Language of document : ECLI:EU:F:2007:128

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Seduta plenaria)

11 luglio 2007 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Pensioni – Aumento dell’aliquota di contributi al regime pensionistico in applicazione delle disposizioni dello Statuto nella versione in vigore a decorrere dal 1° maggio 2004»

Nella causa F‑105/05,

avente ad oggetto un ricorso proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA,

Dieter Wils, funzionario del Parlamento europeo, residente in Altrier (Lussemburgo), rappresentato dagli avv.ti G. Vandersanden e C. Ronzi,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato dai sigg. J.F. De Wachter e M. Mustapha Pacha, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dalle sig.re M. Arpio Santacruz e M. Simm, in qualità di agenti,

e da

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. J. Currall e D. Martin, in qualità di agenti,

intervenienti,

IL TRIBUNALE (Seduta plenaria),

composto dal sig. P. Mahoney, presidente, dai sigg. H. Kreppel e S. Van Raepenbusch, presidenti di sezione, dalla sig.ra I. Boruta, dai sigg. H. Kanninen, H. Tagaras e S. Gervasoni (relatore), giudici,

cancelliere: sig.ra W. Hakenberg

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 13 febbraio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con ricorso pervenuto nella cancelleria del Tribunale di primo grado delle Comunità europee il 21 ottobre 2005 mediante fax (il deposito dell’originale è avvenuto il 28 ottobre successivo), il sig. Wils chiede l’annullamento del suo foglio paga del mese di gennaio 2005, nella parte in cui, in applicazione dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee, nella versione in vigore a decorrere dal 1° maggio 2004 (in prosieguo: lo «Statuto» o il «nuovo Statuto»), tale foglio paga reca un aumento dell’aliquota dei contributi al regime pensionistico al 9,75% con effetto retroattivo al 1° luglio 2004.

 Contesto normativo

2        L’art. 83 dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee, nella versione in vigore prima del 1° maggio 2004 (in prosieguo: il «precedente Statuto»), disponeva:

«1. Il pagamento delle prestazioni previste dal presente regime di pensioni è a carico del bilancio delle Comunità. Gli Stati membri garantiscono collettivamente il pagamento di tali prestazioni in base al criterio di ripartizione fissato per il finanziamento di queste spese.

(…)

2. I funzionari contribuiscono per un terzo al finanziamento del regime delle pensioni. Tale contributo è pari all’8,25% dello stipendio base dell’interessato, senza tener conto dei coefficienti correttori previsti dall’articolo 64. Il contributo è dedotto mensilmente dallo stipendio dell’interessato.

(…)

4. Se dalla valutazione attuariale del regime delle pensioni effettuata da uno o più attuari, su richiesta del Consiglio [dell’Unione europea], risulta che l’ammontare del contributo dei funzionari è insufficiente ad assicurare il finanziamento del terzo delle prestazioni previste dal regime delle pensioni, le autorità competenti in materia di bilancio, deliberando secondo la procedura di bilancio e previo parere del comitato dello statuto previsto dall’articolo 10, stabiliscono le modifiche da apportare all’aliquota dei contributi o all’età per il collocamento a riposo».

3        Il regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 22 marzo 2004, n. 723, che modifica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di dette Comunità (GU L 124, pag. 1), è entrato in vigore il 1° maggio 2004. L’art. 83 dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee, nella versione in vigore a decorrere dal 1° maggio 2004, prevede attualmente:

«1. Il pagamento delle prestazioni previste dal presente regime di pensioni è a carico del bilancio delle Comunità. Gli Stati membri garantiscono collettivamente il pagamento di tali prestazioni in base al criterio di ripartizione fissato per il finanziamento di queste spese.

(…)

2. I funzionari contribuiscono per un terzo al finanziamento del regime delle pensioni. Tale contributo è pari al 9,25% dello stipendio base dell’interessato, senza tener conto dei coefficienti correttori previsti dall’articolo 64. Il contributo è dedotto mensilmente dallo stipendio dell’interessato. Il contributo viene adattato secondo le disposizioni dell’allegato XII.

3. Le modalità relative alla liquidazione delle pensioni dei funzionari che hanno prestato servizio in parte presso la Comunità europea del carbone e dell’acciaio o che appartengono alle istituzioni o agli organi comuni delle Comunità, nonché alla ripartizione degli oneri derivanti dalla liquidazione di dette pensioni tra il fondo pensioni della Comunità europea del carbone e dell’acciaio ed i bilanci della Comunità economica europea e della Comunità europea dell’energia atomica saranno definite in base ad un regolamento adottato di comune accordo dai Consigli e dalla commissione dei presidenti della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, previo parere del comitato dello statuto».

4        Inoltre, il regolamento n. 723/2004 ha introdotto nello Statuto un nuovo art. 83 bis, ai sensi del quale:

«1. L’equilibrio del regime delle pensioni è assicurato secondo le modalità previste all’allegato XII.

2. Le agenzie di cui all’articolo 1 bis che non ricevono sussidi dal bilancio dell’Unione europea versano a tale bilancio la totalità dei contributi necessari al finanziamento del regime delle pensioni.

3. Al momento della valutazione attuariale quinquennale effettuata conformemente all’allegato XII, e al fine di assicurare l’equilibrio del regime, il Consiglio decide l’aliquota dei contributi e l’eventuale modifica dell’età per il collocamento a riposo.

4. Ogni anno, la Commissione [delle Comunità europee] presenta al Consiglio una versione aggiornata della valutazione attuariale, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato XII. Nel caso in cui risulti uno scarto di almeno 0,25 punti tra l’aliquota dei contributi in corso di applicazione e quella necessaria al mantenimento dell’equilibrio attuariale, il Consiglio verifica se occorre adattare tale aliquota secondo le modalità definite all’allegato XII.

5. Per l’applicazione dei paragrafi 3 e 4 del presente articolo, il Consiglio delibera, su proposta della Commissione, alla maggioranza qualificata prevista all’articolo 205, paragrafo 2, primo trattino, del trattato CE. Per l’applicazione del paragrafo 3, la proposta della Commissione è presentata previo parere del comitato dello statuto».

5        L’allegato XII dello Statuto, che stabilisce le modalità di esecuzione dell’art. 83 bis, prevede, all’art. 1, quanto segue:

«1. Al fine di determinare il contributo dei funzionari al regime delle pensioni di cui all’articolo 83, paragrafo 2, dello statuto, a partire dal 2004 la Commissione procede ogni cinque anni alla valutazione attuariale dell’equilibrio del regime delle pensioni ai sensi dell’articolo 83 bis, paragrafo 3, dello statuto. Tale valutazione indica se il contributo dei funzionari è sufficiente per finanziare un terzo del costo del regime delle pensioni.

2. Ai fini dell’esame di cui all’articolo 83 bis, paragrafo 4, dello statuto, la Commissione procede ogni anno ad un’attualizzazione della suddetta valutazione attuariale, prendendo in considerazione l’evoluzione della popolazione come definita all’articolo 9 del presente allegato, l’evoluzione del tasso d’interesse di cui all’articolo 10 del presente allegato e l’evoluzione del tasso di variazione annuo delle retribuzioni dei funzionari CE di cui all’articolo 11 del presente allegato.

3. La valutazione e l’attualizzazione si effettuano ogni anno n, sulla base del numero di funzionari che risultano affiliati attivi al regime delle pensioni al 31 dicembre dell’anno precedente (n-1)».

6        L’art. 2 dell’allegato XII dello Statuto dispone:

«1. In caso di adeguamento dell’aliquota di contributo, tale adeguamento ha effetto a decorrere dal 1° luglio, in concomitanza con l’adeguamento annuale delle retribuzioni previsto all’articolo 65 dello Statuto. Gli adeguamenti non devono tradursi in un contributo superiore o inferiore di più di un punto percentuale rispetto al tasso applicabile l’anno precedente.

2. L’adeguamento con effetto a decorrere dal 1° luglio 2004 non deve tradursi in un contributo superiore al 9,75%. L’adeguamento con effetto a decorrere dal 1° luglio 2005 non deve tradursi in un contributo superiore al 10,25%.

3. La differenza tra l’adeguamento dell’aliquota di contributo che sarebbe risultata dal calcolo attuariale e l’adeguamento risultante dalla variazione di cui al paragrafo 2 non potrà essere mai recuperata né, di conseguenza, potrà essere integrata nei calcoli attuariali successivi. L’aliquota di contributo che sarebbe risultata dal calcolo attuariale è menzionata nella relazione sulla valutazione di cui all’articolo 1 del presente allegato».

7        A norma dell’art. 4 dell’allegato XII dello Statuto:

«1. L’equilibrio attuariale è determinato sulla base del metodo di calcolo descritto nel presente capitolo.

2. Conformemente a tale metodo, il “valore attuariale” dei diritti a pensione maturati precedentemente alla data di calcolo rappresenta il debito previdenziale per il periodo di attività trascorso, mentre il valore attuariale dei diritti a pensione che saranno maturati nel corso dell’anno di attività che prende inizio alla data di calcolo rappresenta il “costo previdenziale”.

3. L’ipotesi di partenza è che tutti i pensionamenti (salvo quelli per invalidità) avranno luogo ad una determinata età media r. L’età media di pensionamento è attualizzata unicamente nel contesto della valutazione attuariale quinquennale di cui all’articolo 1 del presente allegato e non è necessariamente la stessa per tutte le categorie di personale.

4. Nel determinare i valori attuariali,

a) si tiene conto della futura evoluzione dello stipendio base di ciascun funzionario tra la data del calcolo e l’età pensionabile ipotizzata;

b) non si tiene conto dei diritti a pensione maturati precedentemente alla data del calcolo (il debito previdenziale per il periodo di attività trascorso).

5. Tutte le disposizioni pertinenti previste dal presente statuto (segnatamente agli allegati VIII e XIII) vengono prese in considerazione nella valutazione attuariale del costo previdenziale.

6. Un meccanismo di perequazione è applicato per determinare il tasso di attualizzazione reale e il tasso di variazione annuo delle retribuzioni dei funzionari delle Comunità. La perequazione è ottenuta grazie a una media mobile su [dodici] anni per il tasso d’interesse e per l’incremento delle retribuzioni».

8        A norma dell’art. 10 dell’allegato XII dello Statuto:

«1. I tassi d’interesse da prendere in considerazione per i calcoli attuariali sono basati sui tassi d’interesse medi [annui] osservati in relazione al debito pubblico a lungo termine degli Stati membri, pubblicati dalla Commissione. Un indice adeguato dei prezzi al consumo è utilizzato per calcolare il tasso di interesse corrispondente, al netto dell’inflazione, necessario ai fini dei calcoli attuariali.

2. Il tasso effettivo annuo da prendere in considerazione per i calcoli attuariali è la media dei tassi [di interesse] reali medi dei [dodici] anni precedenti l’anno in corso».

9        L’esecuzione tecnica dell’allegato XII dello Statuto è affidata a Eurostat, assistita da uno o più esperti indipendenti [qualificati per l’] esecuzione delle valutazioni attuariali. Ai sensi dell’art. 13 dell’allegato XII dello Statuto:

«(…)

3. Il 1° settembre di ogni anno, Eurostat presenta una relazione sulle valutazioni e le attualizzazioni di cui all’articolo 1 del presente allegato.

4. Le eventuali questioni metodologiche sorte in sede di attuazione del presente allegato sono trattate da Eurostat in collaborazione con gli esperti delle amministrazioni nazionali competenti e con gli attuari indipendenti. A questo scopo, Eurostat convoca una riunione di questo gruppo almeno una volta all’anno. Tuttavia, Eurostat ha la facoltà di organizzare riunioni più frequenti qualora lo ritenga necessario».

10      La decisione del Consiglio 23 giugno 1981, che istituisce una procedura di concertazione tripartita in materia di rapporti con il personale (in prosieguo: la «decisione 23 giugno 1981»), prevede:

«I.      Concertazioni nell’ambito della commissione di concertazione

1.      I rapporti tra il Consiglio e il personale, rappresentato dalle organizzazioni sindacali e professionali, sono fondati su una procedura di concertazione cui partecipano le autorità amministrative delle istituzioni e degli organi equiparati e nel cui ambito vengono esaminate tutte le informazioni disponibili e le posizioni delle parti allo scopo di agevolare, nei limiti del possibile, la convergenza delle posizioni e assicurare che i rappresentanti degli Stati membri siano resi edotti dei punti di vista del personale e delle autorità amministrative prima di adottare una posizione definitiva.

2.      a) La concertazione ha luogo nell’ambito di una commissione di concertazione composta:

–        da un rappresentante di ciascuno Stato membro;

–        da un numero uguale di rappresentanti del personale designati dalle organizzazioni sindacali e professionali;

–        dal capo dell’amministrazione di ciascuna istituzione (vale a dire il cancelliere della Corte di giustizia [delle Comunità europee] e il [s]egretario generale di ciascuna delle altre istituzioni) o da una persona da questi designata per rappresentarlo.

(…)

3.      La procedura di concertazione può essere applicata solo alle proposte sottoposte al Consiglio dalla Commissione e relative alla modifica dello statuto (…) o del regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee o relative all’applicazione delle disposizioni di detto statuto o di detto regime concernenti le retribuzioni o le pensioni. Essa si applica a tali proposte ogni volta che un membro della commissione di concertazione ne faccia domanda.

(…)

7.      La commissione di concertazione redige una relazione sui risultati dell’esame della proposta effettuata nel suo ambito, che la stessa commissione trasmette (…) al Comitato dei rappresentanti permanenti ai fini della sua presentazione al Consiglio».

 Fatti

11      Il ricorrente è un funzionario del Parlamento europeo, presso il quale presta servizio dal 1991. Prima di essere assegnato all’unità «Trasporti e traslochi», egli è stato a capo del servizio «Pensioni» del Parlamento.

12      In seguito all’entrata in vigore del nuovo Statuto, il ricorrente constatava che la riforma dello Statuto avrebbe potuto comportare un aumento dei suoi contributi al finanziamento del regime pensionistico comunitario.

13      Con lettera 23 luglio 2004, il ricorrente inviava al segretario generale del Parlamento una serie di 41 quesiti e richieste concernenti, in particolare, la legittimità del nuovo Statuto e dell’allegato XII del medesimo.

14      Con lettera 30 novembre 2004, il Parlamento forniva una risposta parziale al ricorrente, mentre la maggior parte dei suoi quesiti e delle sue richieste veniva elusa o rimaneva senza risposta.

15      In seguito alla ricezione della summenzionata lettera 30 novembre 2004, il ricorrente constatava che il suo foglio paga relativo al mese di gennaio 2005 indicava che i suoi contributi al regime pensionistico erano stati aumentati con effetto retroattivo al 1° luglio 2004 e che da quel momento sarebbero ammontati al 9,75%.

16      Con lettera 28 febbraio 2005, il ricorrente presentava un reclamo, conformemente all’art. 90, n. 2, dello Statuto, con cui contestava le risposte date dal Parlamento nella suddetta lettera 30 novembre 2004 e chiedeva l’annullamento del suo foglio paga del mese di gennaio 2005.

17      Con lettera 13 luglio 2005, il presidente del Parlamento respingeva il reclamo del ricorrente.

 Procedimento e conclusioni delle parti

18      Il presente ricorso è stato inizialmente registrato presso la cancelleria del Tribunale con il numero T‑399/05.

19      Con ordinanza 15 dicembre 2005, il Tribunale di primo grado, in applicazione dell’art. 3, n. 3, della decisione del Consiglio 2 novembre 2004, 2004/752/CE, Euratom, che istituisce il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (GU L 333, pag. 7), ha rinviato la presente causa dinanzi al Tribunale. Il ricorso è stato registrato presso la cancelleria di quest’ultimo con il numero F‑105/05.

20      Con atto pervenuto nella cancelleria del Tribunale di primo grado tramite fax il 1° dicembre 2005 (il deposito dell’originale è avvenuto il 5 dicembre successivo), il Consiglio ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del Parlamento. Con ordinanza 22 febbraio 2006, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha autorizzato tale intervento.

21      Con istanza separata, pervenuta alla cancelleria del Tribunale il 3 aprile 2006 tramite fax (il deposito dell’originale è avvenuto il 5 aprile successivo), il Consiglio ha sollevato un’eccezione ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, applicabile mutatis mutandis al Tribunale in forza dell’art. 3, n. 4, della decisione 2004/752, fino all’entrata in vigore del regolamento di procedura di quest’ultimo. Con tale istanza, è stato chiesto al Tribunale che il parere del servizio giuridico del Consiglio del 10 aprile 2003, prodotto dal ricorrente in allegato al ricorso, fosse stralciato dagli atti.

22      Con ordinanza 20 giugno 2006, il Tribunale ha accolto la domanda del Consiglio disponendo lo stralcio dagli atti del parere del servizio giuridico del 10 aprile 2003 e ha riservato le spese.

23      In applicazione dell’art. 51, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, il Tribunale ha deciso, il 4 ottobre 2006, sentite le parti, di rinviare la causa alla Seduta plenaria.

24      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, il Tribunale ha chiesto alle parti, all’interveniente e alla Commissione, all’epoca soggetto terzo nel procedimento, di rispondere ad alcuni quesiti scritti e di trasmettergli taluni documenti.

25      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 7 dicembre 2006, la Commissione ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del Parlamento. In applicazione degli artt. 115, n. 1, e 116, n. 6, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, il presidente del Tribunale, con ordinanza 10 gennaio 2007, ha autorizzato la Commissione ad intervenire nella fase orale.

26      Con fax pervenuto alla cancelleria del Tribunale l’8 febbraio 2007, la Commissione ha chiesto, a nome delle tre istituzioni partecipanti al procedimento, che un funzionario di Eurostat potesse esporre taluni elementi tecnici in udienza. Tenuto conto della natura tecnica delle questioni sollevate dalla controversia, il Tribunale ha autorizzato i rappresentanti delle istituzioni a farsi assistere in udienza, ai fini della loro difesa, da un funzionario di Eurostat. Informato dal Tribunale della presenza di detto funzionario in udienza, tramite fax del 9 febbraio 2007, il rappresentante del ricorrente non ha sollevato obiezioni, in particolare il giorno dell’udienza, a che il funzionario potesse rispondere ad alcuni quesiti di ordine tecnico posti dal Tribunale.

27      Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 13 febbraio 2007.

28      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare il suo foglio paga relativo al mese di gennaio 2005, con effetto retroattivo al 1° luglio 2004;

–        condannare il Parlamento alle spese.

29      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso parzialmente irricevibile e infondato per il resto;

–        statuire sulle spese secondo giustizia.

30      Il Consiglio e la Commissione, intervenienti, sostengono le conclusioni del Parlamento.

 In diritto

31      Il ricorrente sostiene che l’aumento al 9,75% dell’aliquota dei contributi al regime pensionistico, figurante sul suo foglio paga del mese di gennaio 2005, è privo di una legittima base giuridica, in quanto l’aliquota contributiva è stata fissata in applicazione dell’allegato XII dello Statuto, avverso il quale l’interessato solleva un’eccezione di illegittimità.

32      L’eccezione di illegittimità sollevata dal ricorrente contro l’allegato XII dello Statuto si basa sostanzialmente su cinque motivi. Il primo motivo verte sul fatto che il regolamento n. 723/2004 è stato adottato in violazione della procedura di concertazione prevista dalla decisione 23 giugno 1981. Il secondo motivo riguarda il fatto che l’allegato XII dello Statuto sarebbe viziato da un errore manifesto di valutazione dei fatti, che ha portato a un errore di diritto. Il terzo motivo verte sulla violazione del principio di proporzionalità. Il quarto motivo si riferisce ad uno sviamento di potere. Il quinto motivo riguarda la violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

1.     Sull’interesse ad agire

33      In udienza, la Commissione ha sostenuto che nel ricorso non si fa alcun riferimento alla situazione personale del ricorrente, bensì solo a questioni istituzionali, politiche e sindacali. Il ricorso sarebbe stato presentato unicamente nell’interesse della legge e dovrebbe pertanto essere dichiarato irricevibile.

34      È vero, in primo luogo, che tutti i motivi del ricorso sono fondati sull’illegittimità dell’allegato XII dello Statuto, il quale allegato non tocca individualmente il ricorrente, nel senso che non lo concerne in ragione di determinate qualità sue personali o di una situazione che lo caratterizza rispetto a chiunque altro, ma lo riguarda unicamente al pari di qualsiasi altro funzionario. Pertanto, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, il ricorrente non sarebbe legittimato a chiedere direttamente l’annullamento di detto allegato XII (sentenza della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 195, in particolare pag. 220; sentenza del Tribunale di primo grado 29 novembre 2006, cause riunite T‑35/05, T‑61/05, T‑107/05, T‑108/05 e T‑139/05, Agne‑Dapper e a./Parlamento, Consiglio, Commissione, Corte dei conti e CESE, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 58).

35      Nondimeno, in applicazione dell’art. 241 CE, il ricorrente ha la possibilità di far valere, in via di eccezione, l’illegittimità degli atti comunitari di portata generale che non lo riguardano individualmente, e in particolare quella dello Statuto, stante la sua qualità di funzionario. Secondo la Corte, tale facoltà costituisce persino una condizione necessaria per il rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza della Corte 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punto 40). Pertanto, l’esigenza di un collegamento diretto e individuale tra il ricorrente e l’atto di portata generale da questi impugnato non può essere opposta alla domanda incidentale proposta a norma dell’art. 241 CE.

36      La ricevibilità della contestazione, in via incidentale, di un atto comunitario di portata generale è subordinata solo alla duplice condizione che l’atto individuale impugnato sia stato adottato in diretta applicazione del suddetto atto di portata generale (v. sentenza della Corte 5 ottobre 2000, cause riunite C‑432/98 P e C‑433/98 P, Consiglio/Chvatal e a., Racc. pag. I‑8535, punto 33) e che il ricorrente abbia un interesse a impugnare la decisione individuale costituente l’oggetto dell’azione principale (sentenza Agne‑Dapper e a./Parlamento, Consiglio, Commissione, Corte dei conti e CESE, cit., punti 42 e 43).

37      Orbene, nel caso di specie è pacifico che l’aumento dell’aliquota dei contributi pensionistici figurante sul foglio paga del ricorrente del mese di gennaio 2005 è stato stabilito in diretta applicazione dell’allegato XII dello Statuto e che il ricorrente ha un interesse a chiedere l’annullamento di tale aumento.

38      In secondo luogo, risulta da una giurisprudenza costante che il ricorrente non è legittimato ad agire nell’interesse della legge o delle istituzioni e può far valere, a sostegno di un ricorso di annullamento, solo i motivi di doglianza a lui propri (sentenza della Corte 30 giugno 1983, causa 85/82, Schloh/Consiglio, Racc. pag. 2105, punto 14). Tuttavia, tale esigenza non può essere interpretata nel senso che il giudice comunitario ammette la ricevibilità di una censura unicamente qualora questa si rapporti alla situazione personale del solo ricorrente. Così come il ricorso è ricevibile solo ove il ricorrente abbia un interesse personale all’annullamento dell’atto impugnato (v. sentenza del Tribunale di primo grado 28 settembre 2004, causa T‑310/00, MCI/Commissione, Racc. pag. II‑3253, punto 44, e, a contrario, ordinanza del Tribunale di primo grado 24 gennaio 2000, causa T‑179/98, Cuenda Guijarro e a./Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑1 e II‑1, punto 60), le censure del ricorrente sono ricevibili solo qualora possano determinare un annullamento da cui egli possa trarre vantaggio, ossia un annullamento cui egli abbia un interesse personale (sentenze della Corte 15 marzo 1973, causa 37/72, Marcato/Commissione, Racc. pag. 361, punto 7, e 16 dicembre 1976, causa 124/75, Perinciolo/Consiglio, Racc. pag. 1953, punto 26). Parimenti, un’eccezione di illegittimità è ricevibile solo qualora possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che l’ha sollevata (sentenza del Tribunale di primo grado 29 novembre 2006, causa T‑135/05, Campoli/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 132).

39      La Corte ha così dichiarato che un funzionario del Consiglio non aveva interesse a dolersi del fatto che la vacanza di un posto oggetto di controversia non fosse stata comunicata al personale delle istituzioni comunitarie diverse dal Consiglio, trattandosi di un’omissione che non arrecava pregiudizio al detto funzionario (sentenza Schloh/Consiglio, cit., punti 13 e 14). Il Tribunale di primo grado ha inoltre dichiarato nella sentenza Campoli/Commissione, cit., (punto 133), che, poiché il ricorrente non aveva dimostrato di poter beneficiare economicamente di una sentenza con cui detto Tribunale dichiarasse illegittima l’introduzione di un coefficiente correttore applicabile alle pensioni minime del 100% per gli Stati membri nei quali il costo della vita era meno elevato, tale censura, dedotta nell’ambito di un’eccezione di illegittimità diretta contro l’art. 20 dell’allegato XIII dello Statuto, era, di conseguenza, irricevibile.

40      Nella presente controversia, è vero che i motivi dedotti dal ricorrente a sostegno dell’eccezione di illegittimità dell’allegato XII dello Statuto non riguardano esclusivamente la sua situazione personale. Tuttavia, tali motivi sono tutti fondati su irregolarità che potrebbero avergli arrecato pregiudizio. Il ricorrente ha infatti interesse a far valere in giudizio, in via incidentale, che detto allegato non è stato adottato nel rispetto delle regole di concertazione stabilite dal Consiglio, che il metodo di calcolo dei suoi contributi pensionistici è manifestamente erroneo e inadeguato per raggiungere lo scopo dell’equilibrio attuariale del regime pensionistico, o deriva da uno sviamento di potere, e che il legittimo affidamento che egli aveva riposto nel rispetto delle regole di finanziamento di tale regime doveva essere debitamente tutelato.

41      Pertanto, la circostanza che le censure formulate dal ricorrente si fondino su considerazioni di ordine istituzionale, politico e sindacale, che non riguardano esclusivamente la sua situazione personale, non è idonea a rendere irricevibili tali censure.

42      Risulta da tutto quanto precede che l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione dev’essere respinta.

2.     Nel merito

 Sul primo motivo, fondato sulla violazione della procedura di concertazione

 Argomenti delle parti

43      Il ricorrente sostiene nell’atto introduttivo (al punto 31 e alla nota 9) che la procedura di adozione della riforma del regime pensionistico comunitario è stata viziata, in quanto la concertazione prevista dalla decisione 23 giugno 1981 non ha avuto luogo sulla base di una proposta formale della Commissione.

44      Secondo quanto affermato dal Parlamento nel controricorso, il ricorrente non proverebbe che la commissione di concertazione poteva essere consultata solo su una proposta formale sottoposta dalla Commissione al Consiglio. La decisione 23 giugno 1981 non menzionerebbe affatto tale condizione.

45      Il ricorrente ribadisce, nella sua replica, che l’allegato XII dello Statuto è stato adottato in violazione della procedura di concertazione prevista dalla decisione 23 giugno 1981. Infatti, mentre qualsiasi proposta formulata dalla Commissione al Consiglio avrebbe dovuto essere sottoposta alla commissione di concertazione, ai sensi dell’art. 3 della decisione 23 giugno 1981, detta commissione sarebbe stata consultata solo sulla proposta iniziale di allegato XII presentata dalla Commissione, e non sulla seconda proposta della Commissione, in cui si era tenuto conto degli orientamenti adottati dal Consiglio il 19 maggio 2003 (il compromesso della presidenza greca). La commissione di concertazione sarebbe stata consultata direttamente dal Consiglio sul compromesso di detta presidenza. Poiché la Commissione ha presentato la sua proposta modificata solo nel novembre 2003, la versione finale dell’allegato XII non sarebbe stata sottoposta dalla Commissione alla commissione di concertazione e pertanto non sarebbe stata approvata dalle organizzazioni rappresentative del personale.

46      Il Consiglio sottolinea, nella sua memoria d’intervento, di avere adottato il regolamento n. 723/2004, in qualità di autorità comunitaria competente a modificare lo Statuto, su una proposta della Commissione come modificata dal documento COM (2003) 721 del 18 novembre 2003 e previa consultazione delle istituzioni interessate, conformemente all’art. 283 CE. Inoltre, il Consiglio ricorda che la proposta iniziale della Commissione del 26 novembre 2002 conteneva già un nuovo allegato XII dello Statuto, che prevedeva un metodo per assicurare l’equilibrio del regime pensionistico. Per motivi di urgenza, la Commissione non avrebbe incluso in tale proposta iniziale i dettagli del metodo di calcolo. In seguito ai negoziati, tale metodo sarebbe nondimeno stato presentato nella seconda proposta della Commissione del 18 novembre 2003. L’allegato XII dello Statuto sarebbe quindi stato effettivamente adottato su una proposta formale della Commissione e previa consultazione formale della commissione di concertazione. Il trentottesimo ‘considerando’ del regolamento n. 723/2004 farebbe peraltro riferimento all’accettazione delle nuove regole da parte delle «organizzazioni rappresentative del personale, consultate nel quadro del Comitato consultivo creato con la decisione (…) del 23 giugno 1981».

47      Nella sua controreplica, il Parlamento fa valere, in via principale, che il motivo fondato sulla violazione della procedura di concertazione sarebbe stato invocato formalmente dal ricorrente solo in fase di replica e pertanto dovrebbe essere dichiarato irricevibile. In subordine, il Parlamento ricorda che un’irregolarità procedurale comporta l’annullamento di una decisione solo se è dimostrato che, in mancanza di tale irregolarità, la decisione impugnata avrebbe potuto avere un contenuto diverso. Orbene, nel caso di specie, il ricorrente non addurrebbe alcun argomento atto a far pensare che, se la seconda proposta di regolamento del 18 novembre 2003 fosse stata formalmente sottoposta alla commissione di concertazione, il contenuto dell’allegato XII dello Statuto sarebbe stato diverso. Infine, la decisione 23 giugno 1981 non imporrebbe di sottoporre una proposta di modifica di un regolamento alla commissione di concertazione, a pena di illegittimità del regolamento adottato.

48      Infine, secondo la tesi esposta dalla Commissione in udienza, il ricorrente non avrebbe alcun interesse personale a contestare la regolarità della procedura di concertazione e tale censura sarebbe quindi irricevibile.

 Giudizio del Tribunale

49      Risulta dagli atti di causa che una prima proposta di regolamento del Consiglio recante modifica dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee è stata presentata dalla Commissione nell’aprile 2002. Tale proposta non prevedeva alcuna modifica rilevante del regime pensionistico. Con decisione 19 maggio 2003, il Consiglio ha stabilito gli orientamenti della riforma del regime pensionistico e ha deciso di collegare tale riforma a quella dello Statuto. La procedura di concertazione si è svolta, tra i mesi di giugno e settembre del 2003, sulla base della prima proposta della Commissione e degli orientamenti del Consiglio. Il 18 novembre successivo la Commissione ha presentato una seconda proposta di regolamento del Consiglio tenendo conto degli orientamenti adottati dal Consiglio il 19 maggio 2003 e dei risultati della procedura di concertazione.

50      L’argomento del ricorrente relativo all’irregolarità della procedura di concertazione è suddiviso in due parti. La prima parte verte sul fatto che, contrariamente alle disposizioni della decisione 23 giugno 1981, la concertazione non avrebbe avuto luogo sulla base di una proposta formale della Commissione, bensì su iniziativa del Consiglio e sulla base di un testo elaborato direttamente da quest’ultimo. Nella seconda parte si afferma che la seconda proposta della Commissione comprensiva della nuova versione dell’allegato XII dello Statuto non è stata sottoposta alla commissione di concertazione.

51      In primo luogo, ai sensi delle disposizioni del punto I.3 della decisione 23 giugno 1981, la procedura di concertazione è applicabile solo alle proposte sottoposte al Consiglio dalla Commissione concernenti la modifica dello Statuto o del regime applicabile agli altri agenti delle Comunità, o relative all’applicazione delle disposizioni di detto Statuto o di detto regime concernenti le retribuzioni o le pensioni. Tali disposizioni subordinano l’organizzazione di una procedura di concertazione alla presenza di due condizioni, ossia una proposta della Commissione al Consiglio nella materia di cui trattasi e una richiesta di un membro della commissione di concertazione. Tali disposizioni non hanno invece lo scopo di vietare alla commissione di concertazione – ciò che peraltro sarebbe in contrasto con l’obiettivo della procedura – di estendere la concertazione a elementi diversi da quelli contenuti nella proposta della Commissione e di tenere conto di tutti gli elementi pertinenti, forniti dalle organizzazioni sindacali o professionali, dagli Stati membri o dalle istituzioni, al fine di svolgere il proprio compito di concertazione tripartita. Di conseguenza, la decisione 23 giugno 1981 non ostava, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente nella prima parte della sua argomentazione, a che la commissione di concertazione esaminasse, come nel caso di specie, le modifiche che il Consiglio intendeva chiedere alla Commissione di apportare alla sua prima proposta.

52      In secondo luogo, come si è appena ricordato, la procedura di concertazione si applica alle proposte della Commissione solo qualora un membro della commissione di concertazione ne faccia domanda. Tale disposizione è intesa a garantire che la procedura di concertazione non abbia luogo quando non appaia utile agli stessi soggetti incaricati del suo svolgimento. Detta disposizione può consentire in particolare alla commissione di concertazione di esimersi dall’esaminare le proposte di modifica della Commissione quando la prima proposta sia già stata oggetto di una concertazione ritenuta sufficiente.

53      Nel caso di specie, il Consiglio ha fatto valere in udienza, senza essere contraddetto, che nessun membro della commissione di concertazione aveva chiesto l’applicazione della procedura di concertazione alla seconda proposta, di modifica, della Commissione, presentata il 18 novembre 2003. Di conseguenza, non sussisteva alcun obbligo legale di avviare la procedura di concertazione su tale proposta, contrariamente a quanto presuppone la seconda parte dell’argomentazione del ricorrente.

54      Da ultimo, e per giunta, secondo una giurisprudenza costante, un’irregolarità procedurale è idonea a viziare un atto solo qualora sia dimostrato che, in assenza di tale irregolarità, l’atto in questione avrebbe potuto avere un contenuto differente (v., in particolare, sentenza del Tribunale di primo grado 5 marzo 2003, causa T‑24/01, Staelen/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑79 e II‑423, punto 53).

55      Orbene, non consta dagli atti di causa che il fatto che la seconda proposta della Commissione del 18 novembre 2003 non sia stata sottoposta alla concertazione possa aver influito sul contenuto dell’allegato XII dello Statuto. Infatti, il ricorrente, se pure ha fatto valere in udienza che la concertazione non aveva potuto riguardare la nuova versione di detto allegato XII, formalizzata nella seconda proposta della Commissione, non indica con precisione quali siano gli elementi che sarebbero stati sottratti in tal modo alla concertazione. Risulta anzi dal punto 18 dei risultati della commissione di concertazione, che sono stati comunicati al Tribunale dal Consiglio tramite fax in data 8 dicembre 2006 in risposta ai quesiti scritti del Tribunale del 26 ottobre 2006, che la commissione di concertazione ha approvato il metodo attuariale introdotto in definitiva nell’allegato XII dello Statuto, ossia il metodo risultante da uno studio di Eurostat del settembre 2003, strutturato in tre punti. La maggior parte delle organizzazioni sindacali, in particolare, ha espresso il proprio consenso sulla riforma, come ha ricordato il Consiglio in udienza.

56      Ne consegue che non è dimostrato che, se si fosse applicata la procedura di concertazione alla seconda proposta della Commissione, l’allegato XII dello Statuto avrebbe potuto avere un contenuto diverso. Pertanto, anche supponendo che l’allegato XII dello Statuto sia viziato sotto questo aspetto da un’irregolarità procedurale, in ogni caso tale irregolarità sarebbe inidonea a inficiare detto allegato.

57      Risulta da tutto quanto precede che il motivo fondato sulla violazione della procedura di concertazione dev’essere respinto, senza che occorra statuire sulla sua ricevibilità.

 Sul secondo e il terzo motivo, fondati su un errore manifesto di valutazione e sulla violazione del principio di proporzionalità

58      Nel caso di specie queste due censure, dato il loro stretto collegamento, vanno esaminate congiuntamente.

 Argomenti delle parti

59      Per quanto riguarda, in primo luogo, il motivo relativo all’errore manifesto di valutazione, tale errore vizierebbe, secondo il ricorrente, la scelta, operata all’art. 10, n. 2, dell’allegato XII dello Statuto, di calcolare il tasso d’interesse reale medio su un periodo di dodici anni precedenti l’anno in corso. Infatti, nella valutazione attuariale effettuata nel 2003, Eurostat e il gruppo di esperti nazionali si sarebbero accordati su un periodo di venti anni precedenti l’anno in corso. Il periodo di riferimento di dodici anni sarebbe stato adottato affinché il calcolo portasse a un aumento dell’aliquota di contribuzione dei funzionari. Il ricorrente rileva che il verbale della riunione, svoltasi il 7 giugno 2004, del gruppo di esperti incaricato, in applicazione dell’art. 13, n. 4, dell’allegato XII dello Statuto, di assistere Eurostat nell’esecuzione tecnica di detto allegato (in prosieguo: il «gruppo di lavoro “articolo 83”») riporta che il periodo di riferimento di venti anni, ancorché raccomandato nello studio attuariale effettuato dalla società KPMG nel 1998 e utilizzato nella relazione di Eurostat del 2003, conformemente alle norme contabili internazionali IAS n. 19, è stato sostituito con un periodo di riferimento di dodici anni in seguito a negoziati politici. Tale parametro sarebbe quindi stato scelto per garantire l’equilibrio attuariale del regime. Incomberebbe al Parlamento o al Consiglio spiegare i motivi di tale scelta.

60      Il Parlamento fa valere che il motivo relativo all’errore manifesto di valutazione che avrebbe portato a un errore di diritto non è stato dedotto nel reclamo ed è pertanto irricevibile. Nel merito, tenuto conto del margine di valutazione discrezionale di cui dispone il Consiglio in quanto legislatore in materia di disposizioni statutarie, solo un errore manifesto di valutazione potrebbe essere censurato dal giudice e la scelta di un periodo di riferimento di dodici anni non costituirebbe un errore del genere. Un esperto indipendente, la società Ernst & Young Actuaires‑Conseils, avrebbe peraltro confermato la pertinenza e l’affidabilità delle procedure e delle ipotesi attuariali utilizzate.

61      Il Consiglio sottolinea nella sua memoria d’intervento che, se è pur vero che la riduzione del periodo di riferimento da venti a dodici anni si è tradotta in una diminuzione del tasso di attualizzazione utilizzato al momento della valutazione attuariale del 31 dicembre 2003 (3,9% anziché 4,7%) e che tale riduzione del tasso di attualizzazione spiega in parte l’aumento dell’aliquota contributiva (fino al 10,43%, prima dell’applicazione della regola relativa al massimale del 9,75% figurante all’art. 2, n. 2, dell’allegato XII dello Statuto), tale constatazione non consente però di concludere che la misura adottata non sia idonea a garantire l’equilibrio attuariale del regime pensionistico.

62      Il Consiglio ammette che la riduzione del numero di anni da prendere in considerazione nel calcolo del tasso d’interesse reale rende quest’ultimo, e con esso l’aliquota contributiva, più instabile, ma sostiene che tale scelta non ha alcuna incidenza sull’equilibrio del regime pensionistico nel lungo periodo, dato che i tassi d’interesse vengono ricalcolati ogni anno, il che consente di adeguare annualmente l’aliquota contributiva per assicurare l’equilibrio attuariale. Nulla consentirebbe di affermare che il tasso d’interesse reale medio calcolato su dodici anni sarebbe in futuro sistematicamente inferiore al tasso d’interesse reale medio calcolato su venti anni. Il Consiglio osserva inoltre che è stato utilizzato un periodo di dodici anni anche per determinare il tasso generale di aumento degli stipendi di cui tenere conto nei calcoli attuariali, all’art. 4, n. 6, dell’allegato XII dello Statuto.

63      Il ragionamento sull’equilibrio attuariale presupporrebbe una visione di lungo periodo. In base a tale ragionamento non si potrebbe concludere che le disposizioni dell’allegato XII dello Statuto non sono adeguate per il solo fatto che i calcoli attuariali si tradurrebbero, in un determinato anno, in un aumento dell’aliquota dei contributi pensionistici.

64      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la violazione del principio di proporzionalità, essa deriverebbe, secondo il ricorrente, dal fatto che l’aumento dell’importo del contributo dei funzionari al regime pensionistico non sarebbe né necessario né adeguato per garantire l’equilibrio attuariale. Alla luce degli elementi a disposizione del legislatore, in particolare la relazione di Eurostat del settembre 2003, l’aumento dell’aliquota contributiva apparirebbe manifestamente sproporzionato. Detta relazione di Eurostat avrebbe dimostrato che un aumento dell’aliquota contributiva all’8,7% era sufficiente a garantire l’equilibrio attuariale. Il ricorrente sostiene che è stata la scelta di utilizzare un periodo di dodici anni per il calcolo del tasso di interesse reale medio, preferito a un periodo di venti anni, a determinare il calcolo di un’aliquota contributiva nettamente più elevata. Orbene, secondo la relazione dell’attuario EIS Belgium, fatta realizzare dal ricorrente, tale periodo di dodici anni sarebbe meno adeguato.

65      Il Parlamento considera che il motivo fondato sulla violazione del principio di proporzionalità dev’essere dichiarato irricevibile, in quanto non è stato dedotto espressamente nel reclamo preliminare e tale reclamo non conteneva alcun elemento da cui il Parlamento potesse dedurre che il ricorrente intendeva far valere detto motivo.

66      In subordine, il Parlamento ricorda che, secondo la giurisprudenza, il legislatore dispone nel settore economico di un ampio margine di valutazione discrezionale. Tale giurisprudenza sarebbe applicabile anche in materia statutaria, relativamente alla valutazione dell’equilibrio attuariale del regime pensionistico. Di conseguenza, solo il carattere manifestamente inadeguato di una misura adottata in tale materia, in rapporto all’obiettivo che le istituzioni competenti intendono perseguire, potrebbe pregiudicare la legittimità di tale misura. Orbene, il metodo di cui all’allegato XII dello Statuto e i suoi parametri, in particolare la fissazione in dodici anni del periodo di riferimento per il calcolo del tasso d’interesse reale medio, non sarebbero manifestamente inadeguati rispetto allo scopo da conseguire, ossia garantire l’equilibrio attuariale.

 Giudizio del Tribunale

–       Sulla portata del controllo esercitato dal giudice sulle disposizioni dell’allegato XII dello Statuto

67      Il giudice comunitario esercita, in linea di principio, un pieno controllo sulla legittimità nel merito dell’atto, ossia un controllo avente ad oggetto tanto i motivi di diritto e di fatto dell’atto, quanto il contenuto dello stesso. In questo caso, il giudice comunitario verifica in particolare la validità delle valutazioni di fatto compiute dall’autore dell’atto.

68      Tuttavia, nei settori che presuppongono una valutazione complessa, in particolare di situazioni economiche (v. sentenza della Corte 19 novembre 1998, causa C‑150/94, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. I‑7235, punto 54) o di metodi statistici (v., per quanto riguarda l’adeguamento dei coefficienti correttori delle retribuzioni, sentenze del Tribunale di primo grado 8 novembre 2000, causa T‑158/98, Bareyt e a./Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑235 e II‑1085, punto 57, e 25 settembre 2002, cause riunite T‑201/00 e T‑384/00, Ajour e a./Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑167 e II‑885, punto 48), nonché nell’esercizio di responsabilità politiche attribuite dai trattati (v. sentenza della Corte 7 settembre 2006, causa C‑310/04, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I‑7285, punto 96; sentenza del Tribunale di primo grado 1° dicembre 1999, cause riunite T‑125/96 e T‑152/96, Boehringer/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑3427, punto 74), il giudice comunitario riconosce alle istituzioni un ampio potere discrezionale.

69      Di conseguenza, nel controllare l’esercizio di tale competenza, il giudice deve limitarsi ad esaminare se l’atto sottoposto al suo controllo non sia viziato da errore manifesto o da sviamento di potere, o se l’autorità di cui trattasi non abbia manifestamente superato i limiti del suo potere discrezionale (v. sentenze della Corte 25 gennaio 1979, causa 98/78, Racke, Racc. pag. 69, punto 5; 17 gennaio 1985, causa 11/82, Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, Racc. pag. 207, punto 40, e 25 ottobre 2001, causa C‑120/99, Italia/Consiglio, Racc. pag. I‑7997, punti 44 e 45).

70      Nel caso di specie, l’equilibrio attuariale del regime pensionistico comunitario, di cui l’allegato XII dello Statuto definisce le modalità, presuppone che si tenga conto nel lungo periodo delle evoluzioni economiche e di variabili finanziarie e richiede calcoli statistici complessi. Il legislatore comunitario dispone quindi di un ampio potere discrezionale per stabilire le modalità dell’equilibrio attuariale di detto regime pensionistico. Il Tribunale di primo grado ha inoltre dichiarato che il Consiglio dispone, per definire il nuovo regime pensionistico comunitario, di un ampio potere discrezionale, che corrisponde alle responsabilità politiche che il Trattato gli attribuisce (sentenza Campoli/Commissione, cit., punti 143 e 144).

71      Risulta da quanto precede che il Tribunale esercita sulle disposizioni dell’allegato XII dello Statuto, che il ricorrente contesta in via di eccezione, in particolare quelle dell’art. 10, n. 2, solo un controllo dell’errore manifesto di valutazione.

72      In forza del principio di proporzionalità, la legittimità di una normativa comunitaria è subordinata anche alla condizione che i mezzi che essa impiega siano idonei a realizzare l’obiettivo legittimamente perseguito dalla normativa in causa e non vadano al di là di ciò che è necessario per raggiungerlo, fermo restando che, qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate, è necessario ricorrere, in linea di principio, alla meno restrittiva (sentenza del Tribunale di primo grado 5 giugno 1996, causa T‑162/94, NMB France e a./Commissione, Racc. pag. II‑427, punto 69, e giurisprudenza ivi citata).

73      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, qualora si tratti di un settore in cui il legislatore comunitario dispone, come nel caso di specie, di un ampio potere discrezionale corrispondente alle responsabilità politiche che il Trattato gli attribuisce, il controllo di proporzionalità è limitato all’esame della manifesta inadeguatezza del provvedimento controverso rispetto all’obiettivo che l’istituzione competente ha il compito di perseguire (v., in tal senso, sentenza Italia/Consiglio, cit., punti 44 e 45; sentenze NMB France e a./Commissione, cit., punto 70, e Campoli/Commissione, cit., punto 143).

74      Tenuto conto dei limiti del controllo esercitato dal giudice sulle disposizioni regolamentari controverse, in udienza la Commissione ha espresso la propria preoccupazione in ordine alla precisione e al tecnicismo dei quesiti scritti, nonché all’ampiezza delle richieste di documenti rivolte dal Tribunale alle parti e agli intervenienti, sottolineando che il ricorrente non avrebbe prodotto la prova, che gli incomberebbe, del fatto che nel caso di specie il legislatore comunitario avrebbe violato un diritto superiore. Secondo detta istituzione, le misure di organizzazione del procedimento adottate dal Tribunale sarebbero persino idonee a ledere il principio del rispetto dei diritti alla difesa, dato che il Tribunale rischierebbe di elaborare lui stesso, al di fuori degli argomenti delle parti, la soluzione della controversia.

75      Tale argomentazione, nel caso in esame, non può essere accolta. Infatti, il controllo giurisdizionale esercitato nella fattispecie, anche se ha portata limitata, richiede che il Consiglio, da cui promana l’atto in causa, sia in grado di dimostrare dinanzi al giudice comunitario che l’atto è stato adottato attraverso un esercizio effettivo del suo potere discrezionale, il quale presuppone la valutazione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze rilevanti della situazione che tale atto era inteso a disciplinare (sentenza 7 settembre 2006, Spagna/Consiglio, cit., punto 122).

76      Ne deriva che il Consiglio deve, almeno, poter produrre ed esporre in modo chiaro e inequivocabile i dati di base che hanno dovuto essere presi in considerazione per fondare le misure controverse e dai quali dipendeva l’esercizio del suo potere discrezionale (sentenza 7 settembre 2006, Spagna/Consiglio, cit., punto 123).

77      Orbene, il ricorrente ha fornito, a sostegno dei motivi concernenti l’errore manifesto di valutazione e la violazione del principio di proporzionalità, indizi sufficientemente precisi, obiettivi e concordanti, che hanno giustificato l’intervento diretto del Tribunale nella ricerca degli elementi di prova (v., in tal senso, sentenza della Corte 6 marzo 2001, causa C‑274/99 P, Connolly/Commissione, Racc. pag. I‑1611, punto 113), onde verificare se il Consiglio non avesse fatto un uso manifestamente errato o inadeguato del suo ampio potere discrezionale.

78      Il ricorrente ha prodotto numerosi documenti a sostegno delle sue argomentazioni, ossia un totale di 47 documenti allegati alle sue varie memorie, e ha inoltre fatto realizzare da un attuario, la EIS Belgium, uno studio comparato dei metodi attuariali impiegati nelle relazioni di Eurostat del settembre 2003 e del settembre 2004. Egli ha quindi prodotto il massimo degli elementi a sua disposizione e persino un documento che non avrebbe potuto legittimamente produrre, di cui il Tribunale ha disposto lo stralcio dagli atti con ordinanza 20 giugno 2006.

79      Per contro, le istituzioni hanno prodotto spontaneamente solo pochi documenti, o nessuno: il Parlamento non ha prodotto alcun allegato e il Consiglio ha allegato due documenti alla propria memoria d’intervento.

80      Orbene, due dei tre studi attuariali sulla base dei quali è stata elaborata la riforma del regime pensionistico, cioè lo studio effettuato dalla società KPMG, del dicembre 1998, e uno studio condotto dall’attuario Watson Wyatt Brans & Co, del dicembre 2002, non figuravano agli atti, anche se erano stati menzionati a più riprese dalle parti e citati dal Consiglio, a titolo dimostrativo, nella sua memoria d’intervento. Del pari, le parti dibattevano in merito agli obblighi derivanti per il Consiglio dalla decisione 23 giugno 1981 e dalla norma contabile internazionale IAS n. 19, senza avere trasmesso i relativi testi. Il Tribunale ha quindi chiesto che tali documenti fossero acquisiti agli atti.

81      Inoltre, poiché né il Parlamento né il Consiglio avevano indicato nelle loro memorie i motivi per i quali era stato scelto dal legislatore il periodo di riferimento di dodici anni, limitandosi ad invocare l’ampio potere discrezionale del Consiglio, il Tribunale ha ritenuto di dover cercare tali motivi nei lavori preparatori dell’allegato XII dello Statuto e di chiederne pertanto la trasmissione, onde poter valutare con cognizione di causa la fondatezza delle censure relative al carattere manifestamente errato o manifestamente inadeguato della scelta di tale periodo di riferimento.

82      Per di più, la circostanza che il Tribunale, ritenendosi non sufficientemente edotto su taluni punti, abbia deciso, nell’interesse della buona amministrazione della giustizia, di rivolgere al Parlamento e al Consiglio vari quesiti scritti non può essere considerata incompatibile con i diritti della difesa.

83      Infine, per gli stessi motivi, il Tribunale ha ritenuto necessario, tenuto conto del ruolo della Commissione, e in particolare di Eurostat, nell’elaborazione dell’allegato XII dello Statuto, rivolgere quesiti anche a tale istituzione.

–       Sul periodo di riferimento di dodici anni

84      Risulta dal combinato disposto degli artt. 83 bis, n. 1, dello Statuto e 4, n. 1, dell’allegato XII dello stesso, che lo scopo del metodo di calcolo esposto in tale allegato consiste nel garantire l’equilibrio attuariale del regime pensionistico comunitario. Secondo gli artt. 1, n. 1, e 5 dell’allegato XII dello Statuto, l’aliquota di contribuzione dei funzionari dev’essere fissata a un livello sufficiente per finanziare un terzo del costo del regime, calcolato su base attuariale.

85      A differenza dei regimi detti di «ripartizione», il cui equilibrio, definito con il sistema di bilancio, viene raggiunto se il totale delle risorse costituite dai contributi versati dal datore di lavoro e dai dipendenti durante l’anno copre il totale delle prestazioni corrisposte ai pensionati nello stesso anno, il regime pensionistico comunitario è in equilibrio, nel senso attuariale dell’allegato XII, se il livello dei contributi che devono versare ogni anno i funzionari in attività consente di finanziare l’importo futuro dei diritti maturati da tali funzionari nel corso del medesimo anno. Pertanto, a differenza dell’impostazione di bilancio, l’impostazione attuariale prende in considerazione il finanziamento del regime pensionistico nel lungo periodo. L’art. 83, n. 2, dello Statuto prevede che i funzionari contribuiscano per un terzo al finanziamento del regime pensionistico, mentre gli altri due terzi sono a carico delle istituzioni.

86      L’allegato XII dello Statuto utilizza il metodo detto della «proiezione dell’unità di credito», raccomandato dalla norma contabile internazionale IAS n. 19. Secondo tale metodo, la somma dei valori attuariali dei diritti a pensione maturati nel corso di un anno da tutti i funzionari attivi, definita dagli attuari «costo previdenziale», viene rapportata al totale annuo del loro stipendio base. Il tasso di contribuzione dei funzionari è pari a un terzo di tale rapporto, in base al criterio di ripartizione del finanziamento risultante dall’art. 83, n. 2, dello Statuto. Il calcolo del costo previdenziale richiede ipotesi attuariali, vale a dire stime del valore futuro di vari parametri (tasso d’interesse, mortalità, progressione salariale, ecc.). Per tenere conto dei valori effettivamente osservati, il rispetto dell’equilibrio attuariale esige un adeguamento periodico di tali ipotesi, che l’art. 1, n. 2, dell’allegato XII prevede venga effettuato annualmente.

87      Come hanno sottolineato tutte le parti e gli intervenienti, l’aliquota dei contributi pensionistici è, in particolare, molto sensibile alle variazioni dei tassi d’interesse reali utilizzati per i calcoli attuariali. La presa in considerazione di tassi di interesse reali esigui determina un aumento significativo dell’aliquota dei contributi pensionistici. Al contrario, l’impiego, ai fini del calcolo attuariale, di tassi d’interesse reali elevati ha l’effetto di ridurre sensibilmente l’aliquota contributiva. Tenuto conto di tale sensibilità dell’aliquota contributiva alle variazioni dei tassi d’interesse reali e per evitare modifiche frequenti e persino cambiamenti drastici delle aliquote contributive, gli attuari raccomandano che venga impiegato un tasso d’interesse reale medio calcolato sul lungo periodo.

88      Pertanto, l’art. 10, n. 2, dell’allegato XII dello Statuto definisce il tasso di interesse da prendere in considerazione per il calcolo attuariale come la media dei tassi d’interesse reali medi dei dodici anni precedenti l’anno in corso.

89      Il ricorrente contesta la scelta di tale periodo. Egli fa valere, giustamente, che tutti gli studi attuariali di cui disponeva il Consiglio per stabilire il metodo dell’allegato XII dello Statuto avevano utilizzato un periodo più lungo, di venti anni, per il calcolo del tasso d’interesse reale medio. Tale periodo è stato infatti assunto a riferimento dallo studio della società KPMG del dicembre 1998 e dallo studio dell’attuario Watson Wyatt Brans & Co del dicembre 2002, e persino dalla relazione di Eurostat del settembre 2003. Risulta quindi che l’allegato XII dello Statuto si discosta su questo punto dalla prassi abituale degli attuari.

90      Inoltre, le misure di organizzazione del procedimento disposte dal Tribunale hanno permesso di porre in evidenza che il Consiglio non disponeva, al momento dell’adozione dell’allegato XII dello Statuto, di alcuno studio attuariale del regime pensionistico comunitario basato su un periodo di dodici anni. Risulta invece dal resoconto della riunione del gruppo di lavoro «articolo 83» del 7 giugno 2004, allegato alla replica, che il periodo è stato ridotto da venti a dodici anni «in seguito a negoziati politici».

91      Dopo aver fatto unicamente valere, nella sua memoria d’intervento, che la scelta del periodo di dodici anni rientrava nel suo ampio potere discrezionale, il Consiglio ha spiegato, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, i motivi per i quali si era discostato dalla prassi attuariale seguita dai tre studi di cui disponeva: la scelta del periodo di dodici anni sarebbe il risultato di un compromesso, approvato dalle organizzazioni rappresentative del personale, tra un periodo di venti anni proposto dalla Commissione e uno di cinque anni voluto da alcuni Stati membri.

92      Gli atti del fascicolo, e in particolare il «non‑paper» della presidenza del Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) del 23 settembre 2003, che è stato prodotto dal Consiglio in risposta a una richiesta di documenti del Tribunale, consentono di completare tali spiegazioni. Poiché i tassi d’interesse annui sono stati particolarmente bassi nel corso degli anni precedenti il 2004, il tasso d’interesse reale medio sarebbe stato poco elevato se fosse stato calcolato su un breve periodo precedente detto anno. Poiché tale tasso serve a calcolare il valore futuro dei contributi versati dai funzionari nell’anno in corso, più tale tasso è esiguo più i contributi dei funzionari devono essere elevati per garantire l’equilibrio attuariale del regime. Infatti, risulta dal «non‑paper» del 23 settembre 2003 che, a parità delle altre condizioni, la scelta di un periodo di cinque anni per il calcolo del tasso d’interesse reale medio avrebbe portato a un’aliquota contributiva del 12,4% al 1° gennaio 2004, anziché dell’8,9%, se fosse stato utilizzato un periodo di venti anni. Risulta da tale confronto che la riduzione del periodo di riferimento, infine portato a dodici anni, è stata decisa per ottenere un maggiore aumento immediato dell’aliquota di contribuzione dei funzionari.

93      Tale constatazione, tuttavia, non è idonea a far considerare il periodo di dodici anni come un parametro manifestamente errato o manifestamente inadeguato ai fini del calcolo attuariale.

94      Infatti, in primo luogo, se pure gli attuari utilizzano piuttosto un periodo di venti anni, la loro prassi non ha il valore di una norma obbligatoria. In particolare, la norma contabile internazionale IAS n. 19 fatta valere dal ricorrente, sprovvista di efficacia vincolante per il legislatore comunitario, non raccomanda una perequazione del tasso d’interesse reale medio su un determinato periodo.

95      In secondo luogo, come si è esposto al punto 87 della presente sentenza, il calcolo della media dei tassi d’interesse su un determinato periodo precedente l’anno in corso ha lo scopo di evitare che l’aliquota contributiva cambi ogni anno in funzione del tasso d’interesse annuo. Tuttavia, il fatto di utilizzare una media su dodici anni anziché una media su venti anni non rimette in discussione l’equilibrio attuariale.

96      È vero che lo stesso Consiglio ammette nella sua memoria d’intervento che la riduzione del numero di anni da prendere in considerazione nel calcolo del tasso d’interesse reale medio rende quest’ultimo, e con esso l’aliquota dei contributi pensionistici, «più instabile». Poiché lo scopo per cui si utilizza il periodo di riferimento è appunto limitare l’instabilità dell’aliquota contributiva, il periodo di venti anni appare dunque più adeguato rispetto a quello di dodici anni, come sottolinea lo studio attuariale della EIS Belgium prodotto agli atti dal ricorrente.

97      Tuttavia, la scelta di un periodo di riferimento di dodici anni non pregiudica la validità del metodo attuariale definito dal Consiglio. Da un lato, il valore in proiezione futura di un tasso d’interesse reale medio calcolato su un periodo trascorso è in ogni caso approssimativo, a prescindere dalla durata di tale periodo. Dall’altro, come si è rilevato in precedenza, la durata del periodo di riferimento non è idonea a compromettere l’equilibrio attuariale, sempreché il parametro non venga modificato nel lungo periodo. Come ha esposto in udienza il funzionario di Eurostat, solo qualora in futuro la durata di tale periodo fosse allungata o ridotta, tenuto conto dell’evoluzione dei tassi d’interesse, per mantenere a un livello basso il tasso d’interesse reale medio utilizzato nel calcolo attuariale e, di conseguenza, a un livello elevato l’aliquota di contribuzione dei funzionari, potrebbe essere messa in dubbio l’obiettività del metodo di calcolo e verrebbe compromesso lo scopo di garantire l’equilibrio attuariale su basi trasparenti e incontestabili.

98      Risulta da quanto precede che il periodo di dodici anni, indicato agli artt. 10, n. 2, e 4, n. 6, dell’allegato XII dello Statuto, non è né manifestamente erroneo né manifestamente inadeguato. Pertanto, i motivi fondati sul fatto che il metodo attuariale di cui all’allegato XII dello Statuto sarebbe viziato su questo punto da un errore manifesto di valutazione e da una violazione del principio di proporzionalità devono essere respinti, senza che occorra dunque pronunciarsi sulle eccezioni di irricevibilità sollevate contro tali motivi.

 Sul quarto motivo, fondato su uno sviamento di potere

 Argomenti delle parti

99      Il ricorrente afferma che il metodo di calcolo di cui all’allegato XII dello Statuto, asseritamente elaborato per garantire l’equilibrio attuariale del regime pensionistico comunitario, in realtà sarebbe stato predisposto per giustificare un aumento dell’aliquota di contribuzione dei funzionari al regime pensionistico. Lo scopo di tale aumento consisterebbe, da un lato, nel far sopportare ai funzionari il disavanzo del regime pensionistico, che si sarebbe accumulato in quanto gli Stati membri avrebbero omesso per molto tempo di versare i loro contributi al regime, e, dall’altro, nell’allineare il regime comunitario ai regimi nazionali, meno vantaggiosi.

100    L’allegato XII dello Statuto sarebbe, da un lato, in contrasto con l’art. 83, n. 4, del precedente Statuto, secondo cui i contributi dei funzionari al regime potevano essere aumentati solo per garantire l’equilibrio attuariale del regime pensionistico, e, dall’altro, viziato da uno sviamento di procedura.

101    Gli Stati membri avrebbero voluto far ricadere sui funzionari gli oneri della copertura del disavanzo del regime pensionistico, malgrado che tale disavanzo non fosse imputabile a questi ultimi. L’esistenza di un disavanzo preesistente alla riforma dello Statuto emergerebbe dalla relazione della relatrice generale della commissione per i bilanci del Parlamento, onorevole Dührkop Dührkop, sul progetto di bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 1999 (in prosieguo: la «relazione Dührkop Dührkop»), che avrebbe calcolato tale disavanzo in EUR 14,3 miliardi al 31 dicembre 1997. In tale relazione si sarebbe rilevato che, fino al 1997, gli Stati membri non avevano pagato, o almeno non interamente, la quota di contributi al regime pensionistico a carico del datore di lavoro. Fino al 1982 non sarebbero stati versati al regime pensionistico contributi spettanti al datore di lavoro, e dal 1982 al 1998 tali contributi sarebbero stati versati solo in parte. Secondo la relazione Dührkop Dührkop, «poiché il numero di funzionari della Comunità non ha cessato di aumentare, di pari passo con l’ampliamento delle competenze della Comunità e l’allargamento dell’Unione (…), il “rendimento biologico” del sistema, fino a pochi anni fa, era sufficiente a mantenere l’equilibrio del regime, vale a dire che il totale delle prestazioni versate a titolo del regime pensionistico non era superiore alla somma dei contributi dei dipendenti e del datore di lavoro[;] inoltre, fino al 1982, il contributo salariale equivalente a un terzo del finanziamento era sufficiente di per sé a coprire tutte le prestazioni corrisposte a titolo del regime pensionistico[;] nel 1998, il totale delle prestazioni versate [ha superato] il totale teorico (…) dei [contributi] salariali per il collocamento a riposo, (…) della parte a carico dei datori di lavoro ipotetica o nominale e (…) del riscatto dei diritti a pensione maturati a titolo dei regimi nazionali».

102    Il metodo definito nell’allegato XII dello Statuto sarebbe il risultato di una «contrattazione politica», dato che vari Stati membri avevano chiesto che le spese eccedentarie del regime pensionistico fossero sopportate dai funzionari. La proposta iniziale di allegato XII dello Statuto presentata al Consiglio dalla Commissione avrebbe enunciato solo alcuni principi di massima, ma, dopo che si era constatato che il metodo fissato nel 2003 non era funzionale allo scopo principale di aumentare l’aliquota contributiva, si sarebbe deciso di introdurre in detto allegato XII un nuovo metodo preciso, con parametri arbitrari. Gli aumenti dell’aliquota di contribuzione dei funzionari previsti dallo Statuto non potrebbero quindi essere dedotti dagli studi realizzati da Eurostat nel 2003 secondo la norma contabile internazionale IAS n. 19 e non avrebbero lo scopo esclusivo di garantire l’equilibrio attuariale del regime.

103    Nel suo controricorso, il Parlamento sottolinea che, affermando che l’allegato XII dello Statuto è illegittimo, il ricorrente fa valere il motivo fondato su una violazione dei trattati o di una norma di rango superiore alle disposizioni contenute in detto allegato XII. Orbene, il ricorrente avrebbe omesso di precisare quale norma di rango superiore a tale allegato sarebbe stata violata. Infatti, le disposizioni dell’art. 83, n. 4, del precedente Statuto non avrebbero un valore giuridico superiore alle nuove disposizioni adottate dal Consiglio in forma di allegato XII dello Statuto. In mancanza di un fondamento giuridico determinato, il motivo sarebbe quindi irricevibile. Nel caso in cui il motivo in esame dovesse essere interpretato come denuncia di uno sviamento di procedura, il Parlamento sottolinea che esso non è stato espressamente dedotto nella fase del reclamo preliminare e andrebbe parimenti dichiarato irricevibile.

104    Nel merito, il Parlamento fa valere che l’aumento dell’aliquota di contribuzione dei funzionari era necessario per mantenere l’equilibrio attuariale del regime pensionistico comunitario. Tale aumento, deciso dal Consiglio, sarebbe stato adottato sulla base di una proposta della Commissione fondata su una relazione concernente la valutazione attuariale del regime pensionistico. Secondo tale relazione, «per garantire l’equilibrio del sistema pensionistico, il tasso di contribuzione necessario per finanziare un terzo delle prestazioni previste dal regime pensionistico [comunitario] (…) [era] pari al 10,43% dello stipendio base». L’aumento dell’aliquota contributiva si sarebbe quindi basato su uno studio attuariale effettuato conformemente ai principi dell’allegato XII dello Statuto e alle prassi attuariali generalmente riconosciute.

105    Il Parlamento ricorda infine che uno sviamento di potere sussiste solo quando risulta, sulla base di indizi oggettivi, precisi e concordanti, che l’atto impugnato è stato adottato allo scopo esclusivo, o almeno determinante, di perseguire fini diversi da quelli dichiarati. Orbene, il ricorrente non avrebbe dimostrato che la copertura del deficit di bilancio del regime pensionistico avrebbe costituito lo scopo esclusivo o determinante dell’adozione dell’allegato XII dello Statuto, né che l’adozione di tale allegato avrebbe perseguito lo scopo esclusivo o determinante di allineare verso il basso il regime pensionistico comunitario, per ravvicinarlo ai regimi nazionali. In proposito, il Parlamento sostiene che i documenti prodotti dal ricorrente non costituiscono affatto indizi sufficienti a dimostrare con certezza che l’allegato XII dello Statuto perseguiva scopi diversi da quelli dichiarati. Anche ammettendo, quod non, che vi sia stata una «contrattazione politica», come asserisce il ricorrente, lo scopo determinante dell’allegato XII dello Statuto sarebbe stato stabilire una procedura che consentisse di garantire l’equilibrio attuariale del regime pensionistico.

106    Nella sua replica, il ricorrente afferma di avere implicitamente lamentato lo sviamento di procedura nel suo reclamo preliminare, benché i suoi argomenti non fossero formulati in termini strettamente giuridici. Secondo la giurisprudenza, non si potrebbe pretendere che le censure dedotte a sostegno del reclamo preliminare siano formulate in tali termini.

107    Il ricorrente fa riferimento allo studio da lui commissionato all’attuario EIS Belgium, in cui sono state analizzate la modifica del metodo attuariale intervenuta tra il 2003 e il 2004 e la differenza tra i risultati ottenuti con l’uno e l’altro metodo. Nonostante le richieste del ricorrente, il Parlamento non avrebbe fornito alcuna spiegazione sui motivi di tale modifica metodologica. Il ricorrente propone che il Tribunale chieda che vengano prodotti i documenti nei quali è spiegato tale repentino cambiamento.

108    Contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, nella relazione redatta nel 2004 dalla Ernst & Young Actuaires‑Conseils, su richiesta di Eurostat, non si affermerebbe che il metodo figurante nell’allegato XII dello Statuto sarebbe conforme alle prassi attuariali. Tale relazione costituirebbe solo una verifica dell’equilibrio attuariale quale definito nell’allegato XII dello Statuto, basata su informazioni fornite da Eurostat.

109    Il ricorrente nega che il legislatore possa decidere discrezionalmente il metodo di calcolo dell’equilibrio attuariale. Poiché si riferiva a un equilibrio attuariale, il legislatore avrebbe dovuto rispettare i principi utilizzati dagli specialisti per il calcolo di tale equilibrio.

110    Nella sua memoria d’intervento, il Consiglio rileva che le modalità di calcolo utilizzate nell’allegato XII dello Statuto rispondono esclusivamente alla finalità, comune al precedente e al nuovo Statuto, di garantire l’equilibrio attuariale del regime pensionistico.

111    Il Consiglio sostiene gli argomenti del Parlamento. Esso considera inoltre che, tenuto conto della natura del regime pensionistico dei funzionari comunitari, gli argomenti del ricorrente relativi a un’asserita insufficienza dei contributi degli Stati membri sono erronei. Non esisterebbero «contributi» degli Stati membri fino a concorrenza di una certa percentuale del totale delle pensioni, come avrebbe potuto accadere in un sistema di fondo pensioni. Semmai, gli Stati membri avrebbero l’obbligo di finanziare il bilancio delle Comunità, di modo che detto bilancio possa garantire il pagamento delle pensioni, a prescindere dalla loro entità.

112    Al momento dell’adozione del regolamento n. 723/2004, il Consiglio avrebbe ritenuto che occorresse includere nello Statuto un metodo di calcolo atto a garantire l’equilibrio attuariale del regime pensionistico comunitario. Tuttavia, tenuto conto della variabilità dei parametri economici da prendere in considerazione, il Consiglio disporrebbe di un margine di valutazione discrezionale per definire tale metodo. Orbene, il ricorrente non avrebbe spiegato per quale motivo il metodo previsto dall’allegato XII dello Statuto avrebbe oltrepassato tale margine di valutazione discrezionale, né quale disposizione di detto allegato XII sarebbe stata adottata per utilizzare i contributi dei funzionari al regime pensionistico per scopi diversi da quello di garantire l’equilibrio attuariale.

113    Il ricorrente non potrebbe fondatamente sostenere, riferendosi alla relazione di Eurostat del settembre 2003, e in particolare all’analisi statistica effettuata al punto 8.2.3.1. di tale relazione, che l’aliquota di contribuzione dei funzionari da applicare per garantire l’equilibrio attuariale avrebbe dovuto essere inferiore a quella stabilita in definitiva dallo Statuto, ossia il 9,25%. Infatti, alcune misure dello Statuto, quali la riduzione della percentuale di acquisizione annua dei diritti a pensione (1,9% anziché 2%), avrebbero l’effetto di ridurre l’aliquota contributiva solo nel lungo periodo. Parimenti, gran parte dei cambiamenti previsti dallo Statuto avrebbero scarsi effetti nell’immediato, in quanto non sarebbero applicabili – almeno non interamente – ai funzionari assunti prima dell’entrata in vigore dello Statuto stesso. Per contro, il cambiamento delle regole relative al calcolo del tasso d’interesse reale da utilizzare nei calcoli attuariali (media su dodici anni anziché su venti) avrebbe avuto un effetto immediato sul calcolo dell’aliquota contributiva.

114    Nelle sue osservazioni sulla memoria d’intervento del Consiglio, il ricorrente sostiene che il metodo di cui all’allegato XII dello Statuto è stato concepito nel suo complesso in modo da giustificare un aumento dell’aliquota contributiva. Quest’ultima sarebbe quindi stata fissata al 9,25%, malgrado che lo studio di Eurostat del settembre 2003 indicasse chiaramente che un’aliquota contributiva dell’8,91% era sufficiente a garantire l’equilibrio attuariale e prevedesse persino che l’entrata in vigore del nuovo Statuto avrebbe consentito di ridurre tale aliquota intorno all’8,7%.

115    Il margine di valutazione discrezionale del legislatore comunitario non giustificherebbe l’arbitrio. In proposito, il Consiglio non avrebbe fornito alcuna spiegazione della scelta del legislatore di ridurre da venti a dodici anni il periodo di riferimento per il calcolo del tasso d’interesse reale medio, definito dalla media dei tassi d’interesse reali nel periodo di riferimento.

116    Nella sua controreplica, il Parlamento fa valere che il giudice comunitario esercita un controllo limitato agli errori manifesti o gravi allorché verifica la legittimità di una norma legislativa comunitaria che implica valutazioni complesse. Orbene, lo studio della EIS Belgium, prodotto dal ricorrente, non avrebbe rilevato nell’allegato XII dello Statuto alcun errore grave o manifesto. Per quanto riguarda il periodo di dodici anni, utilizzato da tale allegato per il calcolo del tasso d’interesse reale medio, l’autore dello studio si sarebbe limitato ad affermare che un periodo di venti anni sarebbe stato più adeguato. Infatti, nessuna norma contabile vieterebbe di utilizzare per tale calcolo un periodo di riferimento di dodici anni.

117    Il motivo per cui in definitiva non è stato impiegato il metodo utilizzato dalla relazione di Eurostat del settembre 2003 sarebbe semplice: il legislatore avrebbe fatto uso del margine di valutazione discrezionale di cui dispone per scegliere il metodo di calcolo dell’equilibrio attuariale.

 Giudizio del Tribunale

118    Innanzi tutto, occorre respingere l’argomento fondato sull’incompatibilità dell’allegato XII dello Statuto con l’art. 83, n. 4, del precedente Statuto. Poiché tali disposizioni sono state abrogate al momento dell’entrata in vigore dello Statuto, il ricorrente, in ogni caso, non è legittimato a farle valere (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale di primo grado 17 settembre 1997, causa T‑26/97, Antillean Rice Mills/Commissione, Racc. pag. II‑1347, punti 14‑16).

119    Come la Corte ha dichiarato in più occasioni, un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato (v. sentenza 21 giugno 1958, causa 8/57, Groupement des hauts fourneaux et aciéries belges/Alta Autorità, Racc. pag. 213, in particolare pag. 246; v. anche, per quanto riguarda gli atti del legislatore comunitario, sentenze 10 marzo 2005, causa C‑342/03, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I‑1975, punto 64, e 7 settembre 2006, Spagna/Consiglio, cit., punto 69).

120    Lo scopo dell’allegato XII dello Statuto, come si è esposto al punto 84 della presente sentenza e come risulta anche dal ventottesimo ‘considerando’ del regolamento n. 723/2004, consiste nel garantire il mantenimento dell’equilibrio attuariale del regime pensionistico comunitario nel rispetto del criterio di ripartizione previsto per il finanziamento di tale regime, calcolando un’aliquota di contribuzione dei funzionari sufficiente per finanziare un terzo del costo previdenziale.

121    Orbene, il ricorrente fa valere che le misure adottate dal Consiglio, e in particolare la scelta di calcolare il tasso d’interesse reale medio su dodici anni anziché su venti, non erano commisurate allo scopo che tale istituzione affermava di perseguire, dato che le preoccupazioni di bilancio immediate avevano prevalso sull’esigenza di stabilire, su basi il più possibile oggettive, il calcolo dell’equilibrio attuariale.

122    In proposito, a prescindere da quali, e da quanto fermi, siano stati i dinieghi del Consiglio in udienza, risulta dagli atti del fascicolo che sulla scelta del periodo di dodici anni hanno effettivamente influito considerazioni di bilancio, come si è già chiarito al punto 92 della presente sentenza.

123    In primo luogo, tale scelta deroga a una prassi abituale in materia di calcolo attuariale, consistente nel calcolare, per ottenere una migliore perequazione della variabile, la media dei tassi d’interesse su un periodo, più lungo, di venti anni. In secondo luogo, risulta dallo studio effettuato da Eurostat nel settembre 2003 che un aumento dell’aliquota contributiva all’8,9% o all’8,7%, tenuto conto delle modifiche statutarie progettate, era sufficiente, al 1° gennaio 2004, per garantire l’equilibrio attuariale del regime pensionistico, se si fosse utilizzato un tasso d’interesse reale medio calcolato su un periodo di venti anni precedenti l’anno in corso. In terzo luogo, lo studio realizzato dall’attuario EIS Belgium ha evidenziato che la scelta del periodo di riferimento spiega sostanzialmente perché Eurostat abbia potuto calcolare, nella sua relazione del settembre 2004, un’aliquota contributiva del 10,43%. Infine, dai lavori preparatori della riforma delle pensioni, e in particolare dalla nota del Consiglio del 7 marzo 2003, allegata al ricorso, emerge che vari Stati membri hanno manifestato la ferma intenzione di aumentare i contributi dei funzionari allo scopo di ridurre il costo di bilancio del regime pensionistico.

124    Risulta nondimeno che le considerazioni di bilancio non hanno influito in maniera determinante sul metodo di calcolo di cui all’allegato XII dello Statuto. Infatti, l’inclusione nello Statuto di un metodo attuariale osta di per sé a che i contributi dei funzionari vengano modificati in funzione della situazione di bilancio, poiché attualmente i contributi dell’anno in corso vengono calcolati in relazione alle future esigenze di finanziamento del regime pensionistico, definite oggettivamente in base a detto metodo attuariale.

125    Lo stesso calcolo del tasso d’interesse reale medio su un periodo più o meno lungo non ha alcuna influenza, come si è esposto ai punti 95‑97 della presente sentenza, sull’equilibrio attuariale, dato che tale periodo ha l’unica funzione di garantire una perequazione nel tempo del tasso d’interesse e, di conseguenza, dell’aliquota contributiva. Inoltre, la scelta di un periodo di dodici anni neppure rimette in discussione la funzione perequativa del periodo di riferimento, come avrebbe potuto fare la scelta di un periodo veramente breve come quello di cinque anni che era stato proposto da alcune delegazioni in seno al Consiglio allo scopo di ottenere un’aliquota contributiva più elevata nel 2004. Infatti, tra la stabilità dell’aliquota contributiva garantita da un periodo di riferimento sufficientemente lungo e un aumento immediato più cospicuo di tale aliquota, il Consiglio ha privilegiato il primo obiettivo. Di conseguenza, non si può sostenere che il periodo di dodici anni sia stato stabilito esclusivamente, o anche solo in misura determinante, per finalità di bilancio.

126    Infine, non risulta dallo Statuto che, nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui dispone il legislatore per assicurare l’equilibrio attuariale del regime pensionistico comunitario, qualsiasi considerazione di bilancio da parte del Consiglio sia illegittima. Siffatte considerazioni sono anzi necessarie, dato che, in mancanza di un fondo comunitario di pensione, il pagamento delle prestazioni pensionistiche costituisce un onere a carico del bilancio delle Comunità, conformemente all’art. 83, n. 1, dello Statuto, così come la contribuzione dei funzionari rappresenta un’entrata. Del resto, l’art. 14, n. 2, dell’allegato XII dello Statuto prevede che, in occasione delle valutazioni attuariali quinquennali, detto allegato XII possa essere riesaminato dal Consiglio non solo per tenere conto dell’equilibrio attuariale, ma anche «per quanto concerne le implicazioni di bilancio».

127    Risulta da tutto quanto precede che il motivo fondato sul fatto che il Consiglio, adottando l’allegato XII dello Statuto, avrebbe perseguito principalmente un obiettivo di bilancio e detto allegato sarebbe quindi viziato da uno sviamento di potere, dev’essere respinto senza che occorra pronunciarsi sulla sua ricevibilità.

 Sul quinto motivo, fondato su una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

 Argomenti delle parti

128    Il ricorrente sostiene nel suo ricorso introduttivo che il metodo di cui all’allegato XII dello Statuto è stato definito in violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

129    Mentre il Parlamento avrebbe garantito a più riprese ai suoi funzionari e agenti che i loro contributi sarebbero aumentati solo nella misura strettamente necessaria al mantenimento dell’equilibrio attuariale, tali contributi sarebbero stati aumentati in misura molto superiore, artificiosamente e in violazione del principio dell’equilibrio attuariale. Il Parlamento non avrebbe quindi rispettato le garanzie che aveva fornito ai suoi funzionari e agenti e avrebbe violato in tal modo l’affidamento che questi ultimi avevano legittimamente riposto in esso.

130    Inoltre, il ricorrente afferma che, mediante un aumento ingiustificato dell’aliquota contributiva, il datore di lavoro ha posto gli oneri del regime pensionistico comunitario a carico dei funzionari, malgrado che spettasse ad esso sostenerli. Infatti, per vari anni, i soli contributi salariali sarebbero stati sufficienti a coprire le spese del regime pensionistico, mentre il datore di lavoro non avrebbe versato i contributi necessari al finanziamento di detto regime. Il ricorrente rileva che, in una lettera del 2001, il presidente della Commissione aveva ammesso che esistevano diritti già maturati di notevole entità corrispondenti ai contributi pensionistici pregressi non ancora pagati e ha assicurato che «[u]n eventuale aumento dei contributi non potrebbe in ogni caso essere collegato al finanziamento di tali diritti già maturati».

131    Il Parlamento ricorda nel suo controricorso che la violazione del principio della tutela del legittimo affidamento si configura solo nel caso in cui assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate e affidabili, abbiano fatto sorgere fondate aspettative in capo all’interessato. Orbene, ciò non si verificherebbe nel caso di specie, dato che il Parlamento, che non sarebbe competente ad adottare le disposizioni dello Statuto e sarebbe stato semplicemente consultato nel corso della procedura di adozione del regolamento n. 723/2004, non avrebbe potuto in alcun caso fornire garanzie incondizionate in occasione della riforma del regime pensionistico. Pertanto, le eventuali assicurazioni fornite dal Parlamento al ricorrente non avrebbero potuto far sorgere in capo a quest’ultimo fondate aspettative che l’aliquota di contribuzione al regime pensionistico comunitario non sarebbe aumentata.

132    Il Parlamento sostiene inoltre che i funzionari non possono far valere il principio della tutela del legittimo affidamento per contestare la legittimità di una nuova disposizione regolamentare, in particolare in un settore il cui oggetto comporti un costante adeguamento in relazione alla variazione della situazione economica.

133    Nella sua replica, il ricorrente afferma che è irrilevante che le disposizioni dello Statuto siano state adottate non dal Parlamento, semplicemente consultato, bensì dal Consiglio. Infatti, il parere del Parlamento sarebbe un elemento essenziale e indispensabile della procedura, in mancanza del quale il nuovo Statuto non avrebbe potuto essere adottato. Esprimendo parere favorevole al metodo di cui all’allegato XII, il Parlamento non avrebbe rispettato le garanzie che aveva fornito ai suoi funzionari e agenti.

134    Il ricorrente sottolinea peraltro che il suo legittimo affidamento derivava non solo dalle garanzie fornitegli dai suoi superiori nell’ambito del Parlamento, ma anche dalla formulazione del testo dello Statuto.

135    Nella sua memoria d’intervento, il Consiglio risponde alle osservazioni del ricorrente secondo cui l’aumento dell’aliquota dei contributi al regime pensionistico non potrebbe essere destinato al finanziamento dei diritti a pensione già maturati. L’adozione del nuovo Statuto e il mantenimento della garanzia solidale degli Stati membri relativa al pagamento delle pensioni sancirebbero di fatto un equilibrio attuariale al 30 aprile 2004. Data la natura del regime comunitario delle pensioni, i funzionari e l’istituzione avrebbero coperto i diritti a pensione maturati dai funzionari e dagli agenti fino a tale data. Il nuovo Statuto non prevedrebbe la copertura delle eventuali differenze positive o negative dovute a ipotetici mancati adeguamenti delle aliquote contributive. Il metodo di valutazione attuariale definito dall’allegato XII dello Statuto mirerebbe solo a garantire che le aliquote contributive applicabili dopo il 1° maggio 2004 siano sufficienti a coprire i diritti a pensione maturati dai funzionari a decorrere da tale data.

136    Nelle sue osservazioni sulla memoria d’intervento del Consiglio, il ricorrente rileva che tutte le parti ammettono che i funzionari e gli agenti devono solo versare un terzo dei contributi necessari a garantire il pagamento in futuro dei loro diritti già maturati e che il disavanzo del passato dovrebbe quindi essere finanziato interamente dagli Stati membri attraverso il bilancio comunitario. Il disaccordo riguarderebbe l’attuazione di tale principio. Contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, il metodo di cui all’allegato XII dello Statuto avrebbe aumentato artificiosamente i contributi dei funzionari e degli agenti.

137    Nella sua controreplica, il Parlamento sostiene che il rispetto dell’equilibrio attuariale rientra in un settore complesso il cui oggetto comporta un adeguamento costante in relazione alle variazioni della situazione economica. Inoltre, la variabilità del livello contributivo emergerebbe chiaramente dalle disposizioni dello Statuto, e in particolare dall’art. 83, n. 4, del precedente Statuto. Il ricorrente non potrebbe quindi far valere il principio della tutela del legittimo affidamento per contestare la legittimità delle nuove disposizioni relative al metodo di calcolo dell’equilibrio attuariale.

 Giudizio del Tribunale

138    Il principio della tutela del legittimo affidamento è stato sancito dalla giurisprudenza come «una norma giuridica superiore» (sentenza della Corte 14 maggio 1975, causa 74/74, CNTA/Commissione, Racc. pag. 533, punto 44), uno dei «principi fondamentali della Comunità» (sentenze della Corte 14 ottobre 1999, causa C‑104/97 P, Atlanta/Comunità europea, Racc. pag. I‑6983, punto 52, e 7 giugno 2005, causa C‑17/03, VEMW e a., Racc. pag. I‑4983, punto 73) o ancora un principio generale (sentenza della Corte 4 ottobre 2001, causa C‑403/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑6883, punto 35).

139    Tale principio è il corollario del principio della certezza del diritto, il quale esige che la normativa comunitaria sia certa e la sua applicazione sia prevedibile dagli amministrati, nel senso che è inteso, in caso di modifica della norma giuridica, a garantire la tutela delle situazioni legittimamente acquisite da una o più persone fisiche o giuridiche (v., in tal senso, sentenze della Corte 15 febbraio 1996, causa C‑63/93, Duff e a., Racc. pag. I‑569, punto 20, e 18 maggio 2000, causa C‑107/97, Rombi & Arkopharma, Racc. pag. I‑3367, punto 66; sentenza del Tribunale di primo grado 16 settembre 1999, causa T‑182/96, Partex/Commissione, Racc. pag. II‑2673, punto 191).

140    Secondo una giurisprudenza costante, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione comunitaria, fornendogli assicurazioni precise, ha fatto sorgere in lui fondate aspettative (sentenze del Tribunale di primo grado 5 febbraio 1997, causa T‑211/95, Petit‑Laurent/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑21 e II‑57, punto 72, e 5 novembre 2002, causa T‑205/01, Ronsse/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑211 e II‑1065, punto 54).

141    Secondo la prima parte del motivo, il ricorrente afferma che il Parlamento aveva fornito ai propri funzionari assicurazioni sul contenuto della futura riforma delle pensioni che sarebbero state disattese, in violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

142    Tuttavia, solo assicurazioni precise provenienti dall’autorità competente ad accordare quanto promesso sono atte a costituire il fondamento di un legittimo affidamento in capo al funzionario interessato (v. sentenza del Tribunale di primo grado 8 dicembre 2005, causa T‑237/00, Reynolds/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑385 e II‑1731, punto 146).

143    Orbene, il Parlamento svolge solo un ruolo consultivo nel processo di adozione o di revisione dello Statuto. Infatti, ai sensi dell’art. 283 CE, «[i]l Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione e previa consultazione delle altre istituzioni interessate, stabilisce lo statuto (…) e il regime applicabile agli altri agenti [delle Comunità europee]». Pertanto non si può sostenere, salvo negare le disposizioni del Trattato che disciplinano la ripartizione delle competenze tra le istituzioni, che il Parlamento potesse fornire ai suoi funzionari, sulla riforma del regime comunitario delle pensioni, assicurazioni alle quali il Consiglio sarebbe stato successivamente vincolato.

144    Pertanto, le dichiarazioni del Parlamento sulla riforma del regime comunitario delle pensioni, all’epoca in fase di studio, non possono aver fatto sorgere in capo al ricorrente fondate aspettative.

145    Con la seconda parte del motivo, il ricorrente sostiene che il suo affidamento in un aumento molto più modesto dei contributi pensionistici dei funzionari si fondava sulle disposizioni dello Statuto che limitano detti contributi a un terzo del fabbisogno di finanziamento del regime pensionistico comunitario e sul fatto che, in passato, i contributi dei funzionari superavano tale massimale. Contrariamente a quanto ha sostenuto il Consiglio in udienza, l’affidamento invocato dal ricorrente non si fonda quindi su una semplice prassi.

146    Le disposizioni dell’art. 83, n. 2, del precedente Statuto, che sono state mantenute nel nuovo Statuto, prevedevano già che i funzionari contribuissero per un terzo al finanziamento del regime pensionistico. Anche prima dell’entrata in vigore del nuovo Statuto, il regime pensionistico comunitario doveva essere finanziato per due terzi dal datore di lavoro comunitario e per un terzo con i contributi dei funzionari e degli altri agenti.

147    Orbene, il ricorrente sostiene che il metodo di cui all’allegato XII dello Statuto ha violato tale criterio di ripartizione del finanziamento per il passato.

148    In primo luogo, il Parlamento obietta che il ricorrente non può far valere il principio della tutela del legittimo affidamento nei confronti delle disposizioni dell’allegato XII dello Statuto.

149    Secondo una giurisprudenza ben consolidata, i funzionari non possono far valere il principio della tutela del legittimo affidamento per contestare la legittimità di una nuova disposizione regolamentare, soprattutto in un settore il cui oggetto comporta un adeguamento costante in relazione alle variazioni della situazione economica (sentenze del Tribunale di primo grado 22 giugno 1994, cause riunite T‑98/92 e T‑99/92, Di Marzio e Lebedef/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑167 e II‑541, punto 68, e 11 dicembre 1996, causa T‑177/95, Barraux e a./Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑541 e II‑1451, punto 47). Ciò si verifica in particolare per la gestione del sistema di previdenza sociale comunitario, in relazione al quale il legislatore dispone, inoltre, di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la necessità delle riforme (v., in tal senso, sentenza Campoli/Commissione, cit., punti 71 e 72).

150    Tuttavia, se il legislatore è certo libero di apportare in qualsiasi momento le modifiche alle norme dello Statuto che ritenga conformi all’interesse generale e di adottare disposizioni statutarie più sfavorevoli per i funzionari interessati, fatta salva la possibilità di prevedere, se del caso, un periodo transitorio di durata sufficiente, tale facoltà è subordinata alla condizione che le decisioni valgano per il futuro (v. sentenza Campoli/Commissione, cit., punto 85), vale a dire alla condizione che la nuova disciplina si applichi solo alle situazioni nuove e agli effetti futuri di situazioni sorte nella vigenza della normativa anteriore (v., a contrario, sentenze della Corte 16 maggio 1979, causa 84/78, Tomadini, Racc. pag. 1801, punto 21, e 5 maggio 1981, causa 112/80, Dürbeck, Racc. pag. 1095, punto 48, e, in materia di pubblico impiego, sentenza del Tribunale di primo grado 26 ottobre 1993, cause riunite T‑6/92 e T‑52/92, Reinarz/Commissione, Racc. pag. II‑1047, punto 85).

151    Orbene, si deve constatare che, nel caso di specie, il limite così definito alla possibilità di far valere il principio della tutela del legittimo affidamento nei confronti di una nuova disposizione regolamentare non è opponibile al ricorrente.

152    Infatti, il ricorrente non sostiene che sia stato violato in riferimento al futuro il criterio di ripartizione di cui all’art. 83, n. 2, del precedente Statuto, in spregio del principio della tutela del legittimo affidamento. Come si è esposto al punto 146 della presente sentenza, le disposizioni in questione sono peraltro state riprese senza modifiche all’art. 83, n. 2, del nuovo Statuto. La censura formulata dal ricorrente nei confronti dell’allegato XII dello Statuto riguarda il fatto che esso ha violato il criterio di ripartizione del finanziamento per quanto riguarda il periodo anteriore all’entrata in vigore di detto allegato, vale a dire unicamente in modo retroattivo.

153    È per tale motivo che, contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, la giurisprudenza sopra citata, relativa alle nuove disposizioni regolamentari, non è applicabile al caso di specie e non può quindi essere utilmente invocata per negare al ricorrente il diritto di far valere il principio della tutela del legittimo affidamento. Anzi, la Corte ha censurato, nella sentenza 11 luglio 1991, causa C‑368/89, Crispoltoni (Racc. pag. I‑3695, punto 21), la lesione del legittimo affidamento degli operatori economici determinata da due regolamenti comunitari in ragione del loro effetto retroattivo.

154    In secondo luogo, si deve esaminare se, come sostiene il ricorrente, l’allegato XII dello Statuto abbia effettivamente violato, per il periodo anteriore al 1° maggio 2004, la regola di finanziamento del regime comunitario delle pensioni.

155    Risulta dalla relazione Dührkop Dührkop che le istituzioni non hanno versato alcun contributo al regime comunitario delle pensioni fino al 1982 e hanno pagato integralmente la quota a carico del datore di lavoro comunitario solo a partire dal 1998.

156    Come afferma il Consiglio nella sua memoria d’intervento, il metodo attuariale definito dall’allegato XII dello Statuto mira solo a garantire che l’aliquota dei contributi pensionistici da applicare dopo il 1° maggio 2004 sia sufficiente a coprire i diritti a pensione che verranno maturati dai funzionari a decorrere da tale data. La mancata presa in considerazione del passato da parte dell’allegato XII dello Statuto ha due corollari, che vanno tenuti distinti nell’esame dell’argomentazione del ricorrente.

157    In primo luogo, l’equilibrio attuariale non tiene conto dei diritti a pensione maturati precedentemente alla data del calcolo, conformemente all’art. 4, n. 4, lett. b), dell’allegato XII dello Statuto. Tale disposizione garantisce che il disavanzo del regime comunitario delle pensioni eventualmente accumulato fino al 1° maggio 2004 non sarà sopportato dai funzionari e quindi che un aumento delle aliquote contributive non potrà essere destinato a finanziare i diritti a pensione che essi abbiano già maturato, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente.

158    In secondo luogo, lo Statuto non prevede neppure il recupero delle eventuali differenze positive e negative dovute a inadeguatezze delle aliquote contributive nel passato. In altre parole, la definizione dell’equilibrio attuariale utilizzata all’allegato XII dello Statuto prescinde dai contributi versati fino al 30 aprile 2004 e presuppone che i diritti a pensione maturati fino a tale data siano stati coperti conformemente al criterio di ripartizione del finanziamento.

159    Orbene, il ricorrente si basa sulla relazione Dührkop Dührkop per sostenere che il datore di lavoro comunitario finanzia il regime delle pensioni per due terzi solo dal 1998 e che in passato i funzionari hanno contribuito per più di un terzo al finanziamento di tale regime.

160    Tuttavia, la relazione Dührkop Dührkop, non essendo basata su uno studio attuariale del regime delle pensioni, si limita a constatare che la contribuzione annuale dei funzionari ha oltrepassato per lungo tempo un terzo del costo di bilancio annuo del regime pensionistico comunitario. Orbene, le disposizioni dell’art. 83, n. 2, del precedente Statuto, che prevedevano, negli stessi termini del nuovo Statuto, che i funzionari contribuissero per un terzo al finanziamento del regime, dovevano già essere interpretate in senso attuariale, e non di bilancio, come emerge chiaramente dalle disposizioni dell’art. 83, n. 4, del precedente Statuto. Tali disposizioni comportavano che un terzo della somma dei valori attuariali dei diritti a pensione maturati da tutti i funzionari attivi nel corso dell’anno, vale a dire un terzo del costo previdenziale, dovesse essere finanziato dai funzionari.

161    La constatazione che, per decenni, mentre il regime comunitario delle pensioni contava ancora un numero molto limitato di pensionati, l’importo dei contributi dei funzionari ha ampiamente superato un terzo del costo di bilancio di detto regime, non consente di affermare che i contributi dei funzionari abbiano parimenti superato il terzo del costo previdenziale.

162    Infatti, anzitutto, tale conclusione potrebbe fondarsi solo su uno studio attuariale. Orbene, la Commissione ha sostenuto in udienza, senza essere contraddetta, che prima del 1998 non era stato realizzato alcuno studio attuariale del regime comunitario delle pensioni. Inoltre, non è accertato che, mediante aliquote contributive fissate al 6,75% e successivamente all’8,25%, i funzionari abbiano finanziato in passato più di un terzo del costo previdenziale. Infine, quand’anche fosse possibile verificare il rispetto del criterio di finanziamento in base a dati di bilancio e si potesse quindi accogliere la conclusione della relazione Dührkop Dührkop, secondo cui i contributi del datore di lavoro sarebbero stati versati solo in parte fino al 1998, resterebbe da verificare se l’asserita eccedenza dei contributi dei funzionari fino a tale data non sia stata compensata da un’eccedenza dei contributi delle Comunità tra il 1998 e il 2004.

163    Inoltre, non è dimostrato che la nuova normativa abbia avuto l’effetto di violare retroattivamente il criterio di finanziamento del regime comunitario delle pensioni.

164    Pertanto, presumendo implicitamente che tale regola fosse stata rispettata prima dell’entrata in vigore dell’allegato XII dello Statuto, il Consiglio non può essere ritenuto reponsabile di una violazione dell’affidamento che i funzionari potevano legittimamente riporre nel rispetto della regola stessa.

165    Risulta da quanto precede che occorre respingere le diverse parti del motivo fondato sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

166    Sulla base delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare infondato il ricorso.

 Sulle spese

167    Come statuito dal Tribunale nella sua sentenza 26 aprile 2006, causa F‑16/05, Falcione/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 77‑86), fino all’entrata in vigore del regolamento di procedura del Tribunale e, in particolare, delle disposizioni speciali relative alle spese, occorre, nell’interesse della buona amministrazione della giustizia e al fine di garantire agli interessati una sufficiente prevedibilità riguardo alle norme relative alle spese del giudizio, applicare esclusivamente il regolamento di procedura del Tribunale di primo grado.

168    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura di quest’ultimo Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è fatta domanda. Tuttavia, in forza dell’art. 88 dello stesso regolamento, nelle cause tra le Comunità e i loro funzionari, le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico.

169    Inoltre, secondo l’art. 87, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, il Tribunale può, per motivi eccezionali, ripartire le spese.

170    Nel caso di specie, il Parlamento ha risposto solo parzialmente al reclamo, non ha fornito nelle sue memorie alcuna spiegazione in merito alla scelta del periodo di dodici anni, benché tale scelta sia stata contestata in modo serio e preciso dal ricorrente, e, a fronte di argomenti assai circostanziati, non ha allegato alcun documento alle proprie memorie. Per istruire il fascicolo e conoscere la ratio legis delle disposizioni contestate, il Tribunale è stato quindi costretto a disporre numerose misure di organizzazione del procedimento.

171    Pertanto, si deve far sopportare al Parlamento, oltre alle proprie spese, la metà delle spese del ricorrente. Il ricorrente deve sopportare la metà delle proprie spese.

172    Infine, in applicazione dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, il Consiglio e la Commissione, intervenuti in giudizio, devono sopportare le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seduta plenaria)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il Parlamento europeo sopporterà le proprie spese nonché la metà delle spese del sig. Wils.

3)      Il sig. Wils sopporterà la metà delle proprie spese.

4)      Il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione delle Comunità europee sopporteranno le proprie spese.

Mahoney

Kreppel      

Van Raepenbusch

Boruta

Kanninen      Tagaras      

Gervasoni

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 luglio 2007.

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

      P. Mahoney

I testi della presente decisione nonché delle decisioni dei giudici comunitari ivi citati e non ancora pubblicati nella Raccolta sono disponibili sul sito Internet della Corte di giustizia: www.curia.europa.eu


* Lingua processuale: il francese.