Language of document : ECLI:EU:T:2014:1032

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

9 dicembre 2014 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato in barre o in rotoli – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Fissazione dei prezzi e dei termini di pagamento – Limitazione o controllo della produzione o delle vendite – Eccesso di potere – Diritti della difesa – Infrazione unica e continuata – Ammende – Fissazione dell’importo di partenza – Circostanze attenuanti – Durata del procedimento amministrativo»

Nella causa T‑92/10,

Ferriera Valsabbia SpA, con sede in Odolo (Italia),

Valsabbia Investimenti SpA, con sede in Odolo,

rappresentate da D. Fosselard, S. Amoruso e L. Vitolo, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da R. Sauer e B. Gencarelli, successivamente da R. Sauer e R. Striani, in qualità di agenti, assistiti da P. Manzini, avvocato,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), come modificata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009, nella parte in cui constata una violazione dell’articolo 65 CA da parte delle ricorrenti e le condanna in solido a un’ammenda di EUR 10,25 milioni, o, in via subordinata, una domanda di riduzione dell’importo di tale ammenda,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da M.E. Martins Ribeiro (relatore), facente funzione di Presidente, A. Popescu e G. Berardis, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 novembre 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Disposizioni del Trattato CECA

1        L’articolo 36 CA prevedeva quanto segue:

«La Commissione, prima di adottare una delle sanzioni pecuniarie o di fissare una delle penalità previste dal presente Trattato, deve porre l’interessato in grado di presentare le sue osservazioni.

Le sanzioni pecuniarie e le penalità inflitte in virtù delle disposizioni del presente Trattato possono formare oggetto di ricorso di piena giurisdizione.

I ricorrenti possono opporre, a sostegno di tale ricorso, nei modi previsti dal primo comma dell’articolo 33 del presente Trattato, l’irregolarità delle decisioni e delle raccomandazioni di cui viene loro addebitata l’inosservanza».

2        L’articolo 47 CA era del seguente tenore:

«La Commissione può raccogliere le informazioni necessarie, per l’adempimento dei suoi compiti. Essa può far compiere le verifiche necessarie.

La Commissione è tenuta a non divulgare le informazioni che, per la loro natura, sono tutelate dal segreto professionale, e in particolare le informazioni relative ad imprese e che concernano le loro relazioni commerciali o gli elementi dei costi. Con tale limitazione deve pubblicare i dati che possano essere utili ai governi o a ogni altro interessato.

La Commissione può applicare, nei confronti delle imprese che avessero a sottrarsi agli obblighi loro risultanti da decisioni prese in applicazione delle disposizioni del presente articolo o che avessero a fornire scientemente false informazioni, ammende, il cui ammontare massimo sarà dell’1% del volume annuo degli affari, e penalità di mora, nella misura massima del 5% del volume degli affari medio giornaliero, per ogni giorno di ritardo.

Qualsiasi violazione del segreto professionale da parte della Commissione, che abbia causato danno a un’impresa, potrà essere oggetto d’azione di indennizzo avanti la Corte, nei modi previsti all’articolo 40».

3        L’articolo 65 CA così disponeva:

«1. Sono proibiti gli accordi tra imprese, le decisioni da parte di associazioni di aziende ed i sistemi concordati che tendano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza ed in particolare:

a)      a fissare o determinare i prezzi;

b)      a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)      a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento.

(…)

4. Gli accordi o le decisioni proibiti in forza del paragrafo 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati dinanzi ad alcuna giurisdizione degli Stati membri.

La Commissione ha competenza esclusiva, salvo i ricorsi avanti la Corte, a pronunciarsi sulla conformità con le disposizioni del presente articolo di detti accordi o decisioni.

5. Alle imprese che:

– abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto;

– abbiano applicato o tentato di applicare per via di arbitrato, disdetta, boicottaggio, o qualsiasi altro mezzo, un accordo o una decisione nulli di pieno diritto o un accordo la cui approvazione sia stata rifiutata o revocata;

– abbiano ottenuto il beneficio di una autorizzazione per mezzo di informazioni scientemente false o deformate;

– abbiano messo in atto sistemi contrari alle disposizioni del paragrafo 1;

la Commissione può infliggere ammende e penalità non superiori al doppio della cifra d’affari realizzata coi prodotti che sono stati oggetto dell’accordo, della decisione o dei sistemi contrari alle disposizioni del presente articolo, con la possibilità, se il loro scopo è stato quello di restringere la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, di un aumento del limite massimo così determinato fino al 10% della cifra d’affari annua delle imprese in causa, per quanto riguarda l’ammenda, ed al 20% della cifra d’affari giornaliera, per quanto riguarda le penalità».

4        Ai sensi dell’articolo 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002.

 Disposizioni del Trattato CE

5        L’articolo 305, paragrafo 1, CE prevedeva quanto segue:

«Le disposizioni del presente trattato non modificano quelle del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni di tale Comunità e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio».

 Regolamento (CE) n. 1/2003

6        A termini dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ai fini «dell’applicazione degli articoli 81 [CE] e 82 [CE], alla Commissione sono attribuite le competenze previste dal presente regolamento».

7        L’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, rubricato «Constatazione e eliminazione delle infrazioni», così dispone:

«1. Se la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’articolo 81 [CE] o all’articolo 82 [CE], può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata. (…) Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata.

(...)».

8        L’articolo 14 del regolamento n. 1/2003 prevede quanto segue:

«1. La Commissione consulta un comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti prima dell’adozione di qualsiasi decisione ai sensi degli articoli 7, 8, 9, 10, 23, dell’articolo 24, paragrafo 2 e dell’articolo 29, paragrafo 1.

2. Ai fini della discussione di casi individuali il comitato consultivo è composto da rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Per le riunioni in cui si discutono temi diversi da casi individuali può essere designato un ulteriore rappresentante degli Stati membri competente in materia di concorrenza. In caso di impedimento i rappresentanti possono essere sostituiti da altri rappresentanti.

3. La consultazione può essere effettuata nel corso di una riunione convocata e presieduta dalla Commissione, da tenersi non prima di quattordici giorni da quando viene inviata la convocazione, unitamente all’esposizione della questione, all’indicazione dei documenti più importanti della pratica e a un progetto preliminare di decisione. Per quanto riguarda le decisioni di cui all’articolo 8, la riunione può aver luogo sette giorni dopo l’invio della parte operativa di un progetto di decisione. Se la Commissione invia la convocazione della riunione con un termine di convocazione inferiore a quelli summenzionati, la riunione può svolgersi alla data proposta se non vi sono obiezioni da parte degli Stati membri. Il comitato consultivo emette per iscritto un parere sul progetto preliminare di decisione della Commissione. Il parere può essere formulato anche se alcuni dei membri sono assenti e non si sono fatti rappresentare. Su richiesta di uno o più membri le posizioni assunte nel parere sono motivate.

4. La consultazione può anche avere luogo mediante procedura scritta. Tuttavia, se uno Stato membro lo richiede, la Commissione convoca una riunione. In caso di procedura scritta la Commissione stabilisce un termine, non inferiore a quattordici giorni, entro il quale gli Stati membri devono formulare le loro osservazioni da trasmettere a tutti gli altri Stati membri. Per quanto riguarda le decisioni da prendere ai sensi dell’articolo 8, il termine di quattordici giorni è sostituito da quello di sette giorni. Se la Commissione fissa per la procedura scritta un termine inferiore a quelli summenzionati, si applica il termine proposto se non vi sono obiezioni da parte di nessuno Stato membro.

5. La Commissione tiene in massima considerazione il parere del comitato consultivo. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del parere.

6. Se il parere del comitato consultivo è formulato per iscritto, esso è unito al progetto di decisione. Se il comitato consultivo ne raccomanda la pubblicazione, la Commissione provvede alla pubblicazione del parere tenendo debitamente conto dell’interesse legittimo delle imprese a che non vengano divulgati segreti aziendali.

7. Su richiesta dell’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro la Commissione iscrive all’ordine del giorno del comitato consultivo i casi che sono in corso di trattazione da parte dell’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro ai sensi degli articoli 81 e 82 del trattato. La Commissione può agire in tal senso anche di propria iniziativa. Preventivamente, la Commissione ne informa l’autorità garante della concorrenza interessata.

La richiesta può essere avanzata in particolare dall’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro per i casi in cui la Commissione intende avviare il procedimento di cui all’articolo 11, paragrafo 6.

Il comitato consultivo non emette pareri su casi trattati dalle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Il comitato consultivo può anche discutere problemi generali riguardanti il diritto comunitario in materia di concorrenza».

9        L’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 così dispone:

«La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 [CE] o dell’articolo 82 [CE] (…)».

10      L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 enuncia quanto segue:

«Prima di adottare qualsiasi decisione prevista dagli articoli 7, 8, 23 e 24, paragrafo 2, la Commissione dà modo alle imprese e associazioni di imprese oggetto del procedimento avviato dalla Commissione di essere sentite relativamente agli addebiti su cui essa si basa. La Commissione basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite. I ricorrenti sono strettamente associati al procedimento».

11      Ai sensi dell’articolo 33 del regolamento n. 1/2003, «[p]rima di pubblicare il progetto e di procedere all’adozione della misura la Commissione consulta il comitato consultivo sulle intese restrittive e le posizioni dominanti».

 Regolamento (CE) n. 773/2004

12      L’articolo 10 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU L 123, pag. 18), prevede quanto segue:

«1. La Commissione informa per iscritto le parti interessate sugli addebiti mossi nei loro confronti. La comunicazione degli addebiti è notificata ad ognuna di esse.

2. Nella comunicazione degli addebiti alle parti interessate la Commissione stabilisce il termine entro il quale le stesse possono presentare osservazioni scritte. La Commissione non è tenuta a tener conto delle osservazioni scritte pervenute oltre la scadenza di tale termine.

3. Nelle loro osservazioni scritte le parti possono esporre tutti i fatti loro noti che siano rilevanti per la difesa contro gli addebiti mossi dalla Commissione. Esse allegano gli eventuali documenti idonei a comprovare i fatti esposti (...)».

13      L’articolo 14 del regolamento n. 773/2004 prevede quanto segue:

«1. Le audizioni vengono condotte in piena indipendenza da un consigliere‑auditore.

2. La Commissione invita le persone che devono essere sentite a partecipare all’audizione alla data da essa fissata.

3. La Commissione invita le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri a prendere parte all’audizione. Essa può inoltre invitare anche funzionari di altre autorità degli Stati membri».

 Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

14      Il 18 giugno 2002, la Commissione delle Comunità europee ha adottato la comunicazione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA (GU C 152, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione del 18 giugno 2002»).

15      Al punto 2 della comunicazione del 18 giugno 2002, è precisato che essa si prefigge:

«(…)

–        (...) di sintetizzare per gli operatori economici e gli Stati membri, nella misura in cui essi sono interessati dal trattato CECA e dalla relativa legislazione secondaria, i più importanti cambiamenti che il passaggio al regime CE comporta relativamente alle norme sostanziali e procedurali applicabili,

–        (…) di spiegare come la Commissione intende affrontare questioni specifiche sollevate dal passaggio dal regime CECA al regime CE nei settori dell’antitrust (…), del controllo delle concentrazioni (…) e del controllo degli aiuti di Stato».

16      Il punto 31 della comunicazione del 18 giugno 2002, che figura nella sezione relativa alle questioni specifiche che sorgono con il passaggio dal regime del Trattato CECA al regime del Trattato CE, è così formulato:

«Se la Commissione, nell’applicare il diritto di concorrenza comunitario alle intese, individua una violazione in un settore rientrante nel campo di applicazione del [T]rattato CECA, il diritto sostanziale applicabile sarà, indipendentemente dal momento in cui tale applicazione ha luogo, quello in vigore nel momento in cui si sono verificati i fatti che hanno costituito la violazione. In ogni caso, per quanto riguarda la procedura, dopo la scadenza del Trattato CECA, si applicherà il diritto CE (…)».

 Oggetto della controversia

17      La presente causa ha ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione) (in prosieguo: la «prima decisione»), quale modificata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009 (in prosieguo: la «decisione di modifica») (la prima decisione, quale modificata dalla decisione di modifica, è di seguito denominata la «decisione impugnata»), nella parte in cui constata una violazione dell’articolo 65 CA da parte delle ricorrenti e le condanna in solido a un’ammenda di EUR 10,25 milioni, o, in via subordinata, una domanda di riduzione dell’importo di tale ammenda.

18      Nella decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che le seguenti società avevano violato l’articolo 65 CA:

–        Alfa Acciai SpA (in prosieguo: l’«Alfa»);

–        Feralpi Holding SpA (in prosieguo: la «Feralpi»);

–        Ferriere Nord SpA;

–        IRO Industrie Riunite Odolesi SpA (in prosieguo: la «IRO»);

–        Leali SpA e Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, in liquidazione (in prosieguo: l’«AFLL») (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: la «Leali-AFLL»);

–        Lucchini SpA e SP SpA, in liquidazione (in prosieguo: la «SP») (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: la «Lucchini‑SP»);

–        Riva Fire SpA (in prosieguo: la «Riva»);

–        Valsabbia Investimenti SpA e Ferriera Valsabbia SpA (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: la «Valsabbia» oppure le «ricorrenti»).

 Fatti

19      Le ricorrenti, la Ferriera Valsabbia e la Valsabbia Investimenti, sono nate dalla scissione, avvenuta il 1° marzo 2000, della Ferriera Valsabbia SpA. Il ramo operativo di quest’ultima è stato ceduto alla Enifer Srl, che ha preso il nome di Ferriera Valsabbia e la cui sede si trova a Brescia (Italia). La Valsabbia Investimenti controlla il 100% dell’attuale Ferriera Valsabbia. Tale impresa opera dal 1954 nel settore del tondo per cemento armato (punto 105 della prima decisione).

20      Dall’ottobre al dicembre 2000, la Commissione ha effettuato, conformemente all’articolo 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondo per cemento armato e presso un’associazione d’imprese siderurgiche italiane. Essa ha anche indirizzato loro richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 47 CA (punto 114 della prima decisione).

21      Il 26 marzo 2002 la Commissione ha avviato il procedimento amministrativo e formulato addebiti ai sensi dell’articolo 36 CA (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») (punto 114 della prima decisione). Le ricorrenti hanno presentato osservazioni scritte sulla comunicazione degli addebiti. Il 13 giugno 2002 si è svolta un’audizione (punto 118 della prima decisione).

22      Il 12 agosto 2002 la Commissione ha formulato addebiti supplementari (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementari») ai destinatari della suddetta comunicazione degli addebiti. Nella comunicazione degli addebiti supplementari, fondata sull’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), la Commissione precisava la sua posizione quanto alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA. Alle imprese interessate è stato assegnato un termine per la presentazione delle loro osservazioni e, il 30 settembre 2002, si è svolta una seconda audizione in presenza dei rappresentanti degli Stati membri (punto 119 della prima decisione).

23      In esito al procedimento, la Commissione ha adottato la decisione C (2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 CA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), nella quale essa ha constatato che le imprese destinatarie di quest’ultima avevano posto in essere un’intesa unica, complessa e continuata sul mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli, che aveva per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e aveva altresì dato luogo ad una limitazione o ad un controllo concordati della produzione o delle vendite, in contrasto con l’articolo 65, paragrafo 1, CA (punto 121 della prima decisione). In tale decisione, la Commissione ha inflitto in solido alle ricorrenti un’ammenda di importo pari a EUR 10,25 milioni.

24      Il 5 marzo 2003 le ricorrenti hanno proposto dinanzi al Tribunale un ricorso avverso la decisione del 2002. Con sentenza del 25 ottobre 2007, SP e a./Commissione (T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, Racc. pag. II‑4331), il Tribunale ha annullato la decisione del 2002. Il Tribunale ha rilevato che, tenuto conto in particolare del fatto che la decisione del 2002 non conteneva alcun riferimento all’articolo 3 e all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17, tale decisione era fondata unicamente sull’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA (sentenza SP e a./Commissione, cit., punto 101). Poiché queste ultime disposizioni erano giunte a scadenza il 23 luglio 2002, la Commissione non poteva più trarre da esse, estinte al momento dell’adozione della decisione del 2002, alcuna competenza a constatare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e ad infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato a tale infrazione (sentenza SP e a./Commissione, cit., punto 120).

25      Con lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato le ricorrenti e le altre imprese interessate della sua intenzione di riadottare una decisione, modificando la base giuridica rispetto a quella prescelta per la decisione del 2002. Essa ha altresì precisato che, considerata la portata limitata della sentenza SP e a./Commissione, citata supra al punto 24, la decisione riadottata sarebbe stata fondata sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. Alle imprese interessate è stato assegnato un termine per presentare le loro osservazioni (punti 6 e 123 della prima decisione). Le ricorrenti hanno presentato osservazioni.

 Prima decisione

26      Il 30 settembre 2009 la Commissione ha adottato la prima decisione, la quale è stata notificata alle ricorrenti con lettera del 2 ottobre 2009.

27      Nella prima decisione, la Commissione ha constatato che le restrizioni della concorrenza in essa riscontrate traevano origine in un’intesa tra produttori italiani di tondo per cemento armato e tra questi ultimi e la loro associazione, che aveva avuto luogo nel periodo tra il 1989 e il 2000 e che aveva avuto per oggetto o per effetto di fissare o di determinare i prezzi e di limitare o di controllare la produzione o le vendite tramite lo scambio di un ampio numero di informazioni relative al mercato del tondo per cemento armato in Italia (punti 7 e 399 della prima decisione).

28      Per quanto riguarda la valutazione giuridica dei comportamenti di cui trattasi nel caso di specie, in primo luogo, ai punti da 353 a 369 della prima decisione, la Commissione ha sottolineato che il regolamento n. 1/2003 doveva essere interpretato nel senso che esso le consentiva di constatare e di sanzionare, dopo il 23 luglio 2002, le intese nei settori rientranti ratione materiae e ratione temporis nell’ambito di applicazione del Trattato CECA. Al punto 370 della prima decisione, essa ha indicato che la medesima decisione era stata adottata conformemente alle norme procedurali del Trattato CE e del regolamento n. 1/2003. Ai punti da 371 a 376 della prima decisione, la Commissione ha peraltro ricordato che i principi disciplinanti la successione delle norme nel tempo potevano condurre all’applicazione di disposizioni sostanziali non più in vigore al momento dell’adozione di un atto da parte di un’istituzione dell’Unione europea, fatta salva l’applicazione del principio generale della lex mitior, in forza del quale una persona non può essere sanzionata per un fatto che non costituisce un illecito ai sensi della legislazione entrata in vigore successivamente. Essa è giunta alla conclusione che, nel caso di specie, il Trattato CE non era in concreto più favorevole del Trattato CECA e che, di conseguenza, il principio della lex mitior non avrebbe comunque potuto essere validamente invocato per contestare l’applicazione del Trattato CECA ai comportamenti in esame nella specie.

29      In secondo luogo, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, anzitutto, la Commissione ha rilevato che l’intesa aveva per oggetto la fissazione dei prezzi, in funzione della quale era stata concordata anche la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite. Secondo la Commissione, sotto il profilo della fissazione dei prezzi l’intesa si era essenzialmente concretizzata negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti il prezzo base nel periodo dal 15 aprile 1992 al 4 luglio 2000 (e, fino al 1995, negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti i termini di pagamento) e negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti gli «extra» nel periodo dal 6 dicembre 1989 al 1º giugno 2000 (punti 399 e 400 della prima decisione).

30      Per quanto riguarda, poi, gli effetti sul mercato delle pratiche restrittive di cui trattasi, la Commissione ha indicato che, trattandosi di un’intesa il cui obiettivo era quello di impedire, limitare o alterare il gioco normale della concorrenza, non era necessario verificare se essa avesse prodotto effetti sul mercato (punto 512 della prima decisione). Essa ha nondimeno ritenuto che l’intesa avesse avuto effetti concreti sul mercato (punti da 513 a 518 della prima decisione). In particolare, la Commissione ha concluso che l’intesa aveva influenzato il prezzo di vendita praticato dai produttori di tondo per cemento armato in Italia, sebbene le misure adottate nell’ambito dell’intesa non avessero sempre portato immediatamente ai risultati auspicati dalle imprese che vi partecipavano. Inoltre, secondo la Commissione, possono esserci stati fenomeni con effetti differiti. Peraltro, le imprese di cui trattasi rappresentavano all’incirca il 21% del mercato italiano del tondo per cemento armato nel 1989, il 60% nel 1995 e all’incirca l’83% nel 2000, il che indicherebbe un effetto crescente sul mercato degli aumenti di prezzi concordati. Infine, la Commissione ha sottolineato che il fatto che, dal 1989, le iniziative adottate in tale settore fossero comunicate a tutti i produttori del tondo per cemento armato aveva accresciuto l’importanza di tali effetti anche nei primi anni dell’intesa (punto 519 della prima decisione).

31      In terzo luogo, la Commissione ha individuato i destinatari della prima decisione. Per quanto riguarda le ricorrenti, ai punti 546 e 547 della prima decisione la Commissione ha indicato che la Valsabbia Investimenti e la Ferriera Valsabbia corrispondevano a un’impresa alla quale erano imputabili, oltre ai rispettivi comportamenti, quelli della (ex) Ferriera Valsabbia SpA e della ancor precedente Ferriera Valsabbia SpA.

32      In quarto luogo, la Commissione ha considerato che l’articolo 65, paragrafo 2, CA e l’articolo 81, paragrafo 3, CE non erano applicabili al caso di specie (punti da 567 a 570 della prima decisione). Essa ha altresì sottolineato che le norme in materia di prescrizione enunciate all’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 non le impedivano di adottare la prima decisione (punti da 571 a 574 della prima decisione).

33      In quinto luogo, per quanto riguarda il calcolo dell’importo delle ammende inflitte nel caso di specie, la Commissione ha indicato che, in forza dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, essa poteva infliggere ammende alle imprese che avevano violato le norme sulla concorrenza. Poiché il massimale delle ammende previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 è diverso da quello fissato dall’articolo 65, paragrafo 5, CA, la Commissione ha indicato che avrebbe applicato il limite più basso, conformemente al principio della lex mitior (punto 576 della prima decisione). Essa ha altresì indicato che, come aveva comunicato alle imprese interessate con lettera del 30 giugno 2008, aveva deciso di applicare, nel caso di specie, gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»). Essa ha aggiunto che, nel caso di specie, tuttavia, avrebbe tenuto conto del fatto che, al momento dell’adozione della decisione del 2002, essa aveva già deciso in ordine all’importo delle ammende che intendeva infliggere alle imprese interessate (punti 579 e 580 della prima decisione).

34      Anzitutto, la Commissione ha osservato che un’intesa avente per oggetto la fissazione dei prezzi, attuata in vari modi, segnatamente facendo ricorso alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, costituiva un’infrazione molto grave al diritto della concorrenza dell’Unione (punto 591 della prima decisione). La Commissione ha respinto gli argomenti delle imprese interessate secondo cui la gravità dell’infrazione sarebbe attenuata alla luce dei limitati effetti concreti sul mercato e del contesto economico in cui le suddette imprese operavano (punti da 583 a 596 della prima decisione). Secondo la Commissione, nonostante il carattere molto grave dell’infrazione, nel fissare l’importo di base dell’ammenda essa ha tenuto conto delle caratteristiche specifiche di questo caso, segnatamente del fatto che esso riguardava un mercato nazionale il quale era soggetto, all’epoca dei fatti, alla particolare normativa del trattato CECA, e del quale le imprese destinatarie della decisione rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata (punto 599 della prima decisione).

35      Successivamente, la Commissione ha considerato il peso specifico di ciascuna impresa e ha classificato le medesime in funzione della loro importanza relativa sul mercato in questione. Dato che le quote di mercato relative ottenute dalle destinatarie della prima decisione nel corso dell’ultimo anno intero dell’infrazione (1999) non erano state considerate dalla Commissione come rappresentative della presenza effettiva di queste ultime sul mercato rilevante nel periodo di riferimento, la Commissione ha distinto, sulla base delle quote di mercato medie nel periodo 1990‑1999, tre gruppi d’imprese, ossia, in primo luogo, la Feralpi e la Valsabbia, alle quali ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 5 milioni, in secondo luogo, la Lucchini‑SP, l’Alfa, la Riva e la Leali-AFLL, alle quali ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 3,5 milioni, e, in terzo luogo, la IRO e la Ferriere Nord, alle quali ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 1,75 milioni (punti da 599 a 602 della prima decisione).

36      Al fine di assicurare all’ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo, la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda della Lucchini‑SP del 200% e quello della Riva del 375% (punti 604 e 605 della prima decisione).

37      Inoltre, la Commissione ha ritenuto che l’intesa si fosse protratta dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000. Per quanto riguarda la partecipazione delle ricorrenti all’infrazione, la Commissione ha rilevato che essa si era protratta dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000 (punto 606 della prima decisione).

38      Poiché l’infrazione è durata oltre dieci anni e sei mesi per l’insieme delle imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, l’importo di partenza dell’ammenda è stato aumentato del 105% per tutte le imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, il cui importo di partenza è stato maggiorato del 70%. Gli importi di base delle ammende sono quindi stati fissati nel seguente modo:

–        Feralpi: EUR 10,25 milioni;

–        Valsabbia: EUR 10,25 milioni;

–        Lucchini-SP: EUR 14,35 milioni;

–        Alfa: EUR 7,175 milioni;

–        Riva: EUR 26,9 milioni;

–        Leali-AFLL: EUR 7,175 milioni;

–        IRO: EUR 3,58 milioni;

–        Ferriere Nord: EUR 2,97 milioni (punti 607 e 608 della prima decisione).

39      Per quanto concerne, poi, le circostanze aggravanti, la Commissione ha rilevato che la Ferriere Nord era già stata destinataria di una decisione della Commissione, adottata il 2 agosto 1989, per la sua partecipazione a un’intesa riguardante la fissazione dei prezzi e la limitazione delle vendite nel settore delle reti elettrosaldate e ha aumentato del 50% l’importo di base della sua ammenda. La Commissione non ha applicato alcuna circostanza attenuante (punti da 609 a 623 della prima decisione).

40      Infine, per quanto riguarda l’applicazione della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 1996»), la Commissione ha indicato che la Ferriere Nord le aveva fornito indicazioni utili che le avevano consentito di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa prima dell’invio della comunicazione degli addebiti, sicché le aveva concesso una riduzione del 20% dell’importo della sua ammenda. La Commissione ha considerato che le altre imprese interessate non avevano soddisfatto le condizioni della suddetta comunicazione (punti da 633 a 641 della prima decisione).

41      Il dispositivo della prima decisione è formulato come segue:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 65, paragrafo 1, [CA] partecipando, nei periodi indicati, a un accordo continuato e/o [a] pratiche concertate riguardanti il tondo per cemento armato in barre o in rotoli, aventi per oggetto e/o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione e/o il controllo della produzione o delle vendite nel mercato comune:

–        [Leali/AFLL], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Alfa], dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000;

–        [Valsabbia Investimenti e Ferriera Valsabbia], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Feralpi], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [IRO], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Lucchini‑SP], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Riva], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Ferriere Nord], dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000;

Articolo 2

Le seguenti ammende sono inflitte per le infrazioni di cui all’articolo 1:

–        [Alfa]: 7,175 milioni di EUR;

–        [Feralpi]: 10,25 milioni di EUR;

–        [Ferriere Nord]: 3,57 milioni di EUR;

–        [IRO]: 3,58 milioni di EUR;

–        [Leali e AFLL], solidalmente: 6,093 milioni di EUR;

–        [Leali]: 1,082 milioni di EUR;

–        [Lucchini e SP], solidalmente: 14,35 milioni di EUR;

–        [Riva]: 26,9 milioni di EUR;

–        [Valsabbia Investimenti e Ferriera Valsabbia], solidalmente: 10,25 milioni di EUR;

(…)».

 Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

42      Con lettere inviate tra il 20 e il 23 novembre 2009, otto delle undici società destinatarie della prima decisione, ovvero le ricorrenti, l’Alfa, la Riva, la Feralpi, la Ferriere Nord, la Lucchini e l’IRO, hanno indicato alla Commissione che l’allegato della prima decisione, quale notificata ai suoi destinatari, non conteneva le tabelle che illustravano le variazioni di prezzo.

43      Il 24 novembre 2009 i servizi della Commissione hanno informato tutti i destinatari della prima decisione che avrebbero provveduto affinché una decisione contenente le suddette tabelle fosse loro notificata. I suddetti servizi hanno altresì precisato che i termini applicabili al pagamento dell’ammenda e ad un eventuale ricorso giurisdizionale avrebbero iniziato a decorrere dalla data di notifica della «decisione completa».

 Decisione di modifica

44      L’8 dicembre 2009, la Commissione ha adottato la decisione di modifica, che integrava nel suo allegato le tabelle mancanti e correggeva i riferimenti numerati alle suddette tabelle in otto note a piè di pagina. La decisione di modifica è stata notificata alle ricorrenti il 9 dicembre 2009.

45      Il dispositivo della decisione di modifica recava modifica delle note a piè di pagina nn. 102, 127, 198, 264, 312, 362, 405 e 448 della prima decisione. Le tabelle contenute in allegato della decisione di modifica sono state aggiunte come allegati della prima decisione.

 Procedimento e conclusioni delle parti

46      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 febbraio 2010, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

47      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 1 della decisione impugnata nella parte in cui le riguarda;

–        in subordine, annullare l’articolo 1 della decisione impugnata nella misura in cui contesta alle ricorrenti di aver preso parte ad un’infrazione prima del 13 febbraio 1996;

–        annullare l’articolo 2 della decisione impugnata, nella parte in cui le riguarda;

–        in subordine, modificare l’articolo 2 della decisione impugnata allo scopo di annullare o ridurre sostanzialmente l’ammenda loro inflitta;

–        condannare la Commissione alle spese.

48      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

49      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64 del suo regolamento di procedura, ha invitato le parti a depositare taluni documenti. Queste vi hanno ottemperato entro il termine impartito.

50      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 28 novembre 2013.

 In diritto

51      A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti fanno valere formalmente quattro motivi. Il primo verte su un eccesso di potere della Commissione. Il secondo riguarda una violazione degli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003, una violazione degli articoli 10 e 14 del regolamento n. 773/2004 e una violazione dei loro diritti della difesa. Il terzo si riferisce a una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA e all’errata interpretazione della nozione di infrazione unica e continuata. Infine, il quarto verte su talune violazioni di legge commesse nella determinazione dell’importo dell’ammenda (determinazione dell’importo di partenza e mancato riconoscimento di circostanze attenuanti) e su un’eccessiva durata del procedimento amministrativo. Nell’ambito di una parte introduttiva, riguardante le «peculiarità del contenuto della decisione» impugnata, le ricorrenti deducono altresì una potenziale violazione del principio di collegialità.

 Osservazioni preliminari

52      Occorre osservare che, nell’ambito della loro esposizione dei fatti nella parte introduttiva del ricorso, le ricorrenti formulano varie censure nei confronti della decisione impugnata. Così, al capitolo 1.3. del ricorso, le ricorrenti denunciano le asserite «palesi contraddizioni» che caratterizzerebbero la decisione impugnata, in primo luogo, per quanto concerne la dimensione del mercato geografico rilevante e la motivazione della decisione impugnata su tale questione, in secondo luogo, riguardo alla presunta natura continuata dell’intesa, in terzo luogo, per quanto concerne la potenziale violazione del principio di collegialità nel processo di adozione della decisione impugnata, e, in quarto luogo, riguardo alla determinazione dell’importo delle ammende, considerata la crisi che ha colpito il settore interessato. Interrogate al riguardo durante l’udienza, le ricorrenti hanno precisato che tali considerazioni completavano gli argomenti espressamente formulati nei corrispondenti motivi del ricorso.

53      Nei suoi scritti difensivi, la Commissione afferma che le ricorrenti hanno formulato, nella parte del ricorso intitolata «In fatto», alcune considerazioni critiche avverso la decisione impugnata, senza tuttavia dedurre vizi di legittimità. Secondo la Commissione, siffatte considerazioni non costituirebbero motivi di ricorso.

54      Si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura, ogni atto di ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a supporto (sentenza del Tribunale del 30 gennaio 2007, France Télécom/Commissione, T‑340/03, Racc. pag. II‑107, punto 166). Inoltre, secondo la giurisprudenza dell’Unione, l’enunciazione dei motivi del ricorso può non attenersi alla terminologia e all’enumerazione del regolamento di procedura e l’indicazione della sostanza di tali motivi anziché della loro qualificazione giuridica può bastare a condizione che i motivi emergano con sufficiente chiarezza dal ricorso (v. ordinanza del Tribunale del 21 maggio 1999, Asia Motor France e a./Commissione, T‑154/98, Racc. pag. II‑1703, punto 55, e la giurisprudenza ivi citata).

55      A tal riguardo, occorre rilevare che le ricorrenti hanno formulato un motivo vertente sull’illegittimità della fissazione dell’importo dell’ammenda, basato in particolare sulla definizione del mercato rilevante e sulla grave crisi che ha colpito il settore. Inoltre, le ricorrenti deducono specificamente, nel ricorso, un motivo vertente sulla violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, a causa di un’erronea interpretazione della nozione di infrazione unica e continuata. Infine, sebbene il capitolo rubricato «Potenziale violazione del principio di collegialità nel processo di adozione della decisione» figuri, di fatto, nella parte del ricorso intitolata «In fatto», è sufficiente constatare che detto motivo emerge con sufficiente chiarezza dal ricorso.

56      Pertanto, le osservazioni formulate dalle ricorrenti riguardo al mercato geografico in questione, all’assenza di continuità dell’intesa e alla grave crisi che avrebbe colpito il settore saranno esaminate nell’ambito del terzo e del quarto motivo. L’asserita violazione del principio di collegialità sarà esaminata in via preliminare.

 Sull’asserita violazione del principio di collegialità

57      Le ricorrenti rilevano che la decisione loro notificata il 2 ottobre 2009 era incompleta, in quanto priva di allegati, come sarebbe stato riconosciuto dalla Commissione nella sua lettera del 27 novembre 2009. Avendo fondato il proprio convincimento su un testo incompleto, la Commissione avrebbe violato il principio di collegialità, il quale implicherebbe che i soggetti di diritto interessati dalle decisioni di detta istituzione devono avere la certezza che tali decisioni siano state effettivamente adottate dal collegio e corrispondano esattamente alla volontà di quest’ultimo. A questo proposito, l’adozione della decisione di modifica non avrebbe consentito di sanare il vizio procedurale consistente nella notifica di una decisione incompleta, né avrebbe permesso di garantire che, al momento dell’adozione di tale atto, il collegio dei membri della Commissione avesse esaminato il testo integrale dello stesso. Inoltre, la decisione impugnata farebbe sistematico riferimento alle tabelle omesse nella prima decisione, che risulterebbero essenziali per valutare gli effetti della presunta intesa.

58      In via preliminare, si deve constatare che la prima decisione non conteneva i suoi allegati, ivi incluse svariate tabelle alle quali era fatto rinvio ai punti 451 (tabella 13), 513 (tabelle 1 e 3), 515 (tabelle da 1 a 3), 516 (tabelle 9, 11, da 12 a 14 e 16) e 518 (tabelle 11, 12 e 14) nonché alle note a piè di pagina nn. 102 (tabelle da 15 a 17), 127 (tabelle da 18 a 21), 198 (tabelle 22 e 23), 264 (tabelle 24 e 25), 312 (tabella 26), 362 (tabella 27), 405 (tabella 28), 448 (tabelle 29 e 30) e 563 (insieme delle tabelle allegate alla decisione) della prima decisione. A tal riguardo, la Commissione afferma che le tabelle allegate alla decisione di modifica si limitavano a riprodurre, in modo schematico e sintetico, gli elementi già presenti nella prima decisione.

59      Innanzitutto, si deve rilevare che il principio di collegialità si fonda sull’eguaglianza dei membri della Commissione nella partecipazione all’adozione di una decisione e comporta, in particolare, da un lato, che le decisioni siano deliberate in comune e, dall’altro, che tutti i membri del collegio siano collettivamente responsabili, sul piano politico, del complesso delle decisioni adottate (sentenze della Corte del 23 settembre 1986, AKZO Chemie e AKZO Chemie UK/Commissione, 5/85, Racc. pag. 2585, punto 30, e del 15 giugno 1994, Commissione/BASF e a., C‑137/92 P, Racc. pag. I‑2555, punto 63). Inoltre, il dispositivo e la motivazione di una decisione, che dev’essere obbligatoriamente motivata ai sensi dell’articolo 15 CA, costituiscono un tutto inscindibile, con la conseguenza che spetta soltanto al collegio dei membri della Commissione, in forza del principio di collegialità, adottare al tempo stesso l’uno e gli altri, e ogni modifica dei motivi che vada al di là di un mero adattamento ortografico e grammaticale spetta esclusivamente a detto collegio (v., per analogia, sentenza Commissione/BASF e a., cit., punti da 66 a 68, e sentenza del Tribunale del 18 gennaio 2005, Confédération nationale du Crédit mutuel/Commissione, T‑93/02, Racc. pag. II‑143, punto 124).

60      Nel caso di specie, si deve considerare, da un lato, che le ricorrenti non adducono né la mancanza della deliberazione in comune della decisione impugnata né la responsabilità collettiva del collegio, sul piano politico, per tale decisione, e, dall’altro, che l’omissione, negli allegati della prima decisione, delle tabelle citate al precedente punto 58 può comportare l’illegittimità della decisione impugnata solo qualora siffatta mancanza non abbia consentito al collegio di sanzionare la condotta di cui all’articolo 1 della decisione impugnata con piena cognizione di causa, vale a dire senza essere stato indotto in errore su un punto essenziale da inesattezze od omissioni (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 10 luglio 1991, RTE/Commissione, T‑69/89, Racc. pag. II‑485, punti da 23 a 25; del 27 novembre 1997, Kaysersberg/Commissione, T‑290/94, Racc. pag. II‑2137, punto 88; del 15 marzo 2000, Cimenteries CBR e a./Commissione, T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Racc. pag. II‑491, punto 742, e del 17 febbraio 2011, Zhejiang Xinshiji Foods e Hubei Xinshiji Foods/Consiglio, T‑122/09, non pubblicata nella Raccolta, punti 104 e 105).

61      In primo luogo, riguardo alle tabelle da 15 a 17 (menzionate nella nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione), si deve constatare che esse riproducono, secondo tale nota a piè di pagina, i «dati riguardanti le modifiche dei prezzi degli “extra di dimensione” che hanno caratterizzato l’industria del tondo per cemento armato in Italia dal dicembre 1989 al giugno 2000». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno della prima frase del punto 126 della prima decisione, formulato come segue:

«Nella prima riunione della quale è a conoscenza la Commissione (quella del 6 dicembre 1989 presso l’[Associazione Industriale Bresciana], i partecipanti hanno deciso all’unanimità di aumentare, dal lunedì 11 dicembre 1989, i prezzi degli “extra di dimensione” del tondo per cemento armato sia in barre che in rotoli destinato al mercato italiano (+10 ITL/Kg per gli “extra” da 14 a 30 mm, +15 ITL/Kg per quelli da 8 a 12 mm, +20 ITL/Kg per quelli da 6 mm; tutti aumentati di 5 ITL/Kg per il materiale in rotoli)».

62      Si deve rilevare che la Commissione ha espressamente indicato, nel suddetto punto, gli aumenti dei prezzi degli «extra di dimensione» del tondo per cemento armato che erano stati decisi dai partecipanti alla riunione del 6 dicembre 1989 nonché la loro data di entrata in vigore. Inoltre, per quanto riguarda gli ulteriori aumenti che, secondo la nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione, sono indicati anche in tali tabelle (dato che esse riguardano il periodo dal 1989 al 2000), si deve notare che essi non sono oggetto del capitolo 4.1 della prima decisione, al quale si riferisce il punto 126, relativo al comportamento delle imprese fra il 1989 e il 1992. In ogni caso, tali aumenti sono menzionati, fra l’altro, anche ai punti da 126 a 128 e 133 (per gli anni 1989‑1992), 93 e 94 (per gli anni 1993‑1994), da 149 a 151, 162 e 163 (per il 1995), 184 e 185 (per il 1996), 199, 200 e 213 (per il 1997), 269 (per il 1999), e da 296 a 304 (per il 2000) nonché ai punti 439 e 515 della prima decisione.

63      In secondo luogo, riguardo alle tabelle da 18 a 21, citate nella nota a piè di pagina n. 127 della prima decisione, si deve rilevare che esse riproducono, secondo tale nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il periodo fine 1989/fine 1992 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tali tabelle sono menzionate dalla Commissione a sostegno del punto 131 della prima decisione, che enuncia quanto segue:

«Per quel che riguarda i prezzi base per il tondo per cemento armato applicati durante il periodo di vigenza del suddetto accordo, si rileva che la IRO e la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. hanno applicato, a partire dal 16 aprile 1992, quello di ITL/Kg 210 e, a partire dal 1°/6 maggio 1992, quello di ITL/Kg 225. Dal 1°/8 giugno 1992, la IRO, la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A., la Acciaieria di Darfo S.p.A. e la Acciaierie e Ferriere Leali Luigi S.p.A. hanno applicato quello di ITL/Kg 235».

64      Occorre pertanto constatare che, pur richiamandosi a cinque pagine del fascicolo amministrativo, menzionate nella nota a piè di pagina n. 126 della prima decisione, la Commissione ha espressamente indicato, al suddetto punto, i prezzi di base che erano stati fissati dalle imprese ivi menzionate, nonché la data a partire dalla quale essi erano applicati. Inoltre, si deve rilevare che, al punto 419 della prima decisione, la Commissione ha osservato che il primo comportamento relativo alla fissazione del prezzo base si era verificato al più tardi il 16 aprile 1992. Gli eventuali dati figuranti nelle tabelle da 18 a 21 della prima decisione, relativi ai prezzi di base per il periodo compreso, secondo la nota a piè di pagina della prima decisione, tra la «fine [del] 1989» e il 16 aprile 1992, sono dunque privi di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 131 della prima decisione.

65      In terzo luogo, riguardo alle tabelle 22 e 23, citate nella nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione, si deve constatare che esse riproducono, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il 1993 ed il 1994 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno del punto 145 della prima decisione, così formulato:

«Come previsto nel telefax della Federacciai del 25 novembre 1994, il 1° dicembre 1994 si è svolta a Brescia una ulteriore riunione, dove sono state prese le decisioni precisate in un altro telefax della Federacciai, ricevuto dalle imprese il 5 dicembre 1994. Dette decisioni riguardavano:

–        i prezzi del tondo per cemento armato (320 ITL/Kg base partenza Brescia, con decorrenza immediata);

–        i pagamenti (dal 1° gennaio 1995 la dilazione massima sarà di 60/90 giorni fine mese, dal 1° marzo 1995 la dilazione sarà contenuta nei 60 giorni) e gli sconti;

–        la produzione (obbligo, per ciascuna impresa di comunicare alla Federacciai, entro il 7 dicembre 1994, le tonnellate di tondo per cemento armato prodotte in settembre, ottobre e novembre 1994).

La Alfa Acciai S.R.L. ha adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994. Il 21 dicembre 1994 lo ha adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. ha riconfermato il medesimo prezzo. Anche il prezzo base della [Lucchini‑SP] relativo al gennaio 1995 era di ITL/Kg 320».

66      A tal riguardo, si deve sottolineare che le tabelle indicate nella nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione sono state menzionate dalla Commissione a sostegno della sua affermazione secondo cui «la Alfa Acciai S.R.L. [aveva] adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994», «[i]l 21 dicembre 1994 lo [avev]a adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. [aveva] riconfermato il medesimo prezzo». Ora, il «nuovo prezzo base» e il «medesimo prezzo» a cui si faceva riferimento erano il prezzo di 320 lire italiane al chilo (ITL/kg) indicato al primo trattino del suddetto punto. Gli eventuali dati figuranti nelle tabelle 22 e 23 della prima decisione, relative ai prezzi base per il periodo tra il 1993 e il 7 dicembre 1994 sono pertanto privi di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 145 della prima decisione.

67      In quarto luogo, riguardo alle tabelle 24 e 25, menzionate nella nota a piè di pagina n. 264 della prima decisione, si deve rilevare che esse riproducono, secondo tale nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1995 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno del punto 174 della prima decisione, che è formulato come segue:

«Successivamente, in un documento dei primi giorni di ottobre del 1995, in possesso della Federacciai (manoscritto dalla segretaria del Direttore generale facente funzione) è affermato che:

–        la clientela rimetteva in discussione i pagamenti (da cui la necessità di una comunicazione che ribadisse la fermezza sui pagamenti);

–        dalla settimana precedente il prezzo del tondo per cemento armato era sceso di ulteriori 5/10 ITL/Kg, collocandosi tra le 260/270 ITL/Kg in zona Brescia, con quotazioni al di sotto delle 250 ITL/Kg fuori di detta zona;

–        la situazione del mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo; e

si dovevano richiedere alle imprese i dati riguardanti gli ordini della 39ma (dal 25 al 29 settembre 1995) e 40ma (dal 2 al 6 ottobre 1995) settimana».

68      Deve pertanto essere rilevato che, al punto 174 della prima decisione, la Commissione si è limitata a prendere atto del contenuto di un documento manoscritto della segretaria del direttore generale facente funzione, redatto nell’ottobre 1995. A tal riguardo, la Commissione ha rinviato alle tabelle n. 24 e 25 unicamente a sostegno dell’affermazione contenuta in tale documento, secondo cui «la situazione di mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo». Le tabelle 24 e 25 appaiono dunque prive di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 174 della prima decisione.

69      In quinto luogo, riguardo alla tabella 26, menzionata nella nota a piè di pagina n. 312 della prima decisione, si deve constatare che essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1996 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tale tabella è citata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione, contenuta al punto 200 della prima decisione, secondo cui «[d]urante il periodo che va dal 22 ottobre 1996 al 17 luglio 1997 c[‘erano] state almeno dodici riunioni dei responsabili commerciali delle imprese, svoltesi […in particolare] martedì 22 ottobre 1996, data in cui [era] stato riconfermato per il mese di novembre 1996 il prezzo di ITL/Kg 230 base partenza Brescia e il mantenimento della quotazione di ITL/Kg 210 esclusivamente per le consegne di ottobre».

70      Si deve pertanto constatare che, nonostante l’assenza della tabella 26 nella prima decisione, la Commissione ha espressamente citato, al punto 200 della stessa, i prezzi base del periodo in questione nonché il momento della loro entrata in vigore.

71      In sesto luogo, per quanto riguarda la tabella 27, menzionata nella nota a piè di pagina n. 362 della prima decisione, essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1997 dei quali [era] in possesso la Commissione». Detta tabella è menzionata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione, contenuta al punto 216 della prima decisione, secondo cui:

«Comunque, la [Lucchini‑SP …], l’Acciaieria di Darfo S.p.A., l’Alfa Acciai S.R.L., la Feralpi Siderurgica S.R.L., la IRO, la Riva Prodotti Siderurgici S.p.A. e la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. sono le sette imprese destinatarie di una comunicazione (datata 24 novembre 1997) del Dott. Pierluigi Leali, avente ad oggetto l’“ACCORDO PREZZO-CONSEGNE” (…) “Il prezzo di ITL 270/Kg è stato solo chiesto, senza risultato – continuava la comunicazione – da un paio di ferriere mentre in realtà, come dichiarato da più parti nel corso dell’ultima riunione dei commerciali, la quotazione è assestata a ITL 260/Kg con punte al di sotto. Rileviamo tuttavia con parziale soddisfazione che la caduta si è arrestata grazie al contingentamento delle consegne che tutti stiamo rispettando e che, come da accordi, sarà verificato da ispettori esterni all’uopo nominati”. “In questo fine mese – continuava sempre la comunicazione – che ormai si sta trascinando per inerzia, è indispensabile intervenire con immediato irrigidimento sulla quotazione minima di ITL 260/Kg (che non andrebbe sicuramente ad incidere sulle scarse acquisizioni del periodo). Con la pianificazione delle consegne di dicembre concordate (- 20% sulla quota di novembre) siamo sicuramente nella condizione di mantenere il livello di prezzo concordato; è però indispensabile – concludeva il Dott. Pierluigi Leali – che nessuno accetti deroghe sul prezzo minimo stabilito (ITL 260/Kg)».

72      Dalla formulazione del suddetto punto si evince quindi che la Commissione si è limitata a riprodurre il testo della comunicazione del 24 novembre 1997 ivi menzionata. La tabella 27 risulta pertanto priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 216 della prima decisione.

73      In settimo luogo, riguardo alla tabella 28, menzionata nella nota a piè di pagina n. 405 della prima decisione, si deve constatare che essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e per la Lucchini/Siderpotenza anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1998 dei quali [era] in possesso la Commissione». Detta tabella è citata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 241 della prima decisione, che enuncia quanto segue:

«L’11 settembre 1998 il Dott. Pierluigi Leali ha inviato una comunicazione (…) nella quale, facendo riferimento all’intenzione espressa (in un incontro avvenuto il 9 settembre 1998) di mantenere la quotazione minima, a ITL “170 [base di partenza]”???, si rilevavano “comportamenti anomali, ovvero quotazioni mediamente inferiori [di ITL] 5/Kg al livello stabilito, che in alcune zone del sud diventavano ancora maggiori”. “Per parte nostra – scriveva il Dott. Pierluigi Leali – il livello minimo concertato viene mantenuto con conseguente riduzione del flusso di ordini”. “Ci auguriamo – terminava la comunicazione – che nell’incontro tra i responsabili commerciali di martedì 15 c.m. venga riscontrata una sostanziale tenuta dei prezzi, valida per un eventuale recupero della quotazione”».

74      Risulta, pertanto, dalla stessa formulazione di tale punto che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione dell’11 settembre 1998 ivi menzionato. La tabella 28 appare dunque priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 241 della prima decisione.

75      In ottavo luogo, riguardo alle tabelle 29 e 30, citate nella nota a piè di pagina n. 448 della prima decisione, si deve constatare che esse riproducono, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini/Siderpotenza, anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1999 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono menzionate dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 276 della prima decisione, così formulato:

«Ulteriori informazioni, sulla situazione del mercato del tondo per cemento armato in Italia in questo periodo, sono contenute in un documento redatto dalla Leali il 10 novembre 1999, e in particolare nella sezione intitolata “BENEFICI E LIMITI DELL’ ACCORDO COMMERCIALE ANNO 1999” in cui si legge: “L’accordo base raggiunto tra i produttori nazionali ha consentito, durante i1 1999, di invertire la situazione di debolezza dei prezzi che aveva caratterizzato i due precedenti esercizi 1997 e 1998 e di recuperare oltre 50 ITL/Kg di margine lordo. Durante l’anno 1998 il margine lordo medio (prezzo di vendita – costo materie prime) era risultato di ITL/Kg 70, e per ben 5 mesi era sceso al di sotto di tale soglia”. (…) “L’accordo raggiunto ha consentito di stabilizzare i prezzi di vendita in corso di anno, ed i produttori hanno potuto beneficiare della situazione dei costi della materia prima, incrementando il margine lordo di oltre 50 ITL il Kg, portandolo a ITL/Kg 122 nette».

76      Risulta pertanto dalla formulazione del considerando 276 della prima decisione che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione del 10 novembre 1999 ivi menzionato. L’assenza delle tabelle 29 e 30 è quindi priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 276 della prima decisione.

77      In nono luogo, la tabella 13, menzionata al punto 451 della prima decisione, è citata a sostegno dell’affermazione secondo cui «[p]er quel che riguarda il 1997, occorre constatare che esso [era] stato caratterizzato, nel suo primo semestre, da un aumento costante del prezzo base fissato dall’intesa anticoncorrenziale: ITL/Kg 190, fissato nella riunione del 30 gennaio; ITL/Kg 210, fissato nella riunione del 14 febbraio; ITL/Kg 250, fissato nella riunione del 10 luglio (punto 200)» e che «[n]ello stesso periodo, il prezzo base medio di mercato [era] anch’esso costantemente aumentato, passando dalle 170 ITL/Kg di gennaio alle 240 ITL/Kg di luglio (Tabella n. 13, in allegato); a settembre dello stesso anno, il prezzo base medio di mercato è ulteriormente aumentato, raggiungendo le 290 ITL/Kg (Tabella n. 13, in allegato)». Occorre pertanto constatare che, in detto punto, la Commissione ha espressamente indicato gli aumenti del prezzo base durante l’anno 1997, e che, di conseguenza, la citata tabella non risulta indispensabile per la comprensione del ragionamento della Commissione.

78      In decimo luogo, occorre rilevare che, al punto 496 della prima decisione (nota a piè di pagina n. 563 della prima decisione), la Commissione si è riferita complessivamente alle «tabelle allegate alla presente decisione» per sostenere l’affermazione secondo cui «[d]alle informazioni (…) risulta[va] che tutte le imprese coinvolte nel presente procedimento [avevano] pubblicato listini prezzi base nel periodo in esame». Occorre tuttavia sottolineare che il punto 496 della prima decisione rinvia altresì ai punti da 419 a 433 di quest’ultima, i quali «elencano tutte le occasioni documentate in cui il prezzo base è stato oggetto di discussione tra le imprese (ivi compresa l’associazione)». A tal riguardo, la Commissione ha precisato che «[t]ra esse alcune [erano] già state menzionate quando si [era] parlato di concorso di volontà (si vedano i punti (473)-(475))», che «[p]er le altre occasioni, tra il 1993 e il 2000, si [doveva] ricorrere alla nozione di concertazione» e che «[l]’oggetto di questa concertazione era influire sul comportamento dei produttori sul mercato e rendere manifesto il comportamento che ciascuno di loro si proponeva di tenere sul mercato, in pratica, sulla determinazione del prezzo base». Di conseguenza, l’insieme delle tabelle allegate alla prima decisione non appare indispensabile ai fini della comprensione dell’addebito formulato dalla Commissione.

79      In undicesimo luogo, riguardo ai riferimenti alle tabelle da 1 a 3, 9, da 11 a 14 e 16 operati ai punti 513, 515, 516 e 518 della prima decisione, occorre sottolineare che i suddetti punti si inseriscono nella parte della prima decisione relativa agli effetti sul mercato delle pratiche restrittive e che, dall’analisi del loro contenuto, risulta che le tabelle ivi menzionate o si limitano a riprendere le cifre citate in tali punti, oppure non sono indispensabili ai fini della comprensione del ragionamento della Commissione riguardo agli effetti dell’intesa.

80      In considerazione di quanto precede, si deve considerare che il collegio dei membri della Commissione, al momento dell’adozione della decisione impugnata, aveva una piena e completa cognizione degli elementi sui quali si fondava il provvedimento. Ne consegue che il collegio dei membri della Commissione ha sanzionato la condotta indicata all’articolo 1 della decisione impugnata con piena cognizione di causa.

81      Ne consegue che il presente motivo dev’essere respinto.

 Sul motivo vertente su un eccesso di potere della Commissione

82      Con tale motivo, le ricorrenti deducono un eccesso di potere da parte della Commissione, in quanto la stessa non sarebbe stata competente a sanzionare la violazione dell’articolo 65 CA a seguito della scadenza del Trattato CECA, utilizzando come base giuridica gli articoli 7, paragrafo 1, e 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

83      Le ricorrenti affermano che, in assenza di una decisione in senso contrario degli Stati membri, le disposizioni del Trattato CECA non potevano trovare applicazione dopo la scadenza di quest’ultimo, avvenuta il 23 luglio 2002. Applicando le norme del Trattato CECA dopo la sua scadenza, la Commissione avrebbe violato l’articolo 97 CA, secondo cui le disposizioni di tale Trattato erano state stipulate per una durata di 50 anni dalla sua entrata in vigore, senza che fossero previste misure transitorie specifiche.

84      Da un lato, nelle sue sentenze del 31 marzo 2009, ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione (T‑405/06, Racc. pag. II‑771), e del 1° luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione (T‑24/07, Racc. pag. II‑2309), il Tribunale si sarebbe basato sulla propria sentenza del 12 settembre 2007, González y Díez/Commissione (T‑25/04, Racc. pag. II‑3121). Orbene, quest’ultimo caso sarebbe assai differente da quello in esame. Per poter procedere, nel caso qui in esame, secondo lo stesso approccio adottato nella suddetta causa, la Commissione avrebbe dovuto sanzionare la Valsabbia per una violazione dell’articolo 81 CE, mediante una decisione fondata su tale disposizione, all’esito di un procedimento condotto in conformità al regolamento n. 1/2003.

85      Dall’altro lato, in una sentenza del 19 gennaio 2010, la Cour d’appel de Parisde Paris (Francia) sarebbe pervenuta ad un’identica conclusione in un caso che presentava talune analogie con il presente caso. In tale causa, la Cour d’appel avrebbe affermato che, una volta venute a scadenza, le disposizioni del Trattato CECA non possono più produrre alcun effetto. La Cour d’appel avrebbe confermato l’approccio dell’Autorità francese garante della concorrenza, consistente nell’applicare l’articolo 81 CE a fatti verificatisi durante la vigenza del Trattato CECA, ma sanzionati dopo la scadenza di quest’ultimo.

86      Inoltre, le ricorrenti fanno valere che la Commissione non può utilizzare il regolamento n. 1/2003 come base giuridica per applicare l’articolo 65, paragrafo 1, CA. Sia dai considerando del preambolo sia dal tenore letterale dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 risulterebbe che quest’ultimo conferisce alla Commissione il potere di infliggere ammende in caso di violazione degli articoli 81 CE e 82 CE, e non in caso di violazione dell’articolo 65 CA, pertanto la Commissione sarebbe incorsa in un evidente sviamento di potere.

87      In primis, secondo le ricorrenti, se è vero che l’istituzione e il mantenimento di un regime di libera concorrenza avevano costituito uno degli obiettivi essenziali del Trattato CE e del Trattato CECA, il Tribunale avrebbe però affermato, nella sentenza SP e a./Commissione citata al punto 24 supra, che l’interpretazione coerente delle disposizioni di diritto sostanziale dei differenti trattati non aveva alcuna incidenza sulle competenze attribuite alle varie istituzioni dai singoli trattati, sicché l’argomento della Commissione relativo all’unitarietà dell’ordinamento giuridico cui appartengono il Trattato CECA e il Trattato CE sarebbe inconferente.

88      In secundis, la natura di lex specialis del Trattato CECA, ricordata dalla Commissione, comporterebbe che, alla scadenza dello stesso, divenga automaticamente applicabile la lex generalis. In materia di concorrenza, ne deriverebbe che, a partire dal 24 luglio 2002, i comportamenti delle imprese un tempo ricadenti nell’ambito di applicazione del Trattato CECA siano ormai soggetti agli articoli 81 CE e 82 CE. Tuttavia, il presente motivo di ricorso non verterebbe sull’applicazione dell’articolo 81 CE, bensì sulla competenza della Commissione a constatare e sanzionare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA successivamente alla scadenza di questo trattato, sulla base di un regolamento del Consiglio dell’Unione europea che non menziona neppure la norma suddetta.

89      In tertiis, la Commissione non potrebbe basarsi sulla continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e degli obiettivi che presiedono al suo funzionamento, né sul fatto che la distorsione di concorrenza risultante dal mancato rispetto delle norme in materia di intese sarebbe tale da estendere i propri effetti nel tempo oltre la scadenza del Trattato CECA, sotto la vigenza del Trattato CE. Sarebbe infatti dubbio che gli effetti della presunta intesa, alla quale le ricorrenti avrebbero partecipato fino al 2001, si siano protratti fino al 2009. Al contrario, sarebbe probabile che, quando è stata adottata la decisione impugnata, tali effetti fossero venuti meno.

90      Infine, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, le istituzioni disporrebbero soltanto di competenze di attribuzione. Di conseguenza, la Commissione avrebbe dovuto prevedere che alcune decisioni in materia di intese sanzionabili ai sensi della normativa CECA non avrebbero potuto essere adottate in tempo utile sotto tale regime e che, pertanto, essa non avrebbe disposto di una base giuridica adeguata per agire in tali casi. La Commissione avrebbe, del resto, adottato un approccio totalmente differente in materia di lotta antidumping.

91      In primo luogo, va ricordato che i trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo genere, a favore del quale gli Stati hanno limitato, in settori sempre più ampi, i loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (v., in tal senso, sentenze della Corte del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos, 26/62, Racc. pag. 3; del 15 luglio 1964, Costa, 6/64, Racc. pag. 1141, 1144; parere della Corte 1/91, del 14 dicembre 1991, Racc. pag. I‑6079, punto 21, e sentenze del Tribunale SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 70, e del 1° luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 63).

92      Nell’ambito di tale ordinamento giuridico comunitario, le istituzioni dispongono soltanto di competenze di attribuzione. Per questo motivo, nel preambolo degli atti comunitari viene indicata la base giuridica che abilita l’istituzione di cui trattasi ad agire nel settore considerato. La scelta della base giuridica appropriata riveste, infatti, un’importanza di natura costituzionale (v. sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 71, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 64, e la giurisprudenza ivi citata).

93      Nel caso di specie, si deve constatare che il preambolo della decisione impugnata contiene riferimenti a talune disposizioni del Trattato CECA, segnatamente agli articoli 36 CA, 47 CA e 65 CA, ma anche la menzione del Trattato CE, del regolamento n. 17, in particolare del suo articolo 11, del regolamento n. 1/2003, segnatamente del suo articolo 7, paragrafo 1, del suo articolo 18 e del suo articolo 23, paragrafo 2, e quella del regolamento (CE) n. 2842/98 della Commissione, del 22 dicembre 1998, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma dell’articolo [81 CE] e dell’articolo [82 CE] (GU L 354, pag. 18).

94      Si deve altresì rilevare che, nella motivazione della decisione impugnata, la Commissione ha indicato, al punto 1, che «[l]a presente decisione constata un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo 1 [CA] ed è adottata sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1/2003». Al punto 3 della decisione impugnata, la Commissione ha aggiunto che «[c]on la presente decisione, [… essa] irroga ammende alle imprese destinatarie della stessa, sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003».

95      Al punto 350 della decisione impugnata, la Commissione ha quindi affermato di ritenere che «l’articolo 7, paragrafo 1 e l’articolo 23, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003 rappresenta[ssero] le basi giuridiche appropriate che l’autorizza[va]no ad adottare la presente decisione» e che «[s]ulla base dell’articolo 7, paragrafo l [essa …] constata[va] un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo l [CA] e obbliga[va] le destinatarie della presente decisione a porvi fine, mentre sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2 infligge[va] loro ammende» (v. anche il punto 361 della decisione impugnata).

96      In tale contesto, si deve ritenere che la decisione impugnata, con cui la Commissione ha accertato un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA ed inflitto alle ricorrenti un’ammenda, ha la sua base giuridica, quanto all’accertamento dell’infrazione, nell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e, quanto all’imposizione dell’ammenda, nell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

97      In secondo luogo, va ricordato che la disposizione che costituisce la base giuridica di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto in questione dev’essere in vigore al momento della sua adozione (sentenze della Corte del 4 aprile 2000, Commissione/Consiglio, C‑269/97, Racc. pag. I‑2257, punto 45; del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, Racc. pag. I‑2239, punto 75, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, Racc. pag. I‑2359, punto 88; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 118, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione cit. al punto 84 supra, punto 74), ciò che incontestabilmente è vero per l’articolo 7, paragrafo 1, e per l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, che costituiscono la base giuridica della decisione impugnata.

98      In terzo luogo, va sottolineato che i Trattati comunitari hanno istituito un ordinamento giuridico unico nel cui contesto, come si evince dall’articolo 305, paragrafo 1, CE, il Trattato CECA costituiva un regime specifico, che derogava alle norme di carattere generale fissate dal Trattato CE (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 57, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 75, e la giurisprudenza ivi citata).

99      Il Trattato CECA costituiva quindi, ai sensi dell’articolo 305, paragrafo 1, CE, una lex specialis che derogava alla lex generalis rappresentata dal Trattato CE (sentenza della Corte del 24 ottobre 1985, Gerlach, 239/84, Racc. pag. 3507, punti da 9 a 11; parere della Corte 1/94, del 15 novembre 1994, Racc. pag. I‑5267, punti da 25 a 27; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 111, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 76, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 70 e 73).

100    Ne consegue che, per quanto riguarda il funzionamento del mercato comune, le norme del Trattato CECA e tutte le disposizioni adottate per la sua attuazione sono rimaste in vigore, nonostante l’entrata in vigore del Trattato CE (sentenze della Corte Gerlach, cit. al punto 99 supra, punto 9, e del 24 settembre 2002, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, C‑74/00 P e C‑75/00 P, Racc. pag. I‑7869, punto 100; sentenza ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 77, confermata a seguito di impugnazione con sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 70 e 73).

101    Nondimeno, nei limiti in cui determinate questioni non fossero disciplinate dal Trattato CECA o da una regolamentazione adottata in forza di esso, il Trattato CE e le disposizioni emanate per la sua attuazione potevano essere applicati a prodotti rientranti nell’ambito CECA già prima della scadenza del relativo Trattato (sentenze della Corte del 15 dicembre 1987, Deutsche Babcock, 328/85, Racc. pag. 5119, punto 10, e Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 100; sentenze del Tribunale del 25 ottobre 2007, Ferriere Nord/Commissione, T‑94/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 83, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 78, confermata a seguito di impugnazione con sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 70 e 73).

102    In forza del suo articolo 97, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002. Di conseguenza, il 24 luglio 2002 l’ambito di applicazione del regime generale istituito dal Trattato CE si è esteso ai settori che erano inizialmente disciplinati dal Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 58, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 79, confermate a seguito di impugnazione con sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti 59 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 70 e 73).

103    Se è pur vero che il passaggio dal quadro normativo del Trattato CECA a quello del Trattato CE ha comportato, a partire dal 24 luglio 2002, una modifica delle basi giuridiche, delle procedure e delle norme sostanziali applicabili, essa si inserisce tuttavia nel contesto dell’unità e della continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e dei suoi obiettivi (sentenze González y Díez/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 59, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 80, confermate a seguito di impugnazione con sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 71 e 73).

104    A questo proposito va rilevato che l’istituzione e il mantenimento di un regime di libera concorrenza, nel cui ambito siano garantite le normali condizioni di concorrenza, e che è in particolare all’origine delle norme in materia di aiuti di Stato e di intese tra imprese, costituiscono uno degli obiettivi essenziali sia del Trattato CE che del Trattato CECA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 60, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 81, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 71 e 73).

105    In questo contesto, per quanto le norme dei Trattati CECA e CE che disciplinano la materia delle intese divergano in una certa misura, occorre sottolineare che le nozioni di accordo e di pratiche concordate sotto la vigenza dell’articolo 65, paragrafo 1, CA corrispondono a quelle di accordo e di pratiche concordate ai sensi dell’articolo 81 CE e che entrambe tali disposizioni vengono interpretate allo stesso modo dal giudice dell’Unione. Pertanto, il perseguimento dell’obiettivo di una concorrenza non falsata nei settori inizialmente rientranti nel mercato comune del carbone e dell’acciaio non subisce interruzione a seguito della scadenza del Trattato CECA, poiché questo obiettivo è parimenti perseguito nell’ambito del Trattato CE e dalla medesima istituzione, la Commissione, autorità amministrativa incaricata dell’attuazione e dello sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse generale della Comunità europea (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 61, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 82, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 71 e 73).

106    La continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e degli obiettivi che presiedono al suo funzionamento richiede, pertanto, che la Comunità europea, in quanto subentrata alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio, e nel suo proprio quadro procedurale, assicuri, riguardo alle situazioni sorte sotto la vigenza del Trattato CECA, il rispetto dei diritti e degli obblighi che a suo tempo si imponevano tanto agli Stati membri quanto ai singoli in forza del Trattato CECA e delle disposizioni adottate per la sua applicazione. Tale esigenza si afferma a maggior ragione in quanto la distorsione della concorrenza risultante dall’inosservanza delle norme in materia di intese è tale da estendere i suoi effetti nel tempo dopo la scadenza del Trattato CECA, sotto la vigenza del Trattato CE (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 63, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 83, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti 62 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 72 e 73).

107    La Corte ha altresì ricordato che la successione dei Trattati CECA, CE e FUE assicurava, al fine di garantire la libera concorrenza, che qualsiasi comportamento corrispondente alla fattispecie contemplata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA, indipendentemente dal fatto che si fosse verificato prima o dopo il 23 luglio 2002, potesse essere sanzionato dalla Commissione e possa continuare ad esserlo (sentenze ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti da 65 a 67 e 77, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti da 55 a 57 e 65).

108    Inoltre, dalla giurisprudenza emerge, da un lato, che, conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno assicurare la continuità degli istituti giuridici e, dall’altro, che tale principio si applica alle modifiche del diritto primario dell’Unione (v. sentenze della Corte del 25 febbraio 1969, Klomp, 23/68, Racc. pag. 43, punto 13, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punto 63).

109    Orbene, non sussiste alcun indizio del fatto che il legislatore dell’Unione abbia inteso sottrarre i comportamenti collusivi vietati dal Trattato CECA all’applicazione di qualsivoglia sanzione successivamente alla scadenza di quest’ultimo (sentenza ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punto 64).

110    Infatti, da un lato, la Corte ha rilevato che il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri avevano affermato di essere disposti ad adottare tutte le misure necessarie per far fronte alle conseguenze derivanti dalla scadenza del suddetto Trattato. Dall’altro, la Corte ha sottolineato che la Commissione aveva precisato di dover sottoporre proposte di disposizioni transitorie solamente nel caso in cui tale passo fosse stato ritenuto necessario e che, alla luce dei principi generali di diritto applicabili, essa riteneva che nel settore del diritto delle intese non sussistesse una siffatta necessità (sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punto 75).

111    Ciò premesso, sarebbe contrario allo scopo e alla coerenza sistematica dei Trattati nonché incompatibile con la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione che la Commissione non fosse abilitata a garantire l’uniforme applicazione delle norme connesse al Trattato CECA che continuano a produrre effetti anche dopo la scadenza di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza della Corte del 18 luglio 2007, Lucchini, C‑119/05, Racc. pag. I‑6199, punto 41).

112    Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il regolamento n. 1/2003 e, più in particolare, il suo articolo 7, paragrafo 1, e il suo articolo 23, paragrafo 2, devono essere interpretati nel senso che essi consentono alla Commissione di constatare e di sanzionare, successivamente al 23 luglio 2002, le intese realizzate nei settori ricompresi nell’ambito di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis, e questo benché le citate disposizioni di detto regolamento non menzionino espressamente l’articolo 65 CA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 64, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 84, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punto 74, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 72, 73 e 87). A fortiori, le ricorrenti non possono affermare che, in tal modo, la Commissione sarebbe incorsa in un manifesto sviamento di potere.

113    In quarto luogo, occorre rilevare che l’applicazione, in seno all’ordinamento giuridico dell’Unione, delle norme del Trattato CE in un settore inizialmente regolato dal Trattato CECA deve avvenire nel rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo. A questo proposito, secondo costante giurisprudenza, benché le norme di procedura si ritengano generalmente applicabili a tutte le controversie pendenti al momento in cui entrano in vigore, altrettanto non vale per le norme sostanziali. Infatti, queste ultime devono essere interpretate, onde garantire il rispetto dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, nel senso che non riguardano situazioni maturate anteriormente alla loro entrata in vigore salvo che emerga chiaramente dai loro termini, dalle loro finalità o dalla loro economia che si deve attribuire loro questo effetto (sentenze della Corte del 12 novembre 1981, Meridionale Industria Salumi e a., da 212/80 a 217/80, Racc. pag. 2735, punto 9, e del 10 febbraio 1982, Bout, 21/81, Racc. pag. 381, punto 13; sentenze del Tribunale del 19 febbraio 1998, Eyckeler & Malt/Commissione, T‑42/96, Racc. pag. II‑401, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 65, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 85, confermata a seguito di impugnazione con sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punto 79).

114    In quest’ottica, per quanto riguarda la questione delle disposizioni sostanziali applicabili ad una situazione giuridica definitivamente maturata anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e i dettami dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle disposizioni sostanziali adottate in applicazione del Trattato CECA ai fatti rientranti nel loro ambito di applicazione ratione materiae e ratione temporis. La circostanza per cui, a causa della scadenza del Trattato CECA, il quadro normativo di cui trattasi non sia più in vigore al momento in cui viene compiuta la valutazione della situazione di fatto, non modifica tale considerazione, dato che tale valutazione verte su una situazione giuridica definitivamente maturata in un’epoca in cui erano applicabili le disposizioni sostanziali adottate ai sensi del Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 66, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 86, confermata a seguito di impugnazione con sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punto 79; v. inoltre, nello stesso senso, sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 96).

115    Nel caso in esame, per quanto riguarda le norme di merito, si deve osservare che la decisione impugnata riguarda una situazione giuridica definitivamente acquisita anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, il 23 luglio 2002, e che il periodo dell’infrazione è compreso tra il 6 dicembre 1989 e il 4 luglio 2000 (v. punto 37 supra). Mancando qualsiasi efficacia retroattiva al diritto sostanziale della concorrenza applicabile dal 24 luglio 2002, si deve rilevare che l’articolo 65, paragrafo 1, CA costituisce la norma sostanziale applicabile, e di fatto applicata, dalla Commissione nella decisione impugnata, fermo restando che proprio dalla natura di lex generalis del Trattato CE rispetto al Trattato CECA, sancita dall’articolo 305 CE, risulta che il regime specifico istituito dal Trattato CECA e dalle norme adottate per la sua applicazione è, in forza del principio lex specialis derogat legi generali, l’unico applicabile alle situazioni acquisite prima del 24 luglio 2002 (v., in tal senso, sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 68, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 89, confermate a seguito di impugnazione con sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punto 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punto 79).

116    Peraltro, la decisione impugnata è stata adottata sul fondamento dell’articolo 7, paragrafo 1, e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, a seguito di un procedimento esperito in conformità al regolamento n. 17 e al regolamento n. 1/2003. Le disposizioni relative alla base giuridica e al procedimento seguito fino all’adozione della decisione impugnata rientrano nelle norme di procedura ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 113. Dato che la decisione impugnata è stata adottata successivamente alla scadenza del Trattato CECA, correttamente la Commissione ha applicato disposizioni contenute nel regolamento n. 1/2003 (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 67, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 87, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punto 74 e 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punto 90; v. inoltre, in tal senso, sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 96).

117    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, non può essere accolto l’argomento delle ricorrenti fondato sulla sentenza della Cour d’appel de Paris del 19 gennaio 2010. In ogni caso, si deve rilevare, come fa la Commissione, che in tale sentenza la Cour d’appel de Paris ha espressamente affermato che le questioni che essa doveva risolvere erano diverse da quelle che erano state sottoposte al Tribunale nei casi oggetto delle sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, citate al precedente punto 84. Pertanto, la Cour d’appel de Paris ha osservato, riferendosi proprio a tali sentenze, che i giudici europei «non [aveva]no mai affrontato la questione specifica (…) di un’azione legale a fini sanzionatori da parte di un’autorità nazionale per la concorrenza, successiva al 23 luglio 2002, per comportamenti compiuti o avviati prima di tale data e continuati in seguito» e che, «a maggior ragione, i giudici europei non [aveva]no mai rimesso in discussione il principio in base al quale una legge che non ha più oggetto perde la sua efficacia e tutti i corollari di tale principio». A tal riguardo, è incontestato che, nel caso di specie, le condotte dell’infrazione sono cessate il 4 luglio 2000, vale a dire prima della scadenza del Trattato CECA.

118    Ne consegue che il presente motivo dev’essere respinto.

 Sul motivo vertente su una violazione dei diritti della difesa

 Sulla violazione dell’articolo 10 del regolamento n. 773/2004 a causa del mancato invio di una nuova comunicazione degli addebiti

119    Le ricorrenti sostengono che la Commissione, avendo omesso di trasmettere alle società interessate una nuova comunicazione degli addebiti ed essendosi limitata ad indirizzare loro la lettera del 30 giugno 2008 per informarle della sua intenzione di riadottare la decisione del 2002, ha violato l’articolo 10 del regolamento n. 773/2004.

120    Nel caso di specie, la Commissione avrebbe adottato la decisione impugnata modificando la base giuridica rispetto a quella prescelta per la decisione del 2002. Poiché la base giuridica costituisce un elemento fondamentale di una decisione, la Commissione avrebbe dovuto inviare una nuova comunicazione degli addebiti. Inoltre, si dovrebbe rilevare come, nella decisione impugnata, la Commissione abbia non solo corretto un vizio procedurale, ma anche effettuato nuove valutazioni in merito alle posizioni delle parti relativamente all’ammenda, sicché sarebbe stato necessario consentire alle parti di esercitare pienamente i loro diritti della difesa.

121    Le ricorrenti aggiungono che la natura giuridica della lettera del 30 giugno 2008 non è chiara, in quanto si tratterebbe di un atto che non è disciplinato né menzionato dal regolamento n. 1/2003 o dal regolamento n. 773/2004. Avendo ritenuto che la notifica di tale lettera anticipasse la trasmissione di una nuova comunicazione degli addebiti, le ricorrenti avrebbero ridotto al minimo le loro osservazioni in risposta alla lettera di cui sopra.La Commissione avrebbe d’altronde riconosciuto, nell’ambito del procedimento che ha portato all’adozione della decisione del 2002, la necessità di inviare la comunicazione degli addebiti supplementari alle imprese in questione per informarle che essa intendeva fondarsi su una base giuridica differente al fine di adottare tale decisione. La comunicazione degli addebiti supplementari sarebbe comunque insufficiente, in quanto si riferirebbe all’irrogazione di ammende ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 5, CA, mentre nella decisione impugnata la Commissione avrebbe esercitato il suo potere sanzionatorio ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

122    Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento all’esito del quale possano essere inflitte sanzioni, specialmente ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa. A tal riguardo, la comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale del principio fondamentale del diritto dell’Unione che esige il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento. In forza di detto principio, in particolare, la comunicazione degli addebiti trasmessa dalla Commissione a un’impresa alla quale intende infliggere una sanzione per violazione delle norme sulla concorrenza deve contenere gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova su cui si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico (v. sentenze della Corte del 3 settembre 2009, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Racc. pag. I‑7191, punti 34 e 36, e la giurisprudenza ivi citata, e Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, Racc. pag. I‑7415, punti da 26 a 28).

123    L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 10 del regolamento n. 773/2004, i quali attuano il suddetto principio, obbligano la Commissione a fondare la propria decisione finale soltanto sugli addebiti in ordine ai quali le imprese e le associazioni di imprese interessate abbiano potuto esprimere il loro punto di vista.

124    Il rispetto dei diritti della difesa esige, infatti, che l’impresa interessata sia stata messa in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita infrazione (v. sentenza della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punto 66, e la giurisprudenza ivi citata).

125    Occorre preliminarmente ricordare che, al punto 6 della decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato che, considerata la portata limitata della sentenza SP e a./Commissione, citata supra al punto 24 (la quale non affronta alcuna questione di fatto), la decisione riadottata si fondava sulle prove già presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari, tenendo conto nel contempo del giudizio del Tribunale relativo alla definizione della base giuridica che legittimava la Commissione ad agire, e che, pertanto, i fatti descritti in tale decisione corrispondevano interamente alla descrizione fatta nella prima decisione, ad eccezione dei recenti sviluppi relativi alla ristrutturazione di talune imprese.

126    Sotto un primo profilo, occorre sottolineare che, nel presente motivo, le ricorrenti non affermano che la decisione impugnata verta su comportamenti diversi da quelli sui quali esse hanno avuto modo di formulare osservazioni nelle rispettive risposte alla comunicazione degli addebiti e alla comunicazione degli addebiti supplementari.

127    In primo luogo, le ricorrenti affermano che la modifica, in seguito all’annullamento della decisione del 2002 operato dal Tribunale, della base giuridica per l’adozione della decisione impugnata rappresenta un elemento fondamentale di quest’ultima, tale da comportare che la Commissione trasmettesse alle parti una nuova comunicazione degli addebiti.

128    Un simile argomento non può tuttavia essere accolto. Occorre infatti sottolineare che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, nella comunicazione degli addebiti supplementari la Commissione aveva già informato le imprese in questione delle conseguenze, in particolare relative alla scelta della base giuridica, che essa intendeva trarre dalla scadenza del Trattato CECA e che le ricorrenti hanno avuto la possibilità di esporre le proprie osservazioni a tal riguardo, come del resto esse hanno fatto nella loro risposta alla suddetta comunicazione. Inoltre, le considerazioni svolte in una decisione riguardo alla base giuridica su cui essa si fonda devono essere considerate estranee a qualsiasi nuovo addebito, in quanto non fanno riferimento a comportamenti diversi da quelli in ordine ai quali le imprese avevano già formulato le loro osservazioni (v., in tal senso, sentenza della Corte del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc. pag. I‑8375, punto 103, e sentenza del Tribunale del 19 marzo 2003, CMA CGM e a./Commissione, T‑213/00, Racc. pag. II‑913, punto 114).

129    In ogni caso, nella sua lettera del 30 giugno 2008, a seguito dell’annullamento della decisione del 2002 da parte del Tribunale, la Commissione ha informato le imprese interessate della sua intenzione di riadottare tale decisione nei confronti di tutte le parti per le quali il Tribunale l’aveva annullata. Essa ha nuovamente precisato alle ricorrenti la base giuridica che la legittimava a riadottare la decisione nonché le disposizioni sostanziali e procedurali applicabili. Le ricorrenti hanno avuto la possibilità di presentare le proprie osservazioni, come del resto hanno fatto con un documento di nove pagine in data 31 luglio 2008.

130    In secondo luogo, le ricorrenti affermano che la comunicazione degli addebiti deve mettere l’impresa in grado di difendersi non solo contro la constatazione dell’infrazione ma anche contro l’inflizione di un’ammenda. È per tale ragione che una decisione della Commissione menziona la base giuridica utilizzata al fine di sanzionare le imprese interessate per i fatti alle stesse addebitati. Orbene, le parti non sarebbero state informate della base giuridica che la Commissione intendeva utilizzare per imporre sanzioni alle imprese interessate.

131    Un siffatto argomento non può essere accolto.

132    Come risulta dalla giurisprudenza, l’obbligo della Commissione nella fase della comunicazione degli addebiti si limita ad esporre le censure sollevate e ad esporre chiaramente i fatti su cui essa si basa nonché la qualificazione data loro, affinché i destinatari possano utilmente difendersi. La Commissione non è obbligata ad esporre le conclusioni che essa ha tratto dai fatti, dai documenti e dagli argomenti giuridici (v. sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, Racc. pag. II‑2501, punto 453, e la giurisprudenza ivi citata).

133    La Corte ha inoltre già sottolineato che quando, in seguito all’annullamento di una decisione in materia di concorrenza, la Commissione sceglie di rimediare all’illegittimità od alle illegittimità accertate e di adottare una decisione identica non viziata da tali illegittimità, quest’ultima decisione riguarda i medesimi addebiti in merito ai quali le imprese si sono già pronunciate (sentenze Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 128 supra, punto 98).

134    Ne consegue che la Commissione, in seguito all’annullamento della decisione del 2002, non era obbligata a dare alle imprese interessate la possibilità di essere sentite in merito alla scelta della base giuridica utilizzata per infliggere loro ammende nella decisione impugnata.

135    In terzo luogo, le ricorrenti affermano che la Commissione non si è limitata a riadottare la decisione del 2002, ma ha anche riesercitato il proprio potere sanzionatorio prendendo in considerazione elementi nuovi, i quali avrebbero comportato una diminuzione dell’importo finale dell’ammenda inflitta alla Lucchini‑SP.

136    Oltre al fatto che le ricorrenti si limitano a far valere una diminuzione dell’importo dell’ammenda inflitta ad un’altra impresa, senza tuttavia dedurre una qualsiasi disparità di trattamento, dalla giurisprudenza risulta che, quando la Commissione enuncia espressamente, nella comunicazione degli addebiti, che vaglierà l’opportunità di infliggere ammende alle imprese interessate e indica i principali elementi di fatto e di diritto atti a comportare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione e il fatto di averla commessa intenzionalmente oppure per negligenza, essa adempie il suo obbligo di rispettare il diritto delle imprese di essere sentite. In tal modo, essa fornisce loro le indicazioni necessarie per difendersi non solo contro l’accertamento dell’infrazione, ma altresì contro l’inflizione di un’ammenda. Per contro, la Commissione non è tenuta – una volta che abbia indicato gli elementi di fatto e di diritto su cui intende basare il calcolo delle ammende – a precisare il modo in cui si avvarrà di ciascun elemento per la determinazione dell’entità dell’ammenda (v. sentenza del Tribunale del 19 maggio 2010, Wieland‑Werke e a./Commissione, T‑11/05, non pubblicata nella Raccolta, punti 129 e 130, e la giurisprudenza ivi citata).

137    Ora, la Commissione ha menzionato tali elementi al punto 314 della comunicazione degli addebiti. In particolare, essa ha ricordato che, nel fissare l’importo di ciascuna ammenda, doveva tenere conto di tutte le circostanze rilevanti, in particolare della gravità e della durata dell’infrazione. Essa ha aggiunto che, nel valutare la gravità dell’infrazione, avrebbe tenuto conto dei fatti precedentemente descritti e valutati tenendo presente che un accordo o una pratica concordata quale un cartello di prezzi e di ripartizione dei mercati costituiva un’infrazione molto grave del diritto dell’Unione. Essa ha altresì indicato che, nel valutare la gravità dell’infrazione, avrebbe tenuto conto della sua natura, dell’impatto concreto sul mercato, qualora fosse misurabile, e dell’estensione del mercato e che il ruolo svolto da ciascuna delle imprese partecipanti all’infrazione sarebbe stato valutato individualmente. Infine, essa ha sottolineato che, nella determinazione dell’importo dell’ammenda da imporre a ciascuna impresa, avrebbe tenuto conto di ogni circostanza aggravante ed attenuante e avrebbe proposto di fissare le ammende ad un livello tale da garantirne un carattere sufficientemente dissuasivo.

138    In quarto luogo, riguardo alla lettera del 30 giugno 2008, si deve rilevare che, in tale lettera, che non formula addebiti nei confronti delle imprese destinatarie, la Commissione ha indicato la sua intenzione di riadottare la decisione annullata dalla sentenza SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, e ha specificamente indicato che, data la portata limitata di tale sentenza, che non affrontava il merito della causa, la decisione riadottata si fonderebbe nuovamente sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. Essa ha altresì invitato le imprese interessate a trasmetterle le loro eventuali osservazioni entro il termine di un mese dalla ricezione di tale lettera. Pertanto, le ricorrenti non possono sostenere che esse credevano che la trasmissione della lettera del 30 giugno 2008 precedesse l’adozione di una nuova comunicazione degli addebiti.

139    Sotto un secondo profilo, si deve constatare che le ricorrenti non mettono in dubbio che, all’atto dell’annullamento della decisione del 2002, gli atti preparatori compiuti dalla Commissione avrebbero consentito un’analisi esauriente del comportamento delle imprese interessate sotto il profilo dell’articolo 65, paragrafo 1, CA.

140    Orbene, secondo costante giurisprudenza, l’annullamento di un atto dell’Unione non incide necessariamente sugli atti preparatori, poiché, in linea di principio, il procedimento diretto a sostituire l’atto annullato può ripartire dal punto preciso in cui l’illegittimità si è verificata (sentenze della Corte del 12 novembre 1998, Spagna/Commissione, C‑415/96, Racc. pag. I‑6993, punti 31 e 32, e Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 128 supra, punto 73; sentenza del Tribunale del 25 giugno 2010, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑66/01, Racc. pag. II‑2631, punto 125).

141    Dato che, come si è ricordato al precedente punto 24, la decisione del 2002 è stata annullata a causa del fatto che l’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA non era più in vigore il 23 luglio 2002 e che la Commissione non poteva più trarre da tali disposizioni, estinte al momento dell’adozione della suddetta decisione, alcuna competenza a constatare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e ad infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato a tale infrazione, l’esecuzione della sentenza SP e a./Commissione, citata al precedente punto 24, comportava l’obbligo della Commissione di riprendere il procedimento dal punto preciso in cui l’illegittimità si era verificata, segnatamente al momento dell’adozione della decisione del 2002. Ne consegue che la Commissione non era tenuta ad indirizzare alle ricorrenti una nuova comunicazione degli addebiti.

142    Ne consegue che il primo capo del primo motivo deve essere respinto.

 Sulla violazione degli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 14 del regolamento n. 773/2004, a motivo dell’impossibilità delle ricorrenti di comunicare il loro punto di vista agli Stati membri

143    Le ricorrenti affermano che i loro diritti della difesa sono stati violati a motivo del fatto che la Commissione non avrebbe dato al comitato consultivo di cui all’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 la possibilità di esprimersi utilmente in merito all’adozione della decisione impugnata. A tal riguardo, esse sostengono che, in mancanza di una comunicazione degli addebiti alla quale poter rispondere, le parti sarebbero state private della possibilità di informare gli Stati membri in merito al loro punto di vista riguardo alla riadozione della decisione del 2002, e in particolare della possibilità di comunicare a questi ultimi argomenti decisivi ai fini del calcolo dell’ammenda, quali la lunghezza del procedimento e lo stato di crisi in cui versava il settore. A questo proposito, le ricorrenti ignorerebbero se una copia della loro risposta alla lettera del 30 giugno 2008 sia stata fornita agli Stati membri e dunque non saprebbero sulla base di quali informazioni questi ultimi si siano pronunciati.

144    Occorre preliminarmente rilevare che, come indicato dalla Commissione al punto 382 della decisione impugnata, non sussiste alcun nesso formale tra la consultazione del comitato consultivo di cui agli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003, da un lato, e lo svolgimento di un’audizione ai sensi dell’articolo 14 del regolamento n. 773/2004, dall’altro.

145    Infatti, mentre l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004 prevede che la Commissione accordi alle parti cui invia una comunicazione degli addebiti la possibilità di esprimere le proprie ragioni durante un’audizione e l’articolo 14, paragrafo 1, del medesimo regolamento stabilisce che la Commissione inviti le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri a partecipare all’audizione, gli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003 non riguardano lo svolgimento di un’audizione dinanzi a un consigliere‑auditore, bensì prevedono la consultazione, da parte della Commissione, di un comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti prima dell’adozione di una decisione basata, fra l’altro, sugli articoli 7 e 23 del regolamento n. 1/2003.

146    Per quanto concerne l’asserita violazione dell’articolo 14 del regolamento n. 773/2004, relativo alla conduzione delle audizioni da parte del consigliere‑auditore, si deve ricordare che il diritto delle imprese e delle associazioni di imprese interessate di far conoscere, durante la fase scritta e la fase orale del procedimento amministrativo, il loro punto di vista sugli addebiti mossi dalla Commissione costituisce un elemento essenziale dei diritti della difesa (sentenza della Corte del 21 settembre 1989, Hoechst/Commissione, 46/87 e 227/88, Racc. pag. 2859, punto 52, e sentenza del Tribunale del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Racc. pag. II‑931, punto 248).

147    Tuttavia, dato che, come risulta dalle considerazioni svolte ai punti da 122 a 142 supra, la Commissione non era obbligata ad emettere una nuova comunicazione degli addebiti e le imprese interessate avevano già avuto la possibilità di essere sentite oralmente durante l’audizione del 13 giugno 2002, successiva alla comunicazione degli addebiti, e durante l’audizione del 30 settembre 2002, successiva alla comunicazione degli addebiti supplementari, la Commissione non era obbligata ad organizzare una nuova audizione.

148    Sebbene, come sottolineano le ricorrenti, gli Stati membri non abbiano partecipato all’audizione relativa al merito della controversia, si è ricordato al precedente punto 113 che l’applicazione, in seno all’ordinamento giuridico dell’Unione, delle norme del Trattato CE in un settore inizialmente regolato dal Trattato CECA deve avvenire nel rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo, dato che le norme di procedura si ritengono generalmente applicabili a tutte le controversie pendenti al momento in cui entrano in vigore. Orbene, le norme del Trattato CECA, a quell’epoca vigenti, ed in particolare l’articolo 36 CA, non prevedevano una partecipazione di questo tipo, contrariamente all’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004.

149    Come evidenziato dalla Commissione, quest’ultima ha nondimeno tenuto gli Stati membri ampiamente al corrente del procedimento, trasmettendo loro, prima dell’adozione della decisione del 2002, la comunicazione degli addebiti, la comunicazione degli addebiti supplementari, talune copie delle osservazioni scritte riguardanti le due comunicazioni degli addebiti, una copia dello studio Lear (Laboratorio di Economia, Antitrust, Regolamentazione), intitolato «L’industria del tondo per cemento armato in Italia dal 1989 al 2000» (in prosieguo: lo studio «Lear»), commissionato dalle imprese Alfa, Feralpi, IRO, SP e Valsabbia, un sunto degli argomenti delle parti espressi nell’audizione e la registrazione di quest’ultima in inglese. La Commissione ha altresì trasmesso alle autorità nazionali garanti della concorrenza, in data 7 settembre 2009, le risposte alla lettera del 30 giugno 2008 fornite dalle imprese interessate.

150    Per quanto concerne l’asserita violazione degli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003, ai sensi dei quali la Commissione, prima dell’adozione di una decisione basata, fra l’altro, sugli articoli 7 e 23 del medesimo regolamento, consulta un comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti, è sufficiente constatare che detto argomento è infondato in fatto, poiché, come risulta dal verbale della riunione della Commissione in seno alla quale è stata adottata la prima decisione, il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti è stato consultato prima dell’adozione della decisione impugnata e ha espresso, in seguito alla trasmissione ai suoi membri dei documenti più importanti relativi al caso in esame ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 (punto 383 della decisione impugnata), il suo parere durante la riunione del 18 settembre 2009 vertente su un progetto preliminare di decisione nel presente caso.

151    A tal riguardo, dal parere del comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti formulato nella riunione del 18 settembre 2009 in relazione a un progetto di decisione sul caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione (GU 2011, C 98, pag. 13), prodotto in giudizio dalla Commissione, risulta che il comitato consultivo ha espresso il suo accordo con la Commissione, primo, sull’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 come base giuridica, secondo, sul procedimento seguito per la riadozione della decisione, terzo, sull’applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA come diritto sostanziale, nonostante fosse scaduto, quarto, sulla valutazione dei fatti costituenti accordi o pratiche concordate ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, quinto, sulla valutazione compiuta dalla Commissione in merito al prodotto ed all’estensione geografica del mercato interessati dal cartello, sesto, sulla conclusione della Commissione che il termine di prescrizione non fosse scaduto, settimo, sugli importi di base delle ammende, ottavo, sull’aumento dell’importo di base a motivo di una circostanza aggravante, nono, sull’importo della riduzione delle ammende basata sulla comunicazione della Commissione sulla cooperazione del 1996, e, decimo, sull’importo definitivo delle ammende. Il suddetto comitato ha altresì raccomandato la pubblicazione del suo parere nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

152    In considerazione di quanto precede, si deve respingere anche il presente capo del motivo in esame, nonché il motivo nella sua interezza.

 Sul motivo vertente sulla violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA

153    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha erroneamente interpretato la nozione di infrazione unica e continuata e, così facendo, ha violato l’articolo 65, paragrafo 1, CA. Da un lato, diversi elementi suggerirebbero l’esistenza di due intese distinte e autonome, la prima fra il 1989 e il 1995 e l’altra fra il 1996 e il 2000. Dall’altro, vi sarebbe stata una netta ed evidente interruzione dei comportamenti descritti nella decisione impugnata negli anni 1995 e 1996, ma anche una serie di momenti di cesura nel corso di tutto il periodo interessato.

 Sull’unicità dell’intesa

154    Le ricorrenti sostengono che la decisione impugnata presenta vari elementi che contraddicono le conclusioni della Commissione riguardanti l’unicità dell’intesa. Vi sarebbero state due intese distinte, delle quali una si sarebbe svolta tra il 1989 e il 1995 e l’altra tra il 1996 e il 2000. Per fondare tale conclusione, le ricorrenti fanno riferimento, all’evoluzione, a partire dal 1996, del numero di imprese implicate nell’intesa, del ruolo ricoperto dalla Federacciai e dei temi di discussione affrontati dai partecipanti.

155    Occorre innanzitutto ricordare che la nozione di infrazione unica riguarda la situazione in cui più imprese abbiano preso parte ad un’infrazione costituita da un comportamento continuato o ripetuto avente un unico obiettivo economico volto a falsare la concorrenza oppure da infrazioni singole collegate l’una all’altra da un’identità di oggetto (stessa finalità dell’insieme degli elementi) e di soggetti (identità delle imprese interessate consapevoli di partecipare all’oggetto comune) (sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, Racc. pag. II‑1333, punto 257; del 28 aprile 2010, Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, T‑446/05, Racc. pag. II‑1255, punto 89; del 24 marzo 2011, Aalberts Industries e a./Commissione, T‑385/06, Racc. pag. II‑1223, punto 86, e del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 141).

156    Si deve poi osservare che una violazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o, ancora, da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero anche costituire, di per sé stessi e presi isolatamente, una violazione della suddetta disposizione. Ove le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme» a causa del loro identico oggetto, consistente nel falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (sentenze della Corte Aalborg Portland e a./Commissione, punto 124 supra, punto 258; del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41, e dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 49; sentenze del Tribunale del 12 dicembre 2007, BASF e UCB/Commissione, T‑101/05 e T‑111/05, Racc. pag. II‑4949, punto 161; Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 90; Aalberts Industries e a./Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 87, e Coats Holdings/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 142).

157    Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, la nozione di infrazione unica può riferirsi alla qualificazione giuridica di un comportamento anticoncorrenziale consistente nell’esistenza di accordi, di pratiche concordate e di decisioni di associazioni di imprese (sentenze del Tribunale del 20 marzo 2002, HFB e a./Commissione, T‑9/99, Racc. pag. II‑1487, punto 186; BASF e UCB/Commissione, cit. al punto 156 supra, punto 159; Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 91, e Coats Holdings/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 143).

158    Occorre altresì precisare che la nozione di obiettivo unico non può essere determinata riferendosi in generale a una distorsione della concorrenza nel mercato interessato dall’infrazione, dal momento che l’incidenza sulla concorrenza costituisce, come oggetto o effetto, un elemento intrinseco a qualunque comportamento rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA. Una siffatta definizione della nozione di obiettivo unico rischierebbe di privare la nozione di infrazione unica e continuata di parte del suo significato, in quanto comporterebbe che vari comportamenti concernenti un determinato settore economico, vietati dall’articolo 65, paragrafo 1, CA, debbano essere sistematicamente qualificati come elementi costitutivi di un’infrazione unica. Pertanto, al fine di qualificare diversi comportamenti illeciti come infrazione unica e continuata, occorre verificare se essi presentino un nesso di complementarietà, nel senso che ciascuno di essi è destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza, e se essi contribuiscano, interagendo reciprocamente, alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori nell’ambito di un piano complessivo diretto ad un unico obiettivo. A tale riguardo, occorre tenere conto di tutte le circostanze che possono dimostrare oppure mettere in dubbio tale nesso, quali il periodo di applicazione, il contenuto, inclusi i metodi utilizzati, e, correlativamente, l’obiettivo dei diversi comportamenti illeciti in questione (v., in tal senso e per analogia, sentenze BASF e UCB/Commissione, cit. al punto 156 supra, punti da 179 a 181; Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 92, e Aalberts Industries e a./Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 88).

159    Infine, va ricordato che un’impresa che abbia partecipato ad un’infrazione unica e complessa attraverso comportamenti propri, rientranti nelle nozioni di accordo o di pratica concordata aventi uno scopo anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA e diretti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere ritenuta responsabile, per tutta la durata della sua partecipazione a detta infrazione, anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione. Tale caso ricorre ove si accerti che l’impresa di cui trattasi era a conoscenza dei comportamenti illeciti degli altri partecipanti o che poteva ragionevolmente prevederli ed era a pronta ad accettarne il rischio (v., in tal senso e per analogia, sentenze della Corte dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punti 83 e 203; Commissione/Verhuizingen Coppens, cit. al punto 156 supra, punto 42; Team Relocations e a./Commissione, cit. al punto 156 supra, punto 50; del Tribunale BASF e UCB/Commissione, cit. al punto 156 supra, punto 160, e del 6 marzo 2012, UPM‑Kymmene/Commissione, T‑53/06, non pubblicata nella Raccolta, punto 52).

160    È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare il presente motivo.

161    Nella decisione impugnata, al punto 437, la Commissione ha rilevato che i comportamenti riguardanti la fissazione del prezzo base e dei termini di pagamento, succedutisi dal 16 aprile 1992 al 4 luglio 2000, si configuravano come momenti di attuazione di un unico e medesimo disegno teso alla fissazione di un prezzo minimo concordato. Infatti, ciascuno di detti comportamenti (fatta soltanto eccezione per l’accordo iniziale dell’aprile 1992) si sarebbe concretizzato in modalità, più o meno simili nel tempo, mediante le quali si fissava il prezzo minimo concordato.

162    Al punto 444 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che, poiché il prezzo base e gli «extra di dimensione» sono le due componenti principali del prezzo del tondo per cemento armato, i comportamenti tendenti alla fissazione dell’uno e quelli tendenti alla fissazione degli altri non potevano considerarsi come costitutivi di due diverse intese ed erano, in realtà, le due parti – del tutto complementari – della medesima intesa. Quindi, ciò che rileva nel mercato sarebbe il prezzo complessivo, cosicché i comportamenti volti alla fissazione di un prezzo base minimo e quelli volti alla uniformizzazione dei prezzi degli «extra di dimensione» costituirebbero, in realtà, una sola infrazione, avente per oggetto la fissazione del prezzo complessivo del tondo per cemento armato, anche mediante la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite.

163    Con riferimento a tale parte dell’intesa, al punto 458 della decisione impugnata la Commissione ha affermato che tutti i comportamenti riguardanti la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite succedutisi dal 13 giugno 1995 al 23 maggio 2000 si configuravano, in quanto funzionali all’attuazione di un unico e medesimo disegno teso alla fissazione di un prezzo minimo concordato, come momenti di attuazione di questo stesso disegno. Essa ha aggiunto che il fatto che la compresenza di comportamenti di tipo diverso – segnatamente i) contatti reciproci e incontri periodici fra concorrenti per discutere e definire le proprie politiche commerciali, ii) intese periodiche sui prezzi base minimi o prezzi «obiettivo» (o sui termini di pagamento) e sui prezzi degli «extra» di dimensione per la vendita del prodotto in Italia, iii) intese riguardanti provvedimenti volti a facilitare l’attuazione di tali prezzi «obiettivo», iv) lo scambio di informazioni particolareggiate sui propri dati confidenziali relativi, in particolare, alla produzione o alle vendite, e, v) la ripartizione del mercato italiano assegnando a ciascuna delle imprese coinvolte una quota di vendite – non ostava alla possibilità di definire tutti i suddetti comportamenti come una sola infrazione.

164    Al punto 507 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso che l’unità di scopi dei vari comportamenti adottati non dava adito ad alcun dubbio, in quanto sia le intese in materia di prezzi base che quelle in materia di extra avrebbero avuto per oggetto l’aumento del prezzo del tondo per cemento armato sul mercato italiano. Gli accordi o pratiche concordate riguardanti i termini di pagamento avrebbero avuto lo stesso scopo di quelle riguardanti la fissazione del prezzo base, poiché il privarsi della possibilità di praticare termini di pagamento più lunghi di quelli dei propri concorrenti, uniformando gli oneri finanziari che i clienti erano tenuti a sopportare a causa di tali termini, sarebbe equivalso a sopprimere, o comunque, a ridurre possibili differenziazioni tra i prezzi dei vari concorrenti. Dato che i comportamenti contestati avrebbero mirato, per più di dieci anni, al raggiungimento del medesimo obiettivo, la Commissione era pervenuta alla conclusione che si trattava di un’infrazione unica.

165    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che numerosi documenti citati nella decisione impugnata quali prove dell’intesa asseritamente unica e continuata si riferiscono a un numero di imprese in gran parte diverse da quelle sanzionate con la decisione impugnata. Viceversa, i documenti citati nella decisione impugnata come prove della presunta intesa svoltasi successivamente al 1996 riguarderebbero incontri che sarebbero avvenuti fra una cerchia di imprese molto ridotta rispetto a quelle che avevano partecipato all’intesa sin dal 1989 in ambito Federacciai, dato che solo un numero tra otto e undici imprese sarebbero rimaste a partecipare. Ora, per considerare un’intesa come unica, occorre che le imprese coinvolte siano (in gran parte) le stesse, come si evincerebbe altresì dalla prassi decisionale della Commissione. Dato che, nel 1995, dei 22 produttori di tondo per cemento armato iscritti alla Federacciai solo undici erano stati invitati alle riunioni organizzate dal dott. Leali, le iniziative promosse da quest’ultimo non risulterebbero connesse all’adesione alla Federacciai o alle attività di quest’ultima.

166    Un simile argomento non può essere accolto. Come si è ricordato ai precedenti punti 155 e 158, la nozione di infrazione unica riguarda la situazione in cui più imprese abbiano preso parte ad un’infrazione costituita da un comportamento continuato avente un unico obiettivo economico volto a falsare la concorrenza, o, ancora, da infrazioni singole collegate l’una all’altra da un’identità di oggetto e di soggetti. Pertanto, ai fini della qualificazione di comportamenti illeciti diversi come infrazione unica e continuata, occorre verificare se questi presentino un nesso di complementarietà, nel senso che ciascuno di essi sia destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza, e se essi contribuiscano, interagendo reciprocamente, alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori, nell’ambito di un piano complessivo diretto ad ottenere un unico obiettivo.

167    Sebbene l’identità delle imprese che hanno partecipato all’infrazione rappresenti un elemento rilevante di cui tenere conto ai fini della valutazione del carattere unitario dell’infrazione, nondimeno il criterio sostanziale che permette di qualificare un’intesa come «unica» consiste nel fatto che le varie azioni facciano parte di un piano d’insieme, a causa del loro identico oggetto, consistente nel falsare il gioco della concorrenza (v. punto 156 supra). A tal riguardo, il Tribunale ha già dichiarato che un’intesa non perde il suo carattere unitario a motivo della riduzione di più della metà del numero di partecipanti alla stessa. Il Tribunale ha infatti affermato che, laddove l’obiettivo delle pratiche anticoncorrenziali sia rimasto immutato, il fatto che talune caratteristiche o che l’intensità delle pratiche in questione siano mutate non è decisivo (sentenza Aalberts Industries e a./Commissione, cit. al punto 155 supra, punti 103 e 105).

168    Nel caso di specie, si deve rilevare che, come risulta dal dispositivo della decisione impugnata, l’insieme delle destinatarie della medesima ha partecipato all’infrazione dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000, ad eccezione, da un lato, dell’Alfa, che vi ha partecipato dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000, e, dall’altro, della Ferriere Nord, che vi ha partecipato solo dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000. Sussiste dunque, contrariamente a quanto ritengono le ricorrenti, un’identità fra le imprese nei confronti delle quali la Commissione ha constatato una partecipazione all’intesa nel corso del periodo successivo al 1996 e quelle nei cui confronti la Commissione ha constatato una partecipazione nel corso del periodo anteriore a tale data.

169    È vero che, come deducono le ricorrenti, numerosi documenti citati nella decisione impugnata, anteriori al 1996, riguardano imprese alle quali la Commissione non ha trasmesso comunicazioni di addebiti. Tuttavia, una siffatta circostanza è priva di rilevanza riguardo alla qualificazione dell’intesa come infrazione unica, tanto più che nei confronti di tali imprese non è stata accertata alcuna infrazione. Infatti, la Commissione ha spiegato, ai punti 551 e 552 della decisione impugnata, che le imprese coinvolte nel presente procedimento erano le più importanti del settore e quelle nei confronti delle quali le indagini avevano permesso di raccogliere le maggiori prove. Essa ha altresì precisato che la maggior parte delle imprese italiane attive in detto settore all’inizio del periodo in esame avevano nel frattempo cessato di operarvi. Secondo la Commissione, delle ventidue imprese ancora attive nel 1995, le nove destinatarie della decisione impugnata rappresentavano, nel 1998, una quota dell’86,9% del mercato italiano del tondo per cemento armato. La Commissione ha aggiunto di non essere stata in grado di dimostrare la partecipazione all’intesa delle imprese non destinatarie della decisione impugnata per quei comportamenti messi in atto dalle imprese più grandi poiché la Federacciai non li aveva resi noti all’insieme del settore.

170    Inoltre, riguardo alla prassi decisionale fatta valere dalle ricorrenti, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, le decisioni relative ad altri casi hanno un carattere meramente indicativo dell’eventuale sussistenza di discriminazioni, essendo poco verosimile che le circostanze specifiche di ciascun caso, come i mercati, i prodotti, i paesi, le imprese e i periodi di riferimento, siano identiche (v. sentenza della Corte del 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, Racc. pag. I‑4405, punto 60, e la giurisprudenza ivi citata).

171    Peraltro, quanto alla decisione 2006/460/CE della Commissione, del 17 dicembre 2002, riguardante un procedimento, a norma dell’articolo 81 del trattato [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, contro SGL Carbon AG, Le Carbone-Lorraine S.A., Ibiden Co., Ltd, Tokai Carbon Co., Ltd, Toyo Tanso Co., Ltd, GrafTech International, Ltd, NSCC Techno Carbon Co., Ltd, Nippon Steel Chemical Co., Ltd, Intech EDM B.V. e Intech EDM AG (caso COMP/E-2/37.667 – Grafiti speciali) (sintesi pubblicata in GU 2006, L 180, pag. 20), nella quale, secondo le ricorrenti, la Commissione avrebbe accertato due infrazioni distinte, principalmente sulla base del fatto che i comportamenti relativi ad un primo cartello avrebbero coinvolto sei imprese, mentre la concertazione relativa ad un secondo cartello avrebbe riguardato solo due di queste sei imprese, si deve osservare che l’argomento delle ricorrenti si fonda su una premessa errata, dato che, come giustamente evidenziato dalla Commissione, si trattava di un caso caratterizzato da due mercati rilevanti, segnatamente quello della grafite speciale e quello della grafite isostatica. Per quanto concerne la decisione 2002/742/CE della Commissione, del 5 dicembre 2001, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/36.604 – Acido citrico) (GU 2002, L 239, pag. 18), e la sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, Jungbunzlauer/Commissione (T‑43/02, Racc. pag. II‑3435), resa a seguito di un ricorso per l’annullamento di tale decisione, anch’esse invocate dalle ricorrenti, si deve constatare che anche in quel caso erano state accertate due intese distinte, da un lato, nel settore del gluconato di sodio, e, dall’altro, in quello dell’acido citrico (sentenza Jungbunzlauer/Commissione, cit., punti da 308 a 314). Per contro, nel presente caso, l’intesa è stata constatata soltanto nel mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli.

172    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che un altro elemento che dimostra la sussistenza di due fattispecie autonome e distinte è il ruolo che la Federacciai avrebbe svolto, esclusivamente nel periodo dal 1989 al 1995, al fine di promuovere e di coordinare la pretesa intesa. Ad avviso delle ricorrenti, tale associazione non avrebbe più giocato alcun ruolo nell’ambito dei fatti avvenuti nel periodo dal 1996 al 2000. Durante la prima parte dell’intesa, i documenti sarebbero stati inviati dalla Federacciai su carta intestata dell’associazione e sarebbero stati indirizzati all’attenzione dei produttori di tondo per cemento armato, mentre i documenti successivi al 1995 sarebbero stati inviati su carta intestata del dott. Leali ad un numero ridotto di società, operanti nel nord/nord-est d’Italia.

173    Si deve constatare che un siffatto argomento, alla luce della giurisprudenza ricordata al precedente punto 156, è privo di rilevanza ai fini della qualificazione dell’intesa come infrazione unica, in quanto ciò che conta è che le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme» a causa del loro identico oggetto, consistente nel falsare il gioco della concorrenza.

174    Inoltre, come giustamente rileva la Commissione, le ricorrenti non possono affermare che la Federacciai non ha più giocato alcun ruolo nell’ambito degli eventi succedutisi nel periodo dal 1996 al 2000, in quanto dalla decisione del 2002, divenuta definitiva nei confronti della Federacciai, ed in particolare dai suoi punti 504 e 505, risulta che la Federacciai ha partecipato all’intesa dal 6 dicembre 1989 al 24 luglio 1998. Oltre a ciò, per quanto riguarda il periodo successivo al 1996, la Federacciai ha segnatamente organizzato dodici riunioni o ha comunicato alle imprese i risultati di queste ultime durante il periodo dal 22 ottobre 1996 al 17 luglio 1997 (punto 200 della decisione impugnata). Inoltre, a volte la Federacciai ha consultato le imprese e ha comunicato loro via telefax i risultati di tali consultazioni (punto 201 della decisione impugnata). Il 24 ottobre 1997 un telefax della Federacciai ha altresì informato le imprese che «nella riunione dei responsabili commerciali delle aziende produttrici di tondo [per cemento armato] del 23.10 u.s. era stato unanimemente confermato il prezzo minimo di: ITL/Kg 300 base partenza Brescia» (punto 212 della decisione impugnata). Infine, la Federacciai ha inviato alle imprese un telefax in data 20 luglio 1998 col quale si constatava un livello di prezzo base (per il mese di luglio) di ITL/Kg 210. Lo stesso telefax informava poi di una riunione di conferma dei produttori prima delle vacanze estive per la verifica di queste situazioni (punto 240 della decisione impugnata).

175    Ancora, si deve sottolineare che il carattere unitario dell’infrazione risulta dal fatto che i comportamenti in questione fanno parte di un piano d’insieme che persegue un obiettivo comune. Quindi, un tale carattere risulta dall’unicità dell’obiettivo perseguito da ciascun partecipante all’intesa e non dalle modalità di applicazione di quest’ultima (sentenze Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. al punto 60 supra, punti 4027 e 4127, e BPB/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 255). Orbene, nella fattispecie in esame, gli accordi e le pratiche concordate rientrerebbero in un piano d’insieme che si inscriveva in una serie di sforzi delle imprese interessate aventi un unico obiettivo economico, segnatamente quello di influenzare l’evoluzione dei prezzi (v. punti da 161 a 164 supra).

176    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che, mentre nelle discussioni coordinate dalla Federacciai l’attenzione era rivolta sul livello dei prezzi, le discussioni svolte durante le riunioni indette dal dott. Leali vertevano sulla possibilità di riduzione della produzione ed erano prettamente finalizzate ad adottare soluzioni comuni per affrontare la crisi.

177    Anche tale argomento è infondato.

178    Anzitutto, dalla decisione impugnata, ed in particolare dai suoi punti da 183 a 186, 192, 199, 200, da 210 a 214, 218, 228, 269, 277, da 280 a 284, da 286 a 296, da 298 a 300 e 305 risulta che, anche successivamente al 1995, l’intesa ha avuto per oggetto la fissazione dei prezzi base e degli extra di dimensione, dato che almeno una riunione a tal fine si è tenuta proprio nei locali delle ricorrenti a Brescia.

179    Occorre poi considerare che la limitazione della produzione e le intese sui prezzi erano strettamente connesse e miravano ad influenzare l’evoluzione di questi ultimi.

180    In tal senso, risulta in primis dal punto 183 della decisione impugnata, relativo a una riunione dell’8 febbraio 1996, che era apparso indispensabile un incontro dei titolari per valutare l’opportunità di adottare misure straordinarie (ad esempio, esportazioni in alternativa a ulteriori arresti di produzione) per fronteggiare il ripiegamento del prezzo del tondo per cemento armato a ITL/kg 210.

181    Successivamente, durante una riunione del 13 febbraio 1996, diverse imprese si erano impegnate non solo a fermare la produzione dei laminatoi per varie settimane e ad esportare una parte della produzione, ma anche a fissare il prezzo base in ITL/kg 230 (punto 183 della decisione impugnata).

182    Poi, al punto 207 della decisione impugnata, la Commissione si richiama a un documento interno della Lucchini ove si legge che «le esportazioni effettuate da alcuni produttori (Feralpi, IRO, Valsabbia, Riva), unitamente alle fermate produttive da realizzarsi nel corso del mese di novembre da parte di altri produttori (Leali, Lucchini, Alfa Acciai, Darfo), dovrebbero stabilizzare il mercato del mese entrante e, quanto meno, contenere una probabile diminuzione dei prezzi».

183    Ancora, al punto 231 della decisione impugnata, la Commissione si riferisce a un telefax del 3 giugno 1998 del dott. Leali, il quale si riferisce segnatamente alla circostanza che «[era] evidente che gli effetti sul mercato non [potevano] essere ancora visibili e che probabilmente la riduzione della produzione per il periodo di marzo e aprile forse non [era] del tutto sufficiente».

184    Infine, un documento interno della Lucchini del mese di novembre 1999, citato dalla Commissione al punto 277 della decisione impugnata, si riferisce altresì al fatto che «[l]a fermata produttiva concordata tra i produttori non ha sortito l’effetto desiderato, ovvero un minimo incremento dei prezzi».

185    In considerazione di quanto precede, le ricorrenti non possono sostenere che le discussioni coordinate dalla Federacciai e le riunioni convocate dal dott. Leali non avessero il medesimo oggetto.

186    In quarto luogo, le ricorrenti sostengono che sarebbe giustificato qualificare i fatti in esame come due intese separate, data la non opportunità di sanzionare, nel 2009 e per una serie di fatti compiuti da circa 40 imprese a partire dal 1989, solo otto delle imprese interessate, le quali avrebbero rappresentato appena il 30% della produzione nazionale di tondo per cemento armato nel periodo in questione.

187    Tuttavia, un simile argomento è manifestamente privo di qualsiasi rilevanza ai fini della determinazione del carattere unitario dell’intesa.

188    In considerazione di quanto precede, si deve ritenere che giustamente la Commissione ha affermato che l’intesa costituisse un’infrazione unica.

 Sulla continuità dell’intesa

189    Le ricorrenti sostengono che l’intesa è stata oggetto di «di diversi momenti di interruzione, di cui il più eclatante si è verificato alla fine del 1995». Quindi, l’intesa gestita dalla Federacciai sarebbe entrata in crisi e poi definitivamente terminata negli ultimi mesi del 1995. Stante l’assenza di continuità dell’intesa, i fatti avvenuti prima del 1996 sarebbero prescritti.

190    Si deve ricordare che, come risulta dall’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e dall’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 715/78/CECA della Commissione, del 6 aprile 1978, relativa alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel campo di applicazione del trattato CECA (GU L 94, pag. 22), per le infrazioni permanenti o continuate, la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui è cessata l’infrazione.

191    Secondo la giurisprudenza, l’esigenza della certezza del diritto di cui devono godere gli operatori economici implica che, quando sorge una controversia in merito all’esistenza di un’infrazione, la Commissione, che ha l’onere di provare le infrazioni da essa accertate, adduca elementi di prova idonei a dimostrare sufficientemente l’esistenza dei fatti costitutivi dell’infrazione. Per quanto concerne, più in particolare, l’asserita durata dell’infrazione, lo stesso principio di certezza del diritto impone che, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata di un’infrazione, la Commissione deduca quantomeno elementi di prova i quali si riferiscano a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che detta infrazione abbia avuto una durata ininterrotta entro due date precise (sentenze del Tribunale del 7 luglio 1994, Dunlop Slazenger/Commissione, T‑43/92, Racc. pag. II‑441, punto 79; del 6 luglio 2000, Volkswagen/Commissione, T‑62/98, Racc. pag. II‑2707, punto 188, e del 29 giugno 2012, GDF Suez/Commissione, T‑370/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 138).

192    Come risulta dalla giurisprudenza, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi, i quali, considerati nel loro insieme, possano rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza. Tali indizi e coincidenze permettono, considerati nel loro insieme, di rivelare non soltanto l’esistenza di comportamenti o accordi anticoncorrenziali, ma anche la durata di un comportamento anticoncorrenziale continuato e il periodo di applicazione di un accordo concluso in violazione delle regole di concorrenza (v. sentenza della Corte del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, Racc. pag. I‑8725, punti 94 e 95 e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale del 17 maggio 2013, MRI/Commissione, T‑154/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 191).

193    Con riferimento alla mancanza di prove dell’esistenza di un accordo nel corso di alcuni periodi determinati o, quanto meno, della sua esecuzione da parte di un’impresa nel corso di un dato periodo, si deve ricordare che il fatto che la prova dell’infrazione non sia stata fornita per quanto riguarda alcuni periodi determinati non impedisce di ritenere che l’infrazione abbia abbracciato un periodo complessivo più esteso di questi ultimi, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi obiettivi e concordanti. Nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa si verifichino in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel contesto di un’infrazione unica e continuata (sentenza della Corte Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, cit. al punto 192 supra, punti 97 e 98, e del 21 settembre 2006, Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, Racc. pag. I‑8831, punto 169; v. altresì, in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 124 supra, punto 260, e sentenza MRI/Commissione, cit. al punto 192 supra, punto 193). Inoltre, nell’ambito di un accordo globale esteso su diversi anni, importa poco un intervallo di qualche mese tra le estrinsecazioni dell’intesa. È invece determinante il fatto che le diverse azioni rientrino in un «piano d’insieme» a causa del loro identico oggetto (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 124 supra, punto 260).

194    A tal riguardo, anche se il periodo che intercorre tra due manifestazioni di un comportamento costitutivo di un’infrazione costituisce un criterio pertinente per acclarare il carattere continuativo di un’infrazione, rimane comunque il fatto che la questione se tale periodo sia o meno sufficientemente lungo per costituire un’interruzione dell’infrazione non può essere esaminata in astratto. Al contrario, occorre valutarla nel contesto del funzionamento dell’intesa in questione (sentenze del Tribunale del 19 maggio 2010, IMI e a./Commissione, T‑18/05, Racc. pag. II‑1769, punto 89, e Coats Holdings/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 150).

195    Con riferimento alla sussistenza di un’infrazione continuata nel caso di specie, al punto 437 della decisione impugnata la Commissione ha osservato che quella parte dell’oggetto dell’intesa riguardante la fissazione del prezzo base e, fino al 30 settembre 1995, la fissazione dei termini di pagamento presentava il carattere della «continuità», cioè di un comportamento di infrazione reiterato nel tempo (dal 16 aprile 1992 al 4 luglio 2000) in esecuzione del medesimo disegno teso alla fissazione di un prezzo minimo concordato. Essa ha aggiunto che si trattava di un’infrazione unica che, stante la sua natura complessa e continuata, poteva essere qualificata come una sola infrazione concretatasi in un comportamento continuato costituito sia da accordi che da pratiche concordate. Al punto 442 della decisione impugnata, concernente la parte dell’intesa sulla fissazione dei prezzi degli extra di dimensione, essa ha rilevato che il carattere continuato dell’infrazione si evinceva «molto facilmente dalla completa identità dell’oggetto dei comportamenti di infrazione reiterati nel tempo (la fissazione di prezzi uniformi per gli “extra di dimensione”)», circostanza, questa, che confermava che tutti i comportamenti menzionati costituivano l’esecuzione di un medesimo disegno, volto, appunto, alla fissazione di prezzi uniformi fra tutti i concorrenti per tali extra. Infine, al punto 458 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che la parte dell’intesa relativa al controllo o alla limitazione della produzione o delle vendite era, al pari della parte relativa ai prezzi, di natura complessa (accordo o pratica concordata) e continuata (attuazione del medesimo disegno anticoncorrenziale) e che si poteva concludere che tutti i comportamenti in questione costituissero un sola infrazione unica, complessa e continuata.

196    A tal riguardo, in risposta agli argomenti delle parti riguardanti l’assenza di carattere continuativo dell’intesa, stando ai quali i comportamenti in esame, da un lato, sarebbero stati puntuali e di durata effimera, e, dall’altro, non avrebbero avuto alcun effetto lungo l’intero arco di tempo in esame, la Commissione ha sottolineato, ai punti 509 e 510 della decisione impugnata, che dal fascicolo risultava che i medesimi comportamenti erano stati messi in atto in materia di prezzi base, di extra di dimensione, di termini di pagamento e di controllo o limitazione della produzione o delle vendite, per lunghi anni. La Commissione ha, in tal senso, osservato che sussistevano le prove di riunioni di verifica dei comportamenti concordati, ciò che mostrava che la situazione sul mercato era continuamente monitorata e che si adottavano nuove iniziative quando le imprese coinvolte lo ritenevano necessario. Inoltre, la Commissione ha notato che, nel corso dell’intero periodo in esame, non si era registrata alcuna presa di distanze pubblica da tali comportamenti.

197    In via preliminare, da un lato, occorre respingere l’argomento delle ricorrenti, reiterato nell’ambito del presente capo, secondo cui i comportamenti posti in essere dalle otto imprese sanzionate costituirebbero, a partire dal 1996, un’«intesa diversa» rispetto a quella del periodo 1989‑1995, nonché gli argomenti delle ricorrenti esposti nella parte in fatto del ricorso, e già dedotti nell’ambito della contestazione, da parte delle ricorrenti, della natura unitaria dell’intesa affermata dalla Commissione, per le ragioni indicate ai punti da 165 a 188 supra.

198    Dall’altro, si deve considerare che, nel presente capo, le ricorrenti sostengono che è l’intesa nel suo insieme ad aver subito alcune interruzioni, e non la loro partecipazione alla stessa.

199    In primis, le ricorrenti sostengono che l’intesa è stata interrotta fra la fine del 1995 e l’inizio del 1996.

200    Per dimostrare tale interruzione, le ricorrenti ricordano, innanzitutto, che l’Alfa ha interrotto ogni tipo di rapporto con la Federacciai agli inizi del 1995, mentre la Valsabbia è rimasta associata alla Federacciai fino al 31 dicembre 1995. La fine della loro adesione alla Federacciai sarebbe stata seguita da un atteggiamento di completa rottura con quest’ultima, anche in relazione ai prezzi. Il 5 giugno 1995 la Valsabbia aveva pubblicato un prezzo base del tondo per cemento armato pari alla metà del prezzo obiettivo stabilito dalla Federacciai e il prezzo della Valsabbia sarebbe aumentato una sola volta, nell’agosto 1995, per poi iniziare a diminuire progressivamente insieme a quello degli altri produttori durante gli ultimi mesi del 1995. Inoltre, a seguito della sua comunicazione di agosto 1995, la Federacciai avrebbe cessato di raccomandare un prezzo base per almeno cinque mesi, fino al febbraio 1996. Quindi, agli inizi del mese di ottobre 1995, la Federacciai avrebbe affermato che la situazione del mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo (punto 174 della decisione impugnata). Tale periodo sarebbe stato caratterizzato da un’assenza totale di omogeneità dei prezzi e dalla presa di coscienza del fatto che alcuni produttori non intendevano più cooperare (punto 172 della decisione impugnata), ciò che sarebbe decisivo e contrario alla tesi di un’infrazione unica e continuata. Infine, le ricorrenti fanno osservare la differenza tra i prezzi pubblicati e gli obiettivi di prezzo, nel settembre e nell’ottobre 1995, riferendosi in particolare al contenuto di una relazione della Ferriere Nord per l’anno 1998 relativa a fallimento di tutti i tentativi di coordinamento fra gli operatori del mercato. A tal proposito, le ricorrenti aggiungono che, nel periodo preso in considerazione dalla decisione impugnata, i prezzi del tondo per cemento armato in Italia erano crollati in ragione di una vera e propria guerra dei prezzi, che ha indotto numerose imprese a cessare le loro attività di produzione. Pertanto, sarebbe del tutto inverosimile che in un siffatto contesto si sia potuta realizzare un’intesa sui prezzi fra alcuni operatori del mercato.

201    In primo luogo, occorre rilevare, come fa la Commissione, che le ricorrenti non contestano l’effettività dei comportamenti illeciti loro addebitati e non formulano alcuna obiezione riguardo al punto 557 della decisione impugnata, dove sono riassunti tali comportamenti, né riguardo a numerosi altri punti della decisione impugnata, ai quali il suddetto punto fa riferimento e in cui sono descritti dettagliatamente i comportamenti anticoncorrenziali delle ricorrenti e di altre imprese.

202    In secondo luogo, riguardo alla fine dell’adesione alla Federacciai da parte dell’Alfa e della Valsabbia, si deve sottolineare – sulla scorta della giurisprudenza ricordata al punto 159 supra – che tale circostanza non può, di per sé, dimostrare una qualsiasi interruzione dell’intesa.

203    A tal riguardo, le ricorrenti non contestano l’affermazione della Commissione secondo cui, malgrado il ritiro dell’adesione alla Federacciai da parte della Valsabbia, quest’ultima aveva continuato a ricevere le comunicazioni di tale associazione riguardanti la fissazione del prezzo base e degli extra di dimensione (punto 149 della decisione impugnata) e ad applicare i prezzi degli extra di dimensione stabiliti dall’intesa (punto 150 della decisione impugnata).

204    Secondo i relativi punti della decisione impugnata, il cui contenuto non è contestato dalle ricorrenti, malgrado tale ritiro, l’8 giugno 1995 la Valsabbia aveva subordinato la sua adesione al programma di compattamento delle fermate di produzione (approvato all’unanimità durante la riunione del 13 giugno 1995) alla verifica di varie condizioni, riguardanti la contemporaneità delle fermate, la consequenzialità delle quattro settimane di fermo, la fermata globale dei laminatoi delle imprese che, oltre al tondo per cemento armato, producevano altri laminati e la fermata delle acciaierie che alimentavano i laminatoi di tondo per cemento armato (punti 152 e 153 della decisione impugnata).

205    La Commissione ha inoltre indicato, al punto 557 della decisione impugnata, che, malgrado il ritiro dell’adesione alla Federacciai da parte della Valsabbia, quest’ultima ha continuato ad aderire a tutte le parti dell’intesa, partecipando alle diverse modalità con le quali si presentava il sistema collusivo – sempre operante – in ragione dell’accresciuta importanza della Leali all’interno dello stesso.

206    In terzo luogo, le ricorrenti non possono sostenere che l’intesa abbia subito un’interruzione a motivo del fatto che la Federacciai aveva cessato di raccomandare un prezzo base a partire dal mese di agosto 1995.

207    Da un lato, le imprese partecipanti all’intesa hanno continuato a ricevere, all’inizio del secondo semestre del 1995, comunicazioni della Federacciai (da distruggere dopo la presa visione), in particolare il 4, 19 e 21 luglio 1995 (si veda altresì la bozza di comunicazione della Federacciai del 31 luglio 1995 citata al punto 167 della decisione impugnata), relative alla fissazione del prezzo base, e, fino al 30 settembre 1995, anche dei termini di pagamento (punti 160, 163, 164 e 168 della decisione impugnata). La Valsabbia ha inoltre continuato a partecipare alla pratica concordata e agli altri comportamenti collusivi riguardanti i prezzi degli extra di dimensione (punto 162 della decisione impugnata). Essa ha pure debitamente sottoscritto il modulo di impegno riguardante i termini di pagamento convenuti a partire dal 1° settembre 1995 (punti 164 e 169 della decisione impugnata). Il 29 agosto 1995, la Federacciai ha comunicato all’insieme dei suoi membri il contenuto di una riunione in pari data, nel corso della quale sono state adottate decisioni relative alla fissazione del prezzo base e ai termini di pagamento (punto 168 della decisione impugnata).

208    Dall’altro, si deve constatare che le ricorrenti, pur affermando che l’intesa abbia subito un’interruzione fra l’agosto 1995 e il febbraio 1996, si riferiscono esse stesse ad una comunicazione della Federacciai del 13 settembre 1995 indirizzata al consigliere delegato dell’AFLL relativa alla trasmissione dei dati relativi agli ordini registrati in Italia e su tutti i mercati. Nella suddetta comunicazione, il direttore generale facente funzione della Federacciai ha informato l’AFLL che aveva già contattato i maggiori produttori italiani di tondo per cemento armato, trasmettendo loro la raccomandazione di fare «barriera» che gli aveva trasmesso il consigliere delegato dell’AFLL (punto 172 e nota a piè di pagina 261 della decisione impugnata).

209    Mediante un fax del 25 settembre 1995, la Federacciai ha inoltre chiesto alle imprese interessate di fornirle i dati relativi al totale degli ordini registrati in settembre in Italia e su tutti i mercati esteri, che le sono stati comunicati da undici imprese (punto 173 della decisione impugnata).

210    Risulta, poi, da un documento in possesso della Federacciai, citato al punto 174 della decisione impugnata, che: primo, la clientela rimetteva in discussione i pagamenti (da cui la necessità di una comunicazione che ribadisse la fermezza sui pagamenti); secondo, dalla settimana precedente il prezzo del tondo per cemento armato era sceso di ulteriori 5/10 ITL/Kg, collocandosi tra le 260/270 ITL/Kg in zona Brescia, con quotazioni al di sotto delle 250 ITL/Kg al di fuori di detta zona; terzo, la situazione del mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo, e, quarto, si dovevano richiedere alle imprese i dati riguardanti gli ordini della 39ma (dal 25 al 29 settembre 1995) e 40ma (dal 2 al 6 ottobre 1995) settimana.

211    Al punto 177 della decisione impugnata, la Commissione ha infine menzionato un fax che il direttore generale facente funzioni della Federacciai ha trasmesso alle imprese partecipanti all’intesa per informarle, facendo riferimento a un precedente telefax della stessa Federacciai di lunedì 16 ottobre 1995 relativo a una proposta di modifica degli extra di dimensione, che tale proposta aveva diviso gli operatori e che non si era raggiunta la maggioranza ampia o qualificata. L’esame di tale proposta e l’eventuale decisione sulla stessa erano perciò rinviate a una discussione in sede di riunione futura degli operatori.

212    In quarto luogo, le ricorrenti non possono fondarsi, per dimostrare l’assenza di continuità dell’intesa, sull’asserita assenza totale di omogeneità dei prezzi e sulla presa di coscienza del fatto che alcuni produttori non intendevano più cooperare o, ancora, sul fatto che essa si era opposta alla proposta di modifica degli extra di dimensione.

213    Come ricordato dalla Commissione al punto 504 della decisione impugnata, secondo la giurisprudenza, il mancato rispetto dei prezzi concordati da parte dell’impresa in questione non esclude lo scopo anticoncorrenziale di tali riunioni e, di conseguenza, la partecipazione della Valsabbia alle intese, ma può tutt’al più dimostrare che essa non ha attuato gli accordi in questione (v. sentenza del Tribunale del 6 aprile 1995, Tréfilunion/Commissione, T‑148/89, Racc. pag. II‑1063, punto 79, e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, dalla giurisprudenza risulta che l’articolo 65, paragrafo 1, CA vieta ogni accordo che «tenda» a impedire, limitare o alterare il gioco normale della concorrenza. Ne consegue che è vietato, ai sensi di detta disposizione, un accordo che abbia per oggetto di restringere la concorrenza, ma i cui effetti anticoncorrenziali non siano stati dimostrati (sentenza della Corte del 2 ottobre 2003, Ensidesa/Commissione, C‑198/99 P, Racc. pag. I‑11111, punti 59 e 60, e sentenza del Tribunale dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, Racc. pag. II‑347, punto 277) (v. anche punto 463 della decisione impugnata).

214    Occorre pertanto respingere l’argomento delle ricorrenti secondo cui, qualora un’impresa decida di pubblicare un listino CECA con prezzi diversi da quelli concordati o suggeriti nell’ambito dell’intesa, ciò equivarrebbe ad una presa di distanza da quest’ultima. Infatti, per giurisprudenza costante, la circostanza che un’impresa non si adegui ai risultati delle riunioni aventi un oggetto manifestamente anticoncorrenziale non è atta a privarla della sua piena responsabilità per la partecipazione all’intesa, qualora essa non abbia preso pubblicamente le distanze dall’oggetto di tali riunioni (si veda altresì il punto 481 della decisione impugnata). Inoltre, spetta all’impresa in questione dimostrare la sua presa di distanza dall’intesa fornendo la prova di avere partecipato alle suddette riunioni senza alcuna intenzione anticoncorrenziale e dimostrando di aver dichiarato ai suoi concorrenti di partecipare a tali riunioni con finalità diverse dalla loro. Ne consegue che la nozione di dissociazione pubblica come fattore di esonero da responsabilità dev’essere interpretata in modo restrittivo. Nell’ambito di un’intesa, solo l’impresa che dimostri di aver manifestato in maniera ferma e chiara il proprio disaccordo con i comportamenti vietati intrapresi in seno a tale intesa è in grado di soddisfare il criterio della dissociazione pubblica quale postulato dalla giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’11 dicembre 2003, Adriatica di Navigazione/Commissione, T‑61/99, Racc. pag. II‑5349, punti 135 e 137, e la giurisprudenza ivi citata). La pubblicazione di un listino CECA con prezzi diversi da quelli concordati o suggeriti nell’ambito dell’intesa non può essere sufficiente a tal fine.

215    In quinto luogo, le ricorrenti non possono affermare che «[n]eppure per gli extra di dimensione vi sono indizi di un’intesa continuata», poiché un tale argomento si fonda sull’erronea premessa secondo cui la parte dell’intesa sugli extra di dimensione non farebbe parte della medesima infrazione unica, che include anche la parte dell’intesa sulla fissazione dei prezzi base e la parte dell’intesa sulla limitazione o sul controllo della produzione o delle vendite (v. punti da 154 a 188 supra).

216    In sesto luogo, si deve respingere l’argomento delle ricorrenti secondo cui, per quanto riguarda il 1996, sarebbe «dubbio» il fatto che le imprese siano addivenute a nuove intese. Le ricorrenti osservano in proposito che il primo semestre del 1996 sarebbe stato caratterizzato da un tentativo del dott. Leali, che sarebbe fallito, di allineare un numero ridotto di imprese. I presunti accordi sarebbero stati tuttavia totalmente ignorati.

217    Secondo le ricorrenti, l’invito del 4 gennaio 1996 concerneva una «riunione conviviale» e solo un gruppo limitato di imprese avrebbe confermato la sua partecipazione a tale riunione. All’esito della riunione, non sarebbe stata formulata alcuna raccomandazione, né sui prezzi né sulle quantità. Una seconda riunione, che si sarebbe svolta a metà gennaio 1996, si sarebbe analogamente conclusa senza alcuna raccomandazione. Un’ulteriore riunione sarebbe stata prevista all’inizio del febbraio 1996, tuttavia non sembrerebbe aver prodotto alcun risultato (punto 181 della decisione impugnata). In data 8 febbraio 1996, le imprese avrebbero constatato un calo dei prezzi e la necessità di un incontro tra titolari. A seguito di una riunione in data 13 febbraio 1996, sarebbero state previste alcune misure di contingentamento della produzione e vi sarebbe stata un’adesione sostanziale, e non unanime, come invece affermato dalla Commissione al punto 185 della decisione impugnata. Le ricorrenti aggiungono che, malgrado il fatto che, a partire da febbraio 1996, la Federacciai avrebbe ripreso ad indicare nuovi obiettivi di prezzo, le imprese li avrebbero ignorati o seguiti solo per pochi giorni. Alla fine del febbraio 1996, il dott. Leali sarebbe stato costretto ad ammettere che i prezzi sul mercato erano diversi da quelli che nei suoi promemoria erano indicati come «decisi» (punto 187 della decisione impugnata). Il punto 188 della decisione impugnata si riferirebbe a una riunione urgente del 5 marzo 1996. Il dott. Leali non avrebbe tuttavia fornito indicazioni di prezzo per tutto il mese di marzo 1996 e, quando lo avrebbe fatto, in aprile, le imprese non vi avrebbero fatto seguito.

218    Sotto tale profilo, per quanto riguarda l’asserita interruzione dell’intesa fino al mese di febbraio 1996, si deve rilevare, innanzitutto, che il 28 dicembre 1995 l’AFLL ha invitato i «titolari» delle principali imprese, ivi inclusa la Valsabbia, a una riunione per il giorno 4 gennaio 1996 (punto 178 della decisione impugnata) e che le ricorrenti non negano le constatazioni della Commissione secondo cui la Valsabbia avrebbe partecipato ai vari aspetti nei quali si presentava il sempre operante sistema collusivo (punti 178, da 180 a 183 della decisione impugnata). Così, essa ha partecipato alla riunione organizzata dalla Leali per il 4 gennaio 1996 (punto 180 della decisione impugnata).

219    Riguardo all’oggetto di tale riunione, dal fax di conferma trasmesso la vigilia dal dott. Leali alla Valsabbia e alle altre imprese risulta che quest’ultimo raccomandava alle imprese di portare il consuntivo della produzione di tondo per cemento armato del 1995 e la previsione per il 1996, in modo che, se tutti fossero stati d’accordo, si sarebbero potute fare alcune considerazioni sulla base di dati concreti. Detto fax indica altresì che gli unici assenti sarebbero stati i rappresentanti della Ferriere Nord, la quale aveva già dato la sua preventiva adesione alle iniziative che fossero state decise in modo unanime, e un rappresentante della Riva. Di conseguenza, tale riunione non può essere qualificata come mera riunione «conviviale».

220    Inoltre, la Valsabbia è stata invitata dalla Leali alle successive riunioni del 18 gennaio, del 5 e del 13 febbraio 1996. Essa ha parimenti ricevuto la comunicazione del 20 febbraio 1996 della Leali, che faceva stato dell’unanimità delle adesioni al programma di limitazione della produzione (punto 185 della decisione impugnata), e il promemoria del 23 febbraio 1996 della stessa Leali, riguardante, fra l’altro, l’applicazione del prezzo base concordato (punto 186 della decisione impugnata), così come le altre successive comunicazioni della Leali indirizzate alle imprese partecipanti attivamente all’intesa (punti da 187 a 190 della decisione impugnata).

221    Infine, si deve sottolineare che la Valsabbia è una delle imprese che la Leali, nella convocazione alla riunione del 7 gennaio 1997, ha ringraziato «della collaborazione e disponibilità manifestate nel corso del 1996 per mantenere una situazione di mercato ordinata» (punto 202 della decisione impugnata).

222    In secundis, le ricorrenti rilevano che dalle tabelle relative agli anni 1997 e 1998 emerge che la Leali raccomandava raramente un obiettivo di prezzo e che tale obiettivo veniva comunque sistematicamente ignorato dal mercato. Non appariva in modo chiaro la sussistenza di un’intesa sul prezzo base anche dopo il 1996, dato che l’unico anno in cui i prezzi sembravano effettivamente attestarsi sui livelli indicati dalla Leali era il 2000. In proposito, i listini pubblicati ai sensi della regolamentazione CECA venivano ampiamente diffusi, quindi era impossibile che i concorrenti di un’impresa potessero rimanere all’oscuro della decisione di quest’ultima di non seguire la politica di prezzo eventualmente concordata, circostanza che sarebbe equivalsa ad una presa di distanza dall’intesa.

223    Anche un siffatto argomento deve essere respinto. Oltre al fatto che le ricorrenti neppure affermano che l’intesa abbia subito un’interruzione fra il 1997 e il 1998, si deve constatare, da un lato, che esse non negano la realtà dei comportamenti, relativi segnatamente agli anni 1997 e 1998, descritti al punto 557 della decisione impugnata (v. punto 201 supra), e, dall’altro, che gli elementi dedotti dalle ricorrenti non sono comunque tali da dimostrare una simile interruzione, per le ragioni esposte al punto 213 supra.

224    Alla luce di quanto precede, il secondo motivo dev’essere integralmente respinto.

 Sul motivo vertente sulla violazione degli orientamenti del 1998, dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità e dell’obbligo di motivazione nella valutazione della condotta della Valsabbia e nella fissazione dell’importo dell’ammenda

225    Nell’ambito del presente motivo, le ricorrenti contestano la fissazione dell’importo dell’ammenda. In primo luogo, la fissazione dell’importo di partenza si baserebbe su una definizione impropria del mercato geografico e su una sopravvalutazione degli effetti, potenziali o concreti, dell’infrazione. Nel valutare la gravità dell’infrazione, la Commissione avrebbe altresì omesso di prendere in considerazione vari elementi rilevanti, quali la pressione concorrenziale esercitata da parte dei prodotti sostitutivi del tondo per cemento armato, la variazione della natura dell’intesa nel tempo, nonché la situazione di profonda crisi in cui verserebbe il settore in parola. In secondo luogo, la Commissione si sarebbe sbagliata nella valutazione del peso specifico della Valsabbia sul mercato e non avrebbe applicato in modo omogeneo il criterio della dimensione complessiva dell’impresa. In terzo luogo, la Commissione non avrebbe tenuto in debito conto alcune circostanze attenuanti. In quarto luogo, le ricorrenti censurano la durata eccessiva del procedimento.

 Osservazioni preliminari

226    Occorre rammentare che risulta da una costante giurisprudenza che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli orientamenti del 1998, prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 112 e la giurisprudenza ivi citata).

227    La gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione deve essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali, segnatamente, le particolari circostanze del procedimento, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenze della Corte del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑510/06 P, Racc. pag. I‑1843, punto 72, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 54).

228    Come si è esposto al precedente punto 33, la Commissione, nel caso di specie, ha determinato l’importo delle ammende applicando il metodo definito negli orientamenti del 1998.

229    Gli orientamenti del 1998, anche se non possono essere qualificati come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, enunciano pur sempre una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (v. sentenza della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 209 e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale dell’8 ottobre 2008, Carbone-Lorraine/Commissione, T‑73/04, Racc. pag. II‑2661, punto 70).

230    Adottando siffatte norme di comportamento ed annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, salvo vedersi sanzionata, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 229 supra, punto 211 e la giurisprudenza ivi citata; sentenza Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 229 supra, punto 71).

231    Inoltre, gli orientamenti del 1998 stabiliscono, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’ammontare delle ammende e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 229 supra, punti 211 e 213).

232    Secondo gli orientamenti del 1998, il metodo per la determinazione dell’importo dell’ammenda si basa sulla fissazione di un importo di base al quale si applicano talune maggiorazioni per tener conto delle circostanze aggravanti e talune diminuzioni per tener conto delle circostanze attenuanti.

233    Secondo il punto 1 degli orientamenti del 1998, l’importo di base è determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione.

234    Per quanto attiene alla valutazione della gravità dell’infrazione, gli orientamenti del 1998 affermano, al punto 1 A, primo e secondo comma, quanto segue:

«[p]er valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante. Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi».

235    Dagli orientamenti del 1998 risulta che le infrazioni poco gravi potrebbero consistere, ad esempio, in «restrizioni, per lo più verticali, intese a limitare gli scambi, ma il cui impatto sul mercato resta circoscritto e che riguardano inoltre una parte sostanziale ma relativamente ristretta del mercato comunitario» (punto 1 A, secondo comma, primo trattino, degli orientamenti del 1998). Quanto alle infrazioni gravi, la Commissione precisa che «trattasi per lo più di restrizioni orizzontali o verticali della medesima natura che nel caso [delle infrazioni poco gravi], ma applicate in maniera più rigorosa, il cui impatto sul mercato è più vasto e che sono atte a produrre effetti su ampie zone del mercato comune». Essa indica che può «trattarsi inoltre di abusi di posizione dominante» (punto 1 A, secondo comma, secondo trattino, degli orientamenti del 1998). Quanto alle infrazioni molto gravi, la Commissione indica che si tratta «essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali “cartelli di prezzi” e di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno, ad esempio quelle miranti a compartimentare i mercati nazionali, o di abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi‑monopolio» (punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

236    La Commissione precisa altresì che, da un lato, nell’ambito di ciascuna di tali categorie, ed in particolare per le categorie denominate «gravi» e «molto gravi», la forcella delle sanzioni previste consentirà di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse, e, dall’altro, che sarà necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e occorrerà fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, terzo e quarto comma, degli orientamenti del 1998).

237    Secondo gli orientamenti del 1998, per le infrazioni «molto gravi», l’importo di partenza delle ammende applicabile supera gli EUR 20 milioni; per le infrazioni «gravi», esso può variare tra EUR 1 milione e EUR 20 milioni; per le infrazioni «poco gravi», l’importo di partenza delle ammende applicabile è compreso tra EUR 1 000 e 1 milione (punto 1 A, secondo comma, dal primo al terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

238    Per quanto riguarda la durata dell’infrazione, secondo il punto 1 B degli orientamenti del 1998, essa dovrebbe essere presa in considerazione in modo da distinguere tra:

–        infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a 1 anno): nessuna maggiorazione;

–        infrazioni di media durata (in generale per periodi da 1 a 5 anni): la maggiorazione può arrivare fino al 50% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione;

–        infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a 5 anni): la maggiorazione applicabile per ciascun anno può essere pari al 10% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione.

239    Infine, come ricordato dalla Corte nelle sentenze dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione (C‑389/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 129), e dell’8 dicembre 2011, KME e a./Commissione (C‑272/09 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 102), il giudice dell’Unione ha il compito di effettuare il controllo di legittimità ad esso incombente sulla base degli elementi prodotti dalle ricorrenti a sostegno dei loro motivi. In occasione di tale controllo, il giudice non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli orientamenti del 1998 né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare a un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto.

240    È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare il presente motivo.

 Sulla fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda

241    Le ricorrenti affermano che la Commissione, limitandosi a focalizzarsi sull’oggetto dell’intesa senza svolgere alcuna effettiva indagine su tutti gli altri criteri di valutazione dell’impatto di un’intesa anticoncorrenziale, ha interpretato in misura fortemente restrittiva gli orientamenti del 1998 e non ha tenuto conto della giurisprudenza della Corte. Ne deriverebbe un pregiudizio per tutte le imprese coinvolte, alle quali sono state inflitte ammende molto elevate e sproporzionate rispetto alle caratteristiche della fattispecie in esame.

–       Sull’estensione geografica del mercato in esame

242    Le ricorrenti osservano che la Commissione afferma, in modo succinto e senza dimostrarlo, che la valutazione della gravità dell’infrazione non può essere influenzata dal fatto che i suoi effetti siano limitati al solo territorio italiano. La relativa conclusione, espressa al punto 592 della decisione impugnata, sarebbe priva di adeguata motivazione e non potrebbe essere condivisa.

243    Ai punti da 47 a 60 della decisione impugnata, la Commissione ha definito il mercato geografico rilevante del tondo per cemento armato nervato in barre o in rotoli come il territorio dell’Italia. Ai fini della definizione del mercato geografico, la Commissione ha richiamato il fatto che il prodotto proveniente da altre zone geografiche ha rappresentato, secondo i dati dell’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) (punto 26 della decisione impugnata), dallo 0% al 6% del totale delle vendite sul territorio italiano, e che pertanto i flussi di prodotto verso l’Italia sono stati molto limitati durante il periodo preso in considerazione. Essa ha altresì richiamato la strutturale mancanza di convenienza economica per le imprese degli altri Stati membri a vendere il tondo per cemento armato in Italia (punto 50 della decisione impugnata).

244    Riguardo alle conseguenze della limitazione degli effetti dell’intesa al solo territorio italiano, la Commissione ha affermato che un’intesa avente per oggetto la fissazione dei prezzi, attuata in vari modi tra cui la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite, costituiva un’infrazione molto grave del diritto dell’Unione. Tuttavia, essa ha aggiunto che l’intesa aveva prodotto i suoi effetti su una parte limitata del mercato comune, nella fattispecie, la totalità del territorio dell’Italia (punto 591 della decisione impugnata).

245    La Commissione ha nondimeno ritenuto che la limitazione degli effetti dell’intesa al solo mercato italiano non permetteva di ridurre la gravità dell’infrazione da «molto grave» a «grave», poiché occorreva tenere conto dell’importanza della produzione italiana. In tal senso, l’Italia era il primo paese produttore di tondo per cemento armato della Comunità. Inoltre, il fatturato delle imprese destinatarie della presente decisione rappresentava più dell’80% del mercato nel 2000, e si aggirava intorno agli EUR 900 milioni nel 2000‑2001. Infine, l’affermazione delle parti secondo cui l’intesa non aveva avuto alcun effetto non poteva essere condivisa (punto 592 della decisione impugnata). La Commissione ha conclusivamente affermato che il fatto che l’intesa aveva avuto un oggetto anticoncorrenziale avrebbe dovuto, in ogni caso, avere un maggior peso nella qualifica dell’infrazione rispetto alla constatazione degli effetti (punto 595 della decisione impugnata).

246    Nonostante i rilievi sopra esposti, al punto 599 della decisione impugnata la Commissione ha affermato che, fermo restando il carattere molto grave dell’infrazione, nella determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda avrebbe tenuto conto delle caratteristiche specifiche del caso in esame e, segnatamente, del fatto che esso riguardava un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, alla particolare normativa del trattato CECA e in cui le imprese destinatarie della decisione avevano rappresentato, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata.

247    Occorre preliminarmente notare che le ricorrenti contestano unicamente la definizione del mercato geografico in questione effettuata ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione e della fissazione dell’importo dell’ammenda.

248    In primo luogo, per quanto concerne gli argomenti al riguardo esposti nella decisione impugnata (v. punti da 243 a 246 supra), occorre respingere il motivo di ricorso delle ricorrenti vertente su un asserito difetto di motivazione con riferimento alla considerazione dell’estensione del mercato geografico de quo ai fini di stabilire la gravità dell’infrazione.

249    In secondo luogo, le ricorrenti deducono vari argomenti atti a dimostrare che il mercato del tondo per cemento armato, del quale le imprese di cui trattasi non avrebbero mai detenuto una quota superiore al 25%, abbia una dimensione comunitaria. Di conseguenza, l’aver posto alla base della valutazione della gravità dell’infrazione una definizione errata del mercato geografico avrebbe indotto la Commissione a sopravvalutare gli effetti concreti o potenziali dell’intesa (punto 593 della decisione impugnata).

250    Occorre in proposito ricordare che, come risulta da una giurisprudenza costante, l’effetto di una pratica anticoncorrenziale non è un criterio decisivo ai fini della valutazione della gravità di un’infrazione. Elementi attinenti all’intenzionalità possono essere più rilevanti di quelli relativi a detti effetti, soprattutto quando si tratti di infrazioni intrinsecamente gravi, quali la fissazione dei prezzi (v. sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 96, e sentenza del Tribunale del 13 luglio 2011, General Technic-Otis e a./Commissione, T‑141/07, T‑142/07, T‑145/07 e T‑146/07, Racc. pag. II‑4977, punto 159, e la giurisprudenza ivi citata).

251    In tal modo, la natura propria dell’infrazione svolge un ruolo preminente, in particolare, al fine di qualificare le infrazioni come «molto gravi». Dalla descrizione delle infrazioni molto gravi fornita dagli orientamenti del 1998 emerge che gli accordi o le pratiche concordate dirette in particolare, come nel caso in esame, alla fissazione dei prezzi possono comportare, solo per la loro stessa natura, la qualifica di «molto gravi», senza che occorra valutare tali comportamenti in funzione di un’incidenza o di un’estensione geografica particolari (v., in tal senso, sentenze della Corte Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 75, e del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Racc. pag. I‑8681, punto 103). Tale conclusione è avvalorata dal fatto che, mentre nella descrizione delle infrazioni gravi viene espressamente menzionata l’incidenza sul mercato e gli effetti su zone estese del mercato comune, in quella delle infrazioni molto gravi, invece, non viene menzionata alcuna condizione relativa all’impatto concreto sul mercato o alla produzione di effetti su una determinata zona geografica (v. sentenza General Technic-Otis e a./Commissione, cit. al punto 250 supra, punto 160, e la giurisprudenza ivi citata).

252    Pertanto, in considerazione del loro oggetto, le infrazioni sulle quali verte la decisione impugnata sono, per loro natura, molto gravi, anche se dovesse essere accertato che le imprese in esame detenevano una quota inferiore al 25% del mercato comunitario del tondo per cemento armato. Gli argomenti delle ricorrenti miranti a dimostrare la dimensione nazionale del mercato in questione sono dunque irrilevanti, nel caso di specie, ai fini della qualificazione dell’infrazione come «molto grave».

253    In terzo luogo, le ricorrenti affermano che, anche volendo ammettere che la definizione nazionale del mercato geografico sia corretta, le conclusioni cui è pervenuta la Commissione in merito alla gravità dell’infrazione sarebbero contrarie alla prassi decisionale della medesima, in base alla quale essa qualificherebbe come meramente «gravi» infrazioni, anche molto rilevanti, come le restrizioni orizzontali, secondo il loro oggetto, laddove si realizzino in un contesto limitato o non abbiano comunque effetti sul funzionamento del mercato interno. Le ricorrenti si richiamano, a tal riguardo, alla decisione 1999/210/CE della Commissione, del 14 ottobre 1998, relativa ad una procedura a norma dell’articolo [81 CE] (IV/F‑3/33.708 British Sugar Plc, IV/F‑3/33.709 Tate & Lyle Plc, IV/F‑3/33.710 Napier Brown & Company Ltd, IV/F‑3/33.711 James Budgett Sugars Ltd) (GU 1999, L 76, pag. 1), alla decisione 2003/25/CE della Commissione, dell’11 dicembre 2001, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] [Caso COMP/E‑1/37.919 (ex. 37.391) – Spese bancarie per il cambio delle valute della zona euro – Germania] (GU 2003, L 15, pag. 1), e al comunicato stampa IP/02/1139, del 24 luglio 2002, relativo al caso che ha successivamente costituito l’oggetto della decisione 2003/355/CE della Commissione, del 9 aprile 2003, che modifica la decisione 2003/207/CE relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] (Caso COMP/E‑3/36.700 – Gas tecnici e medicali) (GU L 123, pag. 49).

254    Un argomento siffatto non può trovare accoglimento.

255    Infatti, risulta da una giurisprudenza costante che la prassi decisionale della Commissione non può fungere da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza (sentenze della Corte del 21 settembre 2006, JCB Service/Commissione, C‑167/04 P, Racc. pag. I‑8935, punti 201 e 205; Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. al punto 170 supra, punto 60, e sentenza General Technic-Otis e a./Commissione, cit. al punto 250 supra, punto 163).

256    Risulta inoltre dalla giurisprudenza che l’estensione del mercato geografico costituisce solo uno dei tre criteri rilevanti ai sensi degli orientamenti del 1998 ai fini della valutazione globale della gravità dell’infrazione. Fra tali criteri interdipendenti, la natura dell’infrazione svolge un ruolo preminente. Invece, l’estensione del mercato geografico non è un criterio autonomo nel senso che solo infrazioni concernenti molti Stati membri potrebbero essere qualificate come «molto gravi». Né il trattato CE, né il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti del 1998, né la giurisprudenza permettono di considerare che solo restrizioni geograficamente molto estese possono essere qualificate in tal modo. Inoltre, l’intero territorio di uno Stato membro, anche se relativamente piccolo in confronto con gli altri Stati membri, costituisce comunque una parte sostanziale del mercato comune (sentenza della Corte del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden‑Industrie-Michelin/Commissione, 322/81, Racc. pag. 3461, punto 28; sentenze del Tribunale del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Racc. pag. II‑5169, punto 311, e General Technic-Otis e a./Commissione, cit. al punto 250 supra, punto 164). Poiché l’intesa in questione riguardava l’intero territorio dell’Italia, si deve ritenere che essa rappresentasse una parte sostanziale del mercato comune.

257    Sotto tale profilo, le ricorrenti non possono affermare che, per quanto riguarda l’importanza della produzione italiana, «ciò che rileva tuttavia non è tanto la quota della produzione comunitaria coperta dai produttori italiani, quanto piuttosto la rilevanza del mercato italiano nel contesto della Comunità», che non sarebbe quella descritta dalla Commissione poiché le parti avrebbero esportato fino al 30% della loro produzione, dato che un tale dato non sarebbe in alcun modo dimostrato e che esso sarebbe in ogni caso privo di rilevanza.

258    Tanto meno esse possono fondarsi sul fatturato asseritamente più elevato delle imprese in questione nelle decisioni della Commissione menzionate al precedente punto 253, né sul fatto che i mercati nazionali considerati da tali decisioni rappresentassero anch’essi una parte sostanziale del mercato comune, per le ragioni esposte al precedente punto 255.

259    Ne consegue che erroneamente le ricorrenti sostengono che la Commissione avrebbe dovuto qualificare l’intesa solo come «grave».

260    In considerazione di quanto precede, occorre respingere la presente censura del primo capo del presente motivo.

–       Sull’impatto dell’intesa sul mercato

261    Le ricorrenti sostengono che la Commissione non abbia correttamente valutato gli effetti dell’intesa sul mercato.

262    In via preliminare, riguardo all’obbligo o meno per la Commissione di dimostrare, ai fini del calcolo dell’ammenda, l’esistenza di un impatto concreto dell’infrazione sul mercato, occorre ricordare che, se anche tale impatto è un criterio da prendere in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione, si tratta di un criterio che si accompagna ad altri, quali la natura propria dell’infrazione e l’ampiezza del mercato geografico. Del pari, il punto 1 A, primo comma, degli orientamenti del 1998 precisa che tale impatto concreto sul mercato è da prendersi in considerazione solo qualora esso sia misurabile (sentenze della Corte del 9 luglio 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑511/06 P, Racc. pag. I‑5843, punto 125, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 74; sentenze del Tribunale del 9 luglio 2003, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, T‑224/00, Racc. pag. II‑2597, punto 184, e del 13 luglio 2011, ThyssenKrupp Liften Ascenseurs e a./Commissione, T‑144/07, da T‑147/07 a T‑150/07 e T‑154/07, Racc. pag. II‑5129, punto 207).

263    Per quanto riguarda la considerazione degli effetti dell’intesa ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta alle imprese in esame, la Commissione ha innanzitutto ricordato, ai punti 589 e 595 della decisione impugnata, che l’effetto che ha potuto avere un accordo o una pratica concordata sul normale gioco della concorrenza non è un criterio determinante nella valutazione dell’importo adeguato dell’ammenda e che taluni elementi relativi all’aspetto intenzionale, quindi allo scopo di un comportamento, possono di fatto avere un effetto più rilevante di quelli relativi ai suoi effetti, soprattutto quando si riferiscano ad infrazioni intrinsecamente gravi, come la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei mercati. Orbene, l’infrazione constatata nel caso in esame costituirebbe un’infrazione particolarmente grave del diritto dell’Unione (punto 591 della decisione impugnata).

264    Inoltre, la Commissione ha osservato, al punto 520 della decisione impugnata, che l’affermazione delle parti secondo cui l’intesa non aveva prodotto effetti non poteva essere condivisa. A tal riguardo, la Commissione si è richiamata, ai punti da 513 a 524 della decisione impugnata, nei quali ha esaminato gli effetti concreti dell’intesa e ha concluso che quest’ultima aveva influenzato il prezzo di vendita praticato dai produttori di tondo per cemento armato in Italia, sebbene le misure adottate nell’ambito dell’intesa non avessero sempreimmediatamente condotto ai risultati auspicati dalle imprese che vi partecipavano. Inoltre, la Commissione ha rilevato che l’insufficiente incidenza di alcune iniziative riguardanti i prezzi aveva anche indotto le imprese in questione a combinarle con altre misure sui volumi o a modificare quelle prese sui prezzi. Ancora, la Commissione ha sottolineato che le imprese di cui trattasi rappresentavano all’incirca il 21% del mercato italiano del tondo per cemento armato nel 1989, il 60% nel 1995 e all’incirca l’83% nel 2000, il che indicherebbe un effetto crescente sul mercato degli aumenti di prezzi concordati. Infine, la Commissione ha aggiunto che il fatto che fin dal 1989 le iniziative adottate in tale settore fossero comunicate a tutti i produttori di tondo per cemento armato aveva accresciuto l’importanza di tali effetti nei primi anni dell’intesa (punto 519 della decisione impugnata).

265    Da ultimo, la Commissione ha sottolineato che la limitazione degli effetti dell’intesa a una parte limitata del mercato comune, segnatamente tutto il territorio della Repubblica italiana, non permetteva di attenuare la gravità dell’infrazione, in quanto andava tenuta in considerazione l’importanza della produzione italiana (punto 592 della decisione impugnata).

266    In sede di determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda, la Commissione ha tuttavia tenuto conto del fatto che l’intesa riguardava un mercato nazionale che era soggetto, all’epoca dei fatti, alla particolare normativa del trattato CECA, e del quale le imprese destinatarie della decisione rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, parti limitate (punto 599 della decisione impugnata).

267    In primo luogo, le ricorrenti affermano che, nel corso del procedimento amministrativo, esse hanno prodotto taluni dati tecnici ed economici non contestati dalla Commissione, a dimostrazione di circostanze che incidono notevolmente sulla valutazione dell’effettivo impatto della presunta intesa sul mercato. Tali dati riguarderebbero le variazioni di prezzo del tondo per cemento armato in Italia, le quali sarebbero state conformi alle variazioni registrate in altri mercati dell’Unione, la drastica riduzione delle imprese attive sul mercato, la diversità delle condizioni di prezzo applicate sul mercato dalle imprese in esame e la diminuzione del 32% dei prezzi del tondo per cemento armato sul mercato italiano nel periodo 1989‑2000, nonostante i costi di produzione fossero sostanzialmente invariati.

268    Occorre per prima cosa rilevare che, nel ricorso, le ricorrenti fanno riferimento a taluni asseriti dati tecnici ed economici che non sarebbero stati contestati dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo, senza tuttavia precisare o produrre i dati stessi, e senza dimostrare la loro affermazione. Se è vero che, nella loro replica, le ricorrenti rinviano allo studio Lear «già richiamato in precedenza», resta il fatto che, nel ricorso, i soli rinvii complessivi a detto studio si trovano, da un lato, nella parte in fatto di quest’ultimo, riguardante in particolare l’estensione del mercato geografico in questione, con l’intento di dimostrare l’affermazione delle ricorrenti secondo cui, durante il periodo considerato, i prezzi italiani del tondo per cemento armato avrebbero avuto la stessa evoluzione dei prezzi degli altri Stati membri, e, dall’altro, nel capo del presente motivo sull’estensione geografica del mercato rilevante, capo relativo alla fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda sulla base dell’estensione geografica del mercato in questione. Inoltre, lo studio Lear non è stato dedotto per dimostrare i fatti dedotti dalle ricorrenti, menzionati al precedente punto 267. Del resto, un rinvio simile non potrebbe supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto, che devono figurare nel ricorso (sentenza della Corte del 31 marzo 1992, Commissione/Danimarca, C‑52/90, Racc. pag. I‑2187, punto 17; ordinanze del Tribunale del 29 novembre 1993, Koelman/Commissione, T‑56/92, Racc. pag. II‑1267, punto 21, e Asia Motor France e a./Commissione, cit. al punto 54 supra, punto 49), e, inoltre, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono una funzione meramente probatoria e strumentale (sentenze del Tribunale del 7 novembre 1997, Cipeke/Commissione, T‑84/96, Racc. pag. II‑2081, punto 34, e del 21 marzo 2002, Joynson/Commissione, T‑231/99, Racc. pag. II‑2085, punto 154).

269    In ogni caso, e per prima cosa, le ricorrenti non possono sostenere che la Commissione non ha contestato i dati da esse prodotti nel corso del procedimento amministrativo. Si deve sottolineare che la Commissione ha preso in considerazione lo studio Lear ai punti da 50 a 53, 62, 513, 521 e 585 della decisione impugnata. Nell’ambito della sua valutazione, essa ha affermato, in particolare, che lo studio Lear non inficiava la sua posizione, secondo cui non era conveniente per gli altri Stati membri esportare verso l’Italia (punto 50 della decisione impugnata), e che la teoria dei flussi prospettata dallo studio Lear era basata «su teorie economiche e non su considerazioni di fatto» (punto 51 della decisione impugnata).

270    Con specifico riguardo alle conclusioni dello studio Lear in merito agli effetti dell’intesa, al punto 513 della decisione impugnata la Commissione ha osservato quanto segue:

«[…L]a Commissione, prendendo come punti di riferimento i prezzi medi degli extra di dicembre 1989‑gennaio 1990 e maggio‑giugno 2000 (…) stima un aumento del prezzo degli extra di circa 40% in termini reali. Ciò significa che anche volendo considerare importanti riduzioni del prezzo base in termini reali, i dati non sembrano supportare la tesi dello studio Lear di una riduzione del prezzo totale del 32% in termini reali. Del resto, lo studio Lear si basa su ipotesi necessarie alla ricostruzione di una parte dei dati (relativi al periodo iniziale) che non erano disponibili».

271    Ora, le ricorrenti non forniscono, nel ricorso in esame, alcun elemento al fine di confutare le suddette affermazioni. Inoltre, in risposta all’argomento delle parti secondo cui lo studio Lear era giunto alla conclusione che i comportamenti contestati non avevano avuto alcun effetto sul mercato, al punto 521 della decisione impugnata la Commissione ha ricordato la giurisprudenza del Tribunale secondo cui un’analisi economica non può cancellare un dato di fatto incontrovertibile consistente in prove documentali (sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. al punto 60 supra, punto 1088).

272    Per seconda cosa, si deve constatare, come fa la Commissione, che le ricorrenti non producono alcun elemento di prova a sostegno della loro affermazione secondo cui il prezzo del tondo per cemento armato in Italia avrebbe subito variazioni in perfetta coincidenza con altri mercati dell’Unione, ad eccezione di un rinvio allo studio Lear effettuato per corroborare un argomento che non riguarda le variazioni del prezzo del tondo per cemento armato in Italia rispetto agli altri Stati membri (v. punto 267 supra).

273    Per terza cosa, l’asserita chiusura di numerosi impianti di produzione, dedotta ma non dimostrata, la quale avrebbe comportato la drastica riduzione del numero di imprese attive sul mercato, non consente, a sua volta, di provare l’assenza di effetti dell’intesa sul mercato. A tal riguardo, non si può accogliere l’argomento delle ricorrenti secondo cui sarebbe difficile ipotizzare l’esistenza di un cartello efficiente in presenza di una significativa e rapida riduzione del numero di imprese attive sul mercato in un periodo di tempo limitato, dato che, come sottolinea la Commissione, la riduzione del numero delle imprese in un settore può derivare da un numero significativo di fattori diversi dall’asserita assenza di effetti sul mercato prodotti dalle pratiche anticoncorrenziali alle quali le stesse hanno partecipato.

274    Per quarta cosa, le ricorrenti ritengono che le tabelle allegate alla decisione e il «rapporto economico» indichino chiaramente che i prezzi applicati dalle imprese erano molto spesso completamente diversi, come risulterebbe dalle fatture trasmesse dalla Valsabbia alla Commissione durante il procedimento amministrativo.

275    Un argomento simile non può tuttavia trovare accoglimento.

276    Oltre ad essere anch’esso privo di dimostrazione, va ricordato che, secondo la giurisprudenza, si deve presumere – salvo prova contraria che spetta agli operatori interessati fornire – che le imprese partecipanti alla concertazione e che restano attive sul mercato tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti per determinare il proprio comportamento su tale mercato. Ciò a maggior ragione allorché la concertazione abbia luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo (v. sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 159 supra, punto 121; v. anche, in tal senso, sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punto 162, e la giurisprudenza ivi citata).

277    Del resto, le fatture eventualmente prodotte dalle ricorrenti nel corso del procedimento amministrativo non possono costituire la prova del fatto che la Valsabbia non abbia tenuto conto delle informazioni scambiate con gli altri operatori, dato che, come rilevato dalla Commissione al punto 494 della decisione impugnata, non è possibile verificare, sulla base di campioni, se il prezzo medio praticato corrispondesse o divergesse da quello dei listini, non essendo possibile determinare, ad esempio, quali fatture corrispondessero a clienti normali oppure preferenziali. Pertanto, si può soltanto affermare che, per tali transazioni documentate, i prezzi erano divergenti, tuttavia questo non dimostra affatto che i prezzi praticati per l’insieme delle transazioni realizzate nei giorni o periodi successivi agli aumenti fossero realmente diversi da quelli dei listini.

278    Per quinta cosa, le ricorrenti affermano che, nel periodo considerato, il prezzo del tondo per cemento armato è diminuito del 32% nonostante i costi di produzione fossero rimasti invariati.

279    Oltre al fatto che anche detto argomento è privo di dimostrazione, occorre rilevare che le conclusioni dello studio Lear, al quale si richiamano le ricorrenti, sono state respinte dalla Commissione ai punti 513, 514, da 521 a 523 e 585 della decisione impugnata, dato che quest’ultima ha affermato che i dati non sembravano supportare la tesi dello studio Lear di una riduzione del prezzo totale pari al 32% in termini reali (v. anche punto 269 supra).

280    A tal riguardo, nella loro replica, le ricorrenti hanno affermato – senza fornire ulteriori spiegazioni – quanto segue:

«[u]tilizzando le tabelle allegate alla Decisione, si nota quanto segue. Il 1° gennaio 1990 si registrava un prezzo dell’extra di diametro per un tondo di 16” di circa 125 lire/kg, mentre il prezzo base era di circa 320 lire/kg, per un totale di 445 lire/kg. Rivalutando il prezzo in questione al 30 giugno 2000 (ovvero all’epoca della fine dell’infrazione), si arriva ad un ammontare di circa 655 lire/kg. Viceversa, sempre sulla base delle tabelle allegate alla Decisione, il prezzo dell’extra per lo stesso prodotto era salito a 290 lire, mentre il prezzo base era di sole 210 lire, per un totale di 500 lire/kg circa. La differenza è di circa 24% rispetto al prezzo rivalutato. Questo dato, basato sui dati della tabella allegata alla Decisione, anche se molto approssimativo, non è lontano dai dati proposti dallo Studio Lear e dimostra che la riduzione del prezzo base è stata talmente importante da annullare la rilevanza di qualsiasi conteggio fatto eventualmente sull’aumento degli extra».

281    A tal riguardo, dall’affermazione delle ricorrenti risulta che il prezzo dell’extra di diametro di 16 pollici è passato da 125 lire/kg nel 1989 a 290 lire/kg nel 2000, il che sembra piuttosto confermare l’affermazione, di cui al punto 515 della decisione impugnata, secondo cui tra il 1989 e il 2000 il livello dei prezzi degli extra di dimensione è stato, grosso modo, moltiplicato per due. È vero che, nel corso dell’udienza, le ricorrenti hanno affermato che l’aumento del prezzo degli extra era stato neutralizzato da una significativa diminuzione del prezzo base. Nondimeno, come indicato al punto 490 della decisione impugnata, dato che il prezzo totale del tondo è composto dal prezzo base e dal prezzo dell’extra di dimensione, e che quest’ultimo è visto come estraneo a ogni concorrenza o non negoziabile, l’aumento dell’extra di dimensione si traduceva in una riduzione della variabilità del prezzo totale e, quindi, in una riduzione del margine d’incertezza di detto prezzo.

282    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha riconosciuto, al punto 476 della decisione impugnata, che, sui venti casi di raccomandazioni sulla determinazione del prezzo da parte della Federacciai o della Leali, le imprese avrebbero rispettato le indicazioni ricevute solo in dodici casi, come risulterebbe altresì dalle tabelle allegate alla decisione impugnata. Per quanto riguarda gli altri casi, la Commissione si sarebbe avvalsa di dichiarazioni di terzi per sostenere che le raccomandazioni avrebbero avuto un impatto sulle determinazioni degli operatori. Ora, per fornire la prova degli effetti dell’intesa, la Commissione avrebbe dovuto verificare i dati di mercato in maniera puntuale al fine di valutare se le imprese coinvolte avessero effettivamente implementato i prezzi raccomandati.

283    Occorre anzitutto rilevare che il punto 476 della decisione impugnata non presenta il contenuto che le ricorrenti gli attribuiscono, in quanto esso enuncia che, «[n]ella (…) sentenza Thyssen Stahl, il Tribunale ha constatato: “Le parti [aveva]no quindi espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in una determinata maniera in materia di prezzi, vale a dire, di far sì che fossero raggiunti o mantenuti i prezzi concordati nelle riunioni di cui trattasi”» e che «“tale concorso di volontà costituisca un ‘accordo’ ai sensi dell’art. 65, n. 1 del Trattato”». Il suddetto punto indica, inoltre, che «[l]’affermazione del Tribunale si applica mutatis mutandis alle circostanze in cui le imprese hanno espresso la loro comune volontà relativamente ai termini di pagamenti e al controllo/limitazione della produzione o delle vendite». Ora, malgrado un’osservazione della Commissione in tal senso, ai punti 174 e 175 del controricorso, le ricorrenti non hanno formulato una benché minima rettifica su tale punto nella replica.

284    Le ricorrenti non specificano, poi, quali siano le asserite dichiarazioni di terzi di cui la Commissione si sarebbe avvalsa per sostenere che le raccomandazioni avrebbero avuto un impatto sulle determinazioni degli operatori. Esse non menzionano neppure i relativi punti della decisione impugnata, come del resto notato dalla Commissione nel suo controricorso, senza che le ricorrenti vi abbiano riposto nella replica. Ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a supporto (sentenza France Télécom/Commissione, cit. al punto 54 supra, punto 166). Ne consegue l’irricevibilità di tale censura delle ricorrenti.

285    Ancora, le ricorrenti non possono affermare che, per fornire la prova degli effetti dell’intesa, la Commissione avrebbe dovuto verificare i dati di mercato in maniera puntuale al fine di valutare se le imprese coinvolte avessero effettivamente implementato i prezzi raccomandati. Secondo la giurisprudenza, è legittimo che la Commissione desuma che l’infrazione abbia prodotto effetti dalla circostanza che i membri dell’intesa hanno adottato provvedimenti per applicare i prezzi concordati, per esempio, annunciandoli ai clienti, dando ai propri dipendenti istruzione di utilizzarli come base delle trattative e vigilando sull’applicazione degli stessi da parte dei propri concorrenti e dei propri servizi di vendita. Infatti, per constatare la sussistenza di un impatto sul mercato, è sufficiente che i prezzi concordati siano serviti come base per la determinazione dei prezzi di transazioni individuali, in tal modo limitando il margine di negoziazione dei clienti (sentenze del Tribunale del 17 dicembre 1991, Hercules Chemicals/Commissione, T‑7/89, Racc. pag. II‑1711, punti 340 e 341; del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 146 supra, punti da 743 a 745, e Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 256 supra, punto 285).

286    Per contro, non si può pretendere che la Commissione, una volta stabilita l’attuazione di un’intesa, dimostri sistematicamente che gli accordi hanno effettivamente consentito alle imprese interessate di raggiungere un livello di prezzi di transazione superiore a quello che sarebbe prevalso in assenza dell’intesa (sentenze del Tribunale Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 256 supra, punto 286, e del 28 aprile 2010, Gütermann e Zwicky/Commissione, T‑456/05 e T‑457/05, Racc. pag. II‑1443, punto 129).

287    In terzo luogo, nel corso del procedimento amministrativo, l’associazione nazionale sagomatori ferro (in prosieguo: l’«Ansfer») avrebbe dichiarato che il mercato italiano era da sempre stato caratterizzato da un’effettiva e forte concorrenza e che non era mai stata avvertita l’esistenza di condotte anticoncorrenziali nel mercato italiano del tondo per cemento armato.

288    Un siffatto argomento deve essere respinto dato che, come sottolineato dalla Commissione al punto 524 della decisione impugnata, la dichiarazione dell’Ansfer non poteva cancellare un dato di fatto incontrovertibile, consistente in prove documentali dell’infrazione.

289    In considerazione di quanto precede, occorre respingere la presente censura del primo capo del motivo in esame.

–       Sulla pressione concorrenziale esercitata da altri prodotti sul mercato del tondo per cemento armato

290    Le ricorrenti affermano che, nella valutazione degli effetti dell’intesa sul mercato, la Commissione ha trascurato integralmente la pressione concorrenziale esercitata da parte di prodotti sostitutivi del tondo per cemento armato. Dalla decisione 89/515/CEE della Commissione, del 2 agosto 1989, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] (IV/31.553 – Rete metallica elettrosaldata) (GU L 260, pag. 1; in prosieguo: la «decisione Rete metallica elettrosaldata»), risulterebbe che altri prodotti, non appartenenti allo stesso mercato del tondo per cemento armato, hanno esercitato sui prezzi pressioni così forti da impedire alle misure adottate di avere un impatto significativo sul mercato. Ai fini della quantificazione della sanzione, occorrerebbe determinare la capacità potenziale dell’intesa di nuocere ai consumatori, in particolare tenendo conto dell’esistenza di prodotti alternativi.

291    Nella decisione impugnata, la Commissione ha affermato che il mercato del prodotto rilevante era quello del tondo per cemento armato nervato in barre o in rotoli, poiché lo stesso costituisce un mercato distinto da quello degli altri prodotti lunghi di acciaio (punto 28 della decisione impugnata). Sotto tale profilo, la Commissione ha aggiunto, con specifico riferimento alla rete metallica elettrosaldata, che «pur essendo utilizzata nello stesso settore del tondo per cemento armato nervato (l’edilizia), non è un prodotto per l’armatura di strutture portanti, ma un prodotto di rinforzo che solo in alcuni limitati impieghi (per esempio: armatura dei solai e delle pareti non portanti) può sostituire e generalmente sostituisce (in quanto consente un risparmio di tempo e di manodopera e minori sfridi) il cosiddetto “tondino di rinforzo”» (punto 29 della decisione impugnata).

292    Riguardo all’asserita pressione concorrenziale esercitata dalla rete metallica elettrosaldata, ai punti 594 e 595 della decisione impugnata la Commissione ha osservato quanto segue:

«Al di là di dichiarazioni generiche, in particolare per quanto riguarda il riferimento alla decisione [Rete metallica elettrosaldata], le parti non hanno dimostrato che altri prodotti, non appartenenti allo stesso mercato del tondo per cemento armato, hanno esercitato pressioni così forti sul prezzo del tondo, tali da impedire le misure adottate dall’avere un impatto significativo sul mercato. Anche trascurando il fatto che risulta alla Commissione che l’intesa ha avuto un effetto restrittivo della concorrenza, il fatto che essa abbia avuto un oggetto anticoncorrenziale che è intrinsecamente molto grave deve, in ogni caso, avere un maggior peso nella qualifica dell’infrazione quale molto grave rispetto alla constatazione degli effetti (…)».

293    Occorre preliminarmente sottolineare che, se le ricorrenti affermano che la Commissione ha trascurato integralmente, all’atto della fissazione delle ammende, la pressione concorrenziale esercitata da parte dei prodotti sostitutivi del tondo per cemento armato, esse non contestano la definizione del mercato di prodotti che appare ai punti da 28 a 46 della decisione impugnata. Ora, come risulta in particolare dal paragrafo 2 della comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5), è la definizione del mercato a consentire di individuare e definire l’ambito nel quale le imprese sono in concorrenza tra loro e deve consentire di stabilire se esistano concorrenti effettivi delle imprese interessate che siano in grado di condizionare il comportamento di queste ultime e di impedire loro di operare in modo indipendente da effettive pressioni concorrenziali.

294    Inoltre, le ricorrenti si limitano ad invocare, in modo specifico, la pressione concorrenziale che sarebbe esercitata dalla rete metallica elettrosaldata, e ciò al solo scopo di dimostrare che l’intesa non ha prodotto gli effetti constatati nella decisione impugnata. Ebbene, una siffatta argomentazione potrebbe essere accolta soltanto qualora, ipotizzando la sussistenza di una simile pressione concorrenziale della rete metallica elettrosaldata, la Commissione fosse stata indotta a dichiarare che l’intesa non aveva avuto impatti sul mercato da essa ritenuto rilevante. Infatti, solo una dimostrazione di questo tipo può inficiare la valutazione dell’importo dell’ammenda effettuata dalla Commissione in funzione della gravità dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, Archer Daniels Midland/Commissione, T‑329/01, Racc. pag. II‑3255, punti da 229 a 231).

295    Sotto un primo profilo, occorre sottolineare che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la Commissione non ha «trascurato integralmente» la pressione concorrenziale esercitata da parte di prodotti sostitutivi del tondo per cemento armato, e in particolare dalla rete metallica elettrosaldata (v. punti 291 e 292 supra).

296    Sotto un secondo profilo, è inevitabile constatare che le ricorrenti non apportano il benché minimo elemento di prova atto a dimostrare che, durante il periodo dell’infrazione oggetto della presente causa, altri prodotti, anche non appartenenti al mercato del tondo per cemento armato, hanno esercitato sui prezzi pressioni così forti da impedire alle misure adottate di avere un impatto significativo sul mercato.

297    In effetti, le ricorrenti si limitano ad affermare che la Commissione avrebbe tenuto conto, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda nella decisione Rete metallica elettrosaldata, della correlazione tra il tondo per cemento armato e la rete metallica elettrosaldata. Ora, come ricordato al precedente punto 255, secondo costante giurisprudenza la prassi decisionale della Commissione non può essere utilizzata come contesto giuridico per le ammende in materia di concorrenza. Quest’ultima dispone, nel fissare l’importo delle ammende, di un ampio potere discrezionale e non è vincolata dalle proprie precedenti valutazioni (v. sentenza Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 251 supra, punto 123, e la giurisprudenza ivi citata).

298    Pertanto, il fatto che, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, la Commissione abbia tenuto conto, in una decisione anteriore, riguardante un altro periodo d’infrazione (nella decisione Rete metallica elettrosaldata, il periodo dell’infrazione andava dal 27 maggio 1980 al 5 novembre 1985), della correlazione tra la rete metallica elettrosaldata e il tondo per il cemento armato, non obbligava la stessa – anche ammettendo che una siffatta correlazione fosse esistita durante il periodo dell’infrazione oggetto della presente causa, il che non è neppure dimostrato – a tenere conto di tale elemento nella fissazione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti nel caso qui in esame, tanto più che, nella decisione Rete metallica elettrosaldata, la Commissione aveva già sottolineato che tale rete non è un prodotto del tutto sostituibile al tondo per il cemento armato (punto 202 della decisione Rete metallica elettrosaldata).

299    In ogni caso, si deve constatare che dal sistema comunitario delle sanzioni per la violazione delle norme sulla concorrenza, quale delineato dal regolamento n. 1/2003 ed interpretato dalla giurisprudenza, risulta che le intese meritano, a causa della loro natura, le ammende più severe. Il loro eventuale impatto concreto sul mercato – e segnatamente sapere in che misura la restrizione della concorrenza abbia determinato un prezzo di mercato superiore a quello che si sarebbe imposto nell’ipotesi di assenza del cartello – non costituisce un criterio decisivo per la fissazione del livello delle ammende. Occorre aggiungere che dagli orientamenti del 1998 risulta che gli accordi o le pratiche concordate i quali, come nel caso di specie, siano diretti in particolare a determinare i prezzi possano, sul solo fondamento della loro stessa natura, essere qualificati come «molto gravi» senza che occorra circostanziare tali comportamenti in funzione di un’incidenza o di un’estensione geografica particolari. Tale conclusione è corroborata dal fatto che, mentre la descrizione delle infrazioni «gravi» menziona espressamente l’impatto sul mercato e gli effetti su ampie zone del mercato comune, quella delle infrazioni «molto gravi», viceversa, non indica alcuna necessità di un concreto impatto sul mercato, né di spiegamento degli effetti in una zona geografica particolare (v. sentenza del Tribunale del 6 maggio 2009, KME Germany e a./Commissione, T‑127/04, Racc. pag. II‑1167, punti 65 e 66, e la giurisprudenza ivi citata).

300    Nel caso in esame, l’intesa di cui trattasi aveva per oggetto la fissazione dei prezzi, attuata in modi differenti, in particolare ricorrendo alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite e, pertanto, poteva essere qualificata come infrazione molto grave senza che la Commissione fosse tenuta a dimostrare un impatto concreto della stessa sul mercato.

301    Ne consegue che la presente censura della prima parte del motivo in esame deve essere respinta.

–       Sul cambiamento della natura dell’intesa nel corso del tempo

302    Le ricorrenti affermano che la Commissione, al punto 597 della decisione impugnata, ha riconosciuto che prima del 1995 l’intesa era stata relativamente meno grave. Orbene, la Commissione avrebbe ingiustamente applicato lo stesso tasso di incremento dell’importo dell’ammenda per ogni anno di applicazione della presunta intesa (punto 607 della decisione impugnata), violando in tal modo il principio di non discriminazione e al contempo trascurando di fornire nella decisione impugnata una motivazione adeguata della sua scelta.

303    Nella decisione impugnata, la Commissione ha affermato che, sebbene prima del 1995 l’intesa potesse essere considerata come «relativamente meno grave» poiché i comportamenti erano meno strutturati e quindi relativamente meno pericolosi nei riguardi della concorrenza, la gravità dell’infrazione era aumentata in seguito, quando erano state introdotte misure restrittive supplementari come il controllo o la riduzione della produzione o delle vendite. Secondo la Commissione, detto comportamento, che nella fattispecie era sempre collegato all’aumento del prezzo, aveva reso l’intesa ancora più articolata (punto 597 della decisione impugnata).

304    La Commissione ha altresì indicato che l’infrazione era durata più di dieci anni e mezzo per tutte le imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, per la quale la durata dell’infrazione era pari a più di sette anni e che, per tale motivo, l’importo dell’ammenda sarebbe stato incrementato del 105% per tutte le imprese, salvo per la Ferriere Nord, che si sarebbe vista applicare un incremento del 70% (punto 607 della decisione impugnata).

305    In primo luogo, occorre ricordare che gli orientamenti del 1998 stabiliscono una distinzione fra le infrazioni di breve durata (in genere inferiore ad un anno), per le quali l’importo di partenza considerato per la gravità non dovrebbe essere aumentato, le infrazioni di media durata (in generale da uno a cinque anni), per le quali tale importo può essere aumentato del 50%, e le infrazioni di lunga durata (in genere oltre i cinque anni), per le quali tale importo può essere aumentato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, primo comma, primo, secondo e terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

306    Dai precedenti punti da 153 a 223 risulta che la Valsabbia ha partecipato a un’intesa unica e continuata dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000, vale a dire della durata di più di dieci anni e sei mesi, corrispondenti a un’infrazione di lunga durata.

307    È dunque in applicazione delle norme che la stessa Commissione si è autoimposta con gli orientamenti del 1998, e senza alcuna violazione del principio di non discriminazione, che essa ha aumentato del 105%, ossia del 10% per ogni anno compiuto, l’importo di partenza dell’ammenda, sulla base della durata dell’infrazione (v. sentenza General Technic-Otis e a./ Commissione, cit. al punto 250 supra, punto 229, e la giurisprudenza ivi citata).

308    Sostanzialmente, l’argomentazione delle ricorrenti finisce col confondere il criterio della gravità con quello della durata, entrambi previsti dall’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. Infatti, con il loro argomento, esse mettono in discussione l’aumento dell’importo di partenza dell’ammenda del 10% per ogni anno richiamandosi ad elementi connessi alla valutazione della gravità dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza General Technic-Otis e a./Commissione, cit. al punto 250 supra, punto 230).

309    In secondo luogo, come ricordato al punto 236 supra, la forcella delle sanzioni previste dalla Commissione consente di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse. Ora, nel caso di specie, la Commissione ha ritenuto opportuno fissare l’importo di base dell’ammenda inflitta alla Valsabbia in EUR 5 milioni, vale a dire meno di un quarto della soglia minima di EUR 20 milioni normalmente prevista dagli orientamenti del 1998 per detto tipo di infrazione molto grave (v. punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

310    In terzo luogo, dato che la Commissione ha indicato, al punto 579 della decisione impugnata che avrebbe applicato gli orientamenti del 1998 per il calcolo delle ammende e ha dichiarato, al punto 607 della decisione impugnata, che l’infrazione commessa dalla Valsabbia era durata più di dieci anni e mezzo e che, per tale ragione, l’importo dell’ammenda sarebbe stato aumentato del 105%, si deve concludere che la decisione è adeguatamente motivata.

311    Occorre conseguentemente respingere la presente censura del primo capo del motivo in esame.

–       Sulla mancata riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione della grave crisi che ha colpito il settore

312    Da un lato, le ricorrenti affermano che, considerata la sua prassi decisionale, stupisce che la Commissione, nel determinare l’ammenda, non abbia attribuito alcuna rilevanza all’esistenza di una gravissima crisi del settore del tondo per cemento armato e non abbia minimamente motivato tale scelta. La domanda sul mercato italiano del tondo per cemento armato sarebbe diminuita di un terzo durante il periodo 1989‑1999, determinando una situazione di accesa concorrenza con un calo vertiginoso dei prezzi e la chiusura di un numero elevatissimo di impianti di produzione. Dall’altro lato, le ricorrenti affermano che, nell’adottare la decisione impugnata, la Commissione non ha tenuto conto delle condizioni assolutamente straordinarie in cui versavano in quel momento le imprese condannate.

313    In primo luogo, come ricordato al punto 255 supra, secondo costante giurisprudenza la prassi decisionale della Commissione non può fungere da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza. Pertanto, gli argomenti delle ricorrenti basati su decisioni anteriori della Commissione sono privi di rilevanza.

314    In secondo luogo, riguardo all’esistenza di un contesto di crisi nel periodo dell’infrazione, si deve rilevare che la Commissione ha dichiarato, al punto 64 della decisione impugnata, di conoscere il contesto economico del settore dell’acciaio nell’Unione, e del tondo per cemento armato in particolare. Al successivo punto 68, e senza essere in questo contestata dalle ricorrenti, la Commissione ha altresì considerato, riguardo alle condizioni di crisi manifesta nel settore siderurgico, che il tondo per cemento armato, non più rientrante nell’ambito di applicazione del sistema di quote dal 1° gennaio 1986, era stato escluso dal «regime di sorveglianza» in ragione del fatto che il tondo per cemento armato era prodotto per più dell’80% da piccole imprese a bassi costi che, normalmente, non conoscevano difficoltà. Ebbene, le ricorrenti non producono elementi tali da rimettere in discussione detta conclusione.

315    Non è possibile ritenere che la Commissione sia incorsa in un errore di valutazione in ordine alle conseguenze da trarre dal contesto asseritamente difficile del mercato. Infatti, la circostanza che un mercato sperimenti difficoltà economiche in un determinato periodo non implica affatto l’impossibilità di qualificare l’infrazione come molto grave (sentenza UPM-Kymmene/Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 147).

316    In terzo luogo, le ricorrenti fanno valere le condizioni straordinarie in cui sarebbero versate le imprese condannate al momento dell’adozione della decisione impugnata, senza tuttavia comprovare tale affermazione. Al riguardo, si deve rilevare che, in fondo, un simile argomento non è rilevante ai fini di accertare la gravità dell’infrazione e di fissare l’importo di partenza dell’ammenda.

317    Occorre dunque respingere la quinta censura del primo capo del motivo in esame nonché il primo capo nel suo insieme.

 Sull’illegittimità della quantificazione della sanzione inflitta alle ricorrenti

–       Sull’erronea determinazione del peso specifico delle ricorrenti sul mercato

318    Le ricorrenti contestano la ripartizione delle imprese coinvolte in categorie ai fini della fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda. Esse fanno valere che le quote di mercato storiche risultano paradossalmente superiori tra imprese appartenenti ad una medesima categoria che tra le diverse categorie, con evidenti distorsioni in termini di trattamento sanzionatorio. Gli orientamenti del 1998 prescriverebbero di procedere ad un trattamento diversificato in caso di disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione, circostanza che non ricorre nel caso di specie. Nella fattispecie, la quota di mercato della Valsabbia sarebbe del 2% superiore rispetto a quella dell’Alfa e della Lucchini. Tuttavia, ad essa è stata irrogata un’ammenda di 30% superiore a quella irrogata a questi due operatori. Vi sarebbe pertanto una disparità di trattamento e una violazione del principio di proporzionalità. La Commissione avrebbe quindi dovuto fissare per tutte le imprese (ad eccezione forse della Ferriere Nord) un importo di partenza equivalente all’importo di partenza dell’ammenda stabilito per la IRO.

319    In primo luogo, occorre rammentare che gli orientamenti del 1998 prevedono la valutazione della gravità dell’infrazione in quanto tale, sulla cui base può essere fissato un importo di partenza generale (punto 1 A, secondo comma degli orientamenti del 1998). In secondo luogo, la gravità è esaminata in relazione alla natura delle infrazioni commesse e alle caratteristiche dell’impresa interessata, in particolare rispetto alle sue dimensioni e alla sua posizione sul mercato rilevante, il che può comportare la ponderazione dell’importo di partenza, la classificazione delle imprese in categorie e la fissazione di un importo di partenza specifico (punto 1 A, dal terzo al settimo comma, degli orientamenti del 1998).

320    Occorre altresì rammentare che, nell’ambito del calcolo delle ammende inflitte ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, un trattamento differenziato tra le imprese interessate rientra nell’esercizio dei poteri spettanti alla Commissione in forza di tale disposizione. Infatti, nell’ambito del suo margine discrezionale, la Commissione è chiamata a individualizzare la sanzione in funzione dei comportamenti e delle caratteristiche propri delle imprese interessate, al fine di garantire, in ogni caso di specie, la piena efficacia delle norme dell’Unione in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenze della Corte del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, cause da 100/80 a 103/80, Racc. pag. 1825, punto 109; Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. al punto 170 supra, punto 44, e del 18 luglio 2013, The Dow Chemical Company e a./Commissione, C‑499/11 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 87).

321    In tal senso, gli orientamenti del 1998 dispongono che, per un’infrazione di una data gravità, può essere opportuno, nei casi che coinvolgono più imprese, come i cartelli, ponderare l’importo di partenza generale delle ammende per stabilire un importo di partenza specifico tenendo conto del peso e dunque dell’impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione tenuto da ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione (punto 1 A, sesto comma, degli orientamenti del 1998). In particolare, è necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, soprattutto ai consumatori (punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti del 1998).

322    Gli orientamenti del 1998 precisano altresì che il principio di parità della sanzione per un medesimo comportamento può dar luogo, in determinate circostanze, all’applicazione di importi differenziati per le imprese interessate, senza che tale differenziazione derivi da un calcolo rigorosamente aritmetico (punto 1 A, settimo comma, degli orientamenti del 1998).

323    Per verificare se una ripartizione dei membri di un’intesa in categorie sia conforme ai principi di parità di trattamento e di proporzionalità, occorre esaminare se la ripartizione operata dalla Commissione sia coerente ed obiettivamente giustificata (v., in tal senso, sentenze del Tribunale CMA CGM e a./Commissione, cit. al punto 128 supra, punti 406 e 416; del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, Racc. pag. II‑497, punto 157, e dell’8 ottobre 2008, Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, T‑69/04, Racc. pag. II‑2567, punto 184).

324    Come osservato al punto 35 supra, nella decisione impugnata la Commissione ha distinto tre gruppi di imprese sulla base delle quote di mercato medie nel periodo 1990‑1999, che sono state calcolate come segue (punti 79, 82, 85, 87, 89, 94, da 98 a 100, 104, 107, da 599 a 602 della decisione impugnata): la Feralpi (10,31%) e la Valsabbia (10,03%) sono state inserite nel primo gruppo; la Lucchini (7,92%), l’Alfa (7,87%), la Riva (7%) e la Leali (6,4%) sono state inserite nel secondo gruppo, la IRO (4,99%) e la Ferriere Nord (3,65%) sono state inserite nel terzo gruppo.

325    Le ricorrenti deducono, da un lato, che la quota di mercato media della Ferriere Nord sarebbe pari al 2,9% e non al 3,65%, come indicato nella decisione impugnata. Per calcolare quest’ultima quota di mercato, la Commissione avrebbe utilizzato un arco di tempo (1992-1999) di durata diversa da quella utilizzata per calcolare le quote delle altre imprese (1990-1999).

326    Dal punto 87 della decisione impugnata risulta che la Ferriere Nord opera nel settore del tondo per cemento armato a partire dall’aprile 1992 e ha iniziato a partecipare all’infrazione solo il 1° aprile 1993. Ebbene, la ponderazione dell’importo di partenza generale ha lo scopo di stabilire un importo di partenza specifico tenendo conto del peso, e dunque dell’impatto reale sulla concorrenza, del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa (v. punto 321 supra). È dunque giusto che la Commissione non abbia calcolato la quota di mercato media della Ferriere Nord sulla base del periodo che va dal 1990 al 2000, perché altrimenti avrebbe attribuito a tale impresa un peso relativo artificialmente ridotto.

327    Poiché quest’ultima impresa ha iniziato a partecipare all’infrazione soltanto il 1° aprile 1993, si deve ritenere che erroneamente la Commissione ha calcolato la quota di mercato media della Ferriere Nord sulla base del periodo che va dal 1992 al 2000 (come risulta da una lettura combinata dei punti 87 e 601 della decisione impugnata). Infatti, essa avrebbe dovuto calcolare la quota di mercato media di tale società sulla base del periodo che va dal 1993 al 2000, e ne sarebbe risultata una quota di mercato media di tale impresa pari al 3,12% nel corso di detto periodo.

328    In considerazione di ciò, giustamente le ricorrenti affermano che la quota di mercato media del terzo gruppo non equivale al 35% della quota di mercato media del primo gruppo, come indicato al punto 601 della decisione impugnata, avendo del resto la Commissione riconosciuto un errore durante l’udienza. La quota di mercato media del terzo gruppo è pari al 4,06%, pari al 39,4% della quota di mercato media del primo gruppo. Non occorre tuttavia, come richiesto dalle ricorrenti, riequilibrare l’importo delle ammende inflitte applicando un criterio di proporzionalità secondo cui la maggiorazione inflitta al secondo gruppo rispetto al terzo dovrebbe essere solo del 70% e non del 100%, pervenendo a una sanzione di circa EUR 3 milioni invece di EUR 3,5 milioni inflitti dalla decisione impugnata.

329    Invero, oltre al fatto che, come sottolineato al punto 322 supra, ai sensi del punto 1 A, settimo comma, degli orientamenti del 1998, la differenziazione tra imprese che hanno partecipato ad un’unica infrazione non deve obbedire a un calcolo rigorosamente aritmetico (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 229 supra, punto 266, e sentenza BASF/Commissione, cit. al punto 323 supra, punto 149), dal punto 601 della decisione impugnata risulta che gli importi di partenza delle sanzioni inflitte alle imprese del secondo e terzo gruppo sono stati calcolati in percentuale della quota di mercato media delle imprese del primo gruppo. L’errore commesso nel calcolo della quota di mercato media della terza categoria non è pertanto tale da incidere sull’importo di partenza dell’ammenda inflitta alle ricorrenti.

330    In ogni caso, occorre rilevare che la prima categoria include le imprese aventi una quota di mercato media superiore al 10%, la seconda, quelle aventi una quota di mercato media compresa fra il 6 e l’8%, infine, la terza, quelle aventi una quota di mercato inferiore al 5%. La ripartizione operata dalla Commissione appare quindi coerente ed obiettivamente giustificata.

331    Ne consegue che occorre respingere la prima censura del presente capo del motivo in esame.

–       Sull’applicazione non omogenea del criterio della dimensione complessiva delle imprese

332    Le ricorrenti, richiamandosi alla decisione 2003/25 (cit. al punto 253 supra) e al comunicato stampa relativo alla decisione 2002/759/CE della Commissione, del 5 dicembre 2001, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] (Caso COMP/37.800/F3 – Birrifici lussemburghesi) (GU 2002, L 253, pag. 21), affermano che nella decisione impugnata la Commissione non avrebbe attribuito il giusto peso al criterio della dimensione complessiva delle imprese interessate.

333    Si deve rammentare che, per costante giurisprudenza, al fine di valutare la gravità di un’infrazione occorre tener conto di un gran numero di fattori, il cui carattere e la cui importanza variano a seconda del tipo di infrazione e delle circostanze particolari della stessa. Tra questi fattori possono rientrare, a seconda dei casi, il volume e il valore delle merci oggetto dell’infrazione nonché le dimensioni e la potenza economica dell’impresa e, quindi, l’influenza che questa ha potuto esercitare sul mercato (v. sentenza KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 239 supra, punto 58, e la giurisprudenza ivi citata).

334    Se è vero che la Corte ne ha tratto la conclusione che è ben possibile, per commisurare l’ammenda, tener conto tanto del fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione delle dimensioni di questa e della sua potenza economica, quanto della parte di tale fatturato corrispondente alla vendita delle merci coinvolte nell’infrazione, e che può quindi fornire un’indicazione dell’entità della medesima, la stessa ha nondimeno riconosciuto che il fatturato complessivo di un’impresa costituisce un’indicazione soltanto approssimativa e imperfetta delle dimensioni di questa (v. sentenze Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 114, e KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 239 supra, punto 59, e la giurisprudenza ivi citata).

335    La Corte ha inoltre sottolineato più volte che non si deve attribuire ad alcuno di questi due dati un peso eccessivo rispetto ad altri criteri di valutazione della gravità dell’infrazione (v. sentenza KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 239 supra, punto 60, e la giurisprudenza ivi citata).

336    Inoltre, non essendo la Commissione tenuta ad effettuare il calcolo dell’importo dell’ammenda partendo da importi basati sul fatturato delle imprese interessate, né a garantire, nel caso in cui talune ammende vengano inflitte a più imprese implicate in una medesima infrazione, che gli importi finali delle ammende alle quali conduce il suo calcolo per le imprese coinvolte rendano conto di qualsiasi differenza tra queste ultime quanto al loro fatturato complessivo o al loro fatturato relativo al prodotto in questione (v. sentenza della Corte del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, Racc. pag. I‑5361, punto 54, e la giurisprudenza ivi citata).

337    Nella decisione impugnata, la Commissione ha indicato di avere ritenuto necessario, ai sensi del punto 1 A degli orientamenti del 1998, al fine di prendere in considerazione la dimensione e le risorse globali delle imprese e di conferire all’ammenda un sufficiente effetto deterrente, procedere a un aggiustamento dell’importo di base nei confronti di più imprese (punto 603 della decisione impugnata).

338    Essa ha aggiunto di avere ritenuto, già nella decisione del 2002, che per la Riva e la Lucchini‑SP occorresse incrementare l’importo base dell’ammenda calcolato in funzione dell’importanza relativa del mercato rilevante, al fine di tener conto della dimensione e delle risorse globali di tali società. Infatti, il fatturato relativo ai prodotti CECA realizzato da queste imprese (circa EUR 3,5 miliardi per la Riva nel 2001 e circa EUR 1,2 miliardi per la Lucchini) era di gran lunga superiore a quello realizzato dalle altre imprese coinvolte nel presente caso. Perciò, al fine di ottenere un sufficiente effetto deterrente dell’ammenda, la Commissione aveva ritenuto opportuno incrementare l’importo base del 225% nel caso della Lucchini‑SP, nella misura in cui il suo fatturato relativo ai prodotti CECA era di circa tre volte superiore a quello della più grande delle altre imprese, e del 375% nel caso della Riva, il cui fatturato globale relativo ai prodotti CECA era di circa tre volte superiore a quello della Lucchini‑SP (punto 604 della decisione impugnata).

339    La Commissione ha rilevato che, fino al 2008, il rapporto tra il fatturato della Lucchini‑SP e quello della più grande delle altre imprese era diminuito da 1:3 a 1:2, e che pertanto essa aveva incrementato l’importo base della sua ammenda del 200%. Essa ha inoltre sottolineato che, in sede di riconsiderazione dell’entità dei moltiplicatori, aveva tenuto conto dell’inflazione registrata e dell’aumento dei fatturati delle imprese (punto 605 della decisione impugnata).

340    In via preliminare, per le ragioni esposte al punto 255 supra, occorre respingere gli argomenti delle ricorrenti basati su precedenti decisioni della Commissione.

341    In primo luogo, le ricorrenti fanno valere che alla Valsabbia è stata inflitta la stessa ammenda della Feralpi ancorché, malgrado quote di mercato equivalenti, il fatturato della Valsabbia fosse stato pari a meno della metà di quello realizzato dalla Feralpi. In tal modo, la Commissione avrebbe violato il principio di proporzionalità, applicando a un’impresa di dimensioni modeste la medesima ammenda irrogata ad un’impresa con una rilevante posizione di mercato.

342    Tuttavia, un simile argomento dev’essere respinto. Oltre al fatto che, secondo la giurisprudenza della Corte ricordata al precedente punto 336, la Commissione non è tenuta ad effettuare il calcolo dell’ammenda a partire da importi basati sul fatturato delle imprese interessate, né ad assicurare, qualora siano inflitte ammende a diverse imprese coinvolte in una stessa infrazione, che gli importi finali delle ammende risultanti dal suo calcolo effettuato con riferimento alle imprese interessate rendano conto di ogni differenza tra le stesse imprese in ordine al loro fatturato complessivo o al loro fatturato relativo al prodotto in questione, al punto 330 supra è stato constatato che la ripartizione delle imprese in categorie, effettuata dalla Commissione, appariva coerente ed obiettivamente giustificata.

343    In ogni caso, dai punti 604 e 605 della decisione impugnata risulta che la Commissione, per stabilire i fattori moltiplicatori a fini dissuasivi, si è basata sul fatturato in prodotti CECA delle imprese coinvolte, il quale consentiva anche di tenere conto dell’importanza relativa del mercato in questione. Orbene, le ricorrenti sembrano basarsi su fatturati complessivi, che comunque non forniscono e di cui non portano la prova.

344    In secondo luogo, le ricorrenti rilevano che, nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto necessario ridurre l’importo dell’ammenda inflitta alla Lucchini in ragione dell’intervenuta riduzione della dimensione complessiva di tale impresa nel corso degli ultimi anni. Orbene, sarebbe notorio che, nel 2005, la Lucchini è entrata a far parte del gruppo Severstal, uno dei più grandi produttori di acciaio, con vendite nel 2008 per circa 22 miliardi di dollari.

345    Neppure un tale argomento può essere accolto. Infatti, esso si basa sull’erronea premessa che il fatturato dell’impresa nei cui confronti la Commissione ha accertato l’infrazione sarebbe aumentato. Ora, dato che il gruppo Severstal non fa parte dell’unità economica sanzionata dalla Commissione, il suo volume d’affari è privo di rilevanza ai fini della determinazione dell’ammenda.

346    In terzo luogo, le ricorrenti affermano che, vista la motivazione data dalla Commissione alla riduzione dell’ammenda nei confronti della Lucchini, sarebbe evidente che la volontà della Commissione fosse di mantenere un determinato rapporto (1:3) tra il fatturato della Lucchini e il fatturato dell’impresa più grande (la Feralpi). Di conseguenza, non sarebbe chiaro perché la Commissione non ha voluto mantenere un rapporto analogo tra la Lucchini e la seconda tra le imprese più grandi che hanno partecipato al cartello, la Valsabbia.

347    Anche un simile argomento dev’essere respinto, per le ragioni esposte al punto 329 supra. In ogni caso, non è possibile ritenere che la Commissione non abbia tenuto conto delle dimensioni e delle risorse complessive della Lucchini, dato che, nonostante un importo di partenza dell’ammenda della Lucchini pari a EUR 3,5 milioni (inferiore a quello della Valsabbia, pari a EUR 5 milioni), l’importo finale dell’ammenda inflitta alla Lucchini è stato determinato in EUR 14,35 milioni, vale a dire, superiore di circa il 30% a quello della Valsabbia, che è stato determinato in EUR 10,25 milioni.

348    In considerazione di quanto precede, occorre respingere la presente censura nonché il secondo capo del motivo in esame.

 Sull’esistenza di circostanze attenuanti

349    Le ricorrenti ricordano che, secondo gli orientamenti del 1998, la Commissione può applicare una riduzione dell’importo di base per circostanze attenuanti particolari, quali il ruolo esclusivamente passivo o emulativo nella realizzazione dell’infrazione o, ancora, la non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche illecite.

350    Si deve ricordare che, ai sensi del punto 3 degli orientamenti del 1998, il ruolo esclusivamente passivo o emulativo di un’impresa nella realizzazione dell’infrazione costituisce, laddove dimostrato, una circostanza attenuante, con la precisazione che tale ruolo passivo implica l’adozione da parte dell’impresa considerata di un «profilo basso», vale a dire una mancanza di partecipazione attiva all’elaborazione dell’accordo o degli accordi anticoncorrenziali. Tra gli elementi idonei a rivelare il ruolo passivo di un’impresa all’interno di un’intesa, possono essere presi in considerazione la sporadicità sempre più evidente delle sue partecipazioni alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell’intesa, come pure il fatto di essere giunta tardi nel mercato oggetto dell’infrazione, indipendentemente dalla durata della sua partecipazione a quest’ultima, oppure, ancora, il rilascio di dichiarazioni in tal senso da parte di rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 9 luglio 2003, Cheil Jedang/Commissione, T‑220/00, Racc. pag. II‑2473, punti 167 e 168; del 30 settembre 2009, Arkema/Commissione, T‑168/05, non pubblicata nella Raccolta, punti 148 e 149, e del 27 giugno 2012, Berning & Söhne/Commissione, T‑445/07, non pubblicata nella Raccolta, punto 217).

351    Inoltre, gli orientamenti del 1998 prevedono, al loro punto 3, che la mancata applicazione di fatto degli accordi può, a sua volta, costituire una circostanza attenuante. A tal fine, occorre riverificare se le circostanze dedotte dalle ricorrenti siano tali da dimostrare che, durante il periodo in cui essa ha aderito agli accordi illeciti, essa si è effettivamente sottratta alla loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato o, quantomeno, che essa abbia violato in modo palese e significativo gli obblighi miranti ad attuare tale intesa, al punto di aver perturbato lo stesso funzionamento della stessa (sentenza KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 239 supra, punti 93 e 96; sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2004, Dalmine/Commissione, T‑50/00, Racc. pag. II‑2395, punto 292; del 15 marzo 2006, Daiichi Pharmaceutical/Commissione, T‑26/02, Racc. pag. II‑713, punto 113, e Carbone-Lorraine/Commissione, cit. al punto 229 supra, punto 196).

352    A tal riguardo, un’impresa che, pur essendo collusa con i propri concorrenti, segua una politica più o meno indipendente sul mercato può semplicemente tentare di utilizzare l’intesa a proprio vantaggio. Se in tal caso le fossero riconosciute circostanze attenuanti, sarebbe troppo semplice per le imprese minimizzare il rischio di dover pagare un’ammenda ingente, poiché potrebbero approfittare di un’intesa illecita e beneficiare in seguito di una riduzione dell’ammenda per il fatto di aver svolto solo un ruolo limitato nell’attuazione dell’infrazione, benché il loro atteggiamento abbia istigato altre imprese a comportarsi in maniera più dannosa per la concorrenza (sentenza KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 239 supra, punti 94 e 96; sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2004, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, T‑44/00, Racc. pag. II‑2223, punti 277 e 278, e Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 256 supra, punto 491).

353    Sotto un primo profilo, le ricorrenti sostengono che la Commissione sembra riconoscere, nella decisione impugnata (punto 176 e nota a piè di pagina 303), che la Valsabbia non ha fornito i dati richiesti dalla Federacciai e dalla Leali per mettere a punto un sistema di controllo della produzione, rifiutandosi di fornire i propri dati individuali dall’ottobre 1995 fino al settembre 1996. Inoltre, la circostanza che in diverse occasioni la Valsabbia non ha aumentato i propri prezzi degli extra congiuntamente alle altre parti non sarebbe stata presa in considerazione dalla Commissione in sede di determinazione dell’ammenda (punti 199, 200 e 213 della decisione impugnata). Ancora, durante il procedimento la medesima impresa avrebbe dimostrato, senza essere smentita dalla Commissione, di non avere applicato i prezzi indicati dalla Federacciai o dalla Leali se non in rarissime occasioni e di essersi dissociata dalle attività della Federacciai o della Leali pubblicando listini con prezzi più bassi di quelli raccomandati, di aver incrementato costantemente sia la produzione che le vendite almeno fino al 1999 e di aver investito nell’apparato produttivo al fine di rafforzare la propria posizione competitiva e di incrementare la produzione. Orbene, la Commissione non avrebbe tenuto conto di alcuno di questi fattori nella decisione impugnata, né avrebbe illustrato i motivi alla base di tale scelta.

354    In primo luogo, le ricorrenti non possono far valere, al fine di beneficiare di una circostanza attenuante in base alla condotta asseritamente passiva della Valsabbia, né il fatto che essa non abbia fornito i dati richiesti dalla Federacciai e dalla Leali per mettere a punto un sistema di controllo della produzione né la asserita mancanza occasionale di aumenti degli extra di dimensione.

355    Infatti, non è sufficiente che, durante taluni periodi dell’intesa, o rispetto a taluni accordi di quest’ultima, l’impresa interessata abbia adottato un «basso profilo» (v., in tal senso, sentenze Jungbunzlauer/Commissione, cit. al punto 171 supra, punto 254, e Carbone-Lorraine/Commissione, cit. al punto 229 supra, punto 179). Così, l’approccio consistente nel separare la valutazione del comportamento di un’impresa a seconda dello scopo degli accordi o delle pratiche concordate di cui trattasi risulta quantomeno teorico allorché questi ultimi rientrino in una strategia generale, che determina gli orientamenti dei membri dell’intesa sul mercato e limita la loro libertà commerciale, mirante, come nella fattispecie, a perseguire uno scopo anticoncorrenziale identico e uno scopo economico unico, vale a dire falsare l’andamento normale dei prezzi e restringere la concorrenza nel mercato di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Carbone-Lorraine/Commissione, punto 229 supra, punto 180).

356    In secondo luogo, le ricorrenti non possono far valere, ai fini di ottenere una riduzione dell’ammenda, che la Valsabbia si è dissociata, in più occasioni, dalle altre imprese. Infatti, quando un’impresa abbia partecipato, pur senza svolgervi un ruolo attivo, ad una o più riunioni aventi un obiettivo anticoncorrenziale, essa va considerata come parte dell’intesa, salvo che dimostri di aver chiaramente preso le distanze dall’accordo illecito. Infatti, presenziando alle riunioni, l’impresa aderisce o per lo meno fa credere agli altri partecipanti di aderire, in linea di principio, al contenuto dell’accordo anticoncorrenziale ivi concluso (v. sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2008, Lafarge/Commissione, T‑54/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 767, e la giurisprudenza ivi citata) (v. anche punto 214 supra).

357    A tal riguardo, il fatto che un’impresa – di cui sia dimostrata la partecipazione a una concertazione con le sue concorrenti – non abbia adeguato il proprio comportamento sul mercato a quello concordato con le sue concorrenti non costituisce necessariamente un elemento da prendere in considerazione alla stregua di circostanza attenuante in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere. Infatti, come ricordato ai punti 351 e 352 supra, un’impresa che, pur essendo collusa con i propri concorrenti, segua una politica più o meno indipendente sul mercato, può semplicemente tentare di utilizzare l’intesa a proprio vantaggio. Di conseguenza, occorre respingere l’argomento della Valsabbia vertente sull’asserito aumento della sua produzione.

358    In secondo luogo, la Valsabbia sarebbe un’impresa a conduzione familiare, che non dispone di un servizio giuridico e di infrastrutture giuridico-economiche tali da consentirle di essere maggiormente consapevole del carattere di infrazione del suo comportamento e delle conseguenze dello stesso sotto il profilo del diritto della concorrenza.

359    Tuttavia, come sottolineato dalla Commissione al punto 596 della decisione impugnata, dopo la fine dello stato di crisi manifesta, gli operatori del settore siderurgico non potevano nutrire dubbi ragionevoli sulle conseguenze dei comportamenti restrittivi della concorrenza che avevano messo in atto, tanto più che alcune comunicazioni della Federacciai recavano già nel 1995 la menzione «da distruggere dopo presa visione», il che non lascia alcun dubbio circa il loro carattere illecito.

360    In considerazione di quanto precede, occorre respingere il terzo capo del motivo in esame.

 Sulla durata del procedimento

361    Le ricorrenti ricordano che l’osservanza, da parte della Commissione, di un termine ragionevole nell’adozione di decisioni al termine di procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, del quale il giudice dell’Unione assicura il rispetto. Nel caso di specie, il procedimento che ha portato alla decisione impugnata sarebbe stato estremamente lungo. Innanzitutto, l’esame dei ricorsi per l’annullamento della decisione del 2002 avrebbe richiesto cinque anni. A seguito della relativa sentenza, la Commissione avrebbe impiegato due anni per riadottare la decisione, pur riproponendo le stesse motivazioni e le medesime ammende e pur non avendo dato alle parti la possibilità di rispondere a una nuova comunicazione degli addebiti. Tale durata eccessiva avrebbe pregiudicato il diritto delle ricorrenti ad avere accesso ad un giudizio imparziale in tempi congrui. Nella loro replica, le ricorrenti affermano che la durata eccessiva dell’intero procedimento – amministrativo e giurisdizionale – sarebbe imputabile alla Comunità, intesa come insieme delle sue istituzioni, in quanto non è stata in grado di garantire alle parti l’adozione di una decisione in tempi congrui.

362    Interrogate al riguardo durante l’udienza, le ricorrenti hanno indicato che il loro motivo di ricorso riguardava esclusivamente la durata del procedimento amministrativo.

363    Si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, del quale i giudici dell’Unione assicurano il rispetto (v. sentenza della Corte del 19 dicembre 2012, Bavaria/Commissione, C‑445/11 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 77, e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale del 16 giugno 2011, Bavaria/Commissione, T‑235/07, Racc. pag. II‑3229, punto 316).

364    Sempre per giurisprudenza costante, il carattere ragionevole della durata di un procedimento amministrativo dev’essere valutato alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso, e, in particolare, del contesto in cui esso si inserisce, delle varie fasi procedurali espletate, della complessità del caso nonché degli interessi delle diverse parti interessate (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, punto 128 supra, punto 187; sentenze del Tribunale del 16 settembre 1999, Partex/Commissione, T‑182/96, Racc. pag. II‑2673, punto 177, e del 30 settembre 2003, Aristoteleio Panepistimio Thessalonikis/Commissione, T‑196/01, Racc. pag. II‑3987, punto 230).

365    Inoltre, si deve ricordare che il superamento del termine ragionevole, anche ammettendo che sia dimostrato, non giustifica necessariamente l’annullamento della decisione. Infatti, quanto all’applicazione delle regole di concorrenza, il superamento del termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento, nel caso di una decisione che constata la sussistenza d’infrazioni, solo qualora sia provato che la violazione di tale principio ha pregiudicato i diritti della difesa delle imprese interessate. Al di fuori di questa specifica ipotesi, il mancato rispetto dell’obbligo di decidere entro un termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo a norma del regolamento n. 17 e del regolamento n. 1/2003 (sentenze della Corte del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417, punto 49, e Technische Unie/Commissione, punto 193 supra, punti 47 e 48; sentenza del Tribunale del 18 giugno 2008, Hoechst/Commissione, T‑410/03, Racc. pag. II‑881, punto 227).

366    Tuttavia, una violazione di questo tipo può indurre il Tribunale a ridurre l’importo dell’ammenda inflitta (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2011, Bavaria/Commissione, cit. al punto 363 supra, punto 340).

367    Nella fattispecie, la comunicazione degli addebiti è stata trasmessa alla Valsabbia il 26 marzo 2002, vale a dire circa 20 mesi dopo la conclusione dell’infrazione, avvenuta nel luglio 2000, e 17 mesi dopo l’avvio dell’indagine, nell’ottobre 2000. La Commissione ha adottato la comunicazione degli addebiti supplementari il 12 agosto 2002, ossia cinque mesi più tardi. Quanto alla decisione del 2002, essa è stata emessa il 17 dicembre 2002, vale a dire nove mesi dopo la comunicazione degli addebiti e quattro mesi dopo la comunicazione degli addebiti supplementari.

368    Una durata simile non può, nelle circostanze del caso di specie, essere considerata eccessiva. Al riguardo, è sufficiente rilevare che si trattava di un’indagine che coinvolgeva varie imprese ed comportava l’esame di un grande numero di questioni di fatto e di diritto, in particolare legate alla scadenza del trattato CECA.

369    Per quanto concerne il procedimento giurisdizionale avviato con il ricorso delle ricorrenti avverso la decisione del 2002, va rilevato che il periodo durante il quale il giudice dell’Unione ha esaminato la legittimità della decisione del 2002 non deve essere preso in considerazione per determinare la durata del procedimento dinanzi alla Commissione (v., in tal senso, sentenze del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 146 supra, punto 123, e Imperial Chemical Industries/Commissione, cit. al punto 140 supra, punto 102).

370    Infine, riguardo alla durata del procedimento amministrativo compresa tra la pronuncia della sentenza SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, il 25 ottobre 2007, e l’adozione della prima decisione, il 30 settembre 2009, modificata l’8 dicembre 2009, pari a circa due anni, si deve constatare che tale durata non eccede il termine ragionevole. Sebbene la Commissione si sia basata sulle medesime censure, essa, in seguito alla sentenza SP e a./Commissione, citata al punto 24 supra, ha completato la sua decisione mediante una valutazione giuridica dettagliata delle conseguenze giuridiche della scadenza del trattato CECA alla luce delle sentenze SP e a./Commissione, citata al punto 24 supra, ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, citate al punto 84 supra (punti da 342 a 398 della decisione impugnata).

371    In data 30 giugno 2008, essa ha anche inviato alle imprese interessate una lettera al fine di informarle della sua intenzione di riadottare la decisione del 2002, previa correzione della base giuridica, contestualmente invitando le parti a presentare eventuali osservazioni entro il termine di un mese (punto 123 della decisione impugnata).

372    Dopo aver esaminato l’insieme delle osservazioni delle imprese coinvolte, la Commissione ha altresì trasmesso loro, fra il mese di luglio e quello di settembre 2008, talune domande di informazioni, e l’ultima risposta da parte delle imprese è ad essa pervenuta nel settembre 2008. Talune nuove richieste di informazioni sono state indirizzate alle imprese tra il mese di giugno e quello di luglio 2009. Infine, il comitato consultivo è stato consultato nel settembre 2009.

373    In considerazione di tali elementi, non è possibile ritenere che, nel caso di specie, il procedimento amministrativo abbia avuto una durata eccessiva.

374    Da ciò consegue che il presente capo dev’essere respinto, così come il motivo in esame.

375    Sulla scorta di quanto precede, si devono integralmente respingere le richieste di annullamento. Inoltre, per quanto riguarda la domanda, formulata in via subordinata, volta alla modificazione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti, non sussistono, sempre alla luce delle suesposte considerazioni, i presupposti perché il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, possa accogliere siffatta domanda.

 Sulle spese

376    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

377    Le ricorrenti, essendo rimaste soccombenti, vanno condannate alle spese del presente giudizio, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Ferriera Valsabbia SpA e la Valsabbia Investimenti SpA sono condannate alle spese.

Martins Ribeiro

Popescu

Berardis

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 dicembre 2014.

Firme

Indice


Contesto normativo

Disposizioni del Trattato CECA

Disposizioni del Trattato CE

Regolamento (CE) n. 1/2003

Regolamento (CE) n. 773/2004

Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

Oggetto della controversia

Fatti

Prima decisione

Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

Decisione di modifica

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Osservazioni preliminari

Sull’asserita violazione del principio di collegialità

Sul motivo vertente su un eccesso di potere della Commissione

Sul motivo vertente su una violazione dei diritti della difesa

Sulla violazione dell’articolo 10 del regolamento n. 773/2004 a causa del mancato invio di una nuova comunicazione degli addebiti

Sulla violazione degli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 14 del regolamento n. 773/2004, a motivo dell’impossibilità delle ricorrenti di comunicare il loro punto di vista agli Stati membri

Sul motivo vertente sulla violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA

Sull’unicità dell’intesa

Sulla continuità dell’intesa

Sul motivo vertente sulla violazione degli orientamenti del 1998, dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità e dell’obbligo di motivazione nella valutazione della condotta della Valsabbia e nella fissazione dell’importo dell’ammenda

Osservazioni preliminari

Sulla fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda

– Sull’estensione geografica del mercato in esame

– Sull’impatto dell’intesa sul mercato

– Sulla pressione concorrenziale esercitata da altri prodotti sul mercato del tondo per cemento armato

– Sul cambiamento della natura dell’intesa nel corso del tempo

– Sulla mancata riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione della grave crisi che ha colpito il settore

Sull’illegittimità della quantificazione della sanzione inflitta alle ricorrenti

– Sull’erronea determinazione del peso specifico delle ricorrenti sul mercato

– Sull’applicazione non omogenea del criterio della dimensione complessiva delle imprese

Sull’esistenza di circostanze attenuanti

Sulla durata del procedimento

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.