello MCAA, l’acquisto di etilene sarebbe stato soggetto a una procedura di negoziazione sul mercato aperto, durante la quale i venditori potevano scegliere tra un gran numero di acquirenti. Il comportamento censurato non avrebbe incluso alcun elemento di spartizione del mercato o dei clienti e i partecipanti al cartello non avrebbero avuto alcun contatto per quanto riguarda le rispettive attività di vendita a valle. Inoltre, il comportamento censurato oggetto del presente procedimento sarebbe scaturito da circostanze uniche, diverse da quelle del cartello MCAA. Ad esempio, questo comportamento sarebbe scaturito da una legittima cooperazione negli acquisti che esisteva tra tre dei suddetti partecipanti come risultato di legami strutturali e contrattuali.

70      Nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che le due infrazioni in questione, per le quali la prima ricorrente e le sue controllate sono state ritenute responsabili, costituissero violazioni dell’articolo 101 TFUE, per cui dovevano essere considerate simili ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

71      Tale valutazione è priva di errori. Secondo la giurisprudenza, infatti, le infrazioni sono simili, o dello stesso tipo, ai fini dell’accertamento della recidiva, ove consistano in una violazione dell’articolo 101 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 2007, BASF e UCB/Commissione, T‑101/05 e T‑111/05, EU: T:2007:380, punto 64, e del 30 settembre 2009, Hoechst/Commissione, T‑161/05, EU: T:2009:366, punto 147).

72      Certo, l’infrazione commessa nell’ambito del cartello MCAA consisteva in un cartello di vendita volto ad attuare aumenti dei prezzi di vendita a valle, mentre l’infrazione oggetto del presente procedimento consisteva in un cartello di acquisto volto ad ottenere un basso livello del prezzo di acquisto di una materia prima, ossia l’etilene. Tuttavia, è sufficiente osservare che, in entrambi i casi, la prima ricorrente e le sue controllate hanno partecipato a un cartello tra imprese vietato dall’articolo 101 TFUE.

73      Inoltre, come sottolinea la Commissione, le due infrazioni in questione presentavano caratteristiche comuni. Infatti, secondo il dispositivo della decisione relativa al cartello MCAA la prima ricorrente è ritenuta responsabile di una violazione dell’articolo 101 TFUE, in particolare per aver aumentato i prezzi in modo concertato e per aver scambiato informazioni sui volumi e sui prezzi di vendita. Il dispositivo della decisione impugnata afferma che le ricorrenti hanno violato l’articolo 101 TFUE a causa della loro partecipazione a un’infrazione consistente, segnatamente, nella fissazione di una componente dei prezzi e nello scambio di informazioni commercialmente sensibili relative alla fissazione dei prezzi. Da quest’ultima decisione emerge inoltre chiaramente che l’obiettivo del comportamento censurato era quello di influenzare le trattative per le transazioni sul PCM al fine di ottenere il prezzo di acquisto più basso possibile per l’etilene. Ne consegue che le pratiche di fissare un prezzo o una componente del prezzo in modo concertato e di scambiare informazioni sui prezzi sono riscontrabili nei due cartelli tra imprese a cui hanno partecipato la prima ricorrente e le sue controllate.

74      Inoltre, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 71, il fatto che il comportamento censurato nel presente caso derivi da un unico insieme di circostanze e, in particolare, da una cooperazione lecita tra alcuni partecipanti è irrilevante ai fini della valutazione della reiterazione delle infrazioni simili.

75      Pertanto, la Commissione non è incorsa in errore nell’accertare la ripetizione di un’infrazione simile ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

2)      Sulla seconda censura, relativa al lasso di tempo che separa le due infrazioni

76      Le ricorrenti ritengono che il dies a quo per determinare il tempo trascorso tra l’infrazione oggetto del presente procedimento e quella precedente sia il momento in cui la Clariant GmbH ha posto fine attivamente e di propria iniziativa all’infrazione commessa nell’ambito del cartello MCAA e ha presentato domanda di clemenza. Secondo questa logica, tra le due infrazioni sarebbero trascorsi più di dodici anni, per cui le ricorrenti non avrebbero dimostrato una particolare tendenza a violare le norme sulla concorrenza.

77      In particolare, dalla sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione (C‑413/08 P, EU:C:2010:346), risulta che la Commissione deve prendere in considerazione il momento dell’infrazione effettiva come dies a quo per determinare il tempo trascorso tra le due infrazioni, piuttosto che il momento del primo accertamento dell’infrazione. Per ragioni di equità e proporzionalità, la durata del procedimento amministrativo relativo alla precedente infrazione non deve essere presa in considerazione.

78      Nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che il comportamento illecito delle ricorrenti sia iniziato il 26 dicembre 2011, vale a dire dopo l’adozione della decisione MCAA del 19 gennaio 2005, e che quindi sia trascorso un periodo di tempo limitato tra queste due date.

79      Questa valutazione è esente da errori. Secondo la giurisprudenza citata supra al punto 49, infatti, la Commissione può prendere in considerazione, ad esempio, il tempo trascorso tra le infrazioni come indice di recidiva.

80      In particolare, si è ritenuto che un intervallo di tempo inferiore a dieci anni tra un’infrazione e l’altra costituisca una prova della propensione di un’impresa a non trarre le dovute conseguenze dall’accertamento di una violazione delle norme sulla concorrenza (v., in tal senso, sentenze dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, EU:C:2007:88, punto 40, e del 29 settembre 2021, Nec/Commissione, T 341/18, EU: T:2021:634, punto 105).

81      Dato che il comportamento delle ricorrenti, per quanto riguarda il cartello oggetto del presente procedimento, è iniziato quasi sette anni dopo l’adozione della decisione MCAA, la Commissione ha correttamente ritenuto che tale periodo di tempo piuttosto breve dimostrasse la propensione delle ricorrenti a non trarre le opportune conseguenze dall’accertamento della violazione delle regole di concorrenza in tale decisione.

82      Le ricorrenti sostengono che il dies a quo per determinare il tempo trascorso tra le due infrazioni in questione deve essere il momento in cui la Clariant GmbH ha posto fine attivamente e di propria iniziativa all’infrazione commessa nell’ambito del cartello MCAA e ha presentato domanda di clemenza, piuttosto che il momento dell’accertamento dell’infrazione nella decisione relativa a tale cartello tra imprese.

83      Tuttavia, occorre ricordare che la presa in considerazione della recidiva si giustifica con la necessità di ulteriore dissuasione testimoniata dal fatto che una precedente constatazione di infrazione non è stata sufficiente ad impedire la reiterazione dell’infrazione stessa. Pertanto, la recidiva si verifica necessariamente dopo che la prima infrazione è stata accertata e sanzionata, dato che essa si spiega con il fatto che tale sanzione non è stata sufficientemente dissuasiva (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, EU: T:2008:254, punto 392, e del 7 giugno 2011, Arkema France e a./Commissione, T‑217/06, EU: T:2011:251, punto 299).

84      Inoltre, dal disposto del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende risulta che la recidiva è costituita dal proseguimento o dalla ripetizione di un’infrazione identica o simile dopo che la Commissione o un’autorità nazionale responsabile della concorrenza abbia «constatato» che l’impresa in questione ha violato gli articoli 101 o 102 TFUE. Se è vero che gli orientamenti non costituiscono il fondamento normativo di una decisione che infligge ammende, essendo quest’ultima fondata sul regolamento n. 1/2003, essi stabiliscono tuttavia, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’importo delle ammende inflitte da detta decisione e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto delle imprese (v. sentenza del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione, T 11/06, EU:T:2011:560, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

85      La Commissione ha quindi correttamente preso in considerazione la data della decisione della MCAA, con la quale essa ha dichiarato che la prima ricorrente e la Clariant GmbH avevano commesso un’infrazione alle regole di concorrenza, come dies a quo per valutare il tempo trascorso dall’accertamento della prima infrazione.

86      Va inoltre rilevato che, a sostegno del loro reclamo, le ricorrenti si basano su una lettura errata del punto 70 della sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione (C‑413/08 P, EU:C:2010:346). La Corte ha statuito, in tale punto, che il giudice dell’Unione poteva essere chiamato «a verificare se la Commissione [aveva] rispettato [il] principio [di proporzionalità] quando [aveva]a aumentato l’ammenda inflitta a causa della recidiva e, in particolare, se tale aumento fosse necessario tenuto conto, in particolare, del tempo trascorso tra l’infrazione in questione e la precedente violazione delle norme sulla concorrenza». Orbene, le ricorrenti hanno torto a dedurre dalle parole «precedente violazione delle norme sulla concorrenza» che il dies a quo per determinare il tempo trascorso tra due infrazioni sia il momento in cui è stata commessa l’infrazione precedente. Infatti, al punto 86 della citata sentenza, la Corte ha dichiarato che «la conclusione del Tribunale secondo cui era sufficiente che l’impresa fosse stata precedentemente condannata per un’infrazione dello stesso tipo, anche se la decisione [era] ancora soggetta a controllo giurisdizionale, affinché la Commissione potesse tener conto della recidiva [era] fondata in diritto». Da quest’ultimo punto si evince che è la constatazione della responsabilità di un’impresa per un’infrazione precedente a essere decisiva per l’analisi della recidiva.

87      Peraltro, il momento in cui la Clariant GmbH ha posto fine all’infrazione commessa nell’ambito del cartello MCAA e ha presentato domanda di clemenza non può essere considerato equivalente alla constatazione di un’infrazione precedente, in quanto la Commissione non aveva ancora deciso, in quella fase, quanto alla natura anticoncorrenziale del comportamento in questione né quanto alla responsabilità della prima ricorrente e della Clariant GmbH. Infatti, una richiesta di immunità consente semplicemente alla Commissione di constatare l’esistenza di un’infrazione all’articolo 101 TFUE nella sua decisione finale (v. punti 8 e 11 della comunicazione sulla cooperazione) [v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2016, DHL Express (Italy) e DHL Global Forwarding (Italy), C‑428/14, EU:C:2016:27, punto 54].

88      Infine, il fatto che il procedimento amministrativo relativo alla precedente infrazione sia durato diversi anni è irrilevante ai fini della constatazione della recidiva nel caso di specie, nei limiti in cui il dies a quo da prendere in considerazione ai fini di tale constatazione è quello della decisione sul cartello MCAA.

89      La Commissione ha quindi giustamente concluso che era trascorso un periodo di tempo limitato tra l’adozione della decisione sul cartello MCAA e l’inizio della condotta contestata nel caso di specie.

3)      Sulla terza censura, relativa alla mancata imposizione di una sanzione pecuniaria.

90      Le ricorrenti fanno valere che la ragion d’essere di un aumento dell’ammenda a causa della recidiva è intrinsecamente legata al fallimento dell’effetto dissuasivo di una precedente sanzione pecuniaria. Ne conseguirebbe che l’inesistenza di una precedente ammenda dovrebbe essere presa in considerazione quando si considerano le circostanze particolari di un caso e il livello di dissuasione necessario. Le ricorrenti non sono imprese alle quali è stata inflitta una sanzione pecuniaria. L’importo di base dell’ammenda inflitta è di per sé sufficientemente dissuasivo, senza che sia giustificato un aumento.

91      A questo proposito, è sufficiente notare che, secondo la giurisprudenza, il concetto di «recidiva» non implica necessariamente l’accertamento di una precedente sanzione pecuniaria, ma solo quello di una precedente violazione del diritto dell’Unione in materia di concorrenza (sentenze del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, EU: T:2005:367, punto 363, e dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, EU: T:2008:254, punto 387).

92      Difatti, la presa in considerazione della recidiva è diretta a indurre le imprese che hanno dimostrato una tendenza a violare le regole della concorrenza a mutare il loro comportamento, allorché una precedente constatazione dell’infrazione non si è rivelata sufficiente a prevenire la reiterazione di un comportamento illecito. L’elemento dominante della recidiva non è quindi la previa imposizione di un’ammenda, né tantomeno l’importo di questa, ma l’accertamento preliminare di un’infrazione (sentenza dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, EU: T:2008:254, punto 388).

93      Di conseguenza, il fatto che le ricorrenti non siano state sanzionate nella decisione relativa al cartello tra imprese MCAA non è in grado di mettere in discussione l’applicazione del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende nei loro confronti.

4)      Sulla quarta censura, relativa alla mancata presa in considerazione di altre circostanze

94      Le ricorrenti sostengono che la Commissione e i giudici dell’Unione hanno già tenuto conto di altre circostanze nell’ambito della valutazione complessiva della propensione di un’impresa a violare le regole di concorrenza. A loro avviso, se tali circostanze fossero state prese in considerazione dalla Commissione, essa non le avrebbe classificate come recidive.

95      Tuttavia, come risulta dall’esame del primo capo del primo motivo, l’accertamento e la valutazione delle caratteristiche specifiche di un’infrazione ripetuta rientrano nel potere discrezionale della Commissione. Quest’ultima poteva legittimamente limitarsi a constatare che le ricorrenti avevano commesso due infrazioni, costituenti una violazione dell’articolo 101 TFUE, separate da un periodo di tempo relativamente breve, e a considerare inconferenti le circostanze evidenziate dalle ricorrenti.

96      Poiché le censure dedotte dalle ricorrenti devono essere respinte, il secondo capo del primo motivo di ricorso non può essere accolto.

c)      Sul terzo capo del primo motivo, attinente al difetto di motivazione

97      Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha applicato una maggiorazione standard del 50% all’importo di base dell’ammenda senza fornire alcuna motivazione per la scelta di tale tasso e ignorando le argomentazioni dettagliate che esse avevano presentato durante il procedimento amministrativo.

98      Le ricorrenti fanno riferimento alle sentenze del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione (T‑95/15, EU: T:2016:722, punto 55), e del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione (T‑105/17, EU: T:2019:675, punto 351), nelle quali il Tribunale avrebbe ingiunto alla Commissione di motivare l’importo preciso degli adeguamenti effettuati.

99      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

100    Secondo giurisprudenza consolidata, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato ed al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296 TFUE occorre far riferimento non solo al suo tenore, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 63; del 10 luglio 2019, Commissione/Icap e a., C‑39/18 P, EU:C:2019:584, punto 23, e del 16 giugno 2022, Sony Optiarc e Sony Optiarc America/Commissione, C‑698/19 P, EU:C:2022:480, punto 79).

101    Nel caso di specie, occorre rilevare che la Commissione ha esposto dettagliatamente, al considerando 138 della decisione impugnata, le ragioni che l’hanno indotta a ritenere che le ricorrenti fossero recidive (v. supra, punto 52).

102    Peraltro, tali considerazioni hanno consentito alle ricorrenti di venire a conoscenza del ragionamento della Commissione e di contestarlo dinanzi al Tribunale, nonché di verificarne la fondatezza.

103    Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, nella decisione impugnata la Commissione non era tenuta a chiarire, in forza dell’obbligo di motivazione, per quale ragione, tra i vari tassi di maggiorazione possibili, avesse scelto un tasso di maggiorazione per recidiva del 50% (v., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2014, Evonik Degussa e AlzChem/Commissione, T‑391/09, non pubblicata, EU: T:2014:22, punto 164 e giurisprudenza ivi citata).

104    Peraltro, come correttamente rilevato dalla Commissione, le sentenze del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione (T‑95/15, EU: T:2016:722), e del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione (T‑105/17, EU: T:2019:675), non sono pertinenti. Infatti, nella prima di tali sentenze, il Tribunale ha riscontrato un difetto di motivazione in merito all’applicazione dei tassi di riduzione all’importo di base delle ammende, diversi a seconda delle imprese interessate, sottolineando che la Commissione si era discostata dal suo metodo generale stabilito negli orientamenti per il calcolo delle ammende e che l’obbligo di motivazione si imponeva pertanto con maggiore forza. Nella seconda di tali sentenze, il Tribunale ha rilevato un difetto di motivazione in relazione alla determinazione di un fattore di riduzione, sottolineando che, senza discostarsi dal metodo generale, la Commissione aveva comunque scelto un valore di sostituzione specifico per determinare il valore delle vendite, in quanto le imprese non producevano vendite nel senso usuale del termine.

105    Orbene, nel caso di specie la Commissione ha applicato il punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, senza discostarsi dai criteri ivi stabiliti e applicando un tasso di maggiorazione all’interno del margine espressamente menzionato in tale punto. Non si può quindi trarre alcuna analogia pertinente con le sentenze citate al precedente punto 104.

106    Il terzo capo del primo motivo e, di conseguenza, il motivo nel suo complesso devono pertanto essere respinti.

2.      Sul secondo motivo, relativo al fatto che la Commissione ha erroneamente aumentato limporto di base dellammenda ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende

107    In limine, occorre rilevare che, ai sensi dei punti da 9 a 12 e 19 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, «[f]atto salvo il punto 37 [degli orientamenti medesimi], per la fissazione delle ammende da infliggere alle imprese (…) la Commissione utilizzerà la metodologia di seguito descritta, che si compone di due fasi». «[I]n primo luogo la Commissione determinerà un importo di base per ciascuna impresa» e «potrà in seguito adeguare l’importo di base aumentandolo o riducendolo», ove si precisa che l’importo di base dell’ammenda dev’essere «legato ad una proporzione del valore delle vendite, determinata in funzione del grado di gravità dell’infrazione».

108    In tal senso, il punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende prevede che, «[a]l fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite di beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo».

109    Il punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende mira ad assumere, in linea di principio, come base iniziale ai fini del calcolo dell’ammenda inflitta ad un’impresa un importo che rifletta l’importanza economica dell’infrazione ed il peso relativo dell’impresa interessata nell’infrazione medesima (v., in tal senso, sentenze del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 64, e del 26 gennaio 2017, Zucchetti Rubinetteria/Commissione, C‑618/13 P, EU:C:2017:48, punto 57).

110    Ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, «[n]onostante [detti] orientamenti espongano la metodologia generale per la fissazione delle ammende, le specificità di un determinato caso o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo possono giustificare l’allontanamento da tale metodologia [da parte della Commissione]».

111    Il secondo motivo si articola in tre capi relativi, il primo, alla violazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e dei principi di proporzionalità e di buona amministrazione, sulla base del rilievo secondo cui la Commissione non ha esercitato il suo potere discrezionale nell’applicazione del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, il secondo, alla violazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e dei principi di proporzionalità, di legittimo affidamento e di certezza del diritto a causa dell’erronea applicazione di una maggiorazione ai sensi di detto punto e, il terzo, alla violazione dell’obbligo di motivazione.

a)      Sul primo capo del secondo motivo, relativo al mancato esercizio, da parte della Commissione del suo potere discrezionale 

112    In sostanza, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver applicato il punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende in modo meccanico, senza esercitare il proprio potere discrezionale.

113    Le ricorrenti sostengono che, nella decisione impugnata, la Commissione si è basata su un’ipotesi generica e non provata, secondo la quale il valore degli acquisti difficilmente avrebbe rispecchiato l’impatto economico degli accordi di acquisto. Esse sostengono che, nel corso del procedimento amministrativo, hanno comunque fornito ampie prove che dimostrano che, date le circostanze specifiche del caso e del mercato interessato, non vi è mai stata alcuna prospettiva plausibile che il comportamento denunciato potesse avere un impatto significativo su tale mercato. Tuttavia, la Commissione non avrebbe preso in considerazione tali fattori.

114    Inoltre, le ricorrenti censurano alla Commissione di essersi limitata a fare riferimento alla sua prassi precedente, mentre il punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende è stato applicato in un solo caso relativo a un’infrazione su un mercato di acquisto, i cui fatti differiscono sostanzialmente da quelli di cui al presente procedimento. Pertanto, la Commissione non avrebbe agito con attenzione e imparzialità in conformità al principio di buona amministrazione e non avrebbe esercitato il suo potere discrezionale.

115    Le ricorrenti sostengono che l’omissione di valutazione da parte della Commissione si estende anche alla scelta del tasso di aumento dell’ammenda, in quanto essa non avrebbe chiarito tale scelta e si sarebbe limitata ad affermare, nella decisione impugnata, che un aumento del 10% era conforme alla sua prassi precedente, senza tenere conto delle particolarità del caso di specie.

116    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

117    Occorre ricordare che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende in caso di violazione delle regole dell’Unione in materia di concorrenza. Tale metodo prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003 [v. sentenza del 1°agosto 2022, Daimler (Intese – Autocarri per la raccolta dei rifiuti domestici), C‑588/20, EU:C:2022:607, punto 58 e giurisprudenza ivi citata].

118    Se è vero che l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 lascia alla Commissione un margine di discrezionalità, esso ne limita nondimeno l’esercizio stabilendo criteri oggettivi ai quali detta istituzione deve attenersi. Pertanto, segnatamente, l’esercizio di tale potere discrezionale è limitato dalle regole di condotta che la Commissione si è essa stessa imposta [v., in tal senso, sentenza del 1° agosto 2022, Daimler (Intese – Autocarri per la raccolta dei rifiuti domestici), C‑588/20, EU:C:2022:607, punto 59 e giurisprudenza ivi citata].

119    In tale contesto, dai precedenti punti da 107 a 110 emerge che, nell’ambito del metodo generale stabilito negli orientamenti per il calcolo delle ammende, la Commissione utilizza il valore delle vendite come punto di partenza per calcolare l’importo dell’ammenda inflitta a un’impresa, al fine di mantenere, in linea di principio, un importo che rifletta l’importanza economica dell’infrazione e il peso relativo di tale impresa in essa. Detto ciò, il punto 37 di detti orientamenti consente alla Commissione di discostarsi dal metodo generale qualora ciò sia giustificato dalle particolarità di un determinato caso o dalla necessità di raggiungere un livello di deterrenza in un caso specifico.

120    Nel caso di specie, ai considerando da 116 a 118 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, dato che l’infrazione relativa all’etilene costituiva un cartello di acquisto e che i partecipanti non erano tutti presenti sullo stesso mercato (o mercati) a valle, fosse appropriato, a suo avviso, calcolare l’importo di base dell’ammenda sulla base del valore degli acquisti piuttosto che sulla base del valore delle vendite dei prodotti venduti sui mercati a valle.

121    Ai considerando da 141 a 148 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che un aumento dell’importo di base dell’ammenda fosse giustificato ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende. Essa ha indicato quanto segue:

–        secondo il punto 5 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, per conseguire gli obiettivi di dissuasione specifica e di dissuasione generale, era opportuno fare riferimento, nel determinare le ammende, al valore delle vendite di beni o servizi connessi all’infrazione (considerando 141 della decisione impugnata)

–        il meccanismo previsto dal metodo generale per la determinazione dell’importo delle ammende era tale che quanto più un cartello di vendita era attuato con successo, tanto più elevato era il valore delle vendite e, di conseguenza, l’ammenda. Secondo il punto 6 di detti orientamenti, la combinazione del valore delle vendite oggetto dell’infrazione e della durata dell’infrazione stessa era considerata un valore di sostituzione adeguato per riflettere l’importanza economica dell’infrazione e il peso relativo di ciascuna impresa che vi partecipava (considerando 142 della decisione impugnata);

–        orbene, l’infrazione in questione non riguardava un cartello sui prezzi di vendita, ma un cartello sui prezzi di acquisto. L’obiettivo intrinseco di tale cartello non era quello di ottenere un aumento del prezzo (di acquisto) ma, al contrario, di ottenerne una riduzione o di impedirne l’aumento; la fissazione dell’importo di base dell’ammenda tenendo conto del valore degli acquisti portava a una situazione in cui l’importo dell’ammenda era inversamente proporzionale all’obiettivo del cartello: più tale cartello veniva attuato con successo, più basso era l’importo del valore degli acquisti e quindi l’importo dell’ammenda (considerando 143 della decisione impugnata). Pertanto, il fatto che il cartello in questione fosse un cartello di acquisto implicava che il valore degli acquisti non poteva di per sé costituire un valore di sostituzione adeguato per riflettere la rilevanza economica dell’infrazione. Ciò era dovuto anche al fatto che, normalmente, per un’impresa in attività, gli acquisti sono inferiori alle vendite in termini di valore, il che comporta un punto di partenza sistematicamente più basso per determinare l’importo di base dell’ammenda (considerando 144 della decisione impugnata);

–        di conseguenza, l’applicazione del metodo generale previsto da tali orientamenti, senza apportare il minimo adeguamento, non consentiva di garantire un sufficiente effetto dissuasivo, necessario non solo per punire le imprese interessate dalla decisione impugnata (dissuasione specifica), ma anche per impedire ad altre imprese di porre in essere lo stesso tipo di comportamento (dissuasione generale) (considerando 145 della decisione impugnata);

–        per tenere conto di questa particolarità e garantire un sufficiente effetto dissuasivo, era opportuno applicare, conformemente alla prassi precedente, una maggiorazione dell’ammenda del 10% a tutte le imprese interessate (considerando 146 della decisione impugnata);

–        conformemente alla giurisprudenza, la maggiorazione dell’ammenda ai sensi del punto 37 degli stessi orientamenti non era subordinata alla previa dimostrazione di effetti reali del comportamento in questione sul mercato (considerando 147 della decisione impugnata);

–        la posizione specifica di ciascuna parte è stata presa in considerazione sia nella determinazione dell’importo di base, poiché il valore degli acquisti era diverso per ciascuna parte, sia nel calcolo della durata della partecipazione (considerando 148 della decisione impugnata).

122    La Commissione ha quindi debitamente esercitato il proprio potere discrezionale. Dalle considerazioni esposte ai precedenti punti 120 e 121 emerge che la Commissione ha ritenuto necessario, in virtù di tale potere, applicare il punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende nel caso di specie e aumentare l’importo di base dell’ammenda del 10%.

123    A questo proposito, la Commissione ha tenuto conto delle particolarità del caso, vale a dire del fatto che il cartello in questione era un cartello di acquisto e che il valore degli acquisti, preso in considerazione al posto del valore delle vendite, non era di per sé suscettibile di costituire un valore di sostituzione adeguato per riflettere la rilevanza economica dell’infrazione. Essa ha parimenti tenuto conto della necessità di raggiungere un importo dissuasivo dell’ammenda, ritenendo che, se il metodo generale fosse stato applicato senza il minimo adeguamento, l’effetto dissuasivo non sarebbe stato garantito.

124    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione non ha esercitato il suo potere discrezionale in quanto non ha tenuto conto dell’assenza di effetti sul mercato della condotta contestata.

125    Tuttavia, è sufficiente rilevare che la Commissione ha giustamente sottolineato che l’aumento dell’ammenda ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende non era subordinato alla previa dimostrazione di effetti reali del comportamento contestato sul mercato (sentenza del 7 novembre 2019 Campine e Campine Recycling/Commissione, T‑240/17, non pubblicata, EU:T:2019:778, punto 345).

126    Il punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, infatti, ha lo scopo di consentire alla Commissione di discostarsi dal metodo generale, che può talvolta rivelarsi inadatto alle circostanze particolari di un caso (v., in tal senso, sentenze del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punti da 65 a 67, e del 10 luglio 2019, Commissione/Icap e a., C‑39/18 P, EU:C:2019:584, punto 27). Per la sua applicazione, tale punto prevede che le particolarità di un determinato caso o la necessità di ottenere un effetto dissuasivo sufficiente giustifichino lo scostamento dal metodo generale. Tuttavia, tali criteri non si basano necessariamente su un’analisi degli effetti dell’infrazione sul mercato.

127    Le ricorrenti non possono quindi validamente criticare la Commissione per non aver esercitato il proprio potere discrezionale non analizzando gli effetti della condotta illecita dei partecipanti al cartello dei prezzi dell’etilene.

128    Peraltro, il fatto che la Commissione abbia seguito lo stesso approccio attuato nella decisione C (2017) 900 final della Commissione, dell’8 febbraio 2017, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE (Caso AT.40018 — Riciclaggio di batterie per autoveicoli) (in prosieguo: la «decisione relativa al riciclaggio di batterie per autoveicoli), esaminata dal Tribunale nelle sentenze del 23 maggio 2019, Recylex e a./Commissione (T‑222/17, EU:T:2019:356), e del 7 novembre 2019, Campine e Campine Recycling/Commissione (T‑240/17, non pubblicata, EU:T:2019:778), non costituisce un mancato esercizio del suo potere discrezionale o una violazione del principio di buona amministrazione. Infatti, la Commissione non si è limitata a fare riferimento a tale decisione o a tali sentenze, ma ha esposto le particolarità del caso specifico e il modo in cui tali particolarità non consentivano di ottenere un effetto dissuasivo sufficiente.

129    Ciò vale anche per quanto riguarda la scelta del tasso del fattore di maggiorazione applicato. Infatti, la Commissione non si è limitata ad affermare che l’aumento del 10% era in linea con la sua prassi precedente, ma ha esposto le particolarità del caso in questione e la necessità di ottenere un sufficiente effetto dissuasivo, che l’hanno portata ad adeguare l’importo di base dell’ammenda aumentandolo del 10% ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende. Essa ha quindi esercitato il suo potere discrezionale.

130    Nei limiti in cui le ricorrenti ritengono che la Commissione non abbia spiegato sufficientemente la scelta del tasso di maggiorazione, si deve ritenere che tale argomento sia volto a far valere un difetto di motivazione della decisione impugnata e debba essere respinto per le ragioni esposte nel terzo capo del secondo motivo.

131    Alla luce di quanto precede, occorre respingere il primo capo del secondo motivo.

b)      Sul secondo capo del secondo motivo, relativo allerronea applicazione della maggiorazione ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende

132    Va ricordato che, nei settori in cui la Commissione ha mantenuto un margine di discrezionalità, il controllo della legittimità di tali valutazioni è limitato all’assenza di un errore manifesto di valutazione (sentenze del 18 luglio 2005, Scandinavian Airlines System/Commissione, T‑241/01, EU:T:2005:296, punti 64 e 79, e del 19 maggio 2010, IMI e a./Commissione, T‑18/05, EU:T:2010:202, punto 120).

133    Le ricorrenti sostengono che la valutazione relativa all’adeguamento dell’importo di base dell’ammenda ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, esposta ai considerando da 141 a 148 della decisione impugnata, è viziata da errori e presentano cinque censure al riguardo, che la Commissione contesta.

1)      Sulla prima censura, relativa al fatto che il valore degli acquisti non comporta una sottovalutazione dell’importanza economica dell’infrazione nel presente procedimento

134    Le ricorrenti sostengono che non vi è mai stata alcuna prospettiva plausibile che la condotta contestata potesse avere un minimo impatto significativo sul valore di acquisto dell’etilene, ciò che sarebbe dimostrato da un’analisi economica fornita alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo.

135    In particolare, dall’analisi economica in questione risulterebbe che, in primo luogo, dato il numero maggiore di acquirenti rispetto ai fornitori sul mercato dell’etilene, un piccolo gruppo di acquirenti non sarebbe in grado di controllare l’esito delle transazioni sul PCM. Inoltre, il prezzo dell’etilene non avrebbe semplicemente seguito il prezzo della nafta, che è il principale fattore di costo dell’etilene, ma sarebbe aumentato costantemente nel corso degli anni, anche durante il periodo dell’infrazione. Infine, le transazioni sul PCM avrebbero generalmente seguito le previsioni pubblicate da uno degli organismi di segnalazione privati e indipendenti. Il fatto che le transazioni finali sul PCM fossero quasi sempre all’interno del margine previsto da tale organismo dimostrerebbe che tali transazioni sono state concluse a importi oggettivamente adeguati e in conformità ai dati di mercato.

136    Alla luce di tali elementi, le ricorrenti contestano il fondamento del ragionamento della Commissione, nella parte in cui ha ritenuto che il valore degli acquisti comportasse una sottovalutazione dell’importanza economica dell’infrazione oggetto del presente procedimento.

137    Tuttavia, la presente censura si basa su una lettura erronea della decisione impugnata.

138    Infatti, come risulta dal precedente punto 120, la Commissione ha ritenuto che l’infrazione oggetto del presente procedimento costituisse un cartello di acquisto e che occorresse calcolare l’importo di base dell’ammenda sulla base del valore degli acquisti, il che non è contestato dalle ricorrenti.

139    Come risulta, in sostanza, dal precedente punto 121, la Commissione ha poi ritenuto improbabile che il valore degli acquisti costituisse, di per sé, un valore sostitutivo adeguato che riflettesse la rilevanza economica dell’infrazione. A questo proposito, ha chiarito, da una parte, che l’obiettivo di un cartello di acquisto era quello di ottenere una riduzione del prezzo di acquisto o di impedirne un aumento, per cui prendere in considerazione il valore degli acquisti avrebbe portato a una situazione in cui l’importo dell’ammenda sarebbe stato inversamente proporzionale all’obiettivo del cartello. D’altro canto, la Commissione ha constatato che, per un’impresa in attività, gli acquisti erano in linea di principio inferiori alle vendite in termini di valore, il che si traduceva in un punto di partenza sistematicamente più basso per determinare l’importo di base dell’ammenda.

140    Di conseguenza, il ragionamento della Commissione non si basa sul fatto che il cartello in questione abbia avuto successo e abbia consentito di ridurre il prezzo di acquisto dell’etilene, cosicché la presa in considerazione del valore degli acquisti non era un parametro adeguato per calcolare l’importo dell’ammenda. Esso si basa sul fatto che, a prescindere dagli effetti dell’infrazione sul mercato, è insito nei cartelli di acquisto che la considerazione del valore degli acquisti non possa, di per sé, costituire un valore che consenta di riflettere l’importanza economica dell’infrazione. La conclusione secondo cui il valore degli acquisti avrebbe comportato una sottovalutazione dell’importanza economica dell’infrazione in parola nel procedimento in esame non si basa quindi sugli effetti dell’infrazione sul mercato, ma sulla natura imperfetta del valore degli acquisti preso in considerazione ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda.

141    Tale valutazione è conforme alla giurisprudenza secondo cui la Commissione non è tenuta, nell’applicazione del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, a prendere in considerazione gli eventuali effetti reali del comportamento contestato sul mercato (v. supra, punto 125). L’analisi economica fornita dalle ricorrenti, che mira a dimostrare che il cartello in questione non è stato efficace e che i partecipanti al cartello non sono riusciti a influenzare le transazioni sul PCM, non può quindi mettere in discussione la conclusione della Commissione secondo cui il valore degli acquisti comporta una sottovalutazione della rilevanza economica dell’infrazione. Le argomentazioni delle ricorrenti devono quindi essere considerate inoperanti.

2)      Sulla seconda censura, relativa al fatto che la maggiorazione dell’importo dell’ammenda non era necessaria per garantire un effetto dissuasivo

142    Le ricorrenti sostengono che, poiché le pratiche in questione non avrebbero potuto generare alcun profitto, l’ammenda che è stata inflitta ad esse, senza la maggiorazione del 10% applicata ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, è già superiore agli ipotetici profitti che esse avrebbero potuto ragionevolmente trarre dalla violazione. Inoltre la Commissione, avendo già maggiorato l’ammenda del 15% ai sensi del punto 25 di detti orientamenti, non potrebbe imporre meccanicamente un ulteriore aumento del 10% ai sensi del punto 37 degli orientamenti medesimi.

143    Come si evince dal precedente punto 121, la Commissione ha ritenuto che, se il metodo generale previsto dagli orientamenti per il calcolo delle ammende, basato sul valore delle vendite, dovesse essere applicato senza alcun adeguamento, ciò non consentirebbe di garantire un sufficiente effetto dissuasivo dell’ammenda. Tale effetto dissuasivo era tuttavia necessario per sanzionare le imprese interessate dalla decisione impugnata (dissuasione specifica) e anche per impedire ad altre imprese di adottare lo stesso tipo di comportamento (dissuasione generale), conformemente al punto 4 dei suddetti orientamenti. Tale conclusione derivava, in sostanza, dal carattere imperfetto del valore degli acquisti come riflesso della rilevanza economica dell’infrazione.

144    Contrariamente a quanto suggeriscono le ricorrenti, il ragionamento della Commissione non si basa quindi sul presupposto che il cartello in questione abbia avuto successo e abbia generato profitti per le ricorrenti, bensì sulla constatazione che il valore degli acquisti, di per sé, non garantiva un effetto dissuasivo sufficiente.

145    Ne consegue che gli eventuali profitti che le ricorrenti potrebbero aver tratto dal cartello sono irrilevanti. A questo proposito, va anche ricordato che la Commissione può ben tener conto dell’inefficacia del cartello e quindi dell’assenza di profitti tratti dai suoi partecipanti in un’altra fase del calcolo dell’importo dell’ammenda, segnatamente nella fissazione dei coefficienti di gravità. Secondo la giurisprudenza, infatti, tra gli elementi che possono essere presi in considerazione per valutare la gravità delle infrazioni figurano il comportamento di ciascuna delle imprese, il ruolo svolto da ciascuna di esse nella costituzione del cartello, il profitto che esse possono averne tratto, le loro dimensioni e il valore delle merci in questione, nonché il rischio che infrazioni di questo tipo rappresentano per gli obiettivi dell’Unione (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Roca Sanitario/Commissione, C‑636/13 P, EU:C:2017:56, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

146    Per quanto riguarda l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe già applicato una percentuale a fini dissuasivi ai sensi del punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, per cui non sarebbe giustificata l’applicazione di un’ulteriore maggiorazione ai sensi del punto 37 degli stessi orientamenti, occorre ricordare che questi due punti hanno finalità diverse e possono essere applicati contemporaneamente.

147    Infatti, il punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende prevede che la Commissione possa applicare una maggiorazione per dissuadere le imprese dal partecipare ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione del mercato e di limitazione della produzione, o anche ad altre infrazioni, indipendentemente dalla durata della loro partecipazione all’infrazione. Questo meccanismo ha lo scopo di dissuadere le imprese dal violare il diritto della concorrenza, anche se solo per un breve periodo. Per quanto riguarda il punto 37 degli orientamenti, il suo scopo è quello di dare alla Commissione una certa flessibilità per garantire che l’importo complessivo dell’ammenda sia sufficientemente elevato da fungere da deterrente alla luce delle particolari circostanze del caso (sentenza del 7 novembre 2019, Campine e Campine Recycling/Commissione, T‑240/17, non pubblicata, EU:T:2019:778, punto 346).

3)      Sulla terza censura, relativa al fatto che una maggiorazione applicata a tutti i cartelli di acquisto comporterebbe una dissuasione eccessiva sistematica

148    Le ricorrenti sostengono che, nel contesto dei cartelli di vendita, il metodo applicato dalla Commissione porta a una situazione in cui l’ammenda inflitta per i cartelli inefficaci è automaticamente inferiore a quella inflitta per i cartelli efficaci. A loro avviso, questo meccanismo garantirebbe che i cartelli inefficaci non vengano sanzionati con ammende sproporzionate. Esse sostengono che lo stesso meccanismo dovrebbe essere applicato ai cartelli di acquisto inefficaci. Orbene, l’approccio della Commissione consistente nell’applicare un aumento del 10% ai cartelli di acquisto porterebbe a una situazione in cui i cartelli di acquisto inefficaci sarebbero sistematicamente trattati in modo meno favorevole rispetto ai cartelli di vendita inefficaci.

149    Occorre rilevare che il confronto con i cartelli di vendita inefficaci non è pertinente. Certo, nel caso dei cartelli di vendita, questi ultimi portano, in linea di principio, alla determinazione di un importo base dell’ammenda che è legato al successo dell’obiettivo dell’infrazione.

150    Ciò premesso, va osservato che, a differenza di quanto avviene nel caso di un cartello di vendita, il raggiungimento dell’obiettivo di un cartello di acquisto comporterebbe un valore degli acquisti inferiore a quello che sarebbe stato in assenza dell’infrazione, sicché l’ammenda non avrebbe alcun effetto dissuasivo (v., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2019 Campine e Campine Recycling/Commissione, T‑240/17, non pubblicata, EU:T:2019:778, punto 345). Infatti, come ha osservato la Commissione nella decisione impugnata, quanto più un cartello di questo tipo è attuato con successo, tanto più basso è l’importo del valore degli acquisti e, quindi, l’importo dell’ammenda. Pertanto, il valore degli acquisti non è un punto di partenza in grado di riflettere l’importanza economica dell’infrazione ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 109.

151    D’altro canto, la presa in considerazione del valore degli acquisti, anche quando il cartello è stato inefficace, non riflette generalmente l’importanza economica dell’infrazione. A questo proposito, come ha sottolineato la Commissione nella decisione impugnata, per un’impresa attiva gli acquisti sono, in linea di principio, inferiori alle vendite in termini di valore. In risposta a una misura di organizzazione del procedimento, la Commissione ha correttamente sottolineato che un operatore economico razionale generalmente fissa il prezzo di vendita di un prodotto a un livello più alto del prezzo di acquisto di tale prodotto o del prezzo di acquisto della materia prima utilizzata nel caso di una vendita di un prodotto integrato. Di conseguenza, il valore degli acquisti è, in linea di principio, automaticamente inferiore al valore delle vendite, il che giustifica l’applicazione di un adeguamento, se del caso, ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

4)      Sulla quarta censura, relativa all’inconferenza della decisione relativa al riciclaggio di batterie per autoveicoli sulla base del rilievo secondo cui il cartello tra imprese in questione avrebbe riguardato solo un elemento ridotto del prezzo

152    Le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver fatto riferimento alla decisione relativa al riciclaggio di batterie per autoveicoli al fine di giustificare l’imposizione di una maggiorazione del 10% dell’importo dell’ammenda ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, sebbene le circostanze di tale caso differissero notevolmente da quelle del caso di specie. Il comportamento in questione riguardava solo una parte estremamente ridotta del valore complessivo degli acquisti di etilene, mentre nel caso oggetto della decisione relativa al riciclaggio di batterie per autoveicoli, le imprese interessate avevano determinato congiuntamente i prezzi di acquisto effettivi pagati ai fornitori. Inoltre, in quest’ultimo caso, la Commissione avrebbe riscontrato che gli acquirenti erano costituiti da un piccolo numero di imprese con un significativo potere di mercato, mentre nel presente caso il potere di mercato e l’influenza sulla fissazione dei prezzi esistevano solo dal lato dei venditori. Secondo le ricorrenti, il fatto che sia stata applicata la stessa maggiorazione del 10% nei due casi, peraltro diversi, dimostrerebbe che l’ammenda loro inflitta non è proporzionata all’infrazione.

153    Va rilevato che, nella decisione relativa al riciclaggio di batterie per autoveicoli, oggetto delle sentenze del 23 maggio 2019, Recylex e a./Commissione (T‑222/17, EU:T:2019:356), e del 7 novembre 2019, Campine e Campine Recycling/Commissione (T‑240/17, non pubblicata, EU:T:2019:778), la Commissione aveva preso in considerazione, ai fini del calcolo dell’importo di base dell’ammenda, il valore degli acquisti anziché quello delle vendite e aveva applicato una maggiorazione del 10% all’importo di base dell’ammenda ai sensi del punto 37 degli orientamenti sulle ammende. Per motivare tale aumento, essa aveva addotto, da un lato, considerazioni relative alle particolarità del caso di specie, vale a dire il fatto che si trattava di un cartello di acquisto, in cui i partecipanti avevano l’obiettivo di mantenere i prezzi di acquisto il più bassi possibile e rispetto al quale il valore degli acquisti doveva essere preso in considerazione ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, e, dall’altro, considerazioni relative alla necessità di garantire un effetto dissuasivo

154    Ne consegue che il caso oggetto della decisione relativa al riciclaggio di batterie per autoveicoli e il caso in esame presentano caratteristiche comuni. È quindi pertinente che la Commissione vi abbia fatto riferimento nella decisione impugnata.

155    Inoltre, le ricorrenti non possono basarsi su un confronto tra la quota effettiva del prezzo che i partecipanti sono stati in grado di influenzare nel caso oggetto della decisione relativa al riciclaggio di batterie per autoveicoli e nel caso di specie. Infatti, tale confronto è inconferente in quanto non è necessario esaminare gli effetti reali dell’infrazione sul mercato ai fini dell’applicazione del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende (v. supra, punto 125).

5)      Sulla quinta censura, relativa al fatto che i potenziali guadagni derivanti dai cartelli di acquisto sono inferiori a quelli derivanti dai cartelli di vendita

156    Le ricorrenti fanno valere che la necessità di dissuasione è intrinsecamente legata ai potenziali benefici che un’impresa può aspettarsi di trarre dalla sua partecipazione ad un’infrazione. A loro avviso, i potenziali guadagni che un’impresa potrebbe ipoteticamente trarre dalla sua partecipazione a un cartello di acquisto sarebbero, per definizione, inferiori a quelli dei cartelli di vendita e non potrebbero giustificare un aumento supplementare a fini di dissuasione. Esse criticano la logica della Commissione secondo cui tutte le ammende inflitte, anche per i cartelli di vendita, dovrebbero essere adeguate ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, al fine di evitare un effetto dissuasivo eccessivo o insufficiente a seconda del valore dei prodotti preso in considerazione.

157    Tuttavia, come emerge chiaramente dal precedente punto 144, il ragionamento della Commissione non si basa sul fatto che il cartello in questione abbia avuto successo e abbia generato profitti per le ricorrenti, ma sulla constatazione che il valore degli acquisti, di per sé, non garantiva un effetto dissuasivo sufficiente. Un confronto tra i potenziali guadagni che le parti di un cartello di acquisti, da un lato, e le parti di un cartello di vendita, dall’altro, potrebbero eventualmente trarre da tali cartelli è pertanto inconferente.

158    Inoltre, l’argomento delle ricorrenti secondo cui, secondo la logica della Commissione, qualsiasi ammenda, compresa quella inflitta nell’ambito di cartelli di vendita, dovrebbe essere sistematicamente adeguata ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende non può essere accolto. Infatti, è giocoforza rilevare che tale punto non si applica quando non vi è motivo di discostarsi dal metodo generale stabilito in detti orientamenti, in particolare quando si tiene conto del valore delle vendite nell’ambito di un cartello di vendita, conformemente al punto 13 degli stessi orientamenti. Il punto 37 degli orientamenti medesimi viene applicato solo quando si constata che il metodo generale è inadeguato e che occorre discostarsene, nei limiti in cui le particolarità di un determinato caso o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo in un caso specifico lo richiedano. Non si può quindi affermare che la Commissione debba sistematicamente adeguare l’importo dell’ammenda su tale base.

159    Da quanto precede consegue che le censure relative a manifesti errori di valutazione nell’applicazione del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende devono essere respinte. Tali argomenti non possono neppure dimostrare che l’aumento dell’ammenda del 10% fosse sproporzionato rispetto all’effetto dissuasivo perseguito.

160    Le ricorrenti sostengono inoltre, come filo conduttore della loro argomentazione, che l’imposizione di una maggiorazione standard per i cartelli d’acquisto ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende è in contrasto con lo scopo e la formulazione di tale punto ed è pertanto contraria ai principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto. Tuttavia, è giocoforza rilevare che queste affermazioni non sono fondate.

161    Il secondo capo del secondo motivo deve quindi essere respinto.

c)      Sul terzo capo del secondo motivo, attinente ad una violazione dellobbligo di motivazione

162    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il suo obbligo di motivazione non avendo chiarito, nella decisione impugnata, per quale ragione le particolarità del caso di specie giustificassero una maggiorazione dell’ammenda ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende o per quale ragione il tasso di tale aumento dovesse essere fissato al 10%.

163    A tal proposito, in primo luogo, le ricorrenti sostengono che il considerando 146 della decisione impugnata fa riferimento solo all’asserita necessità generale di applicare una maggiorazione ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende al fine di raggiungere un importo dissuasivo dell’ammenda, senza fornire alcuna spiegazione in merito allo specifico tasso di maggiorazione asseritamente necessario per raggiungere tale obiettivo.

164    In secondo luogo, il riferimento, da parte della Commissione, al considerando 146 della decisione impugnata, alla sua prassi precedente è irrilevante, in quanto, da un lato, la Commissione non è vincolata dalla sua prassi precedente e, dall’altro, un altro caso, i cui fatti sono diversi da quelli del caso di specie, non può costituire una base valida per giustificare una maggiorazione dell’ammenda, che deve essere proporzionata alla gravità dell’infrazione oggetto del caso di specie.

165    In terzo luogo, il ragionamento di cui al considerando 146 della decisione impugnata violerebbe l’obbligo di motivazione, in quanto la Commissione avrebbe dovuto spiegare con precisione il modo in cui aveva esercitato il suo potere discrezionale, tanto più dal momento che aveva deciso di discostarsi dal suo metodo generale e di adeguare l’ammenda ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende. Tale ragionamento preciso sarebbe stato indispensabile in quanto tale punto non prevede un margine di aggiustamento specifico che limiti il potere discrezionale della Commissione. Quest’ultima avrebbe dovuto motivare in modo chiaro e preciso per quale ragione il tasso di maggiorazione scelto era necessario, alla luce delle particolarità del caso, per ottenere un importo dissuasivo dell’ammenda e per quale ragione un tasso inferiore non sarebbe stato sufficiente.

166    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

167    Oltre ai principi richiamati al precedente punto 100, si deve rilevare che la Commissione, quando invoca il punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, è tenuta ad esporre le ragioni che le consentono di considerare che le peculiarità della causa di cui è investita o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo giustifichino che essa si discosti dal metodo indicato nei suddetti orientamenti (sentenza del 10 luglio 2019, Commissione/Icap e a., C 39/18 P, EU:C:2019:584, punto 30). A tal riguardo, l’obbligo di motivazione s’impone con maggior vigore (sentenze del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione, T‑95/15, EU:T:2016:722, punto 48, e del 12 luglio 2019, Hitachi-LG Data Storage e Hitachi-LG Data Storage Korea/Commissione, T‑1/16, EU:T:2019:514, punto 80).

168    Nel caso di specie, la Commissione ha esposto dettagliatamente, ai considerando da 141 a 148 della decisione impugnata, le ragioni che l’hanno indotta a ritenere che le particolarità del caso e la necessità di raggiungere un importo dissuasivo dell’ammenda giustificassero la deroga al metodo generale e l’aumento dell’importo di base del 10% ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende. Come si evince dal precedente punto 121, la Commissione ha osservato che il caso riguardava un cartello di acquisto che richiedeva di prendere in considerazione il valore degli acquisti ai fini del calcolo dell’importo di base dell’ammenda, sebbene tale valore fosse imperfetto ai fini del calcolo di un importo di base che riflettesse la rilevanza economica dell’infrazione.

169    D’altronde, è giocoforza rilevare che tali considerazioni hanno consentito alle ricorrenti di comprendere il ragionamento della Commissione e di contestarlo dinanzi al Tribunale, nonché a quest’ultimo di verificarne la fondatezza.

170    Inoltre, contrariamente a quanto suggerito dalle ricorrenti, tali considerazioni non costituiscono «preoccupazioni generali», bensì considerazioni specifiche al caso di specie, legate alla natura del cartello in questione, vale a dire un cartello di acquisto.

171    Come la Commissione ha correttamente sottolineato nella sua risposta a una misura di organizzazione del procedimento e nel corso dell’udienza, le particolarità di un determinato caso ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende possono essere particolarità legate al tipo di cartello in questione e non devono necessariamente essere circostanze uniche del caso in questione.

172    Poiché tali considerazioni sono sufficientemente specifiche e dettagliate, esse sono pertanto coerenti con l’obbligo della Commissione di fornire una motivazione rafforzata per l’applicazione del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

173    Per quanto riguarda le ragioni della scelta del tasso di maggiorazione del 10% applicato ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, risulta, in sostanza, dal considerando 146 della decisione impugnata che, per tener conto delle particolarità del caso di specie e per garantire un sufficiente effetto dissuasivo, era opportuno che la Commissione applicasse, conformemente alla sua prassi decisionale precedente e, in particolare, alla decisione sul riciclaggio di batterie per autoveicoli, una maggiorazione del 10% dell’importo dell’ammenda ai sensi di tale punto.

174    A tal proposito, la Commissione ha dichiarato, in risposta a una misura di organizzazione del procedimento e in udienza, che, nel caso di specie, aveva ritenuto che una maggiorazione del 10% fosse appropriata, come aveva deciso nella decisione sul riciclaggio di batterie per autoveicoli, dato che l’applicazione del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende a un cartello di acquisto era una prassi piuttosto recente, e il caso di specie costituiva solo la seconda applicazione di tale punto dopo la decisione sul riciclaggio di batterie per autoveicoli.

175    Tali precisazioni, tuttavia, non possono essere prese in considerazione dal Tribunale nell’ambito del suo esame del rispetto dell’obbligo di motivazione, in quanto non figurano nella decisione impugnata. Infatti, il rispetto dell’obbligo di motivazione deve essere valutato alla luce delle informazioni di cui il ricorrente dispone al momento della proposizione del ricorso e la motivazione non può essere esposta per la prima volta e a posteriori dinanzi al giudice, salvo circostanze eccezionali [v., in tal senso, sentenza del 19 maggio 2021, Ryanair/Commissione (KLM; Covid-19), T‑643/20, EU:T:2021:286, punto 66 e giurisprudenza ivi citata].

176    L’assenza di tali precisazioni non può tuttavia comportare un difetto di motivazione della scelta del tasso di maggiorazione.

177    A tal proposito, occorre rilevare che, contrariamente a quanto suggerito dalle ricorrenti, al considerando 146 della decisione impugnata la Commissione non si è limitata a richiamare brevemente la decisione relativa al riciclaggio di batterie per autoveicoli per giustificare la scelta del tasso di maggiorazione, ma ha anche e soprattutto fatto riferimento alle particolarità del caso di specie e alla necessità di raggiungere un livello dissuasivo.

178    A questo proposito, secondo la giurisprudenza, la Commissione soddisfa il suo obbligo di motivazione quando espone nella sua decisione gli elementi che le hanno consentito di valutare la gravità e la durata dell’infrazione. Sebbene non sia tenuta a indicare tutti i dati relativi a ciascuna delle fasi intermedie del metodo di calcolo dell’importo dell’ammenda adottato, è tuttavia tenuta a esporre la ponderazione e la valutazione che ha effettuato degli elementi presi in considerazione (v. sentenza del 10 luglio 2019, Commissione/Icap e a., C‑39/18 P, EU:C:2019:584, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Come risulta dal precedente punto 168, la Commissione ha debitamente chiarito i fattori presi in considerazione per determinare che un aumento del 10% dell’importo di base dell’ammenda era appropriato ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende. Contrariamente a quanto suggerito dalle ricorrenti, poiché la Commissione non è tenuta a indicare le cifre relative a ciascuna delle fasi del metodo di calcolo, non era tenuta a fornire ulteriori spiegazioni in merito allo specifico tasso di aumento scelto.

179    Peraltro, occorre precisare che, nel corso del procedimento amministrativo, la Commissione aveva comunicato alle ricorrenti la sua intenzione di aumentare l’importo di base ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende. In particolare, dall’ultima riunione di transazione del 29 ottobre 2019 è emerso che la Commissione aveva chiaramente indicato alle ricorrenti che l’applicazione del metodo generale a un cartello di acquisto portava a sottovalutare la rilevanza economica dell’infrazione e a conferire all’ammenda uno scarso effetto dissuasivo, per cui intendeva applicare a tal fine una maggiorazione del 10% ai sensi di tale punto. Conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 100, tali fattori fanno parte del contesto in cui si colloca la decisione impugnata e alla luce del quale deve essere valutata la sufficienza della sua motivazione.

180    Alla luce di quanto precede, occorre respingere il terzo capo del secondo motivo e, di conseguenza, tale motivo nel suo insieme.

181    Poiché il primo e il secondo motivo non possono essere accolti, le domande di annullamento devono essere respinte. Occorre ora esaminare le domande di riduzione dell’importo dell’ammenda, presentate in subordine, a sostegno delle quali viene invocato il terzo motivo.

3.      Sul terzo motivo, attinente alla sproporzione dellimporto dellammenda 

182    Le ricorrenti fanno valere che, anche se il Tribunale dovesse respingere i primi due motivi in quanto infondati, l’ammenda loro inflitta dovrebbe essere considerata non proporzionata alla gravità dell’infrazione commessa. Esse ritengono che, se le circostanze del caso di specie giustificassero una qualsivoglia maggiorazione, questa dovrebbe essere di gran lunga inferiore al 50% per quanto riguarda la recidiva ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende e di gran lunga inferiore per quanto riguarda la maggiorazione ai sensi del punto 37 degli orientamenti medesimi.

183    A tal proposito, le ricorrenti elencano una serie di elementi che il Tribunale dovrebbe prendere in considerazione nell’ambito della propria competenza estesa al merito e chiedono al Tribunale, alla luce di tali elementi, di ridurre l’importo dell’ammenda loro inflitta.

184    La Commissione contesta le prove addotte e sostiene che la domanda delle ricorrenti è infondata.

185    Occorre ricordare che il controllo di legittimità è integrato dalla competenza estesa al merito conferita al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, ai sensi dell’articolo 261 TFUE. Tale competenza consente al giudice dell’Unione, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, di sostituire la propria valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, di annullare, ridurre o aumentare l’importo dell’ammenda o della penalità inflitta (sentenze dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 63, e del 16 luglio 2020, Nexans France e Nexans/Commissione, C‑606/18 P, EU:C:2020:571, punto 96).

186    Per determinare l’importo dell’ammenda inflitta, spetta al giudice dell’Unione valutare le circostanze del caso e il tipo di infrazione in questione. Tale esercizio presuppone, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, che si tenga conto, per ciascuna impresa sanzionata, della gravità dell’infrazione di cui trattasi e della sua durata, nel rispetto dei principi, in particolare, di motivazione, di proporzionalità, di individualizzazione delle sanzioni e di parità di trattamento, senza che il Tribunale sia vincolato dalle regole indicative stabilite dalla Commissione nei suoi orientamenti (v., in tal senso, sentenze del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punti 89 e 90, e del 16 giugno 2022, Sony Optiarc e Sony Optiarc America/Commissione, C‑698/19 P, EU:C:2022:480, punti 173 e 174).

a)      Sulla domanda di riduzione del tasso di maggiorazione ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende

187    Le ricorrenti sostengono, in primo luogo, di aver posto fine al cartello tra imprese MCAA e di averlo denunciato più di dodici anni prima dell’inizio dell’infrazione oggetto della presente causa, in secondo luogo, che l’infrazione commessa nell’ambito di tale cartello tra imprese e l’infrazione oggetto della presente causa sono di natura diversa, riguardano prodotti diversi e avrebbero coinvolto entità diverse, in terzo luogo, che tale cartello tra imprese è stato scoperto attraverso le loro misure interne di conformità, in quarto luogo, che la Clariant GmbH non era coinvolta nella creazione e nel funzionamento dello stesso cartello tra imprese, in quinto luogo, che l’infrazione nel caso di specie derivava da una cooperazione precedentemente lecita con altri partecipanti al cartello tra imprese in questione, in sesto luogo, che le infrazioni relative ai prezzi di acquisto hanno generalmente minori probabilità di produrre effetti dannosi per la concorrenza e in particolare per i consumatori, rispetto ai cartelli di vendita e, in settimo luogo, che un aumento del 50% dell’importo base dell’ammenda per recidiva sarebbe sproporzionato rispetto ad altri casi in cui è stato imposto un aumento dello stesso tasso, anche se il caso di recidiva era molto più grave di quello in questione.

188    In primo luogo, occorre rilevare che le ricorrenti si limitano a ribadire le circostanze già evidenziate nel primo motivo di ricorso al fine di chiedere una riduzione dell’ammenda. Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 50, il Tribunale ritiene che, a prescindere da tali circostanze, l’imposizione di una maggiorazione del 50% non appaia sproporzionata in considerazione del periodo di tempo relativamente breve intercorso tra l’accertamento della prima violazione dell’articolo 101 TFUE nella decisione relativa al cartello MCAA e l’inizio della violazione del medesimo articolo oggetto della decisione impugnata.

189    Inoltre, l’argomento delle ricorrenti secondo cui l’aumento del 50% è sproporzionato alla luce di altri casi in cui è stato applicato un aumento dello stesso importo per recidive più gravi non può portare a una riduzione dell’ammenda. A tal proposito è sufficiente rilevare che le ricorrenti hanno fatto riferimento, al punto 60 della replica, a 28 decisioni in cui la Commissione aveva applicato una maggiorazione del 50% nell’ipotesi di prima recidiva, come nel caso di specie.

190    Infine, l’argomento delle ricorrenti secondo cui un cartello di acquisto è meno dannoso per la normale concorrenza di un cartello di vendita non è una circostanza rilevante per valutare se la maggiorazione del 50% per la recidiva ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende sia proporzionata alla gravità dell’infrazione commessa. In ogni caso, a questo proposito, è necessario rilevare che il primo esempio di cartello fornito dall’articolo 101, paragrafo 1, lettera a), del TFUE, espressamente dichiarato incompatibile con il mercato interno, è proprio quello che consiste nel «fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita o altre condizioni di transazione». La pratica oggetto del cartello, ossia il coordinamento su un elemento del prezzo dell’etilene, è quindi espressamente vietata dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in quanto comporta restrizioni intrinseche alla concorrenza nel mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2019, Campine e Campine Recycling/Commissione, T‑240/1, non pubblicata, EU:T:2019:778, punto 297 e giurisprudenza ivi citata).

b)      Sulla domanda di riduzione del tasso di maggiorazione ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende

191    Le ricorrenti sostengono, da un lato, che l’analisi economica da esse fornita alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo ha dimostrato che il comportamento controverso non era idoneo ad avere un impatto significativo sul prezzo di acquisto dell’etilene e, dall’altro, che la tesi sviluppata dalla Commissione nell’ambito del caso relativo al riciclaggio di batterie per autoveicoli, secondo cui il valore degli acquisti non costituisce una base adeguata per l’importo di base dell’ammenda, non è applicabile nel caso di specie.

192    Tuttavia, è sufficiente rilevare, in primo luogo, che, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 125, l’aumento dell’importo di base dell’ammenda ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende non è subordinato alla previa dimostrazione di effetti reali della condotta contestata sul mercato, sicché l’analisi economica volta a dimostrare che il comportamento in questione non ha avuto alcun impatto sul prezzo di acquisto dell’etilene è irrilevante e non può portare a una riduzione dell’importo dell’ammenda. D’altro canto, l’applicazione di un’aliquota del 10% per ovviare al carattere imperfetto del valore degli acquisti, preso in considerazione ai fini del calcolo dell’importo base dell’ammenda non appare sproporzionata. Le ricorrenti non invocano alcun altro fattore rilevante che giustifichi una riduzione di tale aliquota.

193    Di conseguenza, il terzo motivo dev’essere respinto.

194    Da tutto quanto precede risulta che le richieste di riduzione dell’importo dell’ammenda devono essere respinte e, di conseguenza, il ricorso deve essere integralmente respinto.

B.      Sulla domanda riconvenzionale della Commissione

195    La Commissione chiede al Tribunale di aumentare l’ammenda, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, non concedendo un beneficio del 10% per la cooperazione delle ricorrenti durante il procedimento amministrativo, ai sensi del punto 32 della comunicazione sulla transazione.

196    La Commissione sostiene che, con il presente ricorso, le ricorrenti contestano l’importo dell’ammenda, che tuttavia costituiva un elemento essenziale della loro proposta di transazione ed era stato oggetto di una valutazione congiunta.

197    A tal proposito, la Commissione afferma che le ricorrenti non si sono ritirate dalla procedura di transazione, sebbene non fossero d’accordo quanto all’applicazione dei punti 28 e 37 degli orientamenti sul metodo di determinazione delle ammende. Al contrario, le ricorrenti si sarebbero impegnate a proseguire la procedura di transazione presentando la loro proposta di transazione e riconoscendo che la comunicazione degli addebiti rifletteva debitamente il contenuto di tali proposte.

198    La Commissione aggiunge che è l’esistenza di una «valutazione congiunta» della portata delle potenziali censure e della stima del probabile margine di ammende da infliggere che la induce a invitare una società a presentare una proposta di transazione. Tale margine deve essere incluso nelle proposte di transazione. A suo avviso, se l’importo dell’ammenda indicato nella decisione finale non supera l’importo massimo del margine oggetto delle discussioni che hanno portato alla proposta di transazione, si deve ritenere che la decisione finale rifletta la proposta di transazione a tale riguardo.

199    Orbene, se le ricorrenti dovessero contestare un elemento essenziale della proposta di transazione, lo scopo della procedura di transazione sarebbe compromesso.

200    A questo proposito, la Commissione sostiene, in primo luogo, che la procedura di transazione è per sua natura sinallagmatica. Le parti avrebbero la possibilità, e persino l’obbligo, di segnalare qualsiasi ostacolo al raggiungimento di una valutazione congiunta. Secondo la Commissione, l’approccio adottato dalle ricorrenti nel corso del procedimento amministrativo era puramente strategico e costituiva un mero mezzo per ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda, al fine di impugnare poi la decisione sulla base degli stessi elementi oggetto della valutazione congiunta, in modo da ottenere ulteriori riduzioni da parte del giudice dell’Unione.

201    In secondo luogo, la Commissione sostiene che gli incrementi di efficienza perseguiti dalla procedura di transazione non sono nel complesso più realizzati nel caso di specie. L’obiettivo della procedura di transazione è quello di consentire alla Commissione, da un lato, di trattare più rapidamente i casi di cartello e, dall’altro, di trattare un maggior numero di casi di cartello con le stesse risorse. Orbene, nei limiti in cui le risorse della Commissione sono state mobilitate sia per la fase amministrativa sia per quella contenziosa del presente caso, con conseguente aggravio di lavoro, essa non sarebbe in grado di trattare un numero maggiore di casi.

202    La Commissione, pur riconoscendo di aver tratto vantaggio dal fatto che le ricorrenti non hanno contestato alcuni elementi relativi alla loro responsabilità e all’infrazione e che non hanno chiesto l’accesso ai documenti del fascicolo, sottolinea di aver investito risorse supplementari nell’organizzazione di diverse riunioni con le parti sulle due maggiorazioni controverse. Essa non avrebbe peraltro risparmiato risorse quando ha motivato e giustificato il calcolo dell’importo dell’ammenda nella comunicazione degli addebiti e nella decisione finale.

203    La Commissione sottolinea che non è possibile quantificare a posteriori il grado di cooperazione di una parte nella procedura di transazione. Essa afferma che è quindi difficile stabilire se avrebbe avviato una procedura di transazione se le imprese avessero cooperato in misura limitata, o addirittura non avessero cooperato affatto, ma si fossero comunque ottenuti determinati incrementi di efficienza.

204    In terzo luogo, la Commissione rileva che il Tribunale di primo grado ha ammesso, nella sentenza del 29 aprile 2004, Tokai Carbon e a./Commissione (T‑236/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, EU:T:2004:118), che il beneficio delle riduzioni dell’ammenda nell’ambito della procedura di clemenza può essere revocato e l’ammenda può quindi essere aumentata qualora il ricorrente cambi atteggiamento e contesti per la prima volta dinanzi al Tribunale questioni che non erano state contestate o che erano state riconosciute nel corso del procedimento amministrativo. Oltre a questa sentenza, il Tribunale ha esaminato in altri casi, nell’ambito della sua competenza estesa al merito, l’opportunità di revocare una riduzione che le parti in causa avevano ottenuto in cambio della loro cooperazione nel procedimento amministrativo, anche se non erano soddisfatte le condizioni per tale revoca.

205    In quarto luogo, la Commissione ritiene che il diritto delle ricorrenti al controllo giurisdizionale sia pienamente rispettato. A suo avviso, l’esercizio di tale diritto non significa che il ricorso non abbia alcun effetto sull’ammenda. La revoca della riduzione del 10% nell’ambito della procedura di transazione non costituisce una sanzione per le ricorrenti per aver esercitato il loro diritto al controllo giurisdizionale, ma è solo una conseguenza del fatto che le ricorrenti mettono in discussione questioni che avevano riconosciuto e confermato durante il procedimento amministrativo.

206    Di conseguenza, la Commissione sostiene che il beneficio della riduzione dell’ammenda che era stato concesso alle ricorrenti come ricompensa per la loro collaborazione deve essere revocato. Essa chiede pertanto alla Corte di aumentare l’ammenda inflitta alle ricorrenti e di fissarla in un importo pari a EUR 181 731 000.

207    Le ricorrenti contestano gli argomenti della Commissione.

1.      Osservazioni introduttive sulla procedura di transazione

208    La procedura di transazione è stata istituita dal regolamento (CE) n. 622/2008 della Commissione, del 30 giugno 2008, che modifica il regolamento (CE) n. 773/2004 per quanto riguarda la transazione nei procedimenti relativi ai cartelli (GU 2008, L 171, pag. 3). Tale procedura è stata precisata dalla comunicazione sulla transazione.

209    Secondo il considerando 4 del regolamento n. 622/2008, la procedura di transazione consente alla Commissione di trattare i casi di cartello in modo più rapido ed efficiente. L’obiettivo di tale procedura è quindi quello di semplificare e accelerare le procedure amministrative, al fine di consentire alla Commissione di trattare un maggior numero di casi con le stesse risorse (v., in tal senso, sentenza del 20 maggio 2015, Timab Industries e CFPR/Commissione, T‑456/10, EU:T:2015:296, punto 60).

210    In sostanza, la procedura di transazione prevede che le imprese che sono oggetto di indagini, che si trovano di fronte a prove a carico e hanno deciso di procedere alla transazione, riconoscano la propria partecipazione all’infrazione, rinuncino, a determinate condizioni, al loro diritto di accesso al fascicolo amministrativo e al loro diritto di essere sentite e accettino di ricevere la comunicazione degli addebiti e la decisione definitiva in una lingua ufficiale concordata dell’Unione (comunicazione sulla transazione, punto 20). Inoltre, se la comunicazione degli addebiti rispecchia le loro proposte di transazione, tali imprese sono tenute a rispondere a detta comunicazione entro il termine impartito confermando che quest’ultima corrisponde al contenuto delle loro proposte e che quindi mantengono l’impegno di seguire la procedura di transazione (comunicazione sulla transazione, punto 26). In cambio, la Commissione può concedere loro una riduzione del 10% dell’importo dell’ammenda che sarebbe stata loro inflitta al termine di un procedimento ordinario in applicazione dei suoi orientamenti per il calcolo delle ammende nonché della comunicazione sulla cooperazione (comunicazione sulla transazione, punti da 30 a 33) (v., in tal senso, sentenza del 20 maggio 2015, Timab Industries e CFPR/Commissione, T‑456/10, EU:T:2015:296, punti 61 e 62).

211    Dal considerando 4 del regolamento n. 622/2008 e dal punto 5 della comunicazione sulla transazione risulta che la Commissione deve prendere in considerazione la probabilità di giungere, entro un termine ragionevole, ad una valutazione congiunta con le parti interessate per quanto riguarda la portata degli eventuali addebiti, tenendo conto di fattori quali il numero di parti in causa, le prevedibili contrastanti posizioni in merito all’imputazione della responsabilità e la portata della contestazione dei fatti. Da tale considerando si evince inoltre che la Commissione può tener conto di considerazioni diverse da quelle riguardanti eventuali incrementi in termini di efficienza, come l’eventuale determinazione di un precedente. Ne consegue che la Commissione dispone di un ampio margine di discrezionalità quanto all’individuazione dei casi che possono prestarsi ad un accordo transattivo (v., in tal senso, sentenza del 20 maggio 2015, Timab Industries e CFPR/Commissione, T‑456/10, EU:T:2015:296, punto 64).

212    La procedura di transazione si svolge in sostanza nel modo seguente. Il procedimento è avviato dalla Commissione con il consenso delle imprese interessate (comunicazione sulla transazione, punti 5, 6 e 11). Non appena viene avviato il procedimento, le imprese sottoposte a indagini e partecipanti alla procedura di transazione sono informate dalla Commissione, nel corso di discussioni bilaterali, in merito agli elementi essenziali, «quali i fatti contestati, la loro classificazione, la gravità e la durata del presunto cartello, l’imputazione della responsabilità, una stima del margine delle ammende applicabili, nonché gli elementi probatori utilizzati a sostegno dei potenziali addebiti» (comunicazione sulla transazione, punto 16). Tale dispositivo permette alle parti di far valere il loro punto di vista sugli addebiti che la Commissione potrebbe muovere nei loro confronti nonché di decidere, in perfetta cognizione di causa, se accedere o meno alla transazione (comunicazione sulla transazione, punto 16) (sentenza del 20 maggio 2015, Timab Industries e CFPR/Commissione, T‑456/10, EU:T:2015:296, punti 66 e 67).

213    Dopo la comunicazione di queste informazioni, le imprese interessate hanno la possibilità di optare per la procedura di transazione e di presentare una proposta di transazione. La proposta di transazione deve contenere, in particolare, il riconoscimento delle parti, in termini chiari e inequivocabili, della loro responsabilità per l’infrazione, l’indicazione dell’importo massimo delle ammende che le parti si aspettano vengano inflitte dalla Commissione e che esse accetterebbero nell’ambito di una procedura di transazione e la conferma che non intendono chiedere l’accesso al fascicolo o di essere nuovamente sentite in udienza, a meno che la comunicazione degli addebiti e la decisione della Commissione non riflettano la loro proposta di transazione (comunicazione sulla transazione, punto 20) (v., in tal senso, sentenza del 20 maggio 2015, Timab Industries e CFPR/Commissione, T‑456/10, EU:T:2015:296, punto 68).

214    A seguito di tale ammissione di responsabilità e delle conferme fornite dalle imprese interessate, la Commissione trasmette a queste ultime la comunicazione degli addebiti e adotta, in seguito, una decisione definitiva. Quest’ultima si basa essenzialmente sul fatto che le parti hanno riconosciuto inequivocabilmente la propria responsabilità, non hanno contestato la comunicazione degli addebiti e hanno mantenuto il proprio impegno a giungere a una transazione (comunicazione sulla transazione, punti da 23 a 28) (sentenza del 20 maggio 2015, Timab Industries e CFPR/Commissione, T‑456/10, EU:T:2015:296, punto 69).

215    Qualora l’impresa decida di non procedere alla transazione, il procedimento per l’adozione della decisione definitiva è disciplinato dalle disposizioni generali del regolamento n. 773/2004, in luogo di quelle che disciplinano la procedura di transazione. Lo stesso vale nel caso in cui la Commissione prenda l’iniziativa di porre termine alla procedura di transazione (comunicazione sulla transazione, punti 19, 27 e 29) (sentenza del 20 maggio 2015, Timab Industries e CFPR/Commissione, T‑456/10, EU:T:2015:296, punto 70).

216    Le decisioni finali adottate al termine di una procedura di transazione, prese ai sensi degli articoli 7 e 23 del regolamento n. 1/2003, sono soggette a controllo giurisdizionale ai sensi dell’articolo 263 TFUE (comunicazione sulla transazione, punto 41).

2.      Sullo svolgimento della procedura di transazione 

217    Nei colloqui tra la Commissione e le ricorrenti tra il 18 settembre 2018 e il 29 ottobre 2019, la Commissione ha esposto gli addebiti che intendeva muovere nei loro confronti e la sua intenzione di aumentare l’ammenda ai sensi dei punti 28 e 37 degli orientamenti sul calcolo delle ammende rispettivamente del 50% e del 10%. Alle ricorrenti è stata data la possibilità di presentare le proprie osservazioni.

218    Il 20 novembre 2019 le ricorrenti hanno presentato una proposta di transazione in cui, tra l’altro, hanno riconosciuto la loro responsabilità per la partecipazione al cartello oggetto del presente caso e hanno dichiarato di essere d’accordo con l’imposizione di un’ammenda non superiore a EUR 159 663 000.

219    La Commissione ha adottato la comunicazione degli addebiti, nella quale ha indicato, tra l’altro, gli aumenti dell’importo di base dell’ammenda ai sensi dei punti 28 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, senza tuttavia indicare i tassi precisi di aumento previsti. In risposta a tale comunicazione, le ricorrenti hanno confermato che essa rifletteva debitamente il contenuto della loro proposta di transazione e che rimanevano pienamente impegnate a portare avanti la procedura di transazione.

3.      Sulla fondatezza della domanda riconvenzionale della Commissione

220    Come ricordato al precedente punto 185, il giudice dell’Unione, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, ha il potere di annullare, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora inflitta, in virtù della sua competenza estesa al merito.

221    Anche se l’esercizio della competenza estesa al merito è il più delle volte chiesto dalle ricorrenti nel senso di una riduzione dell’importo dell’ammenda, nulla osta a che la Commissione possa altresì sottoporre al giudice dell’Unione la questione dell’importo dell’ammenda e formulare una domanda di maggiorazione del detto importo (sentenza dell’8 ottobre 2008, Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, T 69/04, EU:T:2008:415, punto 244).

222    Sebbene non si possa quindi escludere che il Tribunale decida di aumentare l’ammenda a seguito di una domanda riconvenzionale della Commissione, spetta tuttavia a quest’ultima dimostrare che l’aumento dell’importo dell’ammenda richiesto è appropriato, segnatamente, alla luce di fatti e circostanze emersi nel corso del procedimento e di cui non era a conoscenza al momento dell’adozione della sua decisione. Orbene, va osservato che la Commissione non è riuscita a dimostrare che tale aumento fosse appropriato nel caso di specie.

223    Infatti, l’argomento della Commissione relativo al vantaggio del 10% per la cooperazione durante il procedimento amministrativo si basa sull’erronea premessa che le ricorrenti contestano, con il presente ricorso, elementi che hanno riconosciuto nella loro proposta di transazione o che hanno accettato durante la relativa procedura.

224    A questo proposito, va ricordato che il punto 16 della comunicazione sulla transazione prevede che, durante le discussioni di transazione, le parti siano informate, tra l’altro, dei «margini stimati delle probabili ammende». Il punto 17 della comunicazione stabilisce che questo elemento deve essere oggetto di una «valutazione congiunta» al termine delle discussioni bilaterali prima che la Commissione conceda alle imprese un periodo di tempo per presentare una proposta di transazione. Il punto 20 della comunicazione prevede, per quanto riguarda l’importo dell’ammenda, che le proposte di transazione debbano contenere una «indicazione dell’importo massimo delle ammende che le parti si aspettano che la Commissione imponga loro e che esse accetterebbero nel contesto di una procedura di transazione».

225    Le parti della procedura di transazione non sono quindi tenute ad accettare l’importo finale dell’ammenda e tutti i suoi parametri, come gli adeguamenti ai sensi dei punti 28 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, per poter transigere, ma solo un probabile margine o l’importo massimo dell’ammenda.

226    Nel caso di specie, come risulta dal precedente punto 218, nella loro proposta di transazione le ricorrenti hanno accettato solo un importo massimo dell’ammenda che la Commissione intendeva infliggere loro. Le maggiorazioni ai sensi dei punti 28 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende non costituivano pertanto un elemento essenziale di tale proposta. Di conseguenza, la conferma da parte delle ricorrenti che la comunicazione degli addebiti rifletteva debitamente la loro proposta di transazione non può essere interpretata come un’accettazione delle maggiorazioni ai sensi di tali paragrafi, tanto più che la comunicazione degli addebiti non indicava i tassi di maggiorazione che la Commissione intendeva applicare.

227    L’argomento della Commissione secondo cui l’importo massimo dell’ammenda comprendeva le maggiorazioni previste ai punti 28 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende non può essere accolto. Infatti, come correttamente affermato dalle ricorrenti in risposta a una misura di organizzazione del procedimento, il fatto che esse abbiano accettato un importo massimo dell’ammenda nella loro proposta di transazione non può essere assimilato a un’accettazione del suo esatto importo finale, dei metodi di calcolo e del ragionamento su cui la Commissione si è basata per determinare tale importo finale.

228    A tal proposito, va rilevato che, nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe potuto decidere di non aumentare l’importo dell’ammenda ai sensi dei punti 28 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende o di applicare tassi di maggiorazione inferiori a quelli adottati in definitiva. Pertanto, solo dopo essere venute a conoscenza della decisione impugnata, in cui la Commissione ha deciso l’importo finale dell’ammenda ai sensi del punto 30 della comunicazione sulla transazione, le ricorrenti hanno potuto utilmente contestare i parametri di calcolo di tale importo, come sostengono in risposta a una misura di organizzazione del procedimento.

229    Inoltre, come riconosce la stessa Commissione, è importante ricordare che le discussioni bilaterali di transazione non hanno portato a un consenso tra la Commissione e le ricorrenti sulle maggiorazioni applicate ai sensi dei punti 28 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende. In effetti, dalle osservazioni finali del verbale dell’ultima riunione di transazione, datato 29 ottobre 2019, risulta che il rappresentante delle ricorrenti ha ribadito il proprio disaccordo in merito all’applicazione dei due punti summenzionati. Non si può quindi affermare che tali aumenti siano stati valutati congiuntamente dalla Commissione e dalle ricorrenti.

230    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, le maggiorazioni dell’ammenda applicate ai sensi dei punti 28 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende non sono state espressamente accettate dalle ricorrenti nella loro proposta di transazione e non sono state oggetto di una valutazione congiunta. Poiché con il presente ricorso le ricorrenti contestano l’importo dell’ammenda loro inflitta in quanto l’applicazione di tali punti non è stata corretta, la Commissione non ha dimostrato che sarebbe giustificato non concedere loro l’agevolazione del 10% come ricompensa per la loro collaborazione durante il procedimento amministrativo.

231    Gli altri argomenti della Commissione non sono tali da rimettere in discussione tale conclusione.

232    In primo luogo, la Commissione sostiene che le ricorrenti non si sono ritirate dalla procedura di transazione e non hanno indicato alla Commissione l’impossibilità, a loro avviso, di giungere ad una valutazione congiunta, anche se avrebbero avuto l’obbligo di indicare qualsiasi ostacolo al raggiungimento di tale valutazione. Essa ritiene che l’approccio adottato dalle ricorrenti nel corso del procedimento amministrativo sia stato puramente strategico e abbia rappresentato un mero mezzo per ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda cooperando, per poi cercare di ottenere ulteriori riduzioni dinanzi al giudice dell’Unione.

233    Tuttavia, come risulta dal precedente punto 225, le parti della procedura di transazione non sono tenute ad accettare l’importo finale dell’ammenda e tutti i suoi parametri, come gli adeguamenti ai sensi dei punti 28 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, per poter transigere. Inoltre, è sufficiente notare, come evidenziato al precedente punto 229, che le ricorrenti hanno espresso il loro disaccordo in merito all’applicazione dei punti 28 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende durante le discussioni bilaterali, per cui, contrariamente a quanto suggerito dalla Commissione, quest’ultima non è stata fuorviata dalle ricorrenti.

234    Inoltre, si deve ricordare che, come menzionato al precedente punto 211, ai sensi del punto 5 della comunicazione sulla transazione la Commissione gode di un ampio margine di discrezionalità per stabilire quali casi possano essere adatti per sondare l’interesse delle parti a partecipare a discussioni in vista di una transazione, nonché per decidere di avviare dette discussioni o di porvi fine o di giungere a una soluzione transattiva del caso. Pertanto la Commissione può decidere in qualsiasi momento durante il procedimento di cessare completamente le discussioni in vista di una transazione Nel caso di specie, la Commissione non ha ritenuto opportuno porre fine alle discussioni, pur essendo a conoscenza del disaccordo delle ricorrenti in merito all’applicazione dei punti 28 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

235    In secondo luogo, la Commissione sostiene che gli incrementi di efficienza perseguiti dalla procedura di transazione non sono più complessivamente raggiunti.

236    A questo proposito, va ricordato che la procedura di transazione è intesa a consentire alla Commissione di trattare i casi di cartello in modo più rapido ed efficiente e quindi di trattare un maggior numero di casi con le stesse risorse (v. supra, punto 209).

237    Orbene, come la Commissione riconosce, la procedura di transazione con le ricorrenti ha comportato dei vantaggi procedurali. A tal riguardo, da una parte, essa ha potuto redigere una versione semplificata della comunicazione degli addebiti e della decisione impugnata in un’unica lingua. D’altra parte, non è stata obbligata a redigere una versione non riservata della comunicazione degli addebiti, a organizzare un’audizione orale o a fornire alle ricorrenti l’accesso al fascicolo. Ha quindi beneficiato di incrementi di efficienza procedurali che, come correttamente sottolineato dalle ricorrenti, perdurano indipendentemente dalla presentazione del presente ricorso.

238    Quanto alla mobilitazione di risorse supplementari per l’organizzazione di riunioni con le parti in merito alle due maggiorazioni contestate, essa deve essere considerata come una mobilitazione di risorse inerenti alla procedura di transazione.

239    Peraltro, l’impossibilità di quantificare a posteriori i guadagni che possono o meno essere mantenuti durante la procedura amministrativa è irrilevante. Il punto 17 della comunicazione sulla transazione stabilisce che la Commissione invita l’impresa a presentare una proposta di transazione solo se «ritiene a priori, alla luce dei progressi complessivi, che questa procedura sarà più efficace». Pertanto, la Commissione deve valutare a priori l’efficacia della procedura alla luce delle discussioni avviate con le parti e decidere, su tale base, se proseguire o meno la procedura di transazione in base al suo potere discrezionale.

240    In terzo luogo, la Commissione sostiene che, anche se riconosce alle ricorrenti il diritto di presentare un ricorso contro la decisione impugnata, l’esercizio di tale diritto non comporta che il ricorso non abbia alcun effetto sull’ammenda. Essa fa riferimento, in particolare, alla sentenza del 29 aprile 2004 nella causa Tokai Carbon e a./Commissione (T‑236/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, EU:T:2004:118), pronunciata nell’ambito delle riduzioni di ammende ai sensi della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4), nella quale il Tribunale ha ritenuto che tale riduzione potesse essere revocata alla ricorrente.

241    È vero che, nella sentenza citata supra al punto 240, il Tribunale ha confermato la decisione della Commissione di aumentare l’ammenda, affermando che la Commissione, contro ogni ragionevole aspettativa che poteva ragionevolmente nutrire sulla base dell’oggettiva collaborazione della ricorrente nel corso del procedimento amministrativo, era stata costretta a preparare e presentare dinanzi al Tribunale una difesa in replica alla contestazione di fatti costitutivi dell’infrazione che, a ragione, aveva ritenuto che la ricorrente non avrebbe più messo in discussione.

242    Tuttavia, è sufficiente osservare che, nel caso di specie, le ricorrenti contestano le maggiorazioni applicate ai sensi dei punti 28 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, che non erano state incluse nella loro proposta di transazione e che non avevano accettato durante il procedimento amministrativo. La Commissione non poteva quindi partire dalla premessa che esse non le avrebbero più messe in discussione nell’ambito di un ricorso.

243    Da quanto precede consegue che la domanda riconvenzionale della Commissione deve essere respinta.

 Sulle spese

244    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento stesso, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte.

245    Nel caso di specie, le ricorrenti sono rimaste soccombenti nel loro ricorso, mentre la Commissione è rimasta soccombente nella sua domanda riconvenzionale. Poiché la domanda riconvenzionale mira ad aumentare solo marginalmente l’importo delle ammende, si deve concludere che sono essenzialmente le ricorrenti ad essere rimaste soccombenti nelle loro richieste e nei loro motivi. In tali circostanze, si deve decidere che le ricorrenti sopporteranno le proprie spese e il 90% delle spese sostenute dalla Commissione, mentre quest’ultima sopporterà il 10% delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La domanda riconvenzionale della Commissione europea è respinta.

3)      La Clariant AG e la Clariant International AG sopporteranno le proprie spese e il 90% delle spese sostenute dalla Commissione.

4)      La Commissione sopporterà il 10% delle proprie spese.

van der Woude

De Baere

Steinfatt

Kecsmár

 

      Kingston

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 ottobre 2023.

Firme


Indice


I. Fatti

A. Procedimento amministrativo

B. Decisione impugnata

1. Descrizione dell’infrazione

2. Sull’importo finale dell’ammenda inflitta alle ricorrenti

II. Conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulle domande di annullamento e di riduzione dell’importo dell’ammenda

1. Sul primo motivo, attinente al fatto che la Commissione ha erroneamente aumentato l’importo di base dell’ammenda ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

a) Sul primo capo del primo motivo, relativo al mancato esercizio, da parte della Commissione, del suo potere discrezionale.

b) Sul secondo capo del primo motivo, attinente all’erronea qualificazione delle ricorrenti come recidive

1) Sulla prima censura, relativa alla mancanza di somiglianza tra l’infrazione commessa nell’ambito del cartello tra imprese MCAA e l’infrazione oggetto del presente procedimento

2) Sulla seconda censura, relativa al lasso di tempo che separa le due infrazioni

3) Sulla terza censura, relativa alla mancata imposizione di una sanzione pecuniaria.

4) Sulla quarta censura, relativa alla mancata presa in considerazione di altre circostanze

c) Sul terzo capo del primo motivo, attinente al difetto di motivazione

2. Sul secondo motivo, relativo al fatto che la Commissione ha erroneamente aumentato l’importo di base dell’ammenda ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende

a) Sul primo capo del secondo motivo, relativo al mancato esercizio, da parte della Commissione del suo potere discrezionale

b) Sul secondo capo del secondo motivo, relativo all’erronea applicazione della maggiorazione ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende

1) Sulla prima censura, relativa al fatto che il valore degli acquisti non comporta una sottovalutazione dell’importanza economica dell’infrazione nel presente procedimento

2) Sulla seconda censura, relativa al fatto che la maggiorazione dell’importo dell’ammenda non era necessaria per garantire un effetto dissuasivo

3) Sulla terza censura, relativa al fatto che una maggiorazione applicata a tutti i cartelli di acquisto comporterebbe una dissuasione eccessiva sistematica

4) Sulla quarta censura, relativa all’inconferenza della decisione relativa al riciclaggio di batterie per autoveicoli sulla base del rilievo secondo cui il cartello tra imprese in questione avrebbe riguardato solo un elemento ridotto del prezzo

5) Sulla quinta censura, relativa al fatto che i potenziali guadagni derivanti dai cartelli di acquisto sono inferiori a quelli derivanti dai cartelli di vendita

c) Sul terzo capo del secondo motivo, attinente ad una violazione dell’obbligo di motivazione

3. Sul terzo motivo, attinente alla sproporzione dell’importo dell’ammenda

a) Sulla domanda di riduzione del tasso di maggiorazione ai sensi del punto 28 degli orientamenti per il calcolo delle ammende

b) Sulla domanda di riduzione del tasso di maggiorazione ai sensi del punto 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende

B. Sulla domanda riconvenzionale della Commissione

1. Osservazioni introduttive sulla procedura di transazione

2. Sullo svolgimento della procedura di transazione

3. Sulla fondatezza della domanda riconvenzionale della Commissione

Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.