Language of document : ECLI:EU:T:2019:675

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

24 settembre 2019 (*) (i)

«Concorrenza – Intese – Settore dei derivati sui tassi di interesse in euro – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE – Manipolazione dei tassi interbancari di riferimento Euribor – Scambio di informazioni riservate – Restrizione della concorrenza per oggetto – Infrazione unica e continuata – Ammende – Importo di base – Valore delle vendite – Articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 – Obbligo di motivazione»

Nella causa T‑105/17,

HSBC Holdings plc, con sede a Londra (Regno Unito),

HSBC Bank plc, con sede a Londra,

HSBC France, con sede a Parigi (Francia),

rappresentate da K. Bacon, QC, D. Bailey, barrister, M. Simpson, solicitor, Y. Anselin e C. Angeli, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da M. Farley, B. Mongin e F. van Schaik, in qualità di agenti, assistiti da B. Lask, barrister,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda basata sull’articolo 263 TFUE e diretta, da un lato, all’annullamento parziale della decisione C (2016) 8530 final della Commissione, del 7 dicembre 2016, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso AT.39914 – Euro Interest Rate Derivatives), e, dall’altro, alla riforma dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata),

composto da M. Prek (relatore), presidente, E. Buttigieg, F. Schalin, B. Berke e J. Costeira, giudici,

cancelliere: M. Marescaux, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 marzo 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        Con la decisione C (2016) 8530 final, del 7 dicembre 2016, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso AT.39914 – Euro Interest Rate Derivatives) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione europea ha constatato che le ricorrenti, HSBC Holdings plc, HSBC Bank plc e HSBC France, avevano violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando, dal 12 febbraio al 27 marzo 2007, ad un’infrazione unica e continuata avente ad oggetto l’alterazione del corso normale di fissazione dei prezzi sul mercato dei derivati sui tassi di interesse in euro (Euro Interest Rate Derivatives; in prosieguo: gli «EIRD») legati all’«Euro Interbank Offered Rate» (Euribor) e/o all’Euro Over‑Night Index Average (EONIA) [articolo 1, lettera b), della decisione impugnata] e ha inflitto loro in solido un’ammenda di importo pari a EUR 33 606 000 [articolo 2, lettera b), della decisione impugnata].

2        Il gruppo HSBC (in prosieguo: «HSBC») è un gruppo bancario che esercita tra le sue attività quella di banca di investimenti, banca di affari e banca commerciale. HSBC Holdings è la società capogruppo di HSBC. HSBC Holdings è la società controllante di HSBC France e quest’ultima è la società controllante di HSBC Bank. HSBC France e HSBC Bank sono incaricate di negoziare gli EIRD. HSBC France è responsabile di comunicare i tassi al panel dell’Euribor (punti da 58 a 61 della decisione impugnata).

3        Il 14 giugno 2011 il gruppo bancario Barclays (Barclays plc, Barclays Bank plc, Barclays Directors Ltd, Barclays Group Holding Ltd, Barclays Capital Services Ltd e Barclays Services Jersey Ltd; in prosieguo: «Barclays») ha presentato alla Commissione una domanda di attribuzione di un numero d’ordine (il cosiddetto marker), conformemente alla comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17), informandola dell’esistenza di un cartello nel settore degli EIRD e esprimendo la volontà di cooperare. Il 14 ottobre 2011 Barclays ha ottenuto un’immunità condizionale (punto 86 della decisione impugnata).

4        Tra il 18 e il 21 ottobre 2011, la Commissione ha effettuato accertamenti nei locali di vari istituti finanziari a Londra (Regno Unito) e a Parigi (Francia), tra cui quelli delle ricorrenti (punto 87 della decisione impugnata).

5        Il 5 marzo e 29 ottobre 2013, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), la Commissione ha avviato un procedimento di infrazione nei confronti delle ricorrenti nonché di Barclays, del Crédit agricole SA e del Crédit agricole Corporate and Investment Bank (in prosieguo, congiuntamente: «Crédit agricole»), di Deutsche Bank AG, di Deutsche Bank Services (Jersey) Ltd e di DB Group Services (UK) Ltd (in prosieguo, congiuntamente: «Deutsche Bank»), di JP Morgan Chase & Co., di JP Morgan Chase Bank National Association e di JP Morgan Services LLP (in prosieguo, congiuntamente: «JP Morgan»), di Royal Bank of Scotland plc e di Royal Bank of Scotland Group plc (in prosieguo, congiuntamente: «RBS») e della Société générale (punto 89 della decisione impugnata).

6        Barclays, Deutsche Bank, la Société générale e RBS hanno voluto partecipare a una procedura di transazione ai sensi dell’articolo 10 bis del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione, a norma degli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), come modificato. HSBC, il Crédit agricole e JP Morgan hanno deciso di non partecipare a tale procedimento di transazione.

7        Il 4 dicembre 2013 la Commissione ha adottato nei confronti di Barclays, di Deutsche Bank, della Société générale e di RBS la decisione C (2013) 8512 final, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE [Caso AT.39914, Euro Interest Rate Derivatives (EIRD) (Settlement)] (in prosieguo: la «decisione di transazione»), con la quale essa ha concluso che tali imprese avevano violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando a un’infrazione unica e continuata avente ad oggetto l’alterazione del corso normale di fissazione dei prezzi sul mercato degli EIRD (punto 95 della decisione impugnata).

A.      Procedimento amministrativo all’origine della decisione impugnata

8        Il 19 marzo 2014 la Commissione ha inviato alle ricorrenti, nonché al Crédit agricole e a JP Morgan, una comunicazione degli addebiti (punto 98 della decisione impugnata).

9        Le ricorrenti hanno potuto consultare su DVD le parti accessibili del fascicolo della Commissione e i loro rappresentanti hanno beneficiato di un accesso supplementare al fascicolo nei locali della Commissione (punto 99 della decisione impugnata). Le ricorrenti hanno avuto altresì accesso alla comunicazione degli addebiti inviata alle parti che hanno effettuato la transazione, alle risposte di tali parti nonché alla decisione di transazione (punto 100 della decisione impugnata).

10      Il 14 novembre 2014 le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni scritte in seguito alla comunicazione degli addebiti e si sono espresse durante l’audizione svoltasi dal 15 al 17 giugno 2015 (punto 104 della decisione impugnata).

11      Il 6 aprile 2016 la Commissione ha rettificato la decisione di transazione per quanto riguarda la determinazione dell’importo dell’ammenda della Société générale. Le ricorrenti hanno avuto accesso a tale decisione di rettifica, nonché alla corrispondenza pertinente a quest’ultima e ai dati finanziari corretti presentati dalla Société générale (punti 105 e 106 della decisione impugnata).

B.      Decisione impugnata

12      Il 7 dicembre 2016 la Commissione, in base agli articoli 7 e 23 del regolamento n. 1/2003, ha adottato la decisione impugnata. L’articolo 1, lettera b), e l’articolo 2, lettera b), di tale decisione così recitano:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 101 del Trattato e l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando, durante i periodi indicati, a un’infrazione unica e continuata relativa ai derivati sui tassi di interesse in euro. Tale infrazione, che si estendeva all’intero SEE, è consistita in accordi e/o pratiche concordate aventi lo scopo di falsare il corso normale delle componenti dei prezzi nel settore dei derivati sui tassi di interesse in euro:

(…)

b) [le ricorrenti] dal 12 febbraio 2007 al 27 marzo 2007 (…)

Articolo 2

Per l’infrazione di cui all’articolo 1 sono inflitte le seguenti ammende:

(…)

b) [le ricorrenti], responsabili in solido: EUR 33 606 600».

1.      Prodotti di cui trattasi

13      Le infrazioni in questione riguardano gli EIRD, vale a dire i derivati sui tassi di interesse in euro indicizzati all’Euribor o all’EONIA.

14      L’Euribor è un insieme di tassi di interesse di riferimento volti a riflettere il costo dei prestiti interbancari frequentemente utilizzati sui mercati internazionali di capitali. Esso è definito come un indice del tasso al quale i depositi interbancari a termine in euro sono offerti da una banca primaria a un’altra banca primaria all’interno dell’area euro. L’Euribor si calcola sulla media dei prezzi offerti quotidianamente da un panel, composto, durante il periodo cui si riferisce la decisione impugnata, da 47 banche primarie – tra le quali le banche menzionate al precedente punto 5 –, comunicati alla Thomson Reuters quale agente di calcolo della Federazione bancaria europea (FBE) tra le 10:45 e le 11:00 del mattino. Le banche forniscono contributi per i quindici tassi di interesse diversi dell’Euribor, che, secondo il loro termine, variano da una settimana a dodici mesi. L’EONIA svolge una funzione equivalente all’Euribor, ma per quanto riguarda i tassi quotidiani. Esso è calcolato dalla Banca centrale europea (BCE) in base a una media dei tassi per i depositi interbancari in bianco («unsecured») dello stesso panel di banche utilizzato per la fissazione dell’Euribor (punti da 20 a 27 della decisione impugnata).

15      Gli EIRD più frequenti sono i contratti su tassi a termine («forward rate agreements»), gli swaps su tassi di interesse («interest rate swaps»), le opzioni su tassi di interesse, e i contratti a termine («futures») su tassi di interesse (punti da 4 a 10 della decisione impugnata).

2.      Comportamenti contestati alle ricorrenti

16      Al punto 113 della decisione impugnata la Commissione ha descritto il comportamento contestato alle banche menzionate al precedente punto 5 nei seguenti termini:

«Barclays, Deutsche Bank, JPMorgan Chase, Société générale, Crédit agricole, HSBC e RBS hanno partecipato a una serie di contatti bilaterali nel settore degli EIRD, consistente essenzialmente nelle seguenti pratiche fra le parti diverse:

a)      a volte, taluni operatori impiegati da parti diverse hanno comunicato e/o ricevuto preferenze quanto alla scelta di tassi di interesse (fixing) invariati, bassi o elevati di talune scadenze dell’Euribor; tali preferenze dipendevano dalle loro posizioni di negoziazione/esposizioni;

b)      a volte, in determinate circostanze, taluni operatori di parti diverse hanno comunicato e/o ricevuto dagli altri informazioni dettagliate, non di notorietà pubblica/disponibili, sulle posizioni di negoziazione o sulle intenzioni relative alle future comunicazioni dell’Euribor per determinate scadenze di almeno una delle rispettive banche;

c)      a volte, taluni operatori hanno inoltre valutato la possibilità di allineare le loro posizioni di negoziazione per gli EIRD in base alle informazioni di cui alle lettere a) o b);

d)      a volte, taluni operatori hanno inoltre valutato la possibilità di allineare almeno una delle future comunicazioni Euribor delle loro banche in base alle informazioni di cui alle lettere a) o b);

e)      a volte, almeno uno degli operatori coinvolti in tali discussioni ha contattato le persone incaricate di comunicare i tassi Euribor presso le rispettive banche, o ha dichiarato che intendeva farlo, per chiedere loro di presentare all’agenzia incaricata di eseguire i calcoli per conto della FBE una comunicazione in una certa direzione o a un livello specifico;

f)      a volte, almeno uno degli operatori coinvolti in tali discussioni ha dichiarato che avrebbe riferito, o aveva riferito, in merito alla risposta della persona incaricata di comunicare i tassi Euribor prima del momento in cui le comunicazioni giornaliere Euribor dovevano essere presentate all’agenzia incaricata di eseguire i calcoli oppure, nei casi in cui l’operatore aveva già discusso di tale punto con la persona incaricata di comunicare i tassi, ha trasmesso le informazioni ricevute da quest’ultima all’operatore di un’altra parte;

g)      a volte, almeno un operatore di una parte ha comunicato a un operatore di un’altra parte altre informazioni dettagliate e sensibili sulla strategia di negoziazione o di fissazione dei prezzi della sua banca per quanto riguarda gli EIRD».

17      Al punto 114 della decisione impugnata la Commissione ha aggiunto che «[a] volte, inoltre, determinati operatori impiegati da parti diverse hanno discusso il risultato della fissazione dei tassi Euribor, comprese comunicazioni specifiche delle banche, dopo che i tassi Euribor di un dato giorno erano stati determinati e pubblicati».

18      La Commissione ha ritenuto che tali comportamenti rientrassero in un’infrazione unica e continuata.

19      Al fine di giustificare tale qualificazione, in primo luogo, la Commissione ha ritenuto che detti comportamenti avessero un obiettivo economico unico (punti da 444 a 450 della decisione impugnata), costituito dalla riduzione dei flussi di cassa che i partecipanti avrebbero dovuto pagare a titolo degli EIRD o dall’aumento di quelli che essi dovevano ricevere. In secondo luogo, essa ha ritenuto che i diversi comportamenti rientrassero in uno schema di comportamento comune, dal momento che un gruppo stabile di persone era coinvolto nell’intesa, che le parti avevano seguito uno schema assai simile nelle loro attività anticoncorrenziali e che le varie discussioni tra le parti riguardavano questioni identiche o che si sovrapponevano e avevano quindi un contenuto identico o parzialmente identico (punti da 451 a 456). In terzo luogo, essa ha ritenuto che i traders partecipanti agli scambi anticoncorrenziali fossero professionisti qualificati e che conoscessero o avrebbero dovuto essere a conoscenza della portata generale e delle caratteristiche essenziali dell’intesa nel suo complesso (punti da 457 a 483).

20      Essa ha ritenuto che HSBC avesse partecipato a tale infrazione unica e continuata, pur sottolineando che gli scambi bilaterali con Barclays costituivano di per sé un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (punto 486 della decisione impugnata).

21      Per quanto riguarda la durata di tale partecipazione, la Commissione ha considerato come punto di partenza nei confronti di HSBC il 12 febbraio 2007 (punto 620 della decisione impugnata) e come data di conclusione il 27 marzo 2007 (punto 625 della decisione impugnata).

3.      Calcolo dellimporto dellammenda

a)      Importo di base dellammenda

22      Per quanto riguarda, in primo luogo, la determinazione del valore delle vendite delle banche che hanno partecipato all’intesa, poiché gli EIRD non generano vendite nel senso abituale del termine, la Commissione ha determinato il valore delle vendite attraverso un valore sostitutivo. Inoltre, alla luce delle circostanze del caso di specie, essa ha ritenuto preferibile non prendere in considerazione il valore sostitutivo annualizzato, ma basarsi sul valore sostitutivo corrispondente ai mesi di partecipazione delle banche all’infrazione (punto 640 della decisione impugnata). Essa ha ricordato di non essere tenuta ad applicare una formula matematica e di disporre di un margine di discrezionalità nel determinare l’importo di ciascuna ammenda (punto 647 della decisione impugnata).

23      La Commissione ha ritenuto opportuno considerare come valore sostitutivo le entrate in denaro generate dai flussi di cassa che ogni banca ha ottenuto dal suo portafoglio di EIRD collegati a qualsiasi scadenza Euribor e/o EONIA e conclusi con controparti aventi sede nel SEE (punto 641 della decisione impugnata), alle quali è stato applicato un fattore di riduzione uniforme del 98,849%.

24      Pertanto, la Commissione ha assunto come valore delle vendite nei confronti delle ricorrenti l’importo di EUR 192 081 799 (punto 648 della decisione impugnata).

25      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la gravità dell’infrazione, la Commissione ha tenuto conto di un fattore di gravità del 15% in quanto l’infrazione ha riguardato il coordinamento dei prezzi e degli accordi di fissazione dei prezzi. Essa ha aggiunto un fattore di gravità del 3% facendo riferimento alla circostanza che l’intesa aveva interessato l’intero SEE e aveva riguardato tassi rilevanti per l’insieme degli EIRD e che detti tassi, riguardanti l’euro, assumevano un’importanza fondamentale per l’armonizzazione delle condizioni finanziarie nel mercato interno e per le attività bancarie negli Stati membri (punti 720 e 721 della decisione impugnata).

26      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la durata dell’infrazione, la Commissione ha sottolineato di aver preso in considerazione la durata della partecipazione di ciascun partecipante all’intesa in «numero di mesi arrotondati per difetto e proporzionalmente», il che ha comportato l’applicazione alle ricorrenti di un coefficiente moltiplicatore dello 0,08% (punti da 727 a 731 della decisione impugnata).

27      In quarto luogo, la Commissione ha aggiunto un importo supplementare del 18% del valore delle vendite, qualificato come «diritto di ingresso», in quanto l’infrazione è consistita in una fissazione orizzontale dei prezzi, al fine di dissuadere le imprese dal partecipare a tali pratiche, indipendentemente dalla durata dell’infrazione (punti da 732 a 734 della decisione impugnata).

28      La Commissione ha quindi fissato l’importo di base dell’ammenda delle ricorrenti in EUR 37 340 000 (punto 735 della decisione impugnata).

b)      Importo finale delle ammende

29      Per quanto riguarda la fissazione dell’importo finale dell’ammenda, la Commissione ha ritenuto che HSBC avesse svolto un ruolo più marginale o minore nell’infrazione che non poteva essere paragonato a quello degli attori principali e le ha concesso una riduzione del 10% dell’importo di base dell’ammenda (punti da 747 a 749 della decisione impugnata). L’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della decisione impugnata infligge quindi alle ricorrenti un’ammenda di importo finale pari a EUR 33 606 000.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

30      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 febbraio 2017, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

31      Su proposta della Seconda Sezione del Tribunale, il Tribunale ha deciso, ai sensi dell’articolo 28 del regolamento di procedura del Tribunale, di rimettere la causa a un collegio giudicante ampliato.

32      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto quesiti scritti alle parti il 30 gennaio 2019. La Commissione e le ricorrenti hanno risposto, rispettivamente, il 14 e il 15 febbraio 2019 ai quesiti posti dal Tribunale.

33      L’8 marzo 2019 il Tribunale ha posto alle parti un quesito supplementare, ai fini di una risposta all’udienza dibattimentale.

34      Il 18 marzo 2019 il Tribunale ha deciso, sentite le parti, di tenere l’udienza dibattimentale a porte chiuse, ai sensi dell’articolo 109 del regolamento di procedura.

35      All’udienza del 19 marzo 2019 le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale. Nel corso di tale udienza è stato chiesto alla Commissione di fornire ulteriori spiegazioni sulla determinazione del fattore di riduzione del 98,849% che la stessa aveva applicato alle entrate in denaro.

36      Il 2 aprile 2019 la Commissione ha risposto al quesito del Tribunale.

37      Il 10 maggio 2019 le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni sulla risposta della Commissione.

38      Il 28 maggio 2019 la Commissione ha presentato le sue osservazioni.

39      Con decisione del 4 giugno 2019, il Tribunale (Seconda Sezione ampliata) ha chiuso la fase orale del procedimento.

40      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 1 della decisione impugnata;

–        in subordine, annullare l’articolo 1, lettera b), della decisione impugnata;

–        in ulteriore subordine, annullare parzialmente l’articolo 1, lettera b), della decisione impugnata, nella parte in cui si afferma che esse hanno partecipato a un’infrazione unica e continuata;

–        annullare l’articolo 2, lettera b), della decisione impugnata;

–        in subordine, ridurre sostanzialmente l’ammenda ad esse inflitta ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della decisione impugnata, a un importo ritenuto adeguato dal Tribunale;

–        condannare la Commissione alle spese o, in subordine, a un’adeguata percentuale delle spese da esse sostenute.

41      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

III. In diritto

42      Nell’ambito del loro ricorso le ricorrenti presentano al contempo una domanda di annullamento dell’articolo 1 e dell’articolo 2, lettera b), della decisione impugnata e una domanda di riforma dell’importo dell’ammenda inflitta da detto articolo 2, lettera b). Esso sarà distinto tra, da un lato, l’esame delle domande di annullamento dell’articolo 1 della decisione impugnata e, in subordine, dell’articolo 1, lettera b), di detta decisione e, dall’altro, l’esame della domanda di annullamento dell’articolo 2, lettera b), di detta decisione, con il quale la Commissione ha inflitto un’ammenda di EUR 33 606 000 alle ricorrenti, nonché della domanda di riforma dell’importo di tale ammenda.

43      Poiché le ricorrenti presentano al contempo domande di annullamento della decisione impugnata e di riforma dell’importo dell’ammenda inflitta, occorre sottolineare, in via preliminare, che il sistema di controllo giurisdizionale delle decisioni della Commissione riguardanti i procedimenti ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE consiste in un controllo della legittimità degli atti delle istituzioni stabilito all’articolo 263 TFUE, il quale può essere integrato, in applicazione dell’articolo 261 TFUE e su richiesta dei ricorrenti, dall’esercizio da parte del Tribunale di una competenza estesa al merito per quanto riguarda le sanzioni inflitte in tale settore dalla Commissione (v. sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

44      Per quanto riguarda, in primo luogo, la portata del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, quest’ultimo si estende a tutti gli elementi delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti in applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE di cui il giudice dell’Unione garantisce un controllo approfondito, in diritto e in fatto, alla luce dei motivi dedotti dalla parte ricorrente e in considerazione di tutti gli elementi pertinenti forniti da quest’ultima (v. sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

45      Occorre ricordare, tuttavia, che i giudici dell’Unione non possono, nell’ambito del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, sostituire la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione, C‑73/11 P, EU:C:2013:32, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

46      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la portata della competenza estesa al merito, riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE, quest’ultima autorizza il giudice, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità irrogata (v. sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 193 e giurisprudenza ivi citata).

47      Per contro, la portata di tale competenza estesa al merito è strettamente limitata, a differenza del controllo di legittimità previsto all’articolo 263 TFUE, alla determinazione dell’importo dell’ammenda (v. sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

A.      Sulle domande di annullamento dell’articolo 1 della decisione impugnata e, in subordine, dell’articolo 1, lettera b), di detta decisione

48      A sostegno delle loro domande di annullamento dell’articolo 1 della decisione impugnata e, in subordine, dell’articolo 1, lettera b), di detta decisione, le ricorrenti deducono cinque motivi.

49      Il primo motivo riguarda la qualificazione come infrazione per oggetto adottata dalla Commissione.

50      Con il secondo, terzo e quarto motivo, le ricorrenti contestano la qualificazione come infrazione unica e continuata adottata dalla Commissione. Il secondo motivo verte sulla conclusione della Commissione secondo la quale gli accordi collusivi conclusi da HSBC e dalle altre parti facevano parte di un piano d’insieme che perseguiva un unico obiettivo. Il terzo e il quarto motivo riguardano, rispettivamente, l’intenzione di HSBC di contribuire alla realizzazione di tale obiettivo e la sua conoscenza del comportamento degli altri partecipanti all’infrazione.

51      Il quinto motivo riguarda l’adozione della decisione impugnata successivamente a una decisione di transazione in cui la Commissione avrebbe già preso posizione sulla partecipazione di HSBC all’infrazione di cui trattasi. Le ricorrenti ne deducono che la Commissione ha violato i principi della presunzione di innocenza e di buona amministrazione, nonché i diritti della difesa.

1.      Sul primo motivo, vertente sulla qualificazione come infrazione per oggetto ai sensi dellarticolo 101, paragrafo 1, TFUE

52      Quando è in discussione la qualificazione come infrazione per oggetto applicata dalla Commissione, occorre rammentare che, per rientrare nel divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, un accordo, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata devono avere «per oggetto o per effetto» di impedire, restringere o falsare la concorrenza nel mercato interno.

53      A tal proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta che alcune forme di coordinamento tra imprese rivelano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario (sentenze dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 49, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 113; v. altresì, in tal senso, sentenza del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C‑32/11, EU:C:2013:160, punto 34).

54      La distinzione tra «infrazioni per oggetto» e «infrazioni per effetto» si fonda sul fatto che talune forme di collusione tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (sentenze dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 50, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 114; v. altresì, in tal senso, sentenza del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C‑32/11, EU:C:2013:160, punto 35).

55      È quindi pacifico che la probabilità che certi comportamenti collusivi, quali quelli che portano alla fissazione orizzontale dei prezzi da parte di cartelli, abbiano effetti negativi, in particolare, sul prezzo, sulla quantità o sulla qualità dei prodotti e dei servizi è talmente alta che può essere ritenuto inutile, ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dimostrare che tali comportamenti abbiano effetti concreti sul mercato. L’esperienza, infatti, mostra che tali comportamenti determinano riduzioni della produzione e aumenti dei prezzi, dando luogo ad una scorretta allocazione delle risorse a detrimento, in particolare, dei consumatori (sentenze dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 51, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 115).

56      Nel caso in cui l’analisi di un tipo di coordinamento tra imprese non presenti un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza, occorrerà, per contro, esaminarne gli effetti e, per vietarlo, esigere che ricorrano tutti gli elementi comprovanti che il gioco della concorrenza è stato, di fatto, impedito, ristretto o falsato in modo significativo (sentenze del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C‑32/11, EU:C:2013:160, punto 34; dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 52, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 116).

57      A mente della giurisprudenza della Corte, per valutare se un accordo tra imprese o una decisione di associazione di imprese presentino un grado sufficiente di dannosità per essere considerati come una restrizione della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, occorre riferirsi al tenore delle loro disposizioni, agli obiettivi che essi mirano a raggiungere, nonché al contesto economico e giuridico nel quale essi si collocano. Nella valutazione di tale contesto occorre prendere in considerazione anche la natura dei beni o dei servizi coinvolti e le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione (sentenze dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 53, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 117; v. altresì, in tal senso, sentenza del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C‑32/11, EU:C:2013:160, punto 36).

58      Inoltre, sebbene l’intenzione delle parti non costituisca un elemento necessario per determinare la natura restrittiva di un accordo tra imprese, nulla vieta alle autorità garanti della concorrenza o ai giudici nazionali e dell’Unione di tenerne conto (sentenze del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C‑32/11, EU:C:2013:160, punto 37; dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 54, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 118).

59      Per quanto riguarda, in particolare, lo scambio di informazioni tra concorrenti, occorre ricordare che i criteri del coordinamento e della collaborazione, costitutivi di una pratica concordata, devono essere intesi alla luce della concezione inerente alle norme del Trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve determinare autonomamente la condotta che intende seguire sul mercato comune (sentenze del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 32, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 119).

60      Se è vero che la suddetta esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o atteso dei loro concorrenti, nondimeno essa vieta rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti, diretti o indiretti, in grado di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, oppure di rivelare a tale concorrente il comportamento che si intende tenere, o che si prevede di tenere, sul mercato, qualora tali contatti abbiano per oggetto, o producano l’effetto, di realizzare condizioni di concorrenza diverse da quelle normali nel mercato in questione, tenuto conto della natura dei prodotti o delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese e del volume di detto mercato (sentenze del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 33, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 120).

61      La Corte ha così dichiarato che lo scambio di informazioni tra concorrenti poteva risultare contrario alle regole della concorrenza qualora riducesse o annullasse il grado d’incertezza in ordine al funzionamento del mercato di cui trattasi, con conseguente restrizione della concorrenza tra le imprese (sentenze del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punto 89; del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 35, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 121).

62      In particolare, si deve ritenere che abbia un oggetto anticoncorrenziale uno scambio di informazioni che sia idoneo a eliminare talune incertezze nei soggetti coinvolti in relazione al momento, alla portata e alle modalità dell’adeguamento del comportamento sul mercato che le imprese interessate porranno in essere (sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 122; v. altresì, in tal senso, sentenza del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 41).

63      Peraltro, una pratica concordata può avere un oggetto anticoncorrenziale nonostante essa sia priva di collegamenti diretti con i prezzi al dettaglio. Infatti, la formulazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE non è tale da indurre a ritenere che siano vietate unicamente quelle pratiche concordate che abbiano effetti diretti sul prezzo pagato dai consumatori finali (sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 123; v. altresì, in tal senso, sentenza del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 36).

64      Per contro, da tale articolo 101, paragrafo 1, lettera a), TFUE si evince che una pratica concordata può avere un oggetto anticoncorrenziale qualora consista nel «fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione» (sentenze del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 37, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 124).

65      In ogni caso, l’articolo 101 TFUE, come le altre regole in materia di concorrenza enunciate nel Trattato, non è destinato a tutelare soltanto gli interessi immediati dei concorrenti o dei consumatori, ma anche la struttura del mercato e, in tal modo, la concorrenza in quanto tale. Pertanto, l’accertamento della sussistenza dell’oggetto anticoncorrenziale di una pratica concordata non può essere subordinato all’accertamento di un legame diretto di quest’ultima con i prezzi al dettaglio (sentenze del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punti 38 e 39, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 125).

66      Infine, si deve ricordare che dalla lettera stessa dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE risulta che la nozione di pratica concordata implica, oltre alla concertazione tra le imprese interessate, un comportamento sul mercato che dia seguito a tale concertazione e un nesso causale tra questi due elementi (sentenze del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 51, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 126).

67      A tal proposito, la Corte ha considerato che si doveva presumere, salvo prova contraria che spettava agli operatori interessati fornire, che le imprese partecipanti alla concertazione e che restano attive sul mercato tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti nel determinare il proprio comportamento su tale mercato. In particolare, la Corte ha concluso che una pratica concordata quale innanzi definita rientrava nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE anche in assenza di effetti anticoncorrenziali su detto mercato (sentenze del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 51, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 127).

68      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare il primo motivo, con il quale le ricorrenti contestano la qualificazione come infrazione per oggetto applicata a ciascuna delle categorie di comportamenti censurati dalla Commissione. Esse suddividono il loro argomento in due parti, a seconda che esso verta, da un lato, sui comportamenti collegati alla manipolazione delle comunicazioni Euribor del 19 marzo 2007 e, dall’altro, su comportamenti non collegati a tale manipolazione, vale a dire scambi fra i traders di HSBC e traders di altre banche sulle posizioni di trading o sui loro prezzi mediani.

69      All’articolo 1 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’articolo 101 TFUE fosse stato violato a causa di un’infrazione consistente «in accordi e/o pratiche concordate aventi lo scopo di falsare il corso normale delle componenti dei prezzi nel settore [degli EIRD]».

70      Tali accordi e/o pratiche concordate contestati alle banche, tra cui HSBC, sono stati descritti ai punti 113, 358 e 392 della decisione impugnata. Come sottolineano correttamente le ricorrenti, i medesimi possono essere classificati in tre gruppi a seconda che vertano, in primo luogo, sulla manipolazione delle comunicazioni Euribor [punti 113 e 358 e punto 392, lettera a): scambi vertenti sulle loro preferenze per un livello di tassi dell’Euribor; punti 113 e 358 e punto 392, lettera d): scambi vertenti sulla possibilità di allineare le comunicazioni Euribor; punti 113 e 358 e punto 392, lettera e): contatto, attraverso il trader coinvolto, con il responsabile delle comunicazioni Euribor all’interno della sua banca; punti 113 e 358 e punto 392, lettera f): accordi per rendere conto dei tentativi diretti a influenzare le comunicazioni Euribor]; in secondo luogo, su scambi concernenti posizioni di trading per quanto riguarda gli EIRD [punti 113 e 358 e punto 392, lettera b): scambi concernenti le loro rispettive posizioni di trading/esposizioni; punti 113 e 358 e punto 392, lettera c): scambi concernenti la possibilità di allineare le loro posizioni di trading] e, in terzo luogo, su scambi riguardanti informazioni dettagliate non accessibili al pubblico sulle loro intenzioni e strategie in materia di prezzi degli EIRD [punti 113 e 358 e punto 392, lettera g)].

71      Il Tribunale considera che occorre trattare in via preliminare due osservazioni della Commissione e delle ricorrenti.

72      In primo luogo, la Commissione fa valere che le ricorrenti contestano erroneamente i diversi comportamenti addebitati a HSBC su base individuale e mette in evidenza la loro interdipendenza. In sostanza, essa fa valere che è artificioso distinguere a seconda che siano in discussione la manipolazione del 19 marzo 2007, scambi relativi alle posizioni di trading e scambi riguardanti informazioni dettagliate non accessibili al pubblico sulle loro intenzioni e strategie in materia di prezzi degli EIRD, nella specie i prezzi mediani degli EIRD.

73      Tale censura non può essere, tuttavia, accolta. Infatti, la distinzione effettuata dalle ricorrenti si limita a riprendere quella operata dalla Commissione nella decisione impugnata e richiamata al precedente punto 70. Inoltre, dai punti 365, 387, 393 e 442 della decisione impugnata risulta, in particolare, che la Commissione ha ritenuto che tali comportamenti mirassero a restringere la concorrenza non solo collettivamente, ma anche su base individuale.

74      In secondo luogo, le ricorrenti osservano che, in taluni punti della motivazione della decisione impugnata, la Commissione non giustifica unicamente l’esistenza di un oggetto restrittivo della concorrenza in quanto le pratiche di cui trattasi avrebbero falsato il corso normale delle componenti dei prezzi nel settore degli EIRD, ma anche con riferimento a una distorsione di altre condizioni di transazione degli EIRD ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, lettera a), TFUE. Esse fanno valere che, poiché siffatta qualificazione non figura all’articolo 1 della decisione impugnata, essa non può essere presa in considerazione al fine di giustificare la qualificazione come restrizione per oggetto adottata dalla Commissione.

75      La Commissione sostiene che la formulazione del dispositivo della decisione impugnata non osta a che essa si basi sulla conclusione dell’esistenza di una distorsione di altre condizioni di transazione, poiché nei punti della decisione essa è chiaramente esposta.

76      Si deve ricordare che il dispositivo di un atto è indissociabile dalla sua motivazione e va pertanto interpretato, se necessario, tenendo conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione (v. ordinanza del 30 aprile 2007, EnBW Energie Baden‑Württemberg/Commissione, T‑387/04, EU:T:2007:117, punto 127 e giurisprudenza ivi citata). Se è vero che solo il dispositivo di una decisione è idoneo a produrre effetti giuridici, tuttavia le valutazioni espresse nella motivazione di una decisione possono essere sottoposte al sindacato di legittimità del giudice dell’Unione qualora, in quanto motivazione di un atto recante pregiudizio, costituiscano il fondamento necessario del dispositivo di tale atto o qualora tale motivazione sia idonea a modificare i termini del dispositivo dell’atto di cui trattasi (v. sentenza del 1° luglio 2009, KG Holding e a./Commissione, da T‑81/07 a T‑83/07, EU:T:2009:237, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

77      Pertanto, dal momento che la Commissione ha messo in evidenza a sostegno della sua conclusione dell’esistenza di restrizioni della concorrenza non solo il coordinamento e/o la fissazione dei prezzi, ma anche la distorsione di altre condizioni di transazione nel settore degli EIRD, in particolare nei punti 384, 388, 393, 415, 423 e 488 della decisione impugnata, nulla osta, in linea di principio, a che tale ragionamento sia preso in considerazione al fine di valutare la legittimità dell’articolo 1 della decisione impugnata, sebbene quest’ultimo non faccia esplicito riferimento alle suddette condizioni di transazione.

a)      Sulla prima parte del motivo, che contesta la qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto applicata alla manipolazione dellEuribor del 19 marzo 2007

78      Le ricorrenti fanno valere, in via preliminare, che le banche si fanno concorrenza nel mercato degli EIRD solo al momento della conclusione di tali contratti e solo sulla base del tasso fisso che ne costituisce il prezzo. Esse ritengono che la tesi della Commissione, secondo la quale l’obiettivo di un EIRD che le parti si prefiggono sarebbe quello di ottimizzare il loro flusso di cassa, omette le attività di market making e di copertura dei rischi. Esse considerano che la causa in esame si distingue da quella che ha dato luogo alla sentenza del 10 novembre 2017, Icap e a./Commissione (T‑180/15, EU:T:2017:795), in cui l’importanza delle attività di market making non è stata discussa, mentre ne risulterebbe che, per le banche che agiscono in tale veste, il tasso fisso si determina in modo diverso e la concorrenza ha luogo soltanto sulla base di detto tasso fisso.

79      Per quanto riguarda la manipolazione del 19 marzo 2007, le ricorrenti riconoscono, in sostanza, che quest’ultima aveva l’obiettivo di far diminuire l’Euribor‑3M il 19 marzo 2017 e che, in tale ambito, un trader di Barclays ha sollecitato un trader di HSBC affinché chiedesse alla persona incaricata delle comunicazioni dei tassi di presentare un’offerta bassa il 19 marzo 2017, ciò che è avvenuto. Tuttavia, da un lato, esse negano che tale manipolazione abbia avuto l’obiettivo di falsare le componenti dei prezzi e/o delle condizioni di transazione degli EIRD e, dall’altro, sostengono che l’obiettivo di manipolazione dei flussi di cassa non riveste carattere anticoncorrenziale.

80      In primo luogo, le ricorrenti negano che tale manipolazione abbia avuto come scopo il coordinamento e/o la fissazione di componenti dei prezzi degli EIRD, come sottolineato dalla Commissione al punto 411 della decisione impugnata, in quanto essa riguarda il tasso variabile degli EIRD, mentre il prezzo di questi ultimi è costituito dal tasso fisso. L’Euribor‑3M non costituirebbe neppure un fattore rilevante ai fini della determinazione del prezzo degli EIRD o una componente di tale prezzo. A tal riguardo, esse sostengono che la tesi della Commissione, secondo la quale il tasso variabile è un elemento della determinazione del tasso fisso al momento della conclusione di nuovi EIRD, si fonda necessariamente sulla conclusione di nuovi contratti a seguito della manipolazione. Basandosi su una perizia economica effettuata su loro richiesta, esse sostengono che sarebbe stato svantaggioso per i traders interessati adeguare le loro posizioni di trading a seconda della manipolazione prevista. Esse ne deducono che il punto 411 della decisione impugnata è viziato da un errore di diritto, da un errore manifesto di valutazione o da un’insufficienza di motivazione.

81      In secondo luogo, le ricorrenti sottolineano che la decisione impugnata sembra implicare che la manipolazione del 19 marzo 2007 – oltre a una fissazione dei prezzi – costituirebbe uno scambio di informazioni sulle intenzioni dei traders avente come conseguenza una riduzione dell’incertezza inerente al mercato degli EIRD. Esse sostengono che la Commissione non ha fornito la prova di tale comportamento riguardo ai traders di HSBC. Non sarebbe dimostrato che detti traders abbiano beneficiato di un’asimmetria informativa che avrebbe consentito loro di proporre migliori condizioni rispetto ai concorrenti. Esse negano di essere tenute a dimostrare che la concertazione non ha influito in alcun modo sul comportamento di HSBC e ricordano che spetta alla Commissione dimostrare l’esistenza di uno scopo anticoncorrenziale.

82      In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che la menzione, al punto 388 della decisione impugnata, secondo la quale la manipolazione costituisce una fissazione delle condizioni di transazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, lettera a), TFUE non può essere presa in considerazione in quanto non figura nel dispositivo della decisione impugnata. Esse aggiungono che tale aspetto del ragionamento della Commissione è, in ogni caso, viziato da un’insufficienza di motivazione, in quanto non viene fornita alcuna spiegazione. Tale menzione sarebbe anche errata in quanto non sono in discussione i diritti e gli obblighi delle parti in forza di un contratto.

83      In quarto luogo, le ricorrenti sostengono che l’obiettivo di manipolazione dei flussi di cassa non ha natura anticoncorrenziale, in quanto non è stato raggiunto mediante un accordo restrittivo della concorrenza fra traders. Esse ricordano che la concorrenza nel mercato degli EIRD avviene al momento della loro conclusione e non a livello dei flussi di cassa che essi versano o ricevono a titolo degli EIRD. In sostanza, esse negano che i flussi di cassa possano avere un effetto indiretto sul prezzo degli EIRD.

84      La Commissione chiede il rigetto della presente parte del motivo.

85      È in discussione nella presente parte del motivo la qualificazione di oggetto restrittivo della concorrenza applicata alla manipolazione dell’Euribor del 19 marzo 2007. La partecipazione materiale di HSBC a tale manipolazione è prevista, in particolare, ai punti 271, 275, 289, 322, 328 e 329 della decisione impugnata.

86      Ne risulta, in sostanza, che tale comportamento è consistito nella presentazione di offerte basse il 19 marzo 2007 a titolo dell’Euribor‑3M al fine di ridurre detto tasso in tale data, per ottenere un guadagno su una categoria di prodotti derivati in scadenza in tale data attraverso la differenza di tasso (lo «spread») con prodotti derivati indicizzati all’EONIA.

87      Più in particolare, tale manipolazione si basava principalmente sulla manipolazione di un tipo di EIRD, i contratti a termine («futures») su tassi di interesse indicizzati all’Euribor‑3M. In sostanza, con questo tipo di contratto, una parte, qualificata come acquirente, riceve il tasso fisso stabilito al momento del contratto, mentre la controparte, qualificata come venditore, riceve il tasso variabile. La manipolazione consisteva nell’adottare progressivamente un’esposizione «di acquisto» particolarmente importante, per la quale, quindi, la banca riceve il tasso fisso e versa il tasso variabile e, con un’azione concordata, nel ridurre il livello del tasso variabile alla data di scadenza.

88      Il riferimento ai prodotti derivati indicizzati all’EONIA attiene al fatto che i partecipanti all’intesa coprivano le loro esposizioni «di acquisto» sui «futures» indicizzati all’Euribor‑3M con esposizioni contrarie: ossia, nel caso di specie, un contratto di «swap» che aveva la stessa scadenza e indicizzato all’EONIA. Come menzionato al precedente punto 14, l’EONIA è un tasso quotidiano calcolato dalla BCE.

89      Pertanto, facendo diminuire artificialmente il tasso dell’Euribor rispetto a quello dell’EONIA il 19 marzo 2007, le banche partecipanti all’intesa potevano attendersi un guadagno finanziario.

90      Dai punti 257 e 258 della decisione impugnata risulta che l’idea di tale manipolazione risale almeno al 1° febbraio 2007, nel corso delle discussioni fra traders di Deutsche Bank, di Barclays e della Société générale. Dal punto 271 di detta decisione risulta che, il 12 febbraio 2007, un trader di Barclays ha informato un trader di HSBC di tale piano e dal punto 275 della medesima decisione risulta che il giorno dopo ha avuto luogo anche una discussione in merito a tale manipolazione. Al punto 289 della decisione impugnata si fa riferimento a una conversazione del 28 febbraio 2007 tra i due stessi traders vertente sulla riduzione dello «spread» tra l’Euribor‑3M e l’EONIA. Infine, al punto 322 della decisione impugnata si fa riferimento a una discussione del 19 marzo 2007 con la quale il trader di Barclays prega il trader di HSBC di chiedere ai responsabili delle comunicazioni delle offerte della stessa banca di presentare una quotazione Euribor‑3M particolarmente bassa, ciò che quest’ultimo avrebbe fatto con successo.

91      Le ricorrenti non contestano la rilevanza dei fatti accertati dalla Commissione. Esse ritengono piuttosto che questi ultimi non siano idonei a giustificare la qualificazione come infrazione per oggetto adottata dalla Commissione.

92      Dal punto 384 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha ritenuto che la manipolazione del 19 marzo 2007 aveva lo scopo di influire sui flussi di cassa dovuti a titolo degli EIRD in senso favorevole alle parti di detta manipolazione. Al punto 411 della decisione impugnata, in risposta a un argomento delle ricorrenti che confutava la qualificazione come infrazione per oggetto dei comportamenti imputati a HSBC, essa ha sottolineato, in sostanza, che l’Euribor determinava direttamente i flussi di cassa dovuti a titolo della «gamba variabile» degli EIRD ed era altresì pertinente ai fini della determinazione dei flussi di cassa dovuti a titolo della «gamba fissa» degli EIRD, in quanto veniva preso indirettamente in considerazione al momento della determinazione del tasso fisso attraverso la curva di rendimento, la quale si basava sui tassi variabili previsti.

93      Al punto 394 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato che l’insieme dei comportamenti descritti al punto 392 della sua decisione, ivi compresa la manipolazione del 19 marzo 2007, restringeva la concorrenza mediante la creazione di un’asimmetria informativa tra gli operatori del mercato, dal momento che i partecipanti all’infrazione, da un lato, si trovavano nella posizione migliore per conoscere in anticipo, con una certa precisione, il livello al quale l’Euribor sarebbe stato fissato o doveva essere fissato dai loro concorrenti che agivano in collusione e, dall’altro, sapevano se l’Euribor in una data specifica fosse fissato o meno a un livello artificioso.

94      Siffatto ragionamento non contiene alcun errore di diritto o di valutazione.

95      A tal proposito, occorre rilevare che l’incidenza della manipolazione dell’Euribor sui flussi di cassa generati dai prodotti derivati di cui trattasi risulta ovvia. Il 19 marzo 2007 i partecipanti hanno ridotto artificialmente i tassi dell’Euribor in modo tale che le somme che essi dovevano pagare per la «gamba variabile» dei «futures» indicizzati all’Euribor fossero più basse.

96      Pertanto, quando i traders di HSBC hanno negoziato la «gamba fissa» di tali «futures», vale a dire il tasso fisso che disciplinava i pagamenti che avrebbero ricevuto, erano in grado di farlo sapendo che il tasso variabile, che disciplinava i pagamenti che avrebbero dovuto effettuare, sarebbe stato basso. Essi potevano quindi proporre un tasso più competitivo di quello dei loro concorrenti, in quanto sapevano che i flussi di cassa collegati a tali contratti sarebbero rimasti positivi.

97      Tale comportamento ha necessariamente ristretto la concorrenza a loro vantaggio e a scapito degli altri operatori del mercato. Ciò vale non solo per le loro controparti, alle quali sono stati artificialmente ridotti i pagamenti ricevuti a titolo della «gamba variabile» degli EIRD, ma anche per le banche che intendevano assumere una posizione «di acquisto» sul tipo di EIRD in questione, ma che non hanno concluso la transazione a causa del tasso più competitivo proposto dai partecipanti alla manipolazione. Siffatta manipolazione è avvenuta anche a scapito degli operatori del mercato che, non essendo al corrente di detta manipolazione, hanno assunto posizioni di trading contrarie a quelle di HSBC e di Barclays. A tal riguardo, si può rilevare che i termini utilizzati dai traders di queste due banche in una conversazione telefonica che si è svolta immediatamente dopo la manipolazione del 19 marzo 2007, menzionata al punto 329 della decisione impugnata, sono inequivocabili quanto alla percezione, da parte di questi due traders, degli effetti negativi della loro manipolazione sui loro concorrenti.

98      I vari argomenti dedotti dalle ricorrenti non sono tali da rimettere in discussione la fondatezza di tale conclusione.

99      La prima serie di argomenti dedotta dalle ricorrenti consiste nel sostenere che la manipolazione dell’Euribor non può costituire una restrizione della concorrenza, in quanto, in sostanza, sussisterebbe un rapporto di concorrenza tra le banche solo al momento della conclusione degli EIRD e solo in base al tasso previsto per la loro «gamba fissa», il quale costituirebbe solo il «prezzo» degli EIRD.

100    Siffatta censura si basa sul presupposto che la conclusione degli EIRD si verificherebbe solo in base a una concorrenza riguardo al tasso fisso. Tuttavia, come giustamente rilevato dalla Commissione nella decisione impugnata, i flussi di cassa generati da un EIRD derivano dalla compensazione dei pagamenti dovuti a titolo della «gamba fissa» e della «gamba variabile» dell’EIRD. Pertanto, un trader non solo sarà in grado di migliorare i flussi di cassa a titolo degli EIRD in corso, attraverso una manipolazione del tasso di riferimento in funzione della sua posizione complessivamente debitrice o creditrice, ma sarà anche in grado di negoziare il tasso fisso dei contratti che conclude disponendo di informazioni privilegiate per quanto riguarda il tasso variabile applicabile alle date pertinenti per la determinazione dei flussi di cassa. La sua posizione concorrenziale può solo essere migliorata rispetto a quella dei concorrenti che non dispongono di siffatta informazione.

101    Le ricorrenti sostengono che non sarebbe stato nell’interesse delle banche partecipanti alla manipolazione del 19 marzo 2007 adattare le loro posizioni di trading in funzione di tale manipolazione, riferendosi ai punti da 347 a 351 della perizia economica (v. supra, punto 80). Tuttavia, tale argomento nonché i passaggi pertinenti di detta perizia contengono solo considerazioni generali in cui si sostiene che non sarebbe nell’interesse delle banche proporre migliori termini rispetto a quelli dei loro concorrenti per il fatto che ciò ridurrebbe la redditività degli EIRD. Essa non consente di inficiare il fatto che, beneficiando di informazioni privilegiate sul tasso variabile che si applicherà nelle date pertinenti, un trader è in grado di determinare il tasso fisso che ritiene opportuno proporre, da un lato, al fine di garantire la redditività dell’EIRD, vale a dire che esso genererà flussi di cassa positivi per la sua banca e negativi per la sua controparte e, dall’altro, affinché detto tasso fisso appaia più interessante per la controparte di quello offerto dai suoi concorrenti.

102    A tal riguardo, occorre rilevare che non esiste alcun contrasto tra, da un lato, la possibilità per le banche interessate di proporre migliori condizioni rispetto ai loro concorrenti e, dall’altro, la qualificazione come infrazione per oggetto. Infatti, nelle circostanze del caso di specie, tale possibilità costituisce piuttosto la manifestazione dell’alterazione del processo concorrenziale nel mercato degli EIRD a favore delle sole banche che hanno partecipato alla collusione.

103    Tale conclusione è tanto più fondata in considerazione delle caratteristiche della manipolazione del 19 marzo 2007. Ne risulta che era nell’interesse delle banche modificare la loro posizione di trading ai fini di tale manipolazione mediante l’acquisto di esposizioni «di acquisto» quanto più possibile rilevanti sui «futures» indicizzati all’Euribor‑3M nella prospettiva della diminuzione orchestrata di tale tasso. A tal riguardo, è significativo il fatto che, nel corso della conversazione telefonica fra il trader di HSBC e quello di Barclays, tenutasi il 19 marzo 2007 direttamente dopo la manipolazione e menzionata al punto 329 della decisione impugnata, il trader di HSBC sembra pentirsi di non aver approfittato della manipolazione tanto quanto quello di Barclays, che aveva costruito una posizione «di acquisto» più rilevante.

104    Pertanto, e tenuto conto dell’importanza dell’Euribor nella determinazione dei flussi di cassa dovuti a titolo di tali contratti, si deve respingere questa prima serie di argomenti volti a dimostrare che la Commissione sarebbe incorsa in un errore nel concludere che il comportamento diretto a manipolare il tasso dell’Euribor‑3M alla data del 19 marzo 2007 aveva un oggetto restrittivo della concorrenza. Ne deriva inoltre che il Tribunale è stato in grado di esercitare il controllo di legittimità e che tale aspetto del ragionamento della Commissione non è, pertanto, viziato da un’insufficienza di motivazione, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti.

105    Nell’ambito di una seconda serie di argomenti le ricorrenti contestano alla Commissione di essersi concentrata unicamente sulla negoziazione per conto proprio degli EIRD, omettendo il fatto che HSBC negoziava EIRD a fini di copertura dei rischi e di market making.

106    La nozione di «market maker» è stata definita al punto 40 della decisione impugnata come segue: «[i] market makers sono privati o società che si dichiarano in grado e desiderosi di vendere o di acquistare prodotti finanziari, quali titoli o prodotti finanziari derivati, a prezzi determinati da essi stessi in modo generale e continuativo (per mezzo di prezzi fissi di acquisto e di vendita) piuttosto che per ciascuna operazione specifica». Tale definizione non viene contestata dalle ricorrenti.

107    Nei limiti in cui intervengono in modo generale e continuativo nel mercato degli EIRD, i «market makers» concludono un numero maggiore di transazioni rispetto agli altri operatori del mercato, sempre con l’obiettivo di realizzare un profitto. L’argomento delle ricorrenti è che tale ricerca del profitto, per quanto riguarda un market maker, si verificherebbe principalmente attraverso la differenza tra i prezzi di acquisto e di vendita dei numerosi contratti da esso conclusi, vale a dire la differenza tra l’insieme delle sue posizioni «di acquisto» e «di vendita», anziché attraverso la differenza tra il tasso fisso e il tasso variabile di ciascun contratto.

108    Tuttavia, sebbene un market maker possa ricavare un utile sfruttando la differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita degli EIRD, ciò non esclude la ricerca di un profitto basato sulla differenza tra il tasso fisso e il tasso variabile di uno stesso EIRD. Infatti, risulta poco plausibile che un trader che negozia un numero particolarmente elevato di contratti non tenga conto della prospettiva di quale sarà il tasso variabile, quando propone un prezzo basato sul tasso fisso.

109    Inoltre, la qualità di «market maker» del trader di HSBC rafforza il carattere poco plausibile dell’argomento delle ricorrenti relativo al fatto che non sarebbe stato nell’interesse di HSBC adeguare le sue posizioni di trading in funzione della manipolazione del 19 marzo 2007, argomento al quale si è risposto ai precedenti punti da 101 a 103. Infatti, accettare un livello più basso di redditività per transazione è del tutto logico nella prospettiva della conclusione di un maggior numero di operazioni.

110    Infine, per quanto riguarda il risalto dato dalle ricorrenti al fatto che gli EIRD sarebbero conclusi anche a fini di copertura dei rischi, è sufficiente sottolineare che siffatto utilizzo degli EIRD nulla toglie alla circostanza che gli EIRD possono anche essere utilizzati dai market makers a fini speculativi, come ricordato dalla Commissione al punto 38 della decisione impugnata.

111    Alla luce di quanto precede, occorre respingere la seconda serie di argomenti dedotti dalle ricorrenti e concludere che la Commissione ha ritenuto correttamente che la manipolazione del 19 marzo 2007, alla quale HSBC ha partecipato, potesse essere qualificata come infrazione per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

112    Nell’ambito di una terza serie di argomenti le ricorrenti criticano la qualificazione come fissazione delle condizioni di transazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, lettera a), TFUE, parimenti applicata dalla Commissione alla manipolazione del 19 marzo 2017.

113    Tuttavia, poiché la qualificazione come infrazione per oggetto applicata alla manipolazione del 19 marzo 2017 è sufficientemente giustificata per le ragioni esposte ai precedenti punti da 94 a 111, tali argomenti devono essere respinti in quanto inoperanti. Infatti, nei loro confronti, è possibile applicare la costante giurisprudenza secondo la quale, quando taluni motivi di una decisione sono, di per sé, tali da giustificarla adeguatamente, i vizi da cui potrebbero essere inficiati altri punti della motivazione dell’atto sono comunque ininfluenti sul suo dispositivo (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 12 luglio 2001, Commissione e Francia/TF1, C‑302/99 P e C‑308/99 P, EU:C:2001:408, punto 27, e del 12 dicembre 2006, SELEX Sistemi Integrati/Commissione, T‑155/04, EU:T:2006:387, punto 47).

114    Alla luce di quanto precede, la prima parte del motivo deve essere respinta.

b)      Sulla seconda parte del motivo, vertente sulla qualificazione come infrazione per oggetto applicata agli altri comportamenti contestati a HSBC

115    Nell’ambito della presente parte del motivo le ricorrenti contestano la qualificazione come infrazione per oggetto applicata dalla Commissione a comportamenti che non riguardano la manipolazione dell’Euribor del 19 marzo 2007 e sono presi in considerazione nella decisione impugnata sotto la terminologia di scambi vertenti, da un lato, su «posizioni di trading» e, dall’altro, su «informazioni dettagliate non accessibili al pubblico sulle loro intenzioni e strategie in materia di prezzi degli EIRD». Per quanto riguarda tale seconda categoria, sono stati rilevati, riguardo a HSBC, scambi che avrebbero avuto ad oggetto i «prezzi mediani» degli EIRD.

116    Esse osservano che gli scambi di cui trattasi nella presente parte del motivo si limitano a sei discussioni online avvenute tra il 12 febbraio e il 27 marzo 2007, non riguardanti la manipolazione dell’Euribor.

117    Esse sostengono che le discussioni descritte nella decisione impugnata come scambi su posizioni di trading non erano sufficienti per consentire ai traders in questione di coordinare le loro posizioni di trading. Le ricorrenti contestano la valutazione, da parte della Commissione, delle discussioni del 12 e 16 febbraio, nonché del 9 e 14 marzo 2007.

118    Per quanto riguarda le discussioni descritte nella decisione impugnata come scambi su strategie in materia di prezzi, le ricorrenti negano che il prezzo mediano costituisca un «prezzo», un «listino prezzi» o una «componente del prezzo», tale da consentire detta qualificazione e sostengono che il prezzo mediano non costituisce un’informazione di natura riservata e che siffatte discussioni hanno una dimensione proconcorrenziale. Esse contestano la valutazione, da parte della Commissione, delle discussioni del 14 e 16 febbraio 2007.

119    La Commissione ribatte che gli elementi contestati nell’atto introduttivo del ricorso non sono gli unici esempi di scambi di informazioni sensibili ai quali HSBC avrebbe partecipato.

120    Essa sottolinea, per quanto riguarda le discussioni descritte nella decisione impugnata come scambi su posizioni di trading, che, se è vero che talune di esse sono direttamente collegate alla manipolazione del 19 marzo 2007, esse mirano, in quanto tali, ad influenzare i flussi di cassa per gli EIRD falsando il normale svolgimento della concorrenza.

121    Per quanto riguarda le discussioni descritte nella decisione impugnata come scambi su strategie in materia di prezzi, la Commissione ritiene che i prezzi mediani consentano di prevedere i prezzi di acquisto e di vendita e, pertanto, che tali scambi riducano l’incertezza quanto al probabile livello di tali prezzi, e che lo svolgimento di tali discussioni non corrisponda alle normali condizioni di funzionamento del mercato di cui trattasi e non sia favorevole ai consumatori.

122    Essa ribadisce la valutazione, effettuata nella decisione impugnata, sulle discussioni del 12, 14 e 16 febbraio, nonché del 9 e 14 marzo 2007.

123    In via preliminare, occorre rilevare che, sebbene dall’esame della prima parte del presente motivo risulti che la partecipazione di HSBC a un’infrazione per oggetto è sufficientemente dimostrata, l’esame di questa seconda parte conserva tuttavia la sua pertinenza. Infatti, l’esistenza di altri comportamenti anticoncorrenziali in capo a HSBC è pertinente per quanto riguarda la valutazione della gravità dell’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE commessa da HSBC, nonché, di conseguenza, la proporzionalità dell’ammenda che le è stata inflitta. Infatti, tra gli elementi che possono rientrare nella valutazione della gravità di un’infrazione figurano il numero e l’intensità dei comportamenti anticoncorrenziali (v., in tal senso, sentenze dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 57 e giurisprudenza ivi citata, e del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 197).

124    Il Tribunale rileva che l’argomento delle ricorrenti può essere suddiviso in due censure, a seconda che esso verta sulla fondatezza della qualificazione come restrizione per oggetto applicata dalla Commissione alle discussioni che essa ha descritto, da un lato, come scambi sui prezzi mediani e, dall’altro, come scambi su posizioni di trading.

1)      Sulla censura che contesta la fondatezza della qualificazione come restrizione per oggetto applicata agli scambi sui prezzi mediani

125    Si tratta di due discussioni alle quali HSBC ha partecipato e che avrebbero riguardato i prezzi mediani (altresì qualificati come «mids» nella decisione impugnata) degli EIRD, svoltesi, rispettivamente, in data 14 febbraio 2007 (punti da 283 a 285 della decisione impugnata) e 16 febbraio 2007 (punti da 286 a 288 di detta decisione). Tali discussioni rientrano nella categoria dei comportamenti anticoncorrenziali previsti al punto 113, lettera g), al punto 358, lettera g), e al punto 392, lettera g), della decisione impugnata (scambi vertenti su informazioni dettagliate non accessibili al pubblico sulle loro intenzioni e strategie di fissazione dei prezzi degli EIRD).

126    Come per la manipolazione del 19 marzo 2007, la qualificazione come restrizione per oggetto di tali scambi è stata giustificata dalla Commissione, al punto 394 della decisione impugnata, con riferimento alla creazione di un’asimmetria informativa tra gli operatori del mercato, dal momento che i partecipanti all’infrazione, da un lato, si trovavano nella posizione migliore per conoscere in anticipo, con una certa precisione, il livello al quale l’Euribor sarebbe stato fissato o doveva essere fissato dai loro concorrenti che agivano in collusione e, dall’altro, sapevano se l’Euribor a una data specifica fosse fissato o meno a un livello artificiale.

127    Elementi di motivazione riguardanti, più precisamente, i prezzi mediani figurano in altri passaggi della decisione impugnata.

128    Così, al punto 32 della decisione impugnata viene sottolineato che i termini «run» o «mids», «spiegati in termini semplici (...) possono essere descritti come listini dei prezzi di un trader, di un desk di negoziazione o di una banca relativi a determinati prodotti finanziari standard». Al punto 34 di detta decisione, si menziona il fatto che il termine «mid» «fa riferimento al prezzo mediano o medio tra i prezzi di acquisto e di vendita (ad esempio, percepiti, modellizzati, quotati o negoziati) per un prodotto specifico[; e]ssi costituiscono spesso un’approssimazione attendibile del prezzo al quale un market maker negozierebbe con un cliente, in particolare quando il mercato è liquido e il divario acquirente/venditore (...) è ristretto».

129    Sempre al punto 34 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto riferimento alla circostanza che una banca le ha spiegato «che i traders di prodotti derivati utilizza[va]no i punti mediani sulle loro curve di rendimento per determinare i prezzi di acquisto o di vendita che avrebbero sottoposto al mercato[; se] conosce il prezzo mediano di un concorrente, benché non si tratti realmente del prezzo di transazione, un trader di prodotti derivati è maggiormente in grado di determinare i prezzi di acquisto e di vendita effettivi dei suoi concorrenti [(...); i] prezzi mediani sono utilizzati per stabilire i prezzi, gestire le posizioni di trading e valutare un portafoglio».

130    Al punto 419 della decisione impugnata la Commissione, in risposta agli argomenti delle ricorrenti, ha rilevato che il prezzo mediano costituiva la stima, da parte di ciascun trader, del prezzo reale dell’EIRD e che vi erano tante stime del prezzo mediano quanti erano gli operatori del mercato «dato che il mid rappresenta[va] una percezione individuale del prezzo, e rivela[va] di conseguenza un’intenzione di prezzo». A tal riguardo, essa ha ricordato che le ricorrenti stesse avevano sottolineato che il «prezzo di vendita» [era] in genere leggermente fissato al di sopra del prezzo mediano e il prezzo di acquisto leggermente al di sotto di quest’ultimo e che le fluttuazioni del mid «tend[evano] a sfociare in una fluttuazione parallela, al contempo, dell’acquisto e dell’offerta» e che si trattava, pertanto, di un valore indicativo prossimo ai prezzi.

131    La Commissione ha altresì analizzato la questione della segretezza o meno delle informazioni scambiate e del grado di trasparenza del mercato.

132    Così, al punto 395 della decisione impugnata, la Commissione ha evidenziato che tali scambi andavano ben al di là di uno scambio di informazioni di dominio pubblico e avevano come obiettivo di aumentare la trasparenza tra le parti e, pertanto, di ridurre sensibilmente le normali incertezze inerenti al mercato, a vantaggio delle parti e a scapito degli altri operatori.

133    Parimenti, ai punti da 399 a 402 della decisione impugnata, la Commissione ha respinto l’argomento vertente sulla circostanza che le informazioni scambiate non avevano un carattere sensibile per il fatto che il pubblico vi aveva ampiamente accesso. Essa ha ritenuto che le informazioni esatte sulla quotazione non fossero ampiamente accessibili nel mercato degli EIRD, facendo valere che dal fascicolo risultava che informazioni non attendibili erano talvolta consapevolmente comunicate alle piattaforme pubbliche degli operatori del mercato e che i traders avevano bisogno delle informazioni sui prezzi fissati da altri traders per adeguare le proprie curve dei prezzi.

134    Al punto 403 della decisione impugnata, la Commissione non ha accolto l’argomento relativo alla finalità legittima di tali scambi, per il motivo, in sostanza, che questi ultimi non si inserivano nella prospettiva della conclusione di transazioni fra i traders interessati. Essa ha altresì evidenziato che scambi di tal genere tra market makers davano luogo ad una maggiore trasparenza tra gli stessi e non a vantaggio di tutti gli operatori del mercato.

135    Inoltre, al punto 431 della decisione impugnata, la Commissione ha smentito il fatto che talune caratteristiche del mercato degli EIRD, e in particolare la sua natura rapida e transitoria, implicassero che la collusione potrebbe avere luogo soltanto attraverso comunicazioni frequenti su dettagli specifici delle negoziazioni individuali, quali un’informazione precisa su future transazioni individuali. Essa ha ribadito che «le informazioni scambiate sui dettagli di transazione (prezzo e volumi) della maggior parte degli EIRD negoziati fuori borsa non erano pubbliche e [che] le informazioni esatte sono state utili ai traders».

136    La conversazione del 14 febbraio 2007 è prevista ai punti da 283 a 285 della decisione impugnata. Il trader di HSBC sottolinea, in tale conversazione, al trader di Barclays che il trader di Deutsche Bank pubblica taluni dei suoi prezzi sullo schermo Bloomberg, comunicazione a cui il trader di Barclays replica che tali prezzi sono solo indicativi. Successivamente, la decisione impugnata ricorda che «[il trader di Barclays] si informa poi sul prezzo esatto [del trader di HSBC] per agosto [(…); il trader di HSBC] risponde “4,012” e, poco prima di interrompere la conversazione online, precisa che, sul mercato, gli è stato proposto 4,005‑4,015». La Commissione deduce da tale conversazione che «[il trader di Barclays] chiede [al trader di HSBC] informazioni precise sulla fissazione dei prezzi al di fuori del contesto di una possibile transazione, domanda alla quale [il trader di HSBC] risponde (…)».

137    Per quanto riguarda la discussione del 16 febbraio 2007, ai punti da 286 a 288 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che «[il trader di HSBC] e [il trader di Barclays] si inform[assero] reciprocamente sui rispettivi prezzi medi per uno swap [indicizzato all’]EONIA (“T’as quoi 10/11 sp eonia?”) e per un [contratto su tassi a termine] (“et sur le 1011 Jsp fra?”). [Il trader di HSBC] non è sicuro del suo prezzo per lo swap EONIA (“je dois être à la rue (…) 4,06?” “g 4,0625 en mid”), ma [il trader di Barclays] lo rassicura (“non, ça va”) e rivela successivamente i prezzi delle operazioni, aggiungendo che ha realizzato un utile sul [contratto su tassi a termine] grazie a transazioni effettuate con altri due operatori del mercato che proponevano prezzi diversi per lo stesso contratto».

138    La Commissione non è incorsa in errore nel rilevare che gli scambi sui prezzi mediani contenuti in queste due discussioni avevano un oggetto restrittivo della concorrenza.

139    In primo luogo, occorre rilevare che informazioni relative ai prezzi mediani sono, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, pertinenti ai fini della fissazione dei prezzi nel settore degli EIRD.

140    Sotto un primo profilo, è pacifico tra le parti che la determinazione del tasso fisso degli EIRD, da parte di un trader, avviene con riferimento a ciò che esso considera come il prezzo mediano, ossia leggermente al di sotto di quest’ultimo per il suo «prezzo di acquisto» e leggermente al di sopra di quest’ultimo per il suo «prezzo di vendita», come ricordato dalla Commissione al punto 419 della decisione impugnata.

141    Sotto un secondo profilo, si deve altresì ritenere che la conoscenza del prezzo mediano di un concorrente consenta di valutare la sua percezione di ciò che costituirà il tasso variabile dell’EIRD alla data del fixing, applicando la curva di rendimento menzionata al punto 34 della decisione impugnata, almeno per quanto riguarda gli EIRD con scadenza breve. Infatti, interpellate in udienza sulla questione se la curva di rendimento di un EIRD sia nota a tutti gli operatori del mercato o dipenda dalla percezione individuale di ciascun operatore, le ricorrenti stesse hanno sottolineato che detta curva di rendimento aveva carattere oggettivo e non derivava da una valutazione individuale riguardo a tale tipo di prodotti.

142    In secondo luogo, occorre rilevare che le informazioni sui prezzi mediani non hanno, per i prodotti derivati «OTC» (over the counter), ossia negoziati fuori borsa, il carattere pubblico di cui dispongono in relazione a prodotti derivati negoziati su un mercato regolamentato. Infatti, se è pacifico tra le parti che tali informazioni sono disponibili o possono essere dedotte per tutte le parti operanti in un mercato regolamentato, ciò non avviene per i prodotti derivati «OTC».

143    È vero che informazioni sui prezzi mediani relative a siffatti prodotti possono essere oggetto di una pubblicità, direttamente attraverso taluni traders o indirettamente attraverso società di mediazione. Tuttavia, tali informazioni non sono generalmente disponibili, né sono necessariamente attendibili, come risulta dalla discussione del 14 febbraio 2007, menzionata al precedente punto 136, fra il trader di HSBC e quello di Barclays relativamente ai prezzi mediani pubblicati dal trader di Deutsche Bank sul suo sito Bloomberg.

144    In terzo luogo, occorre ricordare che è possibile effettuare una distinzione tra, da una parte, i concorrenti che spigolano informazioni in maniera indipendente o discutono dei prezzi futuri con clienti e terzi e, dall’altra, i concorrenti che discutono dei fattori di tariffazione e dell’evoluzione dei prezzi con altri concorrenti prima di stabilire i loro prezzi di riferimento. Infatti, se il primo comportamento non causa alcuna difficoltà circa l’esercizio di una concorrenza libera e non falsata, ciò non vale per il secondo, che contraddice l’esigenza secondo la quale qualsiasi operatore economico deve determinare in maniera autonoma la politica che intende tenere nel mercato interno, mentre la suddetta esigenza di autonomia vieta rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l’effetto di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenziale, ovvero di rivelare a tale concorrente il comportamento che essi hanno deciso, o prevedono, di tenere essi stessi sul mercato (v. sentenza del 14 marzo 2013, Dole Food e Dole Germany/Commissione, T‑588/08, EU:T:2013:130, punti 291 e 292 e giurisprudenza ivi citata).

145    Inoltre, uno scambio tra concorrenti, su un dato pertinente per la determinazione dei prezzi e che non ha carattere pubblico, è ancor più sensibile dal punto di vista della concorrenza quando si svolge tra traders che agiscono come «market makers», considerato l’importante ruolo che gli stessi svolgono nel mercato degli EIRD. Come sottolineato ai precedenti punti 106 e 107, i «market makers» intervengono in modo generale e continuativo e concludono quindi un numero maggiore di transazioni rispetto agli altri operatori del mercato. Dal punto di vista del rispetto della concorrenza nel mercato, è ancor più fondamentale che la determinazione dei loro prezzi avvenga in modo autonomo.

146    In quarto luogo, occorre rilevare che le discussioni fra i traders di HSBC e di Barclays del 14 e 16 febbraio 2007 hanno avuto ad oggetto informazioni precise e utilizzabili dalla controparte.

147    Pertanto, dalla lettura della discussione del 14 febbraio 2007 nel suo insieme risulta che non solo il trader di HSBC divulga il livello del suo prezzo mediano (4.012), nonché il prezzo delle operazioni che gli sono state proposte (4.004/4.0015), ma anche che i due traders si scambiano la loro impressione sul livello e sull’evoluzione dei prezzi.

148    Per quanto riguarda la discussione del 16 febbraio 2007, dalle spiegazioni fornite dalle stesse ricorrenti nelle loro osservazioni sulla comunicazione degli addebiti risulta che i traders di HSBC e di Barclays hanno discusso sulla loro valutazione del prezzo mediano per uno swap avente come base di riferimento l’EONIA che aveva inizio a distanza di dieci mesi e per la quale la data di fixing era un mese più tardi (10/11 swap EONIA) e l’hanno confrontata con il prezzo mediano per un contratto su tassi a termine basato sull’Euribor relativo alle stesse date. Da tale discussione risulta, da un lato, una rivalutazione da parte del trader di HSBC del suo prezzo mediano per lo swap basato sull’EONIA, in seguito al parere espresso dal trader di Barclays e, dall’altro, che le parti si scambiano informazioni su ciò che dovrebbe essere la differenza di prezzo tra questi due prodotti derivati.

149    In quinto luogo, occorre rilevare che l’argomento delle ricorrenti relativo al carattere asseritamente «proconcorrenziale» degli scambi di informazioni tra market makers sui prezzi mediani non può essere accolto. In sostanza, le ricorrenti fanno valere che gli scambi sui prezzi mediani sarebbero inerenti alle attività dei traders, e più in particolare dei market makers, operanti nel mercato degli EIRD al fine di ridurre i rischi e consentirebbero di ridurre il divario tra il corso dei prezzi di acquisto e il corso dei prezzi di vendita a favore dei clienti.

150    È vero che, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 57, l’esame della qualificazione come infrazione per oggetto deve tener conto del contesto economico e giuridico del mercato nel quale si sono svolti gli scambi di informazioni.

151    Ed è altrettanto vero che il mercato degli EIRD presenta una caratteristica particolare. Accade di frequente, in tale mercato, che le banche concludano EIRD tra loro, in particolare a fini di copertura dei rischi. In altri termini, la natura stessa del mercato implica che alcune banche, in particolare quelle che agiscono in qualità di market makers, che sono concorrenti per quanto riguarda l’offerta di EIRD a potenziali clienti, siano parimenti indotte a negoziare tra loro e, pertanto, a scambiarsi, in tale occasione, informazioni riservate.

152    Occorre tuttavia sottolineare che tale aspetto del contesto economico e giuridico del mercato degli EIRD è stato preso in considerazione dalla Commissione, in quanto essa ha escluso dalla sua analisi le informazioni scambiate nell’ambito di negoziazioni contrattuali.

153    È giocoforza constatare che l’argomento delle ricorrenti eccede l’ambito della semplice censura relativa alla mancata considerazione del contesto economico e giuridico del mercato degli EIRD, e contesta alla Commissione di non aver preso in considerazione eventuali effetti proconcorrenziali delle discussioni tra traders.

154    A tal riguardo, occorre rilevare che, ad eccezione delle restrizioni accessorie ad un’operazione principale (v. sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 89 e giurisprudenza ivi citata), eventuali effetti proconcorrenziali possono essere presi in considerazione solo nell’ambito della valutazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Infatti, da una giurisprudenza costante risulta che l’esistenza di una «regola di ragionevolezza», vale a dire di un esame che contempera gli effetti pro- e anticoncorrenziali di un accordo al momento della sua qualificazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, non può essere ammessa nel diritto della concorrenza dell’Unione (sentenza del 29 giugno 2012, E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, T‑360/09, EU:T:2012:332, punto 65; v. altresì, in tal senso, sentenza del 23 ottobre 2003, Van den Bergh Foods/Commissione, T‑65/98, EU:T:2003:281, punto 106).

155    Spettava, pertanto, alle ricorrenti dimostrare che le discussioni sui prezzi mediani erano direttamente collegate e necessarie al funzionamento del mercato degli EIRD o che rispondessero alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

156    Da un lato, occorre rilevare che le ricorrenti non contestano alla Commissione di aver erroneamente applicato l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE nell’ambito del presente ricorso.

157    Dall’altro, nei limiti in cui l’argomento delle ricorrenti possa essere inteso nel senso che con esso si sostiene che gli scambi di informazioni sui prezzi mediani tra market makers sarebbero indissociabili dal funzionamento del mercato degli EIRD, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, se un’operazione o una determinata attività non rientra nell’ambito di applicazione del principio di divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, per la sua neutralità o per il suo effetto positivo sul piano della concorrenza, neppure una restrizione dell’autonomia commerciale di uno o più partecipanti a tale operazione o a tale attività rientra nel citato principio di divieto qualora detta restrizione sia obiettivamente necessaria per l’attuazione di tale operazione o attività e proporzionata agli obiettivi dell’una o dell’altra (v. sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 89 e giurisprudenza ivi citata). Qualora non sia possibile dissociare siffatta restrizione, qualificata come restrizione accessoria, dall’operazione o dall’attività principale senza comprometterne l’esistenza e gli obiettivi, occorre infatti esaminare la compatibilità con l’articolo 101 TFUE di tale restrizione congiuntamente con la compatibilità dell’operazione o dell’attività principale cui essa è accessoria, e ciò sebbene, considerata isolatamente, tale restrizione possa rientrare, a prima vista, nel principio di divieto ex articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 90).

158    Affinché una restrizione possa essere qualificata come accessoria, occorre stabilire, da un lato, se la restrizione sia oggettivamente necessaria alla realizzazione dell’operazione o dell’attività principale e, dall’altro, se la stessa sia proporzionata a quest’ultima (sentenze del 18 settembre 2001, M6 e a./Commissione, T‑112/99, EU:T:2001:215, punto 106, e del 29 giugno 2012, E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, T‑360/09, EU:T:2012:332, punto 64).

159    Per quanto riguarda la prima condizione, secondo la giurisprudenza, occorre appurare se la realizzazione di tale operazione o di tale attività risulterebbe impossibile in mancanza della restrizione in questione. Pertanto, la circostanza che la citata operazione o la citata attività sia semplicemente resa più difficile da realizzare o meno redditizia in assenza della restrizione in oggetto non può essere considerata tale da conferire a tale restrizione il carattere «obiettivamente necessario» richiesto per poter essere qualificata come accessoria. Un’interpretazione del genere, infatti, equivarrebbe ad estendere tale nozione a restrizioni che non sono strettamente indispensabili per la realizzazione dell’operazione o dell’attività principale. Siffatto risultato pregiudicherebbe l’effetto utile del divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 91).

160    Questa prima condizione, applicata alle circostanze del caso di specie, equivale a verificare se il funzionamento del mercato degli EIRD sia reso impossibile senza scambi di informazioni sui prezzi mediani tra market makers. A tal riguardo, è sufficiente sottolineare che, certamente, le ricorrenti fanno riferimento, nelle loro memorie, agli effetti proconcorrenziali che possono presentare tali scambi tra traders, in quanto essi hanno consentito loro di ridurre l’incertezza sul livello al quale potevano essere in grado di coprire le loro posizioni, e quindi di proporre prezzi più favorevoli. Tuttavia, le ricorrenti non dimostrano che il mercato dei prodotti derivati negoziati fuori borsa non potrebbe funzionare senza siffatti scambi di informazioni fra traders che agiscono come market makers. Questa prima condizione non è quindi soddisfatta nel caso di specie.

161    Per tutti questi motivi, la prima censura delle ricorrenti deve essere respinta.

2)      Sulla censura che contesta la fondatezza della qualificazione come restrizione per oggetto applicata agli scambi sulle posizioni di trading

162    Nell’ambito della presente censura viene contestata la qualificazione attribuita dalla Commissione ai comportamenti descritti ai punti da 271 a 276 (discussione del 12 febbraio 2007), da 286 a 288 (discussione del 16 febbraio 2007), 295 (discussione del 9 marzo 2007), da 296 a 298 (discussione del 14 marzo 2007) della decisione impugnata. Nel controricorso la Commissione sostiene che discussioni sulle posizioni di trading hanno avuto luogo anche il 13 e 28 febbraio, nonché il 19 marzo 2007.

163    Per quanto riguarda le discussioni del 13 e 28 febbraio, nonché del 19 marzo 2007, alle quali fa riferimento la Commissione, è sufficiente sottolineare che esse hanno tutte avuto luogo nella prospettiva della manipolazione dell’Euribor del 19 marzo 2007 o che esse presentavano un collegamento con quest’ultima, e che, pertanto, è già stato concluso che esse erano ascrivibili a un comportamento avente uno scopo anticoncorrenziale. Le ricorrenti non contestano, del resto, la qualificazione come restrizione per oggetto che è stata loro applicata nell’ambito della presente parte del motivo.

164    Una conclusione analoga deve essere formulata per quanto riguarda le discussioni del 12 e 16 febbraio 2007, dal momento che è già stato rilevato che la Commissione aveva correttamente adottato la qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto nei loro confronti. Da un lato, dalla prima parte del presente motivo risulta che la Commissione ha ritenuto giustamente che la discussione del 12 febbraio 2007 rientrasse nella manipolazione dell’Euribor del 19 marzo 2007 e, a tale titolo, costituisse un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. D’altro lato, per le ragioni esposte nell’ambito dell’esame della prima censura della presente parte del motivo, la Commissione ha altresì giustamente ritenuto che la discussione del 16 febbraio 2007 costituisse una violazione dello stesso articolo 101, paragrafo 1, TFUE nella parte in cui consisteva in uno scambio di informazioni sui prezzi mediani. Non è quindi necessario verificare se lo stesso tipo di comportamento rientri nella qualificazione come infrazione per oggetto anche per altri motivi.

165    Restano, quindi, da esaminare soltanto le discussioni del 9 e 14 marzo 2007.

166    Tali discussioni rientrano nella categoria dei comportamenti anticoncorrenziali previsti al punto 113, lettera b), al punto 358, lettera b), e al punto 392, lettera b), della decisione impugnata (scambi fra i traders relativi alle rispettive posizioni di trading/esposizione per quanto riguarda gli EIRD) e ai punti 113 e 358, nonché al punto 392, lettera c), della decisione impugnata (scambi fra i traders sulla possibilità di allineare le loro posizioni di trading).

167    Dai punti 394 e 395 della decisione impugnata risulta che la stessa considerazione da essa utilizzata riguardo alla manipolazione del 19 marzo 2007 e agli scambi sui prezzi mediani serve a giustificare la qualificazione come infrazione per oggetto applicata agli scambi di informazioni sulle posizioni di trading, vale a dire che essi porrebbero i partecipanti in una situazione di asimmetria informativa favorevole, aumentando la trasparenza tra le parti e riducendo sensibilmente le normali incertezze inerenti al mercato.

168    Occorre rilevare che nella decisione impugnata non figura alcuna definizione della nozione di «posizione di trading». Dalle sue diverse forme di utilizzo, in detta decisione, risulta tuttavia che, con tale espressione, sono considerati la composizione del portafoglio di investimenti di un trader (il «book»), il livello e il senso delle sue esposizioni nel mercato degli EIRD.

169    Elementi di motivazione vertenti, più precisamente, sulle posizioni di trading figurano in altri passaggi della decisione impugnata.

170    In tal senso, al punto 390 della decisione impugnata, la Commissione ha ricordato che, secondo la RBS, ciascun market maker teneva un registro delle transazioni che consisteva in un inventario dei contratti e ne ha dedotto che «rivelandosi reciprocamente la loro posizione di trading, i market makers [erano] in grado di dedurre la loro domanda e offerta rispettiva relativamente a tali contratti, e [potevano] utilizzare tali informazioni a loro vantaggio[; ciò] [poteva] indurli ad adeguare i propri modelli di transazione e consent[iva] loro di essere meglio informati rispetto ai market makers concorrenti e ad altri operatori del mercato».

171    Al punto 417 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto valere che «gli scambi riguardanti le posizioni di trading (...) servivano a verificare che gli interessi commerciali delle parti fossero convergenti, prima che esse potessero adottare altre misure concordate per influire sul valore degli EIRD a danno dei concorrenti che non partecipavano all’intesa». Essa ha aggiunto che, «in un mercato di EIRD non trasparente (...), la condivisione di tali informazioni consentiva alle parti dell’intesa di essere meglio informate rispetto agli altri operatori del mercato». Nel medesimo punto la Commissione ha altresì sottolineato che, «rivelandosi le loro posizioni di trading e quindi essendo in grado di adeguare i propri modelli di transazione, le parti dell’intesa potevano influire sul valore dei loro portafogli, influenzando di riflesso le condizioni delle transazioni ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, [lettera a), TFUE], e di fatto incidendo sulla struttura della concorrenza nel mercato degli EIRD».

172    La conversazione del 9 marzo 2007, tenutasi fra un trader di HSBC e un trader di Deutsche Bank, è contemplata al punto 295 della decisione impugnata. La Commissione ha ritenuto, in tale punto, che tale conversazione abbia riguardato le posizioni di trading specifiche di operatori importanti e si sia svolta al di fuori del contesto di una potenziale transazione.

173    La discussione del 14 marzo 2007 è contemplata ai punti da 296 a 298 della decisione impugnata. Ne risulta che tale conversazione ha avuto ad oggetto speculazioni passate sulla differenza di tasso fra l’EONIA e l’Euribor‑1M nell’ambito delle quali il trader di HSBC è risultato perdente, mentre quello di Barclays avrebbe ottenuto un notevole guadagno finanziario. Inoltre, il trader di Barclays gli spiega come, a suo avviso, abbia funzionato il mercato e sottolinea che lo stesso dovrebbe valere per le scadenze di giugno.

174    Per valutare la fondatezza della qualificazione come restrizione per oggetto applicata a tali discussioni, occorre ricordare che la Commissione ha ritenuto che tali discussioni avessero contribuito a falsare il corso normale delle componenti dei prezzi nel settore degli EIRD. Inoltre, segnatamente al punto 417 della decisione impugnata, la Commissione ha altresì ritenuto che le conversazioni sulle posizioni di trading avessero influito su altre condizioni delle transazioni ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, lettera a), TFUE.

175    Per quanto riguarda questa seconda qualificazione, se è vero che essa, in linea di principio e per le ragioni esposte ai precedenti punti da 74 a 77, può essere presa in considerazione anche se non figura nel dispositivo della decisione impugnata, tuttavia ciò può avvenire a condizione che essa sia sufficientemente motivata.

176    A tal proposito, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Per quanto riguarda, in particolare, la motivazione delle decisioni individuali, l’obbligo di motivare tali decisioni ha quindi lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione sia eventualmente affetta da un vizio che consenta di contestarne la validità (v. sentenza dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

177    Orbene, come osservano correttamente le ricorrenti nelle loro memorie, la decisione impugnata non consente di individuare quali siano le «altre condizioni di transazione» che sarebbero state coordinate in seguito agli scambi su posizioni di trading che coinvolgevano HSBC. Ne consegue che siffatta giustificazione non risponde ai criteri richiamati dalla giurisprudenza menzionata al precedente punto 176 e, pertanto, non può essere presa in considerazione al momento del controllo della fondatezza della qualificazione come restrizione per oggetto applicata agli scambi sulle posizioni di trading.

178    Occorre pertanto verificare, nell’ambito della presente censura, se la Commissione abbia potuto giustamente ritenere che scambi di tal genere abbiano falsato il corso normale delle componenti dei prezzi nel settore degli EIRD.

179    A tal riguardo, occorre rilevare, in primo luogo, che, ai fini della fissazione dei prezzi nel mercato degli EIRD, scambi tra concorrenti riguardanti la composizione del loro portafoglio di investimenti o il livello delle loro esposizioni non hanno la stessa rilevanza delle informazioni vertenti sui prezzi mediani. Infatti, se è vero che, per le ragioni esposte ai precedenti punti da 139 a 141, tali informazioni relative ai prezzi mediani facilitano l’individuazione del tasso fisso proposto da un concorrente per un prodotto derivato e la sua percezione di ciò che sarà il tasso variabile alla data del fixing, lo stesso non si può dire di uno scambio sulle posizioni di trading, le quali non riguardano direttamente i tassi degli EIRD.

180    Interpellata su tale punto in udienza, la Commissione stessa ha riconosciuto che gli scambi sulle posizioni di trading non avevano, intrinsecamente, la stessa portata restrittiva della concorrenza degli scambi vertenti sui prezzi mediani.

181    Tale conclusione è altresì confermata dalla lettura della decisione impugnata. Ne risulta che la maggior parte degli scambi sulle posizioni di trading hanno avuto piuttosto un carattere complementare ad altre pratiche restrittive della concorrenza aventi uno scopo restrittivo della concorrenza accertato. In tal senso, al punto 417 della decisione impugnata, la Commissione sottolinea che «gli scambi riguardanti le posizioni di trading (...) servivano a verificare che gli interessi commerciali delle parti fossero convergenti, prima che esse potessero adottare altre misure concordate per influire sul valore degli EIRD a danno dei concorrenti che non partecipavano all’intesa».

182    Pertanto, la stragrande maggioranza delle discussioni sulle posizioni di trading alle quali hanno partecipato i traders di HSBC presentavano un collegamento con la manipolazione dell’Euribor del 19 marzo 2007. Così è avvenuto nel caso delle discussioni con il trader di Barclays del 12, 13 e 28 febbraio, nonché del 19 marzo 2007.

183    Ciò non vale per le discussioni del 9 e 14 marzo 2007, le quali non si sono svolte nella prospettiva della manipolazione dell’Euribor del 19 marzo 2007.

184    In secondo luogo, dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 54, 55, 59 e 62 risulta che, se uno scambio di informazioni tra concorrenti può essere contrario alle regole della concorrenza qualora riduca o annulli il grado di incertezza in ordine al funzionamento del mercato di cui trattasi, con conseguente restrizione della concorrenza tra imprese, la qualificazione come infrazione per oggetto deve essere riservata a quegli scambi che rivelano un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza, di modo che non è necessario esaminarne gli effetti. Ciò vale, in particolare, per uno scambio di informazioni che sia idoneo a eliminare talune incertezze nei soggetti coinvolti in relazione al momento, alla portata e alle modalità dell’adeguamento del comportamento sul mercato che le imprese interessate porranno in essere.

185    In terzo luogo, e di conseguenza, occorre verificare se le informazioni scambiate in occasione delle discussioni del 9 e 14 marzo 2007 abbiano ridotto o annullato il grado di incertezza sul mercato in modo tale che la Commissione potesse dedurne un’incidenza sul corso normale delle componenti dei prezzi nel settore degli EIRD, senza dover esaminare i loro effetti.

186    Per quanto riguarda, anzitutto, la discussione del 9 marzo 2007, si deve sottolineare che, al punto 295 della decisione impugnata, la Commissione contesta al trader di HSBC di aver informato quello di Deutsche Bank sulle sue posizioni di trading dichiarando, in particolare, «j’ai fait la patte 5 ans (…) je suis flattener à des niveau[x] imbattables! et je reste short du court euro», ciò a cui il trader di HSBC ha risposto «bravo bien joué». Essa contesta altresì al trader di HSBC, nel corso della stessa conversazione, di aver scritto a proposito del suo portafoglio «flattener euro maintenant 2‑5 ans short de juin et sept 7 euribor», il che è stato interpretato dalla Commissione come anticipazione di «una diminuzione dello spread tra il prezzo degli EIRD con scadenza tra due e cinque anni e [che il trader di HSBC] ha una posizione di trading breve sui contratti a termine di giugno e settembre 2007». La Commissione ha altresì osservato che il trader di Deutsche Bank gli ha risposto «moi j’ai pas de h8 et de 2y!», il che è stato interpretato dalla Commissione nel senso che ciò implicava che egli non aveva «contratti a termine di marzo 2008, né sugli EIRD a due anni».

187    Occorre certamente osservare che i traders hanno discusso sulla composizione del loro portafoglio, scambiandosi così informazioni di natura riservata, al di fuori del contesto di una potenziale transazione.

188    Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, essa non dimostra sufficientemente che tale discussione ha procurato ai traders un vantaggio in termini di informazione che poteva consentire loro di adeguare di conseguenza le loro strategie di trading.

189    Infatti, da un lato, l’impressione che si trae da tale conversazione è che il trader di HSBC si vanti con quello di Deutsche Bank di una buona operazione effettuata e che quest’ultimo si congratuli con lui. Le informazioni fornite, poco precise e poco dettagliate, non consentono di ravvisare in tale conversazione la descrizione di una «strategia» la cui conoscenza, da parte del solo trader di Deutsche Bank, l’avrebbe posto in una situazione così favorevole rispetto ai suoi concorrenti da consentire alla Commissione di dedurne che detta conversazione aveva uno scopo restrittivo della concorrenza.

190    D’altro lato, come sottolineano le ricorrenti, senza essere contraddette dalla Commissione, i frammenti di informazioni forniti dai traders sui loro portafogli, non riguardano le scadenze di tassi di interesse di cui trattasi, né l’ampiezza delle posizioni in questione.

191    Orbene, in mancanza di informazioni più precise di tal genere, non si può concludere che tale discussione abbia ridotto o annullato il grado di incertezza sul mercato in modo tale che la Commissione potesse dedurne un’incidenza sul corso normale delle componenti dei prezzi nel settore degli EIRD, senza dover esaminare i suoi effetti.

192    Per quanto riguarda, inoltre, la discussione del 14 marzo 2007, contemplata ai punti da 296 a 298 della decisione impugnata, si deve certamente rilevare che, contrariamente alla conversazione precedente, l’informazione scambiata fra i traders è precisa e chiara. Il trader di Barclays informa il trader di HSBC sul modo di ottenere in futuro un guadagno finanziario giocando sulla differenza di tasso tra l’Euribor‑1M e l’EONIA.

193    Tuttavia, è giocoforza constatare che, procedendo in tal modo, il trader di Barclays non fornisce alcuna informazione riservata al trader di HSBC. Lo mette soltanto al corrente della sua osservazione secondo la quale, in sostanza, il tasso dell’EONIA può avere un’incidenza su quello dell’Euribor‑1M. Orbene, anche se il trader di HSBC non sembrava essere al corrente di tale caratteristica dell’interazione tra questi due tassi, si tratta di una semplice osservazione che tutti gli osservatori del mercato potevano effettuare. Non si può quindi ritenere che la sua spiegazione a un concorrente riduca o annulli il grado di incertezza sul mercato in modo tale che la Commissione potesse dedurne un’incidenza sul prezzo normale delle componenti dei prezzi nel settore degli EIRD.

194    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che le discussioni del 9 e 14 marzo 2007, individualmente o congiuntamente, non possono essere considerate nel senso che hanno uno scopo restrittivo della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

195    Pertanto, le ricorrenti, nella seconda parte del primo motivo, sostengono correttamente che la Commissione non poteva ritenere che le discussioni del 9 e 14 marzo 2007 avessero uno scopo restrittivo della concorrenza.

2.      Sul secondo, terzo e quarto motivo, vertenti sulla qualificazione come infrazione unica e continuata applicata dalla Commissione

196    Il secondo, terzo e quarto motivo mirano a contestare la conclusione della Commissione vertente sulla partecipazione di HSBC a un’infrazione unica e continuata.

197    Secondo una giurisprudenza costante, un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o persino da un comportamento continuato, anche quando uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire, di per sé e considerati isolatamente, una violazione di detta disposizione. Quindi, qualora le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza nel mercato interno, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce, C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 156 e giurisprudenza ivi citata).

198    Un’impresa che abbia partecipato a una tale infrazione unica e complessa con comportamenti suoi propri, rientranti nella nozione di accordo o di pratica concordata a scopo anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e miranti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere quindi responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione per tutto il periodo della sua partecipazione alla stessa. Questa ipotesi ricorre quando è dimostrato che detta impresa intendeva contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti e che era stata al corrente dei comportamenti illeciti previsti o attuati da altre imprese nel perseguire i medesimi obiettivi, oppure che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne il rischio (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce, C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 157 e giurisprudenza ivi citata).

199    In tal senso, un’impresa può avere partecipato direttamente al complesso dei comportamenti anticoncorrenziali che compongono l’infrazione unica e continuata, nel qual caso correttamente la Commissione può imputarle la responsabilità di tutti questi comportamenti e, pertanto, di tale infrazione nel suo insieme. Un’impresa può anche avere partecipato direttamente solo ad alcuni dei comportamenti anticoncorrenziali che compongono l’infrazione unica e continuata, ma essere stata al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri partecipanti all’intesa nel perseguire i medesimi obiettivi, o aver potuto ragionevolmente prevederli ed essere stata pronta ad accettarne il rischio. Anche in un caso del genere la Commissione può ben imputare a tale impresa la responsabilità di tutti i comportamenti anticoncorrenziali che compongono tale infrazione e, di conseguenza, dell’infrazione nel suo insieme (v. sentenza del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce, C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 158 e giurisprudenza ivi citata).

200    Per contro, se un’impresa ha preso parte direttamente a uno o a più comportamenti anticoncorrenziali che compongono un’infrazione unica e continuata, ma non risulta provato che tramite il proprio comportamento essa intendesse contribuire al complesso degli obiettivi comuni perseguiti dagli altri partecipanti all’intesa e che fosse al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati da tali partecipanti nel perseguire i medesimi obiettivi, o che potesse ragionevolmente prevederli e fosse pronta ad accettarne il rischio, la Commissione deve limitarsi a imputarle la responsabilità dei soli comportamenti ai quali essa ha partecipato direttamente e dei comportamenti previsti o attuati dagli altri partecipanti nel perseguire obiettivi analoghi a quelli che essa perseguiva e dei quali sia dimostrato che essa era al corrente o che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne il rischio (v. sentenza del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce, C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 159 e giurisprudenza ivi citata).

201    Inoltre, ai fini della qualificazione di comportamenti diversi come infrazione unica e continuata, non occorre verificare se essi presentino un nesso di complementarietà, nel senso che ciascuno di essi è destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza, e se essi contribuiscano, interagendo reciprocamente, alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori nell’ambito di un piano complessivo diretto ad ottenere un unico obiettivo. Per contro, la condizione relativa alla nozione di obiettivo unico implica che si debba verificare se non esistano elementi che caratterizzano i vari comportamenti facenti parte dell’infrazione idonei ad indicare che i comportamenti materialmente attuati da altre imprese partecipanti non condividano il medesimo oggetto o il medesimo effetto anticoncorrenziale e non si inseriscano pertanto in un «piano d’insieme» a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza nel mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione, C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punti 247 e 248).

202    Inoltre, poiché la qualificazione come infrazione unica e continuata porta a imputare a un’impresa la partecipazione a una violazione del diritto della concorrenza, occorre rammentare che, nel settore del diritto della concorrenza, in caso di controversia sulla sussistenza di un’infrazione, spetta alla Commissione produrre la prova delle infrazioni da essa accertate e raccogliere elementi di prova atti a dimostrare adeguatamente la sussistenza dei fatti costitutivi di un’infrazione (v. sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

203    Per poter dimostrare l’esistenza di un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, è necessario che la Commissione deduca prove serie, precise e concordanti. Tuttavia, non occorre che ogni singola prova dedotta dall’istituzione debba necessariamente rispondere a tali criteri riguardo a ogni singolo elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso di indizi invocato da tale istituzione, complessivamente valutato, risponda a tale requisito (v. sentenza del 1° luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

204    Inoltre, qualora sussista un dubbio nella mente del giudice, esso deve andare a beneficio dell’impresa destinataria della decisione che constata un’infrazione. Infatti, la presunzione di innocenza costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, oggi sancito dall’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v. sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

205    Dalla giurisprudenza della Corte risulta altresì che il principio della presunzione di innocenza si applica alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese, che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende (v. sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

206    Nel caso di specie, come è già stato sottolineato al precedente punto 70, la Commissione ha applicato tale qualificazione come infrazione unica e continuata a tre gruppi di comportamenti a seconda che vertano, in primo luogo, sulla manipolazione delle comunicazioni EURIBOR [punti 113 e 358 e punto 392, lettera a): scambi vertenti sulle preferenze per un livello di tassi dell’EURIBOR; punti 113 e 358 e punto 392, lettera d): scambi vertenti sulla possibilità di allineare le comunicazioni EURIBOR; punti 113 e 358 e punto 392, lettera e): contatto, attraverso il trader coinvolto, con il responsabile delle comunicazioni EURIBOR all’interno della sua banca; punti 113 e 358 e punto 392, lettera f): accordi per riferire in merito ai tentativi diretti a influire sulle comunicazioni EURIBOR]; in secondo luogo, su scambi concernenti posizioni di trading per quanto riguarda gli EIRD [punti 113 e 358 e punto 392, lettera b): scambi concernenti le loro rispettive posizioni di trading/esposizioni; punti 113 e 358 e punto 392, lettera c): scambi concernenti la possibilità di allineare le posizioni di trading] e, in terzo luogo, su scambi riguardanti informazioni dettagliate non accessibili al pubblico sulle intenzioni e strategie in materia di prezzi degli EIRD [punti 113 e 358 e punto 392, lettera g)].

207    Le motivazioni addotte nella decisione impugnata per giustificare tale qualificazione come infrazione unica e continuata figurano ai punti da 442 a 492 della decisione impugnata e sono sintetizzate al precedente punto 19. La Commissione ha considerato l’esistenza di un obiettivo economico unico (punti da 444 a 450) e ha ritenuto che i diversi comportamenti in questione rientrassero in uno schema di comportamento comune (punti da 451 a 456) e che i traders delle banche in questione conoscessero o avrebbero dovuto essere a conoscenza della portata generale e delle caratteristiche essenziali dell’intesa nel suo complesso (punti da 457 a 483).

208    Come risulta dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 197 e 198, tre elementi sono determinanti per concludere nel senso della partecipazione di un’impresa ad un’infrazione unica e continuata. Il primo riguarda l’esistenza stessa dell’infrazione unica e continuata. I vari comportamenti in questione devono rientrare in un «piano d’insieme» dotato di un unico obiettivo. Il secondo e il terzo elemento riguardano l’imputabilità dell’infrazione unica e continuata a un’impresa. Da un lato, tale impresa deve aver avuto l’intenzione di contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti. D’altro lato, essa deve essere stata a conoscenza dei comportamenti costituenti un’infrazione previsti o attuati da altre imprese nel perseguimento dei medesimi obiettivi, o avrebbe potuto ragionevolmente prevederli ed essere pronta ad accettarne il rischio. L’esistenza di questi tre elementi è contestata, rispettivamente, nei motivi secondo, terzo e quarto delle ricorrenti.

a)      Sul secondo motivo, che contesta lesistenza di un «piano dinsieme» dotato di un unico obiettivo

209    Nell’ambito del loro secondo motivo, le ricorrenti contestano l’esistenza di un «piano d’insieme» dotato di un unico obiettivo e ne deducono che la qualificazione come infrazione unica e continuata accolta dalla Commissione è errata.

210    Le motivazioni pertinenti della decisione impugnata figurano ai punti da 444 a 456 della decisione impugnata, sotto il titolo «Obiettivo economico unico» e «Schema di comportamento comune» e sono stati riassunti al precedente punto 19.

211    L’argomento delle ricorrenti contenuto nel secondo motivo può essere suddiviso in due parti, a seconda che esso verta, in sostanza, sull’obiettivo unico dell’infrazione o sull’esistenza di un «piano d’insieme».

1)      Sulla prima parte del motivo, vertente sull’obiettivo unico dell’infrazione

212    Secondo le ricorrenti, le discussioni fra traders su questioni estranee alla manipolazione dei tassi di riferimento non possono rientrare nello stesso obiettivo unico delle discussioni relative alla manipolazione di detti tassi.

213    La Commissione ritiene che l’insieme dei comportamenti in questione possa essere ricollegato all’obiettivo unico da essa individuato.

214    Al punto 445 della decisione impugnata, l’obiettivo unico preso in considerazione dalla Commissione è stato presentato come la «[riduzione dei] flussi di cassa [che le parti dell’intesa] avrebbero dovuto pagare (o [l’aumento di] quelli che esse avrebbero ricevuto) e di conseguenza [l’aumento del] valore degli EIRD da esse detenuti nel loro portafoglio, a scapito delle controparti di tali EIRD».

215    Come chiarito al precedente punto 100, i flussi di cassa collegati ad un EIRD derivano dalla differenza tra il tasso fisso del contratto, vale a dire quello negoziato tra le parti, e il tasso variabile, che dipende dal tasso di riferimento.

216    In via preliminare, occorre ricordare che la nozione di obiettivo unico non può essere determinata riferendosi in generale alla distorsione della concorrenza in un dato settore, dal momento che il pregiudizio per la concorrenza costituisce, in quanto oggetto od effetto, un elemento connaturato a qualunque comportamento rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Una siffatta definizione della nozione di obiettivo unico rischierebbe di privare la nozione di infrazione unica e continuata di una parte del suo significato, in quanto avrebbe per conseguenza che vari comportamenti concernenti un settore economico, vietati dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dovrebbero essere sistematicamente qualificati come elementi costitutivi di un’infrazione unica (sentenze del 12 dicembre 2007, BASF e UCB/Commissione, T‑101/05 e T‑111/05, EU:T:2007:380, punto 180; del 28 aprile 2010, Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, T‑446/05, EU:T:2010:165, punto 92, e del 30 novembre 2011, Quinn Barlo e a./Commissione, T‑208/06, EU:T:2011:701, punto 149).

217    Ne consegue necessariamente che solo restrizioni della concorrenza riguardo alle quali è stato dimostrato che avevano lo scopo di falsare il corso normale o del tasso fisso o del tasso variabile degli EIRD possono rientrare nell’obiettivo unico considerato dalla Commissione. Infatti, sarebbe in contrasto con la giurisprudenza richiamata al precedente punto 216 includere in detto obiettivo comportamenti restrittivi della concorrenza che non presentano un nesso sufficientemente stretto con la fissazione di tali tassi.

218    Occorre, pertanto, verificare se i tre gruppi di comportamenti messi in evidenza dalla Commissione e ricordati ai precedenti punti 70 e 206 possano essere ricollegati a tale obiettivo unico. A tal riguardo, occorre distinguere tra, da un lato, i comportamenti riguardanti la manipolazione delle comunicazioni Euribor e, dall’altro, gli scambi relativi a posizioni di trading per quanto riguarda gli EIRD nonché quelli aventi ad oggetto informazioni dettagliate non accessibili al pubblico sulle loro intenzioni e strategie in materia di prezzi degli EIRD.

219    Per quanto riguarda, in primo luogo, le manipolazioni delle comunicazioni Euribor, dal momento che il tasso variabile di un EIRD è direttamente basato sul tasso di riferimento, queste ultime rientrano necessariamente nell’obiettivo unico individuato dalla Commissione.

220    Riguardo a HSBC, è possibile quindi includere senza difficoltà in tale obiettivo le discussioni del 12, 13 e 28 febbraio nonché del 19 marzo 2007 considerate ai precedenti punti 85, 163 e 164 che si inseriscono nella prospettiva della manipolazione del 19 marzo 2007.

221    Nella replica le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che la Commissione non ha dimostrato che manipolazioni riguardanti diverse scadenze di tassi di riferimento fossero sufficientemente collegate tra loro per far parte di una stessa infrazione unica.

222    A tal riguardo, occorre rilevare che la Commissione ha preso in considerazione, per quanto riguarda HSBC, la partecipazione a una discussione del 27 marzo 2007, descritta al punto 339 della decisione impugnata, nel corso della quale il trader di Barclays ha previsto la possibilità di una futura manipolazione dei tassi di riferimento. A causa di tale discussione, il cui oggetto restrittivo della concorrenza non è contestato dalle ricorrenti, la fine del periodo di infrazione considerato riguardo alle ricorrenti è stata fissata al 27 marzo 2007.

223    Sebbene tale critica delle ricorrenti sia presentata in modo sommario e soltanto nella fase della replica, essa può essere tuttavia esaminata dal Tribunale. Da un lato, quest’ultimo è in grado di comprendere il significato di tale critica e, dall’altro, essa costituisce una semplice estensione dell’argomento già contenuto nel ricorso e non la presentazione di un nuovo motivo in corso di causa che sarebbe vietata dall’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura. Infatti, tale critica presenta un legame sufficientemente stretto con il ricorso perché possa essere considerata derivante dalla normale evoluzione del contraddittorio nell’ambito di un procedimento giurisdizionale (v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2017, Petrov e a./Parlamento, T‑452/15, EU:T:2017:822, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

224    Per quanto riguarda la fondatezza di tale critica, occorre sottolineare che, sebbene la giurisprudenza menzionata al precedente punto 216 impedisca alla Commissione di adottare una definizione dell’obiettivo unico così ampia da somigliare a un generico riferimento a una distorsione della concorrenza in un determinato settore, sarebbe contrario alla logica della nozione di infrazione unica imporre alla Commissione, nella definizione di tale obiettivo unico, un obbligo di precisione tale che essa impedirebbe, di fatto, di includere nella stessa infrazione comportamenti diversi.

225    Pertanto, occorre concludere che diverse manipolazioni dei tassi di riferimento possono rientrare nello stesso obiettivo unico.

226    Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli scambi riguardanti posizioni di trading e relativi a informazioni dettagliate non accessibili al pubblico sulle intenzioni e strategie in materia di prezzi degli EIRD, occorre rilevare, in via preliminare, che nella specie sono considerati solo detti scambi che non hanno avuto luogo nella prospettiva di una manipolazione dei tassi di riferimento o congiuntamente alla stessa.

227    Infatti, le discussioni fra traders che si sono svolte nella prospettiva di una manipolazione dei tassi di riferimento o congiuntamente a siffatta manipolazione rientrano nell’obiettivo unico dell’infrazione per i motivi esposti ai precedenti punti da 219 a 225. Così avviene, per quanto riguarda HSBC, e per le ragioni esposte ai precedenti punti 181 e 182, nel caso delle discussioni sulle posizioni di trading alle quali i suoi traders hanno partecipato il 12, 13 e 28 febbraio nonché il 19 marzo 2007.

228    Contrariamente a quanto sembrano sostenere le ricorrenti, non si può escludere a priori che scambi riguardanti posizioni di trading e relativi a informazioni dettagliate non accessibili al pubblico sulle loro intenzioni e strategie in materia di prezzi degli EIRD, pur non avendo avuto luogo nella prospettiva di una manipolazione dei tassi di riferimento o congiuntamente alla stessa, possano rientrare nell’obiettivo unico considerato dalla Commissione. Tuttavia, per i motivi illustrati ai precedenti punti 216 e 217, siffatta inclusione è possibile solo a condizione che la Commissione abbia dimostrato che detti scambi abbiano lo scopo di falsare il corso normale o del tasso fisso o del tasso variabile degli EIRD. Per quanto riguarda HSBC, dai precedenti punti da 139 a 161 risulta che ciò si è verificato nel caso delle discussioni del 14 e 16 febbraio 2007 alle quali i suoi traders hanno partecipato.

229    Alla luce di quanto precede, occorre respingere la prima parte del motivo.

2)      Sulla seconda parte del motivo, che contesta l’esistenza di un «piano d’insieme»

230    In sostanza, le ricorrenti contestano l’affermazione della Commissione secondo cui i vari comportamenti collusivi si inserivano in un piano d’insieme avente lo scopo di migliorare le posizioni di trading attuali e future della loro banca, sulla base del rilievo che non esiste alcuna prova di un piano complessivo. A tal riguardo, esse affermano, in sostanza, che la giustificazione relativa al fatto che tali comportamenti erano propri «di un gruppo stabile di individui» non può applicarsi a HSBC. Inoltre, il riferimento al «segreto» nella decisione impugnata non potrebbe dimostrare l’esistenza di un obiettivo economico unico relativamente a comportamenti, per loro stessa natura, assai diversi. Esse fanno altresì valere che le affermazioni della Commissione, secondo cui le discussioni avevano «lo stesso o quasi lo stesso tenore» o vertevano «sempre sugli stessi tipi di operazioni», sono errate in fatto, almeno per quanto riguarda HSBC.

231    La Commissione afferma, in sostanza, di aver sufficientemente dimostrato l’esistenza di un «piano d’insieme» nella decisione impugnata.

232    Nella decisione impugnata la Commissione ha basato, in sostanza, l’esistenza di un «piano d’insieme», al punto 446 della decisione impugnata, sulla circostanza che le parti hanno chiaramente aderito a una strategia comune che limitava il loro comportamento commerciale individuale fissando le linee della loro azione o astensione reciproca nel mercato, sostituendo così la concorrenza tra loro attraverso la cooperazione a scapito degli altri partecipanti nel mercato. Essa ha altresì sottolineato, al punto 451, che l’intesa era «diretta e mantenuta» da un gruppo stabile di persone e, al punto 452, che le parti avevano seguito uno schema assai simile nelle loro attività anticoncorrenziali. A tal riguardo, essa ha evidenziato, ai punti da 452 a 456, che i contatti tra le banche spesso avevano luogo in parallelo o erano molto ravvicinati nel tempo, che il linguaggio utilizzato attestava che tali comunicazioni erano comunemente utilizzate dai soggetti partecipanti all’intesa, che le parti adottavano precauzioni per celare i loro contatti e che le diverse comunicazioni avevano un contenuto identico o parzialmente identico.

233    Nell’ambito delle varie motivazioni messe in evidenza dalla Commissione nella decisione impugnata, il Tribunale rileva che l’elemento centrale atto a dimostrare l’esistenza di un «piano d’insieme» consiste nel risalto attribuito, al punto 451 della decisione impugnata, al fatto che l’intesa era «diretta e mantenuta» da un gruppo stabile di persone.

234    Infatti, le altre motivazioni contenute nella decisione impugnata e sintetizzate al precedente punto 232, quali l’analogia fra le attività anticoncorrenziali dei traders nel mercato, la loro frequenza o la volontà di detti traders di mantenere il loro comportamento segreto, sebbene possano confermare l’impressione che esista un «piano d’insieme», non sono idonee, in mancanza di elementi più probanti, a dimostrare, di per sé, l’esistenza di un piano siffatto.

235    Pertanto, l’esistenza di tale «piano d’insieme», che giustifica la qualifica di infrazione unica, può essere riconosciuta solo nei limiti in cui tali diversi comportamenti possono essere considerati diretti o controllati dallo stesso gruppo di persone.

236    A tal riguardo, occorre rilevare che le ricorrenti non contestano la veridicità della motivazione secondo cui l’intesa era diretta e mantenuta da un gruppo stabile di traders, ma sostengono piuttosto che nessuno dei traders di HSBC ne faceva parte. È giocoforza constatare che tale argomento non verte tanto sulla fondatezza della qualificazione come infrazione unica adottata dalla Commissione, quanto piuttosto sulla sua imputabilità a HSBC, la quale rientra nell’esame del quarto motivo.

237    Con tale riserva, occorre respingere la seconda parte del motivo e, pertanto, il secondo motivo.

b)      Sul quarto motivo, che contesta la conoscenza, da parte di HSBC, del comportamento degli altri partecipanti costituente uninfrazione

238    Le ricorrenti contestano alla Commissione di aver concluso che HSBC era, o avrebbe dovuto essere, a conoscenza dei comportamenti delle altre banche asseritamente costituenti un’infrazione. Esse sostengono che né le motivazioni della decisione impugnata relative a tutte le banche, né quelle proprie di HSBC consentono di dimostrare che HSBC fosse o avrebbe dovuto essere a conoscenza della portata generale e delle caratteristiche essenziali dell’intesa globale.

239    Le ricorrenti fanno valere, in particolare, che dalla discussione del 12 febbraio 2007 si può solo dedurre che il trader di HSBC disponeva di un’idea approssimativa del progetto generale diretto a manipolare l’Euribor‑3M il 19 marzo 2007, senza sapere, tuttavia, quali banche partecipassero, e confutano il fatto che il trader di Barclays abbia chiaramente informato quello di HSBC della partecipazione di altre banche a detta manipolazione o che quest’ultimo ne fosse pienamente consapevole. In ogni caso, l’eventuale conoscenza della partecipazione di altre banche alla manipolazione del 19 marzo 2007 non varrebbe come conoscenza della serie di contatti di maggiore ampiezza tra altre banche che si sono verificati in un periodo più lungo. Parimenti, la circostanza, rilevata al punto 491 della decisione impugnata, che il trader di Barclays avrebbe menzionato a un trader di HSBC – il 27 marzo 2007 – una reiterazione in futuro della manipolazione del 19 marzo 2007 sarebbe irrilevante con riferimento ad un’intesa globale tra il 12 febbraio e il 26 marzo 2007.

240    La Commissione sostiene, in via preliminare, che, attraverso i suoi contatti con Barclays, HSBC ha partecipato a tutti i comportamenti anticoncorrenziali che compongono l’infrazione unica e continuata e che tale circostanza è sufficiente per consentirle di imputarle la responsabilità della totalità di detti comportamenti.

241    La Commissione fa valere che essa ha tuttavia dimostrato che HSBC era a conoscenza o poteva ragionevolmente prevedere i comportamenti delle altre imprese costituenti un’infrazione. Essa fa riferimento al riguardo al contenuto degli scambi tra HSBC e Barclays, avvenuti il 12 febbraio, il 7 e 19 marzo 2007. La Commissione confuta l’argomento delle ricorrenti secondo cui la conoscenza, da parte di HSBC, della manipolazione del 19 marzo 2007 non implica quella degli altri comportamenti anticoncorrenziali.

242    Le motivazioni della decisione impugnata relative alla conoscenza dei comportamenti costituenti un’infrazione figurano ai punti da 457 a 465 della decisione impugnata, per quanto riguarda le motivazioni comuni a tutte le banche, e ai punti da 471 a 476 di detta decisione, per quanto riguarda le motivazioni proprie di HSBC.

243    Per quanto riguarda le motivazioni comuni a tutte le banche, esse si basano sul presupposto, enunciato al punto 457 della decisione impugnata, che i traders partecipanti agli scambi anticoncorrenziali erano professionisti qualificati e conoscevano o avrebbero dovuto essere a conoscenza della portata generale e delle caratteristiche dell’intesa. A tal riguardo, la Commissione ha fatto riferimento, in primo luogo, al punto 458, al contesto assai specifico in cui i traders operano, caratterizzato da scambi bilaterali, registrati e controllati. In secondo luogo, essa ha sottolineato, al punto 459, che i traders coinvolti negli accordi sapevano che i traders di altre banche erano disposti a partecipare allo stesso tipo di comportamento collusivo riguardante le componenti di fissazione dei prezzi e altre condizioni di negoziazione degli EIRD. In terzo luogo, ai punti da 460 a 461 della decisione impugnata essa fa valere che gli elementi di prova dimostravano che esisteva una conoscenza generale diffusa del carattere dichiarativo del processo di determinazione dei tassi dell’Euribor e, pertanto, della possibilità di modificarlo attraverso le offerte delle banche del panel. In quarto luogo, al punto 463, essa ha messo in evidenza il fatto che ciascuna delle banche di cui trattasi era attiva sul mercato in questione da diversi anni e che i traders non hanno manifestato alcuna sorpresa quando una richiesta di concertazione veniva loro presentata. Dalla combinazione di tali elementi essa ha dedotto, ai punti 462 e 464, in sostanza, che i traders partecipanti a scambi bilaterali erano a conoscenza o avrebbero dovuto essere a conoscenza del fatto che era verosimile che diverse banche fossero coinvolte negli accordi collusivi, anche se tale informazione non è stata loro esplicitamente svelata. La Commissione ha altresì sottolineato, al punto 465, che i traders erano oggetto di un livello elevato di registrazione e di sorveglianza, di modo che si doveva ritenere che la loro direzione fosse stata a conoscenza, o avesse dovuto essere a conoscenza, delle caratteristiche essenziali del piano collusivo e del coinvolgimento dei loro dipendenti in detto piano. Essa ha aggiunto che doveva prendere in considerazione le precauzioni adottate dai traders per dissimulare i loro accordi.

244    Per quanto riguarda le motivazioni proprie di HSBC, la Commissione, in primo luogo, al punto 471 della decisione impugnata, ha messo in evidenza che, sin dall’inizio della partecipazione di HSBC all’infrazione il 12 febbraio 2007, il trader di Barclays le ha spiegato il piano ai fini della manipolazione del 19 marzo 2007 in un modo che implicava la partecipazione di altre banche. In secondo luogo, al punto 472, essa ha sottolineato che il trader di HSBC era al corrente dei legami molto stretti che univano il trader di Barclays a quelli di JP Morgan e della Société générale e di Deutsche Bank. In terzo luogo, al punto 472, essa ha rilevato che i traders di Deutsche Bank e di Barclays consideravano il trader di HSBC un partner affidabile dell’intesa. Essa ne ha dedotto, al punto 473, che i traders di HSBC sapevano o, quantomeno, avrebbero dovuto sapere che le loro discussioni con Barclays facevano parte di una rete di contatti anticoncorrenziali che comprendeva almeno Barclays, Deutsche Bank, la Société générale, HSBC e una o più banche non citate che avrebbero contribuito alla realizzazione degli effetti anticoncorrenziali contemplati attraverso la manipolazione del 19 marzo 2007. Inoltre, ai punti 475 e 476, essa ha aggiunto che, alla luce del breve periodo durante il quale HSBC è stata coinvolta negli scambi collusivi, la sua partecipazione al piano era stata continuativa.

245    In via preliminare, occorre sottolineare che non può essere accolto l’argomento della Commissione, riportato al precedente punto 240, relativo al fatto che HSBC avrebbe partecipato a tutti i comportamenti anticoncorrenziali di cui trattasi, circostanza che sarebbe sufficiente a consentirle di imputarle la responsabilità di tutti i comportamenti.

246    A tal riguardo, occorre rilevare che, almeno per quanto riguarda HSBC, i comportamenti anticoncorrenziali contestati hanno avuto luogo nell’ambito di discussioni bilaterali. Pertanto, la circostanza che le discussioni alle quali HSBC ha partecipato siano potute rientrare in ciascuna delle categorie considerate ai punti 113, 358 e 392 della decisione impugnata, ammesso che sia dimostrata, non può essere, di per sé, sufficiente per imputare a HSBC la responsabilità del comportamento costituente un’infrazione delle banche con i quali essa non ha intrattenuto contatti diretti. Secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 198, spettava alla Commissione dimostrare che HSBC era al corrente di tali comportamenti costituenti un’infrazione previsti o attuati dalle altre banche o che essa poteva ragionevolmente prevederli.

247    A tal riguardo, occorre distinguere tra, da un lato, la manipolazione del 19 marzo 2007 e l’eventualità della sua reiterazione e, dall’altro, gli altri comportamenti presi in considerazione dalla Commissione a titolo dell’infrazione unica.

1)      Sulla conoscenza, da parte di HSBC, della partecipazione di altre banche alla manipolazione del 19 marzo 2007 e sull’eventualità della sua reiterazione

248    Dal 12 febbraio al 19 marzo 2007 HSBC ha partecipato alla manipolazione descritta ai precedenti punti da 85 a 90, volta a trarre profitto da offerte basse all’Euribor‑3M il 19 marzo 2007. Inoltre, in una conversazione del 19 marzo 2007 tenutasi fra uno dei traders di HSBC e il trader di Barclays, menzionata al punto 329 della decisione impugnata, è stato citato il principio della reiterazione di tale manipolazione. Tale reiterazione è stata nuovamente prevista dal trader di Barclays in una discussione con un altro trader di HSBC il 27 marzo 2007, menzionata al punto 339 della decisione impugnata.

249    È giocoforza constatare che, per quanto riguarda la manipolazione del 19 marzo 2007, la Commissione dispone di prove dirette che dimostrano la conoscenza, da parte di HSBC, del fatto che essa partecipava ad un’infrazione unica e continuata con altre banche.

250    La Commissione, infatti, fa correttamente riferimento, al punto 471 della decisione impugnata, alla conversazione del 12 febbraio 2007, presentandola come indicativa di tale conoscenza, da parte di HSBC, della partecipazione di altre banche.

251    La lettura di tale conversazione dimostra che il trader di Barclays porta la conversazione sul profitto che potrebbe essere ricavato da una manipolazione dello «spread» tra due prodotti derivati, i «futures» basati sull’Euribor‑3M e swap basati sull’EONIA il 19 marzo 2007.

252    Da un lato, da tale discussione risulta che il trader di Barclays rivela, in tale sede, a HSBC il «piano d’insieme» della manipolazione prevista, ossia un aumento progressivo delle posizioni «di acquisto» sui «futures» indicizzati all’Euribor‑3M, e successivamente un’azione concordata al fine di ridurre tale tasso il 19 marzo 2007.

253    A tal riguardo, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la conversazione successiva del 13 febbraio 2007, in cui il trader di HSBC sottolinea che il comportamento del trader di Barclays non è conforme al piano menzionato il giorno prima, è indicativa della corretta comprensione del modo in cui la manipolazione deve funzionare. Infatti, il trader di HSBC ha il sospetto che il comportamento di Barclays non si inserisca nella linea della strategia definita. Se è vero che la risposta di Barclays («je clean juste quelque truc») non sembra convincerlo del tutto («mouai[s]»), ciò non toglie che il risalto dato dal trader di HSBC a un comportamento di Barclays apparentemente contrario alla manipolazione prevista è un segno della sua corretta comprensione.

254    D’altro lato, il trader di Barclays ha sottolineato, nella conversazione del 12 febbraio 2007, che altre banche partecipavano a tale manipolazione, anche se non ha voluto svelare la loro identità. Ne risulta che il trader di HSBC era pienamente consapevole del fatto che altre banche partecipavano a detta manipolazione.

255    Anche se la loro identità non è stata svelata dal trader di Barclays, a seguito di tale conversazione, il trader di HSBC era dunque a conoscenza del fatto che un determinato numero di banche, mediante un’azione concordata, avrebbe ridotto il tasso dell’Euribor il 19 marzo 2007. Pertanto, si deve concludere che HSBC era al corrente dei comportamenti costituenti un’infrazione previsti o attuati da altre imprese nel perseguire i medesimi obiettivi, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 198.

256    Tale conclusione deve essere altresì estesa alle discussioni vertenti sul principio della reiterazione di tale manipolazione, che si sono svolte il 19 e 27 marzo 2007. Infatti, i traders di HSBC che avevano partecipato a tali discussioni potevano ragionevolmente prevedere che siffatta reiterazione si sarebbe verificata secondo modalità equivalenti e quindi con altre banche.

257    Inoltre, si deve concludere che la partecipazione di HSBC a tale infrazione unica ha avuto luogo in modo continuativo dal 12 al 27 marzo 2007.

258    A tal riguardo, da una giurisprudenza costante risulta che il principio della certezza del diritto impone che, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata di un’infrazione, la Commissione faccia valere, quantomeno, elementi probatori relativi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente presumere che detta infrazione sia durata ininterrottamente tra due date precise (v. sentenza del 16 giugno 2015, FSL e a./Commissione, T‑655/11, EU:T:2015:383, punto 482 e giurisprudenza ivi citata).

259    Anche se il periodo che intercorre tra due manifestazioni di un comportamento costitutivo di un’infrazione costituisce un criterio pertinente per acclarare il carattere continuativo di un’infrazione, ciononostante la questione se tale periodo sia o meno sufficientemente lungo per costituire un’interruzione dell’infrazione non può essere esaminata in astratto. Al contrario, occorre valutarla nel contesto del funzionamento dell’intesa in questione (v. sentenza del 16 giugno 2015, FSL e a./Commissione, T‑655/11, EU:T:2015:383, punto 483 e giurisprudenza ivi citata).

260    È vero che, sulla base del contesto del funzionamento dell’infrazione in questione, occorre prendere in considerazione il carattere giornaliero della fissazione dei tassi dell’Euribor. Ne discende necessariamente che gli effetti di una manipolazione di tali tassi sono limitati nel tempo e che essa deve essere reiterata affinché tali effetti continuino (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2017, Icap e a./Commissione, T‑180/15, EU:T:2017:795, punto 222).

261    Parimenti, occorre rammentare che, nel caso in cui il proseguimento di un accordo o di pratiche concordate richieda misure positive peculiari, la Commissione non può presumere la continuazione di un’intesa in assenza di prove dell’adozione di tali misure (v. sentenza del 10 novembre 2017, Icap e a./Commissione, T‑180/15, EU:T:2017:795, punto 223 e giurisprudenza ivi citata).

262    Tuttavia, nel caso di specie, occorre rilevare che il 19 marzo 2007 HSBC non solo ha partecipato alla manipolazione prevista per tale data essendo a conoscenza della partecipazione di altre banche ma ha anche discusso con Barclays, tramite i loro traders, del principio della reiterazione di tale manipolazione, discussione che è proseguita con un altro trader di HSBC il 27 marzo 2007. Si può pertanto concludere che, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 261, sono state adottate misure positive peculiari.

2)      Sulla conoscenza, da parte di HSBC, della partecipazione di altre banche agli altri comportamenti rientranti nell’infrazione unica

263    Si tratta qui di stabilire se la Commissione potesse legittimamente imputare a HSBC, per la sua partecipazione all’infrazione unica, tutti i comportamenti delle altre banche interessate.

264    Dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 198 e 199 risulta che la Commissione poteva dimostrare, in alternativa, da un lato, la conoscenza, da parte di HSBC, dell’esistenza di altri comportamenti costituenti un’infrazione o, dall’altro, il fatto che HSBC poteva ragionevolmente prevederli. Del pari, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 203, la Commissione può legittimamente basarsi su un complesso di indizi.

265    Tuttavia, dalla stessa giurisprudenza risulta che tale complesso di indizi, valutato globalmente, deve corrispondere a prove serie, precise e concordanti. Inoltre, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 204, la presunzione di innocenza implica che, qualora sussista un dubbio nella mente del giudice, esso deve andare a beneficio dell’impresa destinataria della decisione che constata un’infrazione.

266    In primo luogo, è giocoforza constatare che, giustamente, le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che la Commissione non ha sufficientemente dimostrato, nella decisione impugnata, che HSBC fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto essere a conoscenza, dell’esistenza di un «piano d’insieme» dotato di un unico obiettivo, tale da giustificare il fatto che le fossero imputati tutti i comportamenti rientranti in detto obiettivo unico, che vi abbia partecipato direttamente o meno.

267    Infatti, per le ragioni esposte ai precedenti punti da 233 a 235, occorre rilevare che l’elemento centrale che consente di giustificare l’esistenza di siffatto «piano d’insieme» consiste nel fatto che i diversi comportamenti oggetto dell’infrazione unica considerata sono stati diretti o controllati dallo stesso gruppo di persone.

268    Orbene, le ricorrenti sottolineano correttamente che nessuno dei traders di HSBC faceva parte di tale gruppo di persone. Al contrario, dalla decisione impugnata risulta che i traders di HSBC hanno ricevuto dal trader di Barclays soltanto un’informazione molto frammentaria, limitata a quanto era strettamente necessario per la sua partecipazione alla sola manipolazione del 19 marzo 2007, e successivamente alla sua reiterazione.

269    Non si può pertanto concludere che i traders di HSBC avrebbero dovuto, essi stessi, estrapolare dai frammenti di informazioni comunicati loro nell’ambito di un determinato comportamento – la manipolazione del 19 marzo 2007 – che un gruppo stabile di traders, la cui identità non è stata loro rivelata, partecipava ad altri comportamenti restrittivi della concorrenza nel mercato degli EIRD.

270    In secondo luogo, e per ragioni analoghe, le motivazioni della decisione impugnata, sintetizzate ai precedenti punti da 242 a 244, non consentono di dimostrare che HSBC fosse a conoscenza dei comportamenti costituenti un’infrazione delle altre imprese o potesse ragionevolmente prevederli.

271    Infatti, ad eccezione del risalto dato dalla Commissione al fatto che il trader di Barclays ha spiegato al trader di HSBC il piano ai fini della manipolazione del 19 marzo 2007 con modalità che implicavano la partecipazione di altre banche, è giocoforza constatare che gli altri elementi dedotti dalla Commissione si basano, in realtà, sulla premessa che i traders di HSBC avrebbero dovuto dedurre dal fatto che traders di altre banche operanti sul mercato delle EIRD si conoscevano, che questi ultimi si dedicavano a pratiche restrittive della concorrenza idonee ad incidere sui flussi di cassa generati dagli EIRD.

272    È giocoforza constatare che siffatta premessa non può essere accolta senza violare la giurisprudenza citata al precedente punto 203.

273    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che era possibile ritenere che HSBC avesse partecipato a un’infrazione unica e continuata solo per quanto riguarda, da un lato, i suoi propri comportamenti a titolo di detta infrazione e, dall’altro, i comportamenti delle altre banche rientranti nell’ambito della manipolazione del 19 marzo 2007 e della sua eventuale reiterazione.

274    La Commissione ha quindi erroneamente imputato a HSBC comportamenti diversi da quelli individuati al precedente punto 273.

c)      Sul terzo motivo, riguardante lintenzione di HSBC di partecipare allinfrazione unica e continuata

275    Nell’ambito del loro terzo motivo, le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che la condizione di cui alla giurisprudenza citata al precedente punto 198 – secondo cui un’impresa deve avere l’intenzione di contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti – non è soddisfatta nei loro confronti.

276    In tale ambito, esse affermano, in sostanza, che HSBC non poteva essere consapevole di partecipare a un’infrazione unica in relazione ai diversi comportamenti che le sono addebitati. Le ricorrenti mettono altresì in evidenza il fatto che HSBC ha partecipato all’infrazione in modo diverso e più marginale rispetto agli operatori principali.

277    La Commissione chiede il rigetto di tale motivo.

278    Alla luce della conclusione del Tribunale relativa al quarto motivo, quale risulta dal precedente punto 274, è sufficiente esaminare il presente motivo per quanto riguarda la manipolazione del 19 marzo 2007 e la sua reiterazione.

279    Orbene, per quanto riguarda le ricorrenti, l’intenzione di partecipare ad un’infrazione unica emerge chiaramente dagli elementi di prova prodotti dalla Commissione. Per quanto attiene, più in particolare, alla manipolazione del 19 marzo 2007, se è vero che il trader di HSBC sembra aver nutrito dubbi quanto al funzionamento di tale manipolazione – come dimostra la discussione del 13 febbraio 2007 e il rammarico che sembra aver provato in seguito per non aver costruito una posizione di acquisto più rilevante di «futures» indicizzati all’Euribor‑3M – ciò non toglie che egli abbia partecipato, unitamente ai traders delle altre banche, alla manovra di riduzione dei tassi dell’Euribor‑3M il 19 marzo 2007, chiedendo alla persona incaricata delle comunicazioni in seno alla sua banca di presentare offerte basse in tale data, come è avvenuto.

280    Pertanto, il terzo motivo dev’essere respinto.

3.      Sul quinto motivo, vertente su un errore di diritto e sulla violazione delle forme sostanziali tenuto conto dello svolgimento del procedimento amministrativo

281    Le ricorrenti sostengono che la decisione di transazione ha pregiudicato la responsabilità di HSBC e ha irrimediabilmente pregiudicato il loro diritto di essere sentite. Esse ne deducono che la decisione impugnata dovrebbe essere annullata per violazione, da un lato, del principio della presunzione di innocenza e, dall’altro, dei principi di buona amministrazione e di rispetto dei diritti della difesa. Esse fanno altresì riferimento alle dichiarazioni del commissario Almunia vertenti sui risultati dell’indagine relativa agli EIRD e precedenti all’adozione della decisione impugnata. Esse sottolineano altresì di non aver avuto la possibilità di presentare osservazioni sulla comunicazione degli addebiti inviata alle parti, in quanto hanno deciso di transigere.

282    La Commissione chiede il rigetto del presente motivo.

283    Per quanto riguarda la censura vertente sul fatto che la decisione di transazione sarebbe stata adottata in violazione del principio della presunzione di innocenza, occorre ricordare che detto principio costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, ora sancito dall’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, il quale si applica alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende (v. sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punti 72 e 73 e giurisprudenza ivi citata).

284    Il principio della presunzione di innocenza implica che ogni persona accusata è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. Tale principio osta, quindi, a qualsiasi constatazione formale ed anche a qualsiasi allusione alla responsabilità della persona cui sia imputata una data infrazione in una decisione che pone fine all’azione, senza che la persona abbia potuto beneficiare di tutte le garanzie inerenti all’esercizio dei diritti della difesa nell’ambito di un procedimento che segua il suo corso normale e si concluda con una decisione sulla fondatezza dell’addebito (v. sentenza del 10 novembre 2017, Icap e a./Commissione, T‑180/15, EU:T:2017:795, punto 257 e giurisprudenza ivi citata).

285    Inoltre, da una giurisprudenza costante risulta che la Commissione è tenuta a rispettare, nel corso di un procedimento amministrativo in materia di intese, il diritto a una buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 154 e giurisprudenza ivi citata).

286    A termini dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, ogni individuo ha diritto in particolare a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale dalle istituzioni dell’Unione. Tale esigenza di imparzialità riguarda, da un lato, il profilo soggettivo, nel senso che nessuno dei membri dell’istituzione interessata che è incaricato della questione manifesti opinioni preconcette o pregiudizi personali e, dall’altro, il profilo oggettivo, nel senso che l’istituzione è tenuta ad offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio (v. sentenza dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 155 e giurisprudenza ivi citata).

287    Tuttavia, la questione se un eventuale difetto di imparzialità oggettiva della Commissione che sarebbe potuto derivare da una violazione del principio della presunzione di innocenza nei confronti di HSBC al momento dell’adozione della decisione di transazione abbia potuto incidere sulla legittimità della decisione impugnata si confonde con la questione se gli accertamenti effettuati in detta decisione siano debitamente suffragati dagli elementi di prova che la Commissione ha prodotto (v., in tal senso, sentenze del 6 luglio 2000, Volkswagen/Commissione, T‑62/98, EU:T:2000:180, punto 270, e del 16 giugno 2011, Bavaria/Commissione, T‑235/07, EU:T:2011:283, punto 226).

288    Pertanto, anche supponendo che un eventuale difetto di imparzialità oggettiva della Commissione abbia potuto indurla a ritenere, erroneamente, da un lato, che le discussioni del 9 e 14 marzo 2007 alle quali HSBC aveva partecipato fossero dotate di un oggetto restrittivo della concorrenza o, dall’altro, che potessero esserle imputati per l’infrazione unica e continuata taluni comportamenti delle altre banche, non collegati alla manipolazione del 19 marzo 2007 o alla sua reiterazione, occorre rilevare che l’illegittimità di tali aspetti della decisione impugnata è già stata rilevata al termine dell’esame, rispettivamente, della seconda parte del primo motivo e del quarto motivo.

289    Quanto alle altre constatazioni effettuate nella decisione impugnata, l’irregolarità attinente a un eventuale difetto di imparzialità oggettiva della Commissione potrebbe comportare l’annullamento di detta decisione solo se si dimostrasse che, in mancanza di tale irregolarità, tale decisione avrebbe avuto un contenuto diverso (sentenza del 6 luglio 2000, Volkswagen/Commissione, T‑62/98, EU:T:2000:180, punto 283). Orbene, nel caso di specie, nell’esercizio di un controllo pieno sulle motivazioni pertinenti di tale decisione, si è constatato che, fatta eccezione per gli aspetti menzionati al precedente punto 288, la Commissione aveva dimostrato adeguatamente la partecipazione di HSBC all’infrazione di cui trattasi. Pertanto, nulla lascia supporre che, senza l’adozione della decisione di transazione prima dell’adozione della decisione impugnata, il contenuto di quest’ultima sarebbe stato diverso.

290    Nella loro replica, le ricorrenti fanno valere che il difetto di imparzialità oggettiva della Commissione nelle circostanze del caso di specie è più grave che nelle cause sfociate nelle sentenze del 6 luglio 2000, Volkswagen/Commissione (T‑62/98, EU:T:2000:180, punti 270 e 283), e del 16 giugno 2011, Bavaria/Commissione (T‑235/07, EU:T:2011:283, punto 226), in quanto, in tali cause, il difetto di imparzialità si sarebbe verificato dopo che le parti sono state sentite.

291    Tuttavia, è giocoforza constatare che il principio secondo il quale un’irregolarità di questo tipo può comportare l’annullamento della decisione impugnata solo se è dimostrato che, in mancanza di tale irregolarità, tale decisione avrebbe avuto un contenuto diverso rientra in una giurisprudenza consolidata, risalente alla sentenza del 16 dicembre 1975, Suiker Unie e a./Commissione (da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, EU:C:1975:174, punti 90 e 91). A tal riguardo, occorre rilevare che tale sentenza è stata pronunciata in un contesto relativamente simile a quello della presente causa, dal momento che le ricorrenti contestavano alla Commissione di aver violato il principio del processo equo rilasciando talune dichiarazioni pubbliche che facevano apparire come dimostrata l’esistenza delle infrazioni asserite, e ciò in un momento in cui gli interessati non avrebbero ancora potuto prendere posizione sulle censure che li riguardavano.

292    Per ragioni analoghe, occorre altresì respingere, in quanto inoperanti, gli altri argomenti dedotti dalle ricorrenti a sostegno della loro censura vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione, nonché della censura relativa alla violazione dei loro diritti della difesa.

293    Tenuto conto delle suesposte considerazioni, il quinto motivo deve essere respinto.

4.      Sullincidenza degli errori constatati nellambito del primo e del quarto motivo sulla legittimità dellarticolo 1 della decisione impugnata

294    Ai sensi dell’articolo 1 della decisione impugnata: «[l]e seguenti imprese hanno violato l’articolo 101 del Trattato e l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando, durante i periodi indicati, a un’infrazione unica e continuata relativa ai derivati sui tassi di interesse in euro. Tale infrazione, che si estendeva all’intero SEE, è consistita in accordi e/o pratiche concordate aventi lo scopo di falsare il corso normale delle componenti dei prezzi nel settore dei derivati sui tassi di interesse in euro: (…) b) [le ricorrenti] dal 12 febbraio 2007 al 27 marzo 2007».

295    Occorre rilevare che gli errori in cui è incorsa la Commissione per quanto riguarda la qualificazione da essa adottata relativamente alle discussioni del 9 e 14 marzo 2007, individuati ai precedenti punti da 166 a 195, sono privi di incidenza sulla legittimità dell’articolo 1 della decisione impugnata e, in particolare, dell’articolo 1, lettera b), della decisione impugnata, dal momento che la conclusione in esso contenuta resta giustificata anche in mancanza della presa in considerazione di queste due discussioni.

296    Lo stesso vale per gli errori in cui è incorsa la Commissione per quanto riguarda la determinazione precisa dei comportamenti che potevano essere imputati a HSBC a titolo di partecipazione ad un’infrazione unica e continuata, individuati ai precedenti punti da 263 a 274. Infatti, la partecipazione di HSBC, unitamente ad altre banche, alla manipolazione del 19 marzo 2007 e il fatto di aver previsto la sua reiterazione consentono, di per sé, di giustificare adeguatamente l’articolo 1, lettera b), della decisione impugnata.

297    Tuttavia, nei limiti in cui, tra gli elementi che possono rientrare nella valutazione della gravità di un’infrazione, figurano il numero e l’intensità dei comportamenti anticoncorrenziali e per le ragioni esposte al precedente punto 123, è eventualmente al momento della valutazione del carattere proporzionato dell’importo dell’ammenda che spetterà al Tribunale trarre le conseguenze dall’erroneità di tali valutazioni.

B.      Sulle domande di annullamento dell’articolo 2, lettera b), della decisione impugnata e, in subordine, di riforma dell’importo dell’ammenda inflitta

298    Le ricorrenti contestano la legittimità dell’articolo 2, lettera b), della decisione impugnata, con cui la Commissione ha inflitto loro un’ammenda a causa della partecipazione di HSBC all’infrazione. Tale motivo può essere suddiviso in quattro parti, poiché le ricorrenti contestano, in primo luogo, l’utilizzo delle entrate in denaro attualizzate al fine di valutare il valore delle vendite; in secondo luogo, il fattore di gravità applicato; in terzo luogo, l’importo addizionale applicato e, in quarto luogo, la valutazione delle circostanze attenuanti. Le ricorrenti chiedono, in via principale, l’annullamento dell’articolo 2, lettera b), della decisione impugnata e, in subordine, che il Tribunale eserciti la sua competenza estesa al merito al fine di ridurre l’importo dell’ammenda loro inflitta.

299    Nell’ambito della prima parte del presente motivo, le ricorrenti contestano alla Commissione di aver fondato il valore delle vendite sulla base delle entrate in denaro a titolo degli EIRD ricevute da HSBC nel corso del periodo dell’infrazione, alle quali è stato applicato un fattore pari al 98,849%.

300    Il ragionamento della Commissione figura ai punti da 639 a 648 della decisione impugnata.

301    In primo luogo, la Commissione ha constatato, al punto 639 della decisione impugnata, che gli strumenti derivati sui tassi di interesse non generavano vendite nel senso abituale del termine e ha applicato, di conseguenza, un valore sostitutivo specifico per il valore delle vendite, che costituisce un punto di partenza per il calcolo degli importi delle ammende. Al punto 640 essa ha ritenuto preferibile non basarsi sul valore sostitutivo delle vendite realizzate durante l’ultimo anno, e, data la breve durata dell’infrazione commessa da talune parti, la dimensione variabile del mercato degli EIRD durante il periodo dell’infrazione e le differenze di durata della partecipazione delle banche interessate, ha ritenuto che fosse più appropriato basarsi sul valore delle vendite effettivamente realizzate dalle imprese nel corso dei mesi corrispondenti alla partecipazione di ciascuna di esse all’infrazione.

302    Al punto 641 della decisione impugnata, essa ha ritenuto che le vendite, nel senso abituale del termine, corrispondessero agli afflussi di benefici economici che assumevano assai spesso la forma di denaro contante o quasi contante e ha osservato che il comportamento anticoncorrenziale nella presente causa riguardava, in particolare, la collusione sulle componenti dei prezzi pertinenti per i flussi di cassa associati agli EIRD. Per questi motivi, essa ha deciso di determinare, per tutte le parti, il valore annuo delle vendite sulla base delle entrate in denaro, ossia i «flussi di cassa che ogni banca ha ottenuto dal suo rispettivo portafoglio di EIRD collegati a qualsiasi scadenza Euribor e/o EONIA e conclusi con controparti aventi sede nel SEE».

303    Al punto 642 della decisione impugnata, essa ha preso in considerazione un importo di entrate in denaro pari a EUR 16 688 253 649 per quanto riguarda HSBC.

304    In secondo luogo, al punto 643 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto opportuno ridurre le cifre delle entrate in denaro, prese in considerazione nei confronti di HSBC e delle altre banche, in base a un fattore uniforme adeguato, al fine di tener conto delle peculiarità del mercato degli EIRD, in particolare della compensazione inerente alla negoziazione di prodotti derivati. Al punto 648 della decisione impugnata, tale fattore uniforme è stato fissato al 98,849%.

305    La giustificazione del livello di tale fattore di riduzione si fonda nella decisione impugnata su cinque serie di motivi. Sotto un primo profilo, la Commissione si è basata, al punto 644, sulla compensazione, inerente alla negoziazione dei prodotti derivati in generale, valutata secondo l’International Swap Dealer Association nel senso che implica una riduzione compresa tra l’85 e il 90%.

306    Sotto un secondo profilo, al punto 645, essa ha messo in evidenza la specificità della compensazione degli EIRD, dal momento che il confronto tra le entrate in denaro delle parti e i saldi netti in denaro a titolo degli EIRD dimostra che l’applicazione di un tasso tra l’85 e il 90% condurrebbe ad ammende troppo dissuasive.

307    Sotto un terzo profilo, al punto 646, essa ha constatato che l’intesa sugli EIRD ha determinato un sovraccosto nettamente inferiore a quello del 20%, generalmente causato da questo tipo di intesa nei settori convenzionali.

308    Sotto un quarto profilo, al punto 647, la Commissione ha ricordato che essa non era tenuta ad applicare una formula matematica precisa e disponeva di un margine di discrezionalità nel determinare l’importo di ciascuna ammenda.

309    Sotto un quinto profilo, al punto 648, la Commissione ha sottolineato di aver applicato ai destinatari della decisione impugnata, lo stesso tasso utilizzato per calcolare gli importi delle ammende inflitte ai destinatari della decisione di transazione.

310    In terzo luogo, la Commissione ha risposto alle critiche presentate nel corso del procedimento amministrativo. In tale ambito essa ha confutato, ai punti da 656 a 662 della decisione impugnata, l’affermazione secondo la quale il ricorso alle entrate in denaro attualizzate presentava un carattere inappropriato. In tal senso, essa ha fatto valere che, rispetto alle entrate e ai pagamenti netti in denaro suggeriti dalle ricorrenti, i quali potrebbero condurre a risultati negativi, la presa in considerazione delle entrate in denaro attualizzate era più conforme agli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: «gli orientamenti del 2006»), secondo cui le vendite, e non l’utile, costituivano il punto di partenza per il calcolo delle ammende.

311    Per quanto riguarda le critiche mosse contro il fattore di riduzione, la Commissione, in particolare, ha sottolineato, al punto 710 della decisione impugnata, di essere stata trasparente riguardo alla sua intenzione di ridurre le entrate in denaro di un fattore uniforme di almeno il 97,5%. Essa ha altresì fatto valere, al punto 713, di non aver applicato fattori di riduzione individuali, poiché essi avrebbero potuto sfociare in una disparità di trattamento.

312    Nell’ambito della presente parte del motivo, le ricorrenti deducono, essenzialmente, tre censure per contestare la legittimità del calcolo del valore delle vendite. In primo luogo, esse contestano il principio stesso del ricorso alle entrate in denaro cui è associato un fattore di riduzione del 98,849%. In secondo luogo, esse ritengono che la Commissione abbia erroneamente incluso le entrate in denaro derivanti da contratti conclusi anteriormente all’intesa. Infine, in terzo luogo, esse contestano la motivazione del fattore di riduzione.

1.      Sulla prima censura, vertente sullerroneità del ricorso alle entrate in denaro attualizzate

313    Le ricorrenti sostengono che, se è vero che la Commissione ha giustamente osservato, al punto 639 della decisione impugnata, che i derivati sui tassi di interesse «non genera[vano] vendite nel senso abituale», essa ha erroneamente valutato il suddetto valore delle vendite basandosi sulle entrate in denaro ricevute a titolo degli EIRD alle quali è stato associato un fattore di riduzione del 98,849%. Esse contestano alla Commissione di aver preso in considerazione soltanto le entrate di capitali a titolo degli EIRD e non le uscite di capitali, mentre una manipolazione dei tassi di riferimento incide su questi due aspetti. Tale approccio avrebbe contribuito a sovrastimare notevolmente gli introiti generati dall’attività di trading degli EIRD. Esse fanno valere che la motivazione, contenuta al punto 659 della decisione impugnata, vertente sul fatto che la presa in considerazione dei pagamenti in entrata non può portare a vendite nulle o negative, non fa delle entrate in denaro un indicatore adeguato del valore delle vendite. Lo stesso varrebbe per la messa in evidenza, al punto 660 di detta decisione, del fatto che sono le vendite a costituire il punto di partenza del calcolo delle ammende negli orientamenti del 2006.

314    La Commissione ritiene di aver correttamente valutato il valore delle vendite con riferimento alle entrate in denaro cui è stato applicato un fattore di riduzione.

315    Essa osserva che le uscite di capitali a titolo degli EIRD non sono state ignorate. L’applicazione del fattore di riduzione avrebbe proprio l’obiettivo di prendere in considerazione la compensazione inerente all’attività di trading. Sotto il profilo della dissuasione, siffatto approccio sarebbe più adeguato di quello, privilegiato dalle ricorrenti, delle entrate e dei pagamenti netti in denaro, che potrebbe condurre a valori negativi.

316    Il Tribunale ricorda in via preliminare che, per quanto riguarda la legittimità di una decisione che infligge un’ammenda, il controllo approfondito, in diritto e in fatto, che il giudice dell’Unione esercita su tutti gli elementi delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti a norma degli articoli 101 e 102 TFUE, richiamato al precedente punto 44, implica che esso non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli orientamenti né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare a un controllo approfondito (v., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 62).

317    In primo luogo, occorre ricordare che è pacifico tra le parti che gli EIRD «non generano vendite nel senso abituale del termine», come ricordato al punto 639 della decisione impugnata.

318    In secondo luogo, mentre l’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 si riferisce in generale alla gravità e alla durata dell’infrazione, la metodologia prescelta dalla Commissione per applicare tale disposizione nei suoi orientamenti del 2006 fa svolgere un ruolo centrale alla nozione di «valore delle vendite», in quanto contribuisce a determinare l’importanza economica dell’infrazione nonché il peso relativo di ciascuna impresa che vi ha partecipato (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 76). Infatti, ai sensi del punto 13 degli orientamenti del 2006, «[a]l fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce (...), realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo (SEE)». Nella parte introduttiva, detti orientamenti precisano, al punto 6, che «[l]a combinazione della durata e del valore delle vendite a cui l’infrazione si riferisce è considerata un parametro adeguato per esprimere l’importanza economica dell’infrazione nonché il peso relativo di ciascuna impresa che vi ha partecipato».

319    In terzo luogo, occorre ricordare che la Commissione è legittimata a non applicare il metodo enunciato negli orientamenti in presenza di motivi che lo giustifichino. Infatti, le esigenze di un esame particolare di ciascuna situazione individuale, da parte della Commissione, quando infligge sanzioni ai sensi dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 implicano necessariamente che essa si discosti, eventualmente, se la specificità della situazione individuale lo richiede, dalla metodologia prevista dagli orientamenti. Tale possibilità, sottolineata dalla giurisprudenza (sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 209 e 210), è ormai esplicitamente ripresa al punto 37 degli orientamenti del 2006.

320    Nel caso di specie, si deve verificare se la Commissione non sia incorsa in errori di valutazione nel valutare il valore delle vendite degli EIRD in base alle entrate in denaro attualizzate. Ciò implica, in particolare, di esaminare se l’approccio favorito dalla Commissione consentisse di tenere conto della compensazione inerente agli EIRD, in quanto tali contratti danno luogo sia a entrate che a pagamenti.

321    Occorre rammentare che dai punti 15 e 16 degli orientamenti del 2006 risulta che, per determinare il valore delle vendite di un’impresa, la Commissione si avvarrà dei migliori dati disponibili di tale impresa. Qualora i dati resi disponibili da un’impresa non siano completi o attendibili, la Commissione può determinare il valore delle vendite di tale impresa sulla base dei dati parziali ottenuti o di qualsiasi altra informazione che essa ritenga pertinente o appropriata.

322    È giocoforza constatare che l’approccio privilegiato dalla Commissione tende a riflettere meglio il valore delle vendite – e quindi l’importanza economica dell’infrazione – rispetto all’approccio alternativo proposto dalle ricorrenti nel corso del procedimento amministrativo, basato sulle entrate e sui pagamenti netti in denaro. Si tratterebbe, in sostanza, di prendere in considerazione solo il saldo dei flussi di cassa durante il periodo dell’infrazione, ossia un dato simile all’utile ricavato dalle attività di trading.

323    Infatti, come ha giustamente ricordato la Commissione al punto 659 della decisione impugnata, siffatta limitazione sarebbe in contrasto con la logica che ha ispirato la sua scelta di fissare, nella metodologia contenuta negli orientamenti del 2006, l’importo di base con riferimento al valore delle vendite, ossia riflettere l’importanza economica dell’infrazione e il peso della partecipazione dell’impresa interessata.

324    Pertanto, dal momento che, da un lato, l’approccio privilegiato dalla Commissione è conforme alla logica sottesa alla scelta del valore delle vendite e, dall’altro, le ricorrenti non hanno proposto alcun metodo alternativo più appropriato nel corso del procedimento amministrativo, non si può concludere che il principio della presa in considerazione delle entrate in denaro attualizzate sia, intrinsecamente, errato.

325    Tuttavia, nell’approccio privilegiato dalla Commissione, non occorre soltanto che la determinazione dell’importo delle entrate in denaro sia esente da vizi. Ciò vale anche per quanto riguarda la determinazione del tasso del fattore di riduzione applicato.

326    Infatti, quest’ultimo è portato a svolgere un ruolo essenziale nella determinazione del valore delle vendite, a causa dell’importo particolarmente elevato determinato dalla presa in considerazione delle sole entrate in denaro, vale a dire senza deduzione dei pagamenti corrispondenti.

327    Pertanto, a titolo di esempio, in base all’applicazione degli elementi relativi alla gravità, alla durata, all’importo supplementare e alle circostanze attenuanti considerati dalla Commissione nella decisione impugnata, e senza pregiudicare la valutazione della fondatezza di questi ultimi, il Tribunale rileva che una variazione dello 0,1% del tasso di detto fattore inciderebbe sull’importo finale dell’ammenda di quasi EUR 16 221 000.

328    Da quanto precede discende che, nel modello privilegiato dalla Commissione al fine di determinare il valore delle vendite, la precisazione del tasso del fattore di riduzione è fondamentale, dal momento che la minima variazione di detto fattore è destinata ad incidere in modo determinante sull’importo dell’ammenda inflitta alle imprese interessate.

329    Con tale riserva, il secondo motivo deve essere respinto.

2.      Sulla seconda censura, vertente sullerroneità della presa in considerazione delle entrate in denaro derivanti da contratti conclusi prima dellinizio della partecipazione di HSBC allinfrazione

330    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha preso erroneamente in considerazione le entrate in denaro attualizzate generate da contratti conclusi prima dei comportamenti contestati a HSBC.

331    La Commissione chiede il rigetto della presente censura.

332    Come la Corte ha avuto occasione di sottolineare, il punto 13 degli orientamenti del 2006 ha l’obiettivo di assumere quale base iniziale per il calcolo dell’ammenda inflitta a un’impresa un importo che rifletta l’importanza economica dell’infrazione e il peso di tale impresa nella stessa. Conseguentemente, se è vero che la nozione di «valore delle vendite» di cui al punto 13 non può, certamente, estendersi sino a ricomprendere le vendite realizzate dall’impresa interessata che non rientrano nella sfera di applicazione dell’intesa contestata, l’obiettivo perseguito da tale disposizione risulterebbe comunque pregiudicato se tale nozione fosse intesa come comprendente unicamente il fatturato realizzato con le sole vendite per le quali risulta accertato che sono state effettivamente oggetto dell’intesa (sentenza del 7 settembre 2016, Pilkington Group e a./Commissione, C‑101/15 P, EU:C:2016:631, punto 19).

333    Pertanto, le vendite realizzate in forza di contratti conclusi anteriormente al periodo dell’infrazione possono essere validamente incluse nel valore delle vendite calcolato ai sensi del punto 13 degli orientamenti del 2006, ai fini del calcolo dell’importo di base dell’ammenda, a pari titolo delle vendite realizzate in forza di contratti conclusi nel corso del periodo di infrazione, ma per le quali non è stato dimostrato che avessero formato lo specifico oggetto di una collusione (sentenza del 7 settembre 2016, Pilkington Group e a./Commissione, C‑101/15 P, EU:C:2016:631, punto 20).

334    Una siffatta soluzione è tanto più trasponibile alle circostanze del caso di specie, in quanto la manipolazione dell’Euribor a cui HSBC ha partecipato incideva sul tasso variabile dei contratti indicizzato all’Euribor‑3M giungendo a scadenza il 19 marzo 2007, a prescindere dal fatto che la data della loro conclusione fosse precedente o successiva al 12 febbraio 2007, data di partenza della partecipazione di HSBC all’infrazione.

335    La seconda censura deve essere, pertanto, respinta.

3.      Sulla terza censura, vertente sullinsufficiente motivazione del fattore di riduzione del 98,849% applicato dalla Commissione

336    Le ricorrenti fanno valere che la determinazione del fattore di riduzione è viziata da un’insufficienza di motivazione, in quanto non consente loro di comprendere le ragioni per le quali l’importo di base dell’ammenda è stato fissato a tale livello. Esse sottolineano, in particolare, che quest’ultimo prende in considerazione l’ipotesi di un sovraccosto ipotetico tra 2 e 4 punti base, senza spiegare sotto quale profilo siffatto sovraccosto fosse realistico in circostanze in cui una banca, in realtà, poteva far variare, tutt’al più, il tasso di riferimento solo di 0,1 punti base, come attesterebbe la nota a piè di pagina n. 441 della decisione impugnata. Le ricorrenti ricordano che l’applicazione, da parte della Commissione, di un approccio nuovo e inedito per la determinazione del valore delle vendite rendeva il rispetto dell’obbligo di motivazione ancor più necessario.

337    La Commissione fa valere che il fattore di riduzione del 98,849% è sufficientemente motivato, dal momento che le motivazioni esposte ai punti da 643 a 646 della decisione impugnata consentono alle ricorrenti di comprendere sotto quale profilo tale fattore è stato considerato adeguato. Quanto alla menzione del sovraccosto da 2 a 4 punti base preso in considerazione al punto 646, nella decisione impugnata sarebbe precisato che si tratta di un sovraccosto ipotetico. La Commissione ricorda, a tal riguardo, che essa dispone di un margine di discrezionalità nel determinare l’importo di ciascuna ammenda e che essa non è tenuta a seguire un approccio matematico.

338    Come riconosciuto da consolidata giurisprudenza, l’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296, secondo comma, TFUE costituisce una formalità sostanziale che dev’essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Sotto tale profilo, la motivazione prescritta dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Per quanto riguarda, in particolare, la motivazione delle decisioni individuali, l’obbligo di motivare tali decisioni ha quindi lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione sia eventualmente affetta da un vizio che consenta di contestarne la validità (v. sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punti da 146 a 148 e giurisprudenza ivi citata; sentenze dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punti 114 e 115, e del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione, T‑95/15, EU:T:2016:722, punto 44).

339    Inoltre, l’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o qualsiasi altra persona, che detto atto riguardi ai sensi dell’articolo 263, quarto comma TFUE, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296 TFUE occorre far riferimento non solo al suo tenore, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 150; dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 116, e del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione, T‑95/15, EU:T:2016:722, punto 45).

340    La giurisprudenza precisa inoltre che, in linea di principio, la motivazione deve dunque essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio. La carenza di motivazione non può essere regolarizzata dal fatto che l’interessato apprende i motivi della decisione nel corso del procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione (sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 149; del 19 luglio 2012, Alliance One International e Standard Commercial Tobacco/Commissione, C‑628/10 P e C‑14/11 P, EU:C:2012:479, punto 74, e del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione, T‑95/15, EU:T:2016:722, punto 46).

341    Con riferimento a una decisione che infligge un’ammenda, la Commissione è tenuta a fornire una motivazione, in particolare quanto all’importo dell’ammenda inflitta e al metodo scelto a tal riguardo (sentenza del 27 settembre 2006, Jungbunzlauer/Commissione, T‑43/02, EU:T:2006:270, punto 91). Le spetta precisare, nella sua decisione, gli elementi di giudizio che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione, senza essere tenuta ad inserirvi una spiegazione più dettagliata ovvero i dati in cifre relativi al metodo di calcolo dell’ammenda (sentenza del 13 luglio 2011, Schindler Holding e a./Commissione, T‑138/07, EU:T:2011:362, punto 243). Essa deve tuttavia spiegare la ponderazione e la valutazione che essa ha effettuato degli elementi considerati (sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 61).

342    Precisazioni fornite dall’autore di una decisione impugnata, nel corso del procedimento contenzioso, intese ad integrare una motivazione già di per sé sufficiente, non sono propriamente riconducibili all’osservanza dell’obbligo di motivazione, ancorché possano essere utili per il controllo interno della motivazione della decisione, esercitato dal giudice Unione, in quanto consentano all’istituzione di esporre le ragioni addotte a fondamento della sua decisione. Pertanto, ulteriori spiegazioni, che vanno oltre il suo obbligo di motivazione, possono consentire alle imprese di conoscere in maniera circostanziata le modalità di calcolo dell’ammenda loro inflitta e, in via più generale, contribuire alla trasparenza dell’azione amministrativa e agevolare l’esercizio, da parte del Tribunale, della sua competenza estesa al merito, che deve consentirgli di valutare, oltre alla legittimità della decisione impugnata, la congruità dell’ammenda inflitta. Tuttavia, tale facoltà non può modificare l’ampiezza delle prescrizioni che discendono dall’obbligo di motivazione (sentenza del 16 novembre 2000, Cascades/Commissione, C‑279/98 P, EU:C:2000:626, punti 45 e 47).

343    La Commissione fa riferimento alla giurisprudenza citata al precedente punto 341 per sottolineare, in sostanza, che essa non era tenuta ad esplicitare in modo preciso, nella decisione impugnata, la valutazione in cifre che ha condotto all’applicazione di un fattore di riduzione del 98,849%.

344    A tal riguardo, il Tribunale rileva che, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 339, l’obbligo di motivazione deve essere valutato in base alle circostanze del caso di specie. Orbene, queste ultime presentano due notevoli specificità.

345    Da un lato, la Commissione, nel caso di specie, ha deciso di applicare la metodologia contenuta negli orientamenti del 2006 anziché di discostarsene, ciò che essa sarebbe stata legittimata a fare in base alla giurisprudenza richiamata al precedente punto 319 e al punto 37 di detti orientamenti. Essa ha pertanto scelto di seguire una metodologia in cui, per le ragioni esposte al precedente punto 318, la determinazione del «valore delle vendite» svolgeva un ruolo centrale, sebbene essa avesse rilevato al punto 639 della decisione impugnata che gli EIRD non generavano vendite nel senso abituale del termine.

346    Pertanto, era essenziale che la motivazione della decisione impugnata consentisse alle ricorrenti di verificare se il valore sostitutivo prescelto dalla Commissione fosse eventualmente inficiato da un vizio che permettesse di contestarne la validità e al Tribunale di esercitare il proprio controllo.

347    D’altro lato, come è stato sottolineato al precedente punto 325, nell’approccio seguito dalla Commissione, il fattore di riduzione svolge un ruolo essenziale a causa dell’importo particolarmente elevato delle entrate in denaro al quale è destinato ad essere applicato.

348    Ne consegue che, nelle circostanze del caso di specie, poiché la Commissione ha deciso di determinare l’importo di base dell’ammenda mediante applicazione di un modello numerico in cui il fattore di riduzione è chiamato a svolgere un ruolo essenziale, era necessario che le imprese interessate fossero messe in grado di comprendere come essa fosse approdata ad un fattore di riduzione fissato proprio al 98,849% e che il Tribunale fosse in grado di esercitare un controllo approfondito, in diritto e in fatto, su tale elemento della decisione impugnata, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 316.

349    Orbene, dai punti 643, da 644 a 646 e 648 della decisione impugnata risulta soltanto che il fattore di riduzione doveva essere superiore al 90% in quanto, da un lato, il confronto tra le entrate in denaro delle parti e i saldi netti in denaro a titolo degli EIRD dimostrava che l’applicazione di un tasso tra l’85 e il 90% avrebbe condotto a ammende troppo dissuasive e, dall’altro, che l’intesa in questione ha determinato un sovraccosto nettamente inferiore a quello del 20% generalmente causato da questo tipo di intesa nei settori convenzionali. Al punto 648 della decisione impugnata, la Commissione afferma, da un lato, di aver proceduto ad una stima dei fattori menzionati ai punti da 643 a 646, senza tuttavia precisare quale valore abbia attribuito a questi diversi fattori al fine di fissare il tasso di riduzione esattamente al 98,849%. D’altro lato, essa afferma di aver applicato la stessa metodologia nella determinazione dei valori di vendita utilizzata per calcolare gli importi delle ammende nella decisione di transazione. Tuttavia, è giocoforza constatare che dalla decisione di transazione non risulta alcuna indicazione supplementare quanto alla determinazione del tasso di riduzione al 98,849%.

350    La sola ulteriore indicazione contenuta nella decisione impugnata consiste nel richiamo, al punto 710, di ciò che la Commissione aveva sottolineato nel corso del procedimento amministrativo, vale a dire che il fattore di riduzione uniforme sarebbe stato pari almeno al 97,5%.

351    È giocoforza constatare che tali considerazioni non forniscono alle ricorrenti una spiegazione delle ragioni per cui il fattore di riduzione è stato fissato al 98,849% piuttosto che ad un livello eventualmente superiore. Del pari, in mancanza di una spiegazione più dettagliata sulle ragioni per cui tali considerazioni hanno portato alla fissazione del fattore di riduzione a tale livello preciso, il Tribunale non è in grado di esercitare un controllo approfondito in diritto e in fatto su un elemento della decisione che ha potuto avere un’incidenza significativa sull’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti.

352    È vero che, in seguito all’udienza, la Commissione ha fornito al Tribunale ulteriori spiegazioni in merito alla determinazione di tale fattore di riduzione del 98,849%. Tuttavia, dal combinato disposto della giurisprudenza citata ai precedenti punti 340 e 342 risulta che spiegazioni supplementari potrebbero essere prese in considerazione dal Tribunale, per quanto riguarda il controllo interno della motivazione della decisione, solo a condizione che esse integrino una motivazione già di per sé sufficiente. Orbene, ciò non si verifica nel caso di specie.

353    Alla luce di quanto precede, occorre accogliere la terza censura della prima parte del motivo e annullare l’articolo 2, lettera b), della decisione impugnata, senza che sia necessario esaminare le altre parti del motivo.

354    Poiché sono state accolte le conclusioni presentate in via principale dirette all’annullamento dell’articolo 2, lettera b), della decisione impugnata, non occorre esaminare le conclusioni di riforma presentate in subordine dalle ricorrenti.

 Sulle spese

355    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte.

356    Nel caso di specie, le ricorrenti sono rimaste soccombenti per quanto riguarda la loro domanda di annullamento dell’articolo 1 della decisione impugnata e hanno ottenuto soddisfazione riguardo alla loro domanda di annullamento dell’articolo 2, lettera b), di detta decisione. Ciò premesso, costituisce un’equa valutazione delle circostanze del caso di specie la decisione che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      L’articolo 2, lettera b), della decisione C (2016) 8530 final della Commissione, del 7 dicembre 2016, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso AT.39914 – Euro Interest Rate Derivatives), è annullato.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      HSBC Holdings plc, HSBC Bank plc e HSBC France sono condannate a sopportare le proprie spese.

4)      La Commissione è condannata a sopportare le proprie spese.

Prek

Buttigieg

Schalin

Berke

 

Costeira

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 settembre 2019.


Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.


i      La parte relativa alle firme è stata oggetto di una modifica successivamente alla sua pubblicazione iniziale.