Language of document : ECLI:EU:T:1999:137

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

7 luglio 1999 (1)

«CECA - Ricorso d'annullamento - Ricevibilità - Aiuti di Stato - Decisione individuale che autorizza la concessione di aiuti di Stato ad un'impresa siderurgica - Fondamento normativo - Artt. 4, lett. c), e 95, primo comma, del Trattato - Incompatibilità con le disposizioni del Trattato - Principio di parità di trattamento - Principio di proporzionalità - Legittimo affidamento - Contropartite alla concessione di un aiuto pubblico - Mancata riduzione di capacità - Violazione di forme sostanziali»

Nella causa T-106/96,

Wirtschaftsvereinigung Stahl, associazione di diritto tedesco con sede in Düsseldorf (Germania), rappresentata dall'avv. Jochin Sedemund, del foro di Berlino, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Aloyse May, 31 Grand-Rue,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee ,rappresentata dai signori Paul F. Nemitz e Frank Paul, in qualità di agenti, con domicilio eletto presso signor Carlos Gómez de la Cruz, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dai signori Guus Houttuin e Stephan Marquardt, in qualità di agenti, con domicilio eletto presso signor Alessandro Morbilli, direttore generale della direzione degli affari giuridici della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

interveniente,

avente ad oggetto l'annullamento della decisione della Commissione del 7 febbraio 1996, 96/315/CECA, relativa ad aiuti di Stato che l'Irlanda intende concedere a favore dell'impresa siderurgica Irish Steel (GU L 121, pag. 16),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione ampliata),

composto dai signori R.M. Moura Ramos, presidente, R. García-Valdecasas, dalle signore V. Tiili, P. Lindh e dal signor P. Mengozzi, giudici,

cancelliere: A. Mair, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 25 novembre 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Il contesto normativo

1.
    Il Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (in prosieguo: il «Trattato») vieta, in linea di principio, gli aiuti di Stato ad impresesiderurgiche, dichiarando, all'art. 4, lett. c), incompatibili col mercato comune del carbone e dell'acciaio e, di conseguenza, vietati alle condizioni previste dal detto Trattato «le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati o gli oneri speciali imposti da essi, in qualunque forma».

2.
    L'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato stabilisce quanto segue:

«In tutti i casi non previsti dal presente Trattato, nei quali una decisione o una raccomandazione della Commissione appaia necessaria per attuare, mentre è in funzione il mercato comune del carbone e dell'acciaio e conformemente alle disposizioni dell'articolo 5, uno degli scopi della Comunità, quali sono definiti agli articoli 2, 3 e 4, questa decisione o questa raccomandazione può essere presa con parere conforme del Consiglio deliberante all'unanimità e dopo consultazione del Comitato consultivo.

La stessa decisione o raccomandazione, presa nella medesima forma, determina eventualmente le sanzioni applicabili».

3.
    Nell'intento di rispondere alle esigenze della ristrutturazione del settore siderurgico, la Commissione si è basata sulle precitate disposizioni dell'art. 95 del Trattato per istituire, a partire dall'inizio degli anni '80, un regime comunitario degli aiuti che autorizza la concessione di aiuti statali alla siderurgia in taluni casi tassativamente elencati. Tale regime è stato successivamente adattato per far fronte alle difficoltà congiunturali dell'industria siderurgica. Il codice comunitario degli aiuti alla siderurgia in vigore durante il periodo considerato nel caso in esame risulta così il quinto della serie ed è stato adottato con la decisione della Commissione 27 novembre 1991, n. 3855/91/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 362, pag. 57; in prosieguo: il «codice degli aiuti» o «quinto codice»). Il quinto codice è rimasto in vigore sino al 31 dicembre 1996. E' stato sostituito, a decorrere dal 1° gennaio 1997, dalla decisione della Commissione 18 dicembre 1996, 2456/96/CECA, recante norme comunitarie degli aiuti a favore della siderurgia (GU L 338, pag. 42), che costituisce il sesto codice degli aiuti alla siderurgia. Dai 'considerando‘ del quinto codice emerge che esso istituisce, al pari dei precedenti codici, un sistema comunitario diretto ad applicarsi agli aiuti, specifici o meno, concessi dagli Stati in qualunque forma. Il codice non autorizza né gli aiuti al funzionamento né gli aiuti alla ristrutturazione, a meno che non si tratti di aiuti per la chiusura di impianti (sentenza del Tribunale 24 ottobre 1997, British Steel/Commissione, causa T-243/94, Racc. pag. II-1887, punto 3; in prosieguo: la «sentenza British Steel»).

4.
    Parallelamente al codice degli aiuti, che costituisce una decisione generale, la Commissione ha fatto ricorso, in varie riprese, all'art. 95 del Trattato al fine di emanare decisioni individuali che autorizzavano la concessione di aiuti di Stato specifici a titolo eccezionale. Ciò premesso, la Commissione adottava il 12 aprile 1994 sei decisioni individuali che autorizzavano, la concessione di aiuti pubblici avarie imprese siderurgiche. Tali decisioni erano oggetto di tre ricorsi d'annullamento dinanzi al Tribunale, da cui sono scaturite le sentenze 24 ottobre 1997, EISA/Commissione, causa T-239/94 (Racc. pag. II-1839, in prosieguo: la «sentenza EISA»), British Steel, e Wirtschaftsvereinigung Stahl e a./Commissione, causa T-244/94 (Racc. pag. II-1963, in prosieguo la «sentenza Wirtschaftsvereinigung»).

I fatti all'origine della controversia

5.
    La Irish Steel Ltd (in prosieguo: la «Irish Steel») è una società controllata interamente dallo Stato, che gestisce l'unico impianto irlandese di produzione e laminazione dell'acciaio; la società è stabilita a Haulbowline, Cobh, nella contea di Cork. La Irish Steel dispone di una capacità produttiva annua di acciaio liquido pari a 500 000 t e di fabbricazione di prodotti laminati a caldo (profilati) pari a 343 000 t. Nel corso dei cinque esercizi commerciali dal 1990 al 1995 la sua produzione reale di prodotti laminati a caldo è stata, rispettivamente, di 278 000, 248 000, 272 000, 276 000 e 258 000 t, corrispondenti a livelli di produttività considerevolmente inferiori alla capacità produttiva.

6.
    Nel periodo 1980-1985, la Irish Steel beneficiava di aiuti da parte del governo irlandese, a seguito di autorizzazione nella Commissione, per un valore di 183 milioni di IRL. L'impresa attraversava successivamente un periodo di dissesto finanziario persistente che conduceva, alla fine dell'esercizio 1994-1995, all'accumulo di passività complessivamente ammontanti ad oltre 138 milioni di IRL.

7.
    Nel 1993, il governo irlandese garantiva con una propria cauzione due finanziamenti (rispettivamente di 10 milioni e di 2 milioni di IRL) concessi ad un tasso di interesse effettivamente inferiore a quello di mercato. Tali finanziamenti venivano ritenuti necessari per consentire la continuazione dell'attività dell'impresa. Tale misura di aiuto non veniva notificata, all'epoca, alla Commissione.

8.
    Il deterioramento della situazione finanziaria della Irish Steel induceva il governo irlandese a notificare alla Commissione, con lettera 1° marzo 1995, un piano di ristrutturazione della società nonché i relativi aiuti pubblici. Il piano prevedeva un contributo di 40 milioni di IRL di fondi propri e la garanzia pubblica del finanziamento di 10 milioni di IRL indicata al punto precedente (in prosieguo: il «primo piano di ristrutturazione»). Contemporaneamente le autorità irlandesi avviavano trattative dirette alla privatizzazione della Irish Steel.

9.
    Il 4 aprile 1995, con comunicazione della Commissione 95/C 284/04 indirizzata, ai sensi dell'art. 6, n. 4, del codice degli aiuti, agli Stati membri e ai terzi interessati in merito agli aiuti che l'Irlanda aveva deciso di concedere alla Irish Steel (GU C 284, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione 95/C»), la Commissione invitava gli interessati a presentare osservazioni in ordine alla compatibilità delle misure notificate con il mercato comune. La prima notificazione 1° marzo 1995 veniva tuttavia revocata con lettera del 7 settembre successivo e le autorità irlandesiprocedevano ad una nuova notificazione, con modifiche, alla Commissione. Tale seconda notificazione comprendeva un nuovo progetto di aiuti pubblici a titolo di contropartita per l'acquisizione della Irish Steel, a seguito di gara pubblica, da parte della società privata Ispat International (con sede in Indonesia, controllata da capitali indiani ed operante in vari paesi). Tale secondo progetto non veniva comunicato ai terzi interessati.

10.
    In base alle stime della Commissione, gli aiuti pubblici previsti nel quadro della cessione della Irish Steel ammontavano complessivamente a 38, 298 milioni di IRL. Tali interventi si ripartivano come segue:

-    cancellazione del prestito di Stato senza interessi a concorrenza massima di 17 milioni di IRL;

-     conferimento in denaro a concorrenza massima di 2,831 milioni di IRL per il ripianamento del disavanzo di bilancio;

-     conferimento in denaro a concorrenza massima di 2,36 milioni di IRL per opere specifiche di ripristino ambientale;

-     conferimento in denaro a concorrenza massima di 4,617 milioni di IRL a copertura di parte degli oneri di concessione del finanziamento;

-     conferimento in denaro a concorrenza massima di 0,628 milioni di IRL a copertura del disavanzo del fondo pensioni;

-     un ulteriore conferimento in denaro a concorrenza massima di 7,2 milioni di IRL, in considerazione delle modifiche del piano di ristrutturazione cui era subordinata l'approvazione da parte del Consiglio;

-     garanzie di indennizzo a concorrenza massima di 2,445 milioni di IRL in relazione all'eventuale debito fiscale residuo e ad altri costi ed obbligazioni finanziarie pregresse;

-     un elemento di aiuto a concorrenza massima di 1,217 milioni di IRL, contenuto nelle garanzie di Stato relative a due prestiti per complessivi 12 milioni di IRL (tali garanzie, comprese nel procedimento avviato ai sensi dell'art. 6, n. 4, del codice degli aiuti alla siderurgia, sono state attualmente - in base all'accordo di cessione della società - effettivamente riassunte dall'investitore, che ha fornito al governo irlandese una controgaranzia per tali rischi).

11.
    Il secondo piano di ristrutturazione prevedeva che l'Ispat International acquisisse l'intero pacchetto azionario della Irish Steel al prezzo di 1 IRL accollandosi tutti i debiti e le passività residue, ad eccezione di un prestito statale senza interessi,ammontante a 17 milioni di IRL, che sarebbe stato cancellato. L'Ispat International si impegnava, inoltre, a procedere ad un conferimento capitale di 5 milioni di sterline e ad effettuare, nel corso dei cinque anni successivi, investimenti per complessivi 25 milioni di IRL.

12.
    Con lettera 11 ottobre 1995, la Commissione comunicava tale secondo progetto al Consiglio (in prosieguo: la «comunicazione 11 ottobre 1995»), che l'approvava il 22 dicembre successivo. La decisione della Commissione 27 febbraio 1996, 96/315/CECA, relativa ad aiuti di Stato che l'Irlanda intende concedere a favore dell'impresa siderurgica Irish Steel, pubblicata il 21 maggio 1996 (GU L 121, pag. 16; in prosieguo: la «decisione impugnata») autorizzava la concessione degli aiuti statali ivi previsti.

13.
    La Commissione subordinava la propria autorizzazione al rispetto delle condizioni esposte ai punti V-VII della decisione impugnata ed indicate negli artt. 2-5 della decisione medesima. Al punto V della decisione impugnata è previsto, in particolare, «che non vi siano aumenti dell'attuale capacità produttiva di acciaio liquido e di prodotti finiti laminati a caldo, a parte l'aumento dovuto al miglioramento della produttività, per almeno un quinquennio a decorrere dall'ultimo versamento di aiuti previsto dal piano».

14.
    Tuttavia, a differenza delle decisioni 12 aprile 1994, la decisione impugnata non imponeva riduzioni della capacità produttiva in base al rilievo che ciò «non [era] tecnicamente possibile (...) senza chiudere l'impianto (...) dato che la Irish Steel dispone di un laminatoio a caldo» (punto V). La Commissione imponeva tuttavia alla Irish Steel le seguenti condizioni ulteriori:

-    non ampliare la gamma dei prodotti, già comunicata dalla Commissione nel novembre 1995, nei cinque anni successivi al versamento degli aiuti,

-    non produrre travicelle di dimensioni superiori a quelle allora prodotte,

-    non superare un tetto di produzione di prodotti finiti laminati a caldo e di prodotti semifiniti (billette) nei singoli esercizi finanziari sino al 30 giugno 2000,

-    contenere entro un determinato livello le vendite europee di prodotti finiti (sul territorio della Comunità, in Svizzera e in Norvegia) nel corso del medesimo periodo.

15.
    Con atto 18 giugno 1996, la denominazione sociale della società Irish Steel veniva modificata in Irish Ispat Ltd (in prosieguo: l'«Ispat»).

Il procedimento

16.
    Con atto depositato nella cancelleria il 10 luglio 1996, l'associazione Wirtschaftsvereinigung Stahl chiedeva, ai sensi dell'art. 33 del Trattato, l'annullamento della decisione impugnata.

17.
    Parallelamente, avverso la stessa decisione veniva presentato, in data 11 giugno 1996, altro ricorso da parte dell'impresa Irish Steel, registrato nella cancelleria del Tribunale col numero di ruolo T-89/96.

18.
    Nell'ambito della presente causa il Consiglio ha depositato nella cancelleria del Tribunale, in data 13 dicembre 1996, domanda di intervento a sostegno della convenuta. Con ordinanza 5 febbraio 1997 il presidente della Prima Seziona ampliata del Tribunale ha accolto la domanda d'intervento.

19.
    Nel ricorso la ricorrente ha chiesto al Tribunale di ordinare alla Commissione, a titolo di misura di organizzazione del procedimento, di trasmetterle tutti i documenti relativi all'emanazione, da parte dei membri della Commissione, della decisione impugnata.

20.
    Su relazione del giudice relatore (Quarta Sezione ampliata), il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale, ha invitato le parti a rispondere per iscritto a taluni quesiti e ha chiesto alla Commissione di produrre copia autentica del documento SEC (96) 199 nonché del verbale della riunione della Commissione del 7 febbraio 1996. All'udienza del 25 novembre 1998 le parti hanno svolto le proprie difese orali e hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale.

Conclusioni delle parti

21.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione impugnata;

-    in subordine, annullare tale decisione nella misura in cui consente alla Irish Steel un aumento del livello di produzione superiore alla produzione totale relativa all'esercizio commerciale 1994/1995;

-    condannare la Commissione alle spese.

22.
    La convenuta, sostenuta dal Consiglio, conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

Sulla ricevibilità

Argomenti delle parti

23.
    La Commissione contesta la ricevibilità del ricorso. A suo parere, conformemente all'art. 33 del Trattato, il ricorso di annullamento dev'essere proposto «entro il termine di un mese a decorrere, secondo il caso, dalla data della notificazione o della pubblicazione della decisione». Inoltre, la Corte ha interpretato l'art. 33 del Trattato CECA nel combinato disposto con l'art. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE), che prevede che, in mancanza di pubblicazione o di notificazione dell'atto impugnato, il termine inizia a decorrere dal giorno in cui il ricorrente ne abbia avuto conoscenza (sentenza della Corte 6 luglio 1988, causa 236/86, Dillinger Hüttenwerke/Commissione, Racc. pag. 3761).

24.
    La decisione impugnata, che costituisce una decisione individuale indirizzata all'Irlanda, non è stata né notificata né comunicata alla ricorrente. La Commissione sostiene nondimeno che nella specie la ricorrente ne avrebbe avuto conoscenza, per la prima volta, nel giorno della riunione del Comitato consultivo CECA (in prosieguo: il «Comitato») in seno al quale essa era rappresentata, vale a dire il 25 ottobre 1995. In ogni caso, le dichiarazioni della ricorrente pubblicate in due articoli di giornale, nell'Engineer del 21 marzo 1996 e nell'Irish Times del 28 marzo 1996, dimostrerebbero come essa conoscesse già all'epoca il contenuto integrale della decisione impugnata. Il termine di un mese avrebbe quindi iniziato a decorrere, al più tardi, a partire dalla fine del mese di marzo 1996 e, conseguentemente, il ricorso proposto il 10 luglio 1996 sarebbe tardivo.

25.
    La Commissione sostiene inoltre che, contrariamente alla tesi dedotta dalla ricorrente, l'art. 33 non consentirebbe la scelta tra il momento della pubblicazione ed il momento della conoscenza dell'atto. Tale interpretazione risulterebbe da una serie di considerazioni, in particolare dalla ratio e dagli scopi del termine che privilegia la certezza del diritto, dalla rilevanza che riveste per gli interessati la possibilità di una rapida reazione e, in particolare, dalla sentenza del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T-380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione (Racc. pag. II-2169, punto 42).

26.
    In ogni caso, anche se si ritenesse, a favore della ricorrente, che, all'epoca, essa non fosse integralmente a conoscenza della decisione impugnata, spetterebbe - secondo costante giurisprudenza - a colui che abbia conoscenza dell'esistenza di un atto che lo riguardi «di chiederne il testo integrale entro un termine ragionevole» (v. ordinanza della Corte 5 marzo 1993, causa C-102/95, Ferriere Acciaierie Sarde/Commissione, Racc. pag. I-801, punti 18 e 19). La ricorrente non avrebbe ottemperato a tale obbligo.

27.
    La ricorrente contesta la tardività del ricorso. A termini dell'art. 33 del Trattato, il fatto che segnerebbe il dies a quo del termine sarebbe costituito dalla pubblicazione. La ricorrente ritiene parimenti di non aver avuto conoscenza del contenuto completo della decisione impugnata prima della sua pubblicazione. In ogni caso, l'art. 33 del Trattato offrirebbe la scelta di proporre il ricorsoimmediatamente dopo aver avuto conoscenza della decisione impugnata ovvero successivamente alla sua pubblicazione.

Giudizio del Tribunale

28.
    A termini dell'art. 33, terzo comma, del Trattato, i ricorsi di annullamento devono essere proposti entro il termine di un mese a decorrere, secondo il caso, dalla data della notificazione o della pubblicazione della decisione o della raccomandazione. La Corte, interpretando tale disposizione alla luce dell'art. 173, quinto comma, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230, quinto comma, CE), ha affermato che, in mancanza di pubblicazione e di notifica, spetta a colui che ha conoscenza dell'esistenza di un atto che lo riguarda di chiederne il testo integrale entro un termine ragionevole e che il termine per la presentazione del ricorso può decorrere solo dal momento in cui il terzo interessato ha una conoscenza esatta del contenuto e della motivazione dell'atto di cui trattasi in modo da potere esercitare il proprio diritto di ricorso (sentenze della Corte Dillinger Hüttenwerke/Commissione, citata supra, punto 14, e la giurisprudenza citata, e 6 dicembre 1990, causa C-180/88, Wirtschaftsvereinigung Eisen-und Stahlindustrie/Commissione, Racc. pag. I-4413, punti 22-24).

29.
    Inoltre, il Tribunale ha già avuto modo di affermare nell'ambito del Trattato CE, che il criterio della data della conoscenza dell'atto in quanto dies a quo è subordinato rispetto a quello della pubblicazione o della notifica dell'atto (v. sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, causa T-11/95, BP Chemicals Limited/Commissione, Racc. pag. II-3235, punto 47, nonché la giurisprudenza ivi citata).

30.
    Nella specie, la decisione è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 21 maggio 1996. Considerato che il ricorso è stato depositato il 10 luglio 1996, si deve ritenere che esso è stato proposto entro il termine di un mese, di cui all'art. 33, terzo comma, del Trattato, a decorrere dalla fine del quattordicesimo giorno successivo alla pubblicazione, termine cui vanno aggiunti i sei giorni in ragione della distanza, ai sensi degli artt. 102, nn. 1 e 2, del regolamento di procedura del Tribunale e 1, dell'allegato II del regolamento di procedura della Corte.

31.
    Ciò premesso, non occorre fare applicazione del criterio sussidiario e gli argomenti della Commissione diretti a provare che la ricorrente avesse avuto conoscenza della decisione impugnata già prima della sua pubblicazione o che essa avrebbe dovuto chiederne il testo integrale entro un termine ragionevole sono quindi inoperanti.

32.
    Ne consegue che il motivo relativo all'irricevibilità del ricorso dev'essere respinto.

Sul merito

33.
    A sostegno del ricorso la ricorrente deduce una serie di censure che possono essere raggruppate in due motivi, il primo relativo alla violazione del Trattato e delle relative norme di applicazione, il secondo relativo alla violazione di forme sostanziali.

34.
    Nel corso dell'udienza ed a seguito della produzione di taluni documenti da parte della Commissione, la ricorrente ha desistito da uno dei capi dell'ultimo motivo relativo alla violazione del principio di collegialità.

Sul motivo relativo alla violazione del Trattato e delle relative norme di applicazione

35.
    Tale motivo ricomprende sostanzialmente nove censure dedotte dalla ricorrente. La decisione impugnata sarebbe viziata da illegittimità, in quanto non sarebbe conforme al quinto codice, non rispetterebbe i requisiti di applicazione dell'art. 95 del Trattato, si porrebbe in contrasto con la ratio interna dell'art. 3 del Trattato, violerebbe il principio dell'interpretazione restrittiva, sanerebbe aiuti non notificati, si porrebbe in contrasto con il principio di parità di trattamento, violerebbe l'art. 56, n. 2, del Trattato, violerebbe il principio della tutela del legittimo affidamento e, infine, violerebbe il principio di proporzionalità.

Sul mancato rispetto del quinto codice

- Argomenti delle parti

36.
    La ricorrente sostiene che il quinto codice costituisca la norma superiore di carattere generale che la Commissione sarebbe tenuta a rispettare nell'emanazione di decisioni individuali. Per effetto dell'art. 14, secondo comma, del Trattato, il codice degli aiuti sarebbe obbligatorio in tutti i suoi elementi e vincolerebbe tutti i soggetti dell'ordinamento giuridico comunitario, ivi comprese le istituzioni. Considerato che il quinto codice disciplina in modo dettagliato la politica degli aiuti alla siderurgia, la Commissione, discostandosi dalle sue disposizioni, avrebbe violato il principio della gerarchia delle norme nonché il principio di legittimità. La ricorrente si richiama, al riguardo, alle sentenze del Tribunale 8 giugno 1995, causa T-7/93, Langnese-Iglo/Commissione (Racc. pag. II-1533, punto 208), e causa T-9/93, Schöller/Commissione (Racc. pag. II-1611).

37.
    Inoltre, contrariamente ai codici precedenti, il quinto codice non prevedrebbe alcuna possibilità di deroga. Pertanto, unicamente gli aiuti rispondenti ai requisiti fissati dalle disposizioni degli artt. 2-5 del codice degli aiuti potrebbero essere considerati compatibili con il buon funzionamento del mercato comune ed essere, conseguentemente, autorizzati dalla Commissione.

38.
    Per di più, nell'emanazione del quinto codice il Consiglio e la Commissione, che conoscevano la precaria situazione finanziaria della Irish Steel, avrebbero espressamente manifestato l'intenzione di attuare in modo restrittivo la regola del divieto degli aiuti pubblici nel settore dell'acciaio, eliminando le deroghe a taleregola. Pertanto, la crisi attraversata dalla Irish Steel, tipica dell'industria siderurgica, non costituirebbe in alcun caso uno sviluppo inatteso.

39.
    La Commissione contesta che il quinto codice possieda il carattere vincolante ed esaustivo preteso dalla ricorrente. Ciò significherebbe che la decisione con cui la Commissione ha emanato il detto codice avrebbe modificato il Trattato, fissando in modo vincolante la portata dell'art. 95. Orbene, l'interpretazione secondo cui una disposizione di diritto derivato può modificare una disposizione di diritto primario, aggirando tutte le regole procedurali relative alla revisione del Trattato, non potrebbe trovare accoglimento. Secondo la Commissione, l'art. 95, ove sussistano i requisiti relativi alla sua applicazione, può sempre costituire il fondamento normativo per l'emanazione di decisioni ad hoc riguardanti la concessione di aiuti in fattispecie particolari.

40.
    Il Consiglio sostiene che il codice degli aiuti e la decisione impugnata siano entrambi formalmente basati sull'art. 95, primo comma, del Trattato. Conseguentemente, i due atti possiederebbero la stessa natura giuridica ed il medesimo rango. Pertanto, il codice degli aiuti non costituirebbe una norma gerarchicamente superiore alla decisione impugnata cui quest'ultima debba conformarsi.

- Giudizio del Tribunale

41.
    Si deve ricordare, in limine, che dalla motivazione del quinto codice (e in particolare il punto I) emerge che esso mirava anzitutto «a non privare la siderurgia del beneficio degli aiuti a favore della ricerca e dello sviluppo nonché di quelli destinati ad adattare gli impianti alle nuove norme sulla tutela dell'ambiente». Nell'intento di ridurre le sovraccapacità produttive e di riequilibrare il mercato, esso autorizzava del pari, a talune condizioni, «gli aiuti sociali destinati a favorire una chiusura parziale di impianti nonché gli aiuti destinati a finanziare la cessazione definitiva di attività CECA per le imprese meno competitive». Come già affermato dal Tribunale, in particolare nella sentenza British Steel, il codice degli aiuti indicava, in termini generali, talune categorie di aiuti che esso considerava compatibili con il Trattato (punti 47 e 49). Esso introduceva, a determinate condizioni, deroghe di portata generale al divieto degli aiuti di Stato per quanto riguarda esclusivamente gli aiuti alla ricerca e allo sviluppo, gli aiuti a favore della tutela dell'ambiente, gli aiuti alla chiusura degli impianti nonché gli aiuti regionali alle imprese siderurgiche stabilite nel territorio o in una parte del territorio di taluni Stati membri.

42.
    Ciò premesso, il codice degli aiuti costituisce un quadro normativo vincolante solamente per gli aiuti compatibili con il Trattato da esso indicati. In tale materia, esso istituisce un sistema complessivo destinato a garantire un trattamento uniforme, nell'ambito di un unico procedimento, di tutti gli aiuti che rientrano nelle categorie esenti da esso definite. La Commissione è vincolata da tale sistemasoltanto quando valuti la compatibilità col Trattato di aiuti considerati dal codice stesso. Essa non può pertanto autorizzare siffatti aiuti mediante una decisione individuale in contrasto con le norme generali stabilite dal codice (v. sentenze EISA, punto 71, British Steel, punto 50, e Wirtschaftsvereinigung, punto 42).

43.
    Al contrario, gli aiuti che non rientrano nell'ambito delle categorie esentate dal divieto per effetto delle disposizioni del codice possono fruire di una deroga individuale a tale divieto, qualora la Commissione ritenga, nell'ambito dell'esercizio del proprio potere discrezionale in forza dell'art. 95 del Trattato, che tali aiuti siano necessari per il conseguimento degli obiettivi del Trattato. Infatti, il codice degli aiuti mira soltanto ad autorizzare in generale, e a talune condizioni, deroghe al divieto degli aiuti a favore di determinate categorie di aiuti da esso elencate in modo completo. La Commissione non è competente in forza dell'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, che riguarda unicamente i casi non previsti dal Trattato (v. sentenza 12 luglio 1962, causa 9/61, Paesi Bassi/Alta Autorità, Racc. pag. 413, punto 2), a vietare talune categorie di aiuti, poiché tale divieto è già previsto dallo stesso Trattato, al suo art. 4, lett. c). Gli aiuti che non rientrano nelle categorie che il codice esenta da detto divieto rimangono pertanto esclusivamente soggetti all'ambito di applicazione dell'art. 4, lett. c). Ne consegue che, qualora siffatti aiuti risultino tuttavia necessari per realizzare gli obiettivi del Trattato, la Commissione è legittimata ad avvalersi dell'art. 95 del Trattato al fine di far fronte a tale situazione imprevista, se del caso, mediante una decisione individuale (v. in tal senso sentenze EISA, punto 72, British Steel, punto 51, e Wirtschaftsvereinigung, punto 43).

44.
    Nella specie, gli aiuti di Stato oggetto della decisione impugnata, consentendo la ristrutturazione e, con ciò, la privatizzazione dell'Irish Steel, non rientrano nella sfera d'applicazione del codice degli aiuti. La Commissione poteva legittimamente autorizzare tali aiuti per mezzo di una decisione individuale emanata in base all'art. 95 del Trattato, in presenza dei requisiti previsti dalla disposizione medesima.

45.
    All'udienza la ricorrente ha sostenuto, richiamandosi alle sentenze EISA, British Steel e Wirtschaftsvereinigung, che il contributo in denaro pari a 2,36 milioni di IRL destinato al finanziamento di opere specifiche di ripristino ambientale, da un lato, e quello di 0,628 milioni di IRL volto al finanziamento del deficit del regime delle pensioni, dall'altro, rientrassero nelle categorie indicate dal codice degli aiuti e che, conseguentemente, la Commissione non potesse autorizzare tali aiuti al di fuori della procedura prevista dal codice medesimo.

46.
    L'art. 3 del codice degli aiuti esenta «gli aiuti destinati ad agevolare l'adattamento alle nuove disposizioni di legge in materia di tutela dell'ambiente degli impianti in servizio da almeno due anni prima dell'entrata in vigore di dette norme» il cui importo non superi il 15% in equivalente sovvenzione netto delle spese di investimento direttamente connesse con le misure di tutela ambientale considerate.

47.
    Per quanto attiene alla parte dell'aiuto diretta al finanziamento di specifici lavori di ripristino ambientale (v. supra punto 10), essa non rientra nella sfera d'applicazione dell'art. 3 del codice. Ancorché tale contributo sia destinato a finanziare l'adattamento degli impianti a requisiti legislativi di tutela dell'ambiente, il suo importo supera il 15% in equivalente sovvenzione netta delle relative spese di investimento. Tale aiuto non è quindi esentato, in base alla detta disposizione, dal divieto generale sancito dall'art. 4, lett. c), del Trattato.

48.
    Parimenti, l'art. 4 del codice degli aiuti esenta, in linea di principio, dal divieto di cui all'art. 4, lett. c), del Trattato, gli aiuti alla chiusura parziale o alla cessazione definitiva di tutte le attività «destinati a finanziare le indennità versate ai dipendenti soggetti a provvedimenti di riduzione del personale o di pensionamento anticipato», ove sussistano determinate condizioni.

49.
    Orbene, il detto contributo pari a 0,628 milioni di IRL è ricompreso in un programma di aiuti alla ristrutturazione della Irish Steel e non riguarda la chiusura parziale dell'impresa o la cessazione definitiva della sua attività.

50.
    Ciò premesso, tale aiuto poteva essere autorizzato mediante decisione individuale direttamente fondata sull'art. 95 del Trattato, in presenza dei requisiti previsti dal detto articolo (v. supra punti 43 e 44). Atteso che la decisione impugnata possiede una sfera d'applicazione diversa dal codice degli aiuti, in quanto consente, per ragioni eccezionali e una tantum, aiuti che non potrebbero essere, in linea di principio, compatibili con il Trattato, la deroga da essa autorizzata è del tutto indipendente dal codice degli aiuti. Conseguentemente, essa non è soggetta ai requisiti stabiliti dal codice medesimo e presenta quindi, ai fini del conseguimento degli obiettivi definiti dal Trattato, carattere aggiuntivo rispetto al codice stesso.

51.
    Dalle suesposte considerazioni emerge che la decisione impugnata non può essere considerata come deroga ingiustificata al quinto codice, bensì costituisce un atto che, al pari del codice medesimo, ha il proprio fondamento normativo nelle disposizioni dell'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato. Conseguentemente, il richiamo alle menzionate sentenze Langnese-iglo/Commissione e Schöller/Commissione non è pertinente nella specie, in quanto la decisione impugnata non è stata emanata nell'ambito del quinto codice.

52.
    Ne consegue che la decisione impugnata non è viziata dal illegittimità per pretesa violazione del codice degli aiuti.

Sulla violazione dei requisiti di applicazione dell'art. 95 del Trattato

- Argomenti delle parti

53.
    Secondo la ricorrente, la Commissione si sarebbe erroneamente fondata sull'art. 95 del Trattato ai fini dell'emanazione della decisione impugnata. L'art. 4, lett. c), delTrattato vieta «le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati o gli oneri speciali imposti da essi, in qualunque forma». Pertanto, gli aiuti pubblici non costituirebbero «un caso non previsto dal Trattato» per il quale sarebbe legittimo il ricorso all'art. 95 del Trattato. La ricorrente sostiene parimenti che la locuzione «casi non previsti dal Trattato» debba essere intesa nel senso di «non disciplinati», ipotesi che non ricorrerebbe nel caso degli aiuti di Stato, a fronte del divieto dettato dall'art. 4, lett. c). Al contrario, gli aiuti pubblici sarebbero stati previsti e vietati dal Trattato. Tale questione costituirebbe una pura questione di diritto in ordine alla quale la Commissione non disporrebbe di alcun margine di discrezionalità.

54.
    La ricorrente deduce parimenti che, per quanto la Commissione abbia indicato nel primo comma del punto IV della decisione impugnata che le sovvenzioni concesse alla Irish Steel sono volte alla realizzazione degli obiettivi del Trattato, di cui in particolare agli artt. 2 e 3, non risulterebbe con chiarezza di quali obiettivi si tratterebbe. Peraltro, l'art. 2, primo comma, del Trattato precisa che gli obiettivi della Comunità devono essere perseguiti per mezzo «dell'instaurazione di un mercato comune alle condizioni definite all'art. 4». Alla luce del divieto dettato dall'art. 4, lett. c), non sarebbe legittima l'adozione di provvedimenti in contrasto con tale norma giustificandoli con il conseguimento degli obiettivi degli artt. 2-4 del Trattato.

55.
    Inoltre, gli aiuti de quibus non sarebbero diretti alla realizzazione di uno degli obiettivi indicati agli artt. 2 e 3. Nessun loro elemento contribuirebbe all'«ammodernamento della produzione» o al «miglioramento della qualità», atteso che si tratterebbe di aiuti diretti al ripianamento di perdite precedenti. Inoltre, in considerazione dell'eccedenza dell'offerta nel settore siderurgico, gli aiuti di cui trattasi non potrebbero nemmeno contribuire allo «sviluppo degli scambi internazionali». Per quanto attiene all'obiettivo di cui all'art. 3, lett. d), secondo cui la Comunità è tenuta a «vigilare sul mantenimento di condizioni che stimolino le imprese a sviluppare e migliorare la loro capacità di produzione», la certezza per un'impresa di poter sempre ripianare le perdite per mezzo di aiuti pubblici esonererebbe l'impresa medesima dall'obbligo di dover far fronte alla concorrenza mediante l'innovazione e la razionalizzazione. Lo stesso dicasi per quanto riguarda gli interessi dei consumatori. Infatti, l'aiuto non sarebbe volto all'«approvvigionamento regolare del mercato comune, tenendo conto dei bisogni dei paesi terzi» né ad «assicurare a tutti i consumatori del mercato comune (...) uguale accesso alle fonti di produzione», in quanto l'approvvigionamento potrebbe essere garantito dalle imprese redditizie di produzione dell'acciaio. L'«incremento dell'occupazione», che costituisce uno dei compiti della Comunità ai sensi dell'art. 2, primo comma, del Trattato, non potrebbe essere nemmeno conseguito né per mezzo di aiuti pubblici, in considerazione del divieto dettato dall'art. 4, lett. c), né mediante provvedimenti individuali.

56.
    Infine, la decisione impugnata sarebbe parimenti viziata da illegittimità laddove non sarebbe indispensabile al conseguimento degli obiettivi del Trattato. La ricorrentesi richiama al riguardo alla sentenza della Corte 3 ottobre 1985, causa 214/83, Germania/Commissione (Racc. pag. 3053, punto 30).

57.
    Per quanto attiene alla questione della sussistenza dei requisiti di applicazione dell'art. 95 del Trattato, la Commissione ricorda che l'obiettivo di tale disposizione consiste nel consentirle di reagire in modo rapido, efficace ed adeguato agli imprevisti che possano compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato. Conseguentemente, e contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione disporrebbe di un ampio potere discrezionale per esaminare se una situazione di fatto costituisca un «caso non previsto dal Trattato» che giustifichi il ricorso all'art. 95. Inoltre, la ricorrente non avrebbe spiegato sotto quale profilo la Commissione, qualificando la situazione della Irish Steel quale situazione eccezionale non prevista nel Trattato ed emanando la decisione impugnata, sarebbe incorsa in uno sviamento di potere. Ciò varrebbe parimenti per quanto riguarda i requisiti della necessità e del carattere indispensabile degli aiuti.

- Giudizio del Tribunale

58.
    L'art. 4, lett. c), del Trattato vieta, in linea di principio, gli aiuti di Stato, all'interno della Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nella misura in cui essi possono recare pregiudizio alla realizzazione degli obiettivi essenziali della Comunità stabiliti dal Trattato, in particolare all'instaurazione di un regime di libera concorrenza.

59.
    Tuttavia, la presenza di tale divieto non significa che qualsiasi aiuto statale nell'ambito della CECA debba essere considerato incompatibile con gli obiettivi del Trattato. L'art. 4, lett. c), interpretato alla luce di tutti gli obiettivi del Trattato, stabiliti dagli artt. 2-4, non mira ad ostacolare la concessione di aiuti statali che possano contribuire alla realizzazione degli obiettivi del Trattato. Esso riserva alle istituzioni comunitarie la facoltà di valutare la compatibilità col Trattato e, se del caso, di autorizzare la concessione di tali aiuti, nella sfera di applicazione del Trattato. Tale analisi è confermata dalla sentenza della Corte 23 febbraio 1961, causa 30/59, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità (Racc. pagg. 1, 43), nonché dalla sentenza British Steel, (punto 41), secondo cui, così come alcuni contributi finanziari non statali ad imprese produttrici di carbone o d'acciaio, autorizzati dagli artt. 55, n. 2, e 58, n. 2, del Trattato, possono essere assegnati soltanto dalla Commissione o con la sua espressa autorizzazione, del pari l'art. 4, lett. c), dev'essere interpretato nel senso che esso attribuisce alle istituzioni comunitarie una competenza esclusiva nel settore degli aiuti all'interno della Comunità.

60.
    Nell'economia del Trattato, l'art. 4, lett. c), non osta quindi a che la Commissione autorizzi, in via derogatoria, basandosi sull'art. 95 e al fine di far fronte a situazioni impreviste, aiuti disposti dagli Stati membri e compatibili con gli obiettivi del Trattato (v. le sentenze Paesi Bassi/Alta Autorità, citata supra, e British Steel, punto 42).

61.
    Inoltre, atteso che il Trattato CECA, a differenza del Trattato CE, non attribuisce alla Commissione o al Consiglio alcun potere specifico al fine di autorizzare gli aiuti di Stato, la Commissione ha il potere, ai sensi dell'art. 95, primo e secondo comma, di adottare tutte le misure necessarie per il conseguimento degli obiettivi del Trattato e, quindi, di autorizzare, in base al procedimento da essa avviato, gli aiuti che appaiano necessari per raggiungere gli obiettivi medesimi (v. in particolare sentenza EISA, punti 61-64 e la giurisprudenza ivi citata). Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l'aiuto, quando sia ritenuto necessario per il buon funzionamento del mercato comune dell'acciaio, non costituirebbe più un aiuto di Stato vietato dal Trattato.

62.
    Il requisito della necessità sussiste, segnatamente, quando il settore interessato si trovi di fronte a situazioni di crisi eccezionali. A tal riguardo, la Corte ha sottolineato, nella menzionata sentenza Germania/Commissione (punto 30), «lo stretto nesso che esiste, in fatto di applicazione del Trattato CECA in periodo di crisi, fra la concessione di aiuti all'industria siderurgica e l'opera di riorganizzazione che si rende necessaria per questa industria». Nell'ambito di tale opera di attuazione, la Commissione valuta, in base alla propria discrezionalità, la compatibilità con i principi fondamentali del Trattato degli aiuti diretti ad accompagnare le misure di riorganizzazione (sentenza EISA, punti 77 e 78).

63.
    In tale contesto, il sindacato di legittimità deve limitarsi ad esaminare se la Commissione non abbia oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale a seguito di un travisamento o di un manifesto errore di valutazione dei fatti, oppure a causa di uno sviamento di potere o di procedura (v. in particolare, sentenza 15 giugno 1993, causa C-225/91, Matra/Commissione, Racc. pag. I-3203, punto 25).

64.
    La decisione impugnata afferma al punto IV di essere diretta a «conferire all'industria siderurgica irlandese una struttura sana ed efficiente sotto il profilo economico-finanziario». Si deve quindi verificare, in primo luogo, se tale finalità si ponesse in contrasto con gli obiettivi sanciti dagli artt. 2 e 3 del Trattato e, in secondo luogo, se la decisione impugnata fosse necessaria ai fini del conseguimento degli obiettivi stessi.

65.
    Si deve ricordare che secondo costante giurisprudenza, tenuto conto della diversità degli obiettivi fissati dal Trattato, la funzione della Commissione consiste nel garantire la permanente conciliazione dei vari obiettivi, avvalendosi del suo potere discrezionale per soddisfare l'interesse comune (v. sentenze della Corte 13 giugno 1958, causa 9/56, Meroni/Alta Autorità, Racc. pag. 9, in particolare pag. 43; 21 giugno 1958, causa 8/57, Groupement des hauts fourneaux et aciéries belges/Alta Autorità, Racc. pag. 213, in particolare pag. 232, e 29 settembre 1987, cause riunite 351/85 e 360/85, Fabrique de fer de Charleroi e Dillinger Hüttenwerke/Commissione, Racc. pag. 3639, punto 15). In particolare, nella sentenza 18 marzo 1980, cause riunite 154/78, 205/78, 206/78, 226/78, 228/78, 263/78 e 264/78, 31/79, 39/79, 83/79 e 85/79, Valsabbia e a./Commissione (Racc. pag. 907, punto 54), la Corte ha affermato che la Commissione, quando rilevi eventualicontraddizioni tra i singoli obiettivi, deve concedere ad uno dei singoli obiettivi di cui all'art. 3 la preminenza che le sembri imposta dai fatti e dalle circostanze economiche in base ai quali emana le sue decisioni.

66.
    Per quanto attiene alla questione se il risanamento dell'impresa beneficiaria sia diretto alla realizzazione degli obiettivi del Trattato, si deve ricordare che, come precisato dal Tribunale nelle sentenze EISA, British Steel e Wirtschaftsvereinigung, la privatizzazione di un'impresa al fine di garantirne la redditività e la soppressione di posti di lavoro in una misura ragionevole concorrono a realizzare gli obiettivi del Trattato, tenuto conto della particolarità del settore siderurgico e del fatto che l'aggravarsi della crisi avrebbe rischiato di provocare, nell'economia dello Stato membro interessato, sconvolgimenti estremamente gravi e persistenti. Orbene, è pacifico che l'aiuto di cui trattasi sia diretto ad agevolare la privatizzazione dell'impresa pubblica beneficiaria, la ristrutturazione di impianti esistenti e la soppressione, in misura ragionevole, di posti di lavoro (v. il punto II della decisione impugnata). Inoltre, è parimenti pacifico che il settore dell'acciaio rivesta, in più Stati membri, un'importanza fondamentale a causa dell'ubicazione degli impianti siderurgici in regioni caratterizzate da una situazione di sottoccupazione e dell'ampiezza degli interessi economici in gioco. In tali circostanze, eventuali decisioni di chiusura e di soppressione di posti di lavoro avrebbero potuto far sorgere, in mancanza di provvedimenti di sostegno dell'autorità pubblica, gravissime difficoltà di ordine pubblico, in particolare aggravando il problema della disoccupazione e rischiando di creare una situazione di crisi economica e sociale di rilevanti dimensioni (v. sentenza British Steel, punto 107). Orbene, il fatto che la Irish Steel sia la sola impresa siderurgica in Irlanda rafforza inevitabilmente le conseguenze che un'eventuale chiusura avrebbe potuto provocare nell'economia e nella situazione del mercato del lavoro nello Stato membro medesimo.

67.
    Ciò premesso, la decisione impugnata, essendo diretta al superamento di tali difficoltà mediante il risanamento della Irish Steel, risponde ai requisiti fissati dal Trattato, in quanto è volta incontestabilmente a salvaguardare «la continuità dell'occupazione», come postulato dall'art. 2, secondo comma, del Trattato. Inoltre, essa mira al conseguimento degli obiettivi sanciti dall'art. 3, relativi, segnatamente, al «mantenimento di condizioni che stimolino le imprese a sviluppare e migliorare la loro capacità di produzione» [lett. d)], e alla promozione della «espansione regolare e (dell'ammodernamento della produzione e parimenti (del) miglioramento della qualità, a condizione che evitino contro le industrie concorrenti qualunque protezione» [lett. g)] (v., in tal senso, sentenza British Steel, punto 108).

68.
    Ne consegue che la decisione impugnata concilia i vari obiettivi del Trattato al fine di salvaguardare il buon funzionamento del mercato comune.

69.
    Occorre verificare, inoltre, se la decisione impugnata fosse necessaria per la realizzazione di tali obiettivi. Come precisato dalla Corte al punto 30 della menzionata sentenza Germania/Commissione, la Commissione non potrebbe«assolutamente autorizzare la concessione di aiuti statali che non fossero indispensabili per conseguire gli obiettivi contemplati dal Trattato e che fossero tali da causare distorsioni alla concorrenza sul mercato comune dell'acciaio» (v. sentenza British Steel, punto 110).

70.
    Si deve ricordare, in limine, che, in materia di aiuti di Stato, la Corte ha costantemente affermato che «la Commissione gode di un potere discrezionale il cui esercizio implica valutazioni di ordine economico e sociale da effettuarsi in un contesto comunitario» (v. sentenze della Corte 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris/Commissione, Racc. pag. 2671, punto 24, e Matra/Commissione, già citata supra, nonché sentenze del Tribunale 13 settembre 1995, cause riunite T-244/93 e T-486/93, TWD/Commissione, Racc. pag. II-2265, punto 82, e British Steel, punto 112).

71.
    Orbene, sia dalla decisione impugnata (v. il punto III), sia dalla comunicazione 11 ottobre 1995 emerge che il piano di ristrutturazione diretto alla privatizzazione della Irish Steel è apparso alla Commissione quale l'unica soluzione che consentisse il risanamento della società con il minimo dei costi sotto il profilo socio-economico (v. in particolare i punti 5 e seguenti della comunicazione). La cessione della società ad un investitore privato operante sul piano internazionale, con larga esperienza nel settore siderurgico, nonché la capacità dimostrata da quest'ultimo di risanare imprese siderurgiche non redditizie hanno rappresentato, tra gli altri, elementi di ponderazione che hanno indotto la Commissione ad emanare la decisione impugnata. Inoltre, l'efficacia del piano di ristrutturazione unitamente alla privatizzazione della Irish Steel è stata confermata da esperti indipendenti, a parere dei quali gli investimenti proposti dalla Ispat International consentirebbero di realizzare gli aumenti di produttività necessari e di ridurre i costi (v. in particolare i punti 7.15 e 7.18 e 13.1 della comunicazione 11 ottobre 1995).

72.
    Ne consegue che la ricorrente non ha dedotto alcun elemento concreto che consenta di ritenere che la Commissione sia incorsa in un manifesto errore nella valutazione della necessità dell'aiuto ai fini del risanamento dell'impresa beneficiaria.

Sulla violazione della ratio interna dell'art. 3 del Trattato

- Argomenti delle parti

73.
    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata non sia diretta alla realizzazione degli obiettivi previsti all'art. 3 del Trattato né - laddove questi non fossero conciliabili - di uno di essi e che, in ogni caso, la decisione medesima non sarebbe necessaria per la realizzazione degli obiettivi che essa intende conseguire. L'obiettivo enunciato dalla Commissione di un «approvvigionamento vicino al consumatore» costituirebbe un obiettivo che, in primo luogo, non figura nel Trattato e che in secondo luogo, sarebbe privo di pertinenza, atteso che l'obiettivo principale in materia sarebbe quello di garantire ai consumatori pari accesso almercato e non un accesso vicino al mercato. Peraltro, la ricorrente rileva che solamente il 6% del volume d'affari della Irish Steel viene realizzato in Irlanda.

74.
    La Commissione contesta l'affermazione secondo cui la decisione impugnata non sarebbe idonea a contribuire al conseguimento degli obiettivi indicati dall'art. 3 del Trattato.

- Giudizio del Tribunale

75.
    Tale capo del primo motivo ricalca l'argomento già dedotto dalla ricorrente con riguardo alla necessità dell'aiuto ai fini della realizzazione degli obiettivi del Trattato (v. supra i punti 55-57). Tale censura è stata già ritenuta infondata. In ogni caso, appare utile ricordare nuovamente che nella menzionata sentenza Groupement des hauts fourneaux et aciéries belges/Alta Autorità (Racc. pagg. 232 e 233), la Corte ha precisato che «in pratica sarà tuttavia necessario procedere ad un certo compromesso fra i vari scopi dell'art. 3, giacché è manifestamente impossibile attuarli tutti al massimo grado nel loro complesso e singolarmente, in quanto trattasi di principi generali alla cui realizzazione ed armonizzazione si deve tendere per quanto è possibile».

76.
    Nella specie, la Commissione, nell'esercizio del proprio potere discrezionale, ha accertato che il progetto di risanamento della Irish Steel, nella situazione di crisi del settore (menzionata al punto I della decisione impugnata), costituiva uno strumento idoneo alla realizzazione di taluni obiettivi del Trattato, in particolare quelli indicati al precedente punto 67. Orbene, l'argomento dedotto dalla ricorrente, in particolare con riguardo all'obiettivo «di un approvvigionamento vicino al consumatore», non è sufficiente a provare la sussistenza di un manifesto errore di valutazione da parte della Commissione, atteso che tale obiettivo costituisce solamente uno degli obiettivi ponderati al momento dell'emanazione della decisione impugnata.

77.
    Ciò premesso, la ricorrente non ha fornito alcun elemento che consenta di giungere alla conclusione che la Commissione, ritenendo che gli aiuti di cui trattasi fossero utili e necessari ai fini della realizzazione di taluni obiettivi del Trattato, sia incorsa in un errore di valutazione. Ne consegue che la terza censura relativa alla violazione della ratio interna dell'art. 3 del Trattato dev'essere parimenti respinta.

Sulla violazione del principio di interpretazione restrittiva

- Argomenti delle parti

78.
    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata violerebbe il principio di interpretazione restrittiva elaborato dalla giurisprudenza della Corte con riguardo all'interpretazione degli artt. 36 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 30 CE), 48 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE), e 45CE (ex art. 55). La Commissione avrebbe anch'essa sostenuto tale principio nell'ambito dell'applicazione dell'art. 92 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 87 CE), ed avrebbe precisato che «le deroghe al principio dell'art. 92, paragrafo 1, del Trattato CEE enunciate nel paragrafo 3 del medesimo articolo devono essere interpretate restrittivamente in sede di esame di qualsiasi regime di aiuto o di qualsiasi misura individuale di aiuto» (decisione della Commissione 23 novembre 1988, 89/348/CEE, relativa agli aiuti concessi dal governo francese ad un'impresa che produce materiale per il settore automobilistico - Valéo; GU 1989, L 143, pag. 44, punto VI, secondo comma).

79.
    Ne deriverebbe che le deroghe all'art. 4, lett. c), del Trattato, basate sull'art. 95 del Trattato medesimo, dovrebbero limitarsi, quanto alla loro durata ed alla loro estensione, a quanto strettamente necessario, che esse non potrebbero essere autorizzate se non a titolo transitorio e che esse si applicherebbero in pari misura nei confronti di tutte le imprese. Conseguentemente, solamente il codice degli aiuti risponderebbe a tali requisiti. Il ricorso all'art. 95 del Trattato, come nella decisione impugnata, servirebbe unicamente a perpetuare nel tempo gli aiuti ad imprese, senza renderle economicamente redditizie.

80.
    La ricorrente sottolinea che la Irish Steel ha beneficiato ripetutamente di aiuti pubblici. Infatti, l'impresa avrebbe ricevuto nel corso degli anni 1980-1985 aiuti per un importo di 183 milioni di IRL (comunicazione 95/C). Tale contributo avrebbe superato il capitale sociale versato di 125 milioni di IRL. Dall'applicazione del principio di interpretazione restrittiva alla concessione di sovvenzioni pubbliche deriverebbe che un'impresa potrebbe essere sovvenzionata in modo da ricostituire i capitali propri solamente una volta.

81.
    La Commissione sostiene che erroneamente la ricorrente assimili l'art. 95 del Trattato ad un regime derogatorio. Tale disposizione non si riferirebbe specificamente ad alcun principio del Trattato, bensì dovrebbe consentire, in base all'art. 235 del Trattato (divenuto art. 308), di realizzare gli obiettivi del Trattato nei casi dal medesimo non previsti.

- Giudizio del Tribunale

82.
    L'argomento della ricorrente si fonda sulla tesi, già dichiarata erronea, secondo cui unicamente il codice degli aiuti risponderebbe ai requisiti di applicazione dell'art. 95 del Trattato in materia di aiuti di Stato. Inoltre, il Tribunale ha parimenti affermato che nel caso di specie sussistono, per quanto attiene alla necessità dell'aiuto ai fini della realizzazione di taluni obiettivi del Trattato, i requisiti per l'applicazione dell'art. 95 del Trattato (v. supra punti 70-72).

83.
    In ogni caso, il summenzionato principio non è stato violato. Infatti, emerge dai punti IV, secondo comma, e VI della decisione impugnata che gli aiuti de quibus sono stati limitati nel tempo. In tal senso, la decisione impugnata ha concesso all'impresa beneficiaria un termine fino al 30 giugno 1998 per il ritorno allaredditività (art. 1, n. 2). Parimenti, essa ha imposto una serie di condizioni (v. supra i punti 13 e 14) in modo da garantire che l'aiuto fosse limitato a quanto strettamente necessario. In particolare, essa ha fissato il livello minimo degli oneri finanziari netti iniziali al 3,5% del volume di affari annuo, corrispondente alla media del settore comunitario della siderurgia (v. artt. 2 e 3).

84.
    La circostanza che la Irish Steel abbia beneficiato di aiuti in passato e che tali contributi abbiano superato il capitale sociale versato di 125 milioni di IRL costituisce solo uno degli elementi della valutazione compiuta al momento dell'emanazione della decisione concernente, in particolare, la capacità dell'impresa a ritornare alla redditività entro un termine ragionevole. Orbene, come già precedentemente menzionato (v. supra, punto 71) emerge dalla decisione impugnata e, più dettagliatamente, dalla comunicazione 11 ottobre 1995 che è stato preso in considerazione un complesso di fattori, in particolare quello dell'intervento dell'Ispat International. Inoltre, il fatto di aver ricevuto aiuti nel passato non può costituire un elemento dirimente, come sostiene la ricorrente.

85.
    Ne consegue che la censura relativa alla violazione del principio di interpretazione restrittiva dev'essere respinto.

Sull'illegittima sanatoria di aiuti non preventivamente notificati

- Argomenti delle parti

86.
    La ricorrente afferma, senza essere contestata al riguardo ex adverso, che, nel corso dell'anno 1993, lo Stato irlandese si sarebbe fatto garante di un finanziamento alla Irish Steel per un importo di 10 milioni di IRL. Tale finanziamento sarebbe stato concesso ad un tasso più favorevole rispetto a quello di mercato. L'aiuto rappresentato da tale finanziamento non sarebbe stato notificato alla Commissione ai sensi dell'art. 6, n. 4, del codice degli aiuti (v. supra, punto 7).

87.
    Tale aiuto, viziato da un'illegittimità di forma, non potrebbe essere sanato a posteriori con una decisione di autorizzazione della Commissione. Ciò sarebbe stato confermato dalla Corte nella sentenza 21 novembre 1991, causa C-354/90, Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires e Syndicat national des négociants et transformateurs de saumon (Racc. pag. I-5505, punto 16; in prosieguo: la «sentenza FNCE»).

88.
    Nella memoria di replica la ricorrente aggiunge che dalla decisione impugnata non risulta che la Commissione abbia proceduto all'esame della compatibilità dell'aiuto de quo con il mercato comune. Inoltre, la Commissione non potrebbe legalizzare un aiuto non notificatole ricorrendo all'art. 95 del Trattato, atteso che tale disposizione si riferisce unicamente all'emanazione di decisioni dirette a disciplinare fattispecie future.

89.
    La Commissione sostiene che il mancato rispetto della procedura di notificazione non avrebbe inciso - né nel caso dell'art. 93, n. 3, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 3, CE), né in quello dell'art. 6 del quinto codice, che prevede lo stesso obbligo di previa notificazione ed il divieto di versamenti anticipati - sulla compatibilità, nel merito, dell'aiuto con il mercato comune.

- Giudizio del Tribunale

90.
    Il sistema istituito dal Trattato CECA in materia di aiuti di Stato consente alla Commissione, in presenza di talune condizioni e nel rispetto della procedura prevista dall'art. 95 del Trattato, di autorizzare la concessione di aiuti necessari al buon funzionamento del mercato comune e dell'acciaio. Ciò premesso, il divieto di cui all'art. 4, lett. c), non costituisce un divieto incondizionato né assoluto.

91.
    La ratio inerente a tale sistema di autorizzazione degli aiuti presuppone, anzitutto, per quanto attiene alle decisioni individuali, una domanda rivolta alla Commissione, da parte dello Stato membro, di ricorso alla procedura dell'art. 95 del Trattato e, successivamente, l'esame della necessità dell'aiuto ai fini della realizzazione degli obiettivi del Trattato medesimo. Conseguentemente, il sistema istituito dal Trattato CECA è costituito, al pari di quello previsto dall'art. 93 del Trattato (divenuto art. 88), da due fasi distinte: la prima presenta carattere strumentale e implica per gli Stati membri l'obbligo di notificare alla Commissione tutti gli aiuti previsti ed il divieto di procedere al loro versamento prima dell'approvazione (divieto che risulta semplicemente dall'art. 4, lett. c); la seconda fase presenta carattere sostanziale e consiste nell'analisi della necessità dell'aiuto ai fini della realizzazione di taluni obiettivi del Trattato. Peraltro, l'art. 6 del codice degli aiuti prevede, per quanto attiene agli aiuti esentati dal divieto di cui all'art. 4, lett. c), una procedura di notificazione e di esame della loro compatibilità del tutto analoga.

92.
    Dal fascicolo emerge che l'aiuto di cui trattasi, dell'importo di 1,217 milioni di IRL, corrispondente alla garanzia pubblica a copertura dei due finanziamenti a concorrenza di 12 milioni di IRL (v. supra punto 7), è stato concesso in assenza di previa notificazione alla Commissione (v., in particolare, il punto 9 della comunicazione 95/C). Resta quindi da esaminare se, in considerazione della mancata previa notificazione, la decisione impugnata costituisca, come sostiene la ricorrente, un'illegittima sanatoria dell'aiuto.

93.
    Si deve ricordare che, nell'ambito del Trattato CE, la Corte ha affermato che la violazione degli obblighi previsti dall'art. 93, n. 3, del Trattato CE, non produce l'effetto di esimere la Commissione dall'esame della compatibilità dell'aiuto con riguardo all'art. 92 (divenuto, in seguito a modifica, art. 87 CE), e che la Commissione non può dichiarare l'aiuto illegittimo senza aver verificato se l'aiuto stesso sia o meno compatibile con il mercato comune (v. in tal senso la menzionata sentenza FNCE, punto 13).

94.
    Orbene, tenuto conto del fatto che il divieto previsto dall'art. 4, lett. c), del Trattato costituisce unicamente un divieto di principio e che la Commissione ha il potere di autorizzare gli aiuti di Stato ritenuti necessari al buon funzionamento del mercato comune, la previa notificazione presenta parimenti natura strumentale rispetto alla decisione finale di compatibilità dell'aiuto e, in particolare, della necessità dell'aiuto stesso ai fini della realizzazione di taluni obiettivi del Trattato. La mancanza di tale notificazione non è sufficiente per esimere o impedire alla Commissione di avviare la propria azione in base all'art. 95 e, eventualmente, di dichiarare gli aiuti compatibili con il mercato comune. Nella specie, la Commissione ha ritenuto che gli aiuti alla ristrutturazione della Irish Steel, ivi compreso l'aiuto contestato, fossero necessari al buon funzionamento del mercato comune e che essi non producessero inaccettabili distorsioni della concorrenza. Conseguentemente, la mancata notificazione non può inficiare la legittimità della decisione impugnata né nel suo complesso né per quanto attiene all'aiuto non preventivamente notificato.

95.
    Inoltre, l'espressione di tale posizione da parte della Commissione non impedisce agli amministrati, interessati dal versamento anticipato dell'aiuto, di adire il giudice nazionale chiedendo loro di dichiarare l'invalidità degli atti di esecuzione dell'aiuto irregolare o la concessione di una compensazione per gli eventuali pregiudizi subiti, anche quando l'aiuto sia stato successivamente dichiarato compatibile con il mercato comune. La Corte ha infatti già avuto modo di riconoscere gli effetti diretti del divieto degli aiuti di Stato sancito dall'art. 4, lett. c), del Trattato (sentenza 23 aprile 1956, cause riunite 7/54 e 9/54, Groupement des industries sidérurgiques Luxembourgeoises/Alta Autorità, Racc. pag. 53, 91). Peraltro, come giustamente osservato dalla Commissione, nella sentenza FNCE la Corte ha posto in risalto gli effetti diretti dell'art. 93, n. 3, del Trattato CE e l'obbligo per i giudici nazionali di trarne le necessarie conseguenze in modo da ristabilire la legalità e, eventualmente, risarcire i singoli per i danni subiti a causa dell'illegittima concessione di un aiuto pubblico. Tuttavia, il fatto che l'art. 93, n. 3, del Trattato CE, possieda effetti diretti non incide, da un lato, necessariamente sull'esame dell'aiuto sotto il profilo del merito e non implica, dall'altro, l'illegittimità della decisione di compatibilità emanata dalla Commissione (v. punti 13 e 14).

96.
    Inoltre, l'argomento della ricorrente relativo al mancato esame della compatibilità dell'aiuto con il mercato comune è destituito di fondamento. Infatti, emerge chiaramente dal punto II, settimo comma, ottavo trattino, della decisione impugnata che l'aiuto contestato era compreso nel complesso degli aiuti progettati e che era soggetto alla valutazione della Commissione. Risulta, inoltre, dalla comunicazione 11 ottobre 1995 (v., in particolare, i punti 11.8-11.11) che la Commissione ha determinato l'importo di 1,217 milioni di IRL nel modo seguente:

«La Commissione ritiene che esista e che sussisterà un elemento di aiuto nelle garanzie fornite, atteso che queste non erano accompagnate da alcuna commissione e che la nuova società continuerà a beneficiare dei vantaggi in tal modo ottenuti. In considerazione della durata dei finanziamenti (rispettivamente, circa dodici mesie dieci anni) e partendo dall'ipotesi che normalmente avrebbe dovuto essere corrisposta una commissione pari al 3%, la Commissione ritiene che le garanzie rappresentino un elemento di aiuto pari a 1,217 milioni di IRL (1,502 milioni di ECU), vale a dire circa il 10% dell'importo dei finanziamenti» (punto 11.10).

97.
    Conseguentemente, la censura relativa alla pretesa illegittima sanatoria degli aiuti è destituita di fondamento.

Sulla violazione del principio di parità di trattamento

- Argomenti delle parti

98.
    La ricorrente sostiene che, con il codice degli aiuti la Commissione ha stabilito principi che disciplinano la sua azione in tale settore. Ciò premesso, ogni discostamento da tali principi che non sia sufficientemente giustificato costituirebbe una violazione del principio della parità di trattamento (v. sentenze della Corte 1° dicembre 1983, causa 190/82, Blomefield/Commissione, Racc. pag. 3981, punto 20, e 29 marzo 1984, causa 25/83, Buick/Commissione, Racc. pag. 1773, punto 15).

99.
    Secondo la ricorrente, la Commissione non avrebbe indicato nella decisione impugnata sotto quale profilo la situazione dell'Irish Steel consentirebbe di derogare all'applicazione del codice degli aiuti. Così, la decisione impugnata esporrebbe solamente in termini generici la situazione di crisi della siderurgia comunitaria nel suo complesso. Orbene, tale contesto, già noto alla Commissione all'epoca dell'emanazione del codice degli aiuti, non poteva giustificare una deroga a regole ivi previste senza incorrere in una violazione del principio di parità di trattamento.

100.
    La ricorrente sottolinea che la convenuta avrebbe parimenti violato il principio della parità di trattamento laddove avrebbe concesso un trattamento diverso a situazioni comparabili. La Commissione avrebbe infatti negato, in applicazione del quinto codice, l'autorizzazione di aiuti pubblici ad imprese siderurgiche che si trovavano in una situazione analoga a quella della Irish Steel, quali la Hamburger Stahlwerke GmbH e la Neue Maxhütte GmbH. Nondimeno, la ricorrente precisa che, nei detti due casi, il governo federale tedesco non aveva presentato domanda di deroga ai sensi dell'art. 95 del Trattato.

101.
    Dal canto suo la Commissione contesta di aver negato la concessione di aiuti in situazioni analoghe. Gli esempi richiamati dalla ricorrente non potrebbero essere presi in considerazione, atteso che, nelle menzionate controversie, non vi sarebbe stata domanda di deroga ai sensi dell'art. 95 del Trattato. Conseguentemente, non si porrebbe la questione dell'applicazione di tali disposizioni. Inoltre, le situazioni delle imprese Neue Maxhütte GmbH e Hamburger Stahlwerke GmbH presenterebbero altre differenze rilevanti rispetto a quella dell'Irish Steel, in particolare la mancanza di un piano di ristrutturazione debitamente comprovato.

- Giudizio del Tribunale

102.
    Si deve rilevare, in limine, che tale censura poggia parzialmente sulla tesi, già respinta, secondo cui la Commissione avrebbe dovuto applicare le norme del quinto codice al caso di specie. Deducendo la violazione del principio di parità di trattamento, la ricorrente sembra ammettere tuttavia che, anche in situazioni in cui il quinto codice costituisce il regime giuridico applicabile, la Commissione può derogare alle norme ivi previste, ove tale deroga sia oggettiva e risulti sufficientemente giustificata. Orbene, come già precedentemente rilevato, tale ragionamento non può essere accolto. Nella controversia in esame, la Commissione non ha derogato al quinto codice, bensì ha semplicemente e giustamente considerato che il quinto codice non fosse applicabile.

103.
    Per quanto attiene alla censura secondo cui la Commissione, trattando differentemente la situazione della Irish Steel rispetto a quelle della Neue Maxhütte GmbH e della Hamburger Stahlwerke GmbH, avrebbe violato il principio di parità di trattamento, si deve ricordare la giurisprudenza secondo cui «perché si possa far carico alla Commissione di aver commesso una discriminazione, occorre che essa abbia trattato in modo diverso situazioni comparabili, causando con ciò un pregiudizio a taluni operatori rispetto ad altri, senza che questo diverso trattamento sia giustificato dall'esistenza di differenze obiettive di un certo rilievo» (v. in, particolare, le sentenze della Corte 13 luglio 1962, Klöckner Werke e Hoesch/Alta autorità, cause riunite 17/61 e 20/61, Racc. pag. 615, 652, e 15 gennaio 1985, Finsider/Commissione, causa 250/83, Racc. pag. 131, punto 8). Al fine di poter stabilire se il trattamento riservato alla situazione dell'Irish Steel e contestato alla Commissione costituisca una violazione del principio di parità di trattamento, occorre esaminare se tale trattamento si fondi sull'esistenza di differenze oggettive.

104.
    Come sostenuto dalla Commissione, la situazione dell'Irish Steel non era paragonabile a quella delle altre società menzionate. Infatti, nel caso della Neue Maxhütte GmbH e della Hamburger Stahlwerke GmbH, non vi era stata domanda di deroga ai sensi dell'art. 95 del Trattato da parte del governo tedesco né vi era stato un piano di ristrutturazione che consentisse alla Commissione di valutare l'efficacia dei programmi di aiuti presentati. Orbene, tali elementi, la cui effettività non è contestata dalla ricorrente, distinguono sotto il profilo oggettivo la situazione di tali società da quella della Irish Steel.

105.
    Ne consegue che la censura relativa alla violazione del principio di parità di trattamento dev'essere respinta.

Sulla violazione dell'art. 56, n. 2, del Trattato

- Argomenti delle parti

106.
    La ricorrente contesta alla Commissione di non aver fatto ricorso all'art. 56, n. 2, lett. a) e b), del Trattato per far fronte alla situazione della Irish Steel. In base a tale disposizione, il governo irlandese avrebbe dovuto presentare alla Commissione una domanda diretta all'ottenimento dell'autorizzazione di aiuti per la cessazione dell'attività di impresa.

107.
    La circostanza che il trattato contenga una disposizione che consenta di far fronte efficacemente alle esigenze di un'impresa siderurgica non redditizia e, in particolare, alle conseguenze sociali dei necessari provvedimenti di chiusura, farebbe venir meno il requisito di base per il ricorso all'art. 95, in quanto la fattispecie cui la Commissione ha inteso far fronte sarebbe prevista nel Trattato.

108.
    La Commissione contesta l'argomento della ricorrente.

- Giudizio del Tribunale

109.
    Dalla giurisprudenza della Corte, in particolare dalla sentenza 26 marzo 1987, Commissione/Consiglio (causa 45/86, Racc. pag. 1493, punto 11) emerge che la scelta del fondamento normativo di un atto non può dipendere solo dal convincimento di un'istituzione circa lo scopo perseguito, bensì deve basarsi su elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale. Tra tali elementi figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell'atto (v. sentenza 11 giugno 1991, Commissione/Consiglio, causa C-300/89, racc. pag. I-2867, punto 10). Risulta parimenti dalla giurisprudenza della Corte che il ricorso ad una disposizione di «ultima istanza» quale l'art. 95 del Trattato (disposizione equivalente all'art. 235 del Trattato CE) come base normativa di un atto, è ammissibile solo quando nessun altra disposizione attribuisca alle istituzioni comunitarie la competenza necessaria per l'emanazione dell'atto medesimo (sentenza 26 marzo 1987, Commissione/Consiglio, citata supra, punto 13).

110.
    Si deve verificare se, nella specie, la concessione di aiuti alla Irish Steel non ricadesse nella sfera di applicazione dell'art. 56, n. 2, del Trattato e, come sostenuto dalla Commissione, se esulasse da tale contesto, con conseguente necessità di ricorso all'art. 95.

111.
    I programmi di aiuti previsti dall'art. 56, n. 2, sono diretti ad indirizzare il personale di imprese che abbiano dovuto cessare la propria produzione verso nuove attività. Essi riguardano, in particolare, la riqualificazione professionale, la sostituzione ed il reimpiego dei lavoratori collocati in disoccupazione a seguito delle difficoltà di vendita del carbone e dell'acciaio. Ciò premesso, l'art. 56, n. 2, consentiva eventualmente di risolvere parte dei problemi insiti nella ristrutturazione della Irish Steel, vale a dire quello della riqualificazione professionale e del reimpiego dei lavoratori. Nondimeno, il quadro dettato da tale articolo non consentiva di risolvere il problema di base rappresentato dalla redditività della società. Orbene, la soluzione individuata consistente nell'adozione di un piano di ristrutturazioneattraverso al privatizzazione della società accompagnata da un programma di aiuti pubblici esula manifestamente dalle fattispecie cui l'art. 56, n. 2, può far fronte.

112.
    La Commissione - come dalla medesima giustamente osservato - è stata inoltre invitata ad esprimersi in merito alla compatibilità con il Trattato del programma di aiuti che il governo irlandese intendeva concedere all'Irish Steel. Orbene, il menzionato art. 56 prevede programmi di aiuti provenienti direttamente dal bilancio comunitario e non di aiuti nazionali. Il parallelismo tra i due procedimenti e la loro eventuale concatenazione (aiuti nazionali/aiuti comunitari) emerge dal seguente passaggio della comunicazione 11 ottobre 1995: «Per quanto attiene alla sovvenzione alla riqualificazione pari a 0,2 milioni di sterline (0,247 milioni di ECU), essa rappresenta, secondo le autorità irlandesi, il contributo del governo irlandese in contropartita della sovvenzione concessa ai sensi dell'art. 56, n. 2, lett. b), del Trattato CECA e destinata a finanziare la riqualificazione di 134 lavoratori. Conformemente alla politica normalmente seguita al riguardo, la Commissione accetta che tale sovvenzione venga considerata quale aiuto di Stato compatibile con il mercato comune, in quanto rappresenta il cofinanziamento nazionale che deve integrare l'aiuto comunitario ai sensi dell'art. 56, n. 2, lett. b)». (Punto 11.36)

113.
    Ne consegue che gli obiettivi perseguiti dalla Commissione con l'emanazione della decisione impugnata esulavano dall'ambito dell'art. 56, n. 2, e che, conseguentemente, la decisione non è viziata da illegittimità per il fatto di aver assunto a fondamento normativo l'art. 95 del Trattato.

114.
    La censura relativa alla violazione dell'art. 56, n. 2, del Trattato, dev'essere quindi respinta.

Sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

- Argomenti delle parti

115.
    La ricorrente ritiene che la Commissione, autorizzando gli aiuti di cui trattasi, abbia derogato ai principi che essa stessa ed il Consiglio hanno stabilito in materia. Conseguentemente, la Commissione avrebbe disatteso le aspettative delle imprese del settore che avevano ritenuto che nessun aiuto pubblico sarebbe stato autorizzato al di fuori del quinto codice.

116.
    Per poter invocare il legittimo affidamento, non sarebbe necessario che l'impresa riceva assicurazioni, per mezzo di un atto giuridico formale, quanto al fatto che nessun aiuto supplementare venga autorizzato a favore dei suoi concorrenti. Basterebbe che essa possa fare affidamento nel carattere esatto e non equivoco degli atti delle istituzioni comunitarie, atti dai quali queste non possono discostarsi senza valida giustificazione oggettiva (v. le conclusioni dell'avvocato generale Trabucchi relative alla sentenza della Corte 4 febbraio 1975, causa 169/73,Compagnie Continentale/Consiglio, Racc. pag. 117, 137, nonché la sentenza della Corte 24 novembre 1987, causa 223/85, RSV/Commissione, Racc. pag. 4617).

117.
    A tale conclusione si giungerebbe non solo in considerazione del tenore del quinto codice, che risulterebbe esaustivo e vincolante, bensì parimenti sulla base di una serie di dichiarazioni della Commissione e del Consiglio con cui dette istituzioni si sarebbero obbligate ad imporre nel settore una disciplina restrittiva in materia di aiuti pubblici e ad autorizzare solamente gli aiuti compatibili con il quinto codice.

118.
    Pertanto, le imprese siderurgiche avrebbero nutrito la convinzione che, sino al 1996 (data di scadenza del quinto codice), i loro investimenti non avrebbero perso valore per effetto di prezzi inferiori praticati da concorrenti sovvenzionati. Tale affidamento sarebbe stato rimesso in discussione dalla decisione impugnata, senza che potesse essere addotta alcuna giustificazione.

119.
    La circostanza che la Commissione abbia emanato in passato decisioni analoghe non potrebbe costituire ostacolo al sorgere di un legittimo affidamento da parte della ricorrente, in quanto tali decisioni, al pari della decisione impugnata, sarebbero illegittime.

120.
    La convenuta contesta, dal canto suo, che gli atti indicati dalla ricorrente siano tali da giustificare il legittimo affidamento fatto valere ex adverso e osserva parimenti che, in ogni caso, la decisione impugnata non potrebbe compromettere tale affidamento.

121.
    La Commissione deduce che la decisione impugnata avrebbe assunto a fondamento normativo l'art. 95 del Trattato, disposizione che le consente di far fronte a situazioni non previste dal Trattato. Dunque, per definitionem, le decisioni emanate su tale fondamento non potrebbero incidere sul legittimo affidamento.

122.
    Inoltre, indipendentemente dalla questione se gli atti e le dichiarazioni invocati fossero di natura tale da giustificare il legittimo affidamento della ricorrente, la decisione impugnata non potrebbe averlo violato, atteso che decisioni analoghe sarebbero state già emanate in precedenza.

123.
    Il Consiglio aggiunge, dal canto suo, che la decisione impugnata è stata emanata al fine di tener conto di una «variazione della situazione economica» in un caso particolare. In tal senso, i provvedimento disposti in base all'art. 95, ivi compreso il quinto codice, non potrebbero far sorgere, in considerazione della loro natura e dei loro obiettivi, una situazione giuridica vincolante ed immutabile per tutti gli operatori economici.

- Giudizio del Tribunale

124.
    Tale motivo scaturisce dalla tesi, già respinta, secondo cui potrebbero essere oggetto di autorizzazione unicamente gli aiuti esentati dal quinto codice. Orbene,come già rilevato dal Tribunale nelle sentenze EISA, British Steel e Wirtschaftsvereinigung, il codice degli aiuti non presenta lo stesso oggetto della decisione impugnata, emanata per far fronte ad una situazione eccezionale. La decisione impugnata non poteva, quindi, in alcun caso far sorgere legittime aspettative con riguardo alla eventuale possibilità di concedere deroghe individuali al divieto di aiuti di Stato, in base all'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, in una situazione imprevista del genere di quella che ha condotto all'emanazione della decisione stessa (v. sentenza British Steel, punto 75).

125.
    Emerge inoltre, in ogni caso, da costante giurisprudenza della Corte che, «anche se il principio del rispetto del legittimo affidamento è uno dei principi fondamentali della Comunità, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie» (v. sentenza 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punto 33, e la sentenza British Steel, punto 76).

126.
    Infatti, il buon funzionamento del mercato comune dell'acciaio comporta l'evidente necessità di un continuo adattamento in funzione dei mutamenti della situazione economica e gli operatori economici non possono invocare un diritto acquisito al mantenimento della situazione giuridica esistente in un determinato momento (v. sentenza della Corte 27 settembre 1979, causa 230/78, Eridania e Società Italiana per l'industria degli zuccheri, Racc. pag. 2749, punto 22, e sentenza del Tribunale 21 febbraio 1995, causa T-472/93, Campo Ebro e a./Consiglio, Racc. pag. II-421, punto 52). Inoltre, la Corte si è del pari avvalsa della nozione di «operatore prudente e avveduto» per sottolineare che, in alcuni casi, è possibile prevedere l'adozione di misure specifiche dirette a combattere evidenti situazioni di crisi, di modo che il principio della tutela del legittimo affidamento non può essere invocato (v., in particolare, la sentenza British Steel, punto 77 e la giurisprudenza ivi citata).

127.
    Orbene, a seguito dell'emanazione delle decisioni individuali del 12 aprile 1984, precedentemente menzionate, che la ricorrente ha peraltro impugnato dinanzi al Tribunale, è incontestabile che, al momento dell'emanazione della decisione impugnata, la ricorrente fosse a conoscenza del fatto che la Commissione si basava sull'art. 95 del Trattato per emanare decisioni individuali di autorizzazione di aiuti statali ai fini della realizzazione di taluni obiettivi del trattato.

128.
    Ne consegue che la censura relativa alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento deve essere respinta.

Sulla violazione del principio di proporzionalità

- Argomenti delle parti

129.
    La ricorrente contesta alla Commissione di aver violato il principio di proporzionalità nella parte in cui i vantaggi derivanti dall'aiuto di cui trattasi non sarebbero stati bilanciati da obblighi di riduzione della capacità di produzione.

130.
    Essa ritiene che l'applicazione di tale principio deriverebbe dall'art. 5 del Trattato, al quale fa rinvio l'art. 95, primo comma. Ai termini dell'art. 5, la Commissione dovrebbe adempiere ai propri compiti solamente per mezzo di interventi limitati (v. sentenza della Corte 12 giugno 1958, causa 2/57, Compagnie des hautes fourneaux de Chasse/Alta autorità, Racc. pag. 129).

131.
    Sarebbe giurisprudenza costante che un'autorizzazione di aiuti basata sull'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, non deve in alcun caso produrre distorsioni della concorrenza nell'industria siderurgica comunitaria (V. sentenza Germania/Commissione, citata supra, punto 30). Nondimeno, ogni autorizzazione di aiuti a beneficio di un'impresa costituirebbe di per sé un vantaggio rispetto alle altre imprese, il che inciderebbe sempre sui rapporti di concorrenza (v. sentenza della Corte 24 febbraio 1987, causa 304/85, Falck/Commissione, Racc. pag. 871, punto 24).

132.
    Ciò premesso, solamente gli aiuti consentiti «per un periodo limitato» e connessi ad una «notevole riduzione delle capacità produttive» (sentenza Germania/Commissione, citata supra, punto 31) potrebbero essere autorizzate, in quanto non causerebbero inconvenienti ai concorrenti in misura eccessiva rispetto ai vantaggi derivanti per il mercato comune.

133.
    La ricorrente sostiene che, nella specie, la decisione impugnata consentirebbe espressamente l'aumento massiccio della produzione e che i limiti alla produzione imposti dalla Commissione al fine di ridurre al minimo le distorsioni del mercato (art. 2, nn. 3 e 4, della decisione impugnata) non sarebbero sufficienti.

134.
    In base ai dati comunicati dal Consiglio (v. punto 4 della comunicazione 11 ottobre 1995), la Irish Steel disporrebbe di una capacità di produzione di 500 000 tonnellate di acciaio liquido e di 343 000 tonnellate di prodotti lunghi laminati a caldo. Nell'esercizio commerciale 1994/1995, la produzione di prodotti laminati a caldo sarebbe stata pari a 258 000 tonnellate. Per contro, il piano di ristrutturazione, prevedendo il pieno sfruttamento delle attuali capacità di produzione di acciaio liquido ai fini della realizzazione di billette e di laminati a caldo, consentirebbe, in base ai tetti di produzione imposti dalla decisione impugnata, di raggiungere un livello di produzione complessivo pari a 350 000 tonnellate nel corso dell'esercizio commerciale 1995/1996, corrispondente ad un aumento pari a circa il 40% rispetto all'esercizio commerciale precedente.

135.
    Le contropartite imposte dalla Commissione non sarebbero sufficienti ad evitare che l'aiuto autorizzato non produca una distorsione sproporzionata della concorrenza. Ciò si manifesterebbe particolarmente sul mercato delle billette inlega dove sussiste una sovracapacità comunitaria e dal quale taluni produttori tedeschi si sono ritirati nel corso dell'anno 1993.

136.
    La ricorrente aggiunge che il mercato pertinente ai fini del calcolo della quota della Irish Steel sul mercato delle billette sarebbe costituito da quello delle billette in lega di acciaio e non da quello dei prodotti semifiniti, come ritenuto dalla Commissione. Ne conseguirebbe che la quota posseduta dalla Irish Steel sarebbe pari non allo 0,2% come precisato dalla Commissione, bensì al 10%.

137.
    La Commissione sostiene che le contropartite imposte, in particolare i limiti alla produzione e alla vendita, siano proporzionati e non provochino alcuna distorsione della concorrenza. Peraltro, tale distorsione sarebbe affermata ma non dimostrata dalla ricorrente. Inoltre, la produzione di billette della Irish Steel alla fine del periodo oggetto della decisione impugnata (90 000 tonnellate) costituirebbe solo lo 0,2% del consumo comunitario totale pari a 40 milioni di tonnellate circa, il che escluderebbe in pratica qualsiasi distorsione della concorrenza.

138.
    La Commissione ritiene parimenti che la riduzione di capacità, peraltro impossibile nel caso della Irish Steel, non costituisca obbligatoriamente una contropartita necessaria, ma che, in considerazione del potere discrezionale conferitole, possano essere previste anche altre contropartite.

139.
    La Commissione aggiunge che i dati utilizzati dalla ricorrente indurrebbero in errore, atteso che nel periodo 1994/1995 scioperi rilevanti hanno prodotto una anormale diminuzione della produzione totale. La Commissione sostiene, inoltre, che il mercato pertinente sarebbe costituito da quello delle billette, come da essa sostenuto, e non da quello delle billette in lega di acciaio, considerato che i produttori potrebbero spostare senza difficoltà la propria produzione da un tipo di billette all'altro.

- Giudizio del Tribunale

140.
    L'argomento della ricorrente si riduce in sostanza nell'affermazione che la decisione impugnata sarebbe sproporzionata nella parte in cui, da un lato, non impone riduzioni di capacità e, dall'altro, le contropartite imposte non sarebbero sufficienti a ridurre al minimo l'incidenza dell'aiuto sulla concorrenza.

141.
    Ai termini dell'art. 95, primo comma, del Trattato, le decisioni adottate dalla Commissione per far fronte a casi non previsti dal Trattato devono rispettare il disposto dell'art. 5 del Trattato, il quale stabilisce che la Commissione adempie ai propri compiti solo «con interventi limitati». Quest'ultima disposizione dev'essere interpretata come una consacrazione del principio di proporzionalità (v., in questo senso, le conclusioni dell'avvocato generale Roemer relative alla sentenza della Corte 4 aprile 1960, causa 31/59, Acciaieria e Tubificio di Brescia/Alta Autorità, Racc. pag. 147, in particolare pag. 173 e 184).

142.
    Nel settore degli aiuti di Stato, la Corte ha affermato, nella citata sentenza Germania/Commissione, che la Commissione non poteva autorizzare la concessione di aiuti «che fossero tali da causare distorsioni alla concorrenza sul mercato comune dell'acciaio» (punto 30). Nello stesso senso, essa ha affermato, nella sentenza 13 giugno 1958, causa 15/57, Compagnie des hauts fourneaux de Chasse/Alta Autorità (Racc. pag. 147, in particolare pag. 178), che tale istituzione «ha l'obbligo di agire con prudenza e d'intervenire solo dopo aver accuratamente valutato i vari interessi in gioco, pur limitando - per quanto possibile - i prevedibili danni a terzi».

143.
    Peraltro, per giurisprudenza costante, la Commissione dispone in materia di un «ampio potere discrezionale corrispondente alle responsabilità politiche» da essa esercitate (v. sentenza della Corte 26 giugno 1990, causa C-8/89, Zardi, Racc. pag. I-2515, punto 11). Di conseguenza, solo il «carattere manifestamente inidoneo» o sproporzionato di una decisione adottata dalla Commissione, rispetto all'obiettivo che essa intende perseguire, potrebbe inficiare la legittimità di tale decisione (v. sentenze della Corte 9 luglio 1985, causa 179/84, Bozzetti, Racc. pag. 2301, nonché 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder HS Kraftfutter, Racc. pag. 2237, punto 22).

144.
    E' pur vero che la giurisprudenza comunitaria, in particolare la menzionata sentenza Germania/Commissione, ha sempre sottolineato lo stretto nesso esistente tra la concessione di aiuti all'industria siderurgica e l'opera di riorganizzazione che si rende necessaria per l'industria medesima (punto 30). Inoltre, il giudice comunitario ha precisato in più occasioni che tale opera di ristrutturazione comprende, in particolare, una riduzione delle capacità produttive delle imprese beneficiarie. Tuttavia, i fattori che possono influire sulla determinazione degli importi esatti degli aiuti da autorizzare non sono costituiti solo dal numero di tonnellate di capacità produttiva da eliminare, ma comprendono anche altri dati, che variano da una regione all'altra, quali le opere di ristrutturazione poste in essere nel passato, i problemi regionali e sociali provocati dalla crisi dell'industria siderurgica, lo sviluppo della tecnica e l'adeguamento delle imprese alle esigenze del mercato (v. sentenza Germania/Commissione, citata supra, punto 31 e 34, e British Steel, punto 136).

145.
    Conseguentemente, il principio di proporzionalità, applicato in materia, così come non esige la sussistenza di una rapporto quantitativo tra gli importi degli aiuti e l'entità delle riduzioni di capacità produttiva imposte, non esige nemmeno che le uniche contropartite esigibili ed adeguate rispetto all'autorizzazione degli aiuti siano costituite da riduzioni di capacità. Nel caso in cui la Commissione ritenga che una riduzione di capacità, come nella specie, non sia fattibile o che questa non rappresenti la soluzione più adeguata rispetto agli obiettivi perseguiti, essa può sempre imporre altre contropartite, vale a dire limiti alla produzione e alle vendite, ove questi risultino idonei a ridurre al minimo l'incidenza dell'aiuto sulla concorrenza. Come già affermato dal Tribunale, le valutazioni della Commissione non possono essere soggette ad un sindacato basato unicamente su criteri economici. Nell'esercizio del proprio potere discrezionale ai sensi dell'art. 95 delTrattato, essa può legittimamente tener conto di un ampio ventaglio di considerazioni di ordine politico, economico o sociale. (v. sentenza British Steel, punto 136).

146.
    All'art. 2 della decisione impugnata, la Commissione ha imposto alla Irish Steel una serie di obblighi:

1. L'impresa beneficiaria non può aumentare l'attuale capacità produttiva di acciaio liquido (500 000 tonnellate l'anno) e di prodotti finiti laminati a caldo (343 000 tonnellate l'anno), se non come conseguenza di un miglioramento della produttività, per almeno un quinquennio a decorrere dall'ultimo versamento di aiuti previsti dal piano.

2. Nei primi cinque anni, l'impresa beneficiaria non amplierà l'attuale gamma di prodotti finiti comunicata alla Commissione nel novembre 1995 e non può produrre travi di dimensioni maggiori di quelle della gamma attualmente prodotta. Nell'ambito di tale gamma, nel periodo considerato, essa limiterà a complessive 35 000 tonnellate l'anno la produzione di travi ad U di dimensioni maggiori (unità di misura imperiali), di travi HE (unità di misura metriche) e di travi IPE destinate al mercato comunitario.

3. L'impresa beneficiaria non potrà superare i seguenti livelli di produzione per esercizio finanziario:

                                (Migliaia di tonnellate)

1995/1996 1996/1997 1997/1998 1998/1999 1999/2000
Prodotti finiti laminati a caldo

320

335

350

356

361
Billette
30
50
70
80
90

4. Per quanto concerne le vendite di prodotti finiti laminati a caldo sul mercato europeo (definito ai fini della presente decisione come la Comunità più la Svizzera e la Norvegia), l'impresa beneficiaria non potrà superare i seguenti livelli per esercizio finanziario:

                                (Migliaia di tonnellate)

1995/1996
1996/1997
1997/1998
1998/1999
1999/2000
298
302
312
320
320
(...)»

147.
    Per quanto attiene a tali misure di limitazione della produzione e delle vendite imposte alla Irish Steel, si deve rilevare che esse costituiscono il risultato di un'opera di ponderazione e di equilibrio di vari fattori, vale a dire, la situazione specifica del settore della siderurgia e segnatamente la situazione di sovraccapacità (punto I della decisione impugnata), la posizione della Irish Steel nel mercato di cui trattasi (punto 4.3 della comunicazione dell'11 ottobre 1995), la capacità della Ispat International di ristabilire l'efficacia dell'impresa beneficiaria (punto III della decisione impugnata), e la necessità di imporre talune contropartite per limitare l'incidenza sul mercato dei benefici concessi mediante gli aiuti pur consentendo all'impresa di aumentare la propria produttività (punto V). Orbene, la ricorrente non ha provato che la fissazione di tetti alla produzione e alle vendite, come contropartite dell'autorizzazione degli aiuti, sia manifestamente inadeguata o sproporzionata.

148.
    Per quanto attiene al mercato pertinente dei prodotti ed alla quota di mercato posseduta dalla Irish Steel, valutata dalla Commissione nello 0,2%, nessun elemento dedotto dalla ricorrente legittima la conclusione che la Commissione sia incorsa in un manifesto errore di valutazione laddove ha individuato il mercato pertinente in quello delle billette in luogo di quello delle billette in lega di acciaio. L'argomento del tutto generico secondo cui, quanto alla loro utilizzazione, le billette in lega di acciaio si differenzierebbero chiaramente da altri prodotti finiti non è sufficiente a porre in discussione l'analisi della Commissione, secondo cui la separazione dei mercati affermata dalla ricorrente non esiste al livello della produzione.

149.
    Lo stesso rilievo si impone per quanto attiene alla censura relativa all'aumento della produzione consentita dalla decisione impugnata (prodotti finiti laminati a caldo: da 320 000 tonnellate per l'esercizio 1995/1996 sino a 361 000 tonnellate nell'esercizio 1999/2000; billette: da 30 000 tonnellate nell'esercizio 1995/1996 sino a 90 000 tonnellate nell'esercizio 1999/2000), atteso che le percentuali dedotte dalla ricorrente si basano su valori di raffronto anormalmente bassi, vale a dire sui valori dell'esercizio 1994/95 (258 000 tonnellate, mentre vi sono stati esercizi nel corso dei quali le vendite hanno raggiunto le 281 000 tonnellate - v. punto 4.4 della comunicazione 11 ottobre 1995).

150.
    Ne consegue che le conclusioni della Commissione, secondo cui, da un lato, l'aumento delle vendite previsto dalla decisione impugnata produrrebbe solamente un impatto minimo sulla concorrenza [0,15% di quota di mercato per il mercato delle billette in lega di acciaio = (90 000 - 30 000) : 40 000 000, v. supra punto 137] e, dall'altro, la fissazione di limiti alla produzione e alle vendite della Irish steel per un periodo di 5 anni costituirebbe un'alternativa efficace ed adeguata alla riduzione di capacità dell'impresa non sono viziate da manifesto errore di valutazione.

151.
    Alla luce delle suesposte considerazioni, la censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità dev'essere respinta.

152.
    Conseguentemente, il primo motivo relativo alla violazione del Trattato e delle relative norme di applicazione dev'essere respinto.

Sul motivo relativo alla violazione di forme ab substantiam

153.
    A sostegno di tale motivo la ricorrente deduce la violazione del diritto di essere sentita e la violazione dell'obbligo di motivazione.

Sulla violazione del diritto ad essere sentiti

- Argomenti delle parti

154.
    La ricorrente ritiene che, ai sensi dell'art. 93, n. 2, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 2, CE) e dell'art. 6, n. 4, del codice degli aiuti, la Commissione sia tenuta ad informare i terzi interessati in ordine alla domanda di autorizzazione, in modo che questi possano presentare osservazioni.

155.
    Nella specie, la Commissione ha fatto pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale il progetto iniziale del governo irlandese (comunicazione 95/C), ma non il secondo progetto di ristrutturazione. Conseguentemente, la Commissione non avrebbe rispettato il diritto della ricorrente ad essere sentita ed a fornire in tempo utile osservazioni sul progetto medesimo.

156.
    La ricorrente aggiunge che il rispetto del diritto ad essere sentiti costituisce un obbligo procedurale sostanziale nei confronti di tutte le imprese che possano vantare un interesse giustificato. Pertanto, tale diritto non potrebbe essere ignorato nel caso che le imprese siano rappresentate in seno al comitato.

157.
    La Commissione osserva che l'art. 95 del Trattato non prevede alcuna disposizione relativa all'audizione delle imprese concorrenti e, alla luce del carattere eccezionale di tale genere di decisioni limitate al Trattato CECA, la giurisprudenza concernente l'art. 93, n. 2, del Trattato CE non potrebbe trovare applicazione. Tuttavia, essa ricorda che la ricorrente ha avuto l'opportunità di seguire lo svolgimento del procedimento e di esprimere osservazioni in ordine al secondo progetto di ristrutturazione, essendo rappresentata in seno al comitato, che è stato consultato ai sensi dell'art. 95 del Trattato.

- Giudizio del Tribunale

158.
    La decisione impugnata è stata emanata in base all'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato. Tale disposizione prevede il parere conforme del Consiglio e la consultazione obbligatoria del Comitato. Essa non sancisce il diritto dei destinatari delle decisioni e delle persone interessate ad essere sentite. Dal canto suo, l'art. 6, n. 4, del codice degli aiuti istituisce tale diritto affermando che, «qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loroosservazioni, constati che un aiuto non è compatibile con le disposizioni della presente decisione, informa lo Stato membro interessato della propria decisione». Tale disposizione era contenuta in tutti i codici degli aiuti precedenti al quinto codice (cfr., in proposito, la decisione della Commissione 1° febbraio 1980, 257/80/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia, GU L 29, pag. 5).

159.
    Nell'ambito del procedimento di emanazione della decisione impugnata, la ricorrente ha avuto modo, in ogni caso, senza che occorra esaminare la questione della sussistenza di un principio generale di diritto comunitario che attribuisca agli interessati il diritto di essere sentito nel corso del procedimento di decisione in materia di aiuti di Stato, si deve sottolineare che, nell'ambito del procedimento di emanazione della decisione impugnata, la ricorrente ha avuto modo, in ogni caso, di far valere la propria posizione in seno al Comitato. Infatti, ai sensi dell'art. 18 del Trattato, il Comitato è composto dai rappresentanti dei produttori, dei lavoratori, dei consumatori e dei commercianti. Orbene, è pacifico che la British Steel, in quanto produttore, vi fosse rappresentata. Così, in occasione della 324² riunione del detto Comitato, in data 24 novembre 1995, l'autorizzazione degli aiuti alla Irish Steel è stata discussa e il rappresentante della ricorrente ha avuto l'opportunità di esprimere il proprio parere sulle misure proposte dalla Commissione (v., in tal senso, la sentenza British Steel, punto 176).

160.
    In ogni caso, la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della comunicazione 95/C non può aver indotto la ricorrente in errore quanto alla proposta sottoposta al Consiglio ed in ordine alla quale il Comitato è stato sentito. Infatti, prima della pubblicazione di tale comunicazione, il 28 ottobre 1995, la ricorrente era già in grado di sapere, per effetto della propria partecipazione alla riunione del Comitato che aveva avuto luogo il 25 ottobre 1995, che le autorità irlandesi avevano ritirato il primo piano di ristrutturazione e che ne avevano presentato un secondo modificato.

161.
    Ne consegue che la ricorrente ha avuto l'opportunità di essere sentita, secondo la procedura prevista dall'art. 95 del Trattato, in merito all'emanazione della decisione impugnata. Ciò premesso, la censura secondo cui la decisione impugnata sarebbe viziata dalla violazione del diritto della ricorrente ad essere sentita dev'essere respinto.

Sulla violazione dell'obbligo di motivazione

- Argomenti delle parti

162.
    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata violi l'obbligo di motivazione sancito dall'art. 15 del Trattato.

163.
    Secondo costante giurisprudenza, gli argomenti sui quali la convenuta basi il proprio ragionamento devono essere chiari e comprendere gli elementi giuridici determinanti con riguardo alla struttura ed al contenuto della decisione (v. sentenzadella Corte 4 luglio 1963, causa 24/62, Germania/Commissione, Racc. pag. 129, 143, e la sentenza del Tribunale 8 giugno 1995, T-459/93, Siemens/Commissione, Racc. pag. II-1675, punto 31).

164.
    Nella specie, tale obbligo si imporrebbe a maggior ragione in quanto si tratterebbe di una deroga basata sull'art. 95 del Trattato che esige la sussistenza di requisiti del tutto specifici. Orbene, dalla decisione impugnata non emergerebbe sotto quale profilo la situazione dell'Irish Steel costituirebbe, alla luce degli artt. 4, lett. c), e 56, n. 2, del Trattato, una situazione «non prevista dal Trattato», quali sarebbero gli obiettivi previsti dagli artt. 2 e 3 perseguiti e per quale motivo la Commissione non abbia previsto la chiusura della Irish Steel.

165.
    La Commissione ritiene che la decisione impugnata soddisfi l'obbligo di motivazione laddove espone le considerazioni necessarie alla comprensione dell'atto, in modo chiaro e distinto, indicando i principali elementi in fatto e in diritto (sentenza 4 luglio 1963, Germania/commissione, citata supra, pag. 143).

Giudizio del Tribunale

166.
    L'art. 5, secondo comma, quarto trattino, del Trattato prevede che la Comunità renda «pubblici i motivi della sua azione». L'art. 15, primo comma, precisa che «le decisioni, le raccomandazioni e i pareri della Commissione sono motivati e fanno riferimento ai pareri obbligatoriamente richiesti». Da tali disposizioni nonché dei principi generali del Trattato emerge che l'obbligo di motivazione grava sulla Commissione quando questa emana decisioni generali o individuali, indipendentemente dal fondamento normativo assunto al riguardo.

167.
    Secondo costante giurisprudenza, la motivazione dev'essere adeguata alla natura dell'atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l'iter logico seguito dall'istituzione, da cui promana l'atto, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo. Non si richiede che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti. Essa dev'essere valutata non solo alla luce del tenore dell'atto, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia considerata (sentenza della Corte 29 febbraio 1996, causa C-56/93, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-723, e sentenza del Tribunale T-266/94, Skibsværftsforeningen e a./Commissione, Racc. pag. II-1399, punto 230). Inoltre, la motivazione di un atto dev'essere valutata in funzione, segnatamente, «dell'interesse che il destinatario dell'atto o altre persone da esso riguardate ai sensi dell'art. 33, secondo comma, del Trattato CECA possono avere ad ottenere spiegazioni» (sentenza della Corte 19 settembre 1985, cause riunite 172/83 e 226/83, Hoogovens Groep/Commissione, Racc. pag. 2831, punto 24, e sentenza British Steel, punto 160).

168.
    In primo luogo, per quanto attiene alla qualificazione, operata dalla Commissione, della situazione specifica della Irish Steel quale situazione «non prevista dal Trattato», emerge dai punti IV, primo e terzo comma, e VIII della decisione impugnata che, conformemente all'art. 4, lett. c), del Trattato, gli aiuti pubblici previsti non potevano essere autorizzati se non a titolo eccezionale, ai sensi dell'art. 95 del Trattato. Emerge parimenti dal punto IV che la decisione impugnata ha motivato il carattere eccezionale descrivendo la situazione particolarmente difficile attraversata dall'industria siderurgica da alcuni anni e facendo presente che tale crisi ha messo «in pericolo la sopravvivenza del settore in vari Stati membri, tra cui l'Irlanda».

169.
    In secondo luogo, emerge dal punto V della decisione impugnata che la Commissione non ha previsto, nel caso di specie, una riduzione della capacità, in quanto ciò non era «tecnicamente possibile (...) senza chiudere l'impianto (...) dato che la Irish Steel dispone di un unico laminatoio a caldo» e che, inoltre, tale situazione sarebbe stata incompatibile con «l'obiettivo di conferire all'industria siderurgica irlandese una struttura sana ed efficiente sotto il profilo economico e finanziario». (punto IV)

170.
    In terzo luogo, per quanto attiene agli obiettivi previsti dagli artt. 2 e 3 del Trattato perseguiti dalla Commissione con la decisione impugnata, emerge parimenti dal punto IV della decisione medesima in qual misura l'incidenza tanto economica che sociale dell'aiuto finanziario proposto dall'Irlanda - integrato in un programma di ristrutturazione dell'Irish Steel già ritenuto efficace da un'analisi di esperti indipendenti - rispondesse agli obiettivi sanciti dai detti articoli (v. supra punto 67).

171.
    In ogni caso, l'assenza di specificazioni più formali degli obiettivi indicati dagli artt. 2 e 3 non può essere considerata quale insufficienza di motivazione (v. sentenza Wirtschaftsvereinigung, punto 145).

172.
    Infine, secondo giurisprudenza ben consolidata, tale censura appare tanto meno fondata, in quanto è pacifico che la ricorrente abbia svolto un ruolo attivo nel procedimento di elaborazione della decisione impugnata per mezzo del proprio rappresentante in seno al Comitato, il signor Evans, e che essa conoscesse i motivi di fatto e di diritto in base ai quali la Commissione ha giudicato gli aiuti compatibili sul mercato comune ritenendo opportuno non esigere, a titolo di contropartita, una riduzione della capacità (v., in particolare, sentenza della Corte 11 gennaio 1973, causa 13/72, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. 27, punto 12, nonché la sentenza British Steel, punto 168).

173.
    Dalle suesposte considerazioni emerge che la decisione impugnata non è viziata da illegittimità per pretesa violazione dell'obbligo di motivazione.

174.
    Ne consegue che il secondo motivo, relativo alla violazione di forme sostanziali, dev'essere respinto.

175.
    Da tutte le suesposte considerazioni emerge che il ricorso deve essere respinto in toto.

Sulle spese

176.
    A termini dell'art. 187, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, essendo rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda presentata in tal senso dalla Commissione.

177.
    A termini dell'art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese. Ne consegue che il Consiglio, interveniente, sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente è condannata a sopportare le proprie spese e quelle della convenuta.

3)    Il Consiglio sopporterà le proprie spese.

Moura Ramos
García-Valdecasas
Tiili

Lindh

Mengozzi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo, il 7 luglio 1999.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

R.M. Moura Ramos


1: Lingua processuale: il tedesco.

Racc.