Language of document : ECLI:EU:T:2004:275

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
28 settembre 2004 (1)

«Concorrenza – Controllo delle operazioni di concentrazione – Ricorso di annullamento – Interesse ad agire – Competenza della Commissione»

Nella causa T-310/00,

MCI, Inc., inizialmente MCI WorldCom, Inc., successivamente WorldCom, Inc., con sede in Ashburn, Virginia (Stati Uniti), rappresentata inizialmente dal sig. K. Lasok, QC, dagli avv.ti J.-Y. Art e B. Hartnett, e successivamente dal sig. Lasok, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

sostenuta da

Repubblica federale di Germania, rappresentata dal sig. W.-D. Plessing e dalla sig.ra B. Muttelsee-Schön, in qualità di agenti,

interveniente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dai sigg. P. Oliver e P. Hellström e dalla sig.ra L. Pignataro, successivamente dai sigg. P. Oliver e P. Hellström, in qualità di agenti, assistiti dal sig. N. Khan, barrister, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

sostenuta da

Repubblica francese, rappresentata dai sigg. G. de Bergues e F. Million, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 28 giugno 2000, 2003/790/CE, che dichiara una concentrazione incompatibile con il mercato comune e con l'accordo SEE (caso COMP/M.1741 – MCI WorldCom/Sprint) (GU 2003, L 300, pag. 1),



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),



composto dai sigg. J. Pirrung, presidente, A.W.H. Meij e N.J. Forwood, giudici,

cancelliere: sig. J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 30 marzo 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti all’origine della controversia e procedimento dinanzi alla Commissione

1
La MCI, Inc., inizialmente MCI WorldCom, Inc., poi WorldCom, Inc. (in prosieguo: la «WorldCom»), e la Sprint Corp. (in prosieguo: la «Sprint») sono entrambe imprese attive nel settore delle telecomunicazioni a livello mondiale, con sede negli Stati Uniti. Nel 1999 il fatturato globale della WorldCom ammontava a circa 37 miliardi di dollari statunitensi (USD) e quello della Sprint a circa 17 miliardi. Fino a data recente le attività della Sprint in Europa erano gestite, totalmente o in gran parte, mediante la Global One, impresa creata nel 1995 insieme alla Deutsche Telekom e alla France Télécom.

2
Il 4 ottobre 1999 la WorldCom e la Sprint hano sottoscritto un accordo e un piano di fusione rispondente alla definizione di un’operazione di concentrazione ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. a), del regolamento (CEE) del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 4064, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese [GU L 395, pag. 1, con rettifiche in GU 1990, L 257, pag. 13, abrogato dal regolamento (CE) del Consiglio 20 gennaio 2004, n. 139, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU L 24, pag. 1)]. Tale fusione doveva essere realizzata mediante lo scambio di azioni della Sprint con azioni della WorldCom, per un importo inizialmente stimato a USD 127 miliardi.

3
Con lettere datate 20, 26 e 28 ottobre 1999 la WorldCom e la Sprint hanno informato la Commissione di tale accordo, rendendole note le ragioni per cui esse ritenevano che l’operazione in esame non avesse una dimensione comunitaria, ai sensi dell’art. 1 del regolamento n. 4064/89, e che non le doveva dunque essere notificata ai sensi di tale regolamento. Esse hanno in particolare fatto valere che, poiché la Sprint si era impegnata contrattualmente con la WorldCom a disfarsi della sua partecipazione alla Global One prima della realizzazione della fusione, il calcolo del fatturato totale della Sprint nella Comunità, ai sensi dell’art. 5 del regolamento n. 4064/89, non doveva comprendere la sua parte nel fatturato della Global One.

4
Il 29 ottobre 1999 la Commissione ha contestato tale punto di vista e ha informato gli interessati di dover prendere in considerazione la parte della Sprint nel fatturato della Global One, il che l’avrebbe condotta a concludere che l’operazione prevista aveva una dimensione comunitaria. Essa ha affermato che il calcolo del fatturato, volto a determinare se un’operazione di concentrazione ha una dimensione comunitaria, dev’essere effettuato alla data di sottoscrizione dell’accordo di fusione e in considerazione della situazione di fatto in tale data o, al più tardi, alla data in cui sorge l’obbligo di notifica. A suo parere il fatturato legato a determinate attività può essere dedotto unicamente qualora l’accordo notificato contenga una condizione sospensiva che preveda la cessione di tali attività o qualora esse siano state cedute tra la chiusura dei conti e la sottoscrizione dell’accordo di fusione definitivo. La Commissione ha ritenuto che ciò non si fosse verificato nel caso di specie.

5
Con atto del 10 gennaio 2000 (in prosieguo: la «notificazione»), ricevuto dalla Commissione l’11 gennaio, la WorldCom e la Sprint (in prosieguo: le «parti notificanti») hanno notificato congiuntamente il loro progetto di concentrazione, in conformità con l’art. 4, n. 1, del regolamento n. 4064/89, «fatta salva la posizione delle parti in merito alle questioni di competenza relative all’attribuzione alla Sprint del fatturato della Global One».

6
Il 21 gennaio 2000 la Sprint ha concluso un accordo formale con la Deutsche Telekom e la France Télécom, in forza del quale essa recedeva dalla Global One.

7
Il 2 febbraio 2000 le parti notificanti hanno informato la Commissione di tale accordo e hanno proposto un impegno ai sensi dell’art. 8, n. 2, del regolamento n. 4064/89, secondo il quale la Sprint avrebbe dovuto procedere, senza ritardo ingiustificato, al suo recesso dalla Global One e, nel frattempo, non avrebbe partecipato in alcun modo alla gestione corrente della Global One. Il 10 febbraio 2000 le parti notificanti hanno trasmesso alla Commissione un memorandum in cui esponevano il loro punto di vista sull’impatto che avrebbe avuto il recesso della Sprint dalla Global One sulla struttura della concorrenza nei mercati in esame e indicando le ragioni che, a loro parere, le autorizzerebbero a revocare la notificazione.

8
Considerando che l’impegno proposto era insufficiente, che l’operazione di concentrazione in esame rientrava nell’ambito di applicazione del regolamento n. 4064/89 e che vi erano seri dubbi in merito alla sua compatibilità con il mercato comune, la Commissione ha deciso, il 21 febbraio 2000, di avviare il procedimento ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), del regolamento n. 4064/89. Essa ha identificato tre mercati in cui l’operazione sollevava problemi di concorrenza: quello della «connettività ad Internet di massimo livello o universale», quello dei servizi mondiali di telecomunicazioni e quello della telefonia vocale internazionale.

9
Dopo aver ottenuto diverse informazioni in risposta a talune domande ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 4064/89, il 3 maggio 2000 la Commissione ha inviato alle parti notificanti una comunicazione degli addebiti ai sensi dell’art. 12, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 1° marzo 1998, n. 447, relativo alle notificazioni, ai termini e alle audizioni di cui al regolamento (CEE) n. 4064/89 [GU L 61, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento d’attuazione», abrogato poi dal regolamento (CE) della Commissione 7 aprile 2004, n. 802, di esecuzione del regolamento (CE) n. 139/2004 (GU L 133, pag. 1)], nella quale essa illustrava che la concentrazione prevista si concretizzava nella creazione di una posizione dominante in favore delle parti notificanti, o nel rafforzamento della posizione dominante della WorldCom sul mercato della connettività ad Internet di massimo livello nonché su quello dei servizi relativi alle telecomunicazioni su scala mondiale forniti alle imprese multinazionali. Le parti notificanti hanno risposto a tale comunicazione degli addebiti il 22 maggio 2000.

10
Dopo diverse riunioni dedicate all’esame delle possibili misure correttive le parti notificanti hanno presentato alla Commissione con lettera 8 giugno 2000 un impegno (di «misure correttive») ai sensi dell’art. 8, n. 2, del regolamento n. 4064/89 e dell’art. 18, n. 2, del regolamento d’attuazione, concernente la cessione delle attività relative ad Internet della Sprint.

11
Il 5 giugno 2000 la Commissione ha convocato una riunione del comitato consultivo in materia di concentrazioni di imprese istituito dall’art. 19 del regolamento n. 4064/89. Tale comitato si è riunito il 22 giugno 2000 ed ha espresso il suo parere lo stesso giorno.

12
Il 26 giugno 2000 il membro della Commissione incaricato degli affari della concorrenza, sig. Monti, si è recato a Washington (Stati Uniti) per incontrare i rappresentanti del Department of Justice (Ministero della Giustizia; in prosieguo: il «DoJ»). Egli ha dichiarato, durante una conferenza stampa, che avrebbe proposto alla Commissione di vietare la concentrazione prevista.

13
Il 27 giugno 2000 le parti notificanti hanno inviato via fax alla Commissione due lettere, ricevute lo stesso giorno, nelle quali dichiaravano formalmente di revocare, da un lato, l’impegno proposto l’8 giugno 2000 e, dall’altro, la notificazione dell’11 gennaio 2000. La seconda lettera conteneva la seguente dichiarazione:

«Le parti non hanno più l’intenzione di attuare il progetto di concentrazione nella forma indicata nella notificazione. Qualora le parti decidano di procedere alla fusione delle loro attività sotto altra forma in futuro, esse effettueranno le dovute notificazioni nell’ambito delle norme applicabili in materia di concentrazioni».

14
Lo stesso giorno il DoJ presentava ufficialmente alla District Court of Columbia (Tribunale distrettuale di Columbia) una denuncia contro la WorldCom e la Sprint, diretta a far dichiarare che il progetto di fusione di queste ultime violava il Clayton Antitrust Act, 1914 (legge antitrust Clayton del 1914) e ad ottenere un’ingiunzione permanente che vietasse a tali imprese di attuare l’accordo di concentrazione in esame. Tale denuncia si basava sui presunti effetti anticoncorrenziali di tale accordo sul mercato della fornitura di servizi di rete Internet di base nonché su una serie di altri mercati.

15
Sempre il 27 giugno 2000 la Sprint ha pubblicato sul suo sito Web un comunicato stampa relativo al procedimento giudiziario intentato dal DoJ, che terminava nel seguente modo:

«La Sprint auspica che tale operazione di fusione trovi una conclusione ragionevole. I vantaggi che ne conseguirebbero per il pubblico sono troppo rilevanti per rinunciarvi».

16
Lo stesso giorno ancora, il sito Web dell’ABC News ha pubblicato il seguente commento:

«(…) le dichiarazioni pubblicate dalle due imprese sembrano indicare che esse non hanno completamente rinunciato alla megaconcentrazione prevista, del valore di 128 miliardi di dollari. Il sig. Peter Lucht, portavoce della WorldCom, non ha voluto svelare se l’OPA era stata bloccata. “L’affare è ancora pendente dinanzi alle autorità americane”, ha dichiarato».

17
Il 28 giugno 2000 la Commissione ha adottato la decisione 2003/790/CE, che dichiara una concentrazione incompatibile con il mercato comune e con l’accordo SEE (Caso COMP/M.1741 – MCI WorldCom/Sprint) (GU 2003, L 300, pag. 1; in prosieguo: la «decisione impugnata»), sulla base, in particolare, dell’art. 8, n. 3, del regolamento n. 4064/89.

18
Al ‘considerando’ 410 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che la concentrazione prevista «porterebbe alla creazione di una posizione dominante [a beneficio dell’entità risultante dalla concentrazione] o al rafforzamento di una posizione dominante [della MCI WorldCom] nel mercato della fornitura di connettività universale o di massimo livello, tale da ostacolare in modo significativo il funzionamento del mercato comune ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento sulle concentrazioni». In compenso, al ‘considerando’ 302 della decisione impugnata, la Commissione ha «deciso di lasciar cadere questa obiezione in ordine al mercato della fornitura di servizi di telecomunicazioni mondiali». Ai ‘considerando’ 303‑315 della decisione impugnata, la Commissione ha peraltro abbandonato i suoi motivi relativi al mercato della telefonia vocale internazionale.

19
Lo stesso giorno la decisione impugnata è stata resa nota alle parti notificanti.

20
Il 13 luglio 2000 le parti notificanti hanno annunciato, mediante comunicato stampa, che, in considerazione dell’opposizione del DoJ, esse ponevano fine al loro accordo di fusione.


Procedimento

21
Con atto introduttivo registrato presso la cancelleria del Tribunale il 27 settembre 2000, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

22
Il Tribunale (Prima Sezione) ha invitato la ricorrente a pronunciarsi, nella sua replica, sulla questione se, alla luce delle sentenze del Tribunale 25 marzo 1999, causa T‑102/96, Gencor/Commissione (Racc. pag. II‑753), e 15 dicembre 1999, causa T‑22/97, Kesko/Commissione (Racc. pag. II‑3775), essa conservasse un interesse ad agire, tenuto conto dell’abbandono definitivo del progetto di concentrazione a seguito dell’intervento del DoJ. La ricorrente ha ottemperato a tale invito e anche la Commissione ha preso posizione su tale questione nella sua controreplica.

23
Con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale 16 maggio 2001, la Repubblica federale di Germania e la Repubblica francese sono state ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni, rispettivamente, della ricorrente e della Commissione.

24
Il 21 luglio 2002 la WorldCom e la maggior parte delle sue filiali negli Stati Uniti hanno depositato un’ istanza di riabilitazione, ai sensi del capitolo 11 dell’U.S. Bankruptcy Code (codice fallimentare americano), dinanzi alla Bankruptcy Court for the Southern District of New York (Tribunale fallimentare per il distretto sud di New York).

25
Con lettera della cancelleria del Tribunale 4 ottobre 2002, la ricorrente è stata invitata a pronunciarsi sull’eventuale incidenza degli avvenimenti in corso sul procedimento dinanzi al Tribunale, a chiarire se riteneva ancora sussistente un suo interesse a domandare l’annullamento della decisione impugnata, sulla base dei criteri determinati dal Tribunale nelle sentenze Gencor/Commissione e Kesko/Commissione, citate supra al punto 22, e, più in particolare, ad indicare se essa riteneva ancora probabile la realizzazione in futuro dell’operazione di concentrazione dichiarata incompatibile con il mercato comune dalla decisione impugnata, o ogni altra operazione simile, qualora la decisione impugnata fosse stata annullata conformemente alle conclusioni del ricorso, nonché a produrre, non appena accettato dai suoi creditori e approvato dal tribunale americano competente, un piano gestionale d’impresa (business plan) ai sensi del capitolo 11 dell’U.S. Bankruptcy Code. La ricorrente ha adempiuto a tali domande con lettere 21 ottobre 2002, 2 maggio 2003, 9 luglio 2003, 17 dicembre 2003 e 11 marzo 2004.

26
Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata a partire dal nuovo anno giudiziario, il giudice relatore è stato assegnato alla Seconda Sezione, alla quale, di conseguenza, è stato attribuito il presente procedimento.

27
Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di avviare la fase orale e di tenere, in un primo momento, un’udienza specificamente diretta all’esame delle questioni di ricevibilità, di interesse ad agire e della competenza della Commissione all’adozione della decisione impugnata, oggetto del presente ricorso.

28
All’udienza del 30 marzo 2004 le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale.


Conclusioni delle parti

29
La ricorrente, sostenuta dalla Repubblica federale di Germania, chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare la Commissione alle spese.

30
La Commissione, sostenuta dalla Repubblica francese, chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.


Sulla ricevibilità del ricorso

Argomenti delle parti

31
Nella sua replica la ricorrente sottolinea, anzitutto, che le parti notificanti hanno revocato la loro notificazione e hanno informato ufficialmente la Commissione di aver rinunciato alla concentrazione in essa prevista in risposta al discorso tenuto dal sig. Monti alla conferenza stampa del 26 giugno 2000 (v. supra, punto 12), precisamente il giorno dopo. Per quanto riguarda il procedimento avviato lo stesso 27 giugno dal DoJ dinanzi alla District Court of Columbia (v. supra, punto 14), la ricorrente evidenzia che esso non comportava effetti giuridici vincolanti, a differenza della decisione impugnata, adottata il 28 giugno 2000. A parere della ricorrente è pertanto inesatto affermare che il progetto di concentrazione è stato abbandonato «a seguito dell’intervento» del DoJ.

32
La ricorrente sostiene inoltre di avere un interesse a domandare l’annullamento della decisione impugnata in considerazione dei criteri enunciati dal Tribunale nelle sentenze, citate supra al punto 22, Gencor/Commissione (punti 41‑45) e Kesko/Commissione (punti 57‑64). A tale proposito essa fa valere più in particolare che il progetto di concentrazione è stato abbandonato dalle parti notificanti in quanto era per loro palese che la Commissione avrebbe dichiarato l’operazione incompatibile con il mercato comune. Il fatto che la valutazione della Commissione fosse stata resa pubblica prima dell’adozione della decisione impugnata e il fatto che le parti notificanti abbiano agito sulla scia della decisione prima dell’adozione formale della stessa non priverebbero la ricorrente del suo interesse a domandarne l’annullamento.

33
La ricorrente invoca parimenti, facendo riferimento alla sentenza della Corte 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts/Parlamento (Racc. pag. 1339, punto 23), il suo diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale, sancito sia dal Trattato CE, sia dagli artt. 16 e 21 del regolamento n. 4064/89. Essa sostiene in particolare che, in una comunità di diritto, il controllo giurisdizionale effettivo del potere discrezionale della Commissione ai sensi del regolamento n. 4064/89 non può in alcun modo essere influenzato dalla sussistenza di procedimenti giudiziari dinanzi ad altri giudici, a maggior ragione in quanto, nel caso di specie, la decisione impugnata costituirebbe il solo ostacolo giuridico alla concentrazione progettata.

34
Nelle sue osservazioni 21 ottobre 2002 in risposta ai quesiti del Tribunale 4 ottobre 2002 (v. supra, punto 25), la ricorrente afferma, in sostanza, che il suo assoggettamento al capitolo 11 dell’U.S. Bankruptcy Code non ha alcuna incidenza giuridica sull’esperimento del presente ricorso, e che essa ha un interesse ancora maggiore ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata, in considerazione dei criteri enunciati dal Tribunale nelle sentenze Gencor/Commissione e Kesko/Commissione, citate supra al punto 22, e, più in particolare, che, a causa di problemi strutturali di esuberi produttivi, di contrazione della domanda ed altri manifestatisi a partire dall’anno 2000 nel settore delle telecomunicazioni, essa avrebbe ancora migliori possibilità che in precedenza di realizzare l’operazione di concentrazione dichiarata incompatibile con il mercato comune dalla decisione impugnata, o un’altra operazione simile, nel caso in cui tale decisione fosse stata annullata in conformità con le conclusioni del ricorso.

35
Nelle sue osservazioni complementari del 2 maggio 2003, la ricorrente fa riferimento, in particolare, alla imminente approvazione, da parte della U.S. Bankruptcy Court, del suo piano di risanamento definitivo e afferma di apprestarsi ad abbandonare il procedimento di cui al capitolo 11 dell’U.S. Bankruptcy Code nel corso del terzo trimestre del 2003. Essa conferma che la realizzazione del procedimento di risanamento non avrà alcuna incidenza sul suo interesse ad una pronta soluzione della presente controversia né sui diritti che dovessero sorgere da una sentenza di accoglimento del suo ricorso.

36
In allegato alle sue osservazioni integrative del 9 luglio 2003, del 17 dicembre 2003 e dell’11 marzo 2004, la ricorrente ha presentato, rispettivamente, una copia dell’ordinanza della U.S. Bankruptcy Court 7 luglio 2003, con la quale si approvava la sua proposta di accordo finale con la U.S. Securities and Exchange Commission (Commissione delle operazioni di borsa americana), una copia dell’ordinanza dello stesso giudice 31 ottobre 2003, con la quale si approvava il suo piano di riorganizzazione del 21 ottobre 2003, e una copia dell’ordinanza del detto giudice 25 febbraio 2004, con la quale si prorogava il termine a disposizione della ricorrente per conformarsi a talune condizioni previste dal suo piano di riorganizzazione.

37
Nella sua controreplica, la Commissione rileva che, nelle sentenze Gencor/Commissione e Kesko/Commissione, citate supra al punto 22, il Tribunale ha ritenuto di notevole importanza le circostanze di fatto alla base del ricorso nonché quelle per cui l’operazione di concentrazione prevista era stata abbandonata.

38
Essa sottolinea che, nella sentenza Gencor/Commissione, citata supra al punto 22 (punto 45), il Tribunale ha indicato che il venir meno della base dell’operazione di concentrazione non è «di per sé» un elemento idoneo ad escludere il controllo di legittimità sulla decisione in esame. Il Tribunale avrebbe precisato il senso di tale affermazione nella sentenza Kesko/Commissione, citata supra al punto 22 (punti 61‑64), concludendo, dopo aver esaminato le ragioni per cui la ricorrente aveva rinunciato all’operazione progettata, che tale rinuncia non era volontaria, bensì conseguenza diretta della decisione impugnata e che il ricorso doveva, pertanto, essere dichiarato ricevibile.

39
La Commissione ne deduce che le ragioni per cui le parti notificanti hanno rinunciato al loro progetto di concentrazione, unitamente ad altre circostanze, potrebbero effettivamente condurre il Tribunale a declinare la propria competenza. Essa sostiene che, se le parti notificanti hanno preso tale decisione per motivi estranei alla decisione impugnata, se ne può ragionevolmente dedurre che l’esito del procedimento non presenta un interesse sufficiente per la ricorrente, e quindi il suo ricorso dovrebbe essere dichiarato irricevibile.

40
Orbene, nel caso di specie, la WorldCom e la Sprint stesse avrebbero chiaramente affermato di rinunciare al loro progetto di concentrazione per ragioni estranee alla decisione impugnata. Emergerebbe infatti dalle loro dichiarazioni che tale progetto era stato abbandonato unicamente a causa dell’opposizione del DoJ. La Commissione fa riferimento più in particolare al seguente estratto dal comunicato stampa pubblicato il 13 luglio 2000 sia dalla ricorrente che dalla Sprint (v. supra, punto 20):

«Le società [WorldCom e Sprint] ritengono unanimemente che le diverse condizioni imposte alla fine dal [DoJ] comprometterebbero i vantaggi finanziari della fusione e i vantaggi a beneficio dei clienti. Poiché il [DoJ] ha affermato che non sarà pronto prima del prossimo anno per intentare un’azione sulla base delle sue teorie relative alla fusione, le società hanno deciso che non sarebbe nell’interesse degli azionisti, dei clienti e dei lavoratori avviare procedure interminabili».

41
Pertanto, la ricorrente sosterrebbe infondatamente che la denuncia presentata dal DoJ presso la District Court of Columbia non poteva essere all’origine della sua decisione di rinunciare al progetto di concentrazione in quanto essa non aveva potere vincolante.

42
La Commissione conclude che l’abbandono del progetto di concentrazione non era affatto conseguenza diretta della decisione impugnata, che la sentenza Kesko/Commissione, citata supra al punto 22, non è pertinente nel caso di specie e che il ricorso dev’essere dichiarato irricevibile.

43
La Commissione rileva, peraltro, che, nella sentenza Kesko/Commissione, citata supra al punto 22 (punto 55), il Tribunale si è posto in particolare la questione se il progetto di concentrazione fosse ancora attuale al momento della proposizione del ricorso, al fine di determinare se vi fosse un interesse esistente ed attuale all’annullamento della decisione controversa. Orbene, nel caso di specie il progetto di concentrazione sarebbe stato abbandonato nel luglio 2000, ossia ben prima che fosse proposto il ricorso, il 27 settembre 2000.

Giudizio del Tribunale

44
In base ad una giurisprudenza costante, il ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove il ricorrente abbia un interesse all’annullamento dell’atto in questione. Un tale interesse presuppone che l’annullamento di tale atto possa produrre di per sé conseguenze giuridiche (v. sentenza della Corte 24 giugno 1986, causa 53/85, AKZO Chemie/Commissione, Racc. pag. 1965, punto 21; sentenze del Tribunale 14 settembre 1995, cause riunite T‑480/93 e T‑483/93, Antillean Rice Mills e a./Commissione, Racc. pag. II‑2305, punti 59 e 60, e la citata giurisprudenza, e 20 giugno 2001, causa T‑188/99, Euroalliages/Commissione, Racc. pag. II‑1757, punto 26) o, secondo un’altra formulazione, che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (sentenze della Corte 13 luglio 2000, causa C‑174/99 P, Parlamento/Richard, Racc. pag. I‑6189, punto 33, e 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punto 21).

45
Trattandosi di improcedibilità per motivi di ordine pubblico (ordinanze della Corte 28 novembre 1985, causa 19/85, Grégoire‑Foulon/Parlamento, Racc. pag. 3771, e 7 ottobre 1987, causa 108/86, D.M./Consiglio e CES, Racc. pag. 3933; sentenza del Tribunale 18 febbraio 1993, causa T‑45/91, Mc Avoy/Parlamento, Racc. pag. II‑83, punto 22), il giudice comunitario può sollevarla d’ufficio (sentenza della Corte 19 ottobre 1995, causa C‑19/93 P, Rendo e a./Commissione, Racc. pag. I‑3319).

46
Nell’ambito di applicazione del regolamento n. 4064/89 il Tribunale ha deciso, nella sentenza Gencor/Commissione, citata supra al punto 22 (punti 41‑45), che un’impresa che partecipi ad un’operazione di concentrazione prevista conserva un interesse ad agire per l’annullamento della decisione della Commissione che dichiari tale operazione incompatibile con il mercato comune anche qualora, a causa del venir meno del fondamento contrattuale di tale operazione, quest’ultima non possa più essere realizzata, anche in caso di decisione del Tribunale favorevole alla ricorrente. Il Tribunale ha considerato, in particolare, le conseguenze giuridiche presenti e future dell’annullamento di una tale decisione in forza dell’art. 233 CE, nonché gli imperativi del controllo giurisdizionale della legittimità degli atti adottati dalla Commissione in forza del regolamento n. 4064/89.

47
Applicando tali principi ad un caso in cui si abbandona l’operazione di concentrazione prevista, il Tribunale ha aggiunto, nella sentenza Kesko/Commissione, citata supra al punto 22 (punti 61‑65), che, qualora le circostanze del caso di specie mostrino che tale abbandono non sia stato volontario, bensì sia la «conseguenza diretta» di una decisione della Commissione, l’impresa interessata conserva un interesse ad agire per l’annullamento di tale decisione.

48
Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione (v. supra, punto 43), tale giurisprudenza non può essere circoscritta ai soli casi in cui l’abbandono dell’operazione di concentrazione interviene successivamente alla proposizione di un ricorso dinanzi al Tribunale. Infatti, tale giurisprudenza si basa sulla considerazione che un’impresa che si limita a conformarsi ad una decisione della Commissione, in esecuzione di un obbligo, non perde assolutamente l’interesse ad ottenere l’annullamento di tale decisione (sentenza Kesko/Commissione, citata supra al punto 22, punto 59). Orbene, un tale obbligo è intrinseco alla decisione stessa, come emerge dall’art. 249, quarto comma, CE. Esso sussiste quindi già prima ed indipendentemente dalla proposizione di un ricorso, per cui l’assenza di effetto sospensivo di quest’ultimo giustifica, peraltro, la conservazione dell’interesse ad agire in caso di abbandono dell’operazione in corso di causa (sentenza della Corte 19 settembre 1985, cause riunite 172/83 e 226/83, Hoogovens Groep/Commissione, Racc. pag. 2831, punto 19).

49
In tal caso il venir meno del fondamento contrattuale dell’operazione di concentrazione, a seguito dell’abbandono del progetto di concentrazione dalle parti notificanti, non è dunque di per sé un elemento idoneo ad escludere il controllo di legittimità sulla decisione impugnata.

50
La presente fattispecie potrebbe tuttavia essere distinta sotto due aspetti dalle controversie oggetto delle sentenze Gencor/Commissione e Kesko/Commissione, citate supra al punto 22. Da un lato, nonostante tale affermazione sia in parte contestata dalla Commissione, la ricorrente stessa sostiene che l’operazione di concentrazione in esame è stata abbandonata il 27 giugno 2000, ossia anche prima dell’adozione della decisione impugnata. D’altro lato, la Commissione sostiene che tale abbandono è dovuto all’opposizione del DoJ piuttosto che ad un’azione propria. Sotto entrambi gli aspetti si pone pertanto la questione di sapere entro quali termini l’abbandono dell’operazione di concentrazione in esame possa essere qualificata «conseguenza diretta» della decisione impugnata, ai sensi della sentenza Kesko/Commissione, citata supra al punto 22, e quali siano le eventuali conseguenze di una tale distinzione in relazione all’interesse ad agire della ricorrente nel presente caso.

51
Per quanto riguarda il primo di tali due aspetti, occorre rammentare che, con lettera 27 giugno 2000, le parti notificanti hanno formalmente dichiarato alla Commissione di ritirare la loro notificazione e di non avere «più l’intenzione di attuare il progetto di concentrazione nella forma indicata nella notificazione».

52
Il Tribunale constata, in primo luogo, che tale dichiarazione seguiva immediatamente i commenti fatti alla stampa, il 26 giugno 2000, dal sig. Monti, dai quali emerge che quest’ultimo contava di proporre alla Commissione di vietare la concentrazione prevista e, in secondo luogo, che tale dichiarazione aveva manifestamente lo scopo di evitare l’adozione della decisione impugnata, la cui discussione era inserita nell’ordine del giorno della riunione della Commissione del 28 giugno 2000.

53
Orbene, al ‘considerando’ 12 della decisione impugnata, la Commissione ha rifiutato di considerare tale dichiarazione un recesso formale dall’accordo di fusione notificato. Essa si è quindi dichiarata competente per tale accordo, nonostante i termini della dichiarazione di cui trattasi.

54
Il Tribunale ritiene tali considerazioni di per sé sufficienti a giustificare l’interesse della ricorrente ad ottenere l’annullamento di una decisione di cui è destinataria e della quale ha cercato invano di prevenire l’adozione dichiarando formalmente di rinunciare all’operazione di concentrazione notificata che ne era l’oggetto. Occorre rilevare, a tale proposito, che uno dei principali motivi invocati dalla ricorrente a sostegno delle sue conclusioni per l’annullamento concerne l’incompetenza della Commissione ad adottare la decisione impugnata, a seguito della revoca della notificazione avvenuta il 27 giugno 2000.

55
Si deve aggiungere che, per il periodo di vigenza della decisione impugnata, che gode di una presunzione di validità fintantoché il giudice comunitario non l’annulli (sentenza della Corte 1° aprile 1982, causa 11/81, Dürbeck/Commissione, Racc. pag. 1251, punto 17), la ricorrente, qualora ne abbia nuovamente intenzione in futuro, non può legittimamente operare una fusione con la Sprint, almeno nella forma e alle condizioni indicate nella notificazione.

56
Il fatto che la ricorrente non ha necessariamente tale intenzione, o che essa probabilmente non la realizzerà, costituisce a tale proposito una circostanza puramente soggettiva che non può essere presa in considerazione ai fini della valutazione del suo interesse ad agire per l’annullamento di un atto che, incontestabilmente, produce effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sui suoi interessi, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica (sentenze della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punto 9, e 31 marzo 1998, cause riunite C‑68/94 e C‑30/95, Francia e a./Commissione, Racc. pag. I‑1375, punto 62; sentenze del Tribunale 4 marzo 1999, causa T‑87/96, Assicurazioni Generali e Unicredito/Commissione, Racc. pag. II‑203, punto 37, e 22 marzo 2000, cause riunite T‑125/97 e T‑127/97, Coca‑Cola/Commissione, Racc. pag. II‑1733, punto 77).

57
Occorre dunque concludere che in capo alla ricorrente sarebbe giustificato un interesse sufficiente ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata anche nel caso in cui, come dalla stessa sostenuto, essa avrebbe in realtà abbandonato l’operazione in esame prima dell’adozione di tale decisione.

58
Per quanto riguarda il secondo dei due aspetti menzionati sopra, al punto 50, è vero che la revoca formale della notificazione e l’abbandono del progetto di concentrazione «nella forma indicata nella notificazione», notificato il 27 giugno 2000 alle ore 17:25 con telefax delle parti notificanti al segretariato della task‑force «Controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese» della Commissione a Bruxelles (v. allegato 3 del ricorso, pag. 185), coincidono sia per la data, sia praticamente per l’ora, tenuto conto degli scarti orari, con l’annuncio della proposizione di un ricorso dinanzi alla District Court of Columbia da parte del DoJ, presentato a Washington nella mattinata del 27 giugno 2000 (v. allegati 1 e 11 del controricorso). Inoltre, come ammesso dalle parti notificanti (v. loro comunicato stampa del 13 luglio 2000, citato supra al punto 40), l’abbandono definitivo del loro progetto di concentrazione è successivo al procedimento intentato dal DoJ dinanzi alla District Court of Columbia.

59
Tuttavia, anche a voler supporre che l’opposizione del DoJ sia stata determinante nella decisione delle parti notificanti di abbandonare l’operazione di concentrazione in esame, nondimeno, come rilevato giustamente dalla ricorrente, la decisione impugnata costituisce attualmente l’unico ostacolo giuridico attuale e certo alla realizzazione di tale operazione, nell’eventualità in cui le parti notificanti intendessero nuovamente procedere ad una fusione nella forma e alle condizioni previste nella notificazione, dal momento che il procedimento avviato dal DoJ dinanzi alla District Court of Columbia non è giunto alla pronuncia di un decreto ingiuntivo ed era stato volontariamente concluso dal DoJ il 13 luglio 2000.

60
Inoltre, non si può escludere che le parti notificanti avrebbero scelto di difendersi dinanzi alla District Court of Columbia se la Commissione non avesse, da parte sua, adottato la decisione impugnata.

61
Pertanto, in considerazione del principio fondamentale secondo cui, in una comunità di diritto, il rispetto della legalità dev’essere garantito pienamente (sentenza della Corte 29 aprile 2004, causa C‑496/99 P, Commissione/CAS Succhi di Frutta, Racc. pag. I‑0000, punto 63), il Tribunale giudica che la presente fattispecie non si distingue sufficientemente da quella oggetto delle sentenze Gencor/Commissione e Kesko/Commissione, citate supra al punto 22, in modo da giustificare una soluzione diversa in merito alla valutazione dell’interesse della ricorrente ad agire, al momento della proposizione del ricorso.

62
Per quanto riguarda le circostanze atte ad incidere sulla conservazione di tale interesse, successivamente alla proposizione del ricorso, il Tribunale sostiene che le osservazioni presentate dalla ricorrente il 21 ottobre 2002, il 2 maggio 2003, il 9 luglio 2003, il 17 dicembre 2003 e l’11 marzo 2004 consentono di concludere che era in corso il suo risanamento giudiziario.

63
Peraltro la ricorrente ha affermato nelle sue osservazioni e reiterato in udienza, senza essere contraddetta dalla Commissione, che il settore delle sue attività è rimasto immutato dopo la presentazione del ricorso e che essa è sempre in condizioni di realizzare un’operazione del tipo di quella dichiarata incompatibile con il mercato comune dalla decisione impugnata.

64
Il Tribunale afferma, pertanto, che la ricorrente conserva un interesse sufficiente ad esperire il presente procedimento.


Sulla competenza della Commissione ad adottare la decisione impugnata

65
A sostegno delle sue conclusioni, la ricorrente solleva, in sostanza, due motivi di annullamento relativi all’incompetenza della Commissione ad adottare la decisione impugnata.

66
Con un primo motivo, che si suddivide in due parti, la ricorrente fa valere che la Commissione non era legittimata ad adottare la decisione impugnata dal momento che il progetto di concentrazione in esame non aveva una dimensione comunitaria, a prescindere dalla data di avvio del procedimento (prima parte) o, a seguito di una modifica sostanziale delle circostanze, dalla data di adozione della decisione (seconda parte).

67
Con il secondo motivo la ricorrente sostiene che la Commissione non era legittimata ad adottare la decisione impugnata dal momento che le parti notificanti avevano ufficialmente revocato la loro notificazione e che l’avevano informata della rinuncia alla concentrazione nella forma indicata nella notificazione.

68
Il Tribunale decide di esaminare in via prioritaria tale secondo motivo, relativo all’incompetenza della Commissione ad adottare la decisione impugnata dopo la revoca della notificazione e la rinuncia alla concentrazione nella forma indicata nella notificazione.

Argomenti delle parti

69
La ricorrente, sostenuta dal governo tedesco, sostiene che la Commissione ha ecceduto nei suoi poteri adottando la decisione impugnata il 28 giugno 2000 mentre, il 27 giugno 2000, le parti notificanti avevano ufficialmente revocato la loro notificazione, l’avevano informata che non intendevano più attuare l’operazione di concentrazione prevista nella notificazione e che avrebbero effettuato le notificazioni richieste dalle norme applicabili in materia di concentrazioni qualora avessero in futuro deciso di procedere alla fusione delle loro attività sotto altra forma.

70
Poiché la Commissione ha in particolare giustificato la sua competenza, al ‘considerando’ 12 della decisione impugnata, con il fatto che la comunicazione delle parti notificanti del 27 giugno 2000 non costituiva un recesso formale dall’accordo di fusione del 4 ottobre 1999, oggetto della notifica, la ricorrente sostiene che tale interpretazione è artificiale e contraria ad una lettura razionale dei termini di detta comunicazione. Per quanto riguarda i comunicati stampa delle parti notificanti ai quali la Commissione fa riferimento, nel suo controricorso, a sostegno della tesi secondo cui tali parti non avevano abbandonato il progetto di concentrazione indicato nella notifica (v. supra, punti 15, 16 e 20), nulla nella decisione impugnata indicherebbe che la Commissione ne abbia tenuto conto nella sua valutazione. In ogni caso tali comunicati non sarebbero in alcun modo in contraddizione con la comunicazione delle parti notificanti inviata alla Commissione il 27 giugno 2000.

71
Inoltre, dal momento che la Commissione ha considerato che il progetto di concentrazione poteva essere revocato unicamente qualora le parti avessero receduto ufficialmente dal contratto di fusione, la ricorrente sostiene che essa ha agito in modo irrazionale, sproporzionato, contrario alla propria prassi amministrativa e, pertanto, in violazione del principio di tutela del legittimo affidamento (sentenze della Corte 12 novembre 1987, causa 344/85, Ferriere San Carlo/Commissione, Racc. pag. 4435; 5 ottobre 1988, causa 129/87, Fingruth, Racc. pag. 6121, punti 14‑16, e 14 novembre 1989, causa 14/88, Italia/Commissione, Racc. pag. 3677, punti 28‑31). La ricorrente considera, infatti, che, a seguito della loro comunicazione del 27 giugno 2000, le parti notificanti potevano legittimamente fare affidamento sul fatto che la Commissione non avrebbe adottato la decisione nel merito della concentrazione notificata, in conformità con la sua prassi amministrativa precedente, resa pubblica in una ventina di altre controversie.

72
La Commissione sostiene che la mera revoca della notificazione non è sufficiente a privarla della sua competenza ai sensi del regolamento n. 4064/89. Essa può declinare la sua competenza, a suo parere, unicamente nel caso in cui le parti notificanti abbandonino parimenti il loro progetto di concentrazione.

73
Emerge sia dallo spirito che dal tenore del regolamento n. 4064/89, e in particolare dai ‘considerando’ 9 e 17, nonché dagli artt. 2, n. 2, 4, 7, nn. 1 e 5, 8, n. 4, e 11, che la competenza della Commissione non è limitata alle sole operazioni notificate, in quanto la notificazione è soltanto uno strumento che facilita l’esercizio di una competenza posseduta dalla Commissione in ogni caso e che non può dipendere dalla mera volontà delle parti (sentenza del Tribunale 24 marzo 1994, causa T‑3/93, Air France/Commissione, Racc. pag. II‑121, punto 53). Pertanto la Commissione ritiene che, poiché essa controlla le operazioni di concentrazione indipendentemente da ogni previa notificazione, viceversa, le partecipanti ad un progetto di concentrazione non possano privarla della sua competenza revocando la loro notificazione, a meno che esse non abbandonino parimenti il proprio progetto. Da tale punto di vista la revoca della notificazione esporrebbe inoltre le parti notificanti al pagamento di ammende in forza dell’art. 14 del regolamento n. 4064/89, a meno che il progetto di concentrazione sia abbandonato.

74
Nel caso di specie sarebbe palese che, il 28 giugno 2000, le parti notificanti nutrivano ancora la speranza che l’operazione di concentrazione prevista potesse realizzarsi. Ciò emergerebbe chiaramente dai comunicati stampa da esse pubblicati il giorno prima della revoca (v. supra, punti 15 e 16). A tale proposito la Commissione sottolinea che se, effettivamente, fosse stata presa una decisione tanto importante come l’abbandono del progetto di concentrazione, le parti non avrebbero perso l’occasione di annunciarla. La loro comunicazione del 27 giugno 2000 alla Commissione non sarebbe dunque stata sincera e non si sarebbe dovuto prenderla alla lettera, a maggior ragione in quanto solo il 13 luglio 2000 le parti notificanti hanno annunciato alle autorità americane la loro intenzione di abbandonare il progetto di concentrazione (v. supra, punto 20). La Commissione ne conclude che, alla data di adozione della decisione impugnata, il progetto di concentrazione era ancora attuale.

75
Per quanto riguarda la sua prassi amministrativa precedente, la Commissione precisa che in tutte le cause citate dalla ricorrente si era messo fine all’operazione notificata prima che essa avesse chiuso il caso. In nessuna di tali cause la Commissione avrebbe ritenuto sufficiente la semplice revoca della notificazione. Essa avrebbe, al contrario, insistito, nelle due cause, sulla produzione di prove, non fornite spontaneamente dalle parti, le quali attestassero che il progetto di concentrazione era stato abbandonato. Orbene, nel caso di specie, le parti notificanti non avrebbero fornito alcun documento o elemento di prova atto a confermare la loro affermazione secondo cui esse non erano più intenzionate a condurre a buon fine il loro progetto di concentrazione.

76
In ogni caso la Commissione rifiuta l’idea secondo la quale la sua prassi amministrativa, consistente in una serie di decisioni individuali, possa creare un legittimo affidamento. Un tale affidamento dovrebbe, a suo parere, basarsi almeno su una comunicazione di portata generale. Essa afferma, allo stesso modo, che il buon senso impedisce di considerare comportamento irragionevole o sproporzionato il fatto di discostarsi da una prassi seguita in una serie di decisioni precedenti.

77
Nella sua controreplica, infine, la Commissione fa valere che le sentenze Ferriere San Carlo/Commissione e Fingruth, citate supra al punto 71, non sono pertinenti nel caso di specie. Tali due sentenze avrebbero constatato l’esistenza di una lacuna nella normativa comunitaria, alla quale l’istituzione comunitaria interessata aveva posto rimedio con una prassi amministrativa costante. Nel caso di specie il regolamento n. 4064/89 non presenterebbe alcuna lacuna e la ricorrente invocherebbe in realtà un cosiddetto affidamento legittimo nel fatto che la Commissione non eserciterebbe i poteri che le sono attribuiti in forza di tale regolamento.

Giudizio del Tribunale

78
Occorre anzitutto determinare la portata della lettera del 27 giugno 2000, citata supra al punto 13, ai sensi della quale le parti notificanti hanno formalmente revocato la notificazione dell’11 gennaio 2000 e dichiarato alla Commissione che esse non avevano «più l’intenzione di attuare il progetto di concentrazione nella forma indicata nella notificazione».

79
Come emerge dalla sua lettera, e contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nell’ambito del presente ricorso, tale comunicazione non verteva sull’abbandono in linea di principio di ogni idea o progetto di concentrazione tra la WorldCom e la Sprint, bensì unicamente sull’abbandono del progetto di concentrazione «nella forma indicata nella notificazione». L’eventualità di una concentrazione «sotto altra forma in futuro» è peraltro prevista, sebbene in modo ipotetico («[i]nsofar as» – «qualora»), nella stessa lettera. Il comunicato stampa della Sprint e le dichiarazioni del portavoce della WorldCom dello stesso giorno, citate rispettivamente supra ai punti 15 e 16, confermano parimenti che le parti notificanti nutrivano ancora, in tale data, una certa speranza di procedere alla fusione delle proprie attività in un modo o nell’altro, nonostante l’opposizione del DoJ e della Commissione al loro progetto. In realtà, le parti notificanti hanno annunciato pubblicamente di rinunciare definitivamente al loro progetto di concentrazione unicamente con il comunicato stampa del 13 luglio 2000, citato supra al punto 40.

80
Di conseguenza, la questione sollevata con il presente motivo è quella di sapere se, nelle circostanze del caso di specie, la Commissione fosse competente ad adottare una decisione ai sensi dell’art. 8, n. 3, del regolamento n. 4064/89, dichiarando una «concentrazione notificata» incompatibile con il mercato comune nel caso in cui, senza rinunciare formalmente al loro progetto di concentrazione, le parti notificanti avevano ufficialmente dichiarato di revocare la loro notificazione e di non voler più attuare tale progetto nella forma indicata in quest’ultima, riservandosi la possibilità di procedere alla fusione delle proprie attività sotto altra forma in futuro.

81
A tale proposito occorre preliminarmente sottolineare che, nella forma indicata nella notificazione, il progetto di concentrazione in esame era quello concretamente identificato e descritto nell’accordo e nel piano di fusione sottoscritto dalla WorldCom e dalla Sprint il 4 ottobre 1999, ad esclusione di ogni altra operazione di concentrazione teoricamente possibile tra tali parti.

82
In considerazione alla forma specifica così attribuita a tale progetto nella notificazione, la dichiarazione delle parti notificanti del 27 giugno 2000, sottoscritta da avvocati con regolare mandato a rappresentare tali parti dinanzi alla Commissione, poteva essere interpretata unicamente nel senso che implicava la caducità dell’accordo e del piano di fusione come erano stati conclusi e notificati ai sensi dell’art. 4 del regolamento n. 4064/89.

83
Alla luce di quanto esposto il Tribunale considera che la distinzione fatta dalla Commissione, al ‘considerando’ 12 della decisione impugnata, tra la revoca della notificazione e il recesso dall’accordo di fusione sottoscritto il 4 ottobre 1999 è eccessivamente formalistica ed addirittura artificiale.

84
Da un lato, infatti, tale distinzione non tiene conto del fatto che la lettera delle parti notificanti del 27 giugno 2000 non verteva unicamente sulla revoca della notificazione, bensì anche sulla rinuncia all’attuazione del progetto di concentrazione «nella forma indicata nella notificazione», e dunque nella forma dell’accordo di fusione del 4 ottobre 1999.

85
Dall’altro, tale distinzione non riconosce la portata di tale rinuncia, che incide necessariamente sull’efficacia, o anche sulla validità, dell’accordo di fusione stesso. A tale proposito la conclusione della Commissione secondo cui la lettera delle parti notificanti 27 giugno 2000 «non ha tuttavia costituito un recesso formale dall’accordo di fusione» non deriva logicamente dall’affermazione delle parti notificanti, secondo la quale queste ultime «non [avevano] più l’intenzione di attuare» il detto accordo.

86
Peraltro la circostanza, invocata dalla Commissione al ‘considerando’ 12 della decisione impugnata, secondo la quale le parti notificanti si erano riservate la possibilità di procedere alla fusione delle loro attività sotto altra forma in futuro, non è pertinente ai fini di valutare se esistesse, alla data di adozione della decisione impugnata, un accordo di fusione formalmente idoneo ad essere attuato dalle dette parti, assoggettabile al controllo della Commissione.

87
Del resto tale circostanza è atta ad infirmare, piuttosto che a confermare, la tesi della Commissione, poiché essa rileva che le parti notificanti consideravano che l’adozione di una nuova decisione di fusione era necessaria per realizzare in futuro, eventualmente, la concentrazione prevista.

88
Nelle sue osservazioni la Commissione contesta tuttavia alle parti notificanti di «non essere state sincere» nella loro comunicazione del 27 giugno 2000, di modo che quest’ultima non «dovrebbe essere presa alla lettera».

89
Per la parte in cui la Commissione contesta così alle parti notificanti di non aver definitivamente rinunciato, in tale data, al loro progetto di concentrazione, il suo motivo è fondato (v. supra, punto 79), ma inoperante. Infatti, non basta che due imprese prevedano di realizzare (o continuino a prevedere di realizzare) una fusione perché esista (o sussista) ipso facto tra loro un accordo di concentrazione formalmente corretto ai sensi del regolamento n. 4064/89. La competenza della Commissione non può basarsi su semplici intenzioni soggettive delle parti. Essa dipende, come lo precisa l’art. 4 di tale regolamento, dalla «conclusione dell’accordo» di concentrazione. Come la Commissione non è competente ad adottare una decisione in forza del regolamento n. 4064/89 prima della conclusione di tale accordo, così essa cessa di essere competente non appena si recede da tale accordo, anche qualora le imprese interessate proseguano i loro negoziati alla luce della conclusione di un accordo «sotto altra forma».

90
Per la parte in cui la Commissione contesta più specificamente alle parti notificanti di avere segretamente mantenuto in vigore il loro accordo di fusione del 4 ottobre 1999, nonostante i termini della loro comunicazione ufficiale del 27 giugno 2000, è giocoforza constatare che il suo motivo, che potrebbe essere operativo, non è fondato su alcun elemento di prova atto a dimostrarlo sufficientemente in diritto. In particolare esso non è fondato nel comunicato stampa della Sprint o nelle dichiarazioni del portavoce della WorldCom del 27 giugno 2000, citate supra, anche volendo supporre che la Commissione abbia potuto prendere in considerazione tali atti non menzionati nella decisione impugnata.

91
Emerge da quanto precede che, alla luce della lettera delle parti notificanti del 27 giugno 2000, come riassunta supra al punto 80 e come interpretata supra ai punti 82‑86, la Commissione avrebbe dovuto declinare la propria competenza, in assenza di un «accordo» di concentrazione ai sensi dell’art. 4 del regolamento n. 4064/89, ad adottare una decisione in forza dell’art. 8, n. 3, di tale regolamento, che dichiari l’«operazione di concentrazione notificata» incompatibile con il mercato comune.

92
Nessuno degli altri argomenti sollevati dalla Commissione nell’ambito del presente ricorso è atto a rimettere in discussione tale valutazione.

93
Certamente, come sostenuto giustamente dalla Commissione, in riferimento al punto 53 della sentenza Air France/Commissione, citata supra al punto 73, la sua competenza non è limitata alle sole operazioni di concentrazione notificate, in quanto la notificazione è soltanto uno strumento che facilita l’esercizio di una competenza posseduta dalla Commissione in ogni caso e che non può dipendere dalla mera volontà delle parti.

94
A tale proposito si deve respingere l’argomento del governo tedesco secondo cui una decisione di incompatibilità ai sensi dell’art. 8, n. 3, del regolamento n. 4064/89 potrebbe essere adottata unicamente qualora la concentrazione, per ipotesi non notificata, è già stata attuata e si rivelino necessarie misure volte ad annullarla, ai sensi dell’art. 8, n. 4, di tale regolamento. Una tale interpretazione è contraria sia allo spirito sia al tenore del regolamento n. 4064/89, in particolare al suo art. 14, n. 2, lett. c).

95
Tuttavia la Commissione è tenuta nel suo esame a tener conto del contesto giuridico e fattuale esistente e, in particolare, a basarsi sulle disposizioni precise dell’accordo, non notificato, con cui si realizza la concentrazione (v., per analogia, per quanto riguarda l’esame d’ufficio da parte della Commissione di un accordo restrittivo della concorrenza non notificato, sentenza del Tribunale 5 aprile 2001, causa T‑16/98, Wirtschaftsvereinigung Stahl e a./Commissione, Racc. pag. II‑1217, punti 32 e 33).

96
Così, se è vero che le parti di un accordo di concentrazione non possono privare la Commissione della sua competenza revocando la loro notificazione, è pure necessario che, nell’esercizio di tale competenza, la Commissione si pronunci su una vera operazione di concentrazione e non, dopo la revoca della notificazione e l’abbandono dell’operazione nella forma inizialmente prevista, su vaghe intenzioni di procedere alla fusione delle loro attività sotto altra forma in futuro, come ha fatto nel caso di specie.

97
Peraltro la Commissione non può, senza rischiare di commettere errori di valutazione che abbiano un’incidenza sostanziale sul suo giudizio sull’operazione di concentrazione realmente in esame, fare vertere la sua analisi sulle disposizioni di un accordo alla cui attuazione le parti hanno formalmente dichiarato di rinunciare.

98
Nel caso di specie la comunicazione 27 giugno 2000, inviata dalle parti notificanti alla Commissione, implicava, almeno, che tali parti prevedessero di apportare determinate modifiche all’accordo di fusione notificato, prima che la concentrazione prevista potesse eventualmente realizzarsi «sotto altra forma» in futuro, e che tale accordo non riflettesse dunque più la loro volontà comune. Ne consegue che la valutazione della disposizioni dell’accordo notificato realizzata nella decisione impugnata non considera necessariamente la portata della nuova operazione eventualmente prevista, per il futuro, dalle parti notificanti.

99
Orbene, tale errore ha potuto avere un’incidenza sostanziale sulla valutazione dell’operazione di concentrazione effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata. Infatti, se la Commissione avesse tenuto conto della portata reale dell’operazione di concentrazione prevista sotto altra forma dalle parti di cui trattasi, non è escluso che la sua valutazione sarebbe stata diversa e che essa avrebbe ritenuto tale operazione compatibile con il mercato comune (v., per analogia, sentenza Wirtschaftsvereinigung Stahl e a./Commissione, citata supra al punto 95, punto 45).

100
In tale ambito si deve rilevare parimenti che il rischio di commettere errori di valutazione cui si è esposta la Commissione, procedendo come ha fatto nel caso di specie, poteva agevolmente essere evitato. In particolare non vi erano termini imperativi che le imponessero di adottare in fretta una decisione così azzardata come la decisione impugnata.

101
Infatti, come emerge dal ‘considerando’ 11 della decisione impugnata, la Commissione considerava che il termine ultimo per l’adozione di tale decisione, decorso il quale l’operazione sarebbe stata ritenuta compatibile con il mercato comune in applicazione dell’art. 10, n. 6, del regolamento n. 4064/89, sarebbe scaduto il mercoledì 12 luglio 2000. Nel suo controricorso la Commissione ha peraltro esposto che essa si riunisce in collegio una volta alla settimana, generalmente il mercoledì, che le decisioni ai sensi dell’art. 8, n. 3, del regolamento n. 4064/89 sono quasi sistematicamente adottate mediante procedimento orale, al fine di garantire una maggiore trasparenza, e che è consuetudine sottoporre i progetti prima della penultima riunione che precede la data di scadenza del termine di cui all’art. 10, n. 3, del regolamento n. 4064/89, in modo da consentire al collegio di pronunciarsi su un testo modificato, nel caso in cui una maggioranza dei suoi membri si opponesse alla prima versione.

102
Così, se nutriva dubbi sulla portata o la sincerità della comunicazione delle parti notificanti del 27 giugno 2000, la Commissione aveva ampia possibilità, durante la sua riunione di mercoledì 28 giugno 2000, di rimandare l’adozione formale della decisione impugnata alla data di mercoledì 5 o mercoledì 12 luglio 2000 e di trasmettere nel frattempo alle parti notificanti una richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 11, n. 1, del regolamento n. 4064/89, eventualmente mediante una decisione ai sensi del n. 5 della medesima disposizione.

103
Inoltre, ai sensi dell’art. 10, n. 4, del regolamento n. 4064/89, il termine massimo di quattro mesi stabilito al n. 3 di tale stesso articolo per l’adozione di una decisione di incompatibilità ai sensi dell’art. 8, n. 3, è sospeso in via eccezionale qualora la Commissione, per circostanze di cui una delle imprese partecipanti alla concentrazione è responsabile, sia stata costretta a chiedere informazioni con decisione in applicazione dell’art. 11. Rientrano, in particolare, tra tali circostanze, ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. a) e d), del regolamento d’attuazione, il fatto che le informazioni richieste dalla Commissione ad una delle parti notificanti, in forza dell’art. 11, n. 1, del regolamento n. 4064/89, non le sono comunicate integralmente entro il termine da essa fissato e il fatto che le parti notificanti hanno omesso di comunicare alla Commissione modifiche essenziali degli elementi indicati nella notificazione.

104
Così, nel caso di specie, la Commissione era in condizioni di verificare, con il sostegno di prove formali, la realtà della revoca o dell’abbandono dell’accordo di fusione, come essa stessa ammette di aver fatto in passato, in occasione di almeno due altre operazioni di concentrazione (v. infra, punto 111), se essa non riteneva di essere sufficientemente informata per chiudere il procedimento alla luce della comunicazione delle parti notificanti del 27 giugno 2000.

105
La Commissione non può più invocare la necessità, in cui essa si sarebbe trovata, di prevenire un eventuale uso distorto o abusivo della comunicazione delle parti notificanti del 27 giugno 2000.

106
In particolare, non vi era luogo di temere che le parti notificanti, oltrepassando deliberatamente il divieto dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 4064/89, non avrebbero perseguito l’attuazione del loro progetto di concentrazione, sia in forma notificata, sia in qualunque altra forma, dopo la revoca della notificazione. Infatti, come rilevato dalla ricorrente e dal governo tedesco, le parti notificanti non avrebbero potuto procedere in tal modo senza essere soggette alle ammende previste all’art. 14, n. 2, lett. b), del regolamento n. 4064/89, che possono raggiungere il 10% del loro volume d’affari totale. Tali ammende hanno carattere dissuasivo come quelle previste all’art. 14, n. 2, lett. c), di tale regolamento, per il caso in cui imprese realizzino un’operazione dichiarata incompatibile con il mercato comune mediante una decisione presa in applicazione dell’art. 8, n. 3.

107
In considerazione di quanto precede si deve concludere che la Commissione, adottando la decisione impugnata mentre le parti notificanti avevano ufficialmente revocato la loro notificazione e l’avevano informata dell’abbandono della concentrazione nella forma indicata nella notificazione, ha oltrepassato i limiti della sua competenza ai sensi del regolamento n. 4064/89.

108
In ogni caso, anche a voler supporre che la Commissione non sia stata incompetente ad adottare la decisione impugnata, come essa ha sostenuto all’inizio della distinzione che ha operato tra la revoca della notificazione e il recesso dall’accordo di fusione, è giocoforza constatare che, in tal modo, la Commissione si è inopinatamente discostata dalla sua prassi amministrativa consolidata, come nota al pubblico. A tale proposito la ricorrente ha citato una ventina di cause nelle quali la Commissione aveva dato l’impressione di volersi accontentare di una semplice revoca della notificazione delle parti interessate per chiudere senza decidere nel merito un procedimento relativo ad un caso di concentrazione.

109
Così, alla luce delle comunicazioni della Commissione intitolate «Revoca della notificazione di un’operazione di concentrazione», unici documenti pubblicati, rispettivamente, nei casi n. IV/M.608, Ericsson/Ascom (GU 1995, C 292, pag. 8), e n. IV/M.680, Kvaerner/Amec (GU 1996, C 8, pag. 4), sembra che tale istituzione abbia deciso di archiviare il caso senza adottare alcuna decisione, il giorno stesso in cui le parti notificanti le hanno comunicato che esse avevano «sospeso l’attuazione del progetto di concentrazione notificata» e avevano «pertanto deciso di revocare la notificazione».

110
Peraltro, in un gran numero di altri casi [n. IV/M.208, Scott/Mölnlycke; n. IV/M.238, Siemens/Philips Kabel; n. IV/M.388, Unilever France/Ortiz Miko; n. IV/M.418, Tractebel/Distrigaz; n. IV/M.494, Colonia/Lefac/KMK‑CCI; n. IV/M.562, Swissair/Sabena; n. IV/M.592, RWE‑DEA/Enichem Augusta; n. IV/M.805, Telecom‑2; n. IV/M.852, BASF/Shell; n. IV/M.888, Metallgesellschaft/AG; n. IV/M.892, Hochtief/Deutsche Bank/Holzmann; n. IV/M.905, Schweizer Rück/SAFR; n. IV/M.948, Watt AG; n. IV/M.974, Bertelsmann/Burda‑Host; n. IV/M.1010, Artémis/Worms & Cie; n. IV/M.1047, Wienerberger/Cremer & Breuer (GU 1998, C 93, pag. 23); n. IV/M.1246, LHZ/Carl Zeiss (GU 1998, C 384, pag. 9); n. IV/M.1277, BLG Container/Maersk/Sea‑Land Service (GU 1998, C 290, pag. 12); n. IV/M.1321, Verbund/Kelag/Porr/OMV Proterra/Siemens/KRV (GU 1998, C 382, pag. 3); n. IV/M.1431, Ahlström/Kvaerner (GU 1999, C 263, pag. 3); n. IV/M.1447, Deutsche Post/Trans‑o‑flex (GU 1999, C 130, pag. 9); n. IV/M.1609, Elf/Saga; n. IV/M.1703, Phelps Dodge/Asarco (GU 1999, C 313, pag. 7); COMP/M.2117, Aker Maritime/Kvaerner (GU 2001, C 9, pag. 5), e COMP/M.1829, HMTF Nabisco Group Holdings/Burlington Biscuits/United Biscuits], la comunicazione alla Gazzetta Ufficiale e/o il comunicato stampa che annunciava la chiusura del procedimento si limitano ad indicare che «le parti notificanti hanno informato la Commissione che esse revocano la loro notificazione», senza fare riferimento alla sorte riservata al progetto o all’accordo di concentrazione stesso. Redigendo in tal modo i documenti pubblici in questione, la Commissione ha necessariamente indotto gli interessati a credere che la revoca della notificazione equivalesse a suo avviso, in pratica, all’abbandono del progetto di concentrazione, anche se la sua prassi amministrativa reale poteva essere stata diversa.

111
A tale proposito la Commissione ha fatto riferimento, nel suo controricorso, a due casi [n. IV/1328, KLM/Martinair (GU 1999, C 162, pag. 7), e n. IV/M.1412, Hutchison Whampoa/RMPM/ECT (GU 1999, C 256, pag. 5)] nei quali, poiché le parti non avevano spontaneamente fornito le prove dell’abbandono del loro progetto di concentrazione, essa ha insistito sulla produzione di tali prove prima di archiviare il caso. Tuttavia gli elementi di tali casi resi pubblici mediante notificazione alla Gazzetta Ufficiale e/o comunicati stampa non menzionano una tale insistenza da parte sua. In ogni caso, la Commissione non spiega perché essa non ha proceduto nello stesso modo nella presente causa, invece di premurarsi di adottare una decisione negativa all’indomani della revoca della notificazione.

112
Pertanto, le parti notificanti erano legittimate ad aspettarsi che la loro comunicazione del 27 giugno 2000 fosse sufficiente a comportare l’archiviazione del caso, conformemente alla prassi amministrativa precedente della Commissione nota al pubblico e in assenza di indicazioni contrarie date da quest’ultima. A tale proposito, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la giurisprudenza della Corte conferma che una semplice prassi o tolleranza amministrativa, che non sia contraria alla normativa vigente e che non implichi l’esercizio di un potere di valutazione, può suscitare l’affidamento legittimo degli interessati senza dunque che essa si fondi necessariamente su una comunicazione di portata generale (sentenza della Corte 1° ottobre 1987, causa 84/85, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. 3765; sentenze Ferriere San Carlo/Commissione e Fingruth, citate supra al punto 71; ordinanza del presidente della Corte 10 giugno 1988, causa 152/88 R, Sofrimport/Commissione, Racc. pag. 2931).

113
Il Tribunale afferma, pertanto, che la Commissione ha, per lo meno, violato il legittimo affidamento delle parti notificanti adottando la decisione impugnata senza avvertirle previamente del fatto che la loro comunicazione non la soddisfaceva e che essa aveva l’intenzione di adottare una decisione in forza dell’art. 8, n. 3, del regolamento n. 4064/89, a condizione che le dette parti non le fornissero seduta stante la prova formale del recesso dall’accordo di fusione.

114
Emerge da quanto precede che il secondo motivo è fondato. Si deve di conseguenza annullare la decisione impugnata conformemente alle conclusioni della ricorrente, senza che si debba decidere sugli altri motivi e argomenti articolati da quest’ultima a sostegno del suo ricorso.


Sulle spese

115
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

116
Tuttavia, ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
La decisione della Commissione 28 giugno 2000, 2003/790/CE, che dichiara una concentrazione incompatibile con il mercato comune e con l’accordo SEE (Caso COMP/M.1741 – MCI WorldCom/Sprint), è annullata.

2)
La Commissione è condannata a sopportare le proprie spese e quelle della MCI, Inc.

3)
La Repubblica federale di Germania e la Repubblica francese sopporteranno le proprie spese.

Pirrung

Meij

Forwood

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 settembre 2004.

Il cancelliere

Le président

H. Jung

J. Pirrung


1
Lingua processuale: l'inglese.