Language of document : ECLI:EU:F:2009:128

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Seconda Sezione)

29 settembre 2009 (*)

«Funzione pubblica – Agenti contrattuali – Art. 88 del RAA – Stabilità dell’impiego – Art. 100 del RAA – Riserva medica – Art. 39 CE − Libera circolazione dei lavoratori»

Nelle cause riunite F‑69/07 e F‑60/08,

aventi ad oggetto ricorsi proposti in forza degli artt. 236 CE e 152 EA,

O, agente contrattuale della Commissione delle Comunità europee, residente in Bruxelles (Belgio), rappresentato dagli avv.ti S. Orlandi, A. Coolen, J.-N. Louis e É. Marchal,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. D. Martin e dalla sig.ra L. Lozano Palacios, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato inizialmente nella causa F‑69/07 dalle sig.re I. Šulce e M. Simm, in qualità di agenti, e nella causa F‑60/08 dalle sig.re I. Šulce e K. Zieleśkiewicz, in qualità di agenti, e, successivamente, in entrambe le menzionate cause, dalla sig.ra K. Zieleśkiewicz e dal sig. M. Bauer, in qualità di agenti,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto dal sig. H. Kanninen, presidente, dalla sig.ra I. Boruta e dal sig. S. Van Raepenbusch (relatore), giudici,

cancelliere: sig. R. Schiano, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 febbraio 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La ricorrente ha proposto due ricorsi pervenuti per telefax alla cancelleria del Tribunale, rispettivamente il 12 luglio 2007 e il 25 giugno 2008 (mentre il deposito degli originali è avvenuto, rispettivamente, il 13 luglio 2007 e il 1° luglio 2008). Tali ricorsi hanno ad oggetto l’annullamento:

–        nella causa F‑69/07, delle decisioni della Commissione delle Comunità europee che stabiliscono le condizioni d’impiego della ricorrente in qualità di agente contrattuale ausiliario nella parte in cui contengono una riserva medica, quale prevista all’art. 100, primo comma, del Regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee (in prosieguo: il «RAA»), nonché nella parte in cui limitano la durata del contratto della stessa al 15 settembre 2009;

–        nella causa F‑60/08, della decisione della Commissione, del 7 settembre 2007, di applicare alla ricorrente la riserva medica prevista al summenzionato art. 100.

 Contesto normativo

1.     Per quanto riguarda la durata del contratto

2        In virtù dell’art. 3 bis, n. 1, del RAA:

«È considerato “agente contrattuale” (...) l’agente non assegnato ad un impiego previsto nella tabella degli organici allegata alla sezione del bilancio relativa all’istituzione interessata e assunto per svolgere, ad orario parziale o ad orario completo, mansioni

a)      manuali o di servizio ausiliario presso una delle istituzioni delle Comunità,

(…)».

3        Secondo l’art. 3 ter del RAA:

«È considerato agente contrattuale con mansioni ausiliarie (...) l’agente assunto presso un’istituzione (...),

a)      per svolgere, ad orario parziale o ad orario completo, mansioni diverse da quelle indicate all’articolo 3 bis, paragrafo 1, lettera a), senza essere assegnato ad un impiego previsto nella tabella degli organici allegata alla sezione del bilancio relativa all’istituzione interessata;

b)      per sostituire, dopo che sono state esaminate le possibilità di affidare incarichi ad interim a funzionari dell’istituzione, quando siano provvisoriamente impossibilitati a svolgere le loro funzioni:

i)      funzionari o agenti temporanei del gruppo di funzioni AST;

ii)      in via eccezionale, funzionari o agenti temporanei del gruppo di funzioni AD con incarichi altamente specializzati, fatta eccezione per i direttori, i direttori generali e le funzioni equivalenti.

L’uso di agenti contrattuali con mansioni ausiliarie è vietato quando si applica l’articolo 3 bis».

4        L’art. 88 del RAA prevede inoltre:

«Nel caso di un agente contrattuale di cui all’articolo 3 ter:

a)      i contratti vengono conclusi per un periodo determinato e (…) sono rinnovabili;

b)      la durata effettiva del contratto, compresa la durata dell’eventuale rinnovo del contratto stesso, non può superare i tre anni.

I periodi coperti da un contratto di agente contrattuale di cui all’articolo 3 bis non vengono contabilizzati per la conclusione o il rinnovo dei contratti ai sensi del presente articolo».

5        La direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43), ha attuato l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, stipulato il 18 marzo 1999 fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (in prosieguo: l’«accordo quadro»). A norma della clausola 5 dell’accordo quadro:

«1. Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a)      ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b)      la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c)      il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a)      devono essere considerati “successivi”;

b)      devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

2.     Per quanto riguarda la riserva medica

6        L’art. 100 del RAA stabilisce quanto segue:

«Qualora la visita medica precedente l’assunzione dell’agente riveli che quest’ultimo è affetto da malattia o da infermità, l’autorità [abilitata a concludere i contratti] può decidere di ammetterlo al beneficio delle garanzie previste in materia d’invalidità o di decesso, per quanto riguarda gli sviluppi e le conseguenze di tale malattia o infermità, soltanto al termine di un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in servizio presso l’istituzione.

L’agente può presentare ricorso contro tale decisione alla commissione d’invalidità prevista dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), dello statuto [dei funzionari delle Comunità europee]».

 Fatti

7        La ricorrente è stata alle dipendenze della Commissione dal 1° maggio 2001 al 15 settembre 2003, in qualità di agente locale. Il 16 settembre 2003 è stata nominata agente ausiliario sulla base di un contratto a tempo determinato rinnovato a dieci riprese fino al 15 settembre 2006.

8        Nella prospettiva di una nuova assunzione in qualità di agente contrattuale, la ricorrente si è sottoposta a una visita medica. Il servizio medico, in esito a tale visita, ha formulato una riserva in data 12 settembre 2006.

9        Il 14 settembre 2006 la ricorrente ha firmato un contratto come agente contrattuale ausiliario ai sensi dell’art. 3 ter del RAA per un periodo che scadeva il 15 settembre 2009.

10      Con una lettera dello stesso 14 settembre 2006, la Commissione attirava «l’attenzione [della ricorrente] sul fatto che tale offerta [era] condizionata dall’applicazione della riserva medica di cui all’art. 100 del [RAA]».

11      La ricorrente, con lettera 11 dicembre 2006, presentava un reclamo all’autorità abilitata a concludere contratti (in prosieguo: l’«AACC»). Essa contestava in tal sede, in primo luogo, che il suo contratto del 14 settembre 2006 potesse essere a durata determinata. In secondo luogo, essa criticava l’applicazione nei suoi confronti dell’art. 100, primo comma, del RAA. Di conseguenza, chiedeva all’AACC di «constat[are] che il suo contratto [era stato] stipulato per una durata indeterminata e che la riserva prevista all’art. [summenzionato] non [poteva essere] applicata». Nella stessa lettera, e «per quanto necessario, essa [presentava] parimenti ricorso contro la decisione [di applicare una riserva medica nei suoi confronti] alla commissione d’invalidità prevista dall’art. 9, [n.] 1, [lett.] b), dello Statuto [dei funzionari delle Comunità europee] conformemente all’art. 100, [secondo comma], del RAA». Il 14 dicembre 2006 la ricorrente completava il suo reclamo mediante un reclamo integrativo (in prosieguo: il «reclamo dell’11 e 14 dicembre 2006»).

12      Il 30 marzo 2007 l’AACC ha ritenuto di non poter accogliere gli argomenti dedotti dalla ricorrente contro la durata del suo contratto e la decisione di applicare una riserva medica nei suoi confronti. Di conseguenza, l’AACC ha deciso di non accogliere il reclamo. Prendendo atto del fatto che la ricorrente, in occasione di tale reclamo, aveva presentato ricorso contro detta decisione anche alla commissione d’invalidità, l’AACC ha inoltre trasmesso il ricorso in questione al servizio medico.

13      Il 12 luglio 2007 la ricorrente presentava il ricorso recante il riferimento F‑69/07 dinanzi al Tribunale contro le decisioni di assumerla soltanto con contratto a tempo determinato e di applicare una riserva medica nei suoi confronti.

14      Alla luce delle conclusioni della commissione d’invalidità, l’AACC ha deciso, il 7 settembre 2007, di non ammettere la ricorrente «al beneficio delle garanzie in materia di invalidità o di decesso, per quanto riguarda gli sviluppi e le conseguenze della malattia o infermità oggetto della riserva medica formulata a seguito della visita medica attitudinale, prima che sia trascorso un periodo di cinque anni dalla data della sua entrata in servizio presso la Commissione come agente contrattuale».

15      La ricorrente, il 23 novembre 2007, ha proposto un reclamo avverso tale decisione. L’AACC, il 14 marzo 2008, ha respinto detto reclamo.

16      Il 25 giugno 2008 (mentre il deposito dell’originale è avvenuto il successivo 1° luglio) la ricorrente ha presentato dinanzi al Tribunale il ricorso recante il riferimento F‑60/08 avverso la decisione 7 settembre 2007.

 Conclusioni delle parti e procedura

17      La ricorrente, nella causa F‑69/07, conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare le decisioni della Commissione che stabiliscono le sue condizioni di impiego in qualità di agente contrattuale ausiliario nella parte in cui le stesse, da un lato, dispongono l’applicazione della riserva medica di cui all’art. 100 del RAA e, dall’altro, limitano la durata del suo contratto al periodo compreso tra il 16 settembre 2006 e il 15 settembre 2009;

–        condannare la Commissione alle spese.

18      Nella stessa causa, la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso in parte irricevibile e, comunque, infondato;

–        pronunciarsi sulle spese.

19      Mediante lettera pervenuta alla cancelleria del Tribunale il 21 settembre 2007 tramite fax (mentre il deposito dell’originale è avvenuto il successivo 24 settembre) il Consiglio dell’Unione europea ha chiesto di intervenire nella causa F‑69/07 a sostegno delle conclusioni della Commissione.

20      Con ordinanza del presidente della Seconda Sezione del Tribunale 22 ottobre 2007 il Consiglio è stato ammesso ad intervenire nella causa F‑69/07 a sostegno delle conclusioni della Commissione.

21      Con la sua memoria di intervento, pervenuta alla cancelleria del Tribunale il 29 novembre 2007 tramite fax (mentre il deposito dell’originale è avvenuto il successivo 3 dicembre), il Consiglio conclude che il Tribunale voglia respingere l’eccezione di illegittimità sollevata nel ricorso in ordine agli artt. 88 e 100 del RAA, in quanto manifestamente irricevibile e, comunque, infondata.

22      Le osservazioni della ricorrente sulle memorie di intervento sono pervenute alla cancelleria del Tribunale il 15 gennaio 2008 (mentre il deposito dell’originale è avvenuto il successivo 22 gennaio). La ricorrente chiede che il Tribunale voglia accogliere le sue conclusioni, presentate nel ricorso, e condannare il Consiglio a sopportare le proprie spese. La Commissione non ha depositato osservazioni sulla memoria d’intervento.

23      La ricorrente, nella causa F‑60/08, conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione della Commissione 7 settembre 2007 che stabilisce le sue condizioni di impiego in qualità di agente contrattuale ausiliario, nella parte in cui prevede l’applicazione della riserva medica di cui all’art. 100 del RAA;

–        condannare la Commissione alle spese.

24      La Commissione, nella causa F‑60/08, conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

25      Con lettera pervenuta alla cancelleria del Tribunale il 29 luglio 2008 tramite fax (mentre il deposito dell’originale è avvenuto il successivo 31 luglio) il Consiglio ha chiesto di intervenire nella causa F‑60/08 a sostegno delle conclusioni della Commissione.

26      Con ordinanza del presidente della Seconda Sezione del Tribunale 4 settembre 2008 il Consiglio è stato ammesso ad intervenire nella causa F‑60/08 a sostegno delle conclusioni della Commissione

27      Con lettera pervenuta alla cancelleria del Tribunale il 25 giugno 2008 tramite fax (mentre il deposito dell’originale è avvenuto il successivo 1° luglio) la ricorrente ha chiesto la riunione delle cause F‑69/07 e F‑60/08 ai fini della fase scritta, della trattazione orale e della decisione che conclude il procedimento. Con lettera del 14 luglio 2008 il Tribunale ha invitato la Commissione a prendere posizione su tale riunione. Quest’ultima non ha sollevato alcuna obiezione in proposito. Con ordinanza del presidente della Seconda Sezione del Tribunale del 4 settembre 2008, le cause F‑69/07 e F‑60/08 sono state riunite ai fini della trattazione orale e della decisione che conclude il procedimento.

28      Con la sua memoria di intervento, pervenuta tramite fax il 14 novembre 2008 alla cancelleria del Tribunale (mentre il deposito dell’originale è avvenuto il successivo 19 novembre), il Consiglio conclude che il Tribunale voglia respingere l’eccezione di illegittimità sollevata nel ricorso in ordine all’art. 100 del RAA, in quanto manifestamente irricevibile e, comunque, infondata.

29      La ricorrente e la Commissione sono state invitate, in particolare, a rispondere a detta memoria in udienza e a presentare, in tale occasione, le loro osservazioni sulla conseguenza di un’eventuale ricevibilità del ricorso F‑69/07 su quella del ricorso F‑60/08.

30      All’udienza del 10 febbraio 2009 il Tribunale ha chiesto alle parti di esaminare la possibilità di una composizione amichevole relativamente alla parte della controversia riguardante l’applicazione della riserva medica. Di conseguenza, esso ha rinviato la chiusura della fase orale del procedimento nonché l’assegnazione delle cause a sentenza. Con lettera depositata alla cancelleria del Tribunale il successivo 25 febbraio la Commissione ha dichiarato di non poter dare seguito favorevole a tale richiesta. L’11 marzo 2009 il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha chiuso la fase orale del procedimento e assegnato le cause a sentenza.

 In diritto

1.     Sulla ricevibilità del ricorso F‑69/07

 Argomenti delle parti

31      La Commissione afferma, in primo luogo, che alla ricorrente è preclusa la possibilità di contestare la legittimità della durata dei precedenti contratti in base ai quali essa ha lavorato come agente locale o agente ausiliario.

32      La Commissione osserva, in secondo luogo, che, nella sua decisione 30 marzo 2007, l’AACC aveva affermato di aver trasmesso al servizio medico il ricorso della ricorrente contro la riserva medica formulata al momento della stipulazione del suo contratto di agente contrattuale ausiliario, affinché tale servizio costituisse una commissione d’invalidità incaricata di pronunciarsi in materia. La Commissione ne deduce che essa aveva accolto la richiesta della ricorrente e che il ricorso, per quanto riguarda la suddetta riserva, sarebbe irricevibile, se la lettera di quest’ultima dell’11 dicembre 2006 dovesse essere interpretata come una domanda fondata sull’art. 90, n. 1, dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto») diretta a far deferire il suo caso alla commissione di invalidità.

33      La Commissione sostiene, in terzo luogo, che, se la lettera della ricorrente dell’11 dicembre 2006 dovesse essere interpretata come reclamo avverso la decisione di applicare la riserva medica nei suoi confronti, il ricorso sarebbe prematuro. La Commissione ritiene, infatti, che, in tale ipotesi, il reclamo sarebbe stato presentato prima dell’esaurimento della procedura di ricorso dinanzi alla commissione di invalidità prevista dal RAA. Il Consiglio condivide tale punto di vista.

34      La ricorrente replica, nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento, che la decisione dell’AACC 14 settembre 2006 di imporle una riserva medica all’atto della sottoscrizione del contratto di agente contrattuale ausiliario è una decisione definitiva. Inoltre, l’adizione della commissione di invalidità da parte dell’AACC non avrebbe avuto come scopo quello di esaminare, sotto il profilo giuridico, se l’art. 100 del RAA potesse esserle validamente applicato. La commissione di invalidità, infatti, potrebbe essere adita soltanto per questioni mediche. In aggiunta, la decisione dell’AACC 7 settembre 2007, che ribadisce la riserva medica in base alle conclusioni della suddetta commissione, sarebbe meramente confermativa.

 Giudizio del Tribunale

35      Risulta dall’oggetto e dalle conclusioni del ricorso F‑69/07 che la ricorrente non critica la durata dei suoi precedenti contratti in base ai quali essa ha lavorato come agente locale o agente ausiliario. Essa non chiede neppure l’annullamento di un presunto rifiuto di adire la commissione di invalidità. Ne consegue che le due prime eccezioni di irricevibilità della Commissione devono essere respinte.

36      Rimane da esaminare la questione se il capo delle conclusioni del ricorso F‑69/07 diretto contro la riserva medica sia prematuro, in quanto il reclamo a tale riguardo è stato presentato prima dell’esaurimento della procedura di ricorso dinanzi alla commissione di invalidità.

37      Occorre rammentare che la commissione di invalidità prevista all’art. 9, n. 1, lett. b), dello Statuto è competente unicamente, come qualsiasi commissione medica (v. sentenza della Corte 21 gennaio 1987, causa 76/84, Rienzi/Commissione, Racc. pag. 315, punti 9-12; sentenza del Tribunale di primo grado 9 luglio 1997, causa T‑4/96, S/Corte di giustizia, Racc. pag. II‑1125, punti 41 e 59), a emettere un parere su tutti gli elementi pertinenti che rientrano in una valutazione di ordine medico, ad esclusione di qualsiasi valutazione di ordine giuridico. Inoltre, l’AACC è vincolata, dal punto di vista medico, dalle conclusioni di tale commissione (ordinanza della Corte 11 dicembre 1986, causa 25/86, Suss/Commissione, Racc pag. 3929, punto 6, e sentenza della Corte 19 giugno 1992, causa C‑18/91 P, V./Parlamento, Racc. pag. I‑3997, punto 26).

38      Il ricorso dinanzi alla commissione di invalidità previsto all’art. 100, secondo comma, del RAA può pertanto avere ad oggetto soltanto una contestazione di carattere medico e non si può imporre ad un agente di dar corso a tale procedura laddove la sua critica si discosti da tale ambito.

39      Dalla lettera dell’11 dicembre 2006, menzionata al precedente punto 11, risulta tuttavia che la ricorrente ha, da un lato, adito l’AACC con un reclamo basato su considerazioni giuridiche dirette a contestare la durata a tempo determinato del suo contratto e la riserva medica che lo accompagna e, dall’altro, che essa ha «parimenti presentato ricorso» dinanzi alla commissione di invalidità, ancorché unicamente «per quanto necessario».

40      Nella sua decisione 30 marzo 2007, l’AACC ha respinto il capo del reclamo diretto a contestare la durata del contratto della ricorrente. Essa ha inoltre constatato la sussistenza del ricorso dinanzi alla commissione di invalidità e ha sostenuto di aver fatto quanto necessario per adire detta commissione. L’AACC, tuttavia, in tale decisione, ha statuito anche sul capo del reclamo diretto contro la validità giuridica della riserva medica. Al termine di un ragionamento in diritto, di carattere definitivo, essa ha concluso che «gli argomenti della [ricorrente] non [potevano] essere accolti».

41      D’altra parte, la decisione dell’AACC 7 settembre 2007, che trae le conseguenze derivanti dalle conclusioni della commissione d’invalidità, è fondata sull’art. 100 del RAA e non sull’art. 90 dello Statuto, cui la Commissione avrebbe di regola dovuto far riferimento se avesse considerato che tale decisione era stata adottata sulla scia del reclamo dell’11 e 14 dicembre 2006.

42      Da quanto precede consegue che la ricorrente ha utilizzato due rimedi giurisdizionali distinti con oggetti diversi e che la Commissione li ha considerati come tali.

43      Di conseguenza, il reclamo dell’11 e 14 dicembre 2006 nonché il successivo ricorso al Tribunale non possono essere giudicati prematuri sulla base del fatto che tale reclamo è stato introdotto prima dell’esaurimento della procedura prevista all’art. 100 del RAA.

44      Occorre, tuttavia, esaminare d’ufficio le conseguenze della ricevibilità del ricorso F‑69/07 su quella del ricorso F‑60/08.

2.     Sulla ricevibilità del ricorso F‑60/08

45      Va ricordato che un atto dell’AACC recante pregiudizio può formare oggetto di un unico reclamo, proposto contro di esso da parte dell’agente interessato. Quando due reclami hanno lo stesso oggetto, solo uno di essi, segnatamente quello che è stato presentato per primo, costituisce un reclamo ai sensi dell’art. 90 dello Statuto, mentre l’altro, presentato successivamente, dev’essere considerato come una nota puramente ripetitiva del reclamo stesso e non può produrre l’effetto di prolungare il procedimento (v., in tal senso, ordinanze del Tribunale di primo grado 7 giugno 1991, causa T‑14/91, Weyrich/Commissione, Racc. pag. II‑235, punto 41, e 25 febbraio 1992, causa T‑67/91, Torre/Commissione, Racc. pag. II‑261, punto 32 ; sentenza del Tribunale di primo grado 11 dicembre 2007, causa T‑66/05, Sack/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 37 e 41).

46      Orbene, nel preteso reclamo del 22 novembre 2007 contro la decisione dell’AACC del precedente 7 settembre, che aveva nuovamente imposto alla ricorrente la riserva medica controversa in base alle conclusioni della commissione di invalidità, la ricorrente ha reiterato gli argomenti giuridici da essa esposti nel reclamo dell’11 e 14 dicembre 2006.

47      Ne consegue che il preteso reclamo del 22 novembre 2007 aveva il medesimo oggetto del reclamo dell’11 e 14 dicembre 2006 ed era diretto contro una decisione che si limitava a trarre le conseguenze derivanti dalle conclusioni mediche della commissione di invalidità, senza rimettere in causa le questioni giuridiche risolte fin dal 30 marzo 2007, le quali, secondo l’AACC, erano le sole a poter giustificare l’imposizione della riserva medica nei confronti della ricorrente.

48      Di conseguenza, occorre considerare, da un lato, che il preteso reclamo del 22 novembre 2007 era una semplice nota ripetitiva e non un reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto e, dall’altro, che la decisione di rigetto dello stesso è un atto meramente confermativo contro il quale, pertanto, non è ammesso ricorso.

49      Tale conclusione non può essere infirmata dalla circostanza che, il 14 marzo 2008, l’AACC ha respinto il preteso secondo reclamo sulla base di argomenti maggiormente articolati rispetto a quelli che figurano, per quanto riguarda la riserva medica, nella sua decisione 30 marzo 2007, recante rigetto del reclamo dell’11 e 14 dicembre 2006. Anche se la decisione dell’AACC 14 marzo 2008 è intervenuta successivamente alle conclusioni adottate dalla commissione di invalidità, la quale ha riesaminato lo stato di salute della ricorrente, l’analisi in essa contenuta relativamente all’applicazione di una riserva medica nei confronti dell’interessata non riflette un vero e proprio riesame della validità della stessa. Tale analisi integra semplicemente i motivi della decisione 30 marzo 2007, recante rigetto del primo reclamo. Nella decisione 14 marzo 2008 l’AACC precisa, infatti, di aver richiamato gli argomenti da essa sviluppati nel controricorso nella causa F‑69/07, introdotta in esito al rigetto di tale primo reclamo. Orbene, una decisione che contiene solo precisazioni complementari si limita a esporre i motivi della conferma della decisione precedente e non costituisce un atto arrecante pregiudizio (v., in tal senso, sentenza del Tribunale di primo grado 7 giugno 2005, causa T‑375/02, Cavallaro/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑151 e II‑673, punto 65).

50      La summenzionata conclusione non può neppure essere rimessa in discussione dalla giurisprudenza secondo cui un ricorso di annullamento diretto contro una decisione confermativa è irricevibile solo quando quest’ultima ha acquisito carattere definitivo per il soggetto interessato, senza che contro questa sia stato proposto un ricorso giurisdizionale entro i termini, mentre, in caso contrario, il ricorrente è legittimato ad impugnare tanto la decisione confermata quanto la decisione confermativa, come pure entrambe tali decisioni. Infatti, tale soluzione non può essere applicata qualora, come nel caso di specie, la decisione confermata e la decisione confermativa siano impugnate mediante due ricorsi diversi e qualora il ricorrente possa difendere il proprio punto di vista e sostenere i propri argomenti nell’ambito del primo di essi (ordinanza del Tribunale di primo grado 25 ottobre 2001, causa T‑354/00, Métropole télévision-M6/Commissione, Racc. pag. II‑3177, punto 35).

51      Di conseguenza, il ricorso F‑60/08 dev’essere respinto in quanto irricevibile.

3.     Nel merito del ricorso F‑69/07

52      La ricorrente contesta, da un lato, la limitazione della durata del suo contratto al periodo compreso tra il 16 settembre 2006 e il 15 settembre 2009 e, dall’altro, l’applicazione della riserva medica prevista all’art. 100 del RAA.

 Sul ricorso nella parte in cui è diretto contro la durata del contratto

 Argomenti delle parti

53      A sostegno del proprio ricorso, nella parte in cui è diretto contro la durata del suo contratto, la ricorrente deduce, sostanzialmente, due motivi. Nel primo motivo, dedotto in via principale, essa sostiene che la decisione che limita la durata del contratto viola il suo diritto alla stabilità dell’impiego e che il rigetto del reclamo è insufficientemente motivato. Per quanto necessario, essa fa valere, nel secondo motivo, un’eccezione d’illegittimità in ordine all’art. 88 del RAA.

54      In primo luogo, la ricorrente afferma, alla luce della sentenza del Tribunale 26 ottobre 2006, causa F‑1/05, Landgren/ETF (Racc. PI pagg. I‑A‑1‑123 e II‑A‑1‑459, oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale di primo grado, causa T‑404/06 P), che, tenendo conto dell’evoluzione in materia di tutela dei lavoratori, i contratti a tempo indeterminato costituiscono la forma più comune di rapporto di lavoro. Viceversa, soltanto in alcune circostanze i contratti a tempo determinato sarebbero in grado di rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori.

55      La ricorrente deduce dal fatto che essa è in servizio presso la Commissione dal 1° maggio 2001, in forza di quindici contratti successivi a durata determinata, che la Commissione ha abusato di tale forma di contrattazione e ha violato il diritto alla stabilità dell’impiego.

56      La ricorrente aggiunge di aver fondato il suo reclamo dell’11 e 14 dicembre 2006 sul diritto alla stabilità dell’impiego oltre che sulle disposizioni della Carta sociale europea, firmata a Torino il 18 ottobre 1961 e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1; in prosieguo: la «Carta dei diritti fondamentali»). Essa sostiene che la Commissione, nel respingere il suo reclamo, non avrebbe risposto agli argomenti da essa addotti. La Commissione non avrebbe fornito alcuna spiegazione sulle circostanze che giustificavano la successione di quindici contratti a tempo determinato e non avrebbe chiarito in che modo tale successione corrisponderebbe alle esigenze delle due parti.

57      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la decisione di fissare la data di fine rapporto al 15 settembre 2009 si fonda sull’art. 88 del RAA e che quest’ultimo è esso stesso illegittimo in quanto «viol[erebbe] i principi del diritto relativi alla tutela dei lavoratori».

58      Nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento del Consiglio, la ricorrente precisa che dalla direttiva 1999/70 discende un principio generale di stabilità dei rapporti di lavoro. Tale direttiva e l’accordo quadro ad essa allegato sarebbero applicabili ai contratti di lavoro stipulati con un soggetto di diritto internazionale pubblico. Un cittadino comunitario non perderebbe del resto la qualità di lavoratore per il fatto di occupare un impiego all’interno di una tale organizzazione.

59      La ricorrente asserisce che il RAA e la direttiva 1999/70 sono norme di diritto equivalenti, nessuna delle quali può prevalere sull’altra. Essa aggiunge, tuttavia, che, quando simili norme sono idonee a produrre effetti di segno opposto, dovrebbe essere applicata quella che soddisfa le esigenze di motivazione imposte dall’art. 253 CE.

60      Orbene, il RAA non spiegherebbe perché l’assunzione degli agenti menzionati al suo art. 3 ter sia limitata a tre anni. Analogamente, esso non giustificherebbe la disparità di trattamento di tali agenti rispetto a quelli assunti sulla base dell’art. 3 bis, che possono ottenere un rinnovo del loro contratto a tempo indeterminato. Del pari, il RAA non conterrebbe alcuna giustificazione della disparità di trattamento riservata agli agenti contrattuali che, come la ricorrente, sono assunti in applicazione dell’art. 3 ter dopo essere stati vincolati all’istituzione che li impiega tramite una successione di contratti a tempo determinato per svolgere compiti asseritamente permanenti. Inoltre, né il RAA né la decisione che limita la durata del contratto della ricorrente giustificherebbero la disparità di trattamento tra gli agenti summenzionati e i lavoratori che svolgano compiti analoghi in un determinato Stato membro. Sulla scia di quanto precede, la ricorrente osserva che il RAA omette di motivare la possibilità di derogare alla clausola 5 dell’accordo quadro e di assumere a tempo determinato agenti contrattuali ausiliari per svolgere compiti permanenti connessi all’attività normale dell’istituzione.

61      Il Consiglio contesta la ricevibilità dell’eccezione di illegittimità diretta contro l’art. 88 del RAA, in quanto il ricorso non conterrebbe alcun approfondimento in merito a tale eccezione. In particolare, non è stata fornita alcuna precisazione supplementare a sostegno dell’affermazione secondo cui l’eccezione di illegittimità si fonderebbe sui principi generali del diritto in materia di tutela dei lavoratori.

62      In ogni caso, la Commissione e il Consiglio ritengono che agli agenti soggetti al RAA non debba applicarsi alcun principio generale di stabilità dell’impiego. Di quest’ultimo beneficerebbero soltanto i funzionari. La giurisprudenza riconoscerebbe, invece, che in talune circostanze i contratti a tempo determinato sono idonei a rispondere sia alle esigenze dei datori di lavoro che a quelle dei lavoratori. Quindi, il ricorso a dipendenti statutari o ad agenti disciplinati da differenti categorie di contratti risponderebbe ad esigenze legittime dell’amministrazione comunitaria e al tipo di compiti, permanenti o temporanei, che quest’ultima ha la missione di adempiere.

63      Il Consiglio sottolinea, al riguardo, che l’art. 3 ter del RAA precisa che gli agenti contrattuali con mansioni ausiliarie possono essere assunti soltanto per svolgere mansioni diverse da quelle manuali o di servizio ausiliario di cui all’art. 3 bis oppure per sostituire temporaneamente persone provvisoriamente impossibilitate a svolgere le loro funzioni.

64      Infine, il Consiglio osserva che, limitando a tre anni la durata del contratto degli agenti contrattuali ausiliari, l’art. 88 del RAA previene il ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato successivi.

65      La Commissione e il Consiglio concludono che occorre respingere l’eccezione d’illegittimità diretta contro l’art. 88 del RAA poiché, nella fattispecie, il principio della stabilità dell’impiego, invocato nei confronti di tale articolo, non è applicabile.

66      La Commissione prosegue affermando che la limitazione della durata del contratto della ricorrente a tre anni è conforme all’art. 88 del RAA.

 Giudizio del Tribunale

67      Occorre esaminare in primo luogo l’eccezione d’illegittimità diretta contro l’art. 88 del RAA, sebbene essa sia stata dedotta soltanto in via subordinata.

–       Sull’eccezione d’illegittimità diretta contro l’art. 88 del RAA

68      La ricorrente afferma nel suo ricorso che l’art. 88 del RAA viola i principi del diritto relativi alla tutela dei lavoratori. Essa sostiene inoltre nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento del Consiglio che il suddetto articolo non soddisfa le esigenze di motivazione imposte dall’art. 253 CE.

69      In primo luogo, occorre, da un lato, respingere l’argomento del Consiglio secondo cui l’eccezione d’illegittimità diretta contro l’art. 88 del RAA, in quanto esso violerebbe «i principi del diritto relativi alla tutela dei lavoratori», sarebbe irricevibile poiché il ricorso non conterrebbe alcuna argomentazione relativa a tale eccezione.

70      Infatti, nel sostenere che l’art. 88 del RAA è, per tale motivo, illegittimo, la ricorrente rinvia ad un presunto diritto alla stabilità dell’impiego, dalla violazione del quale essa deduce direttamente l’illegittimità della decisione che limita la durata del suo contratto. Essa fa valere quindi lo stesso argomento addotto a sostegno della sua eccezione d’illegittimità. La Commissione e il Consiglio, l’hanno peraltro interpretata in tal senso e vi hanno risposto.

71      D’altro lato, occorre rammentare che l’eccezione d’illegittimità diretta contro l’art. 88 del RAA, in quanto tale articolo non sarebbe motivato, è ricevibile, sebbene dedotta dalla ricorrente in corso di causa, in quanto fondata su una censura di ordine pubblico che può essere sollevata in ogni fase della procedura e, comunque, essere esaminata d’ufficio da parte del giudice comunitario.

72      Occorre pertanto esaminare, in secondo luogo, se l’art. 88 del RAA sia in contrasto con il principio della stabilità dell’impiego.

73      Nel caso di specie, la ricorrente non afferma che l’art. 88 del RAA sia in contrasto con la direttiva 1999/70 e l’accordo quadro in quanto tali. Essa sostiene che il Consiglio, adottando tale direttiva, ha reso obbligatorie in tutti gli Stati membri le disposizioni di detto accordo quadro, le quali costituirebbero principi generali del diritto che si imporrebbero alle istituzioni, tra cui, al primo posto, figurerebbe il diritto alla stabilità dell’impiego.

74      Orbene, pur se, ai sensi del punto 10 delle considerazioni generali dell’accordo quadro, questo comprende «principi generali, requisiti minimi e norme», risulta, tuttavia, dal quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva 1999/70, nonché dal terzo comma del preambolo dell’accordo quadro, dal punto 9 delle sue considerazioni generali e dalle sue clausole 1 e 4, che i principi di cui trattasi sono il principio di non discriminazione, tra cui quello di parità tra uomini e donne, e il principio del divieto dell’abuso del diritto. Per quanto riguarda la clausola 5, n. 1, dell’accordo quadro, su cui si basa la ricorrente, essa prevede disposizioni di tutela minima volte a limitare il ricorso a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi e ad evitare in tal modo il ricorso abusivo a siffatti contratti nonché la precarizzazione della situazione dei rispettivi beneficiari (v., in tal senso, sentenze della Corte 4 luglio 2006, causa C‑212/04, Adeneler e a., Racc. pag. I‑6057, punto 63; 23 aprile 2009, cause riunite da C‑378/07 a C‑380/07, Angelidaki e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 73, e ordinanza della Corte 24 aprile 2009, causa C‑519/08, Koukou, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 53). Tali disposizioni di tutela minima costituiscono, certamente, norme di diritto sociale comunitario di particolare importanza (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 settembre 2007, causa C‑307/05, Del Cerro Alonso, Racc. pag. I‑7109, punto 27), senza tuttavia erigere la stabilità dell’impiego a principio generale del diritto alla luce del quale potrebbe essere valutata la legittimità di un atto di un’istituzione.

75      Infatti, sebbene la stabilità dell’impiego sia intesa come un elemento portante della tutela dei lavoratori (v. sentenze della Corte 22 novembre 2005, causa C‑144/04, Mangold, Racc. pag. I‑9981, punto 64; 15 aprile 2008, causa C‑268/06, Impact, Racc. pag. I‑2483, punto 87, e Angelidaki e a., cit., punto 105), non risulta in alcun punto dell’accordo quadro che essa sia assurta al rango di norma giuridica imperativa. Del resto, il sesto e il settimo ‘considerando’ della direttiva 1999/70, così come il primo comma del preambolo e il punto 5 delle considerazioni generali dell’accordo quadro, pongono l’accento sulla necessità di raggiungere un equilibrio migliore tra «la flessibilità dell’orario di lavoro e la sicurezza dei lavoratori». È necessario aggiungere che, come la Corte ha già statuito, l’accordo quadro non stabilisce un obbligo generale di prevedere, dopo un certo numero di rinnovi di contratti a tempo determinato o al termine di un certo periodo di lavoro, la conversione dei suddetti contratti in un contratto a tempo indeterminato (v., in tal senso, citate sentenze Adeneler e a., punto 91, e Angelidaki e a., punto 183, e sentenza della Corte 7 settembre 2006, causa C‑53/04, Marrosu e Sardino, Racc. pag. I‑7213, punto 47, nonché ordinanza Koukou, cit., punto 85).

76      Anche se la stabilità dell’impiego non può, quindi, essere considerata come un principio generale, essa costituisce, tuttavia, una finalità perseguita dalle parti firmatarie dell’accordo quadro, la cui clausola 1, lett. b), prevede che l’obiettivo di quest’ultimo è quello di «creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato» (sentenza del Tribunale 30 aprile 2009, causa F‑65/07, Aayhan e a./Parlamento, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 114 e 115).

77      Ad ogni modo, dalla sentenza del Tribunale 4 giugno 2009, cause riunite F‑134/07 e F‑8/08, Adjemian e a./Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 119‑136), emerge che, rispetto alle caratteristiche afferenti alle attività contemplate dall’art. 3 ter del RAA, l’art. 88 del detto RAA non pregiudica le finalità dell’accordo quadro e le prescrizioni minime della sua clausola 5. Infatti tale clausola, al punto 1, impone agli Stati membri soltanto l’obbligo di introdurre nel loro ordinamento giuridico una o più misure tra quelle enunciate alle lett. a)-c), fra cui compaiono, alla lett. a), le «ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti di lavoro». Orbene, ciascun posto di agente contrattuale con mansioni ausiliarie deve, conformemente al summenzionato art. 3 ter, rispondere concretamente a bisogni provvisori o occasionali. Inoltre, in un’amministrazione con un organico considerevole come quello della Commissione, è inevitabile che tali bisogni siano ricorrenti a causa, segnatamente, dell’indisponibilità di funzionari, di aumenti del carico di lavoro dovuti alle circostanze o alla necessità, per ogni direzione generale, di ricorrere occasionalmente a persone che possiedano qualifiche o conoscenze specifiche. Queste circostanze costituiscono, infatti, ragioni obiettive che giustificano sia la durata determinata dei contratti degli agenti con mansioni ausiliarie sia il rinnovo degli stessi in relazione alla sopravvenienza dei bisogni in questione.

78      Da quanto precede consegue che nessun principio generale di stabilità dell’impiego può essere posto a fondamento di un’eccezione di illegittimità nei confronti dell’art. 88 del RAA, il quale, oltretutto, non sembra pregiudicare le finalità e le prescrizioni minime dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70.

79      Rimane da esaminare, in terzo luogo, l’argomento secondo il quale l’art. 88 del RAA non soddisferebbe le esigenze di motivazione imposte dall’art. 253 CE.

80      A tale riguardo, si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione. Quando si tratta, come nel caso di specie, di un atto di portata generale, la motivazione può limitarsi a indicare, da un lato, la situazione complessiva che ha condotto alla sua adozione e, dall’altro, gli obiettivi generali che esso si prefigge. D’altra parte, la Corte ha ripetutamente affermato che, se un atto di portata generale evidenzia nella sua essenza lo scopo perseguito dall’istituzione, sarebbe eccessivo pretendere una motivazione specifica per le diverse scelte d’indole tecnica compiute (sentenza del Tribunale 23 gennaio 2007, causa F‑43/05, Chassagne/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 105 e 106 e giurisprudenza ivi citata).

81      Nella fattispecie, il Tribunale ha già statuito che il trentaseiesimo ‘considerando’ del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 22 marzo 2004, n. 723/2004, che modifica lo Statuto e il RAA (GU L 124, pag. 1), dà una sufficiente giustificazione dell’obiettivo perseguito mediante la creazione delle nuove categorie di agenti contrattuali di cui agli artt. 3 bis e 3 ter del RAA. Il Tribunale ha altresì ritenuto che non si possa rimproverare al Consiglio di non aver giustificato le proprie scelte rispetto alla clausola 5 dell’accordo quadro, in quanto risulta dall’art. 249, terzo comma, CE che le direttive hanno come destinatari solo gli Stati membri (sentenza Adjemian e a./Commissione, cit. supra, punto 77, punti 139-142). Infine, ancor meno si imponeva una motivazione specifica, in quanto risulta dal precedente punto 77 che l’art. 88 del RAA non pregiudica le finalità e le prescrizioni minime dell’accordo quadro.

82      In tale contesto, non può essere addebitato al Consiglio di non aver giustificato la sua asserita scelta di derogare alla clausola 5 dell’accordo quadro. Sarebbe altresì eccessivo rimproverargli di non aver specificamente motivato le proprie scelte tecniche in base alle diverse categorie di agenti e di lavoratori nazionali identificate dalla ricorrente e menzionate al precedente punto 60.

83      Alla luce delle suesposte considerazioni, l’eccezione d’illegittimità sollevata dalla ricorrente in ordine all’art. 88 del RAA deve essere respinta.

–       Sulle censure dedotte direttamente contro la decisione che limita la durata del contratto della ricorrente

84      La ricorrente sostiene, anzitutto, di essere in servizio presso la Commissione dal 1° maggio 2001 in forza di quindici contratti successivi a durata determinata, per svolgere compiti permanenti connessi all’attività normale dell’istituzione. Essa contesta, pertanto, alla Commissione, di non averla assunta a tempo indeterminato mediante il contratto di agente contrattuale con mansioni ausiliarie del 14 settembre 2006.

85      Occorre, tuttavia, constatare che la ricorrente non ha fornito, nelle sue memorie, elementi concreti e pertinenti in grado di suffragare la sua affermazione secondo cui essa svolgerebbe effettivamente compiti permanenti connessi all’attività normale della Commissione, eccezion fatta per l’ipotesi contemplata dall’art. 3 ter, lett. b), del RAA. A tale proposito, il Tribunale ricorda che non spetta ad esso ricercare negli allegati al ricorso se vi figurano altri elementi idonei a colmare siffatta lacuna, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (v. sentenze del Tribunale di primo grado 18 ottobre 2001, causa T‑333/99, X/BCE, Racc. pag. II‑3021, punto 190, e 15 ottobre 2008, causa T‑345/05, Mote/Parlamento, Racc. pag. II‑2849, punto 75).

86      Si deve altresì ricordare che dai precedenti punti 73-76 si evince che la clausola 5 dell’accordo quadro non contempla principi generali del diritto e che neppure la stabilità dell’impiego rientra tra questi. Inoltre, la ricorrente non dimostra che la successione dei suoi contratti non soddisfaceva bisogni specifici della Commissione avuto riguardo alle considerazioni di cui al precedente punto 77, né che era intesa a coprire bisogni permanenti e durevoli dell’istituzione.

87      Ne consegue che la prima censura sollevata dalla ricorrente nei confronti del contratto di agente contrattuale con mansioni ausiliarie del 14 settembre 2006, nella parte in cui verte sulla durata di detto contratto, deve essere respinta.

88      In secondo luogo la ricorrente asserisce che l’AACC, nella sua decisione del 30 marzo 2007, non ha risposto agli argomenti che essa aveva desunto nel reclamo dell’11 e 14 dicembre 2006 dalla Carta dei diritti fondamentali, dalla Carta sociale europea nonché dal diritto alla stabilità dell’impiego. Secondo la ricorrente, l’AACC non avrebbe nemmeno illustrato in che modo una successione di quindici contratti a tempo determinato risponderebbe alle esigenze delle parti contraenti, né cosa giustificherebbe la disparità di trattamento di cui essa sarebbe vittima rispetto ai lavoratori vincolati a datori di lavoro operanti nel settore pubblico o privato di uno Stato membro.

89      Tuttavia è giocoforza constatare, innanzitutto, che la ricorrente nel suo reclamo dell’11 dicembre 2006 si è limitata a menzionare gli artt. 34 e 35 della Carta dei diritti fondamentali e gli artt. 12 e 13 della Carta sociale europea nell’ambito di una descrizione del contesto normativo, senza dedurre da essi alcun argomento e senza farvi poi riferimento nell’elencazione dei testi e dei principi dedotti «a sostegno della sua azione».

90      Orbene, la motivazione può non essere esaustiva, ma deve consentire al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione impugnata e fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se la decisione sia fondata oppure se sia inficiata da un vizio che consente di contestarne la legittimità (sentenze del Tribunale di primo grado 23 aprile 2002, causa T‑372/00, Campolargo/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑49 e II‑223, punto 49, e 17 ottobre 2006, causa T‑406/04, Bonnet/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I‑A‑2‑213 e II‑A‑2‑1097, punto 67). Non si può infatti pretendere che le istituzioni discutano tutti gli argomenti di fatto o di diritto eventualmente richiamati nel corso del procedimento amministrativo, specialmente se ciò è fatto in modo superficiale. Di conseguenza, l’AACC, non motivando la propria decisione in merito ai summenzionati articoli della Carta dei diritti fondamentali e della Carta sociale europea, non ha violato l’obbligo, ad essa incombente, di motivare il rigetto del capo del reclamo diretto a contestare la durata determinata del contratto di agente contrattuale offerto alla ricorrente. Del resto, l’AACC poteva legittimamente considerare che tali articoli fossero stati menzionati soltanto nella prospettiva del secondo capo di reclamo diretto contro la riserva medica applicata nei confronti della ricorrente.

91      Peraltro, nel suo reclamo dell’11 e 14 dicembre 2006 la ricorrente non ha espressamente invocato l’eventuale disparità di trattamento tra essa stessa e i lavoratori dei settori pubblico o privato di uno Stato membro.

92      Anche dall’analisi svolta nel reclamo integrativo del 14 dicembre 2006 emerge che quest’ultimo ha completato gli argomenti iniziali della ricorrente relativi alla riserva medica e non il capo del reclamo diretto a contestare la durata del contratto.

93      Infine, l’AACC ha risposto agli argomenti dedotti dalla ricorrente relativamente al diritto alla stabilità dell’impiego sostenendo in particolare che, benché sia pacifico che i contratti a tempo indeterminato conferiscano una maggiore stabilità, da ciò non deriva tuttavia che i contratti a tempo determinato siano illegittimi. Essa ha inoltre ricordato la discrezionalità di cui dispone in materia, e ha sottolineato che i contratti a tempo determinato degli agenti ausiliari sono diretti a soddisfare concretamente bisogni provvisori, urgenti o ben definiti, rispondendo in tal modo alla censura della ricorrente relativa al carattere successivo delle sue assunzioni.

94      Ne consegue che la seconda censura dedotta dalla ricorrente nei confronti del contratto di agente contrattuale con mansioni ausiliarie del 14 settembre 2006, nella parte in cui verte sulla durata di detto contratto, è infondata.

95      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere il ricorso nella parte in cui è diretto contro la durata del contratto.

 Sul ricorso nella parte in cui è diretto contro la riserva medica

 Argomenti delle parti

–       Argomenti della ricorrente

96      A sostegno del suo ricorso, nella parte in cui è diretto contro la riserva medica, la ricorrente fa valere due motivi. Il primo motivo, dedotto in via principale, attiene alla violazione dell’art. 100 del RAA; il secondo motivo, dedotto in subordine, attiene, invece, ad un’eccezione d’illegittimità nei confronti del medesimo articolo.

97      Quanto al primo motivo, la ricorrente ricorda, innanzitutto, che, a norma dell’art. 100 del RAA, l’AACC può decidere di escludere un agente contrattuale dal beneficio delle garanzie previste in materia d’invalidità o di decesso, per quanto riguarda le conseguenze di una malattia che si sia rivelata in occasione della visita medica precedente l’assunzione, per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in servizio presso l’istituzione.

98      La ricorrente sostiene che l’entrata in servizio di cui all’art. 100 del RAA è indipendente dalla natura delle relazioni contrattuali o statutarie tra l’istituzione e l’agente. Peraltro, una successione di contratti a tempo determinato costituirebbe, in realtà, un unico rapporto di lavoro. Di conseguenza, nella fattispecie, una riserva medica nei suoi confronti avrebbe potuto essere applicata soltanto per il periodo compreso tra il 1° maggio 2001, data della sua prima entrata in servizio, e il 30 aprile 2006.

99      La ricorrente sostiene, poi, che la riserva medica ha avuto l’effetto di privarla di un livello di protezione sociale adeguato, in violazione dei principi generali alla base, da un lato, degli artt. 12 e 13 della Carta sociale europea, inerenti al diritto alla previdenza sociale e al diritto all’assistenza sociale e medica, nonché, dall’altro, degli artt. 34 e 35 della Carta dei diritti fondamentali, inerenti rispettivamente al diritto di accesso alle prestazioni di previdenza sociale, segnatamente in caso di malattia, e alla tutela della salute.

100    Infine, ribadendo che la nozione di entrata in servizio di cui all’art. 100 del RAA è indipendente dall’iscrizione al regime previdenziale, nazionale o comunitario, la ricorrente fa valere che la decisione di applicarle la riserva medica ha ridotto il livello di protezione contro i rischi di decesso e di invalidità di cui fruiva in forza della legislazione in materia sociale ungherese e successivamente della legislazione belga, quando lavorava per la Commissione, prima come agente locale e poi come agente ausiliario. La ricorrente ricorda, a questo proposito, che essa presta ininterrottamente servizio presso la Commissione dal 1° maggio 2001 e ritiene che le istituzioni comunitarie, come ogni altro datore di lavoro, non possano sottoporre il loro personale ad un regime previdenziale precario, riesaminando sistematicamente le condizioni mediche degli agenti interessati.

101    Per quanto riguarda il secondo motivo, la ricorrente afferma che, se la decisione di applicarle la riserva medica dovesse essere considerata conforme all’art. 100 del RAA, dovrebbe dichiararsi che quest’ultimo viola «i principi generali del diritto concernenti la tutela dei lavoratori».

102    Nelle sue osservazioni sulla memoria d’intervento del Consiglio la ricorrente precisa che l’applicazione dell’art. 100 del RAA, nelle circostanze della fattispecie, si basa su una finzione giuridica, poiché una successione di contratti a tempo determinato viene considerata alla stregua di altrettanti rapporti di lavoro indipendenti gli uni dagli altri. Orbene, ai fini della tutela dei lavoratori sarebbe necessario far prevalere la realtà di un rapporto di lavoro ininterrotto così da impedire che le istituzioni comunitarie possano sottoporre i loro agenti ad un regime di previdenza precario, caratterizzato dal riesame sistematico della loro condizione medica.

–       Argomenti della Commissione e del Consiglio

103    Quanto al primo motivo, la Commissione replica che l’art. 100 del RAA, che figura al titolo IV «Agenti contrattuali», capitolo 8 «Sicurezza sociale», sezione B «Copertura dei rischi d’invalidità e di decesso», può essere applicato agli agenti contrattuali soltanto dalla data della loro assunzione in tale qualità. Inoltre, l’art. 100 del RAA si riferirebbe ad una visita medica precedente l’assunzione a tale titolo, cosicché il periodo di esclusione di cinque anni dalle garanzie previste in materia d’invalidità e di decesso cui esso fa riferimento potrebbe essere soltanto successivo all’assunzione stessa. Non avrebbe senso, del resto, far retroagire tale periodo ad un momento in cui i diritti di cui trattasi non esistevano. La Commissione constata, a tale riguardo, che la ricorrente ha, innanzitutto, lavorato in qualità di agente locale, iscritto al regime di previdenza sociale del suo paese, e successivamente come agente ausiliario iscritto al regime di previdenza sociale belga. Essa sarebbe rientrata nell’ambito del regime previdenziale comunitario soltanto una volta divenuta agente contrattuale.

104    La Commissione osserva, inoltre, che l’art. 100 del RAA è simile all’art. 1° dell’allegato VII dello Statuto e all’art. 32 del RAA, rispettivamente applicabili ai funzionari e agli agenti temporanei. Essa sottolinea, per contro, che le disposizioni relative agli agenti locali e agli agenti ausiliari non contengono alcun articolo comparabile. Tale differenza troverebbe spiegazione nel fatto che la Comunità può imporre una riserva medica solo agli agenti che rientrano nel campo di applicazione della previdenza sociale comunitaria.

105    Quanto al secondo motivo, la Commissione e il Consiglio ritengono che l’eccezione di illegittimità diretta contro l’art. 100 del RAA sia irricevibile poiché il ricorso non contiene alcuna analisi al riguardo. Anche ove si ritenesse che l’eccezione di illegittimità si basi su una pretesa violazione del diritto di accesso alle prestazioni di previdenza sociale comunitaria, degli artt. 12 e 13 della Carta sociale europea, nonché degli artt. 34 e 35 della Carta dei diritti fondamentali, tale eccezione dovrebbe essere parimenti respinta in quanto irricevibile a causa del carattere meramente astratto dell’argomentazione fatta valere, in mancanza di indicazioni sufficientemente chiare e precise che consentano alle controparti di rispondervi e al Tribunale di esercitare il suo controllo, e questo in violazione dell’art. 44 del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado delle Comunità europee.

106    La Commissione aggiunge che la Carta dei diritti fondamentali è priva di valore giuridico vincolante e che la Carta sociale europea non è applicabile alla Comunità poiché quest’ultima non figura tra i suoi firmatari né tra i suoi aderenti.

107    La Commissione sostiene che il diritto ad un livello elevato di tutela della salute, menzionato in questi due testi, è comunque rispettato. La ricorrente sarebbe coperta da un’assicurazione malattia come qualsiasi altro funzionario o agente e beneficerebbe, inoltre, di una copertura in materia di invalidità e di decesso per ogni sviluppo o conseguenza di malattie diverse da quella che ha dato luogo alla riserva medica.

108    Il Consiglio fa valere, in ogni caso, che l’accesso alle prestazioni della previdenza sociale dipende, secondo l’art. 34, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali, dalle modalità stabilite dal diritto comunitario e dalle legislazioni nazionali ovvero, a norma dell’art. 12, n. 4, della Carta sociale europea, dalle misure decise dalle parti contraenti. Lo Statuto e il RAA potrebbero quindi definire il sistema di previdenza sociale applicabile alla funzione pubblica europea. Inoltre, l’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali non riguarderebbe la protezione in materia di invalidità o di decesso, al pari dell’art. 35 di detta Carta, che si limita a prevedere il diritto di ogni individuo di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali. L’art. 100 del RAA non priverebbe la ricorrente di tali garanzie. Peraltro, l’art. 12 della Carta sociale europea riguarderebbe l’istituzione di un regime di previdenza sociale ad opera delle parti contraenti, il mantenimento di tale regime ad un livello soddisfacente nonché l’adozione di misure che garantiscano vantaggi tra le parti contraenti durante la circolazione delle persone. L’art. 13 della stessa Carta garantirebbe il diritto all’assistenza sociale e medica. L’art. 100 del RAA non rientrerebbe quindi nell’ambito di applicazione di questi due articoli.

 Giudizio del Tribunale

109    Si deve ricordare che, in forza degli artt. 70 e 121 del RAA, l’agente locale e l’agente ausiliario sono iscritti al regime obbligatorio di previdenza sociale nazionale, di preferenza quello del paese dell’ultima iscrizione o quello del paese d’origine, per quanto riguarda l’agente ausiliario, oppure, per quanto riguarda l’agente locale, quello del paese sul cui territorio l’agente deve esercitare le proprie funzioni. Nella specie, la ricorrente è stata pertanto iscritta, dal 1° maggio 2001 al 15 settembre 2006, di volta in volta in base ai regimi di previdenza sociale ungherese e belga, nella sua qualità di agente locale, indi come agente ausiliario.

110    L’agente contrattuale, invece, è coperto contro i diversi rischi sociali a norma delle disposizioni del capitolo 8 «Sicurezza sociale» del titolo IV «Agenti contrattuali» del RAA, segnatamente degli artt. 99‑108 in ordine ai rischi di invalidità e di decesso. Ciò significa che, a far data dalla sua assunzione in qualità di agente contrattuale, il 16 settembre 2006, la ricorrente ha cessato di essere soggetta al regime di previdenza sociale belga, per rientrare nel regime di previdenza sociale disciplinato dal RAA.

111    In materia di invalidità e di decesso, l’art. 100 del RAA dispone che, «[q]ualora la visita medica precedente l’assunzione dell’agente riveli che quest’ultimo è affetto da malattia o da infermità l’[AACC] può decidere di ammetterlo al beneficio delle garanzie previste in materia d’invalidità o di decesso, per quanto riguarda gli sviluppi e le conseguenze di tale malattia o infermità, soltanto al termine di un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in servizio presso l’istituzione». Una norma simile è prevista dall’art. 1, n. 1, dell’allegato VIII dello Statuto, applicabile ai funzionari, e dall’art. 32 del RAA, applicabile agli agenti temporanei.

112    Risulta chiaramente dal tenore letterale dell’art. 100 del RAA che esso si limita a prevedere in capo all’AACC una mera facoltà di applicare la riserva medica al momento dell’iscrizione dell’agente al regime comunitario di previdenza sociale, qualora, durante la visita medica di assunzione, si evidenzi che quest’ultimo soffre di una malattia o di un’infermità. Inoltre, il periodo di esclusione della copertura in materia di invalidità o di decesso, relativamente a tale malattia o infermità, ha una durata di cinque anni «a decorrere dalla data di entrata in servizio [dell’agente] presso l’istituzione».

113    È opportuno precisare cosa debba intendersi per «entrata in servizio presso l’istituzione», in quanto le parti dissentono tra loro circa il significato da conferire a tali termini. Secondo la ricorrente, occorre prendere in considerazione l’inizio del periodo di attività dell’interessato presso l’istituzione, indipendentemente dal tipo di contratto che lo abbia legato ad essa, e che, nella specie, corrisponderebbe alla data della sua assunzione in qualità di agente locale, ossia il 1° maggio 2001. La Commissione ritiene, invece, che occorra tener conto della data di decorrenza dell’iscrizione dell’agente contrattuale al regime comunitario di previdenza, ossia, nella specie, la data del 16 settembre 2006.

114    A tale riguardo, secondo costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto comunitario, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui fa parte, nonché dell’insieme delle disposizioni del diritto comunitario (v., in tal senso, sentenze della Corte 6 ottobre 1982, causa 283/81, Cilfit e a., Racc. pag. 3415, punto 20, e 17 novembre 1983, causa 292/82, Merck, Racc. pag. 3781, punto 12; sentenza del Tribunale di primo grado 6 ottobre 2005, cause riunite T‑22/02 e T‑23/02, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, Racc. pag. II‑4065, punto 47).

115    In primo luogo, l’usuale significato dei termini utilizzati all’art. 100 del RAA dovrebbe indurre a far coincidere l’entrata in servizio presso un’istituzione con la data in cui l’agente interessato ha iniziato a svolgere le sue funzioni in seno all’istituzione, indipendentemente dal tipo di contratto che lo lega alla stessa, cosa che, nella fattispecie, farebbe iniziare il periodo di esclusione delle garanzie previste in materia di invalidità e di decesso il 1° maggio 2001. Tuttavia, come la Commissione ha osservato, non avrebbe senso far cominciare siffatto periodo di esclusione prima della data di inizio dell’iscrizione dell’agente interessato al regime comunitario di previdenza sociale.

116    Dal momento che un periodo di esclusione della copertura di un rischio sociale può avere inizio, per sua stessa natura, soltanto in vigenza del regime che copre tale rischio, non si può far retroagire il periodo di esclusione delle garanzie previste in materia di invalidità e di decesso alla data dell’entrata in servizio della ricorrente presso la Commissione, ossia al 1° maggio 2001.

117    Tuttavia, ai fini dell’interpretazione dell’art. 100 del RAA, alla luce delle circostanze della fattispecie, si deve altresì tener conto del contesto di detto articolo, dello scopo perseguito dalla normativa di cui esso fa parte, nonché di altre disposizioni di diritto comunitario.

118    Per quanto riguarda, anzitutto, il contesto dell’art. 100 del RAA e lo scopo perseguito dalla normativa di cui esso fa parte, occorre osservare che l’articolo in esame rientra in un gruppo di disposizioni del RAA volte a garantire agli agenti contrattuali un elevato livello di protezione dai tradizionali rischi previdenziali, tra cui il rischio di invalidità. La Commissione ha peraltro evidenziato, nelle proprie memorie, questa caratteristica della normativa comunitaria, considerando che questa risponde agli obiettivi della Carta dei diritti fondamentali e della Carta sociale europea, nei settori della tutela della salute e della previdenza sociale. Nel corso dell’udienza, essa ha inoltre ammesso l’assenza di automatismi nell’applicazione dell’art. 100 del RAA, poiché tale articolo si limita a prevedere in capo all’AACC una mera facoltà di ricorrere alla riserva medica.

119    Va inoltre rilevato che, per quanto riguarda gli agenti contrattuali, come del resto i funzionari e gli agenti temporanei, la previdenza sociale, segnatamente la copertura del rischio di invalidità, è attuata dall’istituzione stessa in applicazione del RAA. Orbene, il legislatore comunitario, adottando il regolamento n. 723/2004, ha inserito nell’art. 52 del RAA una disposizione che prevede il venir meno dei contratti di agente ausiliario entro il 31 dicembre 2007, con l’intenzione, come risulta dal trentaseiesimo ‘considerando’ di tale regolamento, di sostituire i detti contratti con contratti di agente contrattuale. È pacifico che tale riforma non è stata accompagnata da misure di coordinamento tra i regimi nazionali di assicurazione invalidità, cui erano iscritti gli agenti ausiliari, e il regime comunitario di assicurazione invalidità di cui fanno parte gli agenti contrattuali, alla stregua di ciò che esiste nel contesto generale della libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità, ai sensi dell’art. 42 CE, o, più specificamente, alla stregua di quanto previsto all’art. 11 dell’allegato VIII dello Statuto, in materia di assicurazione vecchiaia.

120    Ciò premesso, l’amministrazione, quando applica l’art. 100 del RAA nei confronti degli ex agenti ausiliari – tenuti, su richiesta della Commissione, a concludere un nuovo contratto di agente contrattuale – non può prescindere, nella fissazione della durata del periodo di esclusione di cui all’art. 100 del RAA, dalla circostanza che gli agenti interessati erano già stati in precedenza al servizio dell’istituzione e hanno dovuto iscriversi ad un altro regime di previdenza in conseguenza del cambiamento di regime contrattuale loro imposto in seguito alla riforma dello Statuto.

121    Per tutti questi motivi, un’interpretazione restrittiva dell’art. 100 del RAA è compatibile sia con il contesto particolare dello stesso, sia con quello più generale della riforma dello Statuto, nonché con lo scopo perseguito dalla normativa di cui l’art. 100 fa parte, considerato che la riserva medica ha la conseguenza di privare l’interessato di qualsiasi pensione d’invalidità, anche, in linea di principio, in base alla legislazione nazionale anteriormente applicabile, come riconosciuto dalla Commissione, nella specie, durante l’udienza, nel caso in cui l’inabilità al lavoro dell’interessato sia dovuta, durante il periodo di esclusione, ad una malattia accertata al momento della visita medica di assunzione.

122    In secondo luogo, per interpretare l’art. 100 del RAA, è necessario tener conto delle esigenze derivanti, nel campo della previdenza sociale in particolare, dal principio della libera circolazione dei lavoratori, garantito dall’art. 39 CE, che costituisce uno dei principi fondamentali della Comunità (v., ad esempio, sentenze della Corte 29 aprile 2004, cause riunite C‑482/01 e C‑493/01, Orfanopoulos e Oliveri, Racc. pag. I‑5257, punto 64, e 17 febbraio 2005, causa C‑215/03, Oulane, Racc. pag. I‑1215, punto 16), e di cui la Commissione deve tener conto quando è chiamata a interpretare le norme statutarie o il RAA.

123    A tale proposito, da una costante giurisprudenza risulta che un cittadino comunitario che lavori in uno Stato membro diverso dal suo Stato d’origine non perde la qualità di lavoratore, ai sensi dell’art. 39, n. 1, CE, per il fatto di occupare un impiego presso le Comunità (sentenze della Corte 3 ottobre 2000, causa C‑411/98, Ferlini, Racc. pag. I‑8081, punto 42, e 16 dicembre 2004, causa C‑293/03, My, Racc. pag. I‑12013, punto 37). A questo riguardo, ad esso non può negarsi il beneficio dei diritti e dei vantaggi sociali conferitigli da tale articolo (sentenze Ferlini, cit., punto 43, e My, cit., punto 38; v. anche, in tal senso, sentenza del Tribunale 19 giugno 2007, causa F‑54/06, Davis e a./Consiglio, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 96).

124    In udienza la Commissione ha tuttavia sostenuto, richiamandosi in particolare alla sentenza My (cit., punti 38 e 40), che l’art. 39 CE non è applicabile alle circostanze del caso di specie, dato che queste riguardano l’accesso ad un impiego avvenuto quando la ricorrente era già stata ammessa nel territorio belga e vi aveva già lavorato. Secondo la Commissione, la situazione della ricorrente dovrebbe essere assimilata ad una situazione interna ad uno Stato membro.

125    Una posizione del genere non può essere accolta. Infatti, occorre anzitutto ricordare che l’art. 39 CE implica, per principio, che i cittadini degli Stati membri dispongano, in particolare, del diritto di abbandonare il loro Stato di origine per trasferirsi nel territorio di un altro Stato membro e ivi risiedere al fine di esercitarvi un’attività economica (sentenze della Corte 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman, Racc. pag. I‑4921, punto 95; 27 gennaio 2000, causa C‑190/98, Graf, Racc. pag. I‑493, punto 22, e 1° aprile 2008, causa C‑212/06, Governo della Comunità francese e Governo vallone, Racc. pag. I‑1683, punto 44).

126    Nella specie, la ricorrente, cittadina ungherese, ha lasciato il suo paese d’origine nel settembre 2003, prima dell’adesione della Repubblica d’Ungheria all’Unione europea, per occupare un posto in qualità di agente ausiliario in seno alla Commissione. È vero che, a quell’epoca, il suo trasferimento in Belgio non poteva essere assimilato all’esercizio del diritto alla libera circolazione dei lavoratori ai sensi dell’art. 39 CE.

127    Tuttavia, dopo l’adesione, il 1° maggio 2004, della Repubblica d’Ungheria all’Unione europea, l’art. 39 CE, in linea di principio, si applica pienamente ai cittadini ungheresi, conformemente all’art. 24 dell’atto relativo alle condizioni di adesione, allegato al Trattato tra i quindici vecchi Stati membri e i dieci nuovi Stati membri relativo all’adesione di questi ultimi all’Unione europea, firmato il 16 aprile 2003 (GU L 236, pag. 33), e al punto 1.1 del suo allegato X, fatte salve unicamente le disposizioni transitorie di cui ai punti 1.2‑1.14 di detto allegato. Ne consegue che, dopo l’adesione della Repubblica d’Ungheria, tali disposizioni possono essere fatte valere da un cittadino ungherese che, a decorrere da una data precedente all’adesione del suo paese d’origine, esercita un’attività dipendente in uno Stato membro diverso dallo Stato membro d’origine (v., in tal senso, sentenza della Corte 27 settembre 1989, causa 9/88, Lopes da Veiga, Racc. pag. 2989, punti 9 e 10, nonché 26 maggio 1993, causa C‑171/91, Tsiotras, Racc. pag. I‑2925, punto 12).

128    Orbene, le succitate disposizioni transitorie di cui all’allegato X dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Ungheria non ostano a che un lavoratore, cittadino ungherese, che alla data di adesione lavori con regolare contratto in uno Stato membro diverso dallo Stato di origine, in particolare presso un’istituzione comunitaria, possa, al momento dell’accesso ad un altro posto presso lo stesso datore di lavoro, rivendicare, nel territorio dello Stato ospitante, i diritti e i vantaggi conferitigli dall’art. 39 CE, specie nel settore della previdenza sociale.

129    La sentenza My (punto 123 supra) non può inficiare l’applicabilità dell’art. 39 CE nella specie. Come si è sottolineato, la ricorrente, cittadina ungherese, ha svolto parte della sua carriera professionale nel suo paese d’origine prima di stabilirsi in Belgio per prestarvi servizio come agente ausiliario della Commissione e accettare, successivamente, un posto di agente contrattuale presso la medesima istituzione. Tali circostanze contraddistinguono il caso in esame se messe a confronto con quelle all’origine della summenzionata causa My, nella quale il ricorrente nella causa principale, cittadino italiano, giunto in Belgio all’età di nove anni, aveva svolto la totalità della sua carriera professionale in Belgio. Nel caso di specie la ricorrente, accettando un nuovo impiego, nel settembre 2006, presso la Commissione, e ciò a prescindere dalle ipotesi previste dalle disposizioni transitorie dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Ungheria che limitano la piena applicazione dell’art. 39 CE, si è avvalsa proprio di uno dei diritti che tale articolo le conferisce, ossia quello di accettare un’offerta di lavoro effettiva nel territorio dello Stato membro ospitante, diverso dal suo Stato d’origine.

130    Dal momento che l’applicabilità dell’art. 39 CE è pertanto dimostrata nel caso di specie, va rammentato che le modalità di esercizio di un’attività sono idonee a condizionare l’accesso a quest’ultima e che una normativa riguardante le condizioni di esercizio di un’attività economica può costituire un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori (sentenza della Corte 15 settembre 2005, causa C‑464/02, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑7929, punto 37). In particolare, secondo una giurisprudenza costante, lo scopo degli artt. 39‑42 CE non verrebbe raggiunto se un lavoratore, a causa dell’esercizio del diritto alla libera circolazione, dovesse essere privato dei vantaggi previdenziali ad esso garantiti dalle leggi di uno Stato membro; una tale conseguenza potrebbe, infatti, dissuadere il lavoratore comunitario dall’esercitare il diritto alla libera circolazione e costituirebbe pertanto un ostacolo a tale libertà (sentenze della Corte 20 settembre 1994, causa C‑12/93, Drake, Racc. pag. I‑4337, punto 22, e 22 novembre 1995, causa C‑443/93, Vougioukas, Racc. pag. I‑4033, punto 39).

131    Orbene, l’applicazione dell’art. 100 del RAA, nelle circostanze della fattispecie, penalizza la ricorrente e può pertanto produrre tale effetto dissuasivo, dal momento che, accettando di continuare a lavorare presso la convenuta in base ad un nuovo contratto, come agente contrattuale, essa perde per cinque anni, a causa dell’applicazione della riserva medica, il beneficio delle prestazioni di invalidità che la legislazione belga precedentemente applicabile le garantiva, senza tuttavia acquisire, per quanto riguarda le eventuali conseguenze della malattia accertata al momento della visita medica di assunzione, un diritto alle prestazioni comunitarie in materia di invalidità e di decesso.

132    È proprio per garantire che l’esercizio del diritto alla libera circolazione, conferito dal Trattato, non abbia l’effetto di privare un lavoratore di vantaggi previdenziali ai quali egli avrebbe potuto aver diritto se avesse compiuto l’intera sua carriera in un unico Stato membro che il legislatore comunitario ha dato attuazione all’art. 42 CE, prevedendo, segnatamente, la regola del cumulo dei periodi di assicurazione, di residenza o di occupazione nel settore della previdenza sociale, adottando il regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU L 149, pag. 2), più volte modificato. La Corte, riguardo ad una normativa nazionale che subordinava l’attribuzione delle prestazioni d’invalidità al fatto che lo stato di salute dell’assicurato, al momento dell’inizio dell’assicurazione, non facesse presumere, a breve scadenza, un’inabilità al lavoro, seguita da invalidità, ha quindi statuito che l’art. 38, n. 1, del regolamento n. 1408/71, articolo che contiene una regola di cumulo in materia di invalidità, osta a che l’ente nazionale consideri l’inizio dell’assicurazione in base alla normativa che esso applica come il dies a quo dei periodi di assicurazione da prendere in considerazione ai fini della liquidazione delle prestazioni di invalidità (sentenza della Corte 26 ottobre 1995, causa C‑481/93, Moscato, Racc. pag. I‑3525, punto 30; v., altresì, in questo senso, sentenza della Corte 26 ottobre 1995, causa C‑482/93, Klaus, Racc. pag. I‑3560, punto 23).

133    È vero che il regolamento n. 1408/71, applicabile agli agenti ausiliari, non lo è, per contro, né nei confronti degli agenti contrattuali, né nei confronti dei funzionari e agenti temporanei delle Comunità europee (v. sentenze Ferlini, cit., punto 41, e My, cit., punto 35). È altrettanto vero però che questi ultimi possiedono la qualità di lavoratore ai sensi dell’art. 39 CE e che la Corte ha messo in evidenza, nella sentenza Moscato (cit., punto 28), l’ostacolo che deriverebbe alla libera circolazione dal rifiuto da parte di un ente nazionale, in sede di applicazione di una disposizione nazionale simile a quella contenuta nell’art. 100 del RAA, di assumere come unico punto di partenza dell’iscrizione la decorrenza dell’assoggettamento in base alla legislazione nazionale che esso applica, prescindendo dai periodi di assicurazione compiuti dall’interessato ai sensi della normativa di un altro Stato membro.

134    Occorre aggiungere che, «per garantire l’effettivo esercizio del diritto alla sicurezza sociale», l’art. 12, n. 4, lett. b), della Carta sociale europea sancisce «il mantenimento (…) dei diritti alla sicurezza sociale con mezzi quali la totalizzazione dei periodi di contribuzione o di lavoro compiuti secondo la legislazione di ciascuna delle [p]arti». Orbene, anche se la Comunità non ha aderito a tale Carta, quest’ultima è menzionata al quarto ‘considerando’ del preambolo del Trattato sull’Unione europea, nonché all’art.136 CE e fa parte degli strumenti di diritto internazionale che devono guidare le istituzioni nell’applicazione e nell’interpretazione delle disposizioni dello Statuto e del RAA, in particolare quelle che tendono a privare il lavoratore di una protezione sociale fondamentale, a causa dell’esercizio di una semplice facoltà lasciata alla discrezionalità delle amministrazioni.

135    È peraltro vero che la giurisprudenza richiamata al precedente punto 132 riguarda ipotesi in cui la perdita di vantaggi previdenziali si è verificata proprio in occasione dell’esercizio del diritto alla libera circolazione, a seguito del cambiamento del paese di iscrizione, mentre, nella specie, l’amministrazione ha applicato l’art. 100 del RAA quando si è trattato di cambiare il tipo di contratto di lavoro nonché il regime di previdenza sociale applicabile, cambiamento che ha avuto luogo tre anni dopo che la ricorrente si era trasferita nel territorio belga al fine di esercitarvi un’attività economica.

136    Quest’ultima circostanza non può tuttavia mettere in discussione la constatazione che la ricorrente, avendo abbandonato, nel 2003, il suo Stato d’origine per esercitare un’attività lavorativa presso la Commissione, si è venuta successivamente a trovare, a seguito della trasformazione del suo contratto di agente ausiliario in contratto di agente contrattuale, resa obbligatoria dalla riforma dello Statuto, e del conseguente cambiamento di regime di previdenza sociale applicabile:

–        o nella situazione di dover subire la perdita del beneficio delle prestazioni di invalidità che la legislazione belga precedentemente applicabile le garantiva, senza tuttavia acquisire, per quanto riguarda le eventuali conseguenze della malattia accertata al momento della visita medica di assunzione, un diritto alle prestazioni comunitarie in materia di invalidità e di decesso, prestazioni alle quali essa avrebbe avuto diritto se i periodi assicurativi da essa maturati in precedenza, in base alla normativa belga e presso lo stesso datore di lavoro, fossero stati presi in considerazione,

–        o nella situazione di dover rinunciare, al termine del suo contratto di agente ausiliario, alla prosecuzione, in Belgio, della sua attività professionale presso la Commissione, per il cui esercizio essa aveva appunto abbandonato il suo paese di origine.

137    Quanto a quest’ultimo punto, si deve ancora ricordare che, ai sensi dell’art. 100 del RAA, una riserva medica può essere imposta a ogni agente contrattuale con mansioni ausiliarie «a decorrere dalla data di entrata in servizio presso l’istituzione» in seguito ad una «visita medica precedente la [sua] assunzione». Precisamente, il contratto della ricorrente come agente ausiliario, cessava ipso iure alla scadenza del termine, il 15 settembre 2006 e la Commissione, considerando la ricorrente come un nuovo agente, le ha imposto la riserva medica controversa, in quanto ricorrevano i presupposti sopra illustrati di cui all’art. 100 del RAA. Pertanto, l’art. 100 del RAA ha condizionato, nel caso di specie, l’accesso di un lavoratore al mercato del lavoro.

138    Ne consegue che, nelle circostanze del caso di specie, l’applicazione dell’art. 100 del RAA penalizza la ricorrente e può rappresentare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti dall’art. 39 CE, che costituisce una norma fondamentale per la Comunità.

139    Orbene, la Commissione non ha dimostrato, né tentato di dimostrare, che tale ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti dall’art. 39 CE era necessario in quanto perseguiva un obiettivo di interesse generale, era idoneo a garantire la realizzazione dello stesso e non eccedeva quanto necessario per raggiungerlo (v., in tal senso, sentenza Governo della Comunità francese e Governo vallone, punto 125 supra, punti 48, 52 e 55). Occorre ricordare a tale proposito, che obiettivi meramente economici non possono giustificare una restrizione di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (sentenze della Corte 5 giugno 1997, causa C‑398/95, SETTG, Racc. pag. I‑3091, punto 23, e 28 aprile 1998, causa C‑158/96, Kohll, Racc. pag. I‑1931, punto 41).

140    Inoltre, il fatto che l’applicazione dell’art. 100 del RAA possa altresì comportare la mancata copertura dei rischi di invalidità per i cittadini belgi che hanno concluso anch’essi un contratto di agente contrattuale con la Commissione, dopo aver lavorato in Belgio come agente ausiliario, ma senza aver mai esercitato la loro libertà di circolazione all’interno della Comunità, non può impedire ad un cittadino di un altro Stato membro che abbia esercitato il proprio diritto alla libera circolazione di beneficiare, in una situazione comparabile, dei diritti e dei vantaggi previdenziali conferitigli dall’art. 39 CE (v., in tal senso, sentenza Governo della Comunità francese e Governo vallone, punto 125 supra, punti 36‑42).

141    Sulla base di tutte le considerazioni che precedono, l’AACC non doveva, nelle particolari circostanze del caso di specie, avvalersi della facoltà di cui all’art. 100 del RAA, in modo da non privare la ricorrente dei vantaggi previdenziali ai quali essa avrebbe potuto avere diritto se fosse rimasta assicurata in base alla legislazione ungherese o belga.

142    Infine, occorre rispondere all’argomento della Commissione secondo cui il Tribunale, fondandosi in particolare sull’art. 39 CE, che non è stato invocato dalla ricorrente nelle sue memorie, riguardo all’applicazione della riserva medica, avrebbe proceduto d’ufficio al controllo della legittimità di un atto amministrativo dell’AACC in relazione ad un motivo attinente alla violazione di una disposizione del Trattato.

143    Occorre sottolineare, in via preliminare e in maniera generale, che la limitazione del potere del giudice di sollevare d’ufficio un motivo deriva dall’obbligo, per lo stesso, di attenersi all’oggetto della controversia e di basare la sua pronuncia sui fatti che gli sono stati presentati. Tale limitazione è giustificata dal principio secondo il quale l’iniziativa del processo spetta alle parti cosicché il giudice può agire d’ufficio solo in casi eccezionali, per il pubblico interesse (v.,in tal senso, sentenza della Corte 7 giugno 2007, cause riunite da C‑222/05 a C‑225/05, van der Weerd e a., Racc. pag. I‑4233, punti 34‑36).

144    Senza che sia qui necessario individuare i casi in cui sarebbe possibile per il Tribunale rilevare d’ufficio un motivo, è sufficiente osservare che, precisando il contesto normativo in cui una norma di diritto derivato va interpretata, il giudice comunitario non si pronuncia sulla legalità di tale norma rispetto alle norme superiori di diritto, incluse quelle del Trattato, ma deve cercare di interpretare la disposizione controversa, per quanto possibile, alla luce del diritto primario e garantirne l’applicazione più conforme al contesto giuridico in cui essa si colloca. Nella specie il Tribunale, interpretando l’art. 100 del RAA, in particolare alla luce delle esigenze derivanti dal principio della libera circolazione dei lavoratori garantito dall’art. 39 CE, non ha travalicato i limiti della controversia, così come circoscritta dalla ricorrente, e non si è basato su fatti e circostanze diversi da quelli che quest’ultima ha posto a fondamento del proprio ricorso. L’argomento dedotto dalla ricorrente dinanzi al Tribunale, pur senza riferimento esplicito all’art. 39 CE, e quello contenuto nella presente sentenza in merito all’interpretazione dell’art. 100 del RAA in relazione all’art. 39 CE sono, in sostanza, largamente concordanti.

145    D’altro canto, i diritti della difesa sono stati rispettati poiché, nella relazione preparatoria d’udienza, tutte le parti sono state invitate a prendere posizione all’udienza in merito alle eventuali conseguenze da trarre, nel caso di specie, dalle sentenze Moscato (punto 132 supra), Vougioukas (punto 130 supra) e My (punto 123 supra), per quanto riguarda la tutela contro l’invalidità e la regola del cumulo dei periodi di assicurazione, quale enunciata all’art. 42, lett. a), CE.

146    Occorre dunque respingere l’argomento della Commissione secondo il quale il Tribunale, nell’esaminare la presente causa in particolare sotto il profilo dell’art. 39 CE, si discosterebbe dal principio dispositivo, alla cui osservanza è tenuto.

147    Risulta da quanto precede, e senza che vi sia bisogno di esaminare le conseguenze della libertà di circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità ai fini dell’interpretazione dell’art. 100 del RAA in circostanze diverse da quelle del caso di specie, che l’AACC era tenuta a non avvalersi della facoltà contemplata al detto art. 100 del RAA nei confronti della ricorrente.

148    Di conseguenza, la Commissione non poteva imporre una riserva medica alla ricorrente basandosi sull’art. 100 del RAA.

149    Si deve pertanto considerare fondato il primo motivo diretto contro la riserva medica e, di conseguenza, annullare la decisione che impone alla ricorrente la riserva medica stessa, senza che sia necessario esaminare il secondo motivo relativo a tale questione, il quale non potrebbe comportare un annullamento più esteso.

 Sulle spese

150    Ai sensi dell’art. 122 del regolamento di procedura, le disposizioni del capo VIII del titolo II di tale regolamento, relative alle spese, si applicano esclusivamente alle cause intentate dinanzi al Tribunale dalla data di entrata in vigore dello stesso regolamento di procedura, vale a dire dal 1° novembre 2007. Le disposizioni del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado pertinenti in materia restano applicabili, mutatis mutandis, alle cause pendenti dinanzi al Tribunale anteriormente a tale data.

151    Di conseguenza, le disposizioni del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado relative alle spese sono applicabili al ricorso F‑69/07.

152    In applicazione dell’art. 87, nn. 2 e 3, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Tribunale, tuttavia, può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi. Peraltro, ai sensi dell’art. 88 del medesimo regolamento, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico.

153    Inoltre, l’art. 87, n. 4, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, prevede che le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese.

154    Peraltro, ai sensi dell’art. 87, n. 1, del regolamento di procedura, applicabile al ricorso F‑60/08, fatte salve le altre disposizioni del capo VIII del titolo II di tale regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda.

155    Infine, l’art. 89, n. 4, del regolamento di procedura prevede che l’interveniente sopporta le proprie spese.

156    Dalla suesposta motivazione la ricorrente risulta vittoriosa in relazione ad uno dei due oggetti del suo ricorso F‑69/07. Pertanto il Tribunale ritiene che, per quanto riguarda le spese relative a tale causa, la Commissione vada condannata a sopportare le proprie spese, nonché la metà delle spese della ricorrente, la quale sopporterà l’altra metà delle proprie spese.

157    Poiché la ricorrente è rimasta soccombente nel suo ricorso F‑60/08, essa sopporterà le proprie spese nonché quelle della Commissione relative a tale causa.

158    Inoltre, il Consiglio, in quanto parte interveniente, sopporterà le proprie spese nei due ricorsi F‑69/07 e F‑60/08.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione delle Comunità europee 14 settembre 2006 è annullata nella parte in cui impone una riserva medica alla ricorrente.

2)      Il ricorso nella causa F‑69/07, O/Commissione, è respinto per la parte restante in quanto infondato.

3)      Il ricorso nella causa F‑60/08, O/Commissione, è irricevibile.

4)      Nella causa F‑69/07, la Commissione delle Comunità europee è condannata a sopportare le proprie spese e la metà delle spese della ricorrente.

5)      La ricorrente è condannata a sopportare la metà delle proprie spese nella causa F‑69/07, nonché le proprie spese e quelle della Commissione delle Comunità europee nella causa F‑60/08.

6)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese in entrambe le cause.

Kanninen

Boruta

Van Raepenbusch

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 settembre 2009.

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       H. Kanninen

I testi della presente decisione nonché delle decisioni dei giudici comunitari ivi citate e non ancora pubblicate nella Raccolta sono disponibili sul sito Internet della Corte di giustizia: www.curia.europa.eu


* Lingua processuale: il francese.