Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
JEAN RICHARD DE LA TOUR
presentate l’11 gennaio 2024 (1)
Causa C‑814/21
Commissione europea
contro
Repubblica di Polonia
«Inadempimento di uno Stato – Cittadinanza dell’Unione – Articolo 22 TFUE – Diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali e del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato – Cittadini dell’Unione residenti in Polonia senza avere la cittadinanza polacca – Assenza del diritto di aderire a un partito politico – Candidatura alle elezioni comunali o alle elezioni del Parlamento europeo a condizioni diverse da quelle previste per i cittadini nazionali – Articolo 10 TUE – Principio di democrazia – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 12, 39 e 40 – Giustificazione – Articolo 4, paragrafo 2, TUE»
Indice
I. Introduzione
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
1. Trattato FUE
2. Carta
3. Direttiva 93/109/CE
4. Direttiva 94/80/CE
B. Diritto polacco
1. Legge sui partiti politici
2. Codice elettorale
3. Legge sulla radiodiffusione
4. Legge sulle associazioni
III. Procedimento precontenzioso
IV. Conclusioni delle parti
V. Analisi
A. Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica ceca
1. Argomenti delle parti
2. Analisi
B. Nel merito
1. Argomenti delle parti
a) Commissione
1) Sul fondamento del ricorso per inadempimento
2) Sull’esercizio da parte degli Stati membri della loro competenza
b) Repubblica di Polonia
1) La formulazione dell’articolo 22 TFUE non conferisce il diritto di aderire a un partito politico
2) I limiti all’adesione a un partito politico sono giustificati dalla preoccupazione di contenere la sfera di influenza dei cittadini «mobili» dell’Unione sulla vita politica nazionale
3) I candidati non iscritti a un partito politico non sono particolarmente svantaggiati rispetto ai tesserati
c) Argomenti specifici della Repubblica ceca, parte interveniente, e repliche della Commissione
1) Sulla portata dell’articolo 22 TFUE
i) Argomenti dedotti dalla Repubblica ceca
ii) Osservazioni della Commissione
2) Sulla base giuridica applicabile
i) Argomenti dedotti dalla Repubblica ceca
ii) Osservazioni della Commissione
3) Sulla prova dell’inadempimento contestato
i) Argomenti dedotti dalla Repubblica ceca
ii) Osservazioni della Commissione
4) Sulla limitazione dell’esercizio dei diritti conferiti dall’articolo 22 TFUE
i) Argomenti dedotti dalla Repubblica ceca
ii) Osservazioni della Commissione
5) Sulla situazione negli altri Stati membri
i) Argomenti dedotti dalla Repubblica ceca
ii) Osservazioni della Commissione
2. Analisi
a) Sulla portata dell’articolo 22 TFUE
b) Sull’esistenza di una restrizione all’esercizio dei diritti elettorali
c) Sulla giustificazione della limitazione dell’adesione a un partito politico
VI. Sulle spese
VII. Conclusione
I. Introduzione
1. Con il suo ricorso, presentato in applicazione dell’articolo 258 TFUE e fondato sull’articolo 22 TFUE, la Commissione europea chiede alla Corte di accertare che la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù di quest’ultima disposizione per il motivo che, in sostanza, negando ai cittadini dell’Unione europea che non hanno la cittadinanza polacca ma risiedono nel suo territorio (2) il diritto di diventare membri di un partito politico, le loro possibilità di essere eletti alle elezioni comunali o del Parlamento europeo sono inferiori a quelle dei cittadini polacchi (3).
2. Nelle presenti conclusioni illustrerò le ragioni per le quali occorre respingere la posizione della Repubblica di Polonia, secondo cui l’articolo 22 TFUE deve essere interpretato in maniera letterale, nel senso che esso disciplina unicamente le condizioni legali di eleggibilità e che, al contrario, l’analisi contestuale e teleologica degli obblighi risultanti da detta disposizione porta a riconoscere la fondatezza della censura vertente sulla violazione dell’esercizio effettivo del diritto di essere eleggibile, sostenuta dalla Commissione.
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
1. Trattato FUE
3. L’articolo 20 TFUE così dispone:
«1. È istituita una cittadinanza dell’Unione. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce.
2. I cittadini dell’Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Essi hanno, tra l’altro:
(...)
b) il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato;
(...)
Tali diritti sono esercitati secondo le condizioni e i limiti definiti dai trattati e dalle misure adottate in applicazione degli stessi».
4. L’articolo 22 TFUE così dispone:
«1. Ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale diritto sarà esercitato con riserva delle modalità che il Consiglio adotta, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo; tali modalità possono comportare disposizioni derogatorie ove problemi specifici di uno Stato membro lo giustifichino.
2. Fatte salve le disposizioni dell’articolo 223, paragrafo 1, e le disposizioni adottate in applicazione di quest’ultimo, ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale diritto sarà esercitato con riserva delle modalità che il Consiglio adotta, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo; tali modalità possono comportare disposizioni derogatorie ove problemi specifici di uno Stato membro lo giustifichino».
2. Carta
5. L’articolo 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (4), rubricato «Libertà di riunione e di associazione», è formulato come segue:
«1. Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico, il che implica il diritto di ogni persona di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
2. I partiti politici a livello dell’Unione contribuiscono a esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione».
3. Direttiva 93/109/CE
6. La direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre 1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini (5), enuncia, al suo considerando 4, quanto segue:
«considerando che l’articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE riguarda solo la possibilità di esercitare il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo, senza recare pregiudizio all’attuazione dell’articolo 138, paragrafo 3 del trattato CE, che prevede l’introduzione di una procedura uniforme in tutti gli Stati membri per tali elezioni; che esso mira essenzialmente ad eliminare la condizione della cittadinanza che attualmente è richiesta nella maggior parte degli Stati membri per esercitare tali diritti».
7. L’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone:
«La presente direttiva stabilisce le modalità secondo cui i cittadini dell’Unione residenti in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza possono esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo».
4. Direttiva 94/80/CE
8. La direttiva 94/80/CE del Consiglio, del 19 dicembre 1994, che stabilisce le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza (6), enuncia, al suo considerando 5, quanto segue:
«considerando che l’articolo 8 B, paragrafo 1 del trattato ha lo scopo di consentire a tutti i cittadini dell’Unione, siano essi o meno cittadini dello Stato membro di residenza, di esercitare nell’Unione il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali alle stesse condizioni; che è quindi necessario che i requisiti che uno Stato membro prescrive per i cittadini di altri Stati membri, segnatamente quelli connessi alla prova e alla durata della residenza, siano identici a quelli eventualmente prescritti ai propri cittadini; che ai cittadini di altri Stati membri non dev’essere imposto il possesso di requisiti speciali, a meno che, in casi eccezionali, delle circostanze specifiche giustifichino un trattamento differenziato dei cittadini degli altri Stati membri rispetto ai propri cittadini».
9. L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva di cui trattasi così dispone:
«La presente direttiva stabilisce le modalità secondo cui i cittadini dell’Unione residenti in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza possono esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali».
B. Diritto polacco
1. Legge sui partiti politici
10. L’articolo 2, paragrafo 1, dell’ustawa o partiach politycznych (legge sui partiti politici) (7), del 27 giugno 1997, prevede quanto segue:
«I cittadini della Repubblica di Polonia di età non inferiore ai 18 anni possono divenire membri di un partito politico».
11. L’articolo 5 di detta legge così dispone:
«Ai partiti politici è assicurato l’accesso alle emittenti pubbliche radiofoniche e televisive alle condizioni fissate in separate leggi».
12. L’articolo 24 di detta legge così recita:
«1. Le risorse finanziarie dei partiti politici provengono da quote dei loro tesserati, donazioni, eredità o legati, redditi patrimoniali e donazioni e sovvenzioni previste dalla legge.
2. Le risorse finanziarie dei partiti politici possono essere destinate unicamente alle finalità definite nello statuto o a fini caritativi.
(...)
4. Un partito politico può trarre dal proprio patrimonio solo le seguenti tipologie di reddito:
1) interessi maturati su fondi su conti bancari e depositi a termine;
2) negoziazione di obbligazioni dello Skarbu Państwa [Tesoro, Polonia] e di buoni del Tesoro;
3) cessione di attivi;
(...)».
13. L’articolo 28, paragrafo 1, della medesima legge prevede quanto segue:
«Un partito politico che:
1) dopo aver costituito il proprio comitato elettorale in vista delle elezioni del Sejm [Dieta, Polonia], abbia raccolto a livello nazionale almeno il 3 % dei voti validamente espressi a favore della sua lista circoscrizionale di candidati alla funzione di deputato, oppure
2) abbia aderito a una coalizione elettorale in vista delle elezioni della Dieta, le cui liste circoscrizionali di candidati alla funzione di deputato abbiano raccolto, a livello nazionale, almeno il 6 % dei voti validamente espressi,
ha diritto di beneficiare, nel corso della legislatura e in conformità alle modalità e alle regole definite nella presente legge, di un contributo finanziato dal bilancio dello Stato (...) per la realizzazione delle attività indicate nello statuto.
(...)».
14. L’articolo 36, paragrafo 1, della legge sui partiti politici enuncia quanto segue:
«Il fondo spese elettorali del partito politico può essere finanziato mediante versamenti effettuati dal partito, nonché mediante donazioni, eredità e legati».
2. Codice elettorale
15. L’articolo 84 dell’ustawa Kodeks wyborczy (legge recante il codice elettorale) (8), del 5 gennaio 2011 (in prosieguo: il «codice elettorale»), dispone quanto segue:
«1. La designazione dei candidati alle elezioni è rimessa ai comitati elettorali. I comitati elettorali svolgono anche ulteriori attività elettorali, in particolare, sulla base del principio di esclusività, conducono la campagna elettorale per conto dei candidati.
2. In occasione delle elezioni della Dieta e del Senato e in occasione delle elezioni del Parlamento europeo nella Repubblica di Polonia, i comitati elettorali possono essere costituiti dai partiti politici e dalle coazioni di partiti politici, nonché dagli elettori.
(...)
4. In occasione delle elezioni degli organi rappresentativi degli enti territoriali e in occasione delle elezioni del sindaco, i comitati elettorali possono essere costituiti dai partiti politici e dalle coalizioni di partiti politici, dalle associazioni e dalle organizzazioni sociali (in prosieguo: le “organizzazioni”), nonché dagli elettori».
16. L’articolo 87, paragrafi 1 e 2, di detto codice prevede quanto segue:
«1. I partiti politici possono formare una coalizione elettorale al fine di designare candidati comuni. Un partito politico può appartenere a una sola coalizione elettorale.
2. Le attività elettorali per conto di una coalizione elettorale sono condotte da un comitato elettorale di coalizione costituito dagli organi dei partiti politici abilitati a rappresentare ciascun partito di fronte al pubblico».
17. L’articolo 89, paragrafo 1, di detto codice così dispone:
«Ai fini della costituzione di un comitato elettorale è necessaria la presenza di almeno quindici cittadini titolari del diritto di voto».
18. L’articolo 117, paragrafo 1, del medesimo codice è così formulato:
«I comitati elettorali di cui siano stati registrati i candidati hanno diritto, a partire dal 15° giorno anteriore alla data delle elezioni e sino alla data di chiusura della campagna elettorale, di presentare gratuitamente i loro programmi elettorali sulle emittenti pubbliche radiofoniche e televisive, a spese di dette emittenti».
19. L’articolo 119, paragrafo 1, del codice elettorale così dispone:
«Fermo restando il diritto di cui all’articolo 117, paragrafo 1, ciascun comitato elettorale può, a partire dalla data di ricevimento, da parte della competente autorità elettorale, della notifica della sua istituzione e sino alla data di chiusura della campagna elettorale, presentare a pagamento il suo programma elettorale sulle emittenti radiotelevisive pubbliche e private».
20. Ai sensi dell’articolo 126 di tale codice:
«I comitati elettorali coprono le spese sostenute ai fini delle elezioni utilizzando le proprie risorse».
21. L’articolo 130 del suddetto codice così dispone:
«1. La responsabilità per gli impegni finanziari del comitato elettorale grava sul mandatario finanziario.
2. Nessun impegno finanziario può essere assunto in nome e per conto del comitato elettorale senza l’accordo scritto del mandatario finanziario.
3. Quando le risorse a disposizione del mandatario finanziario non sono sufficienti a coprire i crediti nei confronti del comitato elettorale:
1) la responsabilità per gli impegni finanziari assunti dal comitato elettorale del partito politico o dell’organizzazione grava sul partito politico o sull’organizzazione che ha costituito detto comitato;
2) la responsabilità per gli impegni finanziari del comitato elettorale di coalizione grava solidalmente sui partiti politici parte di detta coalizione;
3) la responsabilità per gli impegni finanziari di un comitato elettorale di elettori grava solidalmente sui membri del comitato.
(...)».
22. L’articolo 132 del codice di cui trattasi enuncia quanto segue:
«1. Le risorse finanziarie del comitato elettorale di un partito politico possono provenire unicamente dal fondo spese elettorali di detto partito, costituito in conformità delle disposizioni della [legge sui partiti politici].
2. Le risorse finanziarie del comitato elettorale di una coalizione possono provenire unicamente dal fondo spese elettorali dei partiti che la compongono.
3. Le risorse finanziarie
1) del comitato elettorale di un’organizzazione,
2) di un comitato elettorale di elettori,
possono provenire unicamente dai contributi di cittadini polacchi che hanno la loro residenza permanente sul territorio della Repubblica di Polonia e da prestiti bancari accesi unicamente per le esigenze elettorali.
(...)».
23. L’articolo 133 del codice elettorale prevede quanto segue:
«1. Nel corso della campagna elettorale il comitato elettorale di un partito politico o di una coalizione può utilizzare gratuitamente i locali e le attrezzature per ufficio del partito politico.
2. Nel corso della campagna elettorale il comitato elettorale di elettori può utilizzare gratuitamente i locali e le attrezzature per ufficio di un membro di detto comitato.
3. Nel corso della campagna elettorale il comitato elettorale di un’organizzazione può utilizzare gratuitamente i locali e le attrezzature per ufficio di detta organizzazione».
24. Ai sensi dell’articolo 341 dello stesso codice:
«I candidati alle elezioni del Parlamento europeo possono essere designati:
1) dal comitato elettorale di un partito politico;
2) dal comitato elettorale di una coalizione;
3) da un comitato elettorale di elettori».
25. Conformemente all’articolo 343 di detto codice, la lista dei candidati deve essere sostenuta dalle firme di almeno 10 000 elettori residenti stabilmente nella circoscrizione elettorale interessata.
26. Per quanto attiene alle elezioni dei rappresentanti degli enti territoriali, l’articolo 399 del medesimo codice prevede che i comitati elettorali dei partiti politici, i comitati elettorali delle coalizioni, i comitati elettorali delle organizzazioni e i comitati elettorali di elettori hanno diritto di designare i candidati alla posizione di consigliere.
27. In forza dell’articolo 400, paragrafo 1, del codice elettorale, il comitato elettorale di un partito politico è tenuto a notificare la propria costituzione alla Państwowa Komisja Wyborcza (commissione elettorale nazionale) a partire dalla data di pubblicazione del regolamento sulla tenuta delle elezioni e sino al 55º giorno anteriore alla data delle elezioni.
28. L’articolo 401, paragrafo 1, di detto codice dispone che un comitato elettorale di coalizione può essere costituito nel periodo compreso tra la data di pubblicazione del regolamento sulla tenuta delle elezioni e il 55º giorno anteriore alla data delle elezioni, circostanza di cui il mandatario elettorale del comitato elettorale di coalizione informa la commissione elettorale non oltre il 55º giorno anteriore alla data delle elezioni.
29. A norma dell’articolo 402, paragrafo 1, del codice in parola, il comitato elettorale di un’organizzazione è tenuto a notificare la sua costituzione al commissario elettorale competente in ragione della sede di detta organizzazione a decorrere dalla data di pubblicazione del regolamento sulla tenuta delle elezioni e sino al 55° giorno anteriore alla data delle elezioni.
30. L’articolo 403, paragrafi da 1 a 3, del medesimo codice così dispone:
«1. Ai fini della costituzione di un comitato elettorale è necessaria la presenza di almeno quindici cittadini titolari del diritto di voto.
2. Previa raccolta di almeno 1 000 firme di cittadini titolari del diritto di voto che sostengono la creazione di un comitato elettorale di elettori, il mandatario elettorale informa la commissione elettorale nazionale della costituzione di detto comitato, fatte salve le disposizioni del paragrafo 3. La notifica può essere effettuata entro e non oltre il 55º giorno anteriore alla data delle elezioni.
3. Se il comitato elettorale di elettori è stato creato ai fini della designazione di candidati in un solo voivodato:
1) il numero di cittadini di cui al paragrafo 1 è pari a 5;
2) il numero di firme di cui al paragrafo 2 è pari a 20, e la notifica di cui al paragrafo 2 è inviata al commissario elettorale competente in ragione della sede del comitato».
3. Legge sulla radiodiffusione
31. L’ustawa o radiofonii i telewizji (legge sulla radiodiffusione) (9), del 29 dicembre 1992, dispone, all’articolo 23, paragrafo 1, che le emittenti radiotelevisive pubbliche consentono ai partiti politici di esprimersi su questioni fondamentali in materia di affari pubblici.
4. Legge sulle associazioni
32. Conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, dell’ustawa Prawo o stowarzyszeniach (legge sulle associazioni) (10), del 7 aprile 1989, anche i cittadini stranieri residenti in Polonia possono raggrupparsi in associazioni.
III. Procedimento precontenzioso
33. Il 16 aprile 2012, nell’ambito di un progetto EU Pilot, la Commissione ha comunicato alle autorità polacche il suo parere preliminare relativo all’incompatibilità con l’articolo 22 TFUE della normativa polacca che riserva ai cittadini polacchi il diritto di fondare un partito politico e il diritto di aderire a uno di essi.
34. In mancanza di risposta, il 26 aprile 2013 la Commissione ha inviato alla Repubblica di Polonia una lettera di diffida avente il medesimo oggetto. Nella sua risposta del 24 luglio 2013, detto Stato membro ha negato qualsivoglia violazione del diritto dell’Unione.
35. Il 22 aprile 2014 la Commissione ha emesso un parere motivato in cui ribadiva che la Repubblica di Polonia, negando ai cittadini «mobili» dell’Unione il diritto di fondare un partito politico e il diritto di aderire ad uno di essi, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 22 TFUE.
36. Nella sua risposta del 16 giugno 2014, la Repubblica di Polonia ha sostenuto che l’articolo 22 TFUE non conferisce ai cittadini «mobili» dell’Unione il diritto di fondare un partito politico e di aderire ad uno di essi nello Stato membro di residenza.
37. Con lettera del 2 dicembre 2020, il commissario europeo per la giustizia ha chiesto alla Repubblica di Polonia di informarlo di un’eventuale evoluzione della sua posizione o di modifiche legislative adottate nell’ottica di garantire i diritti di cui trattasi ai cittadini «mobili» dell’Unione.
38. Dopo che, con lettera del 26 gennaio 2021, le autorità polacche hanno ribadito dinanzi alla Commissione la propria posizione, quest’ultima ha deciso di proporre il presente ricorso circoscrivendo il suo oggetto alla limitazione dello status di membro di un partito politico ai soli cittadini polacchi. La Commissione ha precisato che si riservava la possibilità di sollevare nell’ambito di un separato procedimento la questione della creazione di un partito politico da parte dei cittadini «mobili» dell’Unione, affrontata nel corso delle precedenti fasi del procedimento.
IV. Conclusioni delle parti
39. Con il suo ricorso, la Commissione chiede alla Corte di:
– dichiarare che, «negando ai cittadini dell’Unione europea che non hanno la cittadinanza polacca, ma che risiedono nel suo territorio, il diritto di essere membri di un partito politico, [tale Stato membro] è venut[o] meno agli obblighi ad ess[o] incombenti in forza dell’articolo 22 [TFUE]», e
– condannare la Repubblica di Polonia alle spese.
40. La Repubblica di Polonia chiede alla Corte di respingere il ricorso in quanto infondato e di condannare la Commissione alle spese.
41. Con decisione del presidente della Corte del 10 maggio 2022, la Repubblica ceca è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica di Polonia.
42. Nella sua memoria di intervento, la Repubblica ceca ha sollevato un’eccezione di irricevibilità, ha sviluppato alcuni argomenti della Repubblica di Polonia e ha risposto a taluni argomenti addotti dalla Commissione.
43. Detta istituzione conclude le sue osservazioni relative a tale memoria di intervento, limitatamente alle sole questioni sollevate ex novo, ribadendo le conclusioni formulate nel suo ricorso.
V. Analisi
A. Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica ceca
1. Argomenti delle parti
44. Contrariamente alla Repubblica di Polonia, la Repubblica ceca eccepisce nella sua memoria di intervento l’irricevibilità del ricorso per inadempimento in ragione di una mancanza di chiarezza quanto alle disposizioni alla sua base. Detto Stato membro osserva che, benché la Commissione abbia dedotto una violazione dell’articolo 22 TFUE, nella motivazione del suo ricorso essa fa altresì riferimento all’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), TFUE e agli articoli 11 e 12 della Carta.
45. La Commissione ritiene di aver dedotto inequivocabilmente l’incompatibilità con l’articolo 22 TFUE del divieto per i cittadini «mobili» dell’Unione di aderire a un partito. La Repubblica di Polonia ha, senza dubbio, compreso tale argomento e si è peraltro chiaramente difesa nelle proprie memorie. La Commissione precisa, anzitutto, che una corretta interpretazione del suo ricorso presupponeva che si tenesse conto in maniera sistematica di altre disposizioni del diritto primario. Inoltre, essa si è richiamata anche alla Carta per ricordare come, nel prevedere le disposizioni che disciplinano l’esercizio dei diritti politici conferiti dall’articolo 22 TFUE, gli Stati membri attuino il diritto dell’Unione e debbano, quindi, rispettare i diritti fondamentali. Infine, ciò non rimette in discussione la portata della presente causa, come risultante dal petitum, secondo cui la normativa nazionale di cui trattasi, che opera una discriminazione fondata direttamente sulla cittadinanza, deve essere considerata come una violazione dell’articolo 22 TFUE.
2. Analisi
46. L’articolo 40, quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea dispone che «[l]e conclusioni dell’istanza d’intervento possono avere come oggetto soltanto l’adesione alle conclusioni di una delle parti» (11). Di conseguenza, l’eccezione sollevata dalla Repubblica ceca è irricevibile (12), non avendo la Repubblica di Polonia dedotto l’irricevibilità del ricorso.
47. Tuttavia, alla luce dei requisiti formulati nell’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura della Corte e della sua giurisprudenza (13), occorre esaminare se il ricorso della Commissione presenti le censure in modo coerente e preciso, così da consentire alla Repubblica di Polonia e alla Corte di conoscere esattamente la portata della violazione del diritto dell’Unione contestata, presupposto necessario affinché il suddetto Stato possa far valere utilmente i suoi mezzi di difesa e affinché la Corte possa verificare l’esistenza dell’inadempimento addotto.
48. In linea con quanto dedotto dalla Commissione, nel caso di specie, dai motivi del ricorso risulta chiaramente che l’articolo 22 TFUE, su cui detto ricorso si fonda, deve essere interpretato collocandolo nel contesto definito dall’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), TFUE e tenendo conto dei legami esistenti con gli articoli 11 e 12 della Carta. Non ne risulta, quindi, che la Commissione abbia dedotto una violazione di dette disposizioni (14).
B. Nel merito
1. Argomenti delle parti
a) Commissione
1) Sul fondamento del ricorso per inadempimento
49. La Commissione ha fondato il proprio ricorso sull’articolo 22 TFUE sui seguenti motivi:
– esso conferisce ai cittadini «mobili» dell’Unione il diritto di esercitare i diritti elettorali alle elezioni comunali e alle elezioni del Parlamento europeo alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato membro in cui risiedono;
– esso sancisce un principio generale e universale di parità di trattamento, che non è circoscritto alle sole regole pratiche, amministrative e procedurali enunciate, in particolare, nelle direttive 93/109 e 94/80, e che non necessita di essere descritto in dettaglio in tutti gli aspetti concreti dell’accesso alle elezioni;
– di conseguenza, è vietata ogni misura fondata sul criterio della cittadinanza che impedisca ai cittadini «mobili» dell’Unione di esercitare i loro diritti di eleggibilità alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato membro in cui risiedono, e
– l’impossibilità per i cittadini «mobili» dell’Unione di aderire a un partito politico, risultante dall’articolo 2, paragrafo 1, della legge sui partiti politici, che li priva dell’accesso a un organo fondamentale per la partecipazione alle elezioni, riduce, rispetto ai cittadini polacchi, le loro possibilità di essere eletti. Essa priva, pertanto, detti cittadini degli effetti cui mirano i diritti conferiti dai Trattati che si basano sulla loro integrazione nello Stato membro di residenza (15).
50. La Commissione ribadisce che non intende sostenere che il diritto dell’Unione riconosca ai cittadini «mobili» dell’Unione un diritto alla partecipazione alla vita politica. Essa sottolinea, per contro, il ruolo essenziale dei partiti politici nei sistemi elettorali, nella vita politica degli Stati membri e, più in generale, il loro contributo alla democrazia rappresentativa. Essa si fonda, a tal proposito, sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (16) e sugli orientamenti sulla regolamentazione dei partiti politici elaborati dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (Commissione di Venezia) (17).
51. Essa ritiene, di conseguenza, che un cittadino «mobile» dell’Unione non possa essere candidato alle elezioni nello Stato membro in cui risiede alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato se non può presentarsi a tali elezioni quale membro di un partito politico nazionale.
52. La Commissione osserva, a tal proposito, che, diversamente da quanto sostenuto dalla Repubblica di Polonia nella sua analisi di talune disposizioni nazionali in materia di organizzazioni (18), l’appartenenza a un partito politico presenta numerosi vantaggi specifici per un candidato alle elezioni, che non trovano equivalente al di fuori di un siffatto partito. Si tratta dei seguenti vantaggi:
– la notorietà pubblica del nome del partito, il suo radicamento storico e la sua reputazione, nonché i legami intrattenuti con le strutture socio-organizzative (ad esempio, i sindacati, che possono essere storicamente collegati a un determinato partito, le associazioni giovanili, ecc.);
– l’utilizzo della struttura elettorale e delle risorse umane e finanziarie del partito politico, nonché
– le prerogative specifiche riconosciute dal diritto nazionale in materia di accesso ai finanziamenti o ai media e in materia fiscale.
53. Per quanto concerne il finanziamento in Polonia, la Commissione osserva che i partiti politici che raccolgono un certo numero di voti in occasione delle elezioni della Dieta hanno diritto a una sovvenzione durante la legislatura, ai sensi dell’articolo 28 della legge sui partiti politici. In conformità dell’articolo 24 di detta legge, essi hanno accesso a fonti di finanziamento molto più numerose di quelle di cui dispongono i comitati elettorali di elettori e di organizzazioni, che possono essere utilizzate, in particolare, per finanziare la campagna elettorale grazie ai loro fondi per spese elettorali alimentati anche attraverso donazioni, eredità e legati in forza dell’articolo 36 di detta legge.
54. A tal proposito, la Commissione evidenzia altre due restrizioni specifiche per i comitati elettorali, vale a dire:
– in occasione delle elezioni comunali, gli elettori che desiderano costituire un comitato elettorale devono raccogliere quantomeno 1 000 firme ai sensi dell’articolo 403 del codice elettorale, e
– i candidati non polacchi non hanno diritto di contribuire finanziariamente ai comitati elettorali di organizzazioni o di elettori, cosicché essi non possono destinare fondi al comitato, nemmeno per la propria campagna, restrizione questa che contrae ulteriormente le possibilità di essere eletti (19).
55. Per quanto attiene ai media, la Commissione insiste sul fatto che i partiti politici dispongono, in generale, di risorse finanziarie maggiori da destinare ad attività di promozione dei loro candidati, o anche da utilizzare per acquistare spazi pubblicitari sulle emittenti private o per accrescere la propria presenza sui social network. Inoltre, ai sensi dell’articolo 5 della legge sui partiti politici e dell’articolo 23 della legge sulla radiodiffusione, ai partiti politici è assicurato un accesso costante ai mezzi di comunicazione del servizio pubblico ed essi possono, quindi, esprimersi sulle emittenti radiotelevisive su questioni fondamentali in materia di affari pubblici anche se non collegate a una specifica campagna elettorale. A parere della Commissione, tutti questi strumenti accrescono le possibilità per i membri di un partito di farsi conoscere e di diffondere su ampia scala il contenuto del proprio programma elettorale.
56. Inoltre, la Commissione ritiene che l’esistenza di qualche sondaggio d’opinione che sembra indicare che, nell’esprimere il proprio voto, l’elettore è guidato più frequentemente dall’identità del candidato che non della sua appartenenza a un partito politico, non può invalidare il fatto che la legge polacca comporta una discriminazione diretta fondata sulla cittadinanza a danno dei cittadini «mobili» dell’Unione che desiderano presentarsi alle elezioni comunali o alle elezioni del Parlamento europeo. In concreto, occorre, inoltre, considerare che questi cittadini possono essere meno noti nei loro paesi ospitanti.
2) Sull’esercizio da parte degli Stati membri della loro competenza
57. La Commissione ricorda che, secondo la costante giurisprudenza della Corte:
– gli Stati membri devono esercitare le loro competenze nel rispetto del diritto dell’Unione (20), e
– l’applicazione di una misura nazionale idonea a ostacolare l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato può essere giustificata alla luce del diritto dell’Unione solo se l’applicazione di detta misura non comporta una violazione dei diritti fondamentali protetti nell’ordinamento giuridico (21).
58. Essa sostiene, a tal proposito, che, nell’adottare disposizioni relative all’eleggibilità alle elezioni comunali e alle elezioni del Parlamento europeo, la Repubblica di Polonia deve tener conto degli obblighi derivanti dall’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), e dall’articolo 22 TFUE, con conseguente applicazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (22).
59. L’appartenenza a un partito politico rappresenta un’espressione dell’esercizio della libertà di associazione e della libertà di espressione, sancite, rispettivamente dall’articolo 12, paragrafo 1 (23), e dall’articolo 11 della Carta. A parere della Commissione, l’ambito di applicazione e i requisiti di cui all’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), e all’articolo 22 TFUE devono essere interpretati tenendo conto delle suddette disposizioni della Carta (24).
60. La Commissione sostiene così che la privazione del diritto di aderire a un partito politico è una manifestazione evidente di una restrizione del diritto fondamentale di associazione. Conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, la portata di una siffatta restrizione non può oltrepassare quella di una restrizione consentita in forza della CEDU. Essa ricorda anche che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo riconosce la specificità degli Stati membri dell’Unione (25).
61. Inoltre, la Commissione ricorda che l’inserimento dei diritti politici nelle disposizioni del Trattato FUE in materia di cittadinanza mira a garantire che i cittadini «mobili» dell’Unione possano integrarsi e svolgere un ruolo politico attivo nello Stato membro di residenza, nel quadro delle elezioni comunali e delle elezioni del Parlamento europeo, aspetto questo che consente di fugare qualsiasi timore di un’ingerenza negli affari nazionali.
62. Per di più gli Stati membri possono riservare ai propri cittadini il diritto di eleggibilità alle elezioni nazionali (o, in taluni casi, regionali), facoltà questa che soddisfa il principio della salvaguardia dell’identità nazionale insita nella struttura fondamentale, politica e costituzionale. A tal proposito, la Commissione osserva che la Repubblica di Polonia non ha fornito alcuna prova di una violazione di tale identità, benché, fatta eccezione per detto paese e per la Repubblica ceca, nessun altro Stato membro limiti le condizioni di accesso a un partito politico. Inoltre, la Commissione nega di voler postulare un diritto illimitato alla partecipazione alla vita politica nello Stato membro di residenza. Essa ritiene, del resto, che nulla impedirebbe di limitare la portata a livello operativo della partecipazione dei cittadini «mobili» dell’Unione nei partiti politici, ad esempio, nel quadro della nomina dei candidati alle elezioni legislative nazionali.
63. Infine, il fatto che i candidati non iscritti a un partito politico possano essere inseriti nella lista del comitato elettorale di un partito non consente di ristabilire una situazione di parità di condizioni con i candidati tesserati; basta osservare, infatti, che i secondi si presentano quali membri di un partito, mentre i primi dipendono da un accordo concluso dopo una decisione favorevole dei membri del partito che essi non possono influenzare «dall’interno».
b) Repubblica di Polonia
64. Detto Stato membro fa valere tre serie di argomenti.
1) La formulazione dell’articolo 22 TFUE non conferisce il diritto di aderire a un partito politico
65. A parere della Repubblica di Polonia, l’articolo 22 TFUE non è direttamente applicabile in quanto i due paragrafi che lo compongono necessitano dell’adozione di atti legislativi integrativi che non mirano a un’armonizzazione integrale dei sistemi elettorali degli Stati membri (26). Esso si riferisce unicamente ai requisiti formali di eleggibilità e non alle possibilità concrete di essere eletto in uno Stato membro. Ampliare l’interpretazione dell’articolo 22 TFUE al diritto di aderire a un partito politico contrasterebbe con il principio di attribuzione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, e all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, TUE.
2) I limiti all’adesione a un partito politico sono giustificati dalla preoccupazione di contenere la sfera di influenza dei cittadini «mobili» dell’Unione sulla vita politica nazionale
66. La Repubblica di Polonia ritiene che, in considerazione del ruolo dei partiti in materia di politiche pubbliche e dell’obiettivo di esercitare il potere pubblico da essi perseguito, l’adesione dei cittadini «mobili» dell’Unione a un partito politico può incidere, in particolare, sui risultati delle elezioni legislative o presidenziali, il che sarebbe incompatibile con l’articolo 22 TFUE, il cui ambito di applicazione è limitato a determinate elezioni, e con l’articolo 4, paragrafo 2, TUE.
67. A tal proposito, essa sostiene che, per quanto attiene all’appartenenza a partiti politici, l’articolo 11, paragrafo 1, della Konstytucja Rzeczypospolitej Polskiej (Costituzione della Repubblica di Polonia) garantisce la libertà di costituire partiti politici e la libertà delle loro attività, fermo restando che i partiti politici riuniscono, nel rispetto dei principi della libera partecipazione e di parità di trattamento, cittadini polacchi al fine di esercitare, con metodi democratici, un influsso sulla politica nazionale.
68. La Repubblica di Polonia contesta l’analisi della Commissione secondo cui la privazione del diritto di aderire a un partito politico violerebbe la libertà di associazione sancita all’articolo 12 della Carta e all’articolo 11 della CEDU. Essa sostiene, da un lato, che gli Stati membri parte di detta convenzione possono introdurre restrizioni all’attività politica degli stranieri (27). Dall’altro, in mancanza di disposizioni del diritto dell’Unione concernenti il diritto di aderire a un partito politico, l’articolo 12 della Carta non trova applicazione.
3) I candidati non iscritti a un partito politico non sono particolarmente svantaggiati rispetto ai tesserati
69. La Repubblica di Polonia sostiene, in primo luogo, che il diritto polacco non subordina la possibilità di candidarsi alle elezioni comunali o alle elezioni del Parlamento europeo all’appartenenza a un partito politico.
70. In secondo luogo, la Commissione dovrebbe comprovare le sue affermazioni secondo cui l’appartenenza a un partito politico ottimizza le possibilità di essere eletto alle elezioni comunali o alle elezioni del Parlamento europeo, benché studi dimostrino che la scelta degli elettori è guidata, al contrario, dalla percezione che essi hanno dei candidati, alla luce della loro partecipazione alla vita sociale e politica (28) o, in altre parole, dalla loro notorietà. Inoltre, l’esempio della Commissione, secondo il quale i cittadini «mobili» dell’Unione sarebbero riuniti in un’associazione che potrebbe sostenere opinioni simili a quelle di un partito politico è del tutto avulso dalla realtà poiché postula che nessuno dei membri sia polacco.
71. In terzo luogo, la Repubblica di Polonia ha osservato che un cittadino «mobile» dell’Unione può iscriversi nella lista dei candidati proposta da un partito politico o da una coalizione di partiti (29).
72. In quarto luogo, la Repubblica di Polonia sottolinea, in risposta agli argomenti della Commissione relativi ai finanziamenti, da un lato, che, quando quest’ultima sostiene che, in confronto, i comitati elettorali di elettori e le organizzazioni sono svantaggiate dal punto di vista finanziario, essa dimentica le soglie di spesa imposte dal codice elettorale ai comitati elettorali di partiti o di coalizioni. Dall’altro, indubbiamente, solo i cittadini polacchi possono contribuire al finanziamento di un partito politico, ma essi devono, in linea di principio, risiedere stabilmente nel suo territorio, conformemente all’articolo 25, paragrafo 1, della legge sui partiti politici.
73. In quinto luogo, secondo la Repubblica di Polonia, se la condizione di raccogliere 1 000 firme, eccettuate talune situazioni (30), per formare un comitato elettorale non è in effetti imposta ai comitati elettorali dei partiti, delle coalizioni e delle organizzazioni, i cittadini «mobili» dell’Unione possono costituire comitati elettorali di organizzazioni in seno ai quali si possono candidare e avvalersi delle loro infrastrutture.
74. In sesto luogo, per quanto attiene ai media, la Repubblica di Polonia osserva, anzitutto, che l’accesso ad essi è disciplinato, senza distinzioni tra i comitati elettorali, dagli articoli 116 e seguenti del codice elettorale e da disposizioni specifiche di detto codice che riguardano le diverse elezioni. Inoltre, con riferimento al diritto di esprimersi sulle emittenti pubbliche al di fuori del periodo di campagna elettorale, la Repubblica di Polonia osserva che esso deriva dal ruolo svolto dai partiti nel sistema politico dello Stato e che gli Stati membri hanno competenza esclusiva in materia. Infine, essa sottolinea la situazione di parità nell’ambito dell’accesso ai social network, realtà influenti sia durante le campagne elettorali, che al di fuori di esse.
c) Argomenti specifici della Repubblica ceca, parte interveniente, e repliche della Commissione
1) Sulla portata dell’articolo 22 TFUE
i) Argomenti dedotti dalla Repubblica ceca
75. Detto Stato membro sostiene che dalle direttive 93/109 e 94/80, che guidano l’interpretazione dell’articolo 22 TFUE, risulta che la condizione della cittadinanza è considerata con riferimento al diritto di voto e di eleggibilità e non con riferimento ad altri elementi, ivi comprese le condizioni di adesione a un partito politico. Questa analisi è supportata dalla giurisprudenza della Corte (31).
ii) Osservazioni della Commissione
76. Detta istituzione ritiene che, se è vero che il diritto derivato disciplina certamente taluni aspetti del diritto dei cittadini dell’Unione in materia di elezioni, tale diritto derivato non può essere invocato per limitare la portata dell’articolo 22 TFUE e, quindi, quella dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), TFUE, a questioni specifiche disciplinate da detto diritto. È il Trattato a determinare l’ambito di applicazione ammesso del diritto derivato e non viceversa (32).
2) Sulla base giuridica applicabile
i) Argomenti dedotti dalla Repubblica ceca
77. Detto Stato membro sostiene che, se il diritto dell’Unione fosse applicabile alla presente controversia, essa dovrebbe essere valutata alla luce del divieto generale di discriminazione in ragione della cittadinanza sancito dall’articolo 18 TFUE, e non alla luce dell’articolo 22 TFUE, che prevede un divieto specifico di discriminazione sotto il profilo del diritto di voto e di eleggibilità dei cittadini «mobili» dell’Unione nell’ambito di determinate elezioni. Posto che l’adesione a un partito politico non conferisce a un cittadino «mobile» dell’Unione lo status di candidato a un’elezione, in mancanza di un siffatto status, troverebbe applicazione unicamente l’articolo 18 TFUE (33).
ii) Osservazioni della Commissione
78. La Commissione contesta la pertinenza della giurisprudenza citata dalla Repubblica ceca a fondamento dell’argomentazione da essa dedotta. Il fatto che la Corte abbia accertato una discriminazione in violazione delle disposizioni corrispondenti a quelle dell’articolo 18 TFUE non significa che le disposizioni discriminatorie di cui trattasi nel presente procedimento, relative alle condizioni di esercizio di diritti politici conferiti ai cittadini «mobili» dell’Unione dall’articolo 22 TFUE, non possano essere considerate come una violazione dell’obbligo di parità di trattamento espressamente previsto da detta disposizione. Nella direttiva 93/109 il legislatore dell’Unione ha precisato che «il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, previsto dall’[attuale articolo 22, paragrafo 2, TFUE], costituisce un’applicazione del principio di non discriminazione fra cittadini per origine e altri cittadini» (34). Inoltre, l’interpretazione secondo cui il campo di applicazione dell’articolo 22 TFUE sarebbe circoscritto ai soli cittadini che hanno lo status di candidati sarebbe contraria alla formulazione di detta disposizione che si riferisce alle condizioni di eleggibilità, tra cui la possibilità di divenire candidati e di essere poi eletti (35).
3) Sulla prova dell’inadempimento contestato
i) Argomenti dedotti dalla Repubblica ceca
79. Detto Stato membro ricorda che, in forza di una giurisprudenza consolidata della Corte, spetta alla Commissione dimostrare l’esistenza dell’inadempimento contestato, senza potersi basare su una qualsivoglia presunzione (36). Di conseguenza, le affermazioni e le presunzioni non comprovate relative alla posizione di debolezza dei cittadini «mobili» dell’Unione non tesserati in un partito politico presenti nel ricorso non possono essere accolte.
ii) Osservazioni della Commissione
80. La Commissione osserva che la discriminazione contestata alla Repubblica di Polonia risulta direttamente da disposizioni giuridiche vincolanti e non da una prassi amministrativa. Non è, pertanto, necessario fornire alla Corte dati statistici sul numero di cittadini «mobili» dell’Unione che hanno, de facto, subito un pregiudizio in ragione di detta discriminazione. In pratica, ciò non è nemmeno possibile, quando, come nel caso di specie, la misura discriminatoria ha carattere dissuasivo. È, infatti, impossibile stabilire con precisione quanti cittadini «mobili» dell’Unione non hanno tentato di presentarsi alle elezioni poiché scoraggiati dal divieto di aderire a un partito politico (37).
4) Sulla limitazione dell’esercizio dei diritti conferiti dall’articolo 22 TFUE
i) Argomenti dedotti dalla Repubblica ceca
81. Detto Stato membro contesta la pertinenza della giurisprudenza citata dalla Commissione, vale a dire la sentenza del 27 aprile 2006, Commissione/Germania (38), e sottolinea come, in ogni caso, l’impossibilità per i cittadini «mobili» dell’Unione di divenire membri di partiti politici non leda la sostanza dei diritti elettorali previsti all’articolo 22 TFUE e come la normativa polacca consenta un pieno esercizio di detti diritti.
ii) Osservazioni della Commissione
82. La Commissione ribadisce la propria posizione, secondo cui, quando gli Stati membri prevedono regole relative all’esercizio dei diritti politici conferiti dall’articolo 22 TFUE, essi lo devono fare in conformità con i requisiti previsti da detta disposizione e nel rispetto dei diritti fondamentali. La Commissione aggiunge che dalla giurisprudenza citata nel suo ricorso, vertente sull’obbligo per gli Stati membri di tener conto di tali diritti, risulta un obbligo per questi ultimi di esercitare il loro potere discrezionale in modo da assicurare il rispetto di detti diritti (39).
5) Sulla situazione negli altri Stati membri
i) Argomenti dedotti dalla Repubblica ceca
83. L’argomento della Commissione, secondo cui solo due Stati membri prevedono restrizioni all’appartenenza a partiti politici, non è pertinente ai fini dell’interpretazione dell’articolo 22 TFUE. Tale argomento conferma, al contrario, che la Commissione cerca di dare della disposizione di cui trattasi, la cui formulazione è rimasta da lungo tempo invariata, un’interpretazione diversa alla luce dell’evoluzione del contesto sociale. Tuttavia, una siffatta evoluzione può essere solo un motivo per prendere in considerazione una modifica della disposizione di cui trattasi e non un cambiamento fondamentale della sua interpretazione.
ii) Osservazioni della Commissione
84. A parere di detta istituzione, tale argomento appare incomprensibile. Al contrario, il fatto che la grande maggioranza degli Stati membri non limiti l’accesso all’adesione a un partito politico da parte dei cittadini «mobili» dell’Unione attesta la pertinenza dell’interpretazione da essa accolta.
2. Analisi
85. Il presente ricorso verte sulle conseguenze derivanti, in termini di eleggibilità alle elezioni comunali e alle elezioni del Parlamento europeo, dal diritto di aderire a un partito politico che, in base alla legge polacca, non è riconosciuto ai cittadini «mobili» dell’Unione. Occorre stabilire se il divieto in parola impedisca, come sostiene la Commissione, a questi cittadini di esercitare il proprio diritto di eleggibilità in occasione di dette elezioni «alle stesse condizioni» dei cittadini polacchi, in conformità dell’articolo 22 TFUE.
86. Allo stato attuale del diritto dell’Unione, l’adesione a un partito politico rientra nella competenza degli Stati membri. Tuttavia, dalla giurisprudenza consolidata della Corte emerge che, nell’esercizio della loro competenza gli Stati membri sono tenuti a rispettare gli obblighi risultanti dal diritto dell’Unione (40).
87. Occorre, pertanto, stabilire quali requisiti risultino dall’articolo 22 TFUE, invocato dalla Commissione, e se si possa validamente sostenere che tali requisiti possono ledere l’identità nazionale di uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE.
a) Sulla portata dell’articolo 22 TFUE
88. Conformemente alla sua formulazione, l’ambito di applicazione dell’articolo 22 TFUE è circoscritto alle sole elezioni da esso prese in considerazione, vale a dire le elezioni comunali (paragrafo 1) e quelle del Parlamento europeo (paragrafo 2), escludendo così le elezioni legislative o presidenziali.
89. Con il presente ricorso, la Corte è invitata a precisare se il principio di parità di trattamento enunciato dall’articolo 22 TFUE debba essere inteso come ricomprendente tutte le modalità cui qualsiasi cittadino «mobile» dell’Unione può presentarsi alle elezioni, o se esso verta unicamente sulle condizioni legali di eleggibilità.
90. Si tratta, quindi, di definire il margine di manovra riconosciuto agli Stati membri in ragione del fatto che le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo (41) nonché alle elezioni comunali sono fissate, rispettivamente, dalle direttive 93/109 e 94/80.
91. L’argomento dedotto dalla Repubblica di Polonia vertente su un’interpretazione letterale dell’articolo 22 TFUE, secondo cui dette direttive limitano il principio di parità di trattamento enunciato dalla disposizione di cui trattasi, deve essere fin da subito respinto in ragione della gerarchia delle norme, giustamente sostenuta dalla Commissione, in forza della quale il diritto derivato non può limitare un diritto riconosciuto dal Trattato (42).
92. Pertanto, le direttive citate si limitano a definire un quadro minimo nel quale viene concretizzato il principio di parità di trattamento per l’esercizio del diritto di voto e di eleggibilità (43).
93. Ma, soprattutto, la genesi dell’articolo 22 TFUE e l’evoluzione del quadro giuridico in cui si inserisce il contenuto di detta disposizione evidenziano, molto chiaramente a partire dal Trattato di Lisbona, che la disposizione di cui trattasi deve essere interpretata tenendo conto dei due pilastri su cui essa si fonda, vale a dire, la cittadinanza dell’Unione e la democrazia rappresentativa.
94. Per quanto attiene, in primo luogo, alla cittadinanza dell’Unione, la Commissione fa valere, correttamente, l’applicazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), TFUE che dispone che detta cittadinanza (44) conferisce, tra gli altri diritti, il godimento del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro di residenza, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato.
95. Questo legame con la cittadinanza è presente nel diritto primario sin dal Trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992 (45). Esso è stato collegato, fin dall’inizio, al diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (46) e al principio di non discriminazione in base alla nazionalità, che è parte integrante di ciascuna delle libertà di circolazione.
96. Tuttavia, detto legame ha assunto una dimensione particolare con le modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona in ragione della volontà degli Stati membri, segnatamente, di riconoscere un ruolo preponderante alla cittadinanza. Infatti, da un lato, il Trattato UE è stato arricchito di un titolo II rubricato «Disposizioni relative ai principi democratici», che contiene un articolo 9, ai sensi del quale «[l]’Unione rispetta, in tutte le sue attività, il principio dell’uguaglianza dei cittadini, che beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce». I diritti collegati alla cittadinanza dell’Unione sono illustrati agli articoli da 20 a 24 TFUE, che corrispondono agli articoli da 17 a 21 CE. I diritti dei cittadini «mobili» dell’Unione alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali sono enunciati all’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), e all’articolo 22 TFUE.
97. Dall’altro lato, ciascuno di questi diritti figura anche in seno al titolo V della Carta (47), rubricato «Cittadinanza». I diritti riconosciuti ai cittadini «mobili» dell’Unione nell’ambito delle elezioni del Parlamento europeo e delle elezioni comunali sono ivi sanciti in termini generali agli articoli 39 (48) e 40 (49).
98. Pertanto, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, i diritti elettorali dei cittadini dell’Unione sanciti all’articolo 22 TFUE devono essere analizzati quali diritti fondamentali e quali espressione del principio della parità di trattamento, intrinseci allo status fondamentale di cittadini degli Stati membri (50).
99. La loro riproposizione nel Trattato UE e nella Carta mira anch’essa a creare legami con altri diritti o principi ivi enunciati, come l’uguaglianza e la democrazia, che sono valori comuni agli Stati membri su cui l’Unione si fonda (51).
100. Per quanto attiene, in secondo luogo, ai principi democratici, a partire dal Trattato di Lisbona, l’articolo 10 TUE enuncia, al suo paragrafo 1, che «[i]l funzionamento dell’Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa» (52) e riconosce, ai paragrafi 2 e 3, il diritto dei cittadini europei ad essere direttamente rappresentati nel Parlamento europeo e di partecipare alla vita democratica dell’Unione.
101. Così, in considerazione del collegamento operato dal Trattato di Lisbona, quantomeno per le elezioni del Parlamento europeo, tra i diritti di voto e di eleggibilità connessi alla cittadinanza dell’Unione e i principi democratici in seno a quest’ultima, trova chiara espressione l’obiettivo di garantire una effettiva rappresentatività dei cittadini «mobili» dell’Unione.
102. La Commissione sostiene, correttamente, che detta rappresentatività è il corollario dell’integrazione dei cittadini «mobili» dell’Unione nel loro Stato di residenza, come sottolineato nei considerando delle direttive 93/109 e 94/80 (53). Più in particolare a livello locale, i diritti politici riconosciuti a detti cittadini sono finalizzati ad incoraggiare l’integrazione sociale dei cittadini che hanno scelto di risiedere in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza. In questa prospettiva, va altresì sottolineato l’obiettivo ricordato nei succitati considerando, vale a dire quello di «evitare ogni polarizzazione tra le liste dei candidati nazionali e stranieri».
103. Pertanto, a mio avviso, la Commissione può, a buon diritto, sostenere, sulla base dell’articolo 22 TFUE, considerato nel contesto dei diritti collegati alla cittadinanza dell’Unione e dei principi democratici enunciati nei Trattati, che la garanzia di uguaglianza dei diritti elettorali dei cittadini dell’Unione deve tradursi, senza che sia necessario redigere un elenco di criteri indicativi, o addirittura esaustivi, nell’obbligo generale di non disincentivare la partecipazione alle elezioni attraverso diversi fattori (54).
104. In altre parole, l’articolo 22 TFUE deve essere inteso nel senso che ogni ostacolo, basato sulla nazionalità, all’esercizio dei diritti elettorali al di fuori dei contesti definiti dalle direttive 93/109 e 94/80, integra una discriminazione nell’ambito di applicazione dei Trattati (55), vietata in quanto tale (56).
105. In tale contesto, occorre ora esaminare l’analisi della Commissione secondo cui l’impossibilità di aderire a un partito politico può ostacolare l’esercizio dei diritti di cui trattasi.
106. Nel caso di specie, le parti concordano sul fatto che le possibilità di accedere a funzioni elettive a livello locale o europeo dipendono dal livello di partecipazione alla vita democratica dello Stato membro in cui i cittadini «mobili» dell’Unione sono candidati, che ciò avvenga in seno a un partito o in maniera indipendente.
107. Tuttavia, in linea con la Commissione, che si fonda al riguardo sugli orientamenti della Commissione di Venezia (57), non contestati dalla Repubblica di Polonia, ritengo che l’accesso alle risorse di cui dispongono i partiti politici costituisca un elemento essenziale per favorire le candidature alle elezioni (58) comunali o alle elezioni del Parlamento europeo.
108. Inoltre, come sostenuto dalla Commissione sulla base della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, il ruolo dei partiti politici è essenziale nell’esercizio dei diritti politici negli Stati membri (59). A livello di Unione, questo ruolo è chiaramente riconosciuto all’articolo 10, paragrafo 4, TUE (60), cui corrisponde l’articolo 12, paragrafo 2, della Carta (61).
109. Esiste, infatti, un evidente collegamento tra tale articolo della Carta e i suoi articoli 39 e 40 (62). Date le circostanze e per i motivi già illustrati (63), nonché nel rigoroso rispetto del principio di attribuzione come enunciato all’articolo 5, paragrafo 2, TUE, ciascuno Stato membro deve tener conto di dette disposizioni al fine di garantire l’esercizio dei diritti conferiti dall’articolo 22 TFUE.
110. Condivido, pertanto, il parere della Commissione secondo cui il ricorso fondato sull’articolo 22 TFUE deve essere valutato alla luce del diritto alla libertà di associazione sancito all’articolo 12, paragrafo 1, della Carta, in combinato disposto con l’articolo 11 (64) in materia di libertà di espressione. Dette libertà godono di una protezione particolarmente forte in ragione del loro ruolo essenziale nella partecipazione dei cittadini alla democrazia (65). All’articolo 12, paragrafo 2, della Carta figura un’espressione di questo legame con riferimento ai partiti politici europei.
111. Questo diritto alla libertà di associazione corrisponde a quello garantito all’articolo 11, paragrafo 1, della CEDU e devono, pertanto, essergli accordati lo stesso significato e la stessa portata di quest’ultimo, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta (66).
112. Dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo emerge che il diritto alla libertà di associazione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica e pluralista, in quanto consente ai cittadini di agire collettivamente in settori di reciproco interesse e di contribuire, in tal modo, al buon funzionamento della vita pubblica (67).
113. Pertanto, è anche alla luce di queste disposizioni del Trattato UE e della Carta che occorre esaminare se, come sostiene la Commissione, l’impossibilità giuridica per i cittadini «mobili» dell’Unione di aderire a un partito politico in Polonia comprometta l’uguaglianza, rispetto ai cittadini polacchi, delle condizioni della loro eleggibilità alle elezioni comunali e alle elezioni del Parlamento europeo, in particolare, poiché riduce significativamente le loro possibilità di essere eletti.
b) Sull’esistenza di una restrizione all’esercizio dei diritti elettorali
114. A parere della Repubblica di Polonia, sostenuta dalla Repubblica ceca, la Commissione non fornirebbe alcuna prova degli effetti pratici delle controverse disposizioni di legge sull’eleggibilità dei cittadini «mobili» dell’Unione.
115. Orbene, la Corte ha dichiarato che l’esistenza di un inadempimento può essere dimostrata, nel caso in cui esso tragga origine dall’adozione di una misura legislativa o regolamentare la cui esistenza e applicazione non siano contestate, mediante un’analisi giuridica delle disposizioni della stessa misura (68).
116. Nel caso di specie, l’inadempimento che la Commissione imputa alla Repubblica di Polonia trae origine dall’adozione di una misura legislativa di cui lo Stato membro in questione non contesta né l’esistenza, né l’applicazione e le cui disposizioni sono oggetto di un’analisi giuridica nell’atto introduttivo del giudizio.
117. Inoltre, si tratta di valutare in che misura detta normativa abbia effetti dissuasivi su eventuali candidature alle elezioni, aspetto questo che non è quantificabile.
118. Pertanto, la Repubblica di Polonia non può legittimamente contestare alla Commissione di non fornire prove degli effetti pratici, sui diritti elettorali dei cittadini «mobili» dell’Unione, della legge che riserva l’adesione a un partito politico ai cittadini polacchi.
119. Per quanto attiene alla legge polacca in parola, che riserva il diritto di aderire a un partito politico ai cittadini polacchi, la disparità di trattamento sotto il profilo dei diritti elettorali risulta, a mio avviso, dalla semplice constatazione che tali cittadini godono liberamente di due alternative per essere candidati alle elezioni comunali o alle elezioni del Parlamento europeo, vale a dire in veste di membri di un partito politico o come indipendenti, mentre i cittadini «mobili» dell’Unione hanno a propria disposizione unicamente quest’ultimo strumento. Orbene, come indicato in precedenza, l’accesso ai partiti politici consente di esercitare i diritti elettorali in maniera più efficace nell’ottica della partecipazione alla vita democratica.
120. Nessuno dei rimedi illustrati dalla Repubblica di Polonia può inficiare questa valutazione. Infatti, in particolare, la possibilità per i cittadini «mobili» dell’Unione di essere ammessi quali candidati nella lista di un partito politico non compensa tale limitazione della loro capacità di azione, poiché, come illustrato dalla Commissione, tale possibilità dipende da criteri specifici che devono essere soddisfatti. Inoltre, la portata del ruolo delle organizzazioni a servizio delle persone che non sono tesserate in un partito politico, dedotto dalla Repubblica di Polonia, non è comparabile con quella di un partito politico.
121. Inoltre, la Commissione dimostra la sussistenza di una situazione di disparità sotto il profilo del finanziamento dei comitati elettorali, che risulta direttamente dalle disposizioni di legge e che è stata qualificata come «ostacolo manifesto» dagli autori della relazione da essa citata (69).
122. Propongo, quindi, alla Corte di considerare che la Commissione ha adeguatamente dimostrato l’esistenza di una limitazione dell’esercizio dei diritti elettorali a danno dei cittadini «mobili» dell’Unione che si trovano nella stessa situazione dei cittadini nazionali.
123. Ne consegue che la Repubblica di Polonia, adottando la disposizione nazionale di cui trattasi nell’esercizio della sua competenza, non ha rispettato i requisiti derivanti dal diritto dell’Unione, vale a dire, quelli di cui all’articolo 22 TFUE, che deve essere letto in combinato disposto con gli articoli 12, 39 e 40 della Carta.
c) Sulla giustificazione della limitazione dell’adesione a un partito politico
124. La Repubblica di Polonia giustifica la differenza di trattamento dei cittadini «mobili» dell’Unione, risultante dalla sua scelta di riservare ai propri cittadini l’adesione a un partito politico, con ragioni legate al Trattato, in particolare, connesse al rispetto dell’identità nazionale.
125. Detto Stato membro invoca l’articolo 4, paragrafo 2, TUE e sostiene, sostanzialmente, che il diritto dell’Unione, come interpretato dalla Commissione, farebbe sì che i cittadini «mobili» dell’Unione partecipino alla vita pubblica a un livello diverso da quello ammesso dagli Stati membri e, specialmente, consentirebbe loro di influire sulle decisioni nazionali avvalendosi dello strumento dei partiti politici.
126. Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE, l’Unione rispetta l’identità nazionale dei suoi Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale.
127. Orbene, è vero che l’organizzazione della vita politica nazionale, cui contribuiscono i partiti politici, fa parte dell’identità nazionale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE. A tal proposito, il rispetto di detta identità si traduce nella limitazione della partecipazione dei cittadini «mobili» dell’Unione alle sole elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali, senza che vi sia l’obiettivo di armonizzare i regimi elettorali degli Stati membri (70). Il legislatore dell’Unione ha così preso in considerazione l’impatto dell’accesso agevolato a queste elezioni sull’equilibrio della vita politica dello Stato membro di residenza prevedendo che taluni adattamenti, circoscritti (71) e transitori, possano essere adottati dagli Stati membri a favore dei propri cittadini.
128. Per quanto concerne la questione dell’impatto a livello nazionale dell’adesione di cittadini «mobili» dell’Unione a partiti politici in ragione dei suoi potenziali effetti in seno a detti partiti, osservo che, secondo tutte le parti, essa è rimessa a questi ultimi. Infatti, essi possono definire liberamente la propria organizzazione e le modalità di scelta dei propri candidati (72). Osservo che la Repubblica di Polonia si limita a sostenere, senza dimostrarla, l’impossibilità di circoscrivere il campo di azione degli aderenti, cittadini «mobili» dell’Unione, a talune elezioni.
129. Condivido, pertanto, la posizione della Commissione secondo cui la previsione che i cittadini «mobili» dell’Unione possano aderire a un partito politico nell’ottica di garantire l’effettività dei diritti di questi ultimi alle elezioni comunali e alle elezioni del Parlamento europeo non può ledere l’identità nazionale della Repubblica di Polonia.
130. Inoltre, anche ammettendo che una siffatta lesione si verifichi, l’articolo 4, paragrafo 2, TUE deve essere interpretato tenendo conto delle disposizioni del suo stesso rango (73).
131. Pertanto, l’articolo 4, paragrafo 2, TUE non può dispensare gli Stati membri dal rispettare i diritti fondamentali riaffermati dalla Carta (74), tra i quali figurano il principio della democrazia e il principio di uguaglianza, il quale trova espressione nell’articolo 22 TFUE (75) ed è riconosciuto dalla cittadinanza dell’Unione, ai fini dell’esercizio del diritto di eleggibilità alle elezioni comunali e del Parlamento europeo. Questi principi sono parte dei valori fondanti dell’Unione (76).
132. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di dichiarare che il ricorso della Commissione è fondato.
VI. Sulle spese
133. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Corte dovrebbe, a mio avviso, accogliere la domanda della Commissione, la Repubblica di Polonia dev’essere condannata alle spese.
134. Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Repubblica ceca sopporterà le proprie spese.
VII. Conclusione
135. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire nei seguenti termini:
1) negando ai cittadini dell’Unione europea che non hanno la cittadinanza polacca, ma risiedono nella Repubblica di Polonia, il diritto di diventare membri di un partito politico, la Repubblica di Polonia è venuta meno ai propri obblighi derivanti dell’articolo 22 TFUE.
2) La Repubblica di Polonia è condannata alle spese.
3) La Repubblica ceca sopporterà le proprie spese.