Language of document : ECLI:EU:T:2022:513

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

7 settembre 2022 (*)

«Funzione pubblica – Assunzione – Bando di concorso generale EPSO/AD/378/20 (AD 7) – Giuristi linguisti di lingua croata presso la Corte di giustizia dell’Unione europea – Decisione della commissione giudicatrice di non ammettere il ricorrente alla fase successiva del concorso – Requisiti di ammissione – Requisito di un livello di studi corrispondente a una formazione universitaria completa certificata da un diploma in diritto croato – Possesso di un diploma francese in diritto – Libera circolazione dei lavoratori – Ricorso di annullamento»

Nella causa T‑713/20,

OQ, rappresentato da R. Štaba, avvocata,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da D. Milanowska, R. Mrljić e L. Vernier, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da S. Gervasoni, presidente, L. Madise (relatore) e J. Martín y Pérez de Nanclares, giudici,

cancelliere: E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento,

visto che le parti non hanno presentato, nel termine di tre settimane dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire omettendo la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 270 TFUE, OQ, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della commissione giudicatrice di concorso (in prosieguo: la «commissione giudicatrice») del 3 settembre 2020 di non ammetterlo alla fase successiva del concorso generale EPSO/AD/378/20 per costituire un elenco di riserva di giuristi linguisti di lingua croata presso la Corte di giustizia dell’Unione europea. Il ricorrente chiede altresì l’annullamento del rigetto della sua domanda di riesame di tale decisione, adottato con decisione della commissione giudicatrice del 12 ottobre 2020.

 Fatti all’origine della controversia

2        Il ricorrente, cittadino croato, ha compiuto i suoi studi superiori di diritto in Italia e in Francia. Nel 2012, ha ottenuto in quest’ultimo Stato un master in «giurisprudenza, economia, gestione a finalità professionale, con menzione in diritto privato, specializzazione giurista-linguista» dell’Università di Poitiers, che è stato riconosciuto in Croazia nell’ambito di un «riconoscimento professionale» ai fini dell’esercizio di un’attività lavorativa. Il ricorrente ha svolto per poco più di tre anni, dalla fine del 2013 all’inizio del 2017, funzioni di traduttore presso il Parlamento europeo nell’unità di lingua croata e, a partire dall’autunno 2018, è stato praticante avvocato in Croazia, qualità che aveva quando ha presentato, nell’aprile 2020, la sua candidatura al concorso generale menzionato al precedente punto 1. Egli ha menzionato questi diversi elementi nel suo atto di candidatura a tale concorso.

3        Il bando relativo al concorso al quale si è presentato il ricorrente (GU 2020, C 72 A, pag. 1; in prosieguo: il «bando di concorso») indicava in particolare, per quanto riguarda le condizioni specifiche di assunzione, che non era richiesta alcuna esperienza professionale e, quanto alle «qualifiche richieste», che si riferivano sia alle conoscenze linguistiche sia al possesso di titoli e diplomi, che, per quest’ultimo aspetto, era richiesto «un livello di studi corrispondente a una formazione universitaria completa certificata da uno dei seguenti diplomi in diritto croato: Diploma iz hrvatskog prava stečena na sveučilišnom studiju (magistar/magistra prava ili diplomirani pravnik/diplomirana pravnica)». Si precisava che, per accertare che il candidato disponesse di un livello di studi corrispondente ad una formazione universitaria completa, la commissione giudicatrice avrebbe tenuto conto delle norme vigenti al momento del conseguimento del diploma.

4        Nella sua decisione del 3 settembre 2020, la commissione giudicatrice comunicava al ricorrente quanto segue:

«Sulla base dei dati forniti nel suo atto di candidatura, lei non è in possesso dei requisiti di ammissione relativi ai titoli: non dispone di un livello di studi corrispondente a una formazione universitaria completa attestata da uno dei diplomi in diritto croato [richiesti]».

5        Nella sua domanda di riesame, il ricorrente ha fatto valere che il suo diploma di master francese era stato riconosciuto in Croazia equipollente ad un master 2 croato con un’ordinanza dell’autorità competente, da lui allegata. La portata di una simile ordinanza nell’ordinamento giuridico croato sarebbe stata precisata in alcune decisioni dell’Ustavni sud (Corte costituzionale, Croazia) e del Vrhovni sud (Corte suprema, Croazia), anch’esse allegate dal ricorrente. Riferendosi alla sentenza del 13 ottobre 2017, Brouillard/Commissione (T‑572/16, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza Brouillard III», EU:T:2017:720), il ricorrente ha sostenuto che la commissione giudicatrice aveva l’obbligo di tenere conto degli effetti giuridici dell’ordinanza summenzionata, ossia che, secondo il diritto croato, il suo diploma di master francese aveva gli stessi effetti di un diploma di master 2 ottenuto in Croazia.

6        Nella sua decisione del 12 ottobre 2020, la commissione giudicatrice ha respinto la domanda di riesame sostenendo di essere vincolata dal bando di concorso, il quale stabiliva le competenze richieste per i posti da coprire, e che tutte le candidature erano state esaminate allo stesso modo in base a tale bando. Essa ha sottolineato che i giuristi linguisti della Corte di giustizia dell’Unione europea devono essere in grado di tradurre nella «lingua del concorso» testi giuridici o legislativi spesso complessi a partire da almeno altre due lingue, il che avrebbe richiesto nella fattispecie una conoscenza approfondita del sistema giuridico croato nonché della terminologia giuridica croata, cosa che, di nuovo, avrebbe potuto essere garantita solo dal possesso di un diploma universitario di diritto croato. A tale riguardo, la commissione giudicatrice ha sottolineato che gli studi del ricorrente non avevano avuto ad oggetto il diritto croato. Nemmeno il riconoscimento del suo diploma francese ai fini dell’esercizio di un’attività lavorativa in Croazia avrebbe attestato conoscenze del sistema giuridico croato e della terminologia giuridica croata.

 Conclusioni delle parti

7        Il ricorrente chiede l’annullamento delle decisioni della commissione giudicatrice del 3 settembre e del 12 ottobre 2020 nonché la condanna della Commissione europea alle spese.

8        La Commissione chiede il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese.

 In diritto

9        In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 4 della decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore, del 25 luglio 2002, che istituisce l’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee (GU 2002, L 197, pag. 53), dispone quanto segue:

«In applicazione dell’articolo 91 bis dello statuto, le domande e i reclami relativi all’esercizio dei poteri conferiti all’Ufficio in virtù dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della presente decisione sono presentati all’Ufficio. I ricorsi in questi settori vengono diretti contro la Commissione».

10      Questo è il motivo per cui la convenuta nella presente causa è la Commissione, sebbene sia in causa una decisione di una commissione giudicatrice di un concorso organizzato dall’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) per conto della Corte di giustizia dell’Unione europea. In risposta a un quesito del Tribunale, il ricorrente ha infatti precisato che intendeva effettivamente indicare la Commissione quale parte convenuta nonostante inizialmente avesse menzionato nel ricorso l’EPSO (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2013, Italia/Commissione, T‑248/10, non pubblicata, EU:T:2013:534, punti 25 e 26 e giurisprudenza ivi citata).

11      Si deve altresì ricordare che, qualora un candidato ad un concorso chieda, conformemente a una norma stabilita dal bando di concorso, il riesame di una decisione adottata da una commissione giudicatrice, come avviene nel caso di specie, la decisione presa da quest’ultima previo riesame della situazione del candidato si sostituisce alla decisione iniziale della commissione giudicatrice e costituisce quindi l’atto che arreca pregiudizio (sentenze del 16 dicembre 1987, Beiten/Commissione, 206/85, EU:C:1987:559, punto 8; dell’11 febbraio 1992, Panagiotopoulou/Parlamento, T‑16/90, EU:T:1992:11, punto 20, e del 5 settembre 2018, Villeneuve/Commissione, T‑671/16, EU:T:2018:519, punto 24).

12      Di conseguenza, nella presente causa, la domanda di annullamento deve essere considerata come diretta contro la sola decisione che arreca pregiudizio, ossia la decisione della commissione giudicatrice del 12 ottobre 2020 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), adottata in risposta alla domanda di riesame della sua decisione del 3 settembre 2020, che essa sostituisce.

13      Il ricorrente fa valere come motivi di annullamento un eccesso di potere della commissione giudicatrice, che non avrebbe tenuto conto del riconoscimento in Croazia del suo diploma francese, e un errore manifesto di valutazione della commissione giudicatrice, in particolare in quanto non avrebbe tenuto conto della sua esperienza professionale.

14      Con il suo primo motivo di ricorso, il ricorrente sostiene che la commissione giudicatrice ha sconfinato nelle competenze delle autorità croate che avrebbero riconosciuto il suo diploma francese come equipollente ad un diploma croato nell’ambito di un riconoscimento professionale di diplomi stranieri di studi superiori ai fini dell’esercizio di un’attività lavorativa in Croazia. Tale procedura di riconoscimento prenderebbe in considerazione soltanto il livello delle conoscenze, delle capacità e delle competenze acquisite, senza confrontare i programmi d’insegnamento e, pertanto, secondo il ricorrente, la commissione giudicatrice non poteva fondarsi sulla mancanza, in tale procedura, di un confronto tra i programmi che conducono rispettivamente al diploma francese del ricorrente e ai diplomi croati richiesti nel bando di concorso né sulla mancata verifica, da parte delle autorità croate, delle conoscenze del ricorrente in diritto croato per escludere la sua candidatura. Il diploma francese del ricorrente gli avrebbe consentito di accedere alla professione di avvocato in Croazia, e di esercitarla come praticante avvocato presso l’ordine di Zagabria (Croazia) successivamente in due studi legali, anche se una delle condizioni di principio per accedervi sarebbe quella di possedere una formazione universitaria completa in diritto conseguita in una facoltà di giurisprudenza in Croazia. Ciò dimostrerebbe che, a norma del diritto croato, il diploma di diritto del ricorrente è stato interamente equiparato ad un diploma di diritto di livello equivalente rilasciato in Croazia. Il ricorrente sostiene che tali elementi, compresa la sua esperienza professionale che egli ha menzionato nel proprio formulario di candidatura, dimostravano che egli possiede un livello del tutto equivalente, tanto sul piano sostanziale che formale, a quello attestato dai diplomi richiesti dal bando di concorso. Pertanto, la decisione della commissione giudicatrice comporterebbe una violazione dei suoi diritti fondamentali di cittadino dell’Unione europea quali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto di lavorare e il diritto all’uguaglianza, nonché il divieto di discriminazione.

15      Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente sostiene che, non tenendo conto di tali elementi, la commissione giudicatrice è incorsa in errore manifesto di valutazione dei fatti, in particolare sul livello delle sue conoscenze di diritto croato. Commettendo tale errore, la commissione giudicatrice avrebbe trascurato i contributi della sua esperienza, sia in materia di pratica del diritto croato che di traduzione. Il ricorrente afferma peraltro di aver superato, qualche mese dopo il deposito della sua candidatura, l’«esame di avvocatura» al quale i praticanti avvocati possono iscriversi dopo 18 mesi di esercizio in Croazia, che consente loro di svolgere, in tale Stato, tutte le funzioni di un avvocato. Ciò dimostrerebbe a posteriori che egli possedeva effettivamente le conoscenze del sistema giuridico croato e della terminologia giuridica croata richieste nel bando di concorso. Egli critica a tal riguardo, in sostanza, l’incoerenza tra il rigetto della sua candidatura e l’accettazione di candidature di persone che hanno maturato soltanto conoscenze teoriche di diritto croato.

16      Nella replica, il ricorrente risponde alla Commissione senza ricollegare la sua argomentazione all’uno o all’altro dei suoi motivi di annullamento dal momento che, nel controricorso, la stessa Commissione ha risposto a tali motivi in modo raggruppato, in quanto essi erano in gran parte sovrapposti. Il ricorrente deduce una violazione da parte della commissione giudicatrice dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera c), e dell’articolo 27 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), relativi, rispettivamente, ai livelli minimi di formazione dei funzionari e ai principi che devono guidare le loro assunzioni. Egli sostiene, più in generale, che le condizioni di partecipazione a un concorso non possono essere contrarie alla normativa dell’Unione e che la commissione giudicatrice non può disporre di un potere discrezionale illimitato per stabilire se le qualifiche e l’esperienza professionale dei candidati corrispondano al livello richiesto nel bando di concorso. Egli osserva che la gerarchia delle norme che la commissione giudicatrice deve applicare è la seguente: i Trattati istitutivi, lo Statuto e il bando di concorso. A tale riguardo, egli sostiene che la commissione giudicatrice ha violato l’articolo 45 TFUE, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, che sarebbe applicabile alle assunzioni sia presso le istituzioni dell’Unione sia negli Stati membri. Su tale base, il ricorrente ritiene che la commissione giudicatrice avrebbe dovuto applicare i principi elaborati nella sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14; in prosieguo: la «sentenza Brouillard I», EU:C:2015:652), ossia prendere in considerazione tutti i suoi diplomi, certificati e altri titoli nonché la sua esperienza professionale pertinente, confrontando le qualifiche attestate da questi ultimi con quelle richieste nel bando di concorso.

17      Nel merito, la Commissione risponde, in aggiunta a quanto indicato dalla commissione giudicatrice nella sua decisione del 3 settembre 2020 e nella decisione impugnata, che, in considerazione delle esigenze delle funzioni di giurista linguista di lingua croata presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, il bando di concorso indicava chiaramente e precisamente i requisiti in materia di titoli e di diplomi per presentarsi al concorso: un livello di studio universitario, un contenuto degli studi, ossia il diritto croato, i diplomi, ossia uno dei diplomi croati di diritto indicati. Nella controreplica, la Commissione precisa che il bando di concorso non richiedeva che tutti gli studi fossero stati compiuti in Croazia. Il ricorrente non avrebbe soddisfatto il secondo e il terzo requisito summenzionati. Orbene, come dichiarato ripetutamente, la commissione giudicatrice di un concorso sarebbe tenuta a conformarsi al testo del bando di concorso. Il riconoscimento del diploma di master francese del ricorrente in Croazia, ai fini dell’esercizio di un’attività lavorativa in Croazia, anche per accedere, in tale Stato, alla professione forense come praticante avvocato, non ne farebbe uno dei diplomi di diritto croato richiesti per presentarsi al concorso al quale si è presentato il ricorrente per esercitare le funzioni di giurista linguista di cui trattasi, e non per esercitare funzioni in Croazia. La commissione giudicatrice non avrebbe, a tal proposito, sconfinato nelle competenze delle autorità croate. Quanto all’esperienza professionale del ricorrente, essa non sarebbe pertinente in quanto il bando di concorso indicava che non era richiesta alcuna esperienza professionale. Se ne avesse tenuto conto, la commissione giudicatrice non avrebbe rispettato il bando di concorso.

18      Inoltre, nella controreplica, la Commissione eccepisce l’irricevibilità dell’invocazione da parte del ricorrente, in sede di replica, dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera c), e dell’articolo 27 dello Statuto nonché dell’articolo 45 TFUE. A suo avviso, il ricorrente avrebbe dedotto motivi nuovi in corso di causa in violazione delle disposizioni dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

19      Qui di seguito, il Tribunale esaminerà congiuntamente le due censure presentate come motivi di annullamento nel ricorso. Come rilevato dalla Commissione, esse si sovrappongono in larga misura. Inoltre, sotto i titoli «eccesso di potere» ed «errore manifesto di valutazione», esse comprendono in realtà diversi motivi e argomenti che il Tribunale esaminerà per quanto necessario.

20      Come sottolineato dalla Commissione, la commissione giudicatrice di un concorso è vincolata dai termini del bando di concorso. L’articolo 5, primo comma, dell’allegato III dello Statuto, relativo alla procedura di concorso, dispone che «[d]opo aver preso conoscenza dei fascicoli [di candidatura], la commissione giudicatrice stabilisce l’elenco dei candidati che soddisfano alle condizioni fissate dal bando di concorso». Tale disposizione mira, in particolare, a rispettare la funzione essenziale che il bando di concorso ha secondo lo Statuto, che consiste precisamente nell’informare gli interessati, nel modo più esatto possibile, circa la natura dei requisiti necessari per occupare il posto di cui trattasi, al fine di metterli in grado di valutare, in primo luogo, l’opportunità di presentare la propria candidatura e, in secondo luogo, quali documenti giustificativi siano importanti per i lavori della commissione giudicatrice e, di conseguenza, debbano essere allegati agli atti di candidatura (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 1979, Anselme e Constant/Commissione, 255/78, EU:C:1979:175, punto 9, e del 28 novembre 1991, Van Hecken/CES, T‑158/89, EU:T:1991:63, punto 23). Pertanto, la commissione giudicatrice non può né aggiungere altri criteri di selezione rispetto a quelli indicati nel bando di concorso, come statuito nelle cause che hanno dato luogo alle due sentenze di cui al presente punto, né, al contrario, eliminarne alcuni (v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2018, UR/Commissione, T‑761/17, non pubblicata, EU:T:2018:968, punto 67).

21      Nel caso di specie, come illustrato al precedente punto 3, il bando di concorso indicava che, in materia di titoli e di diplomi era richiesto «un livello di studi corrispondente a una formazione universitaria completa certificata da uno dei seguenti diplomi in diritto croato: Diploma iz hrvatskog prava stečena na sveučilišnom studiju (magistar/magistra prava ili diplomirani pravnik/diplomirana pravnica)». Tale disposizione, che riguarda espressamente diplomi croati in diritto, non poteva essere interpretata dalla commissione giudicatrice nel senso di consentirle, nel rispetto del bando di concorso, di ammettere equipollenze al possesso di tali diplomi. Del resto, ciò è quanto ha ritenuto la commissione giudicatrice indicando quanto segue nella sua decisione del 3 settembre 2020:

«Sulla base dei dati forniti nel suo atto di candidatura, lei non è in possesso dei requisiti di ammissione relativi ai titoli: non dispone di un livello di studi corrispondente a una formazione universitaria completa certificata da uno dei diplomi in diritto croato [richiesti]».

22      Si deve pertanto ritenere che il ricorrente contesti alla commissione giudicatrice di essersi conformata ad un bando di concorso illegittimo. In altri termini, occorre ritenere che il ricorrente sollevi, in particolare attraverso i motivi e gli argomenti esposti ai precedenti punti da 14 a 16, un’eccezione di illegittimità, ai sensi dell’articolo 277 TFUE, nei confronti della disposizione del bando di concorso relativa ai titoli e ai diplomi richiesti, in particolare per violazione dell’articolo 45 TFUE.

23      A tale riguardo, nel diritto dell’Unione non sussiste la necessità di sollevare formalmente un’eccezione di illegittimità. Infatti, un’eccezione di illegittimità può essere sollevata implicitamente, qualora risulti relativamente chiaro dall’atto introduttivo che il ricorrente formula di fatto una tale censura (v. sentenza del 27 novembre 2018, Mouvement pour une Europe des nations et des libertés/Parlamento, T‑829/16, EU:T:2018:840, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

24      Peraltro, contrariamente a quanto sostiene la Commissione nella controreplica, l’invocazione, da parte del ricorrente, dell’articolo 45 TFUE in fase di replica, in particolare in relazione all’interpretazione che ne è stata data nella sentenza Brouillard I, non è tardiva nel presente procedimento e, pertanto, non è irricevibile ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura che vieta la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Infatti, come risulta dal precedente punto 16, l’invocazione dell’articolo 45 TFUE nella replica costituisce soltanto un’estensione dei motivi di ricorso dedotti esplicitamente nel ricorso poiché in sostanza il ricorrente ha essenzialmente denunciato in quest’ultimo l’omessa presa in considerazione del valore del suo diploma francese in Croazia e della sua esperienza professionale, in parte maturata al di fuori della Croazia, i quali sono elementi che potrebbero essere direttamente pertinenti nell’ambito della valutazione di un atto in relazione ai requisiti derivanti da tale disposizione così come interpretati nella sentenza Brouillard I (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 19 maggio 1983, Verros/Parlamento, 306/81, EU:C:1983:143, punti 9 e 10, e del 26 febbario 2016, Bodson e a./BEI, T‑240/14 P, EU:T:2016:104, punto 30). Per quanto riguarda più in particolare il richiamo alla sentenza Brouillard I, occorre precisare che nulla vieta a un ricorrente di presentare ulteriori precedenti giurisprudenziali nel corso del procedimento, qualora essi depongano a sostegno di un motivo di per sé ricevibile.

25      Per contro, giustamente la Commissione eccepisce l’irricevibilità dei motivi dedotti nella replica relativi alla violazione dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera c), e dell’articolo 27 dello Statuto. Infatti, l’argomentazione del ricorso non si ricollega in modo sufficientemente diretto ed evidente ad una dimostrazione idonea a comprovare che tali disposizioni sono state violate e, nel corso del procedimento, non è emerso nessun nuovo elemento che giustifichi la deduzione di tali nuovi motivi in fase di replica.

26      Una volta precisati tali elementi, occorre esaminare in primo luogo il motivo di ricorso secondo cui il bando di concorso avrebbe indotto la commissione giudicatrice a sconfinare nelle competenze delle autorità croate che avrebbero riconosciuto il diploma francese del ricorrente come equipollente ad un diploma croato nell’ambito di un riconoscimento professionale di diplomi di studi superiori stranieri ai fini dell’esercizio di un’attività lavorativa in Croazia.

27      Tale motivo di ricorso dev’essere respinto. Il bando di concorso non ha indotto la commissione giudicatrice a contestare che il diploma francese del ricorrente fosse riconosciuto, ai sensi di una decisione dell’autorità competente croata, equipollente ad un diploma croato nell’ambito del riconoscimento professionale di diplomi di studi superiori stranieri ai fini dell’esercizio di un’attività lavorativa in Croazia. Tuttavia, tale riconoscimento nazionale a tali fini non implicava che il suddetto diploma francese dovesse essere riconosciuto automaticamente, ai fini di un concorso di assunzione in un’istituzione dell’Unione, come equipollente ai diplomi croati richiesti nel bando di concorso. Le autorità croate non sono infatti competenti a determinare le condizioni di assunzione in una siffatta istituzione. Pertanto, nel caso di specie, il bando di concorso non può aver indotto la commissione giudicatrice a sconfinare nelle competenze delle autorità croate. Tuttavia, occorre precisare innanzitutto che tale constatazione non significa che un siffatto riconoscimento nazionale non debba in alcun modo essere preso in considerazione da un’istituzione dell’Unione che organizza un concorso di assunzione nell’ambito dell’esame delle candidature che lo richiedano.

28      Occorre poi esaminare il motivo di ricorso secondo il quale il bando di concorso pubblicato, nel caso di specie, per conto della Corte di giustizia dell’Unione europea sarebbe, tenuto conto della situazione del ricorrente come presentata nella sua candidatura, contrario all’articolo 45 TFUE.

29      L’articolo 45 TFUE dispone, in particolare, che la libera circolazione dei lavoratori è assicurata all’interno dell’Unione e che essa comporta il diritto, fatte salve limitazioni e condizioni non pertinenti nel caso di specie, di rispondere a offerte di lavoro effettive, di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri e di soggiornarvi al fine di svolgervi un’attività di lavoro.

30      Nel caso in cui un lavoratore abbia esercitato la sua libertà di circolazione tra Stati membri, egli può, se le condizioni di applicazione di tale disposizione sono soddisfatte, richiamarsi all’articolo 45 TFUE dinanzi a un’istituzione dell’Unione così come dinanzi alle autorità degli Stati membri (v., in tal senso, congiuntamente, sentenze del 15 marzo 1989, Echternach e Moritz, 389/87 e 390/87, EU:C:1989:130, punto 11; del 6 ottobre 2016, Adrien e a., C‑466/15, EU:C:2016:749, punto 25, e del 14 settembre 2015, Brouillard/Corte di giustizia, T‑420/13, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza Brouillard II», EU:T:2015:633, punto 93).

31      Nel caso di specie, avendo effettuato i suoi studi universitari in Stati membri diversi da quello di cui è cittadino, ossia la Croazia, il ricorrente può avvalersi utilmente dell’articolo 45 TFUE nell’iter di accesso a un’attività lavorativa presso un’istituzione dell’Unione allorché tale istituzione non pone a tal fine sullo stesso piano il diploma di diritto che il ricorrente ha ottenuto in Francia e i diplomi di diritto di livello equivalente rilasciati in Croazia richiesti nel bando di concorso. Infatti, la libera circolazione dei cittadini degli Stati membri prevista dal TFUE non sarebbe pienamente realizzata se il beneficio di tale disposizione fosse negato a quei cittadini che si sono valsi delle possibilità offerte dal diritto dell’Unione e che hanno acquisito, grazie a queste possibilità, qualifiche professionali o universitarie in Stati membri diversi da quello di cui sono cittadini (v., in tal senso, sentenze del 31 marzo 1993, Kraus, C‑19/92, EU:C:1993:125, punti 16 e 17, e Brouillard I, punti da 27 a 29).

32      Inoltre, si deve rilevare che il bando di concorso che indica che, in materia di titoli e di diplomi, era richiesto «un livello di studi corrispondente a una formazione universitaria completa certificata da uno dei diplomi [in diritto croato elencati]» è redatto su tale aspetto come il bando di concorso di cui trattasi nella causa che ha dato luogo alla sentenza Brouillard III. Orbene, in tale sentenza è stato dichiarato che, se è vero che tale formulazione richiedeva il possesso di uno dei diplomi di diritto menzionati, essa non richiedeva il completamento di un determinato percorso o l’apprendimento di determinate discipline durante il corso di laurea che ha condotto all’ottenimento di uno di tali diplomi (sentenza Brouillard III, punti 49 e 50). Il Tribunale non ha motivo di discostarsi da tale interpretazione nel caso di specie, che la Commissione conferma, come esposto al precedente punto 17. I candidati che hanno effettuato una parte dei loro studi al di fuori della Croazia non erano quindi per ciò soltanto esclusi dal concorso di cui trattasi nella presente causa.

33      Si deve inoltre constatare che l’articolo 45 TFUE, in mancanza di misure di armonizzazione adottate a tal fine sulla base dell’articolo 46 TFUE, non obbliga un ente, quando esso assume un lavoratore richiedendo che i candidati posseggano determinati diplomi, ad accettare automaticamente come equipollenti a questi ultimi altri diplomi, rilasciati in altri Stati membri, anche se tali diplomi attestano lo stesso livello di studi nello stesso settore.

34      Infatti, in assenza di tale armonizzazione, un siffatto ente può definire le conoscenze e le qualifiche specifiche necessarie all’esercizio dell’attività lavorativa in questione e richiedere la presentazione di un diploma che attesti il possesso di queste conoscenze e di queste qualifiche (v., in tal senso, sentenze del 7 maggio 1991, Vlassopoulou, C‑340/89, EU:C:1991:193, punto 9, e Brouillard I, punti da 48 a 50). In particolare, un’istituzione dell’Unione dispone, a condizione che siano soddisfatti i requisiti minimi definiti nello Statuto, di un ampio potere discrezionale nel determinare i criteri di idoneità richiesti per i posti da coprire (sentenze del 16 ottobre 1975, Deboeck/Commissione, 90/74, EU:C:1975:128, punto 29, e del 27 settembre 2006, Blackler/Parlamento, T‑420/04, EU:T:2006:282, punto 45). Peraltro, nel caso di specie, il ricorrente non contesta la necessità che i candidati al concorso al quale si è presentato, inteso all’assunzione di giuristi linguisti di lingua croata presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, abbiano una conoscenza approfondita del sistema giuridico croato e della terminologia giuridica croata, che i diplomi di diritto croato richiesti dovevano attestare.

35      Orbene, se è vero che l’articolo 45 TFUE impone di prendere in considerazione altri diplomi, rilasciati da altri Stati membri, presentati dai candidati, per effettuare un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali diplomi e, dall’altro, le competenze attestate dai diplomi richiesti dall’ente di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 7 maggio 1991, Vlassopoulou, C‑340/89, EU:C:1991:193, punti da 16 a 19, e Brouillard I, punti 54 e 55), tale disposizione non impone alcun riconoscimento automatico dell’equipollenza di questi diversi diplomi.

36      Il bando di concorso al quale si è presentato il ricorrente, pertanto, non violava l’articolo 45 TFUE per il solo fatto che esso non prevedeva che i diplomi di diritto rilasciati in Stati membri diversi dalla Croazia, che attestavano lo stesso livello di studi attestato dai diplomi croati richiesti, anche se riconosciuti equipollenti a questi ultimi dalle autorità croate, fossero ivi riconosciuti automaticamente equipollenti nell’ambito di tale concorso.

37      Tuttavia, la mancata presa in considerazione degli studi, attestati da diplomi, e dell’esperienza professionale che un lavoratore candidato a un’attività di lavoro ha rispettivamente compiuto e acquisito ricorrendo alla libertà di circolazione tra gli Stati membri riconosciuta dall’articolo 45 TFUE comporterebbe una limitazione di tale libertà fondamentale garantita dal TFUE (v., in tal senso, sentenze del 31 marzo 1993, Kraus, C‑19/92, EU:C:1993:125, punto 32, e del 10 dicembre 2009, Peśla, C‑345/08, EU:C:2009:771, punto 36). A tale riguardo, nel caso di specie, il ricorrente fa riferimento in particolare alla causa che ha dato luogo alla sentenza Brouillard I.

38      In tale causa, il sig. Brouillard, cittadino belga, aveva iniziato i suoi studi superiori in Belgio e aveva successivamente ottenuto in Francia lo stesso master ottenuto dal ricorrente nella presente causa, ossia il master in «giurisprudenza, economia, gestione a finalità professionale, con menzione in diritto privato, specializzazione come giurista-linguista» dell’università di Poitiers. Nel 2011, mentre già lavorava presso i servizi della Cour de cassation (Corte di cassazione) belga, egli si era presentato a un concorso per l’assunzione di referendari presso tale organo giurisdizionale. La sua candidatura era stata dichiarata irricevibile in quanto egli avrebbe dovuto disporre di un titolo di dottorato, di laurea o di master ottenuto presso un’università belga, il che avrebbe attestato la sua idoneità alla funzione. La sua domanda di riconoscimento dell’equipollenza del suo diploma francese di master al diploma belga di master in giurisprudenza era stata inoltre successivamente respinta dall’autorità belga competente in quanto i suoi studi compiuti all’estero non corrispondevano ai requisiti delle facoltà di giurisprudenza belghe, che avrebbero formato alle funzioni giuridiche nell’ordinamento giuridico belga. In particolare, l’interessato, durante i suoi studi, non avrebbe acquisito talune competenze di diritto belga. A seguito del deposito di un ricorso da parte del sig. Brouillard contro la decisione di irricevibilità della sua candidatura, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) belga ha sottoposto alla Corte varie questioni pregiudiziali.

39      Al punto 47 della sentenza Brouillard I, la Corte ha riassunto le questioni pertinenti nei seguenti termini:

«[...] il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 45 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che la commissione giudicatrice di un concorso per l’assunzione di referendari presso un organo giurisdizionale di uno Stato membro, quando esamina una domanda di partecipazione a tale concorso presentata da un cittadino di tale Stato membro, subordini tale partecipazione al possesso dei diplomi richiesti dalla normativa di detto Stato membro o al riconoscimento dell’equipollenza accademica di un diploma di master rilasciato dall’università di un altro Stato membro, senza prendere in considerazione l’insieme dei diplomi, certificati e altri titoli nonché l’esperienza professionale pertinente dell’interessato, effettuando un confronto tra le qualifiche professionali attestate da questi ultimi e quelle richieste da detta normativa».

40      Con tale formulazione, la Corte ha stabilito una distinzione tra, da un lato, l’equipollenza riconosciuta o meno, in generale, in uno Stato membro, di un diploma rilasciato in un altro Stato membro e, dall’altro, la valutazione in concreto che una commissione giudicatrice di concorso può altrimenti effettuare dell’adeguatezza delle qualifiche ottenute, anche attraverso l’esperienza professionale, da un candidato che abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione tra gli Stati membri in relazione alle qualifiche richieste per potersi presentare a tale concorso. Al punto 50 della sentenza Brouillard I, la Corte ha precisato che, nel caso di specie, lo Stato membro interessato era libero di stabilire le conoscenze e le qualifiche ritenute necessarie per accedere alle funzioni in questione.

41      Ai punti 53 e 54 della sentenza Brouillard I, la Corte ha ricordato che norme nazionali che stabiliscono presupposti per la qualifica, anche se applicate senza discriminazioni collegate alla cittadinanza, possono avere l’effetto di ostacolare l’esercizio della libertà di circolazione dei lavoratori se le norme nazionali in questione prescindono dalle conoscenze e dalle qualifiche già acquisite dall’interessato in un altro Stato membro. Essa ne ha dedotto che le autorità di uno Stato membro, investite di una domanda di autorizzazione, presentata da un cittadino dell’Unione, ad esercitare una professione il cui accesso è, secondo la normativa nazionale, subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, o ancora a periodi di tirocinio pratico, sono tenute a prendere in considerazione il complesso dei diplomi, certificati e altri titoli, nonché l’esperienza pertinente dell’interessato, effettuando un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla normativa nazionale.

42      Al punto 57 della sentenza Brouillard I, la Corte ha ricordato che, nell’ipotesi in cui il confronto tra i diplomi ottenuti in altri Stati membri e i diplomi nazionali richiesti conducesse alla constatazione di una corrispondenza soltanto parziale delle qualifiche attestate da questi diversi diplomi, riguardante in particolare le differenze di contesto giuridico tra Stati membri, l’autorità competente aveva il diritto di pretendere che l’interessato dimostrasse di aver maturato le conoscenze e le qualifiche mancanti.

43      Ai punti 58 e 59 della sentenza Brouillard I, la Corte ha precisato a tale riguardo che spetta alle autorità nazionali competenti valutare se le conoscenze acquisite nello Stato membro ospitante, nel contesto di un ciclo di studi o di un’esperienza pratica, siano valide ai fini dell’accertamento del possesso delle conoscenze mancanti e che, poiché qualsiasi esperienza pratica nell’esercizio di attività collegate può aumentare le conoscenze di un richiedente, spetta all’autorità competente prendere in considerazione qualsiasi esperienza pratica utile all’esercizio della professione a cui viene richiesto l’accesso. La Corte ha aggiunto che il valore preciso da attribuire a tale esperienza deve essere determinato dall’autorità competente alla luce delle funzioni specifiche esercitate, delle conoscenze acquisite e applicate nell’esercizio di tali funzioni nonché delle responsabilità conferite e del grado di indipendenza accordati all’interessato in questione.

44      Al punto 65 della sentenza Brouillard I, la Corte ha osservato che l’esperienza professionale del sig. Brouillard, in particolare quella acquisita nei servizi della Cour de cassation (Corte di cassazione) belga, poteva risultare rilevante.

45      Pertanto, la Corte ha indicato al giudice del rinvio che l’articolo 45 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta a che, in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale, la commissione giudicatrice di un concorso per l’assunzione di referendari presso un organo giurisdizionale di uno Stato membro, quando esamina una domanda di partecipazione a tale concorso presentata da un cittadino di tale Stato membro, subordini tale partecipazione al possesso dei diplomi richiesti dalla normativa di detto Stato membro o al riconoscimento dell’equipollenza accademica di un diploma di master rilasciato dall’università di un altro Stato membro, senza prendere in considerazione l’insieme dei diplomi, certificati e altri titoli nonché l’esperienza professionale pertinente dell’interessato, confrontando le qualifiche professionali attestate da questi ultimi con quelle richieste da detta normativa.

46      Poiché, come indicato al precedente punto 30, le istituzioni dell’Unione sono, come le autorità degli Stati membri, vincolate dai principi derivanti dall’articolo 45 TFUE nelle situazioni in cui quest’ultimo si applica, deve essere constatata una strettissima analogia tra la situazione che ha dato luogo alla sentenza Brouillard I, invocata dal ricorrente, e la situazione che ha dato luogo alla presente causa.

47      Pertanto, come sostiene il ricorrente, la sua candidatura al concorso generale al quale si è presentato non poteva essere esclusa per il solo fatto che egli non era in possesso di uno dei diplomi in diritto croati richiesti nel bando di concorso, dal momento che, nel proprio atto di candidatura, egli aveva menzionato non solo il possesso di un master in diritto francese di livello equivalente, manifestamente riconosciuto in Croazia per accedere, in tale Stato, alla professione di avvocato, ma anche un’esperienza professionale di poco più di 3 anni come traduttore presso il Parlamento europeo nell’unità di lingua croata e di 18 mesi come praticante avvocato in Croazia. Infatti, tali elementi erano idonei a rientrare in una dimostrazione volta a stabilire che il ricorrente disponeva delle stesse qualifiche attestate dai diplomi giuridici croati richiesti, ma altrimenti acquisite, in particolare nell’ambito dell’esercizio della sua libertà di circolazione nell’Unione, circostanza che la commissione giudicatrice avrebbe dovuto poter verificare. Orbene, come risulta dal precedente punto 6, tenuto conto del tenore letterale del bando di concorso ricordato al precedente punto 3, la commissione giudicatrice non è stata in grado, nell’esame della candidatura del ricorrente, di andare al di là della constatazione che quest’ultimo non disponeva di uno dei diplomi croati richiesti e che il suo diploma francese, così come il riconoscimento di quest’ultimo ai fini dell’esercizio di un’attività lavorativa in Croazia, non dimostravano conoscenze del sistema giuridico croato e della terminologia giuridica croata. Pertanto, la commissione giudicatrice non ha potuto esaminare l’effettiva portata del riconoscimento del diploma francese del ricorrente per l’esercizio di una funzione giuridica in Croazia, né se, considerato unitamente alle sue esperienze professionali, tale elemento potesse attestare in capo a quest’ultimo conoscenze del sistema giuridico croato e della terminologia giuridica croata dello stesso livello di quelle attestate dal possesso dei diplomi giuridici croati richiesti.

48      Occorre precisare che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la disposizione contenuta nel bando di concorso, nelle condizioni specifiche di assunzione, secondo la quale non era richiesta alcuna esperienza professionale – in contraddizione, peraltro, con l’altra disposizione che prevedeva che tale esperienza costituisse uno dei criteri per l’eventuale selezione, detta «per titoli» e denominata «Preselezione in base alle qualifiche (Talent screener)», effettuata sulla base delle informazioni fornite negli atti di candidatura, che, se necessario, doveva ridurre il numero dei candidati ammessi a sostenere le prove a 20 volte il numero dei posti disponibili nell’elenco di riserva – non può impedire che si tenga conto dell’esperienza professionale per verificare, conformemente all’interpretazione dell’articolo 45 TFUE fornita dalla giurisprudenza, se le qualifiche attestate dai diplomi nazionali richiesti in un bando di concorso siano soddisfatte in altro modo da un candidato che non possiede tali diplomi e che può avvalersi delle disposizioni dell’articolo 45 TFUE.

49      Da quanto precede, e tenuto conto della situazione del ricorrente, risulta che il bando di concorso, non avendo consentito alla commissione giudicatrice di esaminare la candidatura di quest’ultimo conformemente ai principi derivanti dall’articolo 45 TFUE, è viziato da illegittimità, in quanto la disposizione in esso contenuta relativa ai titoli e ai diplomi portava ad escludere tale candidatura per il solo fatto che il ricorrente non disponeva di uno dei diplomi croati in diritto richiesti in tale bando. Poiché la commissione giudicatrice ha fondato la decisione impugnata su tale disposizione del bando di concorso, che deve essere dichiarata inapplicabile al ricorrente in forza dell’articolo 277 TFUE, la decisione impugnata deve essere annullata, senza che sia necessario esaminare il resto degli argomenti delle parti.

 Sulle spese

50      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda del ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della commissione giudicatrice di concorso del 12 ottobre 2020, che ha respinto la domanda di riesame di OQ e che ha rifiutato di ammetterlo alla fase successiva del concorso generale EPSO/AD/378/20 per costituire un elenco di riserva di «giuristi linguisti (AD 7) di lingua croata (HR)» per la Corte di giustizia dell’Unione europea, è annullata.

2)      La Commissione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute da OQ.

Gervasoni

Madise

Martín y Pérez de Nanclares

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 settembre 2022.

Firme


*      Lingua processuale: il croato