Language of document : ECLI:EU:T:2014:1035

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

9 dicembre 2014(*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato in barre o in rotoli – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Fissazione dei prezzi e dei termini di pagamento – Limitazione o controllo della produzione o delle vendite – Violazione delle forme sostanziali – Competenza della Commissione – Diritti della difesa – Accertamento dell’infrazione – Ammende – Recidiva – Circostanze attenuanti – Cooperazione – Competenza giurisdizionale estesa al merito»

Nella causa T‑90/10,

Ferriere Nord SpA, con sede in Osoppo (Italia), rappresentata da W. Viscardini e G. Donà, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da R. Sauer e B. Gencarelli, successivamente da M. Sauer e R. Striani, in qualità di agenti, assistiti da M. Moretto, avvocato,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 65 [CA] (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), come modificata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009, e, in via subordinata, una domanda di annullamento parziale della suddetta decisione e una domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da M.E. Martins Ribeiro (relatore), facente funzione di presidente, A. Popescu e G. Berardis, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 giugno 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1.     Disposizioni del Trattato CECA

1        L’articolo 36 CA prevedeva quanto segue:

«La Commissione, prima di adottare una delle sanzioni pecuniarie o di fissare una delle penalità previste dal presente Trattato, deve porre l’interessato in grado di presentare le sue osservazioni.

Le sanzioni pecuniarie e le penalità inflitte in virtù delle disposizioni del presente Trattato possono formare oggetto di ricorso di piena giurisdizione.

I ricorrenti possono opporre, a sostegno di tale ricorso, nei modi previsti dal primo comma dell’articolo 33 del presente Trattato, l’irregolarità delle decisioni e delle raccomandazioni di cui viene loro addebitata l’inosservanza».

2        L’articolo 47 CA era del seguente tenore:

«La Commissione può raccogliere le informazioni necessarie, per l’adempimento dei suoi compiti. Essa può far compiere le verifiche necessarie.

La Commissione è tenuta a non divulgare le informazioni che, per la loro natura, sono tutelate dal segreto professionale, e in particolare le informazioni relative ad imprese e che concernano le loro relazioni commerciali o gli elementi dei costi. Con tale limitazione deve pubblicare i dati che possano essere utili ai governi o a ogni altro interessato.

La Commissione può applicare, nei confronti delle imprese che avessero a sottrarsi agli obblighi loro risultanti da decisioni prese in applicazione delle disposizioni del presente articolo o che avessero a fornire scientemente false informazioni, ammende, il cui ammontare massimo sarà dell’1% del volume annuo degli affari, e penalità di mora, nella misura massima del 5% del volume degli affari medio giornaliero, per ogni giorno di ritardo.

Qualsiasi violazione del segreto professionale da parte della Commissione, che abbia causato danno a un’impresa, potrà essere oggetto d’azione di indennizzo avanti la Corte, nei modi previsti all’articolo 40».

3        L’articolo 65 CA così disponeva:

«1. Sono proibiti gli accordi tra imprese, le decisioni da parte di associazioni di aziende ed i sistemi concordati che tendano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza ed in particolare:

a)      a fissare o determinare i prezzi;

b)      a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)      a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento.

(…)

4. Gli accordi o le decisioni proibiti in forza del paragrafo 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati dinanzi ad alcuna giurisdizione degli Stati membri.

La Commissione ha competenza esclusiva, salvo i ricorsi avanti la Corte, a pronunciarsi sulla conformità con le disposizioni del presente articolo di detti accordi o decisioni.

5. Alle imprese che:

– abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto;

– abbiano applicato o tentato di applicare per via di arbitrato, disdetta, boicottaggio, o qualsiasi altro mezzo, un accordo o una decisione nulli di pieno diritto o un accordo la cui approvazione sia stata rifiutata o revocata;

– abbiano ottenuto il beneficio di una autorizzazione per mezzo di informazioni scientemente false o deformate;

– abbiano messo in atto sistemi contrari alle disposizioni del paragrafo 1;

la Commissione può infliggere ammende e penalità non superiori al doppio della cifra d’affari realizzata coi prodotti che sono stati oggetto dell’accordo, della decisione o dei sistemi contrari alle disposizioni del presente articolo, con la possibilità, se il loro scopo è stato quello di restringere la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, di un aumento del limite massimo così determinato fino al 10% della cifra d’affari annua delle imprese in causa, per quanto riguarda l’ammenda, ed al 20% della cifra d’affari giornaliera, per quanto riguarda le penalità».

4        Ai sensi dell’articolo 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002.

2.     Disposizioni del Trattato CE

5        L’articolo 305, paragrafo 1, CE prevedeva quanto segue:

«Le disposizioni del presente trattato non modificano quelle del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni di tale Comunità e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio».

3.     Regolamento (CE) n. 1/2003

6        A termini dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ai fini «dell’applicazione degli articoli 81 [CE] e 82 [CE], alla Commissione sono attribuite le competenze previste dal presente regolamento».

7        L’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, rubricato «Constatazione ed eliminazione delle infrazioni», così dispone:

«1. Se la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’articolo 81 [CE] o all’articolo 82 [CE], può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata (…) Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata.

(...)».

8        L’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 così dispone:

«La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 [CE] o dell’articolo 82 [CE]».

4.     Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

9        Il 18 giugno 2002, la Commissione delle Comunità europee ha adottato la comunicazione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA (GU C 152, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione del 18 giugno 2002»).

10      Al punto 2 della comunicazione del 18 giugno 2002 è precisato che essa si prefigge:

–        «(…)

–        (...) di sintetizzare per gli operatori economici e gli Stati membri, nella misura in cui essi sono interessati dal trattato CECA e dalla relativa legislazione secondaria, i più importanti cambiamenti che il passaggio al regime CE comporta relativamente alle norme sostanziali e procedurali applicabili,

–        (…) di spiegare come la Commissione intende affrontare questioni specifiche sollevate dal passaggio dal regime CECA al regime CE nei settori dell’antitrust (…), del controllo delle concentrazioni (…) e del controllo degli aiuti di Stato».

11      Il punto 31 della comunicazione del 18 giugno 2002, che figura nella sezione relativa alle questioni specifiche che sorgono con il passaggio dal regime del Trattato CECA al regime del Trattato CE, è così formulato:

«Se la Commissione, nell’applicare il diritto di concorrenza comunitario alle intese, individua una violazione in un settore rientrante nel campo di applicazione del trattato CECA, il diritto sostanziale applicabile sarà, indipendentemente dal momento in cui tale applicazione ha luogo, quello in vigore nel momento in cui si sono verificati i fatti che hanno costituito la violazione. In ogni caso, per quanto riguarda la procedura, dopo la scadenza del Trattato CECA, si applicherà il diritto CE (…)».

 Oggetto della controversia

12      La causa in esame ha ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione) (in prosieguo: la «prima decisione»), come modificata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009, (in prosieguo: la «decisione di modifica») (la prima decisione, come modificata dalla decisione di modifica, è di seguito denominata la «decisione impugnata») e, in subordine, una domanda di annullamento parziale della decisione impugnata e una domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla Ferriere Nord SpA, ricorrente.

13      Nella decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che le seguenti società avevano violato l’articolo 65 CA:

–        Alfa Acciai SpA (in prosieguo: l’«Alfa»);

–        Feralpi Holding SpA (in prosieguo: la «Feralpi»);

–        la ricorrente;

–        IRO Industrie Riunite Odolesi SpA (in prosieguo: la «IRO»);

–        Leali SpA e Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, in liquidazione (in prosieguo: l’«AFLL») (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: la «Leali-AFLL»);

–        Lucchini SpA e SP SpA, in liquidazione (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: la «Lucchini-SP»);

–        Riva Fire SpA (in prosieguo: la «Riva»);

–        Valsabbia Investimenti SpA e Ferriera Valsabbia SpA (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: la «Valsabbia»).

 Presentazione della ricorrente

14      La ricorrente è una società con sede a Osoppo (Italia) che opera nel settore del tondo per cemento armato dall’aprile 1992.

15      Il 30 maggio 2002 la ricorrente ha acquistato le unità di produzione di tondo della SP (punti 87 e 88 della prima decisione).

 Fatti

16      Dall’ottobre al dicembre 2000 la Commissione ha effettuato, conformemente all’articolo 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondo per cemento armato e presso un’associazione d’imprese siderurgiche italiane. Essa ha anche indirizzato loro richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 47 CA (punto 114 della prima decisione).

17      Il 26 marzo 2002, la Commissione ha avviato il procedimento amministrativo e formulato addebiti ai sensi dell’articolo 36 CA (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») (punto 114 della prima decisione). Il 31 maggio 2002 la ricorrente ha formulato le proprie osservazioni scritte in risposta alla comunicazione degli addebiti. Il 13 giugno 2002 si è svolta un’audizione (punto 118 della prima decisione).

18      Il 12 agosto 2002 la Commissione ha formulato addebiti supplementari (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementari»), trasmessa ai destinatari della comunicazione degli addebiti. Nella comunicazione degli addebiti supplementari, fondata sull’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento del Consiglio, del 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), la Commissione ha spiegato la sua posizione quanto alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA. La ricorrente ha presentato osservazioni scritte il 20 settembre 2002 ed il 30 settembre 2002 si è svolta una seconda audizione in presenza dei rappresentanti degli Stati membri.

19      In esito al procedimento, la Commissione ha adottato la decisione C (2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 CA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), nella quale essa ha constatato che le imprese destinatarie di quest’ultima avevano posto in essere un’intesa unica, complessa e continuata sul mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli, che aveva per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e aveva altresì dato luogo ad una limitazione o ad un controllo concordati della produzione o delle vendite, in contrasto con l’articolo 65, paragrafo 1, CA. In tale decisione la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda di importo pari a EUR 3,75 milioni (punto 121 della prima decisione).

20      Il 10 marzo 2003 la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunale avverso la decisione del 2002. Con sentenza del 25 ottobre 2007, Ferriere Nord/Commissione (T‑94/03, non pubblicata nella Raccolta), il Tribunale ha annullato la decisione del 2002. Il Tribunale ha rilevato che, tenuto conto in particolare del fatto che la decisione del 2002 non conteneva alcun riferimento all’articolo 3 e all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17, tale decisione era fondata unicamente sull’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA (sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit., punto 79). Poiché tali disposizioni erano giunte a scadenza il 23 luglio 2002, la Commissione non poteva più trarre da esse, estinte al momento dell’adozione della decisione del 2002, alcuna competenza a constatare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e ad infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato a tale infrazione (sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit., punto 98).

21      Con lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato la ricorrente e le altre imprese interessate della sua intenzione di riadottare una decisione, modificando la base giuridica rispetto a quella prescelta per la decisione del 2002. Essa ha inoltre precisato che, tenuto conto della portata limitata delle sentenze di annullamento della decisione del 2002, la decisione riadottata sarebbe stata fondata sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. Alle imprese interessate è stato assegnato un termine per presentare le loro osservazioni e, con telefax del 1° agosto 2008, la ricorrente ha comunicato i propri commenti (punti 6 e 123 della prima decisione).

22      Con telefax del 24 luglio e del 25 settembre 2008, del 13 marzo, del 30 giugno e del 27 agosto 2009, la Commissione ha chiesto alla ricorrente informazioni relative all’azionariato e alla situazione patrimoniale dell’impresa. La ricorrente ha risposto a tali richieste d’informazioni con lettere rispettivamente del 1° agosto e del 1° ottobre 2008, del 18 marzo, del 1° luglio e dell’8 settembre 2009.

 Prima decisione

23      Il 30 settembre 2009 la Commissione ha adottato la prima decisione, la quale è stata notificata alla ricorrente con lettera del 1° ottobre 2009, accompagnata dalla relazione definitiva del consigliere-auditore (in prosieguo: la «relazione finale»).

24      Nella prima decisione, la Commissione ha constatato che le restrizioni della concorrenza in essa riscontrate traevano origine in un’intesa tra produttori italiani di tondo per cemento armato e tra questi ultimi e la loro associazione, che aveva avuto luogo nel periodo tra il 1989 e il 2000 e che aveva avuto per oggetto o per effetto di fissare o di determinare i prezzi e di limitare o di controllare la produzione o le vendite tramite lo scambio di un ampio numero di informazioni relative al mercato del tondo per cemento armato in Italia (punti 7 e 399 della prima decisione).

25      Per quanto riguarda la valutazione giuridica dei comportamenti di cui trattasi nel caso di specie, in primo luogo, ai punti da 353 a 369 della prima decisione, la Commissione ha sottolineato che il regolamento n. 1/2003 doveva essere interpretato nel senso che esso le consentiva di constatare e di sanzionare, dopo il 23 luglio 2002, le intese nei settori rientranti ratione materiae e ratione temporis nell’ambito di applicazione del Trattato CECA. Al punto 370 della prima decisione, essa ha indicato che la medesima decisione era stata adottata conformemente alle norme procedurali del Trattato CE e del regolamento n. 1/2003. Ai punti da 371 a 376 della prima decisione, la Commissione ha peraltro ricordato che i principi disciplinanti la successione delle norme nel tempo potevano condurre all’applicazione di disposizioni sostanziali non più in vigore al momento dell’adozione di un atto da parte di un’istituzione dell’Unione europea, fatta salva l’applicazione del principio generale della lex mitior, in forza del quale una persona non può essere sanzionata per un fatto che non costituisce un illecito ai sensi della legislazione entrata in vigore successivamente. Essa è giunta alla conclusione che, nel caso di specie, il Trattato CE non era in concreto più favorevole del Trattato CECA e che, di conseguenza, il principio della lex mitior non avrebbe comunque potuto essere validamente invocato per contestare l’applicazione del Trattato CECA ai comportamenti in esame nella specie.

26      In secondo luogo, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, anzitutto, la Commissione ha rilevato che l’intesa aveva per oggetto la fissazione dei prezzi in funzione della quale era stata concordata anche la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite. Secondo la Commissione, per quanto riguarda la fissazione dei prezzi, l’intesa si era concretizzata essenzialmente negli accordi e nelle pratiche concordate riguardanti il prezzo base nel periodo dal 15 aprile 1992 al 4 luglio 2000 (e, fino al 1995, negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti i termini di pagamento) e negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti gli «extra» nel periodo dal 6 dicembre 1989 al 1º giugno 2000 (punti 399 e 400 della prima decisione).

27      Per quanto riguarda, poi, gli effetti sul mercato delle pratiche restrittive di cui trattasi, la Commissione ha indicato che, trattandosi di un’intesa il cui obiettivo era quello di impedire, limitare o alterare il gioco normale della concorrenza, non era necessario verificare se essa avesse prodotto effetti sul mercato (punto 512 della prima decisione). Essa ha nondimeno ritenuto che l’intesa avesse avuto effetti concreti sul mercato (punti da 513 a 518 della prima decisione). In particolare, la Commissione ha concluso che l’intesa aveva influenzato il prezzo di vendita praticato dai produttori di tondo per cemento armato in Italia, sebbene le misure adottate nell’ambito dell’intesa non avessero sempre portato immediatamente ai risultati auspicati dalle imprese che vi partecipavano. Inoltre, secondo la Commissione, possono esserci stati fenomeni con effetti differiti. Peraltro, le imprese di cui trattasi rappresentavano all’incirca il 21% del mercato italiano del tondo per cemento armato nel 1989, il 60% nel 1995 e all’incirca l’83% nel 2000, il che indicherebbe un effetto crescente sul mercato degli aumenti di prezzi concordati. Infine, la Commissione ha sottolineato che il fatto che, dal 1989, le iniziative adottate in tale settore fossero comunicate a tutti i produttori di tondo per cemento armato aveva accresciuto l’importanza di tali effetti anche nei primi anni dell’intesa (punto 519 della prima decisione).

28      In terzo luogo, la Commissione ha individuato i destinatari della prima decisione. Per quanto riguarda la ricorrente, al punto 533 della prima decisione, la Commissione ha indicato che essa era la stessa impresa, nonché la stessa persona giuridica con la stessa denominazione sociale, attiva anche nel settore del tondo per cemento armato a partire dall’aprile 1992, la quale aveva posto in essere i comportamenti oggetto della prima decisione e che le veniva pertanto imputata la responsabilità di tali comportamenti.

29      In quarto luogo, la Commissione ha considerato che l’articolo 65, paragrafo 2, CA e l’articolo 81, paragrafo 3, CE non erano applicabili al caso di specie (punti da 567 a 570 della prima decisione). Essa ha altresì sottolineato che le norme in materia di prescrizione enunciate all’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 non le impedivano di adottare la prima decisione (punti da 571 a 574 della prima decisione).

30      In quinto luogo, per quanto riguarda il calcolo dell’importo delle ammende inflitte nel caso di specie, la Commissione ha indicato che, in forza dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, essa poteva infliggere ammende alle imprese che avevano violato le norme sulla concorrenza. Poiché il limite massimo delle ammende previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 è diverso da quello fissato dall’articolo 65, paragrafo 5, CA, la Commissione ha indicato che avrebbe applicato il limite più basso, conformemente al principio della lex mitior (punto 576 della prima decisione). Essa ha altresì indicato che, conformemente a quanto da essa comunicato alle imprese interessate con lettera del 30 giugno 2008, aveva deciso di applicare, nel caso di specie, gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»). Essa ha aggiunto che, nel caso di specie, tuttavia, avrebbe tenuto conto del fatto che, al momento dell’adozione della decisione del 2002, aveva già deciso in ordine all’importo delle ammende che intendeva infliggere alle imprese interessate (punti 579 e 580 della prima decisione).

31      Anzitutto, la Commissione ha considerato che un’intesa avente per oggetto la fissazione dei prezzi, attuata in vari modi, segnatamente facendo ricorso alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, costituiva un’infrazione molto grave al diritto della concorrenza dell’Unione (punto 591 della prima decisione). La Commissione ha respinto gli argomenti delle imprese interessate secondo cui la gravità dell’infrazione sarebbe attenuata alla luce dei limitati effetti concreti sul mercato e del contesto economico in cui le suddette imprese operavano (punti da 583 a 596 della prima decisione). Secondo la Commissione, nonostante il carattere molto grave dell’infrazione, essa ha tenuto conto, nel fissare l’importo di base dell’ammenda, delle caratteristiche specifiche di questo caso, segnatamente del fatto che esso riguardava un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, alla particolare normativa del Trattato CECA e del quale le imprese destinatarie della decisione rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata (punto 599 della prima decisione).

32      Successivamente, la Commissione ha considerato il peso specifico di ciascuna impresa e ha classificato le medesime in funzione della loro importanza relativa sul mercato in questione. Dato che le quote di mercato relative ottenute dalle destinatarie della prima decisione nel corso dell’ultimo anno intero dell’infrazione (1999) non erano state considerate dalla Commissione come rappresentative della presenza effettiva di queste ultime sul mercato rilevante nel periodo di riferimento, la Commissione ha distinto, sulla base delle quote di mercato medie nel periodo 1990‑1999, tre gruppi d’imprese, ossia, in primo luogo, la Feralpi e la Valsabbia, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 5 milioni, in secondo luogo, la Lucchini‑SP, l’Alfa, la Riva e la Leali‑AFLL, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 3,5 milioni, e, in terzo luogo, la IRO e la Ferriere Nord, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 1,75 milioni (punti da 599 a 602 della prima decisione).

33      Al fine di assicurare all’ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo, la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda della Lucchini‑SP del 200% e quello della Riva del 375% (punti 604 e 605 della prima decisione).

34      Inoltre, la Commissione ha ritenuto che l’intesa si fosse protratta dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000. Per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente all’infrazione, la Commissione ha rilevato che essa si era protratta dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000. Ha tuttavia sottolineato che, dal 13 giugno 1995 al 27 settembre 1998, la Ferriere Nord non aveva partecipato alla parte dell’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite (punto 606 della prima decisione).

35      Poiché l’infrazione è durata oltre dieci anni e sei mesi per l’insieme delle imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, l’importo di partenza dell’ammenda è stato aumentato del 105% per tutte le imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, il cui importo di partenza è stato maggiorato del 70%. Gli importi di base delle ammende sono quindi stati fissati nel seguente modo:

–        Feralpi: EUR 10,25 milioni;

–        Valsabbia: EUR 10,25 milioni;

–        Lucchini-SP: EUR 14,35 milioni;

–        Alfa: EUR 7,175 milioni;

–        Riva: EUR 26,9 milioni;

–        Leali-AFLL: EUR 7,175 milioni;

–        IRO: EUR 3,58 milioni;

–        Ferriere Nord: EUR 2,97 milioni (punti 607 e 608 della prima decisione).

36      Per quanto concerne, poi, le circostanze aggravanti, la Commissione ha rilevato che la Ferriere Nord era già stata destinataria di una decisione della Commissione, adottata il 2 agosto 1989, per la sua partecipazione ad un’intesa riguardante la fissazione dei prezzi e la limitazione delle vendite nel settore delle reti elettrosaldate ed ha aumentato del 50% l’importo di base della sua ammenda. La Commissione non ha applicato alcuna circostanza attenuante (punti da 609 a 623 della prima decisione).

37      In quinto luogo, per quanto riguarda l’applicazione della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4) (in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 1996»), la Commissione ha affermato che la Ferriere Nord le aveva fornito indicazioni utili che le hanno consentito di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa prima dell’invio della comunicazione degli addebiti, sicché le ha concesso una riduzione del 20% dell’importo dell’ammenda inflittale. La Commissione ha considerato che le altre imprese interessate non avessero soddisfatto le condizioni della suddetta comunicazione (punti da 633 a 641della prima decisione).

38      Il dispositivo della prima decisione è così formulato:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 65, paragrafo 1, [CA] partecipando, nei periodi indicati, a un accordo continuato e/o pratiche concertate riguardanti il tondo per cemento armato in barre o in rotoli, aventi per oggetto e/o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione e/o il controllo della produzione o delle vendite nel mercato comune:

–        [Leali/AFLL], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Alfa], dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000;

–        [Valsabbia Investimenti e Ferriera Valsabbia], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Feralpi], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [IRO], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Lucchini‑SP], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Riva], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Ferriere Nord], dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000;

Articolo 2

Le seguenti ammende sono inflitte per le infrazioni di cui all’articolo 1:

–        [Alfa]: EUR 7,175 milioni;

–        [Feralpi]: EUR 10,25 milioni;

–        [Ferriere Nord]: EUR 3,57 milioni;

–        [IRO]: EUR 3,58 milioni;

–        [Leali e AFLL], solidalmente: EUR 6,093 milioni;

–        [Leali]: EUR 1,082 milioni;

–        [Lucchini e SP], solidalmente: EUR 14,35 milioni;

–        [Riva]: EUR 26,9 milioni;

–        [Valsabbia Investimenti e Ferriera Valsabbia], solidalmente: EUR 10,25 milioni;

(…)».

 Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

39      Con lettere inviate tra il 20 e il 23 novembre 2009, otto delle undici società destinatarie della prima decisione, ovvero la ricorrente, la Riva, la Feralpi, la Lucchini, l’Alfa, la Ferriera Valsabbia, la Valsabbia Investimenti e l’IRO, hanno segnalato alla Commissione che l’allegato della prima decisione, quale notificata ai suoi destinatari, non conteneva le tabelle che illustravano le variazioni di prezzo.

40      Il 24 novembre 2009 i servizi della Commissione hanno informato tutti i destinatari della prima decisione che avrebbero provveduto affinché una decisione contenente le suddette tabelle fosse loro notificata. Essi hanno altresì precisato che i termini applicabili al pagamento dell’ammenda e ad un eventuale ricorso giurisdizionale avrebbero iniziato a decorrere dalla data di notifica della «decisione completa».

 Decisione di modifica

41      L’8 dicembre 2009 la Commissione ha adottato la decisione di modifica, che integrava nel suo allegato le tabelle mancanti e correggeva i riferimenti numerati alle suddette tabelle in otto note a piè di pagina. La decisione di modifica è stata notificata alla ricorrente il 9 dicembre 2009.

42      Il dispositivo della decisione di modifica recava modifica delle note a piè di pagina nn. 102, 127, 198, 264, 312, 362, 405 e 448 della prima decisione. Le tabelle contenute in allegato della decisione di modifica sono state aggiunte come allegati della prima decisione.

 Procedimento e conclusioni delle parti

43      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 febbraio 2010, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

44      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare, ex articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, la decisione della Commissione europea C (2009) 7492 definitivo, del 30 settembre 2009, come modificata e completata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo, dell’8 dicembre 2009, notificata il 9 dicembre 2009 – con la quale, in esito ad un procedimento di applicazione dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), la Commissione ha condannato la ricorrente a pagare un’ammenda di un importo pari a EUR 3 570 000;

–        in subordine, annullare parzialmente la decisione C (2009) 7492 definitivo – come modificata e completata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo – con conseguente riduzione dell’importo dell’ammenda;

–        in ogni caso, condannare la Commissione europea alle spese.

45      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere integralmente il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

46      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento in questa causa.

47      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 12 giugno 2013.

48      All’udienza, il Tribunale ha chiesto alla Commissione di produrre taluni documenti. La ricorrente ha esposto proprie osservazioni in relazione a tali documenti. Anche la Commissione è stata sentita. La fase orale del procedimento è stata quindi chiusa.

 In diritto

49      Occorre rilevare, in via preliminare, che il presente ricorso contiene due capi di conclusioni, vale a dire, in via principale, una domanda di annullamento della decisione impugnata e, in subordine, sostanzialmente, una domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente.

50      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce dieci motivi. I primi cinque motivi sono sollevati a sostegno delle conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata, mentre gli ultimi cinque sono dedotti a sostegno delle conclusioni dirette alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente. Il primo motivo verte sull’incompetenza della Commissione. Il secondo verte sul mancato invio preliminare di una nuova comunicazione degli addebiti. Il terzo verte sulla mancata audizione da parte del consigliere‑auditore. Il quarto verte sulla posteriorità della relazione finale rispetto all’adozione della decisione impugnata. Il quinto verte sull’eventuale adozione di un testo sprovvisto degli allegati ivi menzionati. Il sesto verte su errori di diritto nella valutazione dei fatti. Il settimo verte sul carattere sproporzionato dell'importo dell’ammenda rispetto alla gravità e alla durata dell’intesa. L’ottavo verte sull’illegittimità della maggiorazione dell’importo dell’ammenda a titolo di recidiva. Il nono verte sul mancato riconoscimento di circostanze attenuanti diverse da quelle previste dalla comunicazione sulla cooperazione del 1996. Il decimo, infine, verte sull’erronea applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 1996.

1.     Sulle conclusioni dirette ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata

 Sul motivo vertente sull’incompetenza della Commissione

51      La ricorrente sostiene che, dopo la scadenza del Trattato CECA, la Commissione, in forza del principio delle competenze di attribuzione, non aveva più il potere di sanzionare violazioni dell’articolo 65, paragrafo 1, CA.

52      In primo luogo, in base alla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969, solo disposizioni adottate a tal fine secondo le forme tradizionali del diritto internazionale e dunque da parte degli Stati membri avrebbero potuto preordinare una transizione tra i Trattati CECA e CE. La mancanza di siffatte disposizioni transitorie in materia di norme sulla concorrenza non potrebbe essere interpretata come un «assenso implicito» all’attribuzione alla Commissione del potere di sanzionare le infrazioni al Trattato CECA dopo la scadenza di quest’ultimo.

53      In secondo luogo, l’appartenenza della Comunità europea del carbone e dell’acciaio della Comunità europea al medesimo ordinamento giuridico non sarebbe sufficiente per attribuire alle istituzioni competenze non espressamente previste in materia di sanzioni, poiché né il Trattato CE né il Trattato UE, quale modificato dal Trattato di Lisbona, contengono disposizioni che assegnano alla Commissione il potere di perseguire e sanzionare le infrazioni alle norme del Trattato CECA e la fusione delle tre Comunità non è mai stata realizzata.

54      In terzo luogo, la Commissione non potrebbe avvalersi dei poteri ad essa conferiti dal regolamento n. 1/2003 per sanzionare una violazione del Trattato CECA, in quanto tale regolamento le attribuirebbe poteri unicamente per sanzionare violazioni degli articoli 81 CE e 82 CE. Anche se il principio delle competenze di attribuzione non escludeva competenze implicite, in materia di sanzioni ciò non sarebbe possibile in virtù del principio di legalità dei reati e delle pene.

55      Il regolamento n. 1/2003 configurerebbe una base giuridica unicamente per le sanzioni delle infrazioni che presentino le caratteristiche previste dall’articolo 81 CE. Il suddetto regolamento non permetterebbe dunque alla Commissione di sanzionare intese che non arrechino pregiudizio agli scambi tra gli Stati membri, il che è quanto si verificherebbe nel caso di specie, in quanto l’intesa sarebbe stata limitata al solo mercato italiano. L’errore di fondo della Commissione sarebbe stato quello di ritenere che il potere di infliggere sanzioni previste dal regolamento n. 1/2003 derivi da una norma di procedura, mentre la norma che prevede la sanzione avrebbe lo stesso carattere sostanziale di quella che individua l’illegittimità che si tratta di sanzionare. In proposito, all’udienza la ricorrente ha precisato che un’intesa ricadente nell’ambito di applicazione del Trattato CECA potrebbe essere sanzionata dopo la scadenza di tale Trattato solo se tale intesa fosse atta a pregiudicare il commercio tra Stati membri e, pertanto, potesse essere sanzionata anche in virtù dell’articolo 101 TFUE.

56      In quarto luogo, sebbene nelle sue sentenze del 31 marzo 2009, ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione (T‑405/06, Racc. pag. II‑771) e del 1° luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione (T‑24/68, Racc. pag. II‑2309), il Tribunale abbia considerato che anche dopo la scadenza del Trattato CECA la Commissione potesse sanzionare le condotte anticoncorrenziali poste in essere nel settore del Trattato CECA prima di detta scadenza, il rinvio per analogia operato in tali sentenze alla sentenza del Tribunale del 12 settembre 2007, González y Díez/Commissione (T‑25/04, Racc. pag. II‑3121) non sarebbe compatibile con il principio di irretroattività delle pene sfavorevoli al condannato. Inoltre, il caso differirebbe da quelli delle cause all’origine delle sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, citate, che avrebbero riguardato intese tra imprese che operavano in diversi Stati membri. Il ragionamento seguito in tali cause non sarebbe valido nel caso di specie in forza del principio della lex mitior.

57      La ricorrente, nell’ambito di un’argomentazione volta a criticare il rispetto da parte della Commissione del principio della lex mitior, farebbe altresì valere che la Commissione non ha dimostrato che l’intesa alla quale essa avrebbe partecipato abbia avuto un’influenza sul commercio tra Stati membri. Gli argomenti addotti dalla Commissione a tale proposito sarebbero irricevibili in quanto, nella comunicazione degli addebiti, la Commissione non avrebbe sostenuto che l’intesa arrecasse pregiudizio al commercio tra Stati membri. In base al principio del contraddittorio sarebbe quindi stato necessario inviare alle imprese interessate una nuova comunicazione degli addebiti.

 Sulla scelta della base giuridica della decisione impugnata

58      Va ricordato innanzitutto che i trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo genere, a favore del quale gli Stati hanno limitato, in settori sempre più ampi, i loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (v., in tal senso, sentenze della Corte del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos, 26/62, Racc. pag. 3, e del 15 luglio 1964, Costa, 6/64, Racc. pag. 1129, 1144; parere della Corte 1/91, del 14 dicembre 1991, Racc. pag. I‑6079, punto 21; sentenze del Tribunale del 25 ottobre 2007, SP e a./Commissione, T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, Racc. pag. II‑4331, punto 70, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 63).

59      In tale ordinamento giuridico le istituzioni dispongono soltanto di competenze di attribuzione. Per questo motivo nel preambolo degli atti comunitari viene indicata la base giuridica che abilita l’istituzione di cui trattasi ad agire nel settore considerato. La scelta della base giuridica appropriata riveste, infatti, un’importanza di natura costituzionale (v. sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 58 supra, punto 71, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

60      Nel caso di specie, va constatato che il preambolo della decisione impugnata contiene riferimenti a disposizioni del Trattato CECA, ossia gli articoli 36 CA, 47 CA e 65 CA, ma anche la menzione del Trattato CE, del regolamento n. 17, in particolare del suo articolo 11, del regolamento n. 1/2003, ossia del suo articolo 7, paragrafo 1, del suo articolo 18 e del suo articolo 23, paragrafo 2, e quella del regolamento (CE) n. 2842/98 della Commissione, del 22 dicembre 1998, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma dell’articolo [81 CE] e dell’articolo [82 CE] (GU L 354, pag. 18).

61      Si deve altresì rilevare che, nella motivazione della decisione impugnata, la Commissione ha indicato, al punto 1, che «[l]a presente decisione constata un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo 1 [CA] ed è adottata sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1/2003». Al punto 3 della decisione impugnata, la Commissione ha aggiunto che «[c]on la presente decisione, [… essa] irroga ammende alle imprese destinatarie della stessa, sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003».

62      Al punto 350 della decisione impugnata, la Commissione ha quindi affermato di ritenere che «l’articolo 7, paragrafo 1 e l’articolo 23, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003 rappresenta[ssero] le basi giuridiche appropriate che l’autorizza[vano] ad adottare la presente decisione» e che «[s]ulla base dell’articolo 7, paragrafo l, [essa …] constata[va] un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo l, [CA] e obbliga[va] le destinatarie della presente decisione a porvi fine, mentre sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2 infligge[va] loro ammende» (v. anche il punto 361 della decisione impugnata).

63      In tale contesto, si deve ritenere che la decisione impugnata, con cui la Commissione ha accertato un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA ed inflitto alla ricorrente un’ammenda, ha la sua base giuridica, quanto all’accertamento dell’infrazione, nell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e, quanto all’imposizione dell’ammenda, nell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

 Sulla competenza della Commissione a constatare e a sanzionare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento n. 1/2003

64      In primo luogo, occorre ricordare che la disposizione che costituisce la base giuridica di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto medesimo dev’essere in vigore al momento dell’adozione di quest’ultimo (sentenze della Corte del 4 aprile 2000, Commissione/Consiglio, C‑269/97, Racc. pag. I‑2257, punto 45; del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, Racc. pag. I‑2239, punto 75, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, Racc. pag. I‑2359, punto 88; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 58 supra, punto 118, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 74), ciò che incontestabilmente vale per l’articolo 7, paragrafo 1, e per l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, che costituiscono la base giuridica della decisione impugnata.

65      In secondo luogo, si deve sottolineare che i Trattati comunitari hanno istituito un ordinamento giuridico unico, nel cui contesto, come emerge dall’articolo 305, paragrafo 1, CE, il Trattato CECA costituiva un regime specifico, che derogava alle norme di carattere generale fissate dal Trattato CE (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 56 supra , punto 57, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

66      Il Trattato CECA costituiva quindi, ai sensi dell’articolo 305, paragrafo 1, CE, una lex specialis che derogava alla lex generalis rappresentata dal Trattato CE (sentenza della Corte del 24 ottobre 1985, Gerlach, 239/84, Racc. pag. 3507, punti da 9 a 11; parere della Corte 1/94, del 15 novembre 1994, Racc. pag. I‑5267, punti da 25 a 27; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 58 supra, punto 111, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 76, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punti 70 e 73).

67      Ne consegue che, per quel che riguarda il funzionamento del mercato comune, le norme del Trattato CECA e tutte le disposizioni adottate per la sua attuazione sono rimaste in vigore, nonostante l’entrata in vigore del Trattato CE (sentenze della Corte Gerlach, cit. al punto 66 supra, punto 9, e del 24 settembre 2002, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, C‑74/00 P e C‑75/00 P, Racc. pag. I‑7869, punto 100; sentenza ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 77, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punti 70 e 73).

68      Nondimeno, nei limiti in cui determinate questioni non fossero disciplinate dal Trattato CECA o da una regolamentazione adottata in forza di esso, il Trattato CE e le disposizioni emanate per la sua attuazione potevano essere applicati a prodotti rientranti nell’ambito CECA già prima della scadenza del relativo Trattato (sentenze della Corte del 15 dicembre 1987, Deutsche Babcock, 328/85, Racc. pag. 5119, punto 10, e Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, cit. al punto 67 supra, punto 100; sentenze Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 20 supra, punto 83, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 78, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punti 70 e 73).

69      In forza del suo articolo 97, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002. Di conseguenza, il 24 luglio 2002 l’ambito di applicazione del regime generale istituito dal Trattato CE si è esteso ai settori che erano inizialmente disciplinati dal Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 58, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 79, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 64 supra, punti 59 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punti 70 e 73).

70      Se è pur vero che il passaggio dal quadro normativo del Trattato CECA a quello del Trattato CE ha comportato, a partire dal 24 luglio 2002, una modifica delle basi giuridiche, delle procedure e delle norme sostanziali applicabili, tale modifica si inserisce tuttavia nel contesto dell’unità e della continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e dei suoi obiettivi (sentenze González y Díez/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 59, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 80, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 64 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punti 71 e 73).

71      A questo proposito va rilevato che l’istituzione e il mantenimento di un regime di libera concorrenza, nel cui ambito siano garantite le normali condizioni di concorrenza, e che è in particolare all’origine delle norme in materia di aiuti di Stato e di intese tra imprese, costituiscono uno degli obiettivi essenziali sia del Trattato CE che del Trattato CECA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 60, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 81 e giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 64 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punti 71 e 73).

72      In questo contesto, per quanto le norme dei Trattati CECA e CE che disciplinano la materia delle intese divergano in una certa misura, occorre sottolineare che le nozioni di accordo e di pratiche concordate sotto la vigenza dell’articolo 65, paragrafo 1, CA corrispondono a quelle di accordo e di pratiche concordate ai sensi dell’articolo 81 CE e che entrambe tali disposizioni vengono interpretate allo stesso modo dal giudice dell’Unione. Pertanto, il perseguimento dell’obiettivo di una concorrenza non falsata nei settori inizialmente rientranti nel mercato comune del carbone e dell’acciaio non subisce interruzione a seguito della scadenza del Trattato CECA, poiché questo obiettivo è parimenti perseguito nell’ambito del Trattato CE e dalla medesima istituzione, la Commissione, autorità amministrativa incaricata dell’attuazione e dello sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse generale della Comunità europea (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 61, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 82 e giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 64 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punti 71 e 73).

73      La continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e degli obiettivi che presiedono al suo funzionamento richiede, pertanto, che la Comunità europea, in quanto subentrata alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio, e nel suo proprio quadro procedurale, assicuri, nei riguardi delle situazioni sorte sotto la vigenza del Trattato CECA, il rispetto dei diritti e degli obblighi che a suo tempo si imponevano sia agli Stati membri, sia ai singoli, in forza del Trattato CECA e delle disposizioni adottate per la sua applicazione. Tale esigenza si afferma a maggior ragione in quanto la distorsione della concorrenza risultante dal mancato rispetto delle norme in materia di intese può estendere i propri effetti nel tempo successivamente alla scadenza del Trattato CECA, sotto la vigenza del Trattato CE (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 63, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 83, e giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 64 supra, punti 62 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punti 72 e 73).

74      La Corte ha altresì ricordato che la successione dei Trattati CECA, CE e FUE assicurava, al fine di garantire la libera concorrenza, che qualsiasi comportamento corrispondente alla fattispecie contemplata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA, indipendentemente dal fatto che si fosse verificato prima o dopo il 23 luglio 2002, potesse essere sanzionato dalla Commissione e possa continuare ad esserlo (sentenze ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punti da 65 a 67 e 77, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 64 supra, punti da 55 a 57 e 65).

75      Inoltre, dalla giurisprudenza emerge, da un lato, che, conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno assicurare la continuità degli istituti giuridici e, dall’altro, che tale principio si applica alle modifiche del diritto primario dell’Unione (sentenze della Corte del 25 febbraio 1969, Klomp, 23/68, Racc. pag. 43, punto 13, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 64 supra, punto 63).

76      Orbene, non sussiste alcun indizio del fatto che il legislatore dell’Unione abbia inteso sottrarre i comportamenti collusivi vietati dal Trattato CECA all’applicazione di qualsivoglia sanzione successivamente alla scadenza di quest’ultimo (sentenza ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 64 supra, punto 64).

77      Infatti, da un lato, la Corte ha rilevato che il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri avevano affermato di essere disposti ad adottare tutte le misure necessarie per far fronte alle conseguenze derivanti dalla scadenza del suddetto Trattato. Dall’altro, la Corte ha sottolineato che la Commissione aveva precisato di dover sottoporre proposte di disposizioni transitorie solamente nel caso in cui tale passo fosse stato ritenuto necessario e che, alla luce dei principi generali di diritto applicabili, essa riteneva che nel settore del diritto delle intese non sussistesse una siffatta necessità (sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 75).

78      Ne consegue che la ricorrente non può trarre alcun valido argomento dall’assenza di disposizioni transitorie in materia (v., in tal senso, sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 76).

79      Ciò premesso, sarebbe contrario allo scopo e alla coerenza sistematica dei Trattati nonché incompatibile con la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione che la Commissione non fosse abilitata a garantire l’uniforme applicazione delle norme connesse al Trattato CECA che continuano a produrre effetti anche dopo la scadenza di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza della Corte del 18 luglio 2007, Lucchini, C‑119/05, Racc. pag. I‑6199, punto 41).

80      Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il regolamento n. 1/2003 e, più in particolare, il suo articolo 7, paragrafo 1, e il suo articolo 23, paragrafo 2, devono essere interpretati nel senso che essi consentono alla Commissione di constatare e di sanzionare, successivamente al 23 luglio 2002, le intese realizzate nei settori ricompresi nell’ambito di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis, e questo benché le citate disposizioni di detto regolamento non menzionino espressamente l’articolo 65 CA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 64, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 84 e giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 74, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punti 72, 73 e 87). Gli argomenti formulati a tale riguardo dalla ricorrente e volti a dimostrare che l’applicazione combinata del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 65 CA, quando quest’ultimo non era più in vigore, non costituisce un valido fondamento per l’imposizione di sanzioni e viola il principio delle competenze attribuite, devono pertanto essere respinti, al pari dell’argomento, formulato all’udienza, secondo cui un’intesa ricadente nell’ambito di applicazione del Trattato CECA potrebbe essere sanzionata dopo la scadenza di tale Trattato solo qualora tale intesa fosse atta a pregiudicare il commercio tra Stati membri.

81      Si deve inoltre rilevare che l’applicazione, in seno all’ordinamento giuridico dell’Unione, delle norme del Trattato CE in un settore inizialmente regolato dal Trattato CECA deve avvenire nel rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo. A questo proposito, secondo costante giurisprudenza, benché le norme di procedura si ritengano generalmente applicabili a tutte le controversie pendenti al momento in cui entrano in vigore, altrettanto non vale per le norme sostanziali. Infatti, queste ultime devono essere interpretate, onde garantire il rispetto dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, nel senso che non riguardano situazioni maturate anteriormente alla loro entrata in vigore, salvo che emerga chiaramente dai loro termini, dalle loro finalità o dalla loro economia che si deve attribuire loro questo effetto (sentenze della Corte del 12 novembre 1981, Meridionale Industria Salumi e a., da 212/80 a 217/80, Racc. pag. 2735, punto 9, e del 10 febbraio 1982, Bout, 21/81, Racc. pag. 381, punto 13; sentenze del Tribunale del 19 febbraio 1998, Eyckeler & Malt/Commissione, T‑42/96, Racc. pag. II‑401, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 65, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 85, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 79).

82      In questa ottica, per quanto riguarda la questione delle disposizioni sostanziali applicabili ad una situazione giuridica definitivamente maturata anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e i dettami dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle disposizioni sostanziali adottate in applicazione del Trattato CECA ai fatti rientranti nel loro ambito di applicazione ratione materiae e ratione temporis. La circostanza che, a causa della scadenza del Trattato CECA, il quadro normativo di cui trattasi non sia più in vigore al momento in cui viene compiuta la valutazione della situazione di fatto, non modifica tale considerazione, perché tale valutazione verte su una situazione giuridica definitivamente maturata in un’epoca in cui erano applicabili le disposizioni sostanziali adottate ai sensi del Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 66, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 86, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 79; v. inoltre, nello stesso senso, sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 20 supra, punto 96).

83      Nel caso di specie, la decisione impugnata è stata adottata sul fondamento dell’articolo 7, paragrafo 1, e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, a seguito di un procedimento esperito in conformità dei regolamenti nn. 17 e 1/2003. Le disposizioni relative alla base giuridica e al procedimento seguito fino all’adozione della decisione impugnata rientrano nelle norme di procedura ai sensi della giurisprudenza citata al punto 81 (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 67, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 87 e giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 74, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 90; v. inoltre, nello stesso senso, sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 20 supra, punto 96).

84      Quanto alle norme di merito, si deve osservare che la decisione impugnata riguarda una situazione giuridica definitivamente acquisita anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, il 23 luglio 2002, e che il periodo dell’infrazione è compreso tra il 6 dicembre 1989 e il 4 luglio 2000 (v. punto 34 supra). Mancando qualsiasi efficacia retroattiva al diritto sostanziale della concorrenza applicabile dal 24 luglio 2002, si deve rilevare che l’articolo 65, paragrafo 1, CA costituisce la norma sostanziale applicabile, e di fatto applicata, dalla Commissione nella decisione impugnata, fermo restando che proprio dalla natura di lex generalis del Trattato CE rispetto al Trattato CECA, sancita dall’articolo 305 CE, risulta che il regime specifico istituito dal Trattato CECA e dalle norme adottate per la sua applicazione è, in forza del principio lex specialis derogat legi generali, l’unico applicabile alle situazioni acquisite prima del 24 luglio 2002 (v., in tal senso, sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 68, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 89, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 79).

85      Del resto, la Corte ha ricordato che il principio della legalità dei reati e delle pene, quale sancito, segnatamente, all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, esige che la normativa dell’Unione definisca chiaramente le infrazioni e le sanzioni (v. sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 80 e giurisprudenza ivi citata).

86      Inoltre, il principio della certezza del diritto esige che una simile normativa consenta agli interessati di conoscere esattamente la portata degli obblighi che essa impone loro e che questi debbano poter conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

87      Considerato che i Trattati definivano chiaramente, già prima della data dei fatti, le infrazioni nonché la natura e l’entità delle sanzioni che potevano essere inflitte a tal titolo, i suddetti principi non sono volti a garantire alle imprese che successive modifiche dei fondamenti normativi e delle disposizioni procedurali assicurino loro di sfuggire a qualsivoglia sanzione relativa ai loro comportamenti illeciti tenuti in passato (sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 70, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 83).

88      Ne consegue che un’impresa diligente, che si trovava nella situazione della ricorrente, non poteva in alcun momento ignorare le conseguenze del proprio comportamento, né fare affidamento sul fatto che la successione del contesto normativo del Trattato CE a quello del Trattato CECA avrebbe prodotto la conseguenza di sottrarla a qualsiasi sanzione per le infrazioni all’articolo 65 CA da essa commesse nel passato (sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 73, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 86).

89      Da tutto quanto precede discende che, dal momento che la decisione impugnata è stata adottata successivamente alla scadenza del Trattato CECA, correttamente la Commissione ha applicato disposizioni contenute nel regolamento n. 1/2003 (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 67, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 87 e giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione, cit. al punto 64 supra, punti 74 e 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 64 supra, punto 90).

 Sul rispetto del principio della lex mitior

90      Secondo la giurisprudenza della Corte, il principio di applicazione retroattiva della pena più mite è un principio generale del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 3 maggio 2005, Berlusconi e a., C‑387/02, C‑391/02 e C‑403/02, Racc. pag. I‑3565, punti da 67 a 69, e sentenza della Corte dell’11 marzo 2008, Jager, C‑420/06, Racc. pag. I‑1315, punto 59), principio che è oramai inserito nell’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

91      In proposito la ricorrente contesta la valutazione della Commissione secondo cui l’infrazione che quest’ultima le imputa sarebbe stata ad ogni modo atta a pregiudicare il commercio tra Stati membri.

92      In primo luogo si deve rammentare che, da un lato, la Corte ha dichiarato che, perché una decisione, un accordo o una prassi possano pregiudicare il commercio fra Stati membri, è necessario che, in base ad un complesso di elementi obiettivi di diritto o di fatto, essi consentano di ritenere con un sufficiente grado di probabilità che gli stessi esercitino un’influenza diretta o indiretta, attuale o potenziale, sugli scambi tra Stati membri, in un modo tale da far temere che possano nuocere al conseguimento di un mercato unico fra Stati membri. Inoltre, è necessario che detta influenza non sia insignificante (v. sentenze della Corte del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Racc. pag. I‑8681, punto 36, e del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax e Administración del Estado, C‑238/05, Racc. pag. I‑11125, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

93      Così, un impatto sugli scambi intracomunitari risulta, in generale, dalla combinazione di più fattori che di per sé non sarebbero necessariamente determinanti. Per verificare se un’intesa pregiudichi in modo significativo il commercio fra Stati membri è necessario esaminarla nel suo contesto economico e giuridico (v. sentenze Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 37, e Asnef-Equifax e Administración del Estado, cit. al punto 92 supra, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

94      Dall’altro lato, la Corte ha già affermato che la circostanza che un accordo abbia per oggetto soltanto la distribuzione dei prodotti in un unico Stato membro non è sufficiente ad escludere che gli scambi tra Stati membri possano essere pregiudicati. Infatti, un’intesa che si estenda a tutto il territorio di uno Stato membro ha, per sua natura, l’effetto di consolidare la compartimentazione dei mercati a livello nazionale, ostacolando così l’integrazione economica voluta dal Trattato CE (v. sentenze Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 38, e sentenza Asnef-Equifax e Administración del Estado, cit. al punto 92 supra, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

95      In secondo luogo, dai punti da 373 a 375 e da 385 a 387 della decisione impugnata emerge che: a) l’intesa in questione ha riguardato tutto il territorio della Repubblica italiana, nel quale sono stati prodotti, durante il periodo in cui è durata l’intesa, tra il 29 e il 43% del tondo per cemento armato prodotto nella Comunità; b) l’incidenza delle esportazioni (a partire dall’Italia) rispetto alle consegne totali (consegne Italia ed esportazioni) è sempre stata significativa (tra il 6 e il 34% durante il periodo dell’infrazione); c) a causa della partecipazione, dal dicembre 1989 al luglio 1998, dell’associazione di imprese Federacciai, gli effetti dell’intesa si sono estesi a tutti i produttori italiani di tondo per cemento armato e, quando la Federacciai non vi partecipava più, l’intesa ha riguardato comunque le principali imprese italiane aventi una quota complessiva di mercato pari all’80%; d) almeno due importanti imprese partecipanti all’intesa sono state attive anche come produttori in almeno un altro mercato geografico del tondo per cemento armato; e) l’intesa è stata altresì caratterizzata dall’avere per oggetto, come misura equivalente alla riduzione temporanea e concertata della produzione, l’esportazione concertata al di fuori del territorio italiano, e f) la quota dell’Italia negli scambi intracomunitari oscillava tra il 32,5% nel 1989 e il 18,1% nel 2000, con un minimo del 13,4% nel 1998.

96      Secondo la ricorrente, detti elementi non consentono di affermare che l’intesa in questione fosse atta a pregiudicare il commercio tra Stati membri.

97      Anzitutto essa sostiene che, per ritenere che un’intesa limitata al territorio di un unico Stato membro arrechi pregiudizio al commercio intracomunitario, non è sufficiente che detta intesa sia potenzialmente idonea a causare un siffatto pregiudizio, ma l’influenza sul commercio tra Stati membri deve essere provata. In proposito, la ricorrente ricorda che, in forza dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, l’onere della prova dell’esistenza dell’infrazione incombe alla Commissione. Inoltre, essa invoca la comunicazione della Commissione concernente la cooperazione tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri per l’esame dei casi disciplinati dagli articoli 85 e 86 del Trattato CE (GU 1997, C 313, pag. 3), che sarebbe ancora pertinente nel caso di specie malgrado la sua sostituzione con la comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza (GU 2004, C 101, pag. 43).

98      Tale argomento non può essere accolto. Da un lato, si deve rilevare che la comunicazione della Commissione concernente la cooperazione tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri del 1997 è priva di pertinenza nel caso di specie, dal momento che l’obiettivo di tale comunicazione non è quello di definire la nozione di pregiudizio al commercio intracomunitario, ma quello di descrivere le modalità pratiche di cooperazione auspicabili tra le autorità degli Stati membri e la Commissione.

99      D’altro canto, e contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, si deve rilevare che la Commissione non aveva l’obbligo di dimostrare che gli accordi controversi avessero avuto, in pratica, un effetto sensibile sugli scambi fra Stati membri, o che gli scambi interstatali fossero aumentati dopo la fine delle infrazioni. Infatti, ciò che importa, ai fini dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, è solo che gli accordi e le pratiche concordate restrittivi della concorrenza possano pregiudicare il commercio fra Stati membri (sentenza Asnef-Equifax e Administración del Estado, cit. al punto 92 supra, punto 43, e sentenza del Tribunale del 13 dicembre 2006, FNCBV e a./Commissione, T‑217/03 e T‑245/03, Racc. pag. II‑4987, punto 68).

100    Poi, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, occorre rilevare che il fatto che all’intesa abbiano partecipato solo imprese italiane è di per sé privo di pertinenza rispetto alla questione se detta intesa fosse atta a pregiudicare il commercio tra Stati membri.

101    Inoltre, gli argomenti della ricorrente secondo cui l’intesa non concerneva le importazioni provenienti da altri Stati membri e secondo cui i prezzi italiani erano troppo bassi per attirare le imprese di detti Stati membri, cosicché l’intesa volta ad aumentare i prezzi del tondo per cemento armato non sarebbe stata idonea ad ostacolare le importazioni provenienti da altri Stati membri, ma, al contrario, avrebbe potuto facilitarle, sono parimenti privi di rilevanza rispetto al fine di inficiare la conclusione, fondata sugli elementi ricordati al precedente punto 95, secondo cui l’intesa era idonea a pregiudicare il commercio tra Stati membri.

102    Per di più, secondo la ricorrente la Commissione confonde tutte le esportazioni, sia quelle verso altro Stati membri sia quelle verso i paesi terzi, mentre invece le imprese coinvolte nell’asserita intesa non avrebbero mai frapposto alcun ostacolo alle esportazioni verso altri Stati membri. Anche tale censura deve essere respinta, dal momento che, come rilevato giustamente dalla Commissione, essa non si è limitata ad esaminare l’incidenza delle esportazioni totali a partire dall’Italia, ma ha altresì constatato che la quota dell’Italia negli scambi intracomunitari, ad eccezione delle importazioni che sono state trascurabili, è oscillata tra il 32,5% nel 1989 e il 18,1% nel 2000 (punti da 385 a 387 della decisione impugnata).

103    Oltre a ciò, neanche gli argomenti della ricorrente secondo cui andrebbe esaminata la sua posizione specifica, e in particolare il fatto che essa non avrebbe partecipato ad alcun accordo sui prezzi o sul controllo della produzione, ma unicamente ad un accordo avente come oggetto la ripartizione delle quote di vendita a partire dalla fine del 1998, possono essere accolti. Sebbene occorra esaminare gli argomenti della ricorrente, dedotti segnatamente nell’ambito del suo motivo diretto a contestare la sua partecipazione all’intesa accertata dalla Commissione (v. infra, punti da 193 a 283), si deve tuttavia osservare che, in ogni caso, la posizione individuale della ricorrente è irrilevante ai fini della questione se l’intesa fosse idonea a pregiudicare il commercio intracomunitario. Infatti, se l’infrazione alla quale ha partecipato la ricorrente è idonea a pregiudicare il commercio fra Stati membri, la Commissione non è tenuta a dimostrare che la partecipazione individuale della ricorrente abbia pregiudicato gli scambi intracomunitari (v. sentenze del Tribunale del 10 marzo 1992, Montedipe/Commissione, T‑14/89, Racc. pag. II‑1155, punto 254, confermata con la sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Montecatini/Commissione, C‑235/92 P, Racc. pag. I‑4539, punti 170 e 171, e FNCBV e a./Commissione, cit. al punto 99 supra, punto 66, confermata dalla sentenza della Corte del 18 dicembre 2008, Coop de France bétail et viande e a./Commissione, C‑101/07 P e C‑110/07 P, Racc. pag. I‑10193).

104    Infine, l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe contestato la pregiudizialità dell’intesa di cui trattasi al commercio intracomunitario nella comunicazione degli addebiti, e che quindi, in forza del principio del contraddittorio, sarebbe stata necessaria una nuova comunicazione degli addebiti, si confonde con l’argomentazione della ricorrente sviluppata nel suo motivo relativo al mancato invio preventivo di una nuova comunicazione degli addebiti, e sarà conseguentemente trattato nell’ambito dell’analisi di questo.

105    Dalle considerazioni sopra esposte risulta che gli argomenti della ricorrente volti a dimostrare che gli effetti reali e potenziali dell’intesa di cui trattasi nel caso di specie sarebbero stati limitati al mercato italiano devono essere respinti.

106    Ne consegue che si deve respingere la censura in esame nonché il presente motivo nel suo complesso.

 Sul motivo vertente sul mancato previo invio di una nuova comunicazione degli addebiti

107    La ricorrente afferma che, in virtù del principio del rispetto dei diritti della difesa, la Commissione, dopo aver deciso di riadottare una decisione a seguito dell’annullamento della decisione del 2002 da parte del Tribunale, avrebbe dovuto inviarle una nuova comunicazione degli addebiti.

108    Anzitutto, la lettera della Commissione del 30 giugno 2008 non avrebbe costituito una comunicazione degli addebiti ai sensi del combinato disposto dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 [ CE] e 82 [CE] (GU L 123, pag. 18). Persuasa del fatto che avrebbe dovuto esserle notificata una nuova comunicazione degli addebiti, la ricorrente, nella sua risposta alla lettera suddetta, non avrebbe ritenuto di dover approfondire nel merito la questione della «presunta sussistenza del potere sanzionatorio della Commissione». Tale convincimento si sarebbe fondato sul fatto che, in detta lettera, la Commissione aveva indicato che, a seguito dell’annullamento da parte del Tribunale della decisione del 2002, sarebbe stata riadottata una decisione «conformemente alle norme procedurali previste [nel regolamento n. 1/2003]», nonché sul fatto che la Commissione le aveva rivolto cinque richieste di informazioni, che menzionavano come loro scopo quello di «consentire alla Commissione di valutare la compatibilità del presunto comportamento con le regole comunitarie della concorrenza», e che alla ricorrente, «[i]n una fase successiva avrebbe potuto pervenir[e] una richiesta di informazioni supplementari». A questo proposito non risponderebbe al vero l’affermazione della Commissione secondo cui le sue richieste di informazioni miravano esclusivamente a conoscere le eventuali modifiche societarie e del fatturato della ricorrente. Inoltre, in nessun punto della lettera del 30 giugno 2008 sarebbe citato l’articolo 27 del regolamento n. 1/2003 né l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004.

109    Quindi, la ricorrente fa valere che il fatto di avere ripreso il procedimento nel momento in cui un atto era annullato è contrario alle sentenze del Tribunale ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 56 supra, che avrebbero precisato che le decisioni in questione nelle cause di cui trattasi erano legittime, in quanto adottate a seguito di un procedimento condotto nel rispetto del regolamento n. 1/2003. Ciò significherebbe che, perché sia legittima una decisione che sanzioni, dopo la scadenza del Trattato CECA, infrazioni a tale Trattato, occorre rispettare l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, i quali prevedono l’invio di una comunicazione degli addebiti alle parti coinvolte. A tale riguardo, in forza del principio secondo cui occorre fare applicazione delle norme di procedura in vigore nel momento in cui un certo atto viene compiuto, non sarebbe possibile basarsi su una comunicazione degli addebiti adottata sul fondamento di una norma procedurale non più in vigore. Inoltre, la giurisprudenza secondo cui l’annullamento di un atto non pregiudica gli atti preparatori non escluderebbe che, in ragione del carattere particolare di una causa, il procedimento possa essere ripreso da una fase precedente al punto in cui l’illegittimità si è verificata. Un tale modus procedendi sarebbe giustificato nella fattispecie, in ragione della «situazione unica» venutasi a creare con la scadenza del Trattato CECA.

110    Poi, l’obbligo di rispettare le disposizioni del regolamento n. 1/2003, e quindi di adottare una nuova comunicazione degli addebiti, sussisterebbe a prescindere dalla questione se una nuova comunicazione degli addebiti avrebbe avuto un contenuto formalmente o sostanzialmente differente dalla precedente.

111    In ogni caso, nel caso di specie una nuova comunicazione degli addebiti non sarebbe stata identica alla precedente, in quanto avrebbe dovuto prendere posizione, innanzi tutto, sulle conseguenze da trarre dall’annullamento della decisione del 2002. Poi, avrebbe omesso di menzionare espressamente la volontà della Commissione di applicare alla ricorrente l’aggravante della recidiva. Da ultimo, avrebbe dovuto contenere un esplicito richiamo al fatto che la ricorrente aveva la facoltà di chiedere di essere sentita dal consigliere-auditore, indicazione che sarebbe stata assente nella lettera del 30 giugno 2008.

112    La ricorrente osserva infine che, anche se al momento dell’adozione della decisione impugnata i fatti materiali non erano cambiati rispetto alla comunicazione degli addebiti, occorreva a quel punto valutarsi se l’intesa di cui trattasi fosse suscettibile di pregiudicare il commercio tra Stati membri.

113    In via preliminare, va rammentato che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 dispone quanto segue:

«Prima di adottare qualsiasi decisione prevista dagli articoli 7, 8, 23 e 24, paragrafo 2, la Commissione dà modo alle imprese e associazioni di imprese oggetto del procedimento avviato dalla Commissione di essere sentite relativamente agli addebiti su cui essa si basa. La Commissione basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite. I ricorrenti sono strettamente associati al procedimento».

114    Risulta inoltre da costante giurisprudenza che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento all’esito del quale possano essere inflitte sanzioni, specialmente ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa. A tal riguardo, la comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale del principio fondamentale del diritto dell’Unione che esige il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento. In forza di detto principio, in particolare, la comunicazione degli addebiti trasmessa dalla Commissione a un’impresa alla quale intende infliggere una sanzione per violazione delle norme sulla concorrenza deve contenere gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova su cui si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico (v., in tal senso, sentenze della Corte del 3 settembre 2009, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Racc. pag. I‑7191, punti 34 e 36 e giurisprudenza ivi citata, e Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, Racc. pag. I‑7415, punti da 26 a 28).

115    Il rispetto dei diritti della difesa esige infatti che l’impresa interessata sia stata posta in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita infrazione nei suoi confronti (v. sentenza della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

116    Deve inoltre ricordarsi che la comunicazione degli addebiti è un documento di natura processuale e preparatoria che, al fine di garantire l’esercizio efficace dei diritti della difesa, circoscrive l’oggetto del procedimento amministrativo avviato dalla Commissione, impedendo così a quest’ultima di formulare altre censure nella decisione con cui essa conclude il procedimento di cui trattasi (ordinanza della Corte del 18 giugno 1986, British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, 142/84 e 156/84, Racc. pag. 1899, punti 13 e 14, e sentenza della Corte del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, Racc. pag. I‑4951, punto 63).

117    Sebbene la comunicazione degli addebiti debba consentire agli interessati di prendere realmente atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico, tale obbligo è rispettato quando la decisione definitiva non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prende in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di esporre le proprie ragioni. Nessuna norma impedisce alla Commissione di comunicare alle parti in un procedimento in materia di concorrenza, dopo aver inviato la comunicazione degli addebiti, altri elementi pertinenti che la possano integrare, a partire dal momento in cui tali elementi non modificano le infrazioni addebitate alle imprese e in cui queste ultime hanno avuto la possibilità di esprimersi su tutti gli elementi addotti a loro carico (sentenza della Corte del 25 ottobre 1983, AEG-Telefunken/Commissione, 107/82, Racc. pag. 3151, punto 29; sentenze del Tribunale del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Racc. pag. II‑931, punto 497; del 20 marzo 2002, LR AF 1998/Commissione, T‑23/99, Racc. pag. II‑1705, punto 190; del 12 luglio 2011, Fuji Electric/Commissione, T‑132/07, Racc. pag. II‑4091, punto 238, e del 27 giugno 2012, Microsoft/Commissione, T‑167/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti da 182 a 186).

118    Infine si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento di un atto dell’Unione non incide necessariamente sugli atti preparatori, poiché, in linea di principio, il procedimento diretto a sostituire l’atto annullato può ripartire dal punto preciso in cui l’illegittimità si è verificata (sentenze della Corte del 12 novembre 1998, Spagna/Commissione, C‑415/96, Racc. pag. I‑6993, punti 31 e 32, e del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc. pag. I‑8375, punto 73; v. sentenze del Tribunale del 15 ottobre 1998, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, T‑2/95, Racc. pag. II‑3939, punto 91, e del 25 giugno 2010, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑66/01, Racc. pag. II‑2631, punto 125 e giurisprudenza ivi citata).

119    In primo luogo, la ricorrente non può sostenere che, in ragione della specificità della situazione determinata dalla scadenza del Trattato CECA, la Commissione avrebbe dovuto riprendere il procedimento da una fase antecedente a quella durante la quale è stata constatata l’illegittimità. Come indicato al precedente punto 20, la decisione del 2002 è stata annullata a causa del fatto che l’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA era scaduto il 23 luglio 2002 e che la Commissione non poteva quindi più fondare la propria competenza sulle suddette disposizioni, estinte al momento dell’adozione della decisione in parola, per constatare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA e per infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato alla suddetta infrazione. Alla luce della giurisprudenza menzionata al precedente punto, l’esecuzione della sentenza Ferriere Nord/Commissione, citata al precedente punto 20, imponeva alla Commissione di far ripartire il procedimento dal punto preciso in cui l’illegittimità si era verificata, vale a dire dal momento dell’adozione della decisione del 2002.

120    Al riguardo va rilevato che la Commissione aveva già informato la ricorrente delle conseguenze che essa traeva dal fatto della scadenza di detto Trattato nella comunicazione degli addebiti supplementari e che la ricorrente ha avuto la possibilità di far valere proprie osservazioni al riguardo, cosa che quest’ultima del resto ha fatto il 20 settembre 2002.

121    La ricorrente non può neppure sostenere che, affinché una decisione, adottata sul fondamento del regolamento n. 1/2003, sanzionante un’infrazione al Trattato CECA dopo la scadenza di quest’ultimo sia legittima sarebbe necessario che anche gli atti preparatori di detta decisione, e in particolare la comunicazione degli addebiti, siano stati adottati sul fondamento di tale regolamento. Un simile argomento riposa infatti su un’erronea comprensione dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo (v. punto 81 supra), illustrati segnatamente nelle sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, citate al precedente punto 56, in virtù dei quali generalmente si suppone che le norme procedurali si applichino a tutte le situazioni pendenti al momento della loro entrata in vigore. Alla luce di tali principi, giustamente la Commissione ha adottato gli atti preparatori della decisione impugnata sulla base delle norme procedurali in vigore al momento della loro adozione, vale a dire l’articolo 36, paragrafo 1, CA per quanto riguarda la comunicazione degli addebiti, e l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 17, per quanto riguarda la comunicazione degli addebiti supplementari. La ricorrente non può quindi sostenere che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, che prevedono l’invio di una comunicazione degli addebiti alle parti interessate, imponessero di per sé l’invio di una nuova comunicazione degli addebiti dopo l’annullamento della decisione del 2002, anche nell’ipotesi in cui una simile comunicazione degli addebiti fosse consistita unicamente in una fotocopia della comunicazione degli addebiti iniziale.

122    Poiché il vizio che rendeva illegittima la decisione del 2002 si era verificato al momento dell’adozione di tale decisione (sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 20 supra, punto 98), l’annullamento di detta decisione non ha inficiato la validità delle misure preparatorie della stessa, precedenti alla fase in cui il vizio in questione si è prodotto (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 118 supra, punto 75, e Imperial Chemical Industries/Commissione, cit. al punto 118 supra, punto 126). La Commissione pertanto non aveva l’obbligo di trasmettere alla ricorrente una nuova comunicazione degli addebiti (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 118 supra, punti 80 e 81, e Imperial Chemical Industries/Commissione, cit. al punto 118 supra, punti 150 e 151).

123    In secondo luogo, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che la Commissione ha il diritto ed eventualmente il dovere di procedere, nel corso del procedimento amministrativo, a nuove indagini qualora lo svolgimento di tale procedimento faccia emergere la necessità di accertamenti ulteriori, ma che la comunicazione agli interessati di addebiti supplementari è necessaria solo qualora il risultato degli accertamenti induca la Commissione a porre atti nuovi a carico delle imprese o ad assumere fatti notevolmente diversi come prova delle infrazioni contestate (sentenze della Corte del 14 luglio 1972, Farbenfabriken Bayer/Commissione, 51/69, Racc. pag. 745, punto 11, e Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 115 supra, punto 192).

124    Ebbene, si deve necessariamente rilevare che questo non si verifica nel caso di specie. Infatti, con la sua lettera del 30 giugno 2008 la Commissione ha informato le imprese in causa, a seguito dell’annullamento della decisione del 2002 ad opera del Tribunale, della sua intenzione di riadottare una decisione nei confronti di tutte le partecipanti all’intesa per le quali il Tribunale l’aveva annullata. Essa ha altresì indicato alle imprese la base giuridica che l’autorizzava a riadottare una decisione nonché le disposizioni sostanziali e procedurali applicabili. Essa ha infine affermato espressamente che, «[c]onsiderata la portata limitata della sentenza [di annullamento della decisione del 2002] (che non affronta questioni fattuali), la decisione riadottata si baser[ebbe] nuovamente sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti (…) e nella comunicazione supplementare degli addebiti (…), tenendo conto nel contempo del giudizio del Tribunale in merito alla definizione della base giuridica che legittima la Commissione ad agire».

125    Dal momento che la Commissione non era obbligata ad inviare alla ricorrente una nuova comunicazione degli addebiti dopo l’annullamento della decisione del 2002, l’affermazione della ricorrente secondo cui la lettera del 30 giugno 2008 non poteva di per se stessa costituire una comunicazione degli addebiti è inconferente.

126    In terzo luogo, la ricorrente non può neanche far valere un legittimo affidamento nel fatto che la Commissione le avrebbe notificato la comunicazione degli addebiti supplementari dopo il ricevimento della lettera del 30 giugno 2008, con la conseguenza che nella risposta a tale lettera essa avrebbe omesso di esporre in modo pieno la propria difesa.

127    Da un lato, tanto dalla comunicazione degli addebiti supplementari quanto dalla lettera del 30 giugno 2008, che fa specificamente riferimento alla comunicazione del 18 giugno 2002 (v. punti da 9 a 11 supra), emerge che la Commissione riteneva che gli atti di procedura validamente adottati in forza delle norme del Trattato CECA prima dello scadere di tale Trattato sarebbero stati considerati, dopo la sua scadenza, conformi ai criteri degli atti procedurali equivalenti alla luce delle norme del Trattato CE e che, pertanto, la comunicazione degli addebiti e la comunicazione degli addebiti supplementari fossero state adottate in modo valido.

128    Dall’altro, quanto alle richieste d’informazioni trasmesse alla ricorrente dalla Commissione, è sufficiente rilevare che tali richieste avevano effettivamente lo scopo di chiedere alla ricorrente informazioni sulle modifiche intervenute in seno alla società e sul suo fatturato successivamente all’adozione della decisione del 2002.

129    In quarto luogo, anzitutto, la ricorrente afferma che la Commissione avrebbe dovuto adottare una nuova comunicazione degli addebiti di modo che essa potesse prendere posizione sulle conseguenze da trarre – in relazione alla questione della base procedurale utilizzabile per la riadozione della decisione del 2002 – dall’annullamento di tale decisione.

130    Al precedente punto 117, tuttavia, si è ricordato che, secondo giurisprudenza costante, la comunicazione degli addebiti deve contenere un’esposizione degli addebiti tale da consentire agli interessati di prendere atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico e che tale obbligo è rispettato se la decisione non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prende in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di esporre le proprie ragioni. Orbene, le conseguenze da trarre dalla sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 20 supra, che non ha esaminato il merito della controversia, non incidono in alcun modo sui fatti e i comportamenti che la Commissione addebita alla ricorrente.

131    In ogni caso, deve rilevarsi che la ricorrente ha potuto far valere le proprie osservazioni relative alle conseguenze che la Commissione intendeva trarre dalla sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 20 supra, nella sua risposta del 1° agosto 2008 alla lettera del 30 giugno 2008.

132    Poi, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto espressamente menzionare la propria intenzione di applicarle l’aggravante della recidiva.

133    Dalla giurisprudenza risulta che, qualora la Commissione, nella comunicazione degli addebiti, dichiari espressamente che vaglierà se sia il caso di infliggere ammende alle imprese interessate e indichi inoltre le principali considerazioni di fatto e di diritto che possono comportare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione, ed il fatto di averla commessa intenzionalmente o per negligenza, essa adempie il suo obbligo di rispettare il diritto delle imprese ad essere sentite. In tal modo, essa fornisce loro le indicazioni necessarie per difendersi non solo contro l’accertamento dell’infrazione, ma altresì contro il fatto di vedersi infliggere un’ammenda (sentenza della Corte del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, da 100/80 a 103/80, Racc. pag. 1825, punto 21; sentenze del Tribunale del 20 marzo 2002, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, T‑31/99, Racc. pag. II‑1881, punto 78; del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, Racc. pag. II‑4407, punto 50, e del 17 maggio 2011, Arkema France/Commissione, T‑343/08, Racc. pag. II‑2287, punto 54).

134    Inoltre, per quanto riguarda la determinazione dell’ammontare dell’ammenda, i diritti della difesa delle imprese interessate vengono garantiti dinanzi alla Commissione attraverso la possibilità di presentare osservazioni in ordine alla durata, alla gravità e alla prevedibilità del carattere anticoncorrenziale dell’illecito. Peraltro, le imprese fruiscono di una garanzia supplementare, per quanto concerne la determinazione dell’ammontare delle ammende, in quanto il Tribunale ha competenza estesa al merito e può in particolare annullare o ridurre l’ammenda, in forza dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 (sentenze del Tribunale del 6 ottobre 1994, Tetra Pak/Commissione, T‑83/91, Racc. pag. II‑755, punto 235; ABB Asea Brown Boveri/Commissione, cit. al punto 135 supra, punto 79; Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 51, e Arkema France/Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 55).

135    Nel caso di specie, si deve rilevare che la Commissione ha indicato la propria intenzione di infliggere ammende alle imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti al punto 314 di tale comunicazione. Nella medesima essa ha altresì annunciato che, per determinare l’importo delle ammende, avrebbe tenuto conto di tutte le circostanze aggravanti e attenuanti e avrebbe valutato individualmente il comportamento di ciascuna impresa. Orbene, quale esempio di circostanza aggravante gli orientamenti del 1998 menzionano esplicitamente la recidiva della medesima impresa per un’infrazione del medesimo tipo. La ricorrente non poteva ignorare quindi che la Commissione avrebbe considerato tale circostanza aggravante qualora essa fosse giunta alla conclusione che i presupposti della sua applicazione fossero soddisfatti (v., in tal senso, sentenze Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 57, e Arkema France/Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 61).

136    Neppure possono essere accolti gli altri argomenti della ricorrente, diretti a dimostrare che la comunicazione degli addebiti avrebbe dovuto specificamente evidenziare un collegamento tra la sua precedente condanna e la possibilità di tener conto di detta condanna a titolo di circostanze aggravanti nel calcolo dell’importo dell’ammenda. In ogni caso, da un lato, per quanto riguarda la questione se possa mettersi in dubbio che l’attuale dirigenza della ricorrente fosse a conoscenza della precedente condanna dell’impresa, è sufficiente rilevare che la ricorrente non nega di essere la stessa impresa che ha commesso l’infrazione accertata nella decisione della Commissione del 2 agosto 1989, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 85 del Trattato CEE (IV/31.553 – Rete metallica elettrosaldata) (GU L 260, pag. 1; in prosieguo: la «decisione Rete metallica elettrosaldata»), e che ha commesso l’infrazione accertata nella decisione impugnata.

137    D’altra parte, la ricorrente non può sostenere di non aver potuto immaginare che la Commissione avesse l’intenzione di tener conto, a titolo di recidiva, di una precedente violazione delle norme in materia di concorrenza risalente a oltre 13 anni prima. Sebbene sia vero che il principio di proporzionalità imponga che il tempo trascorso tra l’infrazione di cui trattasi e una precedente violazione delle norme sulla concorrenza sia preso in considerazione per valutare la tendenza dell’impresa ad infrangere tali norme, tuttavia la Corte ha già sottolineato che la Commissione non può essere vincolata ad un eventuale termine di prescrizione per una constatazione di recidiva (sentenza della Corte dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, Racc. pag. I‑1331, punto 38; sentenze del Tribunale del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 353, e del 30 settembre 2009, Hoechst/Commissione, T‑161/05, Racc. pag. II‑3555, punto 462) e che una simile constatazione può essere pertanto effettuata molti anni dopo l’accertamento di un’infrazione (sentenza del Tribunale del 13 luglio 2011, ThyssenKrupp Liften Ascenseurs/Commissione, T‑144/07, da T‑147/07 a T‑150/07 e T‑154/07, Racc. pag. II‑5129, punto 320).

138    In aggiunta, la ricorrente fa valere che la Commissione avrebbe dovuto inviarle una nuova comunicazione degli addebiti, in quanto sarebbe stato obbligatorio un esplicito richiamo al fatto che essa avesse la possibilità di chiedere di essere sentita dal consigliere-auditore, possibilità non menzionata nella lettera del 30 giugno 2008.

139    Occorre rilevare che il diritto delle imprese e associazioni di imprese interessate di far conoscere il loro punto di vista, in occasione della fase scritta e della fase orale del procedimento amministrativo sugli addebiti mossi dalla Commissione, costituisce un elemento essenziale dei diritti della difesa (sentenza della Corte del 21 settembre 1989, Hoechst/Commissione, 46/87 e 227/88, Racc. pag. 2859, punto 52, e sentenza del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 117 supra, punto 248).

140    L’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004 al riguardo precisa che «[l]a Commissione offre alle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti la possibilità di sviluppare gli argomenti nel corso dell’audizione, sempre che esse lo richiedano nelle osservazioni scritte», e l’articolo 7, paragrafo 1, della decisione 2001/462/CE, CECA della Commissione, del 23 maggio 2001, relativa al mandato dei consiglieri-auditori per taluni procedimenti in materia di concorrenza (GU L 162, pag. 21), indicava al paragrafo 1, che «[l]’audizione orale [poteva] essere richiesta soltanto nelle osservazioni scritte trasmesse in risposta ad una lettera inviata all’interessato dalla Commissione» e, al paragrafo 2, che «[l]e lettere di cui al paragrafo 1 [erano] quelle che: a) accompagnano una comunicazione degli addebiti o obiezioni; b) invitano i soggetti terzi, che abbiano dimostrato di avere un interesse sufficiente ad essere sentiti, a presentare osservazioni scritte; c) informano il denunciante che la Commissione ritiene che gli elementi raccolti non dimostrino l’esistenza dell’illecito, invitandolo a presentare per iscritto eventuali ulteriori osservazioni».

141    Tuttavia, dal momento che la Commissione non aveva l’obbligo di adottare una nuova comunicazione degli addebiti e dato che le imprese coinvolte avevano già avuto la possibilità di essere sentite oralmente all’audizione del 13 giugno 2002, successiva rispetto alla comunicazione degli addebiti, e all’audizione del 30 settembre 2002, che è seguita alla comunicazione degli addebiti supplementari, la Commissione non era tenuta ad inviare alla ricorrente una nuova comunicazione degli addebiti al fine di notificarle il suo diritto ad essere sentita.

142    Infine, nella replica la ricorrente afferma che, anche se, al momento dell’adozione della decisione impugnata, i fatti materiali non erano mutati rispetto alla comunicazione degli addebiti, occorreva a quel punto valutare se l’intesa in esame fosse suscettibile di pregiudicare il commercio tra Stati membri.

143    Tale argomento è infondato e deve essere respinto, giacché va rilevato che la Commissione ha esaminato la questione dell’incidenza sul commercio intracomunitario ai punti 12 e 13 della comunicazione degli addebiti supplementari e che la ricorrente conseguentemente ha potuto far valere proprie osservazioni su tale aspetto nella sua risposta a detta comunicazione, cosa che del resto essa ha fatto ai punti da 35 a 40 di detta risposta.

144    Dai rilievi che precedono risulta che la ricorrente non può affermare che la Commissione avrebbe dovuto trasmetterle una nuova comunicazione degli addebiti per adempiere il proprio obbligo di fondare la sua decisione unicamente sugli addebiti relativamente ai quali le parti interessate hanno potuto far valere proprie osservazioni.

145    Ne consegue che il presente motivo deve essere respinto.

 Sul motivo vertente sulla mancata audizione da parte del consigliere-auditore

146    La ricorrente invoca una violazione dei suoi diritti della difesa per la mancanza di una nuova audizione da parte del consigliere-auditore a seguito dell’annullamento della decisione del 2002.

147    La ricorrente sostiene di non aver chiesto una nuova audizione, in quanto non era stata informata di tale possibilità né con la lettera del 30 giugno 2008 né con le richieste di informazioni ulteriori e poiché avrebbe inteso formulare una simile richiesta in risposta ad una nuova comunicazione degli addebiti che si attendeva ricevere. In proposito la ricorrente ritiene che essa avrebbe dovuto avere la possibilità di esprimersi oralmente sulla base giuridica procedurale della decisione impugnata, esattamente come già aveva potuto fare al momento della seconda audizione prima dell’adozione della decisione del 2002.

148    Si deve tuttavia necessariamente rilevare che le imprese interessate sono state invitate ad esporre oralmente le loro osservazioni alle audizioni del 13 giugno e del 30 settembre 2002, a seguito della comunicazione degli addebiti e della comunicazione degli addebiti supplementari (v. i punti 118 e 119 della decisione impugnata). Dal momento che la Commissione non aveva l’obbligo di trasmettere alle imprese di cui trattasi una nuova comunicazione degli addebiti a seguito dell’annullamento della decisione del 2002 e in mancanza di nuovi addebiti, la Commissione, alla luce delle considerazioni richiamate ai precedenti punti 139 e 140, non aveva l’obbligo di organizzare una nuova audizione da parte del consigliere-auditore.

149    Pertanto, il presente motivo dev’essere respinto.

 Sul motivo vertente sulla posteriorità della relazione finale rispetto all’adozione della decisione impugnata

150    La ricorrente sostiene che, mentre la decisione impugnata è stata adottata il 30 settembre 2009, la copia certificata conforme in italiano della relazione finale è datata 1° ottobre 2009, il che farebbe dubitare del fatto che la relazione finale sia stata allegata al progetto di decisione.

151    Va rilevato che la Commissione ha allegato al suo controricorso una copia della relazione finale in francese. Nei suoi atti essa ha chiarito che tale relazione era stata redatta nelle tre lingue di lavoro della Commissione, ossia il francese, l’inglese e il tedesco, e che era stata quindi tradotta in italiano, lingua facente fede, per essere trasmessa alle imprese interessate.

152    A seguito di una richiesta in questo senso da parte del Tribunale durante l’udienza, la Commissione ha prodotto una copia del processo verbale della riunione della Commissione del 30 settembre 2009. Essa ha altresì prodotto una copia delle versioni francese, inglese e tedesca della relazione finale, allegate al progetto di decisione, datate 22 settembre 2009 e sottoscritte dal consigliere-auditore, nonché una copia del regolamento interno della Commissione e delle sue modalità di applicazione (in prosieguo: le «modalità di applicazione»).

153    Occorre rammentare che, conformemente agli articoli 15 e 16, paragrafo 1, della decisione n. 2001/462, il consigliere-auditore prepara una relazione finale sul rispetto del diritto al contraddittorio, in cui viene verificato che il progetto di decisione riguardi esclusivamente gli addebiti su cui le imprese interessate hanno avuto la possibilità di pronunciarsi. Tale relazione è allegata al progetto di decisione trasmesso alla Commissione, in modo da garantire che, nel momento in cui adotta una decisione, essa disponga di «tutte le informazioni rilevanti» sul procedimento amministrativo e sul rispetto del diritto al contraddittorio.

154    Inoltre, l’articolo 6, quarto comma, del regolamento interno della Commissione, nella versione in vigore alla data dell’adozione della decisione impugnata, dispone che «[l]’ordine del giorno e i documenti necessari sono comunicati ai membri della Commissione nel rispetto delle condizioni fissate dalla Commissione a norma delle modalità d’applicazione».

155    Il punto 6.4 delle modalità di applicazione è intitolato «Diffusione dei documenti e regime linguistico». Secondo il punto 6.4.3 delle modalità di applicazione, «[i] documenti che devono essere esaminati alla riunione della Commissione sono trasmessi ai [m]embri della Commissione: – nelle lingue stabilite dal [p]residente, tenuto conto delle necessità minime dei [m]embri della Commissione – nonché nella/e lingua/e necessaria/e, in particolare ai fini dell’entrata in vigore dell’atto e della sua notifica al destinatario». Secondo il punto 6.4.6 delle modalità di applicazione, «[i]l [p]residente decide su qualsiasi situazione nella quale le condizioni previste ai [punti] 6-4.2 e 6-4.3, [primo] trattino, di cui sopra non sono soddisfatte». In virtù della stessa disposizione, «[i]n base alle circostanze, questi può decidere di rinviare la questione prevista all’ordine del giorno di una riunione successiva» e «[i]l rinvio è obbligatorio se la/e lingua/e necessaria/e, in particolare ai fini dell’entrata in vigore dell’atto e della sua notifica ai suoi destinatari, non è/sono disponibile/i».

156    Nelle osservazioni da essa formulate a seguito della produzione dei documenti di cui al precedente punto 153, la ricorrente ha fatto valere che dal processo verbale della riunione della Commissione del 30 settembre 2009 risultava che la relazione finale non era stata regolarmente allegata al progetto di decisione, poiché non era stata comunicata al collegio dei membri della Commissione nella lingua facente fede, bensì unicamente nelle lingue di lavoro della Commissione, in violazione delle modalità di applicazione. Siffatta violazione configurerebbe un vizio di forma sostanziale che sarebbe insanabile.

157    Dal processo verbale della riunione della Commissione del 30 settembre 2009 risulta che, in tale riunione, la Commissione ha preso «nota della relazione finale (...), come riprodotta nel documento C (2009) 7492/4». Da quest’ultimo documento risulta altresì che esso contiene le versioni inglese, francese e tedesca della relazione finale. È pertanto assodato che la relazione finale è stata allegata al progetto di decisione, prima della sua adozione da parte del collegio dei membri della Commissione e che detto collegio ne è venuto a conoscenza prima di adottare la decisione impugnata.

158    Si deve evidenziare che le modalità di applicazione configurano norme di procedura puramente interne, che non sono pubblicate. È vero che non si possa escludere che, in certe situazioni particolari, l’inosservanza del regime linguistico stabilito nelle modalità di applicazione possa avere ripercussioni su taluni elementi della decisione finale della Commissione nei confronti dell’impresa interessata, segnatamente qualora il collegio dei membri della Commissione non sia stato in grado di prendere visione del contenuto della relazione finale e di adottare la decisione impugnata con piena cognizione di causa. Per contro, una tale inosservanza non è atta ad inficiare la decisione finale della Commissione, allorché la relazione finale sia stata trasmessa al collegio in condizioni tali da consentire a quest’ultimo di adottare la propria decisione con piena cognizione di causa. Infatti, in tale ipotesi, la Commissione ha potuto conoscere il contenuto della relazione finale e la mera mancanza di tale relazione nella lingua facente fede non è idonea a produrre conseguenze pregiudizievoli per l’impresa. Orbene, secondo una giurisprudenza costante, l’inosservanza di norme procedurali interne, quali nel caso specifico le modalità di applicazione, non è circostanza idonea ad inficiare la validità della decisione finale, se non quando abbia carattere sufficientemente sostanziale ed abbia inciso in modo pregiudizievole sulla situazione di diritto e di fatto della parte che invoca un vizio di procedura (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 10 luglio 1991, RTE/Commissione, T‑69/89, Racc. pag. II‑485, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

159    Così evidentemente non è nel caso in esame. Da un lato, è noto che i documenti di lavoro della Commissione sono, come regola generale, presentati in tedesco, inglese e francese (sentenza del Tribunale del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Racc. pag. II‑5169, punto 87). Ebbene, è pacifico che ciò si è verificato nel caso di specie.

160    Dall’altro, la ricorrente non afferma che il fatto che la relazione finale nella lingua facente fede non sia stata allegata al progetto di decisione abbia inciso in modo pregiudizievole sulle sue situazioni di diritto e di fatto. Al riguardo, il giudice dell’Unione ha ricordato che la relazione del consigliere‑uditore costituisce un documento puramente interno alla Commissione, che non è diretto a completare o correggere l’argomentazione delle imprese e che non presenta quindi alcun aspetto decisivo di cui il giudice dell’Unione debba tener conto per esercitare il proprio sindacato (v. sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2008, Lafarge/Commissione, T‑54/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 201, e del 16 giugno 2011, FMC Foret/Commissione, T‑191/06, Racc. pag. II‑2959, punto 143 e giurisprudenza ivi citata).

161    Alla luce di quanto precede, e senza che occorra pronunciarsi sulla questione se le modalità di applicazione imponessero alla Commissione l’obbligo di allegare la relazione finale in italiano al progetto di decisione prima della sua adozione da parte del collegio dei membri della Commissione, si deve necessariamente constatare che una simile inosservanza non può inficiare la legittimità della decisione impugnata.

162    Sulla base di tutte le considerazioni che precedono, il presente motivo deve essere respinto.

 Sul motivo vertente sull’adozione di un testo privo degli allegati da esso menzionati

163    Nell’ambito del presente motivo, la ricorrente sostiene che la prima decisione le è stata notificata senza i suoi allegati e che la lettura della decisione di modifica abbia fatto sorgere legittimi dubbi che si sia verificato non solo un vizio nella notifica della prima decisione, ma anche un vizio nella sua adozione. Nella sua replica essa ha preso atto del fatto che, secondo la Commissione, la prima decisione fosse stata adottata in mancanza di detti allegati e, all’udienza, essa ha ritirato la propria richiesta di misure di organizzazione del procedimento finalizzate a determinare con certezza il contenuto della decisione su cui il collegio dei membri della Commissione si era pronunciato. Essa afferma tuttavia che la Commissione ha violato il principio di collegialità, circostanza che vizierebbe la legittimità della decisione impugnata e addirittura la sua stessa esistenza. Le tabelle omesse non avrebbero avuto un ruolo puramente esplicativo, ma avrebbero rivestito un’importanza sostanziale in merito all’intesa in questione. A tal riguardo, la ricorrente menziona espressamente le note a piè di pagina nn. 198 e 405 e le affermazioni a cui queste si riferiscono, il cui fondamento probatorio sarebbe costituito dalle tabelle contenute in allegato.

164    A questo riguardo, il fatto che le tabelle che avrebbero dovuto figurare in allegato alla prima decisione fossero già state trasmesse con la comunicazione degli addebiti sarebbe privo di rilevanza ai fini della questione se il collegio dei membri ne fosse a conoscenza. Sul punto la ricorrente ha precisato all’udienza che il suo motivo non verteva su una violazione dell’obbligo di motivazione.

165    D’altro canto, l’importanza delle suddette tabelle sarebbe confermata dal fatto stesso che la Commissione ha adottato la decisione di modifica. Anch’essa sarebbe peraltro incompleta, in quanto priva di motivazione e di dispositivo in merito all’intesa addebitata. Sarebbe stato quindi necessario adottare e notificare una decisione unica, che unisse in un unico testo la prima decisione e la decisione di modifica.

166    In via preliminare, si deve rilevare che la prima decisione non conteneva i propri allegati, fra cui figuravano varie tabelle alle quali veniva fatto riferimento ai punti 451 (tabella 13), 513 (tabelle 1 e 3), 515 (tabelle da 1 a 3), 516 (tabelle 9, da 11 a 14 e 16) e 518 (tabelle 11, 12 e 14), nonché alle note a piè di pagina nn. 102 (tabelle da 15 a 17), 127 (tabelle da 18 a 21), 198 (tabelle 22 e 23), 264 (tabelle 24 e 25), 312 (tabella 26), 362 (tabella 27), 405 (tabella 28), 448 (tabelle 29 e 30) e 563 (insieme delle tabelle allegate alla decisione) della prima decisione. La Commissione a questo proposito asserisce che si trattava di «tabelle elaborate allo scopo di rendere più agevole ed immediata la lettura dei movimenti dei prezzi richiamati nella decisione», le quali si limiterebbero a riprodurre «in modo schematico informazioni e dati presenti nel fascicolo».

167    Sotto un primo profilo, va ricordato che il principio di collegialità si fonda sull’eguaglianza dei membri della Commissione nella partecipazione all’adozione di una decisione e, in particolare, implica, da un lato, che le decisioni siano deliberate in comune e, dall’altro, che tutti i membri del collegio siano collettivamente responsabili, sul piano politico, del complesso delle decisioni adottate (sentenze della Corte del 23 settembre 1986, AKZO Chemie e AKZO Chemie UK/Commissione, 5/85, Racc. pag. 2585, punto 30, e del 15 giugno 1994, Commissione/BASF e a., C‑137/92 P, Racc. pag. I‑2555, punto 63). Inoltre, il dispositivo e la motivazione di una decisione, che dev’essere obbligatoriamente motivata ai sensi dell’articolo 15 CA, costituiscono un tutto inscindibile, di modo che spetta soltanto al collegio dei membri della Commissione, in forza del principio di collegialità, adottare nel contempo l’uno e l’altra, così come spetta esclusivamente al collegio qualsiasi modifica della motivazione che non costituisca una correzione meramente ortografica o grammaticale (sentenza del Tribunale del 18 gennaio 2005, Confédération nationale du Crédit mutuel/Commissione, T‑93/02, Racc. pag. II‑143, punto 124).

168    Nel caso di specie occorre considerare, da un lato, che la ricorrente non afferma la mancata deliberazione in comune della decisione impugnata, né la responsabilità collettiva del collegio, sul piano politico, di tale decisione e, dall’altro, che la mancanza in allegato alla prima decisione delle tabelle menzionate al precedente punto 166 può comportare l’illegittimità della decisione impugnata solo qualora siffatta mancanza non abbia consentito al collegio di sanzionare la condotta di cui all’articolo 1 della decisione impugnata con piena cognizione di causa, vale a dire senza essere stato indotto in errore su un punto essenziale da inesattezze od omissioni (v., in senso analogo, sentenze del Tribunale RTE/Commissione, cit. al punto 158 supra, punti da 23 a 25; del 27 novembre 1997, Kaysersberg/Commissione, T‑290/94, Racc. pag. II‑2137, punto 88; del 15 marzo 2000, Cimenteries CBR e a./Commissione, T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Racc. pag. II‑491, punto 742, e del 17 febbraio 2011, Zhejiang Xinshiji Foods e Hubei Xinshiji Foods/Consiglio, T‑122/09, non pubblicata nella Raccolta, punti 104 e 105).

169    In primo luogo, per quanto riguarda le tabelle 15, 16 e 17 (menzionate nella nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione), si deve constatare che, secondo tale nota a piè di pagina, in esse sono riprodotti i «dati riguardanti le modifiche dei prezzi degli “extra di dimensione” che hanno caratterizzato l’industria del tondo per cemento armato in Italia dal dicembre 1989 al giugno 2000». Tali tabelle sono menzionate dalla Commissione a fondamento del primo periodo del punto 126 della prima decisione, così formulato:

«Nella prima riunione della quale è a conoscenza la Commissione (quella del 6 dicembre 1989 presso l’[Associazione degli Industriali di Brescia]), i partecipanti hanno deciso all’unanimità di aumentare, dal lunedì 11 dicembre 1989, i prezzi degli “extra di dimensione” del tondo per cemento armato sia in barre che in rotoli destinato al mercato italiano (+10 ITL/Kg per gli “extra” da 14 a 30 mm, +15 ITL/Kg per quelli da 8 a 12 mm, +20 ITL/Kg per quelli da 6 mm; tutti aumentati di 5 ITL/Kg per il materiale in rotoli)».

170    Va rilevato che, in tale punto, la Commissione ha indicato espressamente gli aumenti dei prezzi degli extra di dimensione del tondo per cemento armato che erano stati decisi dai partecipanti alla riunione del 6 dicembre 1989 e la loro data di entrata in vigore. Peraltro, quanto agli ulteriori aumenti che, secondo la nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione, sono parimenti riprodotti in tali tabelle (dato che coprono il periodo compreso tra il 1989 e il 2000), occorre osservare che essi non sono oggetto del punto 4.1 della prima decisione, nel quale si colloca il punto 126 relativo al comportamento delle imprese tra il 1989 e il 1992. In ogni caso, detti aumenti sono altresì menzionati, tra l’altro, ai punti da 126 a 128 e 133 (per gli anni 1989-1992), 93 e 94 (per gli anni 1993-1994), da 149 a 151, 162 e 163 (per il 1995), 184 e 185 (per il 1996), 199, 200 e 213 (per il 1997), 269 (per il 1999), e da 296 a 304 (per il 2000) nonché ai punti 439 e 515 della prima decisione.

171    In secondo luogo, per quanto riguarda le tabelle da 18 a 21, menzionate nella nota a piè di pagina n. 127 della prima decisione, va osservato che, secondo tale nota, in esse sono riprodotti i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il periodo fine 1989/fine 1992 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono menzionate dalla Commissione a fondamento del punto 131 della prima decisione, che enuncia quanto segue:

«Per quel che riguarda i prezzi base per il tondo per cemento armato applicati durante il periodo di vigenza del suddetto accordo, si rileva che la IRO e la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. hanno applicato, a partire dal 16 aprile 1992, quello di ITL/Kg 210 e, a partire dal 1°/6 maggio 1992, quello di ITL/Kg 225. Dal 1°/8 giugno 1992, la IRO, la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A., la Acciaieria di Darfo S.p.A.125 e la Acciaierie e Ferriere Leali Luigi S.p.A. hanno applicato quello di ITL/Kg 235».

172    Occorre pertanto constatare che nel punto suddetto la Commissione, fondandosi allo stesso tempo su cinque pagine del fascicolo amministrativo menzionate nella nota a piè di pagina n. 126 della prima decisione, ha espressamente indicato i prezzi di base che erano stati fissati dalle imprese ivi citate e la data della loro entrata in vigore. Inoltre, va rilevato che la Commissione, al punto 419 della prima decisione, ha ritenuto che il primo comportamento avente per oggetto la fissazione del prezzo base aveva avuto luogo, al più tardi, il 16 aprile 1992. I dati eventuali riprodotti nelle tabelle da 18 a 21 della prima decisione, relativi ai prezzi di base per il periodo compreso, secondo la nota a piè di pagina n. 127 della prima decisione, tra «fine 1989» e il 16 aprile 1992, sono pertanto privi di rilevanza ai fini della comprensione delle censure della Commissione contenute al punto 131 della prima decisione.

173    In terzo luogo, quanto alle tabelle 22 e 23, menzionate nella nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione, si deve constatare che, secondo detta nota, in esse sono riprodotti i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il 1993 ed il 1994 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tali tabelle sono menzionate dalla Commissione a fondamento del punto 145 della prima decisione, che è così redatto:

«Come previsto nel telefax della Federacciai del 25 novembre 1994, il 1° dicembre 1994 si è svolta a Brescia una ulteriore riunione, dove sono state prese le decisioni precisate in un altro telefax della Federacciai, ricevuto dalle imprese il 5 dicembre 1994. Dette decisioni riguardavano:

–        i prezzi del tondo per cemento armato (320 ITL/Kg base partenza Brescia, con decorrenza immediata);

–        i pagamenti (dal 1° gennaio 1995 la dilazione massima sarà di 60/90 giorni fine mese, dal 1° marzo 1995 la dilazione sarà contenuta nei 60 giorni) e gli sconti;

–        la produzione (obbligo, per ciascuna impresa di comunicare alla Federacciai, entro il 7 dicembre 1994, le tonnellate di tondo per cemento armato prodotte in settembre, ottobre e novembre 1994).

La Alfa Acciai S.R.L. ha adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994. Il 21 dicembre 1994 lo ha adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. ha riconfermato il medesimo prezzo. Anche il prezzo base della [Lucchini-SP] relativo al gennaio 1995 era di ITL/Kg 320».

174    A tale riguardo deve sottolinearsi che le tabelle di cui alla nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione sono state menzionate dalla Commissione a fondamento della sua affermazione secondo cui «[l]a Alfa Acciai S.R.L. [aveva] adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994», «[i]l 21 dicembre 1994 lo [aveva] adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. [aveva] riconfermato il medesimo prezzo». Ebbene, il «nuovo prezzo base» e il «medesimo prezzo» ai quali viene fatto riferimento erano il prezzo di 320 lire italiane per chilo (ITL/kg), indicato al primo trattino di detto punto. I dati eventuali riprodotti nelle tabelle nn. 22 e 23 della prima decisione, relative ai prezzi base per il periodo compreso tra il 1993 e il 7 dicembre 1994, non sono quindi rilevanti ai fini della comprensione delle censure della Commissione di cui al punto 145 della prima decisione.

175    In quarto luogo, per quanto concerne le tabelle 24 e 25, menzionate nella nota a piè di pagina n. 264 della prima decisione, si deve constatare che, secondo tale nota, in esse sono riprodotti i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1995 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono menzionate dalla Commissione a sostegno del punto 174 della prima decisione, che ha il seguente tenore:

«Successivamente, in un documento dei primi giorni di ottobre del 1995, in possesso della Federacciai (manoscritto dalla segretaria del Direttore generale facente funzione) è affermato che:

–        la clientela rimetteva in discussione i pagamenti (da cui la necessità di una comunicazione che ribadisse la fermezza sui pagamenti);

–        dalla settimana precedente il prezzo del tondo per cemento armato era sceso di ulteriori 5/10 ITL/Kg, collocandosi tra le 260/270 ITL/Kg in zona Brescia, con quotazioni al di sotto delle 250 ITL/Kg fuori di detta zona;

–        la situazione del mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo; e

–        si dovevano richiedere alle imprese i dati riguardanti gli ordini della 39ma (dal 25 al 29 settembre 1995) e 40ma (dal 2 al 6 ottobre 1995) settimana».

176    Deve altresì rilevarsi che, al punto 174 della prima decisione, la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto di un documento manoscritto della segretaria del direttore generale facente funzione, redatto nell’ottobre 1995. Al riguardo, la Commissione si è riferita alle tabelle 24 e 25 unicamente a sostegno dell’affermazione contenuta in tale documento, secondo cui «la situazione del mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo». Pertanto, le tabelle 24 e 25 risultano irrilevanti ai fini della comprensione delle censure della Commissione di cui al punto 174 della prima decisione.

177    In quinto luogo, quanto alla tabella 26, menzionata nella nota a piè di pagina n. 312 della prima decisione, si deve rilevare che, secondo tale nota, in essa sono riprodotti i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1996 dei quali [era] in possesso la Commissione». Detta tabella è menzionata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 200 della prima decisione, secondo cui, «[d]urante il periodo che va dal 22 ottobre 1996 al 17 luglio 1997 c[’erano] state almeno dodici riunioni dei responsabili commerciali delle imprese, svoltesi […tra l’altro] martedì 22 ottobre 1996, data in cui [era] stato riconfermato per il mese di novembre 1996 il prezzo di ITL/Kg 230 base partenza Brescia e il mantenimento della quotazione di ITL/Kg 210 esclusivamente per le consegne di ottobre».

178    Si deve pertanto necessariamente rilevare che, nonostante la mancanza della tabella 26 nella prima decisione, la Commissione ha espressamente menzionato, al punto 200 di questa, i prezzi base del periodo in causa nonché il momento della loro entrata in vigore.

179    In sesto luogo, per quanto riguarda la tabella 27, menzionata nella nota a piè di pagina n. 362 della prima decisione, essa, secondo tale nota, riproduce i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1997 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tale tabella è menzionata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 216 della prima decisione, che è formulata come segue:

«Comunque, la [Lucchini-SP (…)], l’Acciaieria di Darfo S.p.A., l’Alfa Acciai S.R.L., la Feralpi Siderurgica S.R.L., la IRO, la Riva Prodotti Siderurgici S.p.A. e la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. sono le sette imprese destinatarie di una comunicazione (datata 24 novembre 1997) del Dott. Pierluigi Leali, avente ad oggetto l’“accordo prezzo-consegne” (…) “Il prezzo di ITL 270/Kg è stato solo chiesto, senza risultato – continuava la comunicazione – da un paio di ferriere mentre in realtà, come dichiarato da più parti nel corso dell’ultima riunione dei commerciali, la quotazione è assestata a ITL 260/Kg con punte al di sotto. Rileviamo tuttavia con parziale soddisfazione che la caduta si è arrestata grazie al contingentamento delle consegne che tutti stiamo rispettando e che, come da accordi, sarà verificato da ispettori esterni all’uopo nominati”. “In questo fine mese – continuava sempre la comunicazione – che ormai si sta trascinando per inerzia, è indispensabile intervenire con immediato irrigidimento sulla quotazione minima di ITL 260/Kg (che non andrebbe sicuramente ad incidere sulle scarse acquisizioni del periodo). Con la pianificazione delle consegne di dicembre concordate (‑20% sulla quota di novembre) siamo sicuramente nella condizione di mantenere il livello di prezzo concordato; è però indispensabile – concludeva il Dott. Pierluigi Leali – che nessuno accetti deroghe sul prezzo minimo stabilito (ITL 260/Kg)».

180    Dal testo del predetto punto emerge quindi che la Commissione si è limitata a riprodurre i termini della comunicazione del 24 novembre 1997 ivi menzionata. La tabella 27 risulta pertanto irrilevante ai fini della comprensione della censura della Commissione contenuta nel punto 216 della prima decisione.

181    In settimo luogo, per quanto riguarda la tabella 28, menzionata nella nota a piè di pagina n. 405 della prima decisione, si deve constatare che, secondo detta nota, in essa sono riprodotti i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e per la Lucchini/Siderpotenza anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1998 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tale tabella è menzionata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta nel punto 241 della prima decisione, il quale è redatto come segue:

«L’11 settembre 1998 il Dott. Pierluigi Leali ha inviato una comunicazione (...) nella quale, facendo riferimento all’intenzione espressa (in un incontro avvenuto il 9 settembre 1998) di mantenere la quotazione minima, a ITL“170 bp [base di partenza]”???, si rilevavano “comportamenti anomali, ovvero quotazioni mediamente inferiori [di ITL] 5/Kg al livello stabilito, che in alcune zone del sud diventavano ancora maggiori”. “Per parte nostra – scriveva il Dott. Pierluigi Leali – il livello minimo concertato viene mantenuto con conseguente riduzione del flusso di ordini”. “Ci auguriamo – terminava la comunicazione – che nell’incontro tra i responsabili commerciali di martedì 15 [del mese corrente] venga riscontrata una sostanziale tenuta dei prezzi, valida per un eventuale recupero della quotazione”».

182    Dal testo stesso del punto citato risulta quindi che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione dell’11 settembre 1998 ivi menzionata. La tabella 28 risulta pertanto irrilevante ai fini della comprensione della censura della Commissione contenuta al punto 241 della prima decisione.

183    In ottavo luogo, quanto alle tabelle 29 e 30, menzionate nella nota a piè di pagina n. 448 della prima decisione, si deve constatare che, secondo tale nota, in esse sono riprodotti i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini/Siderpotenza, anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1999 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono menzionate dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 276 della prima decisione, il quale ha il seguente tenore:

«Ulteriori informazioni, sulla situazione del mercato del tondo per cemento armato in Italia in questo periodo, sono contenute in un documento redatto dalla Leali il 10 novembre 1999, e in particolare nella sezione intitolata “benefici e limiti dell’accordo commerciale anno 1999” in cui si legge: “L’accordo base raggiunto tra i produttori nazionali ha consentito, durante il 1999, di invertire la situazione di debolezza dei prezzi che aveva caratterizzato i due precedenti esercizi 1997 e 1998 e di recuperare oltre 50 ITL/Kg di margine lordo. Durante l’anno 1998 il margine lordo medio (prezzo di vendita – costo materie prime) era risultato di ITL/Kg 70, e per ben 5 mesi era sceso al di sotto di tale soglia”. (…) “L’accordo raggiunto ha consentito di stabilizzare i prezzi di vendita in corso di anno, ed i produttori hanno potuto beneficiare della situazione dei costi della materia prima, incrementando il margine lordo di oltre 50 ITL il Kg, portandolo a ITL/Kg 122 nette”».

184    Dalla formulazione del punto 276 della prima decisione emerge quindi che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione del 10 novembre 1999 ivi menzionata. La mancanza delle tabelle 29 e 30 è pertanto ininfluente ai fini della comprensione della censura della Commissione contenuta al punto 276 della prima decisione.

185    In nono luogo, la tabella 13, menzionata al punto 451 della prima decisione, è citata a sostegno dell’affermazione secondo cui, «[p]er quel che riguarda il 1997, occorre constatare che esso [era] stato caratterizzato, nel suo primo semestre, da un aumento costante del prezzo base fissato dall’intesa anticoncorrenziale: ITL/Kg 190, fissato nella riunione del 30 gennaio; ITL/Kg 210, fissato nella riunione del 14 febbraio; ITL/Kg 250, fissato nella riunione del 10 luglio (punto 200)» e secondo cui, «[n]ello stesso periodo, il prezzo base medio di mercato era anch’esso costantemente aumentato, passando dalle 170 ITL/Kg di gennaio alle 240 ITL/Kg di luglio (Tabella n. 13, in allegato); a settembre dello stesso anno, il prezzo base medio di mercato è ulteriormente aumentato, raggiungendo le 290 ITL/Kg (Tabella n. 13, in allegato)». Si deve quindi rilevare che la Commissione ha espressamente indicato, in detto punto, gli aumenti del prezzo base relativi all’anno 1997, di modo che detta tabella non risulta indispensabile alla comprensione del ragionamento della Commissione.

186    In decimo luogo, va rilevato che, al punto 496 della prima decisione (nota a piè di pagina n. 563 della prima decisione) la Commissione si è riferita globalmente alle «tabelle allegate alla presente decisione», al fine di sostenere l’affermazione secondo cui «[d]alle informazioni (…) risulta[va] che tutte le imprese coinvolte nel presente procedimento [avevano] pubblicato listini prezzi base nel periodo in esame». Occorre tuttavia sottolineare che il punto 496 della prima decisione fa anche riferimento ai punti da 419 a 433 di questa, i quali «elencano tutte le occasioni documentate in cui il prezzo base è stato oggetto di discussione tra le imprese (ivi compresa l’associazione)». In proposito la Commissione ha precisato che, «[t]ra esse alcune [erano] già state menzionate quando si [era] parlato di concorso di volontà (si vedano i punti (473)-(475))», che, «[p]er le altre occasioni, tra il 1993 e il 2000, si [doveva] ricorrere alla nozione di concertazione», e che «[l]’oggetto di questa concertazione era influire sul comportamento dei produttori sul mercato e rendere manifesto il comportamento che ciascuno di loro si proponeva di tenere sul mercato, in pratica, sulla determinazione del prezzo base». Le tabelle allegate alla prima decisione, quindi, nel loro insieme non risultano indispensabili alla comprensione della censura della Commissione.

187    In undicesimo luogo, per quanto riguarda i riferimenti alle tabelle 1, 2, 3, 9, da 11 a 14 e 16 effettuati ai punti 513, 515, 516 e 518 della prima decisione, va sottolineato che tali punti si inseriscono nella suddivisione della prima decisione relativa agli effetti sul mercato delle pratiche restrittive e che dall’analisi del loro contenuto risulta che le tabelle ivi menzionate o si limitano a riprendere i dati numerici che vi vengono indicati ovvero non sono indispensabili alla comprensione del ragionamento della Commissione in merito agli effetti dell’intesa.

188    Alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, non può affermarsi che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, il collegio dei membri della Commissione non fosse a conoscenza in maniera piena e completa degli elementi su cui si fondava la misura stessa. Ne consegue che il collegio dei membri della Commissione ha sanzionato la condotta di cui all’articolo 1 della decisione impugnata con piena cognizione di causa.

189    Sotto un secondo profilo, quanto alla critica della ricorrente attinente al carattere asseritamente incompleto della decisione di modifica a motivo del difetto di motivazione e di dispositivo relativamente all’intesa in questione, occorre anzitutto rilevare che il potere della Commissione di adottare un atto determinato deve necessariamente includere il potere di modificare tale atto, nel rispetto delle disposizioni relative alla propria competenza nonché nel rispetto delle forme e procedure previste al riguardo dal Trattato (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella sentenza della Corte del 13 luglio 2004, Commissione/Consiglio, C‑27/04, Racc. pag. I‑6649, I‑6653, punti 134 e 143). Pertanto, la Commissione ha correttamente proceduto ad allegare le tabelle alla prima decisione adottando la decisione di modifica.

190    Si deve poi constatare che il titolo, il preambolo, le motivazioni e l’articolo 1 della decisione di modifica citano in modo esplicito la prima decisione e precisano che il testo di quest’ultima fa riferimento ad un allegato contenente delle tabelle le quali illustrano i movimenti dei prezzi del tondo per cemento armato nel periodo di durata dell’intesa, il quale non vi era stato incluso, e che detta prima decisione doveva pertanto essere modificata così da includervi detto allegato. Inoltre, la decisione di modifica precisa che taluni riferimenti errati fatti alle suddette tabelle nella prima decisione devono essere corretti. Dato che la decisione di modifica enuncia quindi chiaramente il proprio scopo – allegare le tabelle e correggere i riferimenti – e che, conformemente a tale scopo, contiene le tabelle e le correzioni dei riferimenti in questione, essa non è affatto incompleta. La censura vertente sul carattere asseritamente incompleto della decisione di modifica, pertanto, non può trovare accoglimento.

191    Ne consegue che il presente motivo deve essere respinto.

192    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere le conclusioni dirette a ottenere l’annullamento della decisione impugnata.

2.     Sulle conclusioni dirette ad ottenere l’annullamento parziale della decisione impugnata e la conseguente diminuzione dell’importo dell’ammenda

 Sul motivo vertente su errori di diritto nella valutazione dei fatti

193    La ricorrente contesta di aver partecipato ad accordi o pratiche concordate ai sensi dell’articolo 65 CA prima del mese di dicembre 1998, data in cui essa avrebbe cominciato a partecipare unicamente alla parte dell’accordo relativa al controllo delle vendite. Infatti, dalla decisione impugnata risulterebbe che la ricorrente non ha mai partecipato alle riunioni nelle quali venivano fissati i prezzi e che la Commissione ha dedotto la sua partecipazione all’intesa, perlomeno fino alla fine del 1998, per il solo fatto: a) che essa sarebbe stata destinataria delle comunicazioni della Federacciai, mentre non sarebbe nemmeno dimostrato che abbia ricevuto tali comunicazioni; b) che essa avrebbe fornito informazioni a detta associazione, il che tuttavia corrisponderebbe al suo scopo, e c) che essa avrebbe adeguato i prezzi dei suoi extra di dimensione a quelli di altre imprese, mentre tale adeguamento sarebbe avvenuto successivamente alla pubblicazione di tali prezzi.

194    Nel ricorso, la ricorrente articola il suo motivo in quattro parti. La prima è relativa alla durata della partecipazione della ricorrente all’intesa nella sua globalità. La seconda riguarda la sua presunta partecipazione alla parte dell’intesa relativa alla fissazione del prezzo base. La terza concerne la sua presunta partecipazione alla fissazione dei prezzi degli extra di dimensione. Infine, la quarta attiene all’asserita partecipazione della ricorrente al controllo della produzione e delle vendite.

 Decisione impugnata

195    Nella decisione impugnata, la Commissione ha constatato che l’intesa praticata tra le imprese destinatarie di tale decisione aveva avuto luogo nel periodo che va dal 1989 al 2000 e che aveva ad oggetto la fissazione dei prezzi e in funzione della quale era stata anche concordata la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite (punto 399 della decisione impugnata). Per quel che riguarda la fissazione dei prezzi, la Commissione ha rilevato che l’intesa si era articolata essenzialmente negli accordi o pratiche concordate relativi al prezzo base dal 15 aprile 1992 al 4 luglio 2000 (nonché, fino al 1995, negli accordi o pratiche concordate relativi ai termini di pagamento) e negli accordi o pratiche concordate relativi agli «extra» dal 6 dicembre 1989 al 1° giugno 2000 (punto 400 della decisione impugnata). Quanto ai comportamenti riguardanti la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite, la Commissione ha indicato che essi avevano avuto luogo dal 13 giugno 1995 al 23 maggio 2000 (punti 457 e 458 della decisione impugnata) e che tale parte dell’intesa era indissolubilmente legata alla fissazione del prezzo minimo, poiché il suo obiettivo era altresì l’aumento del prezzo (punti 449, 451, 452, 453, 454, 455, 456, 458, 462 e 507 della decisione impugnata).

196    La Commissione ha quindi concluso che i comportamenti rilevati costituissero un’infrazione unica, complessa e continuata che poteva essere qualificata come infrazione unica, concretizzata attraverso un comportamento continuato costituito sia da accordi che da pratiche concordate, tutti funzionali al medesimo disegno, vale a dire l’aumento dei prezzi del tondo per cemento armato (punti 436, 437, 442, 444, 458, 462, 507, 508 e 510 della decisione impugnata).

197    Per quanto concerne la ricorrente, la Commissione ha affermato che la sua partecipazione all’intesa era incontestabilmente durata almeno dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000. La Commissione ha infatti osservato che la ricorrente aveva aderito alla parte dell’intesa relativa alla fissazione del prezzo base e dei prezzi degli «extra di dimensione» a partire dal 1° aprile 1993 e che aveva continuato a partecipare all’intesa in materia di prezzo base, di prezzo degli extra di dimensione e, dal 1° dicembre 1994 al 30 settembre 1995, in materia di termini di pagamento. Tuttavia la Commissione ha rilevato che, quando l’oggetto dell’intesa si era esteso anche alla limitazione o controllo della produzione o delle vendite (13 giugno 1995), la Ferriere Nord non vi aveva immediatamente aderito. L’impresa infatti aveva cominciato a partecipare a detta parte dell’intesa solo dal 28 settembre 1998 (punti 566 e 606 della decisione impugnata).

 Sulla durata della partecipazione della ricorrente all’intesa nel suo complesso

198    La ricorrente afferma di non aver partecipato ad accordi o pratiche concordate, ai sensi dell’articolo 65 CA, prima del dicembre 1998. Infatti, l’esame dei documenti citati ai punti 182, 202 e 219 della decisione impugnata rivelerebbe che essa non era sempre invitata alle riunioni durante le quali venivano fissati i prezzi e che, anche quando vi era stata invitata, non vi aveva partecipato (punti 178, 180, 181, 183 e 186 della decisione impugnata). Particolarmente significative sarebbero le lettere del primo semestre 1998, giacché non erano indirizzate alla ricorrente e, quindi, essa non poteva aver preso parte agli accordi cui tali lettere facevano riferimento.

199    Secondo la ricorrente, niente proverebbe che essa abbia partecipato alle riunioni e vi sarebbe anzi la prova contraria, ossia la circostanza che essa non venga mai nominata quale partecipante a riunioni, se non a partire dal punto 241, e soprattutto il fatto che non venga menzionata ai punti da 200 a 236 della decisione impugnata. Benché la Commissione abbia asserito, ai punti 137, 139, 141 e 184, che la ricorrente avesse adattato i propri prezzi a prezzi concordati in tali riunioni, non sussisterebbe alcun elemento a prova della sua partecipazione a dette riunioni.

200    In via preliminare occorre rammentare che l’articolo 65 CA proibisce segnatamente gli accordi tra imprese e sistemi concordati che tendano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza e, in particolare, a fissare o determinare i prezzi, a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento (v. punto 3 supra).

201    La nozione di accordo ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA deriva dall’espressione, da parte delle imprese partecipanti, della volontà comune di comportarsi sul mercato in un determinato modo (v., quanto all’articolo 81, paragrafo 1, CE, sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punto 130; v., quanto all’articolo 65, paragrafo 1, CA, sentenza del Tribunale dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, Racc. pag. II‑347 e giurisprudenza ivi citata) (v. altresì punto 403 della decisione impugnata).

202    Peraltro, come rilevato dalla Commissione ai punti 491 e 492 della decisione impugnata, la nozione di pratica concordata ai sensi di tale disposizione riguarda una forma di coordinamento tra imprese le quali, pur senza essersi spinte sino alla costituzione di un vero e proprio accordo, abbiano consapevolmente costituito una reciproca cooperazione pratica a danno della concorrenza (sentenze della Corte del 16 dicembre 1975, Suiker Unie e a./Commissione, da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Racc. pag. 1663, punto 26; del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, Racc. pag. I‑1307, punto 63; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 201 supra, punto 115, e dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punto 158; sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 201 supra, punto 266).

203    La Corte ha aggiunto che i criteri del coordinamento e della collaborazione dovevano essere intesi alla luce della concezione inerente alle norme del Trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che egli intende seguire sul mercato comune (sentenze della Corte Suiker Unie e a./Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 173; Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 63; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 201 supra, punto 116, e del 2 ottobre 2003, Corus UK/Commissione, C‑199/99 P, Racc. pag. I‑11177, punto 106).

204    Secondo questa stessa giurisprudenza, se è vero che la suddetta esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei loro concorrenti, essa vieta però rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti che possano influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che essi hanno deciso o intendono seguire sul mercato quando tali contatti abbiano lo scopo o l’effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato di cui trattasi, tenuto conto della natura della merce e delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese e del volume di detto mercato (sentenze Suiker Unie e a./Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 174; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 201 supra, punto 117; Hüls/Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 160, e Corus UK/Commissione, cit. al punto 203 supra, punto 107).

205    Bisogna inoltre presumere, fatta salva la prova contraria il cui onere incombe agli operatori interessati, che le imprese partecipanti alla concertazione e che rimangono presenti sul mercato tengano conto degli scambi di informazioni con i loro concorrenti per decidere il proprio comportamento sul mercato. Ciò a maggior ragione allorché la concertazione ha luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 201 supra, punto 121; v. anche, in tal senso, sentenza Hüls/Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 162).

206    Occorre peraltro rilevare che il paragone tra la nozione di accordo e quella di pratica concordata dimostra che, dal punto di vista soggettivo, esse ricomprendono forme di collusione che condividono la stessa natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme con cui si manifestano (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 201 supra, punto 131).

207    Alla luce della giurisprudenza citata ai punti da 200 a 206 supra, occorre anzitutto rilevare che il solo fatto che la ricorrente non sia stata sempre invitata alle riunioni durante le quali venivano fissati i prezzi o che non abbia partecipato a talune riunioni non può essere sufficiente a dimostrare che la ricorrente non abbia partecipato all’intesa sino al dicembre 1998.

208    Si deve rammentare, che, per poter dimostrare l’esistenza di un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA, è necessario che la Commissione deduca prove serie, precise e concordanti. Tuttavia, non occorre che ogni singola prova dedotta dall’istituzione debba necessariamente rispondere a tali criteri riguardo ad ogni singolo elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso di indizi addotti dall’istituzione, complessivamente valutati, risponda a tale esigenza (v., in tal senso, sentenza della Corte del 1° luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, Racc. pag. I‑6375, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

209    Pertanto, anche ammesso che nessuno dei singoli elementi dell’infrazione di cui è causa costituisca, isolatamente considerato, un accordo o una pratica concertata vietati dall’articolo 65, paragrafo 1, CA, tale conclusione non impedisce che gli elementi stessi, complessivamente considerati, costituiscano un accordo o una pratica di tal genere (v., in tal senso, sentenza Knauf Gips/Commissione, cit. al punto 208 supra, punto 48).

210    Infatti, come la Corte ha già avuto modo di affermare, poiché sono noti tanto il divieto di partecipare a pratiche e accordi anticoncorrenziali quanto le sanzioni che possono essere irrogate ai contravventori, di norma le attività derivanti da tali pratiche e accordi si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete, spesso in un paese terzo, e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Anche se la Commissione scoprisse documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di una riunione, questi ultimi sarebbero di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostituire taluni dettagli per via di deduzioni. Nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale deve essere comprovata da un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati insieme, possono costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle norme sulla concorrenza (sentenza Knauf Gips/Commissione, cit. al punto 208 supra, punto 49; v. altresì, in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 115 supra, punti da 55 a 57).

211    Nel caso in esame, per quanto riguarda gli elementi su cui si è basata la Commissione per affermare che la ricorrente aveva effettivamente partecipato all’intesa a partire dal 1º aprile 1993 (punto 566 della decisione impugnata), sotto un primo profilo, occorre rilevare quanto segue.

212    Per quanto concerne l’anno 1993, dal fascicolo risulta che la ricorrente è stata uno dei destinatari della comunicazione della Federacciai del 1º aprile 1993, in cui è fatto riferimento a una riunione, svoltasi quello stesso giorno, in relazione alla fissazione del prezzo base e degli extra di dimensione. Come la Commissione ha indicato al punto 137 della decisione impugnata, dal fascicolo risulta anche che la ricorrente fa parte delle imprese che hanno adottato i prezzi degli extra di dimensione a partire dal 5 aprile 1993. Deve pertanto considerarsi che, quand’anche la ricorrente non abbia partecipato a detta riunione, essa ha aderito ai risultati di questa e deve ritenersi che abbia cominciato a partecipare all’intesa relativa alla fissazione del prezzo base e degli extra di dimensione a partire da tale data.

213    Per quel che riguarda il periodo 1993-1994, la ricorrente ha continuato a ricevere le comunicazioni della Federacciai relative ai prezzi base e ai prezzi degli extra di dimensione il 7 febbraio (punto 138 della decisione impugnata), il 30 agosto (punto 140 della decisione impugnata), il 13 settembre (punto 142 della decisione impugnata) e il 5 dicembre 1994 (punto 145 della decisione impugnata). Essa inoltre ha quantomeno adottato i prezzi degli extra di dimensione fissati durante le riunioni e comunicati il 7 febbraio e il 30 agosto 1994 e ha dato seguito, il 30 novembre e il 12 dicembre 1994, al telefax della Federacciai del 25 novembre 1994 contenente la richiesta di inviarle entro il 28 novembre 1994, da parte di ciascuna delle imprese, i dati relativi alle consegne sul mercato italiano ed estero nei mesi di settembre, ottobre e novembre (punti da 143 a 145 della decisione impugnata).

214    Per quanto riguarda il 1995, dal fascicolo risulta che la ricorrente ha ricevuto il 22 febbraio 1995 la comunicazione della Federacciai del 21 febbraio 1995 relativa alla fissazione del prezzo base e dei prezzi degli extra di dimensione ed ha applicato i prezzi degli extra di dimensione in tal modo fissati l’11 marzo 1995 (punti 149 e 151 della decisione impugnata). Essa ha inoltre continuato a ricevere le comunicazioni della Federacciai del 4 (punto 160 della decisione impugnata) e del 5 luglio 1995, contenente l’indicazione «da distruggere dopo presa visione» (punto 161 della decisione impugnata). Dal telefax della Federacciai alla Leali del 19 luglio 1995 (punto 163 della decisione impugnata) e dal telefax della Federacciai alle imprese del 21 luglio 1995, contenente l’indicazione «da distruggere dopo presa visione» (punto 164 della decisione impugnata) risulta inoltre che la ricorrente era disposta a rispettare le dilazioni di pagamento che sarebbero state decise. Infine, dalla comunicazione della Federacciai del 29 agosto 1995, contenente l’indicazione «da distruggere dopo presa visione», e dalla comunicazione della Federacciai del 5 settembre 1995 risulta che ciascuna impresa aveva assunto l’impegno di comunicare i dati riservati, precisati in un formulario allegato (produzioni mensili previste per l’ultimo trimestre del 1995, i quantitativi mensili di esportazione negli ultimi due trimestri del 1995, il livello delle giacenze alla fine del mese di agosto 1995 e le consegne sul mercato nazionale e all’esportazione nel mese di luglio e nel mese di agosto 1995) (punto 168 della decisione impugnata), che sono stati poi comunicati dalla Federacciai alla Leali con telefax del 1º settembre 1995 (punto 169 della decisione impugnata). Dal punto 162 della decisione impugnata emerge altresì che la ricorrente si è conformata alla pratica concordata del luglio 1995 relativa ai prezzi degli extra di dimensione.

215    Per quanto concerne il 1996, dal fascicolo risulta che la ricorrente ha continuato a partecipare alla parte dell’intesa relativa alla fissazione del prezzo base e a quella relativa alla fissazione dei prezzi degli extra di dimensione. Infatti, il 28 dicembre 1995 essa ha ricevuto dalla Leali un invito a partecipare ad una riunione il 4 gennaio 1996, confermata il 3 gennaio 1996, con i rappresentanti delle altre imprese principali produttrici di tondo per cemento armato (punti 178 e 180 della decisione impugnata). In proposito, dalla comunicazione del 3 gennaio 1996 risulta che la ricorrente aveva già espresso la propria preventiva adesione alle iniziative che sarebbero state decise unanimemente. Il 17 gennaio 1996 la ricorrente è stata invitata a una riunione il 18 gennaio 1996. In detta comunicazione si raccomandava di portare i dati di acquisizione settimanale degli ordini al 17 gennaio 1996 per poter fare alcune considerazioni concrete sull’andamento del mercato (punto 181 della decisione impugnata). Il 12 febbraio 1996, la Federacciai ha inviato a tutti i produttori di tondo per cemento armato una comunicazione con cui li informava che un produttore aveva deciso di praticare taluni aumenti degli extra di dimensione, aumenti che sono stati attuati dalla ricorrente e dalle altre imprese (punto 184 della decisione impugnata). Il 12 febbraio 1996 la ricorrente ha altresì ricevuto dalla Leali un invito ad una riunione del 13 febbraio 1996, in cui veniva constatato il ripiegamento del prezzo base del tondo per cemento armato a ITL/Kg 210 e l’esigenza di un incontro dei «titolari» per valutare l’opportunità di prendere misure straordinarie, ad esempio export alternativo a ulteriori fermate produttive (punto 183 della decisione impugnata). Tale comunicazione indicava in fine che tutte le imprese destinatarie avevano confermato telefonicamente la presenza di un proprio rappresentante. A tale riguardo, sebbene il promemoria concernente la riunione del 13 febbraio 1996, relativa al programma di fermate dei laminatoi, affermi che l’adesione della ricorrente dovesse essere ancora confermata, nello stesso promemoria si indicava anche che questa aveva già anticipato una sostanziale adesione qualora tutti fossero stati d’accordo (punto 183 della decisione impugnata). D’altro canto, in un promemoria del 23 febbraio 1996, la Leali, facendo riferimento alle comunicazioni e ai contatti telefonici avvenuti in precedenza, ha confermato l’adesione delle imprese in questione ai programmi di contenimento della produzione, la decisione di applicare immediatamente il prezzo minimo base nonché i nuovi extra di dimensione (punto 186 della decisione impugnata). Dal promemoria del 28 febbraio 1996 della Leali risulta altresì che occorreva che le imprese rispettassero un prezzo base «sostenibile per tutti» di 210 ITL/kg (punto 187 della decisione impugnata). La ricorrente è stata inoltre convocata ad una riunione il 5 marzo 1996 (punto 188 della decisione impugnata) nonché ad una riunione il 2 aprile 1996 (punto 190 della decisione impugnata) al fine di discutere della gravissima situazione di mercato. Nel promemoria riguardante tale riunione il prezzo base era fissato a 190 ITL/kg, con un minimo tassativo di 180 ITL/kg (punto 191 della decisione impugnata). Il 25 luglio 1996 una comunicazione della Federacciai a tutti i produttori di tondo per cemento armato confermava il prezzo base di 240 ITL/kg e fissava la nuova riunione dei responsabili commerciali delle imprese di cui trattasi per il 27 agosto 2006. La ricorrente è inoltre stata invitata ad una riunione il 24 settembre 1996 per analizzare la situazione di mercato (punto 194 della decisione impugnata). Infine, una comunicazione del 23 ottobre 1996, facente seguito ad una riunione del giorno precedente e destinata a tutti i produttori di tondo per cemento armato, ha confermato il prezzo base di 230 ITL/kg e la fissazione di una riunione per il 29 ottobre 1996 (punto 200 della decisione impugnata).

216    Per quanto riguarda il 1997, dal fascicolo risulta che la ricorrente ha continuato a ricevere le comunicazioni della Federacciai relative al prezzo base ed ai prezzi degli extra di dimensione.

217    Infatti, il 17 ottobre 1997 la Federacciai ha comunicato ai responsabili commerciali di tutte le imprese produttrici di tondo per cemento armato che, a seguito di una riunione tra i «titolari» era stato unanimemente individuato un prezzo minimo di 300 ITL/kg, prezzo base partenza Brescia (punto 210 della decisione impugnata). Il 24 ottobre 1997 la Federacciai ha informato i responsabili commerciali di tutte le imprese produttrici di tondo per cemento armato che, nel corso della riunione del giorno precedente tra tali responsabili, che avrebbe fatto seguito a una certa confusione nell’applicazione del prezzo base precedentemente definito, il prezzo minimo di 300 ITL/kg, prezzo base partenza Brescia, era stato riconfermato all’unanimità.

218    Quanto al prezzo degli extra di dimensione, dal fascicolo risulta altresì che la Federacciai, il 10 luglio 1997, ha trasmesso ai responsabili commerciali di tutte le imprese produttrici di tondo per cemento armato le modifiche dei prezzi degli extra di dimensione convenute alla riunione del 7 luglio 1997, modifiche che sono state adottate dalla ricorrente l’11 luglio 1997 e dalle altre imprese, in particolare dalla Darfo il 7 luglio 1997, dalla Riva il 14 luglio 1997 e dall’Alfa il 15 luglio 1997. Al pari di altre imprese (segnatamente la Darfo, la Riva e la IRO), la ricorrente ha altresì adottato il 3 novembre 1997 le modifiche dei prezzi degli extra di dimensione decise alla riunione del 10 ottobre 1997 (punto 213 della decisione impugnata). A questo proposito, dal fascicolo emerge che la ricorrente ha comunicato alla propria divisione commerciale e ai suoi agenti una copia delle decisioni relative al prezzo base e ai prezzi degli extra di dimensione contenute nel telefax della Federacciai del 10 ottobre 1997 (v. anche punto 213 della decisione impugnata).

219    Quanto al 1998, dai punti 232 e 233 della decisione impugnata risulta che la Leali ha comunicato, tra le altre, alla Ferriere Nord la convocazione di un incontro dei «titolari» per il giorno 8 giugno 1998 per discutere un’azione forte per risollevare la drammatica situazione di mercato e per valutare la possibilità di una fermata di quattro settimane durante il periodo feriale. Il 10 giugno 1998, dopo aver preso contatto, tra le altre, con la Ferriere Nord, la Leali ha comunicato ad altre imprese che tutti i produttori avrebbero applicato con effetto immediato il prezzo di 190 ITL/kg «base partenza», inderogabile (punto 233 della decisione impugnata). L’11 settembre 1998, la Leali ha inviato una comunicazione, tra le altre, alla Ferriere Nord in cui essa affermava in particolare che si augurava che «nell’incontro tra i responsabili commerciali d[el] martedì 15 [successivo], [venisse] riscontrata una sostanziale tenuta dei prezzi, valida per un eventuale recupero della quotazione» (punto 241 della decisione impugnata). Risulta inoltre dal fascicolo che il 28 settembre 1998 il presidente della Ferriere Nord ha trasmesso al proprio direttore generale e al proprio direttore delle vendite un documento interno manoscritto in cui riferiva comunicazioni fatte dal membro delegato del consiglio d’amministrazione dell’Alfa secondo cui «tutti» si erano «volontariamente ridotti in percentuale le produttività per ottobre». Egli indicava al riguardo che alla Ferriere Nord sarebbero «spett[ate] 18 000 tonnellate» e che, «per ovvi motivi», aveva dato il suo «assenso».

220    Come la Commissione ha correttamente sottolineato, la ricorrente ha dunque aderito all’accordo sulle quote di vendita dal settembre al novembre 1998. Essa ha anche accettato di tener conto dell’accordo sulla quota della Darfo. Risulta altresì dal fascicolo che la Ferriere Nord è stata convocata alla riunione dei «titolari» del 13 novembre 1998 (punto 258 della decisione impugnata).

221    Precisato quanto sopra, occorre, sotto un secondo profilo, rispondere agli argomenti specifici sollevati dalla Ferriere Nord nel suo atto di ricorso, diretti a dimostrare che essa avrebbe partecipato all’intesa unicamente solo dopo il dicembre 1998.

222    In primo luogo, si deve respingere l’argomento della ricorrente secondo cui essa non sarebbe stata sempre invitata alle riunioni durante le quali venivano fissati i prezzi, il che risulterebbe dai punti 182, 202 e 209 della decisione impugnata. A parte che tale semplice circostanza, quand’anche accertata, non può essere sufficiente a dimostrare la mancata partecipazione della ricorrente all’intesa (v. punto 207 supra), si deve anzitutto rilevare che, anche supponendo che essa non sia stata invitata alla riunione del 5 febbraio 1996 (punto 182 della decisione impugnata), la medesima è stata invitata alle riunioni che si sono tenute poco tempo prima, nonché dopo la riunione del 5 febbraio 1996, ossia alle riunioni del 4 gennaio e del 13 febbraio 1996, e che essa aveva dato la propria adesione preventiva alle iniziative adottate all’unanimità nel corso delle suddette riunioni (v. anche punto 197 supra).

223    Poi, per quanto attiene alle riunioni del 4 novembre 1996 e del 7 gennaio 1997 (punto 202 della decisione impugnata), deve osservarsi che la Commissione ha indicato che si trattava di riunioni dei «titolari» delle principali imprese. In proposito, al punto 203 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che, «[d]urante il periodo preso in esame, vale a dire tra l’ultimo trimestre del 1996 e il primo semestre del 1997, [erano] pertanto continuate sia le riunioni dei responsabili commerciali delle imprese, nelle quali [erano] stati fissati gli aumenti di prezzo (prezzo base ed “extra”) sia le riunioni fra i “titolari” delle principali imprese; [vale a dire] Alfa Acciai S.R.L., Acciaieria di Darfo S.p.A., Feralpi Siderurgica S.R.L., IRO, Lucchini Siderurgica S.p.A., Riva Prodotti Siderurgici S.p.A., (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. e Acciaierie e Ferriere Leali Luigi S.p.A». A tale riguardo, la mancata partecipazione della Ferriere Nord alle riunioni dei «titolari» del 4 novembre 1996 e del 7 gennaio 1997 non consente di escluderne la partecipazione all’intesa nel corso del predetto periodo, dal momento che, come sottolineato ai precedenti punti 215 e 216, durante il medesimo periodo essa ha aderito, al pari delle altre imprese, alle pratiche concordate relative agli extra di dimensione ed ha continuato a ricevere le comunicazioni della Federacciai relative al prezzo base.

224    Infine, per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente alle riunioni menzionate al punto 219 della decisione impugnata, da tale punto risulta che vi sono stati convocati i «responsabili commerciali delle imprese». Alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 210, si può pertanto ragionevolmente ritenere, in difetto di altri elementi e tenuto conto del fatto che gli inviti in generale non erano nominativi, ma si rivolgevano a tutti i produttori, che il responsabile commerciale della ricorrente vi sia stato parimenti invitato, sicché la censura della ricorrente non può essere accolta.

225    In secondo luogo, la ricorrente afferma che dai documenti citati ai punti 178, 180, 181, 183 e 186 della decisione impugnata risulta che, anche allorché era invitata alle riunioni, essa non vi aveva partecipato.

226    Anzitutto la ricorrente non può far valere la propria assenza nella riunione del 4 gennaio 1996, citata ai punti 178 e 180 della decisione impugnata, alla quale era stata invitata, dal momento che aveva dato preventiva adesione alle decisioni che sarebbero state adottate nel corso di tale riunione (punto 180 della decisione impugnata). Lo stesso rilievo vale per quanto riguarda la riunione del 13 febbraio 1996, citata al punto 183 della decisione impugnata.

227    Poi, per quanto concerne la riunione del 18 gennaio 1996, citata al punto 181 della decisione impugnata, alla quale la ricorrente è stata invitata, il fatto che manchi la prova della partecipazione della ricorrente alla riunione non può mettere in discussione la constatazione della sua partecipazione all’intesa durante il periodo in questione, se non altro perché è accertata l’adesione della ricorrente ai risultati della riunione immediatamente precedente e della riunione immediatamente successiva a quella del 18 gennaio 1996 (v. punto 222 supra).

228    Inoltre, la ricorrente non può far valere la sua assenza alla riunione del 13 febbraio 1996 (punto 183 della decisione impugnata), atteso che, sebbene il suo rappresentante non vi abbia assistito, essa aveva dato la sua adesione alle iniziative che vi sarebbero state decise.

229    Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il promemoria della Leali del 23 febbraio 1996, menzionato al punto 186 della decisione impugnata, non contiene alcun elemento che attesti il fatto che la ricorrente non partecipasse alle riunioni quando vi era invitata.

230    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che non si possa affermare che essa abbia dato la sua preventiva adesione alle decisioni che sarebbero state adottate nelle riunioni alle quali essa non avesse partecipato, dato che una simile adesione non poteva essere che di carattere generale, in quanto gli inviti non indicavano l’ordine del giorno e doveva interpretarsi come una «formula di cortesia per declinare l’invito». La Ferriere Nord non avrebbe del resto neppure comunicato i dati richiesti, di modo che qualunque decisione sarebbe stata adottata indipendentemente dalla sua posizione.

231    Simili argomenti devono essere respinti.

232    Anzitutto, l’oggetto collusivo risultava frequentemente in modo chiaro dagli inviti alle riunioni o dalle comunicazioni che le precedevano (punto 183 della decisione impugnata), nonché dai promemoria delle stesse (punto 213 della decisione impugnata).

233    Poi, per quanto riguarda la riunione del 9 giugno 1998, dal documento citato al punto 233 della decisione impugnata risulta inequivocabilmente che l’adesione della ricorrente all’esito della stessa non fosse affatto generale, ma riguardasse in maniera puntuale il prezzo base minimo adottato. Relativamente alla riunione del 4 gennaio 1996 (punti 178 e 180 della decisione impugnata), per la quale l’invito menziona unicamente come oggetto uno «scambio di idee sulle problematiche del (…) comparto», si deve rilevare che tale riunione si inseriva nel sistema ben radicato di riunioni periodiche tra esse connesse e di comunicazioni regolari, cosicché la ricorrente non può negare di essere stata a conoscenza dell’oggetto anticoncorrenziale di detta riunione.

234    Infine, dal fascicolo risulta che numerose altre comunicazioni indirizzate ai produttori di tondo per cemento armato indicavano specificamente l’oggetto delle riunioni in causa e recavano inoltre la menzione «da distruggere dopo presa visione», il che non può lasciare alcun dubbio quanto al loro carattere collusivo.

235    La ricorrente non può dedurre alcun valido argomento dal fatto che la sua preventiva adesione ai risultati delle riunioni summenzionate le sarebbe stata attribuita da terzi, dal momento che nulla vieta alla Commissione di ammettere come prova del comportamento di un’impresa la corrispondenza scambiata tra terzi, purché il contenuto della stessa sia attendibile per quanto si riferisce al comportamento stesso (sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 164, e sentenza del Tribunale dell’11 dicembre 2003, Marlines/Commissione, T‑56/99, Racc. pag. II‑5225, punto 57). Ebbene, ciò è senza dubbio quanto si verifica nel caso delle prove citate al precedente punto 232. In ogni caso, la Commissione ha parimenti menzionato documenti della ricorrente stessa attestanti la sua adesione all’oggetto di talune riunioni, come quelle del 25 novembre e del 1° dicembre 1994 (punti da 143 a 146 della decisione impugnata).

236    Oltretutto, la ricorrente non può validamente affermare che, non avendo partecipato alle riunioni, non vi avrebbe portato i dati relativi alla sua produzione e, quindi, qualsiasi decisione sarebbe stata presa a prescindere dalla sua posizione. Dato che è dimostrato come la ricorrente si sia adeguata a decisioni adottate nel contesto dell’intesa, il fatto se i dati relativi alla sua produzione siano stati presi in considerazione non è rilevante per accertare la sua partecipazione ad essa. In ogni caso, dai documenti raccolti dalla Commissione risulta che la ricorrente ha regolarmente comunicato alla Federacciai dati riservati relativi alla sua produzione.

237    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, gli argomenti formulati dalla ricorrente nella prima parte del presente motivo devono essere respinti.

 Sulla fissazione del prezzo base

238    Nell’ambito della presente parte del motivo, la ricorrente contesta alla Commissione di avere dedotto la sua partecipazione all’intesa, e in particolare alla parte dell’intesa relativa al prezzo base, dal solo fatto che essa avrebbe figurato tra i destinatari delle comunicazioni della Federacciai, laddove invece altre imprese che si sarebbero trovate in una identica situazione non sarebbero state perseguite.

239    In primo luogo, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente e come si è già rilevato ai precedenti punti da 213 a 220, la Commissione non si è fondata unicamente sul fatto che la ricorrente abbia ricevuto delle comunicazioni della Federacciai per stabilire la sua partecipazione alla parte dell’intesa relativa alla fissazione del prezzo base a partire dal 1° aprile 1993. Infatti, oltre al fatto che la ricorrente aveva ricevuto dette comunicazioni, la Commissione si è segnatamente fondata sull’adesione della ricorrente ai prezzi base fissati e sulla comunicazione da parte della ricorrente alla Federacciai di taluni dati di produzione riservati.

240    Infatti, come indicato al precedente punto 213, la Commissione ha tra l’altro rilevato che la ricorrente aveva dato seguito al telefax della Federacciai con cui veniva comunicato alle imprese il nuovo prezzo base partenza Brescia da praticare a partire dal 28 novembre 1994 e in cui veniva chiesto loro di comunicarle i dati relativi al mercato italiano ed estero nei mesi di settembre, ottobre e novembre 1994 (punti 143 e 144 della decisione impugnata). Il 12 dicembre 1994 la ricorrente ha comunicato alla Federacciai i propri dati di produzione, indicando allo stesso tempo sul suo telefax «OK per gli altri punti di cui al (…) fax [del 5 dicembre 1994]». Orbene, questi altri due punti erano il prezzo base e le condizioni di pagamento (punto 145 della decisione impugnata). La ricorrente si è altresì impegnata a comunicare i dati relativi alla propria produzione per il periodo compreso tra il settembre e il dicembre 1995 (v. punto 214 supra). Come evidenziato al precedente punto 215, la ricorrente ha anche sottolineato la propria adesione per principio alle decisioni che fossero adottate all’unanimità, in particolare sul prezzo base, nel corso delle riunioni del 4 gennaio e del 13 febbraio 1996. Risulta del resto dal fascicolo che la ricorrente ha comunicato alla propria divisione commerciale e ai propri agenti una copia delle decisioni relative al prezzo base e ai prezzi degli extra di dimensione contenuti nel telefax della Federacciai del 10 ottobre 1997 (v. altresì punto 213 della decisione impugnata) (v. punto 218 supra). Infine, come sottolineato dalla Commissione, la partecipazione della ricorrente all’intesa per il periodo in questione è confermata dalla comunicazione della Leali del 10 giugno 1998, che fa riferimento ad una riunione del giorno precedente e ad un incontro di verifica con la Riva, la Darfo e la Ferriere Nord, ed attesta l’accordo di tutti i produttori ad applicare il nuovo prezzo base convenuto (punto 233 della decisione impugnata) (v. anche punto 219 supra).

241    Alla luce di quanto precede, anche l’argomento della ricorrente secondo cui essa non viene mai menzionata come partecipante alle riunioni anticoncorrenziali ai punti da 200 a 236 della decisione impugnata deve essere respinto.

242    Risulta inoltre da quanto precede che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la Commissione non si è fondata su un unico documento proveniente dalla ricorrente, con cui essa avrebbe lecitamente trasmesso alla Federacciai dei dati relativi alla sua produzione concernenti il passato.

243    Da un lato, oltre a vari documenti provenienti direttamente dalla ricorrente, al precedente punto 235 si è ricordato che niente vietava alla Commissione di ammettere come prova del comportamento di un’impresa elementi che non provenivano da detta impresa, purché il contenuto di tali elementi fosse attendibile per quanto si riferisce a detto comportamento.

244    Dall’altro lato, occorre sottolineare come, nel caso di specie, la raccolta dei dati sulla produzione delle imprese sia stata effettuata dalla Federacciai, che fungeva da intermediario per le imprese partecipanti all’intesa, per meglio gestire la stessa. Infatti, le comunicazioni della Federacciai contenevano generalmente sia informazioni sui prezzi da applicare sia richieste d’informazioni sulla produzione delle imprese (v. segnatamente i punti da 143 a 147 e 168 e 169 della decisione impugnata). Il fatto che tali richieste di informazioni si inserissero nel contesto dell’intesa è confermato dalla circostanza che esse talvolta recavano la menzione «da distruggere dopo presa visione». Peraltro, nelle sue risposte alle suddette richieste di informazioni, la ricorrente ha anche comunicato la propria adesione alle decisioni adottate in materia di fissazione dei prezzi.

245    La ricorrente neppure può sostenere che la funzione di un’associazione di produttori, ammessa dall’articolo 48 CA, sia quella di fornire dati sulla produzione e sul mercato, dato che tale disposizione prevede che le associazioni d’imprese possano esercitare qualsiasi attività che non sia contraria alle disposizioni di detto Trattato o alle decisioni o raccomandazioni della Commissione. Orbene, dalla decisione del 2002, divenuta definitiva nei confronti della Federacciai (punto 4 della decisione impugnata), emerge che quest’ultima aveva partecipato all’intesa e giocato un ruolo di intermediario tra le imprese coinvolte.

246    Del resto, l’argomento della ricorrente secondo cui la comunicazione di dati relativi al passato non è illecita deve essere respinta, posto che la comunicazione di siffatti dati aveva l’obiettivo di consentire la gestione dell’intesa e dato che le comunicazioni nell’ambito dell’intesa riguardavano anche dati previsionali.

247    In secondo luogo, la ricorrente non può trarre valido argomento dal fatto che altre imprese, parimenti destinatarie delle comunicazioni della Federacciai, non siano state perseguite. Come la Commissione ha precisato al punto 551 della decisione impugnata, le imprese coinvolte nel presente procedimento sono le più importanti del settore e quelle nei confronti delle quali le indagini hanno permesso di raccogliere le maggiori prove. Orbene, dalle considerazioni che precedono risulta che la Commissione ha raccolto prove sufficienti per giustificare addebiti nei confronti della ricorrente. In ogni caso, anche supponendo che altri operatori si siano trovati in una situazione analoga a quella della ricorrente e non siano stati perseguiti, è giurisprudenza costante che il fatto che nei confronti di un operatore economico che si trovasse in una situazione analoga a quella del ricorrente non sia stato formulato, dalla Commissione, alcun addebito non può costituire un motivo per non tener conto dell’infrazione imputata al ricorrente, se questa è stata regolarmente accertata (sentenza Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 146; sentenze del Tribunale del 20 marzo 2002, KE KELIT/Commissione, T‑17/99, Racc. pag. II‑1647, punto 101, e del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 397).

248    In terzo luogo, la ricorrente non può sostenere che, in circostanze come quelle del caso di specie, l’articolo 65 CA non vieti che i soggetti estranei ad accordi tra imprese volti a fissare i prezzi siano informati del loro contenuto. A parte il fatto che, come già rilevato ai precedenti punti da 213 a 220, la ricorrente non si è limitata a ricevere informazioni, ma si è anche conformata alle decisioni che erano state adottate (punto 566 della decisione impugnata), dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 203 risulta che ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che intende seguire sul mercato comune. Se è vero che non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti, la suddetta esigenza di autonomia vieta però rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l’effetto d’influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenziale, ovvero di rivelare ad un concorrente il comportamento che l’interessato ha deciso, o prevede, di tenere egli stesso sul mercato (v. sentenza del Tribunale del 24 ottobre 1991, Rhône-Poulenc/Commissione, T‑1/89, Racc. pag. II‑867, punto 121 e giurisprudenza ivi citata).

249    In quarto luogo, la ricorrente fa valere di non aver mai applicato i prezzi base comunicati dalla Federacciai, il che emergerebbe, da un lato, dalla lettura dei punti da 419 a 423 della decisione impugnata, nei quali si elencano le imprese che hanno adottato tali prezzi base, e tra cui essa non figurerebbe mai, e, dall’altro, dalle fatture da essa prodotte. Inoltre, i prezzi base esposti dalla ricorrente sarebbero stati «reso destino» mentre i prezzi comunicati dalla Federacciai erano fissati «partenza Brescia».

250    Tale argomento non può essere accolto.

251    Anzitutto, si deve ritenere che, dal momento che è stato adeguatamente accertato che la ricorrente ha partecipato alla concertazione tra produttori, l’effettiva attuazione da parte sua dell’intesa relativa ai prezzi base non è rilevante al fine di determinare la sua responsabilità del fatto di tale intesa (v., in tal senso, sentenza Hüls/Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 167). Secondo costante giurisprudenza, la circostanza che un’impresa non dia seguito ai risultati di riunioni aventi un oggetto anticoncorrenziale non è atta a escludere la responsabilità della medesima per la sua partecipazione ad un’intesa, a meno che essa non abbia preso pubblicamente le distanze dal suo contenuto (sentenze della Corte Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 115 supra, punto 85, e del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 144).

252    Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il fatto che nei punti da 419 a 423 della decisione impugnata (relativi agli anni 1993 e 1994) manchi un’esplicita menzione ad essa riferita non può essere interpretato come il riconoscimento che la stessa non abbia mai applicato i prezzi base comunicatile dalla Federacciai. Infatti, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, si deve presumere, salvo prova contraria che spetta agli operatori interessati fornire, che le imprese partecipanti alla concertazione e che restano attive sul mercato tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti per determinare il proprio comportamento su tale mercato. Ciò a maggior ragione allorché la concertazione ha luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo (sentenze Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 201 supra, punto 121, e Hüls/Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 162). Ebbene, questo è ciò si verifica nel caso di specie. Emerge inoltre dal fascicolo che la ricorrente ha adottato un prezzo base superiore a quello convenuto nella concertazione del 9 giugno 1998.

253    D’altra parte, le fatture prodotte dalla ricorrente non possono costituire la prova che essa non abbia tenuto conto delle informazioni scambiate con gli altri operatori, atteso che, come giustamente indicato dalla Commissione al punto 494 della decisione impugnata, sulla base di campioni non è possibile verificare se il prezzo medio praticato corrisponda o diverga da quello deciso nell’ambito dell’intesa, dato che non si precisa, ad esempio, quali fatture corrispondano a clienti normali o preferenziali. Pertanto, si può soltanto affermare che per quelle transazioni documentate il prezzo era divergente, ma ciò non dimostra affatto che i prezzi praticati per l’insieme delle transazioni realizzate nei giorni o periodi successivi agli aumenti fossero realmente diversi da quelli decisi dall’intesa.

254    Poi, neanche l’argomentazione della ricorrente, secondo cui i prezzi base da essa esposti sarebbero stati «reso destino», mentre i prezzi comunicati dalla Federacciai sono stati fissati «partenza Brescia», è idonea a dimostrare che essa non abbia applicato i prezzi base decisi dall’intesa, dato che, come rileva la Commissione, il prezzo base partenza era un prezzo di riferimento, vale a dire il punto di partenza comune per la fissazione dei prezzi per ciascun partecipante all’intesa e non il prezzo che doveva essere fatturato da ultimo al cliente (punti 129 e 516 della decisione impugnata).

255    Dalle considerazioni che precedono risulta che gli argomenti addotti dalla ricorrente per affermare di non aver partecipato all’intesa relativa alla fissazione del prezzo base devono essere respinti.

 Sulla fissazione dei prezzi degli extra di dimensione

256    Nell’ambito della presente parte del motivo, la ricorrente contesta di aver aderito ad accordi diretti a fissare i prezzi degli extra di dimensione.

257    In primo luogo, essa afferma di aver adeguato i prezzi degli extra di dimensione solo successivamente alla pubblicazione degli stessi sui bollettini della Camera di Commercio di Brescia (in prosieguo: i «bollettini della CCIAA»). Nella replica la ricorrente aggiunge che il fatto che alcune date di adeguamento dei suoi prezzi siano anteriori a quelle di pubblicazione dei prezzi nei bollettini della CCIAA non esclude che essa si sia adeguata ai prezzi degli extra dopo la loro pubblicazione, dal momento che, da un lato, le date che figurano nelle tabelle sarebbero state quelle degli ordini ricevuti, i quali potevano essere precedenti alla pubblicazione dei prezzi e prevedevano il pagamento degli extra in vigore al momento della consegna, e, dall’altro, la tabella indicante le variazioni di prezzo sarebbe stata ricostruita a posteriori.

258    Questa argomentazione deve essere respinta.

259    Anzitutto, per quanto riguarda l’aumento dei prezzi degli extra di dimensione del 5 aprile 1993 (punto 137 della decisione impugnata), va rilevato che esso è successivo alla comunicazione inviata dalla Federacciai alla ricorrente il 1° aprile 1993, che ha fatto seguito ad una riunione dello stesso giorno e prevedeva «nuovi extra per nuovi ordini a partire da oggi e consegne da lunedì», il 5 aprile 1993, data in cui la ricorrente ha applicato detti extra. Pertanto, giustamente la Commissione ha ritenuto che il bollettino della CCIAA del 5 aprile 1993 si fosse limitato a pubblicare i prezzi già convenuti tra i produttori e preventivamente comunicati a questi ultimi.

260    Identica considerazione può farsi per quanto concerne la variazione dei prezzi degli extra di dimensione operata dalla ricorrente, da un lato, nel febbraio 1994 (fissazione il 7 febbraio 1994 e comunicazione dei prezzi lo stesso giorno a tutti i produttori, con applicazione a partire dal 14 febbraio 1994; adeguamento dei prezzi della ricorrente a partire dal 14 febbraio 1994, e bollettino della CCIAA del 21 febbraio 1994) e, dall’altro, nel settembre 1994 (fissazione il 30 agosto 1994 e comunicazione dei prezzi lo stesso giorno a tutti i produttori, con applicazione a partire dal 1° settembre 1994; adeguamento dei prezzi della ricorrente a partire dal 1° settembre 1994, e bollettino della CCIAA del 5 settembre 1994).

261    Lo stesso dicasi in relazione all’adeguamento dei prezzi degli extra della ricorrente dell’11 marzo 1995 (punto 151 della decisione impugnata), che, malgrado sia stato successivo alla pubblicazione del bollettino della CCIAA dell’8 marzo 1995, ha fatto seguito alla comunicazione della Federacciai del 21 febbraio 1995.

262    Per quanto riguarda l’adeguamento dei prezzi del 12 febbraio 1996 (punto 184 della decisione impugnata), sebbene la Commissione non disponga di prove dell’accordo o della pratica concordata che l’avrebbe preceduto, si deve sottolineare che anch’essa è precedente alla pubblicazione del bollettino della CCIAA del 19 febbraio 1996. A questo proposito, la ricorrente non può affermare, alla luce dei punti 184, 186, 199, da 439 a 441 e 489 della decisione impugnata, che la Commissione abbia constatato la sua partecipazione a pratiche concordate nel febbraio e nell’ottobre 1996 fondandosi unicamente sulla circostanza che essa abbia ricevuto inviti a riunioni alle quali non avrebbe mai preso parte (punti 184, 199 e 566 della decisione impugnata).

263    Relativamente all’adeguamento dei prezzi dell’11 luglio 1997 (punto 200 della decisione impugnata), esso fa seguito ad una comunicazione della Federacciai del 10 luglio 1997 ed è precedente alla pubblicazione del bollettino della CCIAA del 21 luglio 1997. Inoltre, per quanto concerne l’adeguamento del 3 novembre 1997, nonostante esso sia successivo alla pubblicazione del bollettino della CCIAA dello stesso giorno, fa seguito ad una riunione del 10 ottobre 1997 sui prezzi, comunicati ai produttori di tondo per cemento armato lo stesso giorno. Come del resto giustamente rileva la Commissione, l’iscrizione apposta a mano dal direttore commerciale della ricorrente su tale documento consente di supporre che l’adeguamento sia intervenuto a seguito del ricevimento del fax della Federacciai e non già dopo la pubblicazione del bollettino della CCIA.

264    Per quanto riguarda infine la modifica dei prezzi del 30 giugno 1999 (punto 269 della decisione impugnata), benché la Commissione non disponga neppure della prova di una comunicazione relativa a tale modifica, essa ha scoperto la copia di una circolare della IRO dell’8 giugno 1999, con cui tale impresa aveva informato tutti i suoi agenti e rappresentanti delle variazioni degli extra di dimensione, a partire dal 1° luglio 1999 (punto 269 della decisione impugnata). Orbene, tale circolare ha preceduto di circa un mese il bollettino della CCIAA del 5 luglio 1999, di modo che la Commissione poteva legittimamente ritenere che i produttori fossero venuti a conoscenza delle variazioni di prezzo in questione e che le avessero applicate prima della loro pubblicazione in detto bollettino.

265    Poi, la ricorrente non può sostenere che le date di uscita dei bollettini della CCIAA siano successive alle date di adeguamento dei suoi prezzi adducendo il fatto che, da un lato, le date indicate nelle tabelle si sarebbero riferite agli ordini ricevuti e che, dall’altro, la tabella che riportava le variazioni di prezzo sarebbe stata elaborata a posteriori. Infatti, la ricorrente non fornisce alcun elemento atto a provare una simile convenzione esistente con gli acquirenti. Ebbene, come la Commissione giustamente rileva, è poco credibile che questi abbiano accettato di emettere un ordine senza far riferimento ad un prezzo determinato. Inoltre, dato che i produttori conoscevano i prezzi degli extra di dimensione a seguito dello scambio di informazioni nell’ambito dell’intesa, e segnatamente a seguito delle comunicazioni della Federacciai, è poco credibile che abbiano invitato i clienti ad emettere ordini sulla base di un prezzo indeterminato.

266    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, al punto 218 della decisione impugnata, la Commissione ha riconosciuto che i prezzi degli extra di dimensione fossero fissati per le «principali imprese», tra le quali esse non rientrava, e che le altre imprese si limitassero ad adeguarvisi. Il suo comportamento non può quindi essere considerato illecito, giacché niente vieterebbe ad un operatore di adeguarsi intelligentemente al comportamento dei suoi concorrenti. Ciò sarebbe stato ancor più vero, dal momento che il regime del Trattato CECA avrebbe previsto la pubblicazione dei prezzi e il Tribunale avrebbe riconosciuto, in relazione alla pubblicità dei listini dei prezzi prevista dall’articolo 60, paragrafo 2, CA, che tale pubblicità ha, tra gli altri scopi, quello di consentire alle imprese di conoscere esattamente i prezzi praticati dai concorrenti, in modo da potervisi eventualmente allineare. La struttura di numerosi mercati sarebbe tale che solo le grandi imprese avrebbero vera libertà d’azione, mentre le imprese di piccole dimensioni, come la ricorrente, potrebbero solo adeguarsi al comportamento delle altre imprese. Il fatto di adottare un simile comportamento in materia di extra di dimensione le avrebbe invece consentito di sviluppare una politica autonoma per quanto riguarda la fissazione del prezzo base.

267    Anzitutto, si deve necessariamente rilevare che l’argomentazione della ricorrente, con cui essa afferma che, in ogni caso, il fatto di allinearsi su prezzi di cui è prevista la pubblicazione non può essere illecito, anche prima di detta pubblicazione, riposa in modo evidente su un’erronea comprensione del sistema di pubblicità contemplato dal Trattato CECA.

268    Si deve infatti ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la pubblicità obbligatoria dei prezzi prevista dall’articolo 60, paragrafo 2, CA aveva lo scopo, anzitutto, di impedire, per quanto possibile, le pratiche vietate, quindi, di permettere agli acquirenti di essere esattamente informati sui prezzi, poi, di partecipare all’accertamento delle discriminazioni e, infine, di consentire alle imprese di conoscere esattamente i prezzi praticati dai concorrenti, in modo da potervisi eventualmente allineare (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 201 supra, punto 308 e giurisprudenza ivi citata).

269    È anche giurisprudenza costante che i prezzi che compaiono nei listini devono essere stabiliti per ciascuna impresa in maniera indipendente, senza accordo, sia pur tacito, tra le imprese. In particolare, il fatto che le disposizioni dell’articolo 60 CA tendano a limitare la concorrenza non impedisce l’applicazione del divieto delle intese previsto all’articolo 65, paragrafo 1, CA. Peraltro, l’articolo 60 CA non prevede alcun contatto tra le imprese, precedente alla pubblicazione dei listini, ai fini di una reciproca informazione sui loro futuri prezzi. Orbene, poiché i detti contatti impediscono che tali listini siano fissati in modo indipendente, essi possono falsare il gioco normale della concorrenza, ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 201 supra, punti 312 e 313 e giurisprudenza ivi citata).

270    Alla luce di tale giurisprudenza, nel caso in esame la Commissione ha giustamente ritenuto che il comportamento della ricorrente in materia di extra di dimensione costituisse una pratica vietata ai sensi dell’articolo 65 CA.

271    Poi, dato che l’allineamento dei prezzi degli extra di dimensione della ricorrente era il risultato di una concertazione preventiva e non della pubblicazione di detti prezzi, essa non può trarre valido argomento, per sottrarsi alla responsabilità della sua partecipazione all’intesa, da presunte «leggi economiche» che l’avrebbero obbligata ad allinearsi sui prezzi fissati dalle imprese leader del mercato.

272    Inoltre, l’affermazione della ricorrente, secondo cui, pur adeguandosi ai prezzi degli extra di dimensione, essa ha praticato una politica autonoma in materia di prezzi base, deve essere respinta per i motivi illustrati al precedente punto 252.

273    In terzo luogo, la ricorrente fa valere che il fatto di allineare i prezzi degli extra di dimensione del tondo per cemento armato è una prassi corrente all’interno dell’Unione, come la Commissione avrebbe riconosciuto al punto 59 della decisione impugnata. Il fatto di sanzionare una simile prassi in Italia e non negli altri Stati membri configurerebbe un «trattamento discriminatorio», che la ricorrente avrebbe già censurato durante il procedimento amministrativo. La Commissione non avrebbe fornito alcuna risposta a tale censura nella decisione impugnata e, pertanto, quest’ultima sarebbe affetta da un vizio di motivazione.

274    Un simile argomento deve essere respinto.

275    Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la motivazione deve essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità di motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto si deve accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 15 CA alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza del Tribunale del 13 dicembre 2001, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, T‑45/98 e T‑47/98, Racc. pag. II‑3757, punto 129; v., in senso analogo, sentenze della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, Racc. pag. I‑9555, punto 131).

276    A tale proposito è sufficiente rilevare che la Commissione ha esposto ampiamente le ragioni per cui ha respinto la tesi secondo cui l’adeguamento dei prezzi degli extra di dimensione sarebbe una prassi lecita adottata dai produttori di tondo per cemento armato, in considerazione del fatto che, nel caso di specie, l’allineamento dei prezzi in questione sarebbe seguito ad una previa concertazione (punti 489 e da 499 a 503 della decisione impugnata). A questo riguardo, pertanto, la decisione impugnata è adeguatamente motivata.

277    La ricorrente non può inoltre invocare una presunta violazione del «principio di non discriminazione». Da una parte, al punto 59 della decisione impugnata, la Commissione non ha minimamente riconosciuto la situazione di fatto citata, ma ha preso in considerazione un argomento addotto dalla Leali, secondo cui gli operatori esteri tendevano ad adeguarsi ai prezzi degli extra praticati in un certo Stato membro. Dall’altra parte, anche supponendo che la situazione della ricorrente fosse analoga a quella di altri operatori in altri Stati membri partecipanti ad un’intesa, secondo costante giurisprudenza, il fatto che nei confronti di un operatore che si trovasse in una situazione analoga a quella del ricorrente non sia stato formulato, dalla Commissione, alcun addebito non può costituire un motivo per non tener conto dell’infrazione imputata al ricorrente, se questa è stata regolarmente accertata (sentenza Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 146; sentenze KE KELIT/Commissione, cit. al punto 247 supra, punto 101, e Tokai Carbon e a./Commissione, cit. al punto 247 supra, punto 397).

278    Dalle suesposte considerazioni risulta che la presente censura dev’essere respinta.

 Sulla limitazione della produzione o delle vendite

279    Nell’ambito della presente parte del motivo, la ricorrente ricorda che la Commissione ha dedotto l’inizio della sua partecipazione al ramo dell’intesa relativo alla limitazione e al controllo della produzione o delle vendite da un promemoria interno manoscritto datato 28 settembre 1998, trasmesso dal suo presidente al suo direttore generale e al suo direttore delle vendite, in cui il primo informava i secondi che i produttori di tondo per cemento armato avevano volontariamente ridotto la propria produzione per il mese di ottobre, che la ricorrente avrebbe avuto diritto a 18 000 tonnellate e che, «per ovvi motivi, [egli aveva] dato [il suo] assenso». Essa afferma tuttavia che da tale documento non può dedursi la sua adesione all’accordo in questione, giacché il suo presidente avrebbe unicamente ritenuto di non aver nulla da obiettare sulla decisione presa dai concorrenti, in ragione della sua esigua quota di mercato. Quindi, sarebbe solo a partire dal dicembre del 1998 che si potrebbe addebitarle di aver partecipato alla parte dell’intesa relativa alla limitazione delle vendite.

280    Tale argomentazione non può essere accolta. Infatti, il documento in questione attesta chiaramente l’adesione della ricorrente alla parte dell’intesa relativa alla limitazione e al controllo della produzione o delle vendite. Gli eventuali motivi di detta adesione sono privi di rilevanza rispetto all’accertamento dell’infrazione nei confronti della ricorrente.

281    Ne consegue che la Commissione ha correttamente stabilito l’inizio della partecipazione della ricorrente alla parte dell’intesa relativa alla limitazione e al controllo della produzione o delle vendite al 28 settembre 1998. La presente censura, pertanto, deve essere respinta.

282    In base a tutte le considerazioni che precedono, si deve rilevare che la Commissione ha giustamente constatato che la ricorrente aveva partecipato all’intesa nel periodo compreso tra il 1° aprile 1993 e il 4 luglio 2000, anche se essa ha partecipato alla parte dell’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite soltanto a partire dal 28 settembre 1998.

283    Il motivo dev’essere pertanto respinto nel suo complesso.

 Sul motivo vertente sul carattere sproporzionato dell’importo dell’ammenda rispetto alla gravità e alla durata dell’intesa

284    Nell’ambito del presente motivo la ricorrente contesta il carattere proporzionato dell’importo dell’ammenda rispetto alla gravità ed alla durata dell’intesa. Essa adduce inoltre l’esistenza di circostanze attenuanti.

285    In via preliminare, occorre ricordare che da costante giurisprudenza risulta che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo dell’importo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli orientamenti del 1998, prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, cit. al punto 114 supra, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).

286    La gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione deve essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali, segnatamente, le particolari circostanze del procedimento, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stabilito un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenza della Corte del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑510/06 P, Racc. pag. I‑1843, punto 72, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 114 supra, punto 54).

287    Come si è esposto al precedente punto 30, nella fattispecie la Commissione ha determinato l’importo delle ammende applicando il metodo definito negli orientamenti del 1998.

288    Gli orientamenti del 1998, anche se non possono essere qualificati come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, enunciano pur sempre una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 251 supra, punto 209 e giurisprudenza ivi citata, e sentenza del Tribunale dell’8 ottobre 2008, Carbone-Lorraine/Commissione, T‑73/04, Racc. pag. II‑2661, punto 70).

289    Adottando siffatte norme di comportamento ed annunciando, con la loro pubblicazione, che da quel momento in avanti esse verranno applicate ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena essere sanzionata, eventualmente, per violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 251 supra, punto 211 e giurisprudenza ivi citata, e sentenza Carbone-Lorraine/Commissione, cit. al punto 288 supra, punto 71).

290    Inoltre, gli orientamenti del 1998 stabiliscono, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’ammontare delle ammende e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 251 supra, punti 211 e 213).

291    Secondo il metodo definito negli orientamenti del 1998, la determinazione dell’importo delle ammende obbedisce ad uno schema che si basa sulla fissazione di un importo di base al quale si applicano maggiorazioni per tener conto delle circostanze aggravanti e diminuzioni per tener conto delle circostanze attenuanti.

292    Secondo il punto 1 degli orientamenti del 1998, l’importo di base viene determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione.

293    Per quanto attiene alla valutazione della gravità dell’infrazione, gli orientamenti del 1998 affermano, al punto 1 A, primo e secondo comma, quanto segue:

«[P]er valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante. Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi».

294    Dagli orientamenti del 1998 discende che le infrazioni poco gravi, ad esempio, potranno consistere in «restrizioni, per lo più verticali, intese a limitare gli scambi, ma il cui impatto sul mercato resta circoscritto e che riguardano inoltre una parte sostanziale ma relativamente ristretta del mercato comunitario» (punto 1 A, secondo comma, primo trattino, degli orientamenti del 1998). Quanto alle infrazioni gravi, la Commissione precisa che «trattasi per lo più di restrizioni orizzontali o verticali della medesima natura che nel caso [delle infrazioni poco gravi], ma applicate in maniera più rigorosa, il cui impatto sul mercato è più vasto e che sono atte a produrre effetti su ampie zone del mercato comune». Essa osserva inoltre che «può trattarsi (…) di abusi di posizione dominante» (punto 1 A, secondo comma, secondo trattino, degli orientamenti del 1998). Per quanto riguarda le infrazioni molto gravi, la Commissione precisa che «trattasi essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali “cartelli di prezzi” e di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno, ad esempio quelle miranti a compartimentare i mercati nazionali, o di abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi-monopolio» (punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

295    La Commissione precisa altresì che, da un lato, nell’ambito di ciascuna di tali categorie, ed in particolare per le categorie di infrazioni gravi e molto gravi, la forcella di sanzioni previste consentirà di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse e, dall’altro, è necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e occorrerà fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, terzo e quarto comma, degli orientamenti del 1998).

296    Secondo gli orientamenti del 1998, per le infrazioni «molto gravi», l’importo di partenza delle ammende applicabile supera EUR 20 milioni, per le infrazioni «gravi», può variare tra EUR 1 milione e EUR 20 milioni e, infine, per le infrazioni «poco gravi», l’importo di partenza delle ammende applicabile è compreso tra EUR 1000 e EUR 1 milione (punto 1 A, secondo comma, dal primo al terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

297    Per quanto riguarda la durata dell’infrazione, secondo il punto 1 B degli orientamenti del 1998, essa dovrebbe essere presa in considerazione così da distinguere tra:

–        infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a 1 anno): nessuna maggiorazione;

–        infrazioni di media durata (in generale per periodi da 1 a 5 anni): la maggiorazione può arrivare fino al 50% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione;

–        infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a 5 anni): la maggiorazione applicabile per ciascun anno può essere pari al 10% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione.

298    Da ultimo, come la Corte ha ricordato nelle sue sentenze dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione (C‑389/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 129) e KME e a./Commissione (C‑272/09 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 102), il giudice dell’Unione ha il compito di effettuare il controllo di legittimità ad esso incombente sulla base degli elementi prodotti dal ricorrente a sostegno dei motivi invocati. In occasione di tale controllo, il giudice non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli orientamenti né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare a un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto.

299    È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare il presente motivo.

300    La ricorrente ricorda che la Commissione ha qualificato le infrazioni delle imprese partecipanti all’intesa come «molto gravi» (punto 592 della decisione impugnata).

301    In primo luogo, la ricorrente fa valere che una simile qualificazione è in contrasto con gli orientamenti del 1998, giacché l’intesa controversa avrebbe riguardato soltanto imprese italiane operanti su una parte del mercato italiano e, pertanto, l’infrazione non poteva, per sua natura, avere per oggetto e tanto meno per effetto la compartimentazione dei mercati nazionali. Inoltre, la Commissione non avrebbe tenuto conto della situazione di grave difficoltà in cui si sarebbero venute a trovare le imprese produttrici di tondo per cemento armato negli anni 1990. Infine, i consumatori non avrebbero sofferto delle iniziative dei produttori italiani, dato che avrebbero potuto importare prodotti da altri Stati membri o da altri paesi terzi.

302    Al precedente punto 31 si è ricordato che, nella decisione impugnata, la Commissione aveva affermato che un’intesa finalizzata alla fissazione dei prezzi, attuata in vari modi, segnatamente facendo ricorso alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, costituiva un’infrazione molto grave al diritto dell’Unione (punto 591 della decisione impugnata). La Commissione ha respinto gli argomenti delle imprese di cui trattasi secondo cui la gravità dell’infrazione sarebbe attenuata alla luce degli effetti concreti limitati sul mercato e al contesto economico in cui le medesime operavano (punti da 583 a 596 della decisione impugnata). Secondo la Commissione, fermo restando il carattere molto grave dell’infrazione, nel fissare l’importo di base dell’ammenda essa ha tenuto conto delle caratteristiche specifiche del presente caso, nella specie del fatto che esso riguarda un mercato nazionale soggetto all’epoca dei fatti alla particolare normativa del Trattato CECA ed in cui le imprese destinatarie della decisione detenevano, nel primo periodo dell’infrazione, parti limitate (punto 599 della decisione impugnata).

303    Anzitutto, la ricorrente non può sostenere che l’infrazione non potesse essere qualificata come «molto grave» dal momento che non avrebbe avuto per oggetto o per effetto la compartimentazione dei mercati nazionali. Come risulta dagli orientamenti del 1998, le restrizioni orizzontali del tipo «cartelli di prezzi» rientrano espressamente nel novero delle infrazioni qualificate come «molto gravi». Del resto, come giustamente sottolineato dalla Commissione nella decisione impugnata, la circostanza che l’intesa abbia avuto effetti su una parte limitata del mercato comune, nello specifico la totalità del territorio italiano, non attenua la gravità dell’infrazione, in considerazione dell’importanza della produzione italiana, essendo l’Italia il primo produttore di tondo per cemento armato nell’Unione (punto 592 della decisione impugnata).

304    In proposito, dalla giurisprudenza risulta che l’estensione del mercato geografico costituisce solo uno dei tre criteri rilevanti, ai sensi degli orientamenti del 1998, ai fini della valutazione globale della gravità dell’infrazione. Tra tali criteri interdipendenti, la natura dell’infrazione svolge un ruolo preminente. Invece, l’estensione del mercato geografico non è un criterio autonomo nel senso che solo infrazioni concernenti molti Stati membri potrebbero essere qualificate come «molto gravi». Né il Trattato CE, né il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti del 1998, né la giurisprudenza consentono di ritenere che solo restrizioni geograficamente molto estese possano essere qualificate come tali (v., in tal senso, sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 311 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, l’intero territorio di uno Stato membro, anche se relativamente piccolo in confronto con gli altri Stati membri, costituisce comunque una parte sostanziale del mercato comune (v. sentenza della Corte del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, 322/81, Racc. pag. 3461, punto 28, e sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 312 e giurisprudenza ivi citata).

305    Poi, a torto la ricorrente afferma che la Commissione non abbia tenuto conto della situazione di grave difficoltà in cui si sarebbero venuti a trovare i produttori di tondo per cemento armato negli anni 1990. Infatti, al punto 64 della decisione impugnata questa ha sottolineato di essere consapevole del contesto economico nell’Unione del settore dell’acciaio e del tondo per cemento armato in particolare. Al punto 68 della decisione impugnata, la Commissione ha inoltre affermato, senza essere contraddetta dalla ricorrente, in relazione alle condizioni di crisi manifesta nel settore siderurgico, che il tondo per cemento armato, che non rientrava più nell’ambito di applicazione del sistema di quote dal 1° gennaio 1986, era stato escluso dal «regime di sorveglianza», in ragione del fatto che il tondo per cemento armato era prodotto per più dell’80% da piccole imprese a bassi costi che non conoscono, normalmente, difficoltà. L’argomento della ricorrente non può quindi essere accolto, tanto più che dal punto 599 della decisione impugnata risulta che la Commissione, nella determinazione dell’importo di base dell’ammenda, ha tenuto conto del fatto che l’intesa riguardava un mercato nazionale soggetto all’epoca dei fatti alla particolare normativa del Trattato CECA e in cui le imprese in questione detenevano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata.

306    Infine, l’argomento della ricorrente secondo cui i consumatori non avrebbero sofferto delle iniziative dei produttori italiani, che sarebbe corroborato dalla testimonianza dell’Associazione Nazionale Sagomatori Ferro citata al punto 63 della decisione impugnata, non può essere accolto.

307    Deve infatti rilevarsi che l’articolo 65 CA, come le altre regole in materia di concorrenza enunciate nei Trattati, non è destinato a tutelare soltanto gli interessi immediati di singoli concorrenti o consumatori, bensì la struttura del mercato e, in tal modo, la concorrenza in quanto tale. Pertanto, la constatazione dell’esistenza dell’oggetto anticoncorrenziale di un’intesa non può essere subordinata a quella di un legame diretto della stessa con i prezzi al consumo (v., in senso analogo, sentenza della Corte del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, Racc. pag. I‑4529, punti 38 e 39).

308    Dal sistema delle sanzioni per violazione delle norme in materia di concorrenza, quale delineato dai regolamenti nn. 17 e 1/2003 ed interpretato dalla giurisprudenza, risulta che le intese quali i cartelli meritano, a causa della loro natura, le ammende più severe. L’effetto di una pratica anticoncorrenziale non è, di per sé, un criterio decisivo per la determinazione del livello delle ammende (sentenza della Corte del 12 novembre 2009, Carbone-Lorraine/Commissione, C‑554/08 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 44).

309    D’altro canto, l’argomento della ricorrente relativo al fatto che i consumatori potessero liberamente importare prodotti provenienti da altri Stati membri o da paesi terzi risulta, in mancanza di altri elementi, perlomeno teorico alla luce del fatto che ai punti da 51 a 57 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato, senza essere contraddetta sul punto dalla ricorrente, che nel periodo esaminato i flussi di prodotti verso l’Italia erano stati tutt’al più trascurabili.

310    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve constatare che la Commissione, qualificando l’infrazione come «molto grave», non ha violato gli orientamenti del 1998.

311    Per quanto riguarda la presunta assenza di proporzionalità dell’importo di partenza dell’ammenda a titolo della gravità, si deve rilevare che, nel caso in esame, la Commissione ha ritenuto opportuno fissare l’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla ricorrente in EUR 1,75 milioni, ossia meno di un decimo della soglia minima di EUR 20 milioni normalmente prevista dagli orientamenti del 1998 per tale tipo di infrazione molto grave (v. punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998). La censura relativa alla mancanza di proporzionalità dell’importo di partenza dell’ammenda della ricorrente, pertanto, deve essere del pari respinta.

312    In secondo luogo, per quanto concerne l’infrazione da essa commessa, la ricorrente fa valere che, sia per durata che per gravità, tale infrazione è molto più limitata rispetto a come valutata dalla Commissione e che l’importo dell’ammenda inflittole è pertanto sproporzionato, in particolare considerata la differenza sostanziale della sua posizione rispetto alle altre imprese in causa (nota a piè di pagina 632 della decisione impugnata). Da un lato, essa rileva che la Commissione ha illegittimamente incluso nel suo calcolo anche il periodo che va dal 13 giugno 1995 al 27 settembre 1998, durante il quale la stessa Commissione riconosce che essa non aveva partecipato alla parte dell’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite. Dall’altro, la Ferriere Nord non avrebbe mai partecipato agli accordi sui prezzi.

313    In via preliminare si deve constatare che dai precedenti punti da 193 a 283 emerge che la Commissione ha giustamente rilevato che la Ferriere Nord aveva partecipato agli accordi relativi alla fissazione del prezzo base e del prezzo degli extra di dimensione.

314    Quanto al fatto che la ricorrente non avrebbe partecipato a una parte dell’infrazione, relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, come rilevato ai precedenti punti 196 e 197, nella presente causa la Commissione ha concluso, senza essere contraddetta dalla ricorrente, che i comportamenti constatati costituivano un’infrazione unica, complessa e continuata, alla quale la ricorrente aveva partecipato almeno dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000. La Commissione ha quindi osservato che la ricorrente aveva aderito alla parte dell’intesa relativa alla fissazione del prezzo base e dei prezzi degli «extra di dimensione» a partire dal 1° aprile 1993 e che aveva continuato a partecipare all’intesa riguardante il prezzo base, il prezzo degli extra di dimensione e, dal 1° dicembre 1994 al 30 settembre 1995, i termini di pagamento. La Commissione ha tuttavia rilevato che, quando l’oggetto dell’intesa si era esteso anche alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite (13 giugno 1995), la Ferriere Nord non vi aveva aderito immediatamente, ma aveva cominciato a partecipare a tale parte dell’intesa solo a partire dal 28 settembre 1998 (punti 566 e 606 della decisione impugnata).

315    Per quanto attiene agli argomenti della ricorrente relativi alla mancata considerazione della durata dell’infrazione addebitatale nella fissazione dell’importo dell’ammenda, si è rilevato che la Commissione aveva adeguatamente dimostrato come la ricorrente avesse partecipato all’intesa nel periodo compreso tra il 1° aprile 1993 e il 4 luglio 2000, anche se non aveva partecipato alla parte dell’intesa relativa alla limitazione e al controllo della produzione o delle vendite nel periodo tra il 13 giugno 1995 e il 27 settembre 1998.

316    Per quanto riguarda la valutazione della responsabilità individuale della ricorrente, si deve ricordare che, benché il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa, o abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti cui ha partecipato, non sia rilevante per provare l’esistenza dell’infrazione, un simile elemento dev’essere preso in considerazione nel valutare la gravità dell’infrazione e, all’occorrenza, nel determinare l’importo dell’ammenda (v., in tal senso, sentenze Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 201 supra, punto 90, e Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 115 supra, punto 292).

317    Nella fattispecie in esame si deve rilevare che la ricorrente non ha partecipato alla parte dell’intesa relativa alla limitazione e al controllo della produzione o delle vendite nel periodo tra il 13 giugno 1995 e il 27 settembre 1998. Occorre pertanto verificare se, eventualmente, la Commissione abbia tenuto conto di tale circostanza nella sua valutazione della gravità dell’infrazione commessa dalla ricorrente e, quindi, nella determinazione dell’importo della sua ammenda.

318    Nelle sue memorie la Commissione ha affermato che, come risulta dal punto 597 della decisione, nel fissare l’importo di base dell’ammenda in funzione della gravità aveva tenuto conto anche delle variazioni d’intensità dell’intesa. Essa ha pertanto fissato un importo iniziale particolarmente basso per infrazioni di questo tipo, importo nel quale devono comunque ritenersi assorbite le eventuali variazioni d’intensità della partecipazione di ciascuna impresa ad ogni singolo elemento dell’intesa. All’udienza la Commissione ha desistito dall’argomento secondo cui l’importo di partenza generale dell’ammenda assorbiva le variazioni di intensità eventuali della partecipazione di ciascuna impresa ad ogni singolo elemento dell’intesa.

319    La Commissione ha tuttavia affermato, innanzi tutto, che gli elementi menzionati al punto 613 della decisione impugnata, relativi al mancato riconoscimento del ruolo passivo della Riva e della Lucchini-SP, potevano applicarsi anche alla Ferriere Nord. Poi, essa ha sostenuto che la parte dell’intesa concernente la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite era una parte secondaria dell’intesa rispetto a quella sui prezzi. Infine, essa ha affermato che, nonostante non abbia formulato una specifica censura su questo punto nei confronti della ricorrente, la Ferriere Nord aveva continuato a fornire informazioni rilevanti sulle quantità e sulle consegne, agevolando la parte dell’intesa che si riferiva alla limitazione o al controllo della produzione e delle vendite per gli altri partecipanti, il che avrebbe giustificato che l’importo della sua ammenda non venisse ridotto.

320    Anzitutto, si deve osservare che, sebbene la Commissione abbia fissato l’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla ricorrente a EUR 1,75 milioni, vale a dire meno di un decimo della soglia minima di EUR 20 milioni, normalmente prevista dagli orientamenti del 1998 per tale tipo di infrazione molto grave, gli importi di partenza delle ammende inflitte alle imprese coinvolte sono stati determinati non in funzione della loro partecipazione relativa all’infrazione, ma in funzione del loro peso specifico nel periodo 1990‑1999 (punto 601 della decisione impugnata), il che ha condotto la Commissione a suddividerle in tre categorie. In tal modo, l’importo di partenza di EUR 1,75 milioni è stato fissato non solo per la ricorrente, ma anche per la IRO, che tuttavia, secondo il punto 606 della decisione impugnata, ha partecipato all’infrazione nella sua totalità.

321    Poi, dal punto 613 della decisione impugnata risulta espressamente che questa considera unicamente la mancata partecipazione della Riva e della Lucchini-SP, per un breve periodo (rispettivamente dal 1° maggio al 30 novembre 1998 e dal 9 giugno al 30 novembre 1998), alla parte dell’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite. La Commissione non può pertanto fondarsi sul punto menzionato, posto che esso non fa riferimento, neanche in maniera implicita, alla ricorrente, la quale non ha partecipato a tale parte dell’intesa per un periodo di tre anni.

322    Inoltre, la Commissione non può neppure affermare che la parte dell’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite sia stata solo secondaria rispetto alla parte dell’intesa sui prezzi per negare alla ricorrente una qualche riduzione dell’importo della sua ammenda a tale titolo. Anche se la Commissione ha rilevato, in particolare al punto 445 della decisione impugnata, che tale limitazione o controllo risultavano funzionali all’obiettivo di sostegno dei prezzi, essa ha tuttavia distinto chiaramente detta parte dell’intesa da quella sui prezzi base e da quella sugli extra di dimensione e le ha dedicato delle considerazioni specifiche ai punti da 445 a 458 e 518 della decisione impugnata. Essa ha anche affermato espressamente che la ricorrente non aveva partecipato a tale parte dell’intesa tra il 13 giugno 1995 e il 27 settembre 1998 (punto 606 della decisione impugnata).

323    Infine, l’argomento della Commissione, peraltro non suffragato, secondo cui la Ferriere Nord avrebbe continuato a fornire informazioni rilevanti sulle quantità e sulle consegne, agevolando la parte dell’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione e delle vendite per gli altri partecipanti, non può essere accolto, non avendo la Commissione formulato nei confronti della ricorrente censure a questo riguardo.

324    Sulla base delle considerazioni sopra esposte, si deve concludere che a torto la Commissione non ha tenuto conto, nella determinazione dell’importo dell’ammenda, della mancata partecipazione della ricorrente alla parte dell’intesa relativa alla limitazione e al controllo della produzione o delle vendite nel periodo dal 13 giugno 1995 al 27 settembre 1998.

325    Ciò premesso, e nell’ambito della sua competenza estesa al merito, il Tribunale giudica che l’articolo 2 della decisione impugnata debba essere riformato e l’importo di base dell’ammenda della ricorrente debba essere ridotto del 6%, così da prendere in considerazione adeguatamente la mancata partecipazione di quest’ultima alla parte dell’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite. Tale riduzione tiene conto del fatto, evidenziato al punto 445 della decisione impugnata, che tale parte dell’intesa risultava unicamente funzionale all’obiettivo di sostegno dei prezzi.

326    In terzo luogo, la ricorrente afferma che la Commissione avrebbe dovuto tener conto di altre circostanze attenuanti. Infatti, la ricorrente avrebbe resistito a lungo alle pressioni dei concorrenti ed avrebbe finito per «capitolare», o addirittura soltanto fatto finta di «capitolare», solo perché dipendeva dalle altre imprese del settore per l’acquisto di determinati prodotti. Inoltre, la ricorrente non avrebbe mai preso alcuna iniziativa, ma avrebbe subito quelle degli altri. Infine, anche l’accordo cui la ricorrente non negherebbe di aver partecipato tra il dicembre 1998 e il giugno 2000 sarebbe stato da essa interpretato come un’occasione di meglio comprendere la difficile situazione del mercato, riconosciuta dalla Commissione stessa.

327    Conformemente al punto 3 degli orientamenti del 1998, il ruolo esclusivamente passivo o emulativo di un’impresa nella realizzazione dell’infrazione costituisce, qualora dimostrato, una circostanza attenuante, con la precisazione che tale ruolo passivo implica l’adozione da parte dell’impresa interessata di un «basso profilo», vale a dire la mancanza di una partecipazione attiva all’elaborazione del o degli accordi anticoncorrenziali. Tra gli elementi atti a evidenziare il ruolo passivo di un’impresa all’interno di un’intesa, possono essere presi in considerazione il carattere notevolmente più sporadico delle sue partecipazioni alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell’intesa, come anche il suo ingresso tardivo sul mercato che ha costituito oggetto dell’infrazione, indipendentemente dalla durata della sua partecipazione ad essa, o anche l’esistenza di dichiarazioni espresse in tal senso provenienti da rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 9 luglio 2003, Cheil Jedang/Commissione, T‑220/00, Racc. pag. II‑2473, punti 167 e 168; del 29 novembre 2005, Union Pigments/Commissione, T‑62/02, Racc. pag. II‑5057, punto 126, e del 30 settembre 2009, Arkema/Commissione, T‑168/05, non pubblicata nella Raccolta, punti 148 e 149).

328    Orbene, deve rilevarsi che dalla decisione impugnata emerge che la ricorrente non ha avuto un ruolo esclusivamente passivo o emulativo, dato che essa ha: a) comunicato dati confidenziali utili per una gestione efficace dell’intesa (nel 1994 e nel 1995); b) contribuito alla messa in essere delle pratiche concordate relative ai prezzi degli extra di dimensione (nel 1996), e c) partecipato alla quasi totalità delle riunioni elencate ai punti da 280 a 305 della decisione impugnata (nel 2000) (punto 566 della decisione impugnata).

329    La ricorrente non può neanche sostenere di aver resistito a lungo alle pressioni delle sue concorrenti e di aver «capitolato», o addirittura fatto solamente finta di «capitolare», solo perché dipendeva dalle altre imprese del settore per l’acquisizione di determinati prodotti. Infatti, la ricorrente non menziona affatto eventuali pressioni o minacce di ritorsione che avrebbe subito. Inoltre, dalla giurisprudenza risulta che, indipendentemente dalla loro entità, le pressioni esercitate da talune imprese e dirette ad indurre altre imprese a partecipare a un’infrazione al diritto della concorrenza non esimono l’impresa in questione dalla sua responsabilità per l’infrazione commessa, non modificano affatto la gravità dell’intesa e non possono rappresentare una circostanza attenuante ai fini del calcolo delle ammende, dato che l’impresa in questione avrebbe potuto segnalare tali pressioni alle autorità competenti e presentare una denuncia dinanzi ad esse (v., in tal senso, sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 251 supra, punti 369 e 370; del Tribunale Union Pigments/Commissione, cit. al punto 327 supra, punto 63, e del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione, T‑11/06, Racc. pag. II‑6681, punto 212).

330    Inoltre, l’argomentazione della ricorrente con cui essa afferma di aver partecipato all’accordo sulla limitazione delle vendite dal dicembre 1998 al giugno 2000 al fine di meglio comprendere la difficile situazione del mercato deve essere del pari respinta. Infatti, tale scopo non può giustificare la partecipazione ad intese anticoncorrenziali, anche allorché la situazione del mercato sia difficile.

331    Pertanto, giustamente la Commissione non ha tenuto conto delle altre circostanze attenuanti addotte dalla ricorrente.

 Sul motivo relativo all’illegittimità della maggiorazione dell’importo dell’ammenda a titolo della recidiva

332    La ricorrente sostiene che l’aumento dell’importo della sua ammenda del 50% a titolo di recidiva, a causa del fatto che essa sarebbe già stata destinataria della decisione Rete metallica elettrosaldata, è illegittimo.

333    Nell’ambito del presente motivo, sotto un primo profilo la ricorrente contesta la legittimità dell’aumento dell’importo di base della sua ammenda a titolo di recidiva e, sotto un secondo profilo, la proporzionalità dell’aumento del 50% di detto importo di base a titolo di tale circostanza aggravante.

 Sulla legittimità della maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda a titolo della recidiva

334    La ricorrente ritiene che l’aumento dell’importo di base della sua ammenda a titolo della recidiva sia illegittimo in ragione, anzitutto, del tempo trascorso tra le infrazioni addebitatele, poi, della differente natura di tali infrazioni e, infine, di una violazione dei suoi diritti della difesa.

335    Va ricordato che la nozione di recidiva, come è intesa in un certo numero di ordinamenti giuridici nazionali, implica che una persona abbia commesso nuove infrazioni dopo essere stata punita per violazioni analoghe (sentenze del Tribunale Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 201 supra, punto 617; del 30 settembre 2003, Michelin/Commissione, T‑203/01, Racc. pag. II‑4071, punto 284; del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 362, e del 30 settembre 2009, Hoechst/Commissione, cit. al punto 137 supra, punto 450). Inoltre, il punto 2 degli orientamenti del 1998 menziona specificamente la «recidiva della/delle medesima/e impresa/e per un’infrazione del medesimo tipo» nell’elenco esemplificativo delle circostanze aggravanti che possono giustificare un aumento dell’importo di base dell’ammenda.

336    In via preliminare, ai precedenti punti da 132 a 137 si è rilevato che la ricorrente non può far valere di non essere stata posta in grado di esercitare il proprio diritto di essere sentita in merito alla valutazione, da parte della Commissione, della recidiva quale circostanza aggravante per il calcolo dell’importo dell’ammenda. La sua censura vertente sulla violazione dei suoi diritti della difesa, pertanto, deve essere respinta.

–       Sul periodo di tempo trascorso tra le due infrazioni

337    La ricorrente sostiene che nel caso di specie la Commissione non poteva tener conto della sua condanna nella decisione Rete metallica elettrosaldata, in ragione del tempo trascorso tra gli accertamenti di tali violazioni. L’aumento della sua ammenda si porrebbe quindi in contrasto con i principi della certezza del diritto e costituirebbe un abuso di potere.

338    Per determinare il tempo trascorso tra un’infrazione anteriore e una recidiva, occorrerebbe prendere in considerazione il lasso di tempo tra gli accertamenti delle rispettive infrazioni, il che nel caso specifico corrisponderebbe ad oltre 20 anni (1989-2009), per di più in conseguenza di un errore della Commissione nella scelta della base giuridica della decisione del 2002, ovvero, supponendo che debba prendersi in considerazione tale decisione, ad oltre 13 anni (1989‑2002). In subordine, anche supponendo che occorra prendere in considerazione il tempo trascorso tra la cessazione del primo comportamento e l’inizio del secondo, tale intervallo, di circa otto anni nella fattispecie, sarebbe ugualmente troppo lungo per fondare una dichiarazione di recidiva. Peraltro la ricorrente ricorda che, a suo avviso, il secondo comportamento non ha avuto inizio nel 1993, ma soltanto nel 1998. In ogni caso, la ricorrente sostiene che non si deve prendere in considerazione il tempo trascorso tra l’accertamento della prima infrazione e la ripetizione del comportamento illecito per stabilire l’intervallo che separa una prima infrazione da una recidiva.

339    La ricorrente aggiunge che ancor meno può constatarsi una recidiva, considerato che l’infrazione nella causa all’origine della decisione Rete metallica elettrosaldata è stata considerata come «grave» e non come «molto grave» e che essa è stata condannata ad un’ammenda notevolmente inferiore a quella inflitta alle imprese responsabili delle infrazioni più gravi nella suddetta causa.

340    In via preliminare si deve ricordare che il periodo di tempo trascorso tra l’infrazione di cui trattasi e la precedente violazione delle regole di concorrenza va preso in considerazione al fine di valutare la propensione dell’impresa interessata a discostarsi dalle regole in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenza della Corte del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, Racc. pag. I‑5361, punto 70).

341    In primo luogo, per quanto riguarda la determinazione del periodo trascorso tra un’infrazione e la recidiva della medesima impresa per un’infrazione del medesimo tipo, da un lato, occorre considerare che tale periodo inizia necessariamente al momento dell’accertamento della prima infrazione, poiché solo in tale momento detta infrazione viene stabilita. Infatti, perché la Commissione possa tener conto della recidiva, è necessario che l’impresa interessata sia stata precedentemente considerata colpevole di un’infrazione del medesimo tipo (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, cit. al punto 340 supra, punto 86). Per contro, fintanto che un’infrazione non sia stata accertata con una decisione, la Commissione non può tenerne conto a titolo di recidiva (v., in tal senso, sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 201 supra, punti da 617 a 624).

342    A tale riguardo, una politica di sanzione della recidiva ha un effetto utile nei confronti dell’autore di un’infrazione solo se la minaccia di una sanzione più grave in caso di nuova infrazione possa spingerlo a modificare il suo comportamento. Difatti, la presa in considerazione della recidiva si giustifica con la necessità di ulteriore dissuasione testimoniata dal fatto che una precedente constatazione di infrazione non è stata sufficiente ad impedire la reiterazione dell’infrazione stessa. La recidiva infatti si configura necessariamente dopo l’accertamento e dopo la sanzione della prima infrazione, e si spiega con il fatto che quest’ultima non è stata sufficientemente dissuasiva (sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, Racc. pag. II‑1333, punto 392).

343    D’altro lato, l’inizio del comportamento recidivante coincide necessariamente con l’inizio dell’infrazione accertata mediante la decisione con cui la Commissione constata la recidiva, dato che è a partire dal momento in cui il comportamento illecito è reiterato che sussiste una recidiva. Dalla giurisprudenza risulta infatti che la reiterazione di un comportamento illecito poco tempo dopo l’adozione della decisione che sanziona un precedente comportamento illecito della stessa impresa testimonia una propensione dell’impresa in questione a non trarre le debite conseguenze dalla constatazione nei suoi riguardi di una violazione delle regole del diritto in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 13 luglio 2011, Shell Petroleum e a./Commissione, T‑38/07, Racc. pag. II‑4383, punto 95).

344    Da quanto precede deriva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il periodo da prendere in considerazione per valutare il tempo trascorso tra un’infrazione e un comportamento recidivante è quello compreso tra l’accertamento della prima infrazione e l’inizio del comportamento illecito recidivante, e non già il solo accertamento di quest’ultimo da parte della Commissione.

345    Nel caso di specie, si deve ricordare che dai precedenti punti da 193 a 283 risulta che la Commissione ha constatato correttamente che la ricorrente aveva partecipato all’intesa dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000. Dal momento che la decisione Rete metallica elettrosaldata è stata adottata il 2 agosto 1989 e dato che la ricorrente ha iniziato a partecipare all’infrazione accertata nella decisione impugnata il 1° aprile 1993, deve affermarsi che tra l’accertamento dell’infrazione nella decisione Rete metallica elettrosaldata e il comportamento recidivante della ricorrente nella presente causa sono trascorsi tre anni e otto mesi.

346    In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se, tenuto conto del tempo trascorso tra la decisione Rete metallica elettrosaldata e la decisione impugnata, la Commissione potesse legittimamente considerare la circostanza aggravante di recidiva, occorre rilevare che né il regolamento n. 1/2003 né gli orientamenti del 1998 prevedono un termine massimo oltre il quale non possa prendersi in considerazione una recidiva e che la mancanza di un tale termine non viola il principio della certezza del diritto (v., in tal senso, sentenze dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 137 supra, punti da 36 a 38, e del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, cit. al punto 340 supra, punti 66 e 67).

347    La Corte ha precisato che ciò non significa che la Commissione possa procedere senza limiti di tempo ad una maggiorazione dell’importo dell’ammenda a titolo di recidiva. La Commissione può tuttavia, in ogni singolo caso, prendere in considerazione quei fattori che tendono a confermare la propensione di un’impresa a discostarsi dalle regole di concorrenza, incluso, ad esempio, il tempo trascorso tra le infrazioni di cui trattasi (sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, cit. al punto 340 supra, punti 68 e 69).

348    Al precedente punto 345 si è rilevato che, nel caso di specie, l’infrazione aveva avuto inizio meno di quattro anni dopo l’adozione della decisione Rete metallica elettrosaldata. La brevità di tale lasso di tempo testimonia una forte propensione della ricorrente a discostarsi dalle norme sulla concorrenza ed un effetto dissuasivo molto limitato della sanzione imposta per la precedente violazione di tali norme. Ciò è ancor più vero considerato che, come evidenzia giustamente la Commissione, il ricorso di annullamento della ricorrente contro la decisione Rete metallica elettrosaldata è stato respinto con sentenza del Tribunale del 6 aprile 1995, confermata su impugnazione dalla Corte il 17 luglio 1997 (sentenza della Corte del 17 luglio 1997, Ferriere Nord/Commissione, C‑219/95 P, Racc. pag. I‑4411, e sentenza del Tribunale del 6 aprile 1995, Ferriere Nord/Commissione, T‑143/89, Racc. pag. II‑917), mentre la ricorrente prendeva parte all’infrazione accertata nella decisione impugnata.

349    Ne consegue che la Commissione legittimamente ha ritenuto che, nel caso specifico, considerato il periodo di tempo trascorso tra l’infrazione di cui trattasi e la precedente violazione delle norme sulla concorrenza, l’aumento dell’importo di base dell’ammenda della ricorrente a titolo della recidiva fosse giustificato.

350    In terzo luogo, il rilievo della forte propensione della ricorrente a discostarsi dalle norme sulla concorrenza, testimoniato dalla ripresa delle sue attività illecite meno di quattro anni dopo l’adozione della decisione Rete metallica elettrosaldata, non può essere rimesso in discussione dal carattere asseritamente meno grave dell’infrazione accertata nella decisione Rete metallica elettrosaldata, né dal livello asseritamente inferiore dell’importo dell’ammenda inflittale in tale decisione rispetto alle ammende irrogate alle altre imprese in causa.

351    Anche supponendo che il carattere più o meno grave di un’infrazione anteriore possa essere preso in considerazione nell’esame della proporzionalità dell’aumento dell’importo dell’ammenda a titolo di recidiva, si deve osservare che esso è privo di rilevanza rispetto all’accertamento stesso di una recidiva, nella misura in cui, conformemente agli orientamenti del 1998, si tratti di una recidiva per un’infrazione del medesimo tipo. Orbene, nel caso di specie, l’infrazione accertata nei confronti della ricorrente nella decisione Rete metallica elettrosaldata è del medesimo tipo dell’infrazione accertata nella decisione impugnata, giacché nei due casi si trattava di intese consistenti nella fissazione di prezzi di vendita, nella limitazione delle vendite e nella ripartizione dei mercati (sentenza del 6 aprile 1995, Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 348 supra, punto 6).

352    Dalle considerazioni sopra esposte risulta che l’argomentazione della ricorrente diretta a dimostrare l’impossibilità di tener conto, nel caso di specie, della circostanza aggravante della recidiva in ragione del periodo trascorso tra le infrazioni non può essere accolta.

353    Il primo capo della prima parte del presente motivo deve pertanto essere respinto.

–       Sulla natura delle infrazioni addebitate alla ricorrente

354    La ricorrente ricorda che, ai sensi del punto 2, primo trattino, degli orientamenti del 1998, la recidiva della/delle medesima/e impresa/e può essere presa in considerazione quale circostanza aggravante ove si tratti di un’infrazione del medesimo tipo. Orbene, ad avviso della ricorrente, tale condizione, che, in difetto di una definizione normativa, dovrebbe essere interpretata restrittivamente, nel caso di specie non è soddisfatta. Essa fa valere che, conformemente al dispositivo della decisione Rete metallica elettrosaldata, doveva astenersi in futuro da un comportamento anticoncorrenziale nel settore della rete metallica elettrosaldata, che peraltro ricade nell’ambito del Trattato CE e non del Trattato CECA. Dal momento che la ricorrente si sarebbe conformata a tale decisione astenendosi da qualunque accordo o pratica concertata in detto settore, essa non avrebbe commesso un’infrazione del medesimo tipo ai sensi degli orientamenti del 1998.

355    Una simile argomentazione non può essere accolta. Invero, ciò che rileva per stabilire che un’impresa abbia commesso un’infrazione «del medesimo tipo» è il fatto che i comportamenti di cui trattasi presentino carattere simile e non il settore economico interessato (v., in tal senso, sentenze del Tribunale Michelin/Commissione, cit. al punto 335 supra, punti 285 e 286; del 12 dicembre 2007, BASF e UCB/Commissione, T‑101/05 e T‑111/05, Racc. pag. II‑4949, punto 64; del 30 settembre 2009, Hoechst/Commissione, cit. al punto 137 supra, punto 474, e Imperial Chemical Industries/Commissione, cit. al punto 118 supra, punti da 376 a 381).

356    Dal momento che l’infrazione accertata nella decisione Rete metallica elettrosaldata è simile all’infrazione di cui trattasi nel caso di specie, in quanto si trattava di intese parimenti consistenti nella fissazione dei prezzi di vendita, nella limitazione delle vendite e nella ripartizione dei mercati (v. punto 351 supra), la Commissione ha potuto legittimamente concludere che l’infrazione sanzionata dalla decisione impugnata configurava una recidiva della medesima impresa per un’infrazione del medesimo tipo.

357    Al riguardo la ricorrente non può validamente invocare il diritto italiano allo scopo di dimostrare che l’espressione «infrazione del medesimo tipo», contenuta negli orientamenti del 1998, avrebbe dovuto essere definita mediante una norma giuridica, dato che non si può far dipendere, senza rimettere in discussione l’applicazione uniforme dei principi del diritto della concorrenza dell’Unione, quest’ultimo dalle norme giuridiche nazionali (v., in tal senso, sentenza della Corte Suiker Unie e a./Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 478, e conclusioni dell’avvocato generale Rozès nella sentenza della Corte del 28 marzo 1984, Compagnie royale asturienne des mines et Rheinzink/Commissione, 29/83 e 30/83, Racc. pagg. 1679, 1718).

358    Analogamente, alla luce delle considerazioni ricordate ai precedenti punti 65 e 72, neanche il fatto che l’infrazione accertata nella decisione Rete metallica elettrosaldata ricadesse nell’ambito del Trattato CE, mentre invece l’infrazione di cui trattasi nel caso specifico ricade nell’ambito del Trattato CECA, può ostare alla possibilità di tener conto della prima infrazione a titolo di recidiva (v. altresì, in tal senso, sentenza del Tribunale del 19 maggio 2010, Outokumpu e Luvata/Commissione, T‑20/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 61).

359    Conseguentemente deve ammettersi che, una volta che la Commissione abbia accertato, con una decisione, la partecipazione di un’impresa ad un’intesa, conformemente alla competenza che le è attribuita, tale decisione possa servire da base per valutare, nell’ambito di una nuova decisione, la propensione di detta impresa ad infrangere le norme relative alle intese (sentenza Outokumpu e Luvata/Commissione, cit. al punto 358 supra, punto 62).

360    Del resto, non vi è niente negli orientamenti del 1998 che indichi che il fatto che debba trattarsi di una «recidiva della/delle medesima/e impresa/e per un’infrazione del medesimo tipo» debba essere inteso nel senso che la Commissione non possa prendere in considerazione, al fine di constatare una recidiva nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 81 CE, delle infrazioni accertate in virtù del Trattato CECA. Al contrario, dal titolo degli orientamenti del 1998 risulta che essi si applicano sia al calcolo dell’importo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 che al calcolo dell’importo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 65, paragrafo 5, CA (sentenza Outokumpu e Luvata/Commissione, cit. al punto 358 supra, punto 63).

361    Da quanto precede risulta che giustamente la Commissione ha concluso che, nel caso di specie, doveva constatarsi che vi era stata recidiva della medesima impresa per un’infrazione del medesimo tipo. Anche il secondo capo della prima parte del presente motivo, pertanto, deve essere respinto.

 Sulla proporzionalità della maggiorazione del 50% dell’importo di base dell’ammenda a titolo di recidiva

362    La ricorrente ritiene che la maggiorazione dell’importo della sua ammenda del 50% a titolo di recidiva sia eccessiva, considerato il suo ruolo secondario nell’intesa nonché la differenza tra le due infrazioni accertate e il lasso di tempo intercorso tra le stesse. La ricorrente considera inoltre che sul punto la decisione impugnata sia affetta da un vizio di motivazione.

363    In primo luogo, relativamente al presunto difetto di motivazione, si deve ricordare, per quanto riguarda il controllo del rispetto dell’obbligo di motivazione concernente il calcolo dell’importo di un’ammenda inflitta per violazione delle norme sulla concorrenza dell’Unione, che i requisiti di forma sostanziale costituiti dall’obbligo di motivazione sono soddisfatti allorché la Commissione indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione di cui essa ha tenuto conto nell’applicare i suoi orientamenti e, all’occorrenza, la sua comunicazione sulla cooperazione, e che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione ai fini del calcolo dell’ammenda (sentenza Cheil Jedang/Commissione, cit. al punto 327 supra, punto 218).

364    Nella fattispecie, la Commissione ha soddisfatto tali requisiti. Occorre infatti rilevare che la Commissione, al punto 610 della decisione impugnata, ha affermato di ritenere necessario un aumento del 50% dell’importo di base dell’ammenda inflitta alla ricorrente in ragione del fatto che questa era stata già destinataria della decisione Rete metallica elettrosaldata. Tale indicazione consente alla ricorrente di conoscere la giustificazione della misura adottata, al fine di far valere i suoi diritti, e pone il giudice dell’Unione in grado di esercitare il proprio sindacato.

365    Quanto all’entità dell’aumento dell’importo di base dell’ammenda inflitta alla ricorrente a titolo di recidiva, deve precisarsi che la Commissione non ha il dovere, in forza dell’obbligo di motivazione, di indicare nella propria decisione i dati numerici relativi al metodo di calcolo dell’importo delle ammende (sentenza della Corte del 16 novembre 2000, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, C‑286/98 P, Racc. pag. I‑9925, punto 66; v. altresì, per quanto attiene alla maggiorazione dell’importo dell’ammenda per recidiva, sentenza dell’8 luglio 2008, Lafarge/Commissione, cit. al punto 160 supra, punto 743).

366    Ne consegue che la censura della ricorrente, relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione per quanto riguarda l’entità della maggiorazione dell’importo della sua ammenda a titolo di recidiva, deve essere respinta.

367    Quanto alla fondatezza della critica della ricorrente concernente l’entità di detto aumento, si deve ricordare che, nella determinazione dell’importo dell’ammenda, la Commissione dispone di un potere discrezionale e non è tenuta ad applicare formule matematiche precise (sentenza Michelin/Commissione, cit. al punto 335 supra, punto 292). Per valutare la gravità di un’infrazione, onde determinare l’importo dell’ammenda, la Commissione deve tener conto non solo delle circostanze particolari della fattispecie, ma anche del contesto in cui si colloca l’infrazione e curare che la sua azione abbia carattere dissuasivo, soprattutto per i tipi di trasgressioni particolarmente nocivi per il conseguimento degli scopi dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 347).

368    Al riguardo, la recidiva costituisce una circostanza che giustifica un notevole aumento dell’importo di base dell’ammenda. Infatti, la recidiva costituisce la prova che la sanzione precedentemente imposta non è stata abbastanza dissuasiva (sentenze Michelin/Commissione, cit. al punto 335 supra, punto 293, e del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 348). D’altro canto, poiché la circostanza della recidiva è connessa alla propensione dell’autore dell’infrazione a commettere tali infrazioni, essa costituisce un indice molto significativo della gravità del comportamento considerato e, quindi, dell’esigenza di aumentare il livello della sanzione ai fini di un’effettiva dissuasione (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 349).

369    Anzitutto, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui l’entità della maggiorazione della sua ammenda per recidiva sarebbe eccessiva tenuto conto del tempo intercorso tra le due infrazioni, va rilevato che il principio di proporzionalità impone che il periodo trascorso tra l’infrazione di cui trattasi e una precedente violazione alle norme sulla concorrenza sia preso in considerazione nella valutazione di una simile propensione dell’impresa a violare tali norme. Nell’ambito del sindacato giurisdizionale esercitato sugli atti della Commissione in materia di diritto della concorrenza, il Tribunale ed eventualmente la Corte possono quindi essere chiamati a valutare se la Commissione abbia rispettato detto principio allorché ha maggiorato, a titolo di recidiva, l’ammenda inflitta e, segnatamente, se detta maggiorazione fosse necessaria con riferimento, in particolare, al periodo di tempo trascorso tra l’infrazione di cui trattasi e la precedente violazione delle regole di concorrenza (sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, cit. al punto 340 supra, punto 70).

370    Ai precedenti punti 345 e 348 si è rilevato che, nel caso di specie, l’infrazione aveva avuto inizio meno di quattro anni dopo l’adozione della decisione sanzionante l’infrazione precedente e che la brevità di tale lasso di tempo testimoniava una forte propensione della ricorrente a violare le norme sulla concorrenza ed un effetto dissuasivo molto limitato della sanzione inflitta per la precedente violazione di tali norme.

371    In tali circostanze, l’applicazione di una maggiorazione del 50% dell’importo di base dell’ammenda della ricorrente a titolo di recidiva non è sproporzionata in base al tempo trascorso tra le infrazioni di cui trattasi.

372    Poi, la ricorrente ritiene che la maggiorazione dell’importo della sua ammenda del 50% a titolo di recidiva sia eccessiva, considerato il ruolo secondario da essa giocato nell’intesa di cui trattasi nella fattispecie.

373    Neanche tale argomento può essere accolto. Infatti, la questione se, nell’ambito delle circostanze aggravanti, si debba applicare una determinata maggiorazione dell’importo dell’ammenda a titolo di recidiva va tenuta distinta dalla questione se, nell’ambito delle circostanze attenuanti, si debba applicare una determinata riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione di un ruolo passivo o emulativo dell’impresa in questione. Difatti, si tratta di due momenti diversi della fissazione dell’importo dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza BPB/Commissione, cit. al punto 342 supra, punto 410).

374    Inoltre, la ricorrente afferma che l’aumento dell’importo della sua ammenda a titolo di recidiva è eccessivo rispetto ad altre decisioni della Commissione. Un simile argomento deve essere tuttavia respinto, dato che la Corte ha reiteratamente dichiarato che la precedente prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di diritto della concorrenza e che decisioni relative ad altri casi hanno un carattere soltanto indicativo dell’esistenza di discriminazioni (sentenze della Corte del 21 settembre 2006, JCB Service/Commissione, C‑167/04 P, Racc. pag. I‑8935, punto 205; Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 233, e del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C‑549/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 104). Inoltre, per quanto riguarda i confronti con altre decisioni che la Commissione adotta quando infligge ammende per violazione delle norme sulla concorrenza, tali decisioni possono aver rilievo alla luce del rispetto del principio di parità di trattamento solo se si dimostra che i dati relativi alle circostanze dei casi che riguardano queste altre decisioni sono identici a quelli del caso di specie (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 13 gennaio 2004, JCB Service/Commissione, T‑67/01, Racc. pag. II‑49, punto 187, e BPB/Commissione, cit. al punto 342 supra, punto 404). Orbene, tale dimostrazione manca nel caso di specie.

375    Da ultimo, per i motivi indicati al precedente punto 357, la ricorrente non può trarre alcun argomento valido dall’articolo 99 del codice penale italiano, secondo cui l’aumento della pena in caso di recidiva non può eccedere un sesto o, in caso di reato della stessa indole, un terzo della pena.

376    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il livello della maggiorazione dell’importo dell’ammenda della ricorrente a titolo di circostanza aggravante della recidiva non è sproporzionato. Il secondo capo del presente motivo deve quindi essere respinto, così come il motivo nella sua interezza.

 Sul motivo vertente sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti diverse da quelle previste dalla comunicazione sulla cooperazione del 1996

377    La ricorrente sostiene che la Commissione non abbia preso in considerazione, nel calcolo dell’importo della sua ammenda, le circostanze attenuanti che dovevano esserle obiettivamente riconosciute in considerazione del suo comportamento. Nel suo atto di ricorso essa ritiene tuttavia superfluo indicare punto per punto la coincidenza tra tali circostanze attenuanti elencate negli orientamenti del 1998 ed i singoli aspetti del suo comportamento, e che sia sufficiente fare rinvio a quanto esposto in fatto e in diritto nel suo ricorso. In proposito essa si fonda unicamente, nella nota a piè di pagina n. 129 del suo ricorso, alla sua «comunicazione spontanea» del 14 febbraio 2001, che ha preceduto la sua collaborazione ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 1996. Nella replica la ricorrente afferma che, trattandosi di elementi di fatto e di diritto che sono alla base anche di altri motivi di ricorso, essa avrebbe ritenuto opportuno operare un rinvio ad altri punti del ricorso, posto che la giurisprudenza ammetterebbe che gli stessi argomenti possano essere addotti per censurare la violazione di norme diverse. Inoltre, un simile rinvio non avrebbe impedito alla Commissione di predisporre le proprie difese né al Tribunale di esercitare il proprio controllo.

378    Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, l’atto introduttivo di ricorso deve contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. Il ricorso deve, pertanto, esporre esplicitamente in cosa consista il motivo su cui è fondato, di modo che la sua semplice enunciazione astratta non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura. Requisiti analoghi vanno rispettati quando viene formulata una censura a sostegno di un motivo dedotto (sentenza del Tribunale del 14 maggio 1998, Mo och Domsjö/Commissione, T‑352/94, Racc. pag. II‑1989, punto 333).

379    Si deve necessariamente rilevare che, contrariamente a quanto essa asserisce, la ricorrente non ha operato un rinvio a punti precisi dell’atto di ricorso, ma si è limitata, fatta eccezione per una sommaria menzione della sua memoria del 14 febbraio 2001 che non è neppure suffragata, ad un generico rinvio agli elementi di fatto e di diritto esposti nel ricorso stesso. Orbene, una formulazione così laconica del suo motivo non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura. Infatti, la ricorrente non esplicita affatto le ragioni per cui gli elementi di fatto e di diritto esposti nel ricorso, che non sono ulteriormente precisati, giustifichino che essa benefici di una qualche circostanza attenuante.

380    Pertanto, il presente motivo è irricevibile.

381    In ogni caso, per quanto riguarda la memoria del 14 febbraio 2001 fatta valere dalla ricorrente, è sufficiente rilevare che l’infrazione accertata nella decisione impugnata rientra nell’ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 1996, che riguarda le intese segrete volte alla fissazione dei prezzi, delle quote di produzione o di vendita, alla ripartizione dei mercati oppure al divieto di importazione o di esportazione. La memoria presentata dalla ricorrente il 14 febbraio 2001 è stata del resto valutata dalla Commissione alla luce di tale comunicazione.

382    La ricorrente non può pertanto rimproverare alla Commissione di non aver tenuto conto della sua cooperazione nel corso del procedimento in quanto circostanza attenuante, al di fuori del quadro giuridico della comunicazione sulla cooperazione del 1996 (v., in tal senso, sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 251 supra, punti da 380 a 382; del Tribunale del 20 marzo 2002, HFB e a./Commissione, T‑9/99, Racc. pag. II‑1487, punti 609 e 610, e del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, Racc. pag. II‑497, punto 586).

383    Da tutte le considerazioni che precedono discende che il presente motivo deve essere respinto.

 Sul motivo vertente sull’erronea applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 1996

384    Nell’ambito del presente motivo, la ricorrente fa valere che la Commissione a torto ha ritenuto che essa non potesse beneficiare della riduzione dell’importo dell’ammenda di cui al punto C della comunicazione sulla cooperazione del 1996. Essa sostiene altresì che, in ogni caso, la riduzione che le è stata concessa in applicazione del punto D di detta comunicazione è insufficiente.

 Osservazioni preliminari

385    Si deve rilevare che, come indicato dalla Commissione al punto 633 della decisione impugnata, malgrado questa abbia pubblicato, il 19 febbraio 2002 (GU C 45, pag. 3) e l’8 dicembre 2006 (GU C 298, pag. 17), nuove comunicazioni sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intese tra imprese, è la comunicazione sulla cooperazione del 1996 ad essere stata applicata nella fattispecie in esame.

386    Nella comunicazione sulla cooperazione del 1996, la Commissione ha precisato le condizioni alle quali le imprese che cooperano con essa nel corso delle sue indagini relative ad un’intesa potranno evitare l’imposizione di ammende che altrimenti sarebbero loro inflitte, o beneficiare di riduzioni del loro ammontare (punto A, paragrafo 3, della comunicazione sulla cooperazione del 1996).

387    Secondo il punto B della comunicazione sulla cooperazione del 1996, «[l’]impresa la quale: a) denunci l’intesa segreta alla Commissione prima che quest’ultima abbia proceduto ad un accertamento, previa decisione, presso imprese partecipanti all’intesa e senza che essa già disponga di informazioni sufficienti per dimostrare l’esistenza dell’intesa denunciata; b) sia la prima a fornire elementi determinanti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa; c) abbia cessato di partecipare all’attività illecita al più tardi al momento in cui denuncia l’intesa; d) fornisca alla Commissione tutte le informazioni utili nonché tutti i documenti e gli elementi probatori di cui dispone riguardanti l’intesa e assicuri una permanente e totale cooperazione per tutto il corso dell’indagine; e) non abbia costretto un’altra impresa a partecipare all’intesa né abbia svolto un ruolo di iniziazione o determinante nell’attività illecita, beneficia di una riduzione pari almeno al 75% dell’ammontare dell’ammenda, che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione, o della totale non imposizione della medesima».

388    In forza del punto C della comunicazione sulla cooperazione del 1996, «[l]’impresa che, soddisfatte le condizioni di cui al punto B, lettere da b) ad e), denunci l’intesa segreta dopo che la Commissione abbia proceduto ad accertamenti, previa decisione, presso imprese partecipanti all’intesa stessa, senza che tali accertamenti abbiano potuto fornire una base sufficiente per giustificare l’avvio del procedimento in vista dell’adozione di una decisione, beneficia di una riduzione dal 50% al 75% dell’ammontare dell’ammenda».

389    Il punto D, paragrafo 1, della comunicazione sulla cooperazione del 1996 dispone infine che«[u]n’impresa che coopera senza che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui ai punti B o C beneficia di una riduzione dal 10% al 50% dell’ammontare dell’ammenda che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione», mentre il suo paragrafo 2 precisa quanto segue:

«Ciò può verificarsi in particolare:

–        se, prima dell’invio di una comunicazione degli addebiti, un’impresa fornisce alla Commissione informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell’infrazione,

–        se, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, un’impresa informa la Commissione che non contesta i fatti materiali sui quali la Commissione fonda le sue accuse».

390    Si deve altresì ricordare che l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, che costituisce la base giuridica per l’imposizione delle ammende in caso di infrazione alle regole del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, conferisce alla Commissione un margine di valutazione discrezionale nella fissazione delle ammende (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 21 ottobre 1997, Deutsche Bahn/Commissione, T‑229/94, Racc. pag. II‑1689, punto 127), che è, in particolare, funzione della sua politica generale in materia di concorrenza (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit. al punto 133 supra, punti 105 e 109). È quindi questo il contesto in cui la Commissione, per assicurare trasparenza e obiettività alle proprie decisioni in materia di ammende, ha adottato e pubblicato la comunicazione sulla cooperazione del 1996. Si tratta di uno strumento destinato a precisare, nel rispetto delle norme di rango superiore, i criteri che essa intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale. Da ciò consegue una autolimitazione di tale potere (v., in senso analogo, sentenza del Tribunale del 30 aprile 1998, Vlaams Gewest/Commissione, T‑214/95, Racc. pag. II‑717, punto 89), nella misura in cui spetta alla Commissione conformarsi alle regole indicative che essa si è imposta (v., in senso analogo, sentenza del Tribunale del 12 dicembre 1996, AIUFFASS e AKT/Commissione, T‑380/94, Racc. pag. II‑2169, punto 57).

391    L’autolimitazione del potere discrezionale della Commissione derivante dall’adozione della comunicazione sulla cooperazione del 1996 non è tuttavia incompatibile con il mantenimento da parte sua di un margine di valutazione sostanziale (v., in senso analogo, sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 224).

392    Infatti, la comunicazione sulla cooperazione del 1996 contiene vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003, come interpretato dalla Corte (v., in senso analogo, sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 224).

393    In tal modo, si deve rilevare che la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale per valutare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita da un’impresa, segnatamente in rapporto ai contributi offerti da altre imprese (v., in tal senso, sentenza della Corte del 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, C‑328/05 P, Racc. pag. I‑3921, punto 88, e sentenza del 30 settembre 2009, Hoechst/Commissione, cit. al punto 137 supra, punto 555). La valutazione della qualità e dell’utilità della cooperazione fornita da un’impresa comporta infatti complesse valutazioni di fatto (v., in tal senso, sentenza SGL Carbon/Commissione, cit., punto 81, e sentenza dell’8 ottobre 2008, Carbone Lorraine/Commissione, cit. al punto 288 supra, punto 271).

394    Allo stesso modo, la Commissione, dopo aver rilevato che degli elementi di prova contribuiscono a confermare l’esistenza dell’infrazione commessa, dispone di un margine di discrezionalità allorché è chiamata a determinare l’esatto livello della riduzione dell’importo dell’ammenda da concedere all’impresa interessata. Infatti, il punto D, paragrafo 1, della comunicazione sulla cooperazione del 1996 prevede una forcella per la riduzione dell’importo dell’ammenda.

395    Tenuto conto del margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione per valutare la cooperazione di un’impresa a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 1996, solo il manifesto superamento di tale margine può essere censurato dal Tribunale (v., in tal senso, sentenza SGL Carbon/Commissione, cit. al punto 393 supra, punti 81, 88 e 89, e del 30 settembre 2009, Hoechst/Commissione, cit. al punto 137 supra, punto 555).

396    Come sottolineato al precedente punto 298, nell’effettuare tale controllo, tuttavia, il giudice non può fondarsi sul margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione nell’applicazione dei criteri menzionati nella comunicazione sulla cooperazione del 1996 né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, per rinunciare ad esercitare un controllo approfondito, tanto in diritto quanto in fatto.

 Sull’applicabilità del punto C della comunicazione sulla cooperazione del 1996

397    La ricorrente sostiene di soddisfare tutti i requisiti necessari per l’applicazione della riduzione di cui al punto C della comunicazione sulla cooperazione del 1996. Da una parte, essa soddisferebbe i requisiti di cui al punto B, lettere da b) ad e), di detta comunicazione. Infatti, essa sarebbe stata la prima ed unica delle imprese coinvolte a fornire elementi rilevanti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa. Alla data in cui essa ha denunciato l’intesa, avrebbe già cessato di parteciparvi. Avrebbe cooperato all’indagine, segnatamente fornendo spontaneamente alla Commissione, in data 14 febbraio 2001, una nota corredata di molti documenti che hanno consentito a quest’ultima, tra l’altro, di ricostruire i nomi di alcune imprese coinvolte. Da ultimo, essa non avrebbe mai costretto alcuna impresa a prendere parte all’intesa, ma al contrario sarebbe stata proprio lei ad essere stata costretta a parteciparvi.

398    Dall’altra parte, essa soddisferebbe la seconda delle condizioni previste dal punto C della comunicazione sulla cooperazione del 1996, ossia il fatto di aver denunciato l’intesa dopo che la Commissione aveva proceduto ad un accertamento previa decisione presso le imprese partecipanti all’intesa, senza che tale accertamento avesse potuto fornire una base sufficiente per giustificare l’avvio del procedimento in vista dell’adozione di una decisione. La ricorrente avrebbe difatti elaborato una nota interna che descriveva minuziosamente tutte le riunioni tenutesi dal gennaio al luglio 2000 e avrebbe fatto in modo che gli agenti della Commissione trovassero tale nota in occasione del loro accesso nei locali dell’impresa i1 19 ottobre 2000, cosicché, di fatto, la ricorrente avrebbe denunciato l’intesa.

399    In via preliminare va rilevato che dal testo stesso del punto C della comunicazione sulla cooperazione del 1996 risulta che le due condizioni richieste per l’applicazione di tale disposizione sono cumulative (v. punto 388 supra).

400    Occorre peraltro ricordare che, secondo la comunicazione sulla cooperazione del 1996, solo l’impresa che per prima fornisca elementi determinanti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa beneficia della non imposizione o di una forte riduzione dell’ammenda.

401    Va sottolineato inoltre che il testo stesso del punto B, lettera b), della comunicazione sulla cooperazione del 1996 non richiede che la «prima» impresa abbia fornito l’insieme degli elementi atti a provare tutti i dettagli del funzionamento dell’intesa. Ai sensi di tale disposizione, è a tal fine sufficiente che un’impresa fornisca «elementi» determinanti per provare l’esistenza dell’intesa. Tale testo non richiede neppure che gli elementi forniti siano, di per sé, sufficienti per la redazione di una comunicazione degli addebiti o addirittura per l’adozione di una decisione definitiva che accerti l’esistenza di un’infrazione. Tuttavia, se è vero che gli elementi di cui al citato titolo B, lettera b), non debbano necessariamente essere di per se stessi sufficienti a dimostrare l’esistenza dell’intesa, essi devono essere, comunque, determinanti a tal fine. Deve quindi trattarsi non di una semplice fonte che consenta di orientare le indagini che la Commissione deve svolgere, bensì di elementi idonei ad essere utilizzati direttamente come fondamento probatorio principale ai fini di una decisione di accertamento di un’infrazione (sentenza della Corte del 9 luglio 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑511/06 P, Racc. pag. I‑5843, punto 150).

402    In primo luogo, per verificare se, nel caso di specie, la ricorrente sia stata la prima impresa a fornire elementi determinanti atti a provare l’esistenza dell’intesa, si deve ricordare che, secondo quanto riportato nella sua nota del 14 febbraio 2001, la Ferriere Nord ha trasmesso alla Commissione, per mezzo di tale memoria, chiarimenti sui documenti trovati nei suoi locali in occasione dell’accertamento del 19 ottobre 2000. La Ferriere Nord, in particolare, ha allegato a tale memoria la copia di una tabella ottenuta durante l’accertamento, che essa ha integrato aggiungendovi i nomi delle imprese, che nel documento detenuto dalla Commissione erano in codice.

403    Come giustamente rilevato dalla Commissione, tale tabella, così completata, stabilisce un legame con il documento «Ipotesi di lavoro» relativo all’accordo di settembre-novembre 1998 sulle quote di vendita (punti da 245 a 260 della decisione impugnata), in quanto riprendeva i nomi delle imprese che vi erano menzionati e indicava le quote assegnate, sotto forma di percentuali. Da tale tabella, le cui percentuali differiscono leggermente dalle percentuali menzionate nell’accordo citato, può così evincersi che le richieste della Valsabbia e dell’IRO, che desideravano un aumento delle loro quote fissate sulla base dell’accordo di fine 1998, erano state accolte (punti 249 e 253 della decisione impugnata).

404    Tuttavia, non può ritenersi che, così facendo, la ricorrente abbia fornito elementi determinanti per provare l’esistenza dell’intesa. Se è vero che tale documento ha consentito alla Commissione di meglio comprendere il funzionamento dell’accordo di settembre-novembre 1998, deve però rilevarsi che la Commissione era già in possesso della prova dell’esistenza di tale accordo, posto che, in occasione degli accertamenti, essa aveva scoperto una copia di tre versioni dell’accordo in questione (punto 247 della decisione impugnata) come anche di altri documenti che confermavano l’entrata in vigore del sistema di quote di vendita oggetto dello stesso accordo a partire dal dicembre 1998 (punto 248 della decisione impugnata).

405    Ne consegue che la ricorrente non può pretendere una riduzione dell’importo della sua ammenda in virtù del punto C della comunicazione sulla cooperazione del 1996.

406    In ogni caso, la ricorrente non può neanche sostenere di aver denunciato l’intesa dopo che la Commissione ha proceduto ad un accertamento previa decisione presso le imprese partecipanti all’intesa, senza che tale accertamento avesse potuto fornire una base sufficiente per giustificare l’avvio del procedimento in vista dell’adozione di una decisione. Infatti, la stessa ricorrente ricorda che la nota interna cui viene fatto riferimento al precedente punto 398 è stata trovata nei suoi locali in occasione degli accertamenti della Commissione. Non può pertanto ritenersi che essa abbia «denunciato» l’intesa.

407    La prima parte del presente motivo deve perciò essere respinta.

 Sull’applicazione del punto D della comunicazione sulla cooperazione del 1996

408    Nell’ambito di una seconda parte del motivo la ricorrente sostiene che, in ogni caso, la riduzione del 20% accordatale dalla Commissione in applicazione del punto D della comunicazione sulla cooperazione del 1996 è insufficiente.

409    La ricorrente afferma che il suo comportamento durante la fase amministrativa ha costituito una cooperazione effettiva e che essa ha fornito un aiuto rivelatosi talvolta indispensabile. Inoltre, non vi sarebbe dubbio che la ricorrente soddisfi le due condizioni di cui al punto D della comunicazione sulla cooperazione del 1996. In proposito la stessa Commissione avrebbe affermato, al punto 637 della decisione impugnata, che la Ferriere Nord aveva fornito importanti informazioni prima dell’invio della comunicazione degli addebiti. Inoltre, essa non avrebbe contestato i fatti ricostruiti dalla Commissione, ma solo la loro valutazione per quanto riguarda la durata e i limiti della sua partecipazione all’intesa. La riduzione del 20% dell’importo dell’ammenda concessa alla Ferriere Nord sarebbe in contraddizione con la prassi decisionale della Commissione.

410    In via preliminare, per quanto riguarda la prassi anteriore della Commissione invocata dalla ricorrente, al precedente punto 374 si è già precisato che la precedente prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di diritto della concorrenza.

411    Si deve rilevare che il ragionamento della ricorrente, che fa discendere automaticamente una riduzione superiore al 20% dall’aver accertato che ricorrono le condizioni previste al punto D, paragrafo 2, primo e secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 1996, porta a negare il potere discrezionale della Commissione che si esprime, in particolare, con l’indicazione di una forcella dal 10 al 50% per l’entità della riduzione (sentenza dell’8 ottobre 2008, Carbone Lorraine/Commissione, cit. al punto 288 supra, punto 273).

412    Nel caso di specie, da un lato, come si è già indicato ai precedenti punti 403 e 404, la ricorrente è stata la sola tra le imprese coinvolte ad aver fornito alla Commissione indicazioni utili che le hanno consentito di meglio comprendere il funzionamento dell’intesa e di confermare che l’accordo cui fanno riferimento i punti 247 e 251 della decisione impugnata, vertente sulle quote di produzione accordate alle imprese nell’ambito della parte dell’intesa relativa alla limitazione e al controllo della produzione delle vendite, sia effettivamente entrato in vigore. È tuttavia pacifico che le informazioni fornite dalla ricorrente abbiano fatto riferimento unicamente all’accordo di settembre-novembre 1998 sulle quote di vendita (punti 245 e seguenti della decisione impugnata).

413    Dall’altro, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, la Ferriere Nord ha dichiarato di non contestare i fatti materiali su cui la Commissione aveva fondato le proprie censure, nei limiti di quelli che la riguardavano o di cui essa era venuta a conoscenza in modo diretto.

414    Secondo la giurisprudenza, l’impresa che dichiari espressamente di non contestare gli elementi di fatto sui quali la Commissione ha fondato i propri addebiti può essere considerata alla stregua di un’impresa che ha contribuito ad agevolare il compito della Commissione, consistente nell’accertare e nel reprimere le violazioni delle regole di concorrenza dell’Unione e giustificare una riduzione dell’importo dell’ammenda. Ciò non avviene quando un’impresa contesti nella sua risposta la sostanza dei fatti così allegati. Infatti, assumendo un atteggiamento del genere durante il procedimento amministrativo, l’impresa non contribuisce ad agevolare il compito della Commissione, che consiste nell’accertare e nel reprimere le violazioni delle regole di concorrenza dell’Unione (sentenza Mo och Domsjö/Commissione, cit. al punto 378 supra, punti 395 e 396).

415    Si deve in proposito rilevare che, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, contestando la presunta «valutazione» dei fatti della Commissione «per quanto riguarda la durata e i limiti della sua partecipazione all’intesa», la Ferriere Nord non ha contribuito ad agevolare il compito di quest’ultima consistente nell’accertamento e nella repressione delle infrazioni alle norme sulla concorrenza dell’Unione.

416    Sulla base delle considerazioni sopra esposte, la riduzione dell’importo dell’ammenda del 20% accordata alla Ferriere Nord risulta giustificata.

417    Si deve pertanto respingere la seconda parte del presente motivo, nonché il motivo nella sua totalità.

418    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda formulata dalla ricorrente deve essere accolta, mentre, per il resto, il ricorso è respinto.

 Sull’importo finale dell’ammenda

419    Alla luce delle considerazioni svolte ai precedenti punti da 314 a 325, si deve applicare, in virtù della competenza estesa al merito conferita al Tribunale dall’articolo 31 del regolamento n.1/2003, una riduzione del 6% all’importo di base dell’ammenda, a titolo della circostanza attenuante relativa alla mancata partecipazione della ricorrente, per un periodo di tre anni, alla parte dell’intesa relativa alla limitazione e al controllo della produzione o delle vendite.

420    L’importo finale dell’ammenda inflitta alla ricorrente viene quindi calcolato nel modo seguente: all’importo di base dell’ammenda (EUR 2,97 milioni) sono anzitutto aggiunti il 50% di tale importo di base (EUR 1,485 milioni) a titolo di recidiva e sottratti il 6% di tale importo (EUR 178 200), il che comporta un importo di EUR 4 276 800. Poi, tale importo è ridotto del 20% (EUR 855 360) a titolo dell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 1996, il che determina un importo finale d’ammenda pari a EUR 3 421 440.

 Sulle spese

421    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, ovvero per motivi eccezionali, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

422    Poiché il ricorso è stato solo parzialmente accolto, sarà fatta un’equa valutazione delle circostanze della causa decidendo che la ricorrente sopporti le proprie spese nonché i tre quarti di quelle della Commissione. La Commissione sopporterà un quarto delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’importo dell’ammenda inflitta alla Ferriere Nord SpA è fissato in EUR 3 421 440.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Ferriere Nord sopporterà le proprie spese nonché tre quarti di quelle sostenute dalla Commissione europea. La Commissione sopporterà un quarto delle proprie spese.

Martins Ribeiro

Popescu

Berardis

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 dicembre 2014.

Firme

Indice


Contesto normativo

1.  Disposizioni del Trattato CECA

2.  Disposizioni del Trattato CE

3.  Regolamento (CE) n. 1/2003

4.  Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

Oggetto della controversia

Presentazione della ricorrente

Fatti

Prima decisione

Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

Decisione di modifica

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sulle conclusioni dirette ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata

Sul motivo vertente sull’incompetenza della Commissione

Sulla scelta della base giuridica della decisione impugnata

Sulla competenza della Commissione a constatare e a sanzionare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento n. 1/2003

Sul rispetto del principio della lex mitior

Sul motivo vertente sul mancato previo invio di una nuova comunicazione degli addebiti

Sul motivo vertente sulla mancata audizione da parte del consigliere-auditore

Sul motivo vertente sulla posteriorità della relazione finale rispetto all’adozione della decisione impugnata

Sul motivo vertente sull’adozione di un testo privo degli allegati da esso menzionati

2.  Sulle conclusioni dirette ad ottenere l’annullamento parziale della decisione impugnata e la conseguente diminuzione dell’importo dell’ammenda

Sul motivo vertente su errori di diritto nella valutazione dei fatti

Decisione impugnata

Sulla durata della partecipazione della ricorrente all’intesa nel suo complesso

Sulla fissazione del prezzo base

Sulla fissazione dei prezzi degli extra di dimensione

Sulla limitazione della produzione o delle vendite

Sul motivo vertente sul carattere sproporzionato dell’importo dell’ammenda rispetto alla gravità e alla durata dell’intesa

Sul motivo relativo all’illegittimità della maggiorazione dell’importo dell’ammenda a titolo della recidiva

Sulla legittimità della maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda a titolo della recidiva

–  Sul periodo di tempo trascorso tra le due infrazioni

–  Sulla natura delle infrazioni addebitate alla ricorrente

Sulla proporzionalità della maggiorazione del 50% dell’importo di base dell’ammenda a titolo di recidiva

Sul motivo vertente sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti diverse da quelle previste dalla comunicazione sulla cooperazione del 1996

Sul motivo vertente sull’erronea applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 1996

Osservazioni preliminari

Sull’applicabilità del punto C della comunicazione sulla cooperazione del 1996

Sull’applicazione del punto D della comunicazione sulla cooperazione del 1996

Sull’importo finale dell’ammenda

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.