Language of document : ECLI:EU:C:2020:1007

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

9 dicembre 2020 (*)

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Distribuzione televisiva – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 9 e articolo 16, paragrafo 1 – Decisione che rende vincolanti taluni impegni – Protezione territoriale assoluta – Sviamento di potere – Valutazione preliminare – Assenza di obbligo per la Commissione europea di tener conto di considerazioni relative all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE – Accordi diretti alla compartimentazione dei mercati nazionali – Assenza di obbligo per la Commissione di analizzare uno per uno i mercati nazionali interessati – Proporzionalità – Lesione dei diritti contrattuali dei terzi»

Nella causa C‑132/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 15 febbraio 2019,

Groupe Canal + SA, con sede in Issy-les-Moulineaux (Francia), rappresentato da P. Wilhelm, P. Gassenbach e O. de Juvigny, avocats,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da A. Dawes, C. Urraca Caviedes e L. Wildpanner, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Repubblica francese, rappresentata da E. de Moustier e P. Dodeller, in qualità di agenti,

Union des producteurs de cinéma (UPC), con sede in Parigi (Francia), rappresentata da É. Lauvaux, avocat,

C More Entertainment AB, con sede in Stoccolma (Svezia),

European Film Agency Directors  EFADs, con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata da O. Sasserath, avocat,

Bureau européen des unions de consommateurs (BEUC), con sede in Bruxelles, rappresentato da A. Fratini, avvocatessa,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Seconda Sezione, A. Kumin, N. Wahl e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: V. Giacobbo, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 febbraio 2020,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 maggio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, Groupe Canal + SA chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale del 12 dicembre 2018, Groupe Canal +/Commissione (T‑873/16; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2018:904), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione europea del 26 luglio 2016 relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso AT.40023 – Accesso transfrontaliero ai servizi televisivi a pagamento), che rende giuridicamente vincolanti gli impegni offerti da Paramount Pictures International Ltd e Viacom Inc., nell’ambito degli accordi di licenza su contenuti audiovisivi che esse hanno concluso con Sky UK Ltd e Sky plc (in prosieguo: la «decisione controversa»).

I.      Contesto normativo

2        Ai sensi del considerando 13 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1):

«Qualora, nel corso di un procedimento che potrebbe portare a vietare un accordo o pratica concordata, le imprese propongano alla Commissione degli impegni tali da rispondere alle sue preoccupazioni, la Commissione, mediante decisione, dovrebbe poter rendere detti impegni obbligatori per le imprese interessate. Le decisioni concernenti gli impegni dovrebbero accertare che l’intervento della Commissione non è più giustificato, senza giungere alla conclusione dell’eventuale sussistere o perdurare di un’infrazione. Le decisioni concernenti gli impegni non pregiudicano la facoltà delle autorità garanti della concorrenza e delle giurisdizioni degli Stati membri di procedere a detto accertamento e di prendere una decisione. Le decisioni concernenti gli impegni non sono opportune nei casi in cui la Commissione intende comminare un’ammenda».

3        L’articolo 9 del medesimo regolamento così recita:

«1.      Qualora intenda adottare una decisione volta a far cessare un’infrazione e le imprese interessate propongano degli impegni tali da rispondere alle preoccupazioni espresse loro dalla Commissione nella sua valutazione preliminare, la Commissione può, mediante decisione, rendere detti impegni obbligatori per le imprese. La decisione può essere adottata per un periodo di tempo determinato e giunge alla conclusione che l’intervento della Commissione non è più giustificato.

2.      La Commissione, su domanda o d’ufficio, può riaprire il procedimento:

a)      se si modifica la situazione di fatto rispetto a un elemento su cui si fonda la decisione;

b)      se le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti; oppure

c)      se la decisione si basa su informazioni trasmesse dalle parti che sono incomplete, inesatte o fuorvianti».

4        L’articolo 16, paragrafo 1, del suddetto regolamento prevede quanto segue:

«Quando le giurisdizioni nazionali si pronunciano su accordi, decisioni e pratiche ai sensi dell’articolo [101] o [102] [TFUE] che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione. Esse devono inoltre evitare decisioni in contrasto con una decisione contemplata dalla Commissione in procedimenti da essa avviati. A tal fine le giurisdizioni nazionali possono valutare se sia necessario o meno sospendere i procedimenti da esse avviati. Tale obbligo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi di cui all’articolo [267 TFUE]».

II.    Fatti e decisione controversa

5        I fatti all’origine della controversia sono stati esposti dal Tribunale ai punti da 1 a 12 della sentenza impugnata nei termini seguenti:

«1      Il 13 gennaio 2014, la Commissione europea ha avviato un’inchiesta su possibili restrizioni [che ostacolavano] la fornitura di servizi televisivi a pagamento nell’ambito di accordi di licenza [conclusi] fra sei case di produzione cinematografica americane e le principali emittenti [televisive] di contenuti a pagamento dell’Unione europea.

2      Il 23 luglio 2015, la Commissione ha indirizzato una comunicazione degli addebiti a Paramount Pictures International Ltd, con sede a Londra (Regno Unito), e a Viacom Inc., con sede a New York (New York, Stati Uniti), società madre della prima (in prosieguo, congiuntamente: “Paramount”). In tale comunicazione, la Commissione ha esposto la propria conclusione preliminare sulla compatibilità di talune clausole inserite negli accordi di licenza che Paramount aveva concluso con Sky UK Ltd e Sky plc (in prosieguo, congiuntamente: “Sky”) con l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo [del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3)].

3      Nell’ambito della sua inchiesta, la Commissione si è soffermata su due clausole connesse di tali accordi di licenza. La prima mirava a vietare a Sky, o limitare la possibilità di quest’ultima, di rispondere in modo positivo a domande non sollecitate relative all’acquisto di servizi di trasmissione televisiva da parte di consumatori residenti nel[lo Spazio economico europeo (SEE)], ma al di fuori del Regno Unito e dell’Irlanda. La seconda clausola imponeva a Paramount, nell’ambito degli accordi che essa concludeva con le emittenti [televisive] stabilite nel SEE, ma al di fuori del Regno Unito, di vietare o limitare la possibilità di queste ultime di rispondere positivamente alle richieste non sollecitate di acquisto di servizi di trasmissione televisiva da parte di consumatori residenti nel Regno Unito o in Irlanda.

4      Con decisione del consigliere-auditore in taluni procedimenti in materia di concorrenza del 24 novembre 2015, [Groupe Canal +] è stato ammesso a partecipare al procedimento in quanto terzo interessato ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18).

5      Con lettera del 4 dicembre 2015, intitolata “Informazioni sulla natura e l’oggetto del procedimento ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004”, la Commissione ha in particolare comunicato [a Groupe Canal +] la propria valutazione giuridica sull’applicazione dell’articolo 101 TFUE ai fatti di cui alla presente causa, seguita da una conclusione preliminare in merito. Secondo tale conclusione preliminare, la Commissione aveva l’intenzione di adottare una decisione destinata a Sky e a tutte le case di produzione cinematografica oggetto della sua inchiesta con la quale essa constatava che esse avevano violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo [sul SEE], infliggeva loro diverse ammende e ordinava loro di porre fine all’infrazione e astenersi da qualsiasi misura idonea ad avere un oggetto o un effetto analogo.

6      Il 15 aprile 2016, Paramount ha proposto di assumersi diversi impegni per rispondere alle preoccupazioni della Commissione in materia di concorrenza in conformità con l’articolo 9 del regolamento [n. 1/2003]. Dopo aver raccolto osservazioni di altri terzi interessati, fra cui [Groupe Canal +], la Commissione ha adottato la decisione [controversa].

7      Dall’articolo 1 [di tale decisione] emerge che gli impegni richiamati nel suo allegato sono obbligatori per Paramount, per i suoi successori legali e per le sue filiali per un periodo di cinque anni a decorrere dalla notifica della [suddetta decisione].

8      La clausola 1, nono comma, dell’allegato della decisione [controversa] prevede diversi tipi di clausole che sono oggetto del procedimento (in prosieguo: le “clausole pertinenti”). Da un lato, con riferimento alla trasmissione via satellite, sono coinvolte, in primo luogo, la clausola secondo cui la ricezione al di fuori del territorio coperto dall’accordo di licenza (overspill) non costituisce una violazione del contratto da parte dell’emittente se quest’ultima non ha autorizzato detta ricezione in modo consapevole e, in secondo luogo, la clausola secondo cui la ricezione nel territorio coperto dall’accordo di licenza non costituisce una violazione del contratto da parte di Paramount se quest’ultima non ha autorizzato la disponibilità di decodificatori di terzi in tale territorio. Dall’altro, con riferimento alla trasmissione via Internet, sono coinvolte, in primo luogo, la clausola che impone agli emittenti di impedire lo scaricamento o la diffusione in streaming di contenuti televisivi al di fuori del territorio coperto dall’accordo di licenza, in secondo luogo, la clausola secondo cui la visualizzazione via Internet (Internet overspill) nel territorio coperto dall’accordo di licenza non costituisce una violazione del contratto da parte di Paramount se quest’ultima ha obbligato gli emittenti ad impiegare tecnologie che impediscono siffatta visualizzazione e, in terzo luogo, la clausola secondo cui la visualizzazione via Internet di contenuto televisivo al di fuori del territorio coperto dall’accordo di licenza non costituisce una violazione del contratto da parte dell’emittente se quest’ultimo impiega tecnologie che impediscono siffatta visualizzazione.

9      Dalla clausola 1, terzo comma, dell’allegato della decisione [controversa] emerge peraltro che i termini “obblighi dell’emittente” riguardano le clausole pertinenti o clausole equivalenti che vietano ad un emittente di rispondere a domande non sollecitate da parte di consumatori che risiedono nel SEE, ma al di fuori del territorio per il quale l’emittente gode di un diritto di diffusione. Correlativamente, i termini “obblighi di Paramount” designano le clausole pertinenti o clausole equivalenti che impongono a Paramount di vietare ad emittenti con sede nel SEE, ma al di fuori dei territori per i quali un emittente gode di diritti esclusivi, di rispondere a domande non sollecitate da parte di consumatori residenti in tali territori.

10      Secondo la clausola 2 dell’allegato della decisione [controversa], a decorrere dalla data di notifica [di tale decisione], Paramount è soggetta a diversi impegni. Anzitutto, Paramount non concluderà [...] “clausole pertinenti” nell’ambito di accordi di licenza come definiti nell’allegato medesimo [né prorogherà o estenderà l’applicazione di tali clausole] (punto 2.1). Poi, con riferimento agli accordi di licenza vigenti che riguardano la produzione di servizi televisivi a pagamento (existing Pay-TV Output Licence Agreements), essa non agirà in giudizio al fine di far osservare gli obblighi degli emittenti [punto 2.2, lettera a)]. In relazione ai medesimi accordi, essa non rispetterà né agirà al fine di rispettare, direttamente o indirettamente, gli “obblighi di Paramount” [punto 2.2, lettera b)]. Infine, essa comunicherà a Sky entro un termine di dieci giorni a decorrere dalla notifica della decisione [controversa], e a qualsiasi altro emittente stabilito nel SEE entro un mese a decorrere dalla stessa, che essa non agirà in giudizio al fine di far rispettare dagli emittenti le clausole pertinenti (punto 2.3).

11      [Groupe Canal +] aveva concluso con Paramount un accordo di licenza relativo alla produzione di servizi televisivi a pagamento (Pay Television Agreement), entrato in vigore il 1° gennaio 2014 [...]. L’articolo 12 di [tale] accordo prevede che il territorio coperto da quest’ultimo si divide in territori “esclusivi”, che coprono in particolare la Francia, e in un territorio “non esclusivo” che copre Maurizio. L’articolo 3 [del suddetto accordo] prevede, inoltre, che Paramount non eserciterà in prima persona, né autorizzerà un terzo ad esercitare diritti di trasmissione a destinazione dei territori esclusivi. L’allegato A.IV [del medesimo] accordo precisa, da parte sua, gli obblighi che gravano [su Groupe Canal +] con riferimento all’impiego delle tecnologie di geofiltraggio che impediscono la trasmissione al di fuori dei territori per i quali la licenza è stata concessa.

12      Con lettera del 25 agosto 2016, Paramount ha notificato [a Groupe Canal +] l’impegno di cui al punto 2.2, lettera a), dell’allegato della decisione [controversa] [...] e, di conseguenza, ha precisato che, per far rispettare le clausole pertinenti da parte dell’emittente, non avrebbe agito in giudizio e che, in forza delle clausole pertinenti, essa sopprimeva qualsiasi obbligo di quest’ultimo. Nella stessa lettera, Paramount ha altresì avuto cura di precisare che i termini “obbligo dell’emittente” avevano lo stesso senso [dei medesimi termini] di cui all’allegato della decisione [controversa]. Con lettera del 14 ottobre 2016, [Groupe Canal +] ha risposto a tale notifica sottolineando che gli impegni assunti nell’ambito di un procedimento che coinvolgeva soltanto la Commissione e Paramount non gli erano opponibili».

III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

6        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 dicembre 2016, Groupe Canal + ha proposto, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.

7        Con ordinanza del presidente della Quinta Sezione del Tribunale, del 13 luglio 2017, Groupe Canal +/Commissione (T‑873/16, non pubblicata, EU:T:2017:556), da un lato, il Bureau européen des unions de consommateurs (BEUC) è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione e, dall’altro, l’Union des producteurs de cinéma (UPC), lo European Film Agency Directors – EFADs e C More Entertainment AB sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni di Groupe Canal +. Inoltre, con decisione del presidente della Quinta Sezione del Tribunale di pari data, la Repubblica francese è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni di Groupe Canal +.

8        A sostegno del proprio ricorso, Groupe Canal + deduce quattro motivi, vertenti, il primo, su un manifesto errore di valutazione con riferimento alla compatibilità delle clausole pertinenti con l’articolo 101 TFUE e con gli effetti degli impegni imposti, il secondo, su una violazione dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003 con riferimento all’identificazione delle preoccupazioni alle quali rispondono gli impegni imposti, il terzo, sulla violazione del principio di proporzionalità e, il quarto, su uno sviamento di potere.

9        Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il ricorso di Groupe Canal +.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

10      Con la sua impugnazione, Groupe Canal + chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa e l’ha condannato alle spese;

–        annullare la decisione controversa, e

–        condannare la Commissione all’integralità delle spese.

11      La Commissione chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare Groupe Canal + alle spese.

12      La Repubblica francese chiede che la Corte voglia annullare integralmente la sentenza impugnata e trarne tutte le conseguenze per quanto riguarda la decisione controversa.

13      L’UPC chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il ricorso proposto da Groupe Canal + diretto all’annullamento della decisione controversa e ha condannato quest’ultimo alle spese;

–        annullare la decisione controversa, e

–        in ogni caso, porre a carico della Commissione tutte le spese da essa sostenute.

14      L’EFADs chiede che la Corte voglia:

–        dichiarare l’impugnazione ricevibile e fondata in toto;

–        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il ricorso proposto da Groupe Canal + diretto all’annullamento della decisione controversa e ha condannato quest’ultimo alle spese;

–        annullare la decisione controversa, e

–        in ogni caso, porre a carico della Commissione tutte le spese da esso sostenute.

15      Il BEUC chiede che la Corte voglia respingere integralmente l’impugnazione e porre tutte le spese da esso sostenute a carico di Groupe Canal +.

V.      Sull’impugnazione

16      A sostegno della sua impugnazione, Groupe Canal + fa valere quattro motivi. Il primo motivo concerne un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso nel ritenere che la Commissione, nella decisione controversa, non sia incorsa in uno sviamento di potere. Il secondo motivo riguarda la violazione, da parte del Tribunale, del principio del contraddittorio. Il terzo motivo verte sulla mancanza di motivazione e su un esame incompleto dei fatti. Il quarto motivo verte su un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso riguardo all’interpretazione dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003 e del punto 128 della comunicazione della Commissione sulle migliori pratiche relative ai procedimenti previsti dagli articoli 101 e 102 TFUE (GU 2011, C 308, pag. 6; in prosieguo: le «migliori pratiche»), nonché su una violazione dei principi di proporzionalità e di rispetto dei diritti dei terzi.

A.      Sulla ricevibilità

1.      Argomenti delle parti

17      Il BEUC sostiene che il primo, il terzo e il quarto motivo dell’impugnazione sono manifestamente irricevibili, dal momento che Groupe Canal + si limiterebbe a ripetere gli argomenti da esso dedotti in primo grado.

2.      Giudizio della Corte

18      Dall’articolo 256 TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea nonché dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169 del regolamento di procedura della Corte emerge che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza o dell’ordinanza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda. Secondo la costante giurisprudenza della Corte, non è conforme a tale requisito l’impugnazione che si limiti a riprodurre i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale. Infatti, un’impugnazione di tal genere costituisce, in realtà, una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame dell’atto introduttivo presentato dinanzi al Tribunale, che esula dalla competenza della Corte (v., in particolare, sentenza del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, EU:C:2000:361, punto 35, nonché ordinanza del 3 settembre 2019, ND e OE/Commissione, C‑317/19 P, non pubblicata, EU:C:2019:688, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

19      Tuttavia, ove un ricorrente contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere di nuovo discussi nel corso di un’impugnazione. Infatti, se un ricorrente non potesse basare così l’impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, il procedimento d’impugnazione sarebbe privato di una parte di significato (sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, EU:C:2010:603, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

20      Nel caso di specie, se è vero che vari tra gli argomenti dedotti da Groupe Canal + nell’ambito della sua impugnazione, considerati isolatamente, sono analoghi ad argomenti sollevati dinanzi al Tribunale, ciò non toglie che, con i motivi d’impugnazione, Groupe Canal + deduce errori di diritto commessi dal Tribunale nell’ambito delle sue valutazioni e individua con precisione i punti contestati della sentenza impugnata.

21      Alla luce di quanto precede, il primo, il terzo e il quarto motivo, considerati nel loro complesso, non possono essere considerati irricevibili. Occorrerà, tuttavia, esaminare la ricevibilità delle specifiche censure dedotte a sostegno dei motivi d’impugnazione nell’ambito della singola valutazione dei medesimi.

B.      Nel merito

1.      Sul primo motivo

a)      Argomenti delle parti

22      Groupe Canal +, sostenuto dall’EFADs e dall’UPC, fa valere, in sostanza, che, respingendo i suoi argomenti secondo cui l’adozione della decisione controversa costituisce uno sviamento di potere, in quanto essa ha consentito alla Commissione di ottenere, con il pretesto di voler far cessare pratiche anticoncorrenziali, ciò che il Parlamento europeo aveva rifiutato di accordarle, vale a dire la fine delle esclusive territoriali nel settore del cinema per l’insieme del SEE, il Tribunale ha commesso un errore di diritto e ha violato l’obbligo di motivazione.

23      In primo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel ritenere, al punto 129 della sentenza impugnata, che la Commissione non sia incorsa in alcuno sviamento di potere in quanto gli impegni di Paramount sarebbero in linea con le preoccupazioni in materia di concorrenza espresse da tale istituzione nella sua valutazione preliminare. Il Tribunale si sarebbe basato su una premessa inesatta, dal momento che tale valutazione ha riguardato soltanto i territori del Regno Unito e dell’Irlanda e che la Commissione non ha neppure esaminato la situazione concorrenziale riguardante la Francia, mentre gli impegni di Paramount si applicherebbero all’insieme del SEE.

24      In secondo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente considerato, al punto 130 della sentenza impugnata, che la Commissione poteva validamente adottare la decisione controversa, in quanto l’iter legislativo relativo alla questione del blocco geografico non era ancora sfociato nell’adozione di un testo legislativo. Infatti, il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione nella sua analisi, oppure ignorato nella sua motivazione, il fatto che la Commissione non poteva prescindere dall’adozione, da parte del Parlamento, il 19 gennaio 2016, ossia circa sei mesi prima dell’adozione di detta decisione, di una risoluzione intitolata «Verso un atto sul mercato unico digitale» (in prosieguo: la «risoluzione»), in cui tale istituzione avrebbe sottolineato la necessità di non estendere al settore del cinema la politica della Commissione diretta a rimettere in discussione le clausole di blocco geografico. Il Tribunale avrebbe quindi ignorato il fatto che la Commissione ha deciso, con piena cognizione di causa, di imporre al settore del cinema, nonostante l’opposizione del Parlamento, la sua volontà di porre fine ai blocchi geografici in materia di servizi audiovisivi, adottando una decisione che le avrebbe consentito di raggiungere uno scopo più ampio della cessazione di pratiche anticoncorrenziali e che avrebbe un effetto erga omnes.

25      Anche supponendo che la Commissione abbia potuto prescindere dalla risoluzione, il Tribunale, sapendo che il Parlamento era sul punto di adottare un testo legislativo che accordava al settore audiovisivo la possibilità di mantenere le clausole di blocco geografico, divenuto il regolamento (UE) n. 2018/302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 febbraio 2018, recante misure volte a impedire i blocchi geografici ingiustificati e altre forme di discriminazione basate sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti nell’ambito del mercato interno e che modifica i regolamenti (CE) n. 2006/2004 e (UE) 2017/2394 e la direttiva 2009/22/CE (GU 2018, L 60, pag. 1), avrebbe dovuto considerare che la Commissione era quantomeno tenuta a inserire, nella decisione controversa, una clausola che consentisse la revisione degli impegni di Paramount in caso di evoluzione del quadro normativo. Infatti, risulterebbe tanto dal considerando 8 di tale regolamento quanto dall’articolo 1 del regolamento (UE) 2017/1128 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, relativo alla portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online nel mercato interno (GU 2017, L 168, pag. 1), dal considerando 10 della direttiva (UE) 2019/789 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che stabilisce norme sull’esercizio del diritto d’autore e dei diritti connessi applicabili a talune trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici e che modifica la direttiva 93/83/CEE del Consiglio (GU 2019, L 130, pag. 82) e dalla direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE (GU 2019, L 130, pag. 92), che il legislatore dell’Unione ha ammesso, successivamente all’adozione della decisione controversa, che i contenuti audiovisivi potevano essere oggetto, segnatamente, di sistemi di restrizione geografica.

26      La Commissione e il BEUC contestano la fondatezza dell’argomentazione di Groupe Canal +. La Commissione sostiene, inoltre, che gli argomenti di Groupe Canal +, secondo i quali la Commissione non poteva prescindere dalla risoluzione e avrebbe dovuto inserire nella decisione controversa una clausola di revisione in caso di evoluzione del quadro normativo, sono irricevibili in quanto formulati per la prima volta dinanzi alla Corte.

b)      Giudizio della Corte

27      Si deve osservare, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, che sono ricevibili gli argomenti di Groupe Canal +, relativi all’errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso, da un lato, avendo omesso di prendere in considerazione nella sua analisi o avendo ignorato nella sua motivazione il fatto che la Commissione non poteva prescindere dalla risoluzione e, dall’altro, non avendo ritenuto che la Commissione avrebbe dovuto, alla luce dell’iter legislativo relativo alla questione del blocco geografico, inserire nella decisione controversa una clausola che consentisse di rivedere gli impegni di Paramount in caso di evoluzione del quadro normativo.

28      Infatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte, consentire a una parte di sollevare dinanzi alla stessa per la prima volta un motivo che essa non ha dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte una controversia più ampia di quella su cui ha dovuto pronunciarsi il Tribunale. Nell’ambito dell’impugnazione, in linea di principio, la competenza della Corte è limitata all’esame della valutazione da parte del Tribunale dei motivi dinanzi ad esso discussi. Tuttavia, un argomento che non è stato dedotto in primo grado non costituisce un motivo nuovo, irricevibile in sede di impugnazione, se rappresenta un mero ampliamento di un argomento già sviluppato nell’ambito di un motivo presentato nel ricorso dinanzi al Tribunale (sentenza del 28 febbraio 2019, Alfamicro/Commissione, C‑14/18, EU:C:2019:159, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

29      Nel caso di specie, gli argomenti di cui al punto 27 della presente sentenza sono strettamente connessi al quarto motivo esposto nel ricorso di primo grado, vertente su uno sviamento di potere, e, nei limiti in cui sono diretti a dimostrare che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che la Commissione non abbia eluso, adottando la decisione controversa, l’iter legislativo vertente sulla questione del blocco geografico, essi costituiscono l’ampliamento di tale motivo e non un motivo nuovo, proposto per la prima volta in sede di impugnazione. Peraltro, dal punto 252 del ricorso in primo grado risulta che Groupe Canal + ha invocato la risoluzione dinanzi al Tribunale.

30      Tali argomenti, tuttavia, non possono essere accolti.

31      Infatti, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulti essere stato adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze del caso di specie (sentenza del 31 gennaio 2019, Islamic Republic of Iran Shipping Lines e a./Consiglio, C‑225/17 P, EU:C:2019:82, punto 115, nonché giurisprudenza ivi citata).

32      A tale riguardo, il Tribunale ha correttamente rilevato, al punto 130 della sentenza impugnata, che, fintantoché l’iter legislativo relativo alla questione del blocco geografico non ha portato all’adozione di un testo legislativo, tale procedimento lascia impregiudicati i poteri di cui la Commissione è investita in forza dell’articolo 101 TFUE e del regolamento n. 1/2003.

33      Inoltre, Groupe Canal + non ha sostenuto né dimostrato dinanzi al Tribunale che la Commissione non era autorizzata ad avviare l’inchiesta menzionata al punto 1 della sentenza impugnata, come enunciato al punto 5 della presente sentenza, e ad adottare, nell’ambito di quest’ultima, se del caso, una decisione ai sensi dell’articolo 7 o dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003 o che un atto qualsiasi ostasse a, o vietasse, l’adozione di una decisione sulla base di detto articolo 9, relativa all’accettazione di impegni offerti da un’impresa per far fronte alle preoccupazioni della Commissione riguardo alla compatibilità con l’articolo 101 TFUE di clausole contrattuali comportanti una limitazione della possibilità per le principali emittenti televisive di contenuti a pagamento dell’Unione di effettuare vendite passive transfrontaliere di servizi di distribuzione televisiva.

34      Per quanto riguarda gli atti di diritto derivato cui si riferiscono Groupe Canal +, l’EFADs e l’UPC, essi non sono tali da rimettere in discussione l’analisi del Tribunale, essendo stati adottati successivamente all’adozione della decisione controversa.

35      Dalle considerazioni che precedono risulta che il Tribunale non ha commesso errori di diritto affermando, in sostanza, al punto 130 della sentenza impugnata, che, avviando l’inchiesta menzionata al punto 1 della sentenza impugnata, come enunciato al punto 5 della presente sentenza, ed adottando la decisione controversa, la Commissione aveva agito nell’ambito delle sue competenze e che Groupe Canal + non aveva dimostrato che tale istituzione fosse incorsa in uno sviamento di potere.

36      Quanto alla censura di Groupe Canal +, relativa all’errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso respingendo, al punto 129 della sentenza impugnata, il suo argomento secondo cui la Commissione avrebbe commesso uno sviamento di potere in quanto gli impegni proposti da Paramount non rispondevano alle preoccupazioni in materia di concorrenza espresse dalla Commissione nella sua valutazione preliminare, occorre rilevare che, anche supponendo che sia dimostrato che tali impegni non rispondevano alle suddette preoccupazioni, una circostanza siffatta non sarebbe idonea a dimostrare, di per sé, uno sviamento di potere.

37      Ne consegue che si deve respingere tale censura nonché il primo motivo nel suo complesso.

2.      Sul terzo motivo

38      Il terzo motivo si articola in due parti, vertenti, la prima, su una violazione dell’obbligo di motivazione in quanto il Tribunale avrebbe omesso di rispondere al motivo sollevato da Groupe Canal + secondo il quale la Commissione non avrebbe preso in considerazione il contesto economico e giuridico nel quale si inseriscono le clausole pertinenti e, la seconda, su un esame incompleto dei fatti, in quanto il Tribunale avrebbe considerato che un’eventuale diminuzione degli introiti di Groupe Canal + proveniente dai clienti situati in Francia potrebbe essere compensata dalla possibilità, per Groupe Canal +, di rivolgersi a una clientela che si trova nell’insieme del SEE.

a)      Sulla prima parte

1)      Argomenti delle parti

39      Groupe Canal +, sostenuto dall’EFADs, dall’UPC e dalla Repubblica francese, fa valere che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto, ritenendo, al punto 39 della sentenza impugnata, che il controllo della legittimità della decisione controversa possa riguardare soltanto la questione se, innanzitutto, le circostanze esposte in tale decisione stabiliscano preoccupazioni in materia di concorrenza nonché se, in caso di risposta affermativa, gli impegni di Paramount resi obbligatori rispondano a tali preoccupazioni e, infine, se Paramount non abbia proposto impegni meno onerosi che rispondano parimenti in modo adeguato a tali preoccupazioni. Il Tribunale avrebbe altresì commesso un errore di diritto nel ritenere, ai punti da 62 a 66 della sentenza impugnata, che la questione se il comportamento che ha fatto sorgere dette preoccupazioni soddisfi le condizioni cumulative di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE sia estranea alla natura stessa di una decisione come la decisione controversa e che, di conseguenza, non era tenuto a pronunciarsi sugli argomenti di Groupe Canal + relativi al fatto che le clausole pertinenti promuovono la produzione e la diversità culturale.

40      Il Tribunale avrebbe omesso di rispondere al motivo vertente sul fatto che la Commissione non avrebbe preso in considerazione il contesto economico e giuridico francese nel quale si inserivano le clausole pertinenti e avrebbe quindi violato il suo obbligo di motivazione. Esso non avrebbe consentito a Groupe Canal + di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto i suoi argomenti. Infatti, il Tribunale avrebbe omesso di riflettere, nella sua valutazione, l’obbligo di prendere in considerazione il contesto economico e giuridico nel quale si inserivano tali clausole. Esso avrebbe quindi disatteso la giurisprudenza della Corte, secondo la quale, da un lato, al fine di valutare se un accordo tra imprese presenti un grado sufficiente di dannosità per essere considerato una restrizione della concorrenza «per oggetto», ai sensi dell’articolo 101 TFUE, occorre riferirsi in particolare al contesto economico e giuridico nel quale esso si inserisce, prendendo in considerazione la natura dei beni o dei servizi interessati nonché le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione, e, dall’altro, spetta al Tribunale accertare se gli elementi di prova addotti costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte.

41      Il Tribunale non avrebbe effettuato un esame approfondito del contesto economico e giuridico nel quale si inserivano le clausole pertinenti, ma si sarebbe accontentato di osservare, in maniera «perentoria», ai punti da 40 a 42 della sentenza impugnata, che, alla luce del loro contenuto, dei loro obiettivi e del loro contesto economico e giuridico, tali clausole, le quali danno luogo a un’esclusiva territoriale assoluta, sono finalizzate a escludere qualsiasi concorrenza transfrontaliera e ciò, per il Tribunale, sarebbe sufficiente a giustificare le preoccupazioni della Commissione.

42      Secondo la Repubblica francese, il Tribunale non avrebbe definito in cosa consistono le preoccupazioni in materia di concorrenza che potevano giustificare l’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003 e non avrebbe indagato se le clausole pertinenti presentassero un grado sufficiente di dannosità per essere considerate prima facie come una restrizione della concorrenza per oggetto. Inoltre, l’obiettivo di promuovere la diversità culturale sarebbe inseparabile dal contesto economico e giuridico in cui sono inserite le clausole pertinenti e non potrebbe dunque essere escluso dall’esame di queste ultime con riferimento all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

43      Groupe Canal + sostiene, inoltre, che, basandosi, ai punti da 43 a 50 della sentenza impugnata, sulla sentenza del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631), per concludere che le clausole pertinenti erano idonee a far sorgere, in capo alla Commissione, preoccupazioni a causa del loro oggetto anticoncorrenziale, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto, dal momento che tale sentenza non riguarda il settore del cinema. Il Tribunale non avrebbe quindi tenuto conto del contesto economico e giuridico specifico del settore cinematografico, mentre la Corte avrebbe dichiarato, nella sentenza del 6 ottobre 1982, Coditel e a. (262/81, EU:C:1982:334, punti 15 e 16), che gli aspetti caratteristici dell’industria e dei mercati cinematografici nell’Unione, soprattutto quelli relativi al doppiaggio o ai sottotitoli per pubblici di espressioni culturali diverse, alle possibilità di trasmissioni televisive ed al sistema di finanziamento della produzione cinematografica in Europa, dimostrano che una licenza di rappresentazione esclusiva non è, di per sé, di natura tale da impedire, restringere o alterare la concorrenza.

44      La Commissione e il BEUC contestano la fondatezza di tale argomentazione.

2)      Giudizio della Corte

45      Per quanto riguarda, innanzitutto, la censura di Groupe Canal + vertente sul fatto che il Tribunale non ha motivato il rigetto della sua argomentazione relativa alla presa in considerazione del contesto economico e giuridico nel quale si inseriscono le clausole pertinenti, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale ai sensi dell’articolo 36 e dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non impone allo stesso di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere i motivi sui quali si fonda il Tribunale e alla Corte di disporre di elementi sufficienti per esercitare il suo controllo in sede di impugnazione (sentenza del 14 settembre 2016, Trafilerie Meridionali/Commissione, C‑519/15 P, EU:C:2016:682, punto 41).

46      A tal proposito, occorre rilevare che, al punto 40 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, in sostanza, individuato le preoccupazioni della Commissione per quanto riguarda le clausole pertinenti, constatando che quest’ultima ha esposto, ai considerando da 37 a 44 della decisione controversa, che gli accordi che danno luogo a un’esclusiva territoriale assoluta ricostituivano le compartimentazioni dei mercati nazionali e contravvenivano all’obiettivo del Trattato che mira a stabilire un mercato unico e che, pertanto, si riteneva che l’oggetto di tali clausole fosse quello di restringere la concorrenza, a meno che altre circostanze che rientrano nel loro contesto economico e giuridico non consentano di constatare che esse non possono produrre tale risultato.

47      Al punto 41 della sentenza impugnata, il Tribunale ha riassunto i considerando da 46 a 49 della decisione controversa, da cui risulta che la Commissione ha considerato che, tenuto conto del loro contenuto, delle loro finalità e del loro contesto economico e giuridico, le clausole pertinenti mirano ad escludere qualsiasi concorrenza transfrontaliera e a concedere una protezione territoriale assoluta alle emittenti televisive contraenti di Paramount.

48      Se è vero che il Tribunale ha subito dichiarato, al successivo punto 41 della sentenza impugnata, che tali considerazioni della Commissione erano fondate, ciò non toglie che da una lettura attenta dell’insieme della motivazione di tale sentenza risulta che, contrariamente a quanto sostiene Groupe Canal +, procedendo in tal modo, il Tribunale non ha formulato alcuna conclusione «perentoria», senza effettuare un esame approfondito degli argomenti, ma ha enunciato il risultato del suo esame, prima di esporre, ai punti da 43 a 73 di detta sentenza, il ragionamento che l’ha condotto a tale risultato, ivi comprese le ragioni per le quali le clausole pertinenti erano, a suo avviso, idonee a far sorgere, in capo alla Commissione, preoccupazioni con riferimento all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

49      Inoltre, dai punti da 51 a 58 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha espressamente esaminato gli argomenti di Groupe Canal +, della Repubblica francese, dell’EFADs, dell’UPC e di C More Entertainment, relativi alla liceità delle clausole pertinenti con riferimento all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in ragione del contesto economico e giuridico nel quale esse si inseriscono, senza dimenticare gli argomenti di tali parti, secondo cui dette clausole avrebbero l’effetto di favorire la diversità culturale senza nuocere alla concorrenza, che il Tribunale ha esaminato ai punti da 59 a 72 della medesima sentenza.

50      Di conseguenza, si deve rilevare che la motivazione riportata ai punti da 40 e 73 della sentenza impugnata consente agli interessati, e in particolare a Groupe Canal +, di conoscere i motivi sui quali si è basato il Tribunale e alla Corte di disporre di elementi sufficienti per esercitare il suo controllo nell’ambito della presente impugnazione. Il Tribunale non ha quindi violato il proprio obbligo di motivazione quando ha respinto l’argomento di Groupe Canal + relativo al contesto economico e giuridico nel quale si inseriscono le clausole pertinenti.

51      Inoltre, benché Groupe Canal + contesti al Tribunale di aver commesso un errore di diritto, ai punti da 43 a 50 di detta sentenza, basandosi sulla sentenza del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631), per concludere che le clausole pertinenti erano idonee a far sorgere, in capo alla Commissione, preoccupazioni derivanti dal loro oggetto anticoncorrenziale, si deve rilevare che, se è vero che la causa che ha dato luogo a tale sentenza non riguardava il settore del cinema, risulta tuttavia dai punti 134, 141 e 142 di detta sentenza che tale causa verteva su una situazione comparabile, sul piano commerciale e concorrenziale, a quella di cui alla presente causa, nella quale gli accordi di licenza esclusiva conclusi tra un titolare di diritti di proprietà intellettuale ed enti di radiodiffusione comportavano obblighi supplementari volti ad assicurare il rispetto delle limitazioni territoriali di sfruttamento di tali licenze, in particolare l’obbligo imposto a questi ultimi di adottare misure che rendessero impossibile l’accesso agli oggetti protetti dal di fuori del territorio contemplato dal contratto di licenza interessato.

52      In aggiunta, non sussiste alcuna contraddizione tra la sentenza medesima e la sentenza del 6 ottobre 1982, Coditel e a. (262/81, EU:C:1982:334), che riguarda il settore del cinema. Infatti, lungi dal suffragare l’argomento di Groupe Canal +, secondo cui clausole quali le clausole pertinenti possono essere considerate perfettamente valide in quanto costituiscono la pietra angolare del sistema di finanziamento del cinema, i punti 15 e 16 della sentenza del 6 ottobre 1982, Coditel e a. (262/81, EU:C:1982:334), ai quali si riferisce Groupe Canal +, indicano soltanto che una licenza di rappresentazione esclusiva concessa dal titolare del diritto d’autore su un film non ha, di per sé, per oggetto di impedire, di restringere o di falsare la concorrenza. Inoltre, la Corte ha espressamente affermato, al punto 17 di tale sentenza, che l’esercizio del diritto d’autore su un film e il diritto di rappresentazione di un film derivante dal diritto d’autore potrebbero falsare la concorrenza sul mercato cinematografico.

53      Orbene, contrariamente alla causa che ha dato luogo a detta sentenza, la causa che ha dato luogo alla sentenza del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631), riguardava precisamente gli obblighi supplementari volti a garantire il rispetto delle limitazioni territoriali di sfruttamento delle licenze concesse dal titolare di un diritto di proprietà intellettuale.

54      In tali circostanze, si deve constatare che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto nell’affermare, in sostanza, ai punti da 46 a 50 della sentenza impugnata, facendo riferimento alla sentenza del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631), che dalla giurisprudenza della Corte risulta che clausole di accordi di licenza che prevedono obblighi reciproci aventi lo scopo di eliminare la prestazione transfrontaliera dei servizi di radiodiffusione dal contenuto audiovisivo oggetto di tali accordi e che conferiscono in tal modo una protezione assoluta a ciascun emittente possono essere considerati, tenuto conto tanto degli obiettivi che essi mirano a perseguire quanto del contesto economico e giuridico nel quale esse si inseriscono, come accordi aventi ad oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e che, nella misura in cui le clausole pertinenti contenevano siffatti obblighi, esse erano idonee a far sorgere, in capo alla Commissione, preoccupazioni in materia di concorrenza nel caso di specie, fatta salva un’eventuale decisione di accertamento definitivo dell’esistenza o dell’assenza di una violazione della suddetta disposizione a seguito di un esame completo.

55      Infine, si deve altresì respingere l’argomento di Groupe Canal +, vertente sull’errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale nel ritenere, in sostanza, ai punti 39 e da 62 a 66 della sentenza impugnata, che la questione se il comportamento che ha fatto sorgere, in capo alla Commissione, preoccupazioni in materia di concorrenza soddisfi le condizioni di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE sia estranea alla natura stessa di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003 e che, di conseguenza, esso non era tenuto, nell’ambito del controllo di legittimità di una decisione siffatta, a pronunciarsi su argomenti dedotti dall’applicazione di tale disposizione del Trattato FUE.

56      Infatti, come correttamente rilevato dal Tribunale al punto 62 della sentenza impugnata, l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE può essere applicato soltanto una volta che sia stata accertata una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 7 febbraio 2013, Slovenská sporiteľňa, C‑68/12, EU:C:2013:71, punto 30).

57      Orbene, poiché la Commissione è dispensata dall’obbligo di qualificare e di constatare l’infrazione quando adotta una decisione ai sensi dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003 (sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Alrosa, C‑441/07 P, EU:C:2010:377, punto 40), essa non può, nell’ambito di una siffatta decisione, essere tenuta a valutare in modo definitivo se un accordo, una decisione o una pratica concordata soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

58      Inoltre, come correttamente rilevato dal Tribunale al punto 62 della sentenza impugnata, l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE consiste nella determinazione degli effetti proconcorrenziali prodotti dall’accordo che viola l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e nello stabilire se tali effetti proconcorrenziali prevalgano sugli effetti anticoncorrenziali.

59      Orbene, dall’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 risulta che le decisioni che la Commissione adotta sulla base di tale disposizione si basano su una valutazione preliminare della natura anticoncorrenziale del comportamento in questione. Pertanto, poiché una decisione del genere non comporta una valutazione approfondita e completa di tutti gli effetti anticoncorrenziali di tale comportamento, la Commissione non sarebbe in grado di comparare tali effetti con gli effetti proconcorrenziali invocati dinanzi ad essa, ammesso che siano dimostrati.

60      Ne consegue che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto dichiarando, al punto 62 della sentenza impugnata, che la questione se il comportamento che ha fatto sorgere, in capo alla Commissione, preoccupazioni in materia di concorrenza soddisfi le condizioni di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE è estranea alla natura stessa di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003.

61      Quanto alla circostanza che la Commissione si è pronunciata in via preliminare, ai considerando da 50 a 52 della decisione controversa, sulla questione dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE nel caso di specie, occorre rilevare che tali considerando facevano parte dell’esposizione della valutazione preliminare effettuata dalla Commissione in merito alle clausole pertinenti e non contenevano alcuna valutazione definitiva su tale questione, ma miravano semplicemente ad indicare che la Commissione aveva preso in considerazione in tale valutazione gli argomenti che Paramount aveva già dedotto su detta questione prima della comunicazione degli addebiti.

62      Di conseguenza, la prima parte del terzo motivo va respinta in quanto infondata.

b)      Sulla seconda parte

1)      Argomenti delle parti

63      Groupe Canal +, sostenuto dall’EFADs, dall’UPC e dalla Repubblica francese, sostiene che il Tribunale, affermando, ai punti 57 e 69 della sentenza impugnata, che un’eventuale diminuzione degli introiti di Groupe Canal + da clienti situati in Francia può essere compensata dal fatto che Groupe Canal + è ormai libero di rivolgersi a una clientela che si trova nell’insieme del SEE e non soltanto in Francia, non ha tenuto conto delle specificità del settore cinematografico e non ha esaminato tutti i fatti rilevanti che gli sono stati presentati. Infatti, il Tribunale non avrebbe tenuto conto, evidentemente, dello studio intitolato «The impact of cross-border to audiovisual content on EU consumers», redatto dagli studi Oxera e O & O nel maggio 2016, e depositato da Groupe Canal +, da cui si evincerebbe che le esclusive territoriali sono necessarie per il finanziamento del cinema europeo a causa delle diverse sensibilità culturali nell’Unione, che il valore dei film europei varia da uno Stato membro all’altro o da un’area linguistica all’altra e che la produzione a livello europeo è finanziata prevalentemente, in sostanza, dalle emittenti televisive sulla base del sistema di protezione territoriale assoluta. La diminuzione degli introiti non potrebbe essere compensata, dal momento che Groupe Canal + non potrebbe più mettere in evidenza l’esclusiva nella distribuzione di taluni contenuti e i consumatori situati in Francia sceglierebbero principalmente di abbonarsi presso gli operatori che diffondono contenuti interessanti, il più delle volte di lingua inglese. I costi di una licenza multiterritoriale sarebbero ben più elevati di quelli di una licenza nazionale, il che, per i distributori, renderebbe inaccessibile il primo tipo di licenza. Il costo di acquisizione di nuovi abbonati situati al di fuori del territorio tradizionale del distributore comporterebbe una drastica riduzione della libertà di scelta di quest’ultimo in termini di produzione. In ogni caso, i limiti geografici inerenti alle licenze che Groupe Canal + ha stipulato non gli consentirebbero di rivolgersi liberamente a una clientela che si trova nell’insieme dell’Unione.

64      La Commissione e il BEUC contestano la fondatezza di tale argomentazione.

2)      Giudizio della Corte

65      Occorre innanzitutto rilevare che, nella misura in cui gli argomenti sviluppati nell’ambito della seconda parte del terzo motivo sono diretti a contestare le considerazioni di cui al punto 69 della sentenza impugnata, tali argomenti devono essere respinti in quanto inconferenti.

66      Infatti, dall’impiego, al punto 67 della sentenza impugnata, dell’espressione «in ogni caso» e, al punto 72 di tale sentenza, dell’espressione «anche se si dovesse considerare che la Commissione era tenuta ad esaminare l’applicabilità dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE», risulta che la valutazione effettuata dal Tribunale, ai punti da 67 a 72 di detta sentenza, è stata effettuata ad abundantiam, nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere che la Commissione era tenuta ad esaminare l’applicabilità dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

67      Orbene, poiché il Tribunale, come risulta dall’esame della prima parte del terzo motivo dell’impugnazione, ha correttamente dichiarato che, nell’ambito del procedimento che ha portato all’adozione della decisione controversa, la Commissione non era tenuta a valutare se le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE fossero soddisfatte, le censure dirette contro il punto 69 della sentenza impugnata, quand’anche fondate, non possono, in ogni caso, comportare l’annullamento della sentenza impugnata.

68      Nella misura in cui gli argomenti sviluppati nell’ambito della seconda parte del terzo motivo si riferiscono alle considerazioni di cui al punto 57 della sentenza impugnata, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 256 TFUE e dell’articolo 58 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Pertanto, il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti e, dall’altro, a valutare tali fatti. Soltanto nel caso in cui l’inesattezza materiale dell’accertamento dei fatti suddetti, operato dal Tribunale, risulti dai documenti del fascicolo a questo presentati, oppure in caso di snaturamento degli elementi di prova assunti a fondamento di tali fatti, il suddetto accertamento e la valutazione di tali elementi di prova costituiscono questioni di diritto assoggettate al controllo della Corte nell’ambito del giudizio di impugnazione (ordinanza del 19 dicembre 2019, OPS Újpest/Commissione, C‑741/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1104, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

69      Orbene, tali argomenti di Groupe Canal + si limitano a rimettere in discussione la valutazione dei fatti effettuata dal Tribunale, secondo cui un’eventuale diminuzione degli introiti di Groupe Canal + provenienti dai clienti che si trovano in Francia può essere compensata dal fatto che, grazie all’attuazione degli impegni resi obbligatori in forza della decisione controversa, Groupe Canal + è ormai libero di rivolgersi a una clientela che si trova nell’insieme del SEE e non soltanto in Francia, senza che sia invocato uno snaturamento della portata di tali impegni.

70      Pertanto, detti argomenti di Groupe Canal + sono irricevibili.

71      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere la seconda parte del terzo motivo in quanto, in parte, inconferente e, in parte, irricevibile.

72      Ne consegue che il terzo motivo deve essere respinto.

3.      Sul secondo motivo

a)      Argomenti delle parti

73      Groupe Canal + osserva che, per concludere, al punto 72 della sentenza impugnata, che è scevra da errori la valutazione preliminare effettuata dalla Commissione nel dichiarare che le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE non erano soddisfatte, il Tribunale avrebbe considerato, al punto 67 di tale sentenza, che le clausole pertinenti imponevano restrizioni che andavano al di là di quanto necessario per la produzione e la distribuzione di opere audiovisive che richiedevano una tutela dei diritti di proprietà intellettuale e, al punto 70 della detta sentenza, che tali clausole eliminavano qualsiasi concorrenza sui film americani. Orbene, nessuna di tali considerazioni sarebbe stata discussa dalle parti nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale. Quest’ultimo avrebbe quindi violato il principio del contraddittorio.

74      La Commissione contesta la fondatezza dell’argomentazione di Groupe Canal +. La Commissione e il BEUC ritengono che il secondo motivo sia, in ogni caso, inconferente in quanto è diretto contro motivi ad abundantiam della sentenza impugnata. Il BEUC ritiene, in via principale, che tale motivo sia irricevibile, in quanto manifestamente privo di precisione.

b)      Giudizio della Corte

75      Il secondo motivo è diretto contro i punti 67, 70 e 72 della sentenza impugnata, che vertono sulla questione dell’applicazione, nel caso di specie, dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

76      A tal riguardo, senza che occorra esaminare se, come sostiene il BEUC, tale motivo debba essere dichiarato irricevibile, occorre considerare, per le ragioni esposte ai punti 66 e 67 della presente sentenza, che detto motivo è inconferente.

77      Ne consegue che il secondo motivo deve essere respinto.

4.      Sul quarto motivo

78      Il quarto motivo si articola in due parti, relative, la prima, a una violazione del principio di proporzionalità e del rispetto dei diritti dei terzi che il Tribunale avrebbe commesso ritenendo che la Commissione non era tenuta ad analizzare uno per uno i mercati nazionali interessati e, la seconda, a una violazione del punto 128 delle migliori pratiche nonché dei diritti contrattuali dei terzi che il Tribunale avrebbe commesso considerando che la decisione controversa non incide sulla possibilità per Groupe Canal + di adire il giudice nazionale al fine di far rispettare i suoi diritti contrattuali.

a)      Sulla prima parte

1)      Argomenti delle parti

79      Groupe Canal +, sostenuto dall’UPC e dalla Repubblica francese, osserva, in sostanza, che, accettando gli impegni di Paramount, che riguardano tutti i contratti conclusi con le emittenti televisive del SEE, allorché la valutazione preliminare effettuata dalla Commissione e le preoccupazioni in materia di concorrenza espresse da tale istituzione vertevano solo sui diritti esclusivi concessi a Sky per il territorio del Regno Unito e dell’Irlanda, la Commissione ha ragionato «per estrapolazione», affrancandosi dall’obbligo di esaminare gli altri mercati nazionali e, in tal modo, non ha preso in considerazione le particolarità degli altri mercati, in particolare del mercato francese, che sarebbe contraddistinto dal fatto che il finanziamento della creazione audiovisiva è assicurato dalle emittenti, tra cui Groupe Canal +. Convalidando, al punto 118 della sentenza impugnata, l’approccio della Commissione, il Tribunale avrebbe violato il principio di proporzionalità nonché i diritti di terzi, in contrasto con la sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Alrosa (C‑441/07 P, EU:C:2010: 377, punto 41).

80      La Commissione, sostenuta dal BEUC, contesta la fondatezza di tale argomentazione.

2)      Giudizio della Corte

81      Nel caso di specie è dimostrato che la valutazione preliminare effettuata dalla Commissione riguardava solo talune clausole contenute negli accordi di licenza che Paramount aveva concluso con Sky, con i quali Paramount ha concesso a Sky licenze esclusive per il territorio del Regno Unito e dell’Irlanda. Infatti, dal punto 3 della sentenza impugnata risulta che la Commissione aveva concentrato la sua inchiesta su due clausole connesse di tali accordi. La prima mirava a vietare a Sky, o a limitare la possibilità di quest’ultima, di rispondere in modo positivo a domande non sollecitate relative all’acquisto di servizi di trasmissione televisiva da parte di consumatori residenti nel SEE, ma al di fuori del Regno Unito e dell’Irlanda. La seconda imponeva a Paramount, nell’ambito degli accordi che essa concludeva con le emittenti televisive stabilite nel SEE, ma al di fuori del Regno Unito, di vietare o limitare la possibilità di queste ultime di rispondere positivamente alle richieste non sollecitate di acquisto di servizi di trasmissione televisiva da parte di consumatori residenti nel Regno Unito o in Irlanda.

82      Inoltre, risulta, in particolare, dai punti da 8 a 10 della sentenza impugnata che gli impegni di Paramount, resi obbligatori dalla decisione controversa, riguardavano anche clausole simili contenute in accordi di licenza che Paramount aveva concluso o poteva concludere con le altre emittenti televisivi stabilite nel SEE.

83      Il Tribunale ha dichiarato, ai punti 40 e 41 della sentenza impugnata, che le preoccupazioni della Commissione riguardo alle clausole pertinenti vertevano sul fatto che tali clausole davano luogo a un’esclusiva territoriale assoluta, ricostituendo così le compartimentazioni dei mercati nazionali e contravvenendo all’obiettivo del Trattato che mira a stabilire un mercato unico.

84      Come ricordato correttamente dal Tribunale, al punto 46 della sentenza impugnata, secondo la giurisprudenza della Corte, un accordo volto a ristabilire la compartimentazione dei mercati nazionali può essere tale da pregiudicare l’obiettivo del Trattato diretto a realizzare l’integrazione dei mercati nazionali tramite la creazione di un mercato unico. Pertanto, contratti diretti a compartimentare i mercati secondo le frontiere nazionali o che rendano più ardua l’integrazione dei mercati nazionali possono essere considerati, tenuto conto tanto degli obiettivi che mirano a raggiungere quanto del contesto economico e giuridico nel quale si inseriscono, quali accordi aventi ad oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

85      Infatti, tali accordi sono idonei a mettere in pericolo il buon funzionamento del mercato unico, ostacolando così uno dei principali obiettivi dell’Unione, indipendentemente dalla situazione esistente nei mercati nazionali.

86      Di conseguenza, il Tribunale ha giustamente affermato, al punto 118 della sentenza impugnata, che le clausole pertinenti, ponendosi come obiettivo la compartimentazione dei mercati nazionali dell’insieme del SEE, senza che il loro contesto economico e giuridico consenta di constatare che esse non sono idonee a pregiudicare la concorrenza, potevano validamente, nel contesto dell’applicazione dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003, far sorgere in capo alla Commissione preoccupazioni in materia di concorrenza riguardanti l’insieme di tale spazio geografico, pur non avendo la Commissione analizzato uno per uno i mercati nazionali interessati.

87      Ne consegue che la prima parte del quarto motivo deve essere respinta perché infondata.

b)      Sulla seconda parte

1)      Argomenti delle parti

88      Groupe Canal + fa valere che, considerando, al punto 104 della sentenza impugnata, che la decisione controversa non costituisce un’ingerenza nella sua libertà contrattuale, dal momento che essa potrebbe adire il giudice nazionale al fine di far accertare la compatibilità delle clausole pertinenti con l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e di trarre, nei confronti di Paramount, le conseguenze previste dal diritto nazionale, il Tribunale ha violato il principio che risulterebbe dall’articolo 9 del regolamento n. 1/2003, dal punto 128 delle migliori pratiche e dalla nota a piè di pagina n. 76 di queste ultime, secondo cui l’oggetto o l’effetto di una decisione adottata sulla base del suddetto articolo 9 non può essere quello di rendere un impegno obbligatorio per operatori che non l’hanno offerto e che non l’hanno sottoscritto.

89      Inoltre, indicando, al punto 103 della sentenza impugnata, che, nell’ipotesi in cui il giudice nazionale obbligasse Paramount a contravvenire ai suoi impegni, spetterebbe alla Commissione riaprire l’inchiesta, il Tribunale avrebbe riconosciuto espressamente che l’attuazione di tali impegni dipende dalla volontà di Groupe Canal + senza trarre tutte le conseguenze giuridiche da tale conclusione.

90      Groupe Canal +, sostenuto dalla Repubblica francese, fa valere, in sostanza, che il Tribunale, affermando, al punto 100 della sentenza impugnata, che la decisione impugnata potrebbe, al massimo, influenzare le valutazioni del giudice nazionale soltanto nella misura in cui essa contiene una valutazione preliminare, avrebbe violato gravemente i diritti di terzi, nel caso di specie di Groupe Canal +. Infatti, questa decisione priverebbe Groupe Canal + della sua libertà contrattuale, dal momento che non potrebbe, in realtà, ottenere dal giudice nazionale che esso contraddica la Commissione e ammetta la validità delle clausole pertinenti. A tale proposito, dalla sentenza del 23 novembre 2017, Gasorba e a. (C‑547/16, EU:C:2017: 891, punti 28 e 29), risulterebbe che i giudici nazionali non possono ignorare le decisioni adottate sulla base dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e che devono tener conto della valutazione preliminare della Commissione e considerarla quale indizio, o addirittura quale principio di prova, della natura anticoncorrenziale dell’accordo di cui trattasi. La libertà di tali giudici sarebbe preservata solo nell’ipotesi in cui decidessero di proseguire le loro indagini sulla conformità degli accordi in questione con il diritto della concorrenza.

91      La Repubblica francese aggiunge che l’influenza di una decisione adottata sulla base dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 sulla valutazione effettuata dal giudice nazionale sarebbe rafforzata nel tempo attraverso gli impegni negoziati con altre imprese del settore interessato, cosicché impegni successivi potrebbero costituire la norma da cui è difficile per il giudice nazionale discostarsi. Inoltre, il fatto che, nel caso in cui il giudice nazionale ritenesse che l’accordo in questione non viola l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, la Commissione riaprirebbe necessariamente un’inchiesta, a norma dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003, potrebbe essere idoneo a dissuadere il giudice nazionale dal contestare la valutazione preliminare effettuata dalla Commissione.

92      La Commissione, sostenuta dal BEUC, ritiene, in sostanza, che il Tribunale abbia giustamente dichiarato, ai punti da 83 a 108 della sentenza impugnata, che l’attuazione degli impegni di Paramount non dipende dalla volontà di terzi, incluso Groupe Canal +. In effetti, offrendo questi impegni, Paramount avrebbe esercitato la sua libertà contrattuale di non attenersi più a determinate clausole contrattuali o di non esservi più vincolata e questa decisione non dipenderebbe dalla volontà di un terzo. Inoltre, l’accettazione da parte della Commissione degli impegni suddetti non priverebbe Groupe Canal + della possibilità di adire il giudice nazionale per tutelare i propri diritti nell’ambito delle sue relazioni contrattuali con Paramount. Se il giudice nazionale dovesse ritenere che le clausole pertinenti non violano il paragrafo 1 dell’articolo 101, TFUE o che soddisfano le condizioni di cui al paragrafo 3 di tale articolo, spetterebbe a lui valutare se l’esito del procedimento dinanzi a lui possa indurre Paramount a violare gli impegni assunti in forza della decisione controversa. Per evitare che l’esito di tale procedimento possa portare Paramount a violare detti impegni, il giudice nazionale potrebbe rifiutare di ordinare l’esecuzione delle clausole pertinenti, ordinando al contempo a Paramount, secondo le norme nazionali applicabili, l’esecuzione per equivalente mediante il pagamento del risarcimento dei danni. Il Tribunale avrebbe considerato una soluzione siffatta al punto 103 della sentenza impugnata.

93      Inoltre, il Tribunale avrebbe giustamente ritenuto, al punto 102 della sentenza impugnata, che Groupe Canal + potrebbe ottenere che il giudice nazionale contraddica la Commissione e ammetta la validità delle clausole pertinenti. Dal punto 29 della sentenza del 23 novembre 2017, Gasorba e a. (C‑547/16, EU:C:2017:891), risulterebbe che il giudice nazionale dovrebbe solo prendere in considerazione la valutazione preliminare effettuata dalla Commissione, che è esposta nella decisione controversa e considerarla quale indizio, o addirittura quale principio di prova, della natura anticoncorrenziale delle clausole pertinenti.

2)      Giudizio della Corte

94      Nell’ambito dell’esame della seconda parte del terzo motivo dedotto in primo grado, vertente sulla violazione, in contrasto con il principio di proporzionalità, dei diritti contrattuali dei terzi, come Groupe Canal +, il Tribunale ha, in sostanza, considerato, ai punti 89 e 90 della sentenza impugnata, che una decisione adottata sulla base dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003 è obbligatoria solo per le imprese che hanno offerto un «impegno», ai sensi di tale disposizione, e non può avere per oggetto o per effetto di rendere un impegno siffatto obbligatorio per operatori che non l’hanno offerto e che non l’hanno sottoscritto.

95      Ai punti 91 e 92 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto, in particolare, che, qualora l’impegno consista nel disapplicare una clausola contrattuale che conferisce a terzi taluni diritti, riconoscere alla Commissione il potere di renderlo obbligatorio nei confronti di un terzo che, come Groupe Canal +, non l’ha offerto e non è stato interessato dal procedimento avviato dalla Commissione, costituirebbe un’ingerenza nella libertà contrattuale dell’operatore in questione che va oltre le disposizioni dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003.

96      Il Tribunale ha poi esaminato se, tenuto conto della sua lettera e del contesto giuridico nel quale essa è stata adottata, la decisione controversa avesse come oggetto o come effetto che l’impegno proposto da Paramount sia equiparabile, in violazione del suddetto articolo 9, a un impegno che Groupe Canal + avrebbe offerto. Al riguardo, esso ha rilevato, in primo luogo, al punto 94 della sentenza impugnata, che da tale decisione non emerge che essa imponga un qualsivoglia obbligo alle controparti contrattuali di Paramount come Groupe Canal +.

97      Il Tribunale ha, in secondo luogo, considerato, al punto 95 della sentenza impugnata, da un lato, che l’impegno generale assunto da Paramount di non agire in giudizio al fine di far rispettare l’obbligo delle emittenti televisive che consiste nel non procedere a vendite passive al di fuori del loro territorio esclusivo, come previsto al punto 2.2, lettera a), dell’allegato della decisione controversa, implica automaticamente che Paramount non osservi il proprio obbligo di vietare siffatte vendite, come previsto al punto 2.2, lettera b), del medesimo allegato, e, dall’altro lato, che tale impegno comporta, da parte sua, automaticamente la messa in discussione del diritto contrattuale di cui godono le emittenti televisive contraenti di Paramount nei confronti di quest’ultima, che consiste nel fatto che essa garantisca a ciascuna di esse un’esclusiva territoriale assoluta con riferimento all’oggetto di ciascun accordo di licenza relativo alla produzione di servizi televisivi a pagamento.

98      Al punto 96 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che la questione che si pone in un siffatto contesto è se tale risultato sia determinato dalla decisione controversa in sé, nel cui caso si tratterebbe di un effetto irrimediabile nei confronti di terzi che non hanno offerto l’impegno reso obbligatorio e che non l’hanno sottoscritto, oppure se la dichiarazione di Paramount di cessare di onorare le clausole pertinenti costituisca essenzialmente un atto che quest’ultima intraprende a proprio rischio e che non pregiudica in alcun modo la possibilità che le controparti contrattuali hanno di adire il giudice nazionale al fine di far rispettare dette clausole.

99      Inoltre, il Tribunale ha ritenuto, in particolare, ai punti 100 e 102 della sentenza impugnata, che, nell’ambito di un ricorso proposto da un’impresa e diretto a far rispettare i suoi diritti contrattuali, i quali sono pregiudicati da impegni resi obbligatori dalla Commissione in forza di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, un giudice nazionale possa giungere a un risultato parzialmente o totalmente diverso dalla valutazione preliminare effettuata dalla Commissione alla luce del diritto della concorrenza, contenuta in tale decisione, e ritenere che le clausole che costituiscono oggetto di tale decisione non violino l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

100    Al punto 103 della sentenza impugnata, il Tribunale ha altresì considerato, in sostanza, che i giudici nazionali avevano il potere di adottare una decisione che avrebbe potuto indurre Paramount a contravvenire agli impegni resi obbligatori in forza della decisione controversa.

101    Il Tribunale, al punto 104 di detta sentenza, ha dedotto da tali considerazioni che la decisione controversa non pregiudicava la possibilità, per Groupe Canal +, di adire il giudice nazionale per ottenere la constatazione della compatibilità delle clausole pertinenti con l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e di trarre, nei confronti di Paramount, le conseguenze previste dal diritto nazionale.

102    Esso ha concluso, al punto 106 della sentenza suddetta, che, con l’adozione della decisione controversa, la Commissione aveva agito nei limiti dei poteri che le erano stati conferiti dall’articolo 9 del regolamento n. 1/2003 ed aveva salvaguardato l’obiettivo di quest’ultimo, che è ispirato da considerazioni di economia processuale e di efficacia, senza pregiudicare i diritti contrattuali o procedurali di Groupe Canal + in un modo che andasse al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo.

103    Groupe Canal + contesta, in sostanza, al Tribunale di aver violato il principio di proporzionalità minimizzando l’importanza degli effetti degli impegni in questione, assunti da Paramount e resi obbligatori dalla decisione controversa, sui diritti contrattuali di Groupe Canal +, facendo valere che il Tribunale si è basato su una premessa errata quanto all’effettività, in tale contesto, di un’azione proposta dinanzi al giudice nazionale fondata su tali diritti.

104    A tale riguardo, occorre ricordare che il principio di proporzionalità esige, per consolidata giurisprudenza, che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a garantire la realizzazione dei legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa in questione e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungere questi obiettivi (sentenza dell’11 dicembre 2018, Weiss e a., C‑493/17, EU:C:2018:1000, punto 72 nonché giurisprudenza ivi citata).

105    L’attuazione da parte della Commissione del principio di proporzionalità nel contesto dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003 si limita alla sola verifica che gli impegni di cui trattasi rispondano alle preoccupazioni che essa ha reso note alle imprese interessate e che queste ultime non abbiano proposto impegni meno onerosi che rispondano parimenti in modo adeguato a tali preoccupazioni. Nell’esercizio di tale verifica, la Commissione deve tuttavia prendere in considerazione gli interessi dei terzi (sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Alrosa, C‑441/07 P, EU:C:2010:377, punto 41).

106    Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 123 delle sue conclusioni, quando la Commissione verifica gli impegni non sotto il profilo della loro idoneità a rispondere alle sue preoccupazioni in materia di concorrenza, ma con riguardo alla loro incidenza sugli interessi dei terzi, il principio di proporzionalità richiede che i diritti di cui questi ultimi sono titolari non siano svuotati di contenuto.

107    In tale contesto, il Tribunale ha giustamente dichiarato, in sostanza, ai punti 91 e 92 della sentenza impugnata, che il fatto che la Commissione renda obbligatorio l’impegno di un operatore consistente nel disapplicare talune clausole contrattuali nei confronti della sua controparte contrattuale, come Groupe Canal +, che non l’ha offerto e non è stata interessata dal rispettivo procedimento, e allorché nessuna prova del suo accordo relativo all’impegno sia stata fornita conformemente al punto 128 delle migliori pratiche, costituirebbe un’ingerenza nella libertà contrattuale che va oltre le disposizioni dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003. Avendo poi osservato, al punto 94 della sentenza impugnata, che dalla decisione controversa, adottata sul fondamento del suddetto articolo 9, non risulta che essa imponga direttamente un qualsivoglia obbligo a Groupe Canal +, il Tribunale ha tuttavia rilevato, al punto 95 di tale sentenza, altrettanto correttamente, che gli impegni di Paramount, resi obbligatori da tale decisione, implicano automaticamente che Paramount non adempia taluni suoi obblighi contrattuali nei confronti di Groupe Canal + nell’ambito del loro accordo di licenza, entrato in vigore il 1º gennaio 2014.

108    È vero che, come risulta dal considerando 13 del regolamento n. 1/2003, le decisioni adottate dalla Commissione ai sensi dell’articolo 9 di tale regolamento non pregiudicano la facoltà, segnatamente, delle giurisdizioni degli Stati membri di accertare una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE e di pronunciarsi sulla causa in questione. Inoltre, una decisione concernente gli impegni adottata dalla Commissione con riferimento a determinati accordi tra imprese, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, dello stesso regolamento, non impedisce ai giudici nazionali di esaminare la conformità dei medesimi accordi alle regole di concorrenza e di dichiarare, se del caso, la nullità di questi ultimi a norma dell’articolo 101, paragrafo 2, TFUE (sentenza del 23 novembre 2017, Gasorba e a., C‑547/16, EU:C:2017:891, punto 30).

109    Tuttavia, ai sensi della prima frase dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, quando le giurisdizioni nazionali si pronunciano su accordi, decisioni e pratiche ai sensi dell’articolo 101 o 102 TFUE che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione.

110    Orbene, una decisione di un giudice nazionale che obbliga un’impresa che abbia assunto impegni resi obbligatori in forza di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 a contravvenire a tali impegni, sarebbe manifestamente in contrasto con tale decisione.

111    Ne consegue che il Tribunale, dichiarando, in sostanza, al punto 103 della sentenza impugnata, che i giudici nazionali investiti di un ricorso diretto a far rispettare i diritti contrattuali di Groupe Canal + potrebbero, se del caso, ingiungere a Paramount di contravvenire ai suoi impegni, resi obbligatori dalla decisione controversa, ha violato la prima frase dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003.

112    Peraltro, conformemente alla giurisprudenza della Corte (sentenza del 14 dicembre 2000, Masterfoods e HB, C‑344/98, EU:C:2000:689, punto 51 nonché giurisprudenza ivi citata), la quale si trova attualmente codificata nella seconda frase dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, l’applicazione coerente delle regole di concorrenza e il principio generale della certezza del diritto esigono che i giudici nazionali, quando si pronunciano su accordi o pratiche che possono ancora costituire oggetto di una decisione della Commissione, evitino di adottare decisioni incompatibili con la decisione che la Commissione intende adottare per l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e dell’articolo 102 TFUE nonché dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

113    Orbene, poiché le decisioni basate sull’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, come risulta dalla formulazione di tale disposizione, sono adottate «[q]ualora [la Commissione] intenda adottare una decisione volta a far cessare un’infrazione», dalla giurisprudenza richiamata al punto precedente della presente sentenza risulta che, in presenza di una decisione fondata su detta disposizione, i giudici nazionali non possono adottare, rispetto ai comportamenti interessati, decisioni «negative», che constatino l’assenza di violazione degli articoli 101 e 102 TFUE, nelle situazioni in cui la Commissione può ancora riaprire il procedimento, in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, di tale regolamento ed adottare, se del caso, una decisione che comporti la constatazione formale dell’infrazione.

114    Pertanto, il Tribunale ha commesso un errore di diritto anche nel considerare, in sostanza, ai punti 100, 102 e 104 della sentenza impugnata, che un giudice nazionale potrebbe, se del caso, dichiarare che clausole come le clausole pertinenti non violano l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE ed accogliere il ricorso proposto da un’impresa diretto a far rispettare i suoi diritti contrattuali che sono lesi da impegni resi obbligatori dalla Commissione o ad ottenere un risarcimento dei danni.

115    Ne consegue che l’intervento del giudice nazionale non è in grado di ovviare in modo adeguato ed effettivo alla mancata verifica, nella fase di adozione di una decisione emessa sulla base dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003, della proporzionalità della misura rispetto alla tutela dei diritti contrattuali dei terzi.

116    Ciò premesso, si deve affermare che il Tribunale ha erroneamente ritenuto, in sostanza, ai punti da 96 a 106 della sentenza impugnata, che la possibilità per le controparti contrattuali di Paramount, tra cui Groupe Canal +, di adire il giudice nazionale sia tale da rimediare agli effetti degli impegni di Paramount, resi obbligatori dalla decisione controversa, sui diritti contrattuali di dette controparti contrattuali, constatati al punto 95 della suddetta sentenza.

117    È vero che, come ricordato dal Tribunale al punto 101 della sentenza impugnata, la Corte ha osservato, nella sua sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Alrosa (C‑441/07 P, EU:C:2010:377, punto 49), nell’ambito di un procedimento di indagine riguardante due imprese che avevano concluso un accordo la cui entrata in vigore era subordinata all’ottenimento di un’attestazione negativa o di un’esenzione da parte della Commissione, che il fatto che gli impegni individuali proposti da un’impresa siano stati resi obbligatori dalla Commissione non implica che altre imprese siano private della possibilità di tutelare i propri eventuali diritti nell’ambito delle loro relazioni con tale impresa. Tuttavia, alla luce dei limiti che incidono sulle competenze dei giudici nazionali rilevati ai punti 109, 110, 112 e 113 della presente sentenza, si deve dichiarare che i diritti contrattuali di un terzo, come Groupe Canal +, non possono essere adeguatamente tutelati nell’ambito di un ricorso proposto dinanzi a tale giudice in circostanze in cui la Commissione rende obbligatorio un impegno in forza del quale il contraente del terzo debba disapplicare taluni dei suoi obblighi nei confronti di quest’ultimo, liberamente assunti in forza di un accordo incondizionato che è già in vigore, anche ove detto terzo non sia stato interessato dal procedimento avviato dalla Commissione.

118    Ne consegue che la seconda parte del quarto motivo deve essere accolta.

119    Da quanto precede risulta che la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto quanto alla valutazione effettuata dal Tribunale della proporzionalità della decisione controversa per quanto riguarda il pregiudizio agli interessi dei terzi.

120    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata.

VI.    Sul ricorso dinanzi al Tribunale

121    Ai sensi dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando la decisione del Tribunale di primo grado è annullata, la Corte di giustizia può statuire sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

122    Ciò si verifica nel caso di specie.

123    Con la seconda parte del terzo motivo dedotto in primo grado, Groupe Canal + sostiene in sostanza che, rendendo obbligatori, con la decisione controversa, gli impegni di Paramount, la Commissione ha violato in modo sproporzionato i diritti contrattuali dei terzi, come Groupe Canal +, ed ha così violato il principio di proporzionalità.

124    A tale riguardo, come risulta dal punto 107 della presente sentenza, qualora l’impegno consista nel disapplicare una clausola contrattuale che conferisce a terzi taluni diritti, riconoscere alla Commissione il potere di renderlo obbligatorio nei confronti di un terzo che non l’abbia offerto e che non sia stato interessato dal procedimento avviato dalla Commissione costituirebbe un’ingerenza nella libertà contrattuale dell’operatore in questione che va oltre le disposizioni dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003.

125    Nel caso di specie, sebbene dal fascicolo emerga che la decisione controversa non impone obblighi alle emittenti televisive contraenti di Paramount, ciò non toglie, come la Corte ha constatato, in sostanza, al punto 107 della presente sentenza, che gli impegni di quest’ultima, resi obbligatori dalla decisione controversa, comportano automaticamente la messa in discussione del diritto contrattuale di cui godono tali emittenti, tra cui Groupe Canal +, nei confronti di Paramount, che consiste nel fatto che quest’ultima garantisca a ciascuna di esse un’esclusiva territoriale assoluta con riferimento all’oggetto di ciascun accordo di licenza relativo alla produzione di servizi televisivi a pagamento. Infatti, in forza di tale decisione Paramount è tenuta, in particolare, a non onorare taluni obblighi, che mirano a garantire tale esclusiva, derivanti dai suoi contratti con le emittenti televisive e, in particolare, quelli previsti agli articoli 3 e 12 del suo accordo di licenza con Groupe Canal +, entrato in vigore il 1º gennaio 2014.

126    Orbene, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 125 delle sue conclusioni, siffatti obblighi possono costituire un elemento essenziale dell’equilibrio economico che queste stesse emittenti e Paramount hanno fissato nell’esercizio della rispettiva libertà contrattuale.

127    Ciò premesso, come risulta dall’esame della seconda parte del quarto motivo dell’impugnazione, e più in particolare dai punti da 108 a 117 della presente sentenza, la possibilità per le controparti contrattuali di Paramount, tra cui Groupe Canal +, di adire il giudice nazionale non è idonea a rimediare in maniera adeguata a tali effetti della decisione controversa sui diritti contrattuali delle suddette controparti contrattuali. Ne deriva che, rendendo obbligatori, mediante detta decisione, gli impegni di Paramount, la Commissione, in violazione del requisito menzionato al punto 106 della presente sentenza, ha svuotato di contenuto i diritti contrattuali dei terzi, tra cui quelli di Groupe Canal +, nei confronti di Paramount, e ha quindi violato il principio di proporzionalità.

128    Di conseguenza, occorre accogliere la seconda parte del terzo motivo dedotto in primo grado e, pertanto, annullare la decisione controversa, senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti e motivi dedotti in primo grado.

VII. Sulle spese

129    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte statuisce sulle spese.

130    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di quest’ultimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

131    Poiché Groupe Canal +, l’EFADs, l’UPC e C More Entertainment ne hanno fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute da Groupe Canal +, dall’EFADs e dall’UPC nell’ambito della presente impugnazione e del procedimento di primo grado, nonché quelle sostenute da C More Entertainment nell’ambito del procedimento di primo grado.

132    Poiché la Repubblica francese non ha chiesto la condanna della Commissione alle spese, essa va condannata a sopportare le proprie spese.

133    Conformemente all’articolo 140, paragrafo 3, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, il BEUC, in quanto parte interveniente dinanzi al Tribunale, sopporta le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 dicembre 2018, Groupe Canal +/Commissione (T873/16, EU:T:2018:904), è annullata.

2)      La decisione della Commissione europea del 26 luglio 2016 relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso AT.40023 – Accesso transfrontaliero ai servizi televisivi a pagamento) è annullata.

3)      La Commissione europea sopporta, oltre alle proprie spese, quelle sostenute da Groupe Canal + SA, dallo European Film Agency Directors – EFADs, dall’Union des producteurs de cinéma (UPC) nell’ambito della presente impugnazione e del procedimento di primo grado nonché quelle sostenute da C More Entertainment AB nell’ambito del procedimento di primo grado.

4)      La Repubblica francese sopporta le proprie spese.

5)      Il Bureau européen des unions de consommateurs (BEUC) sopporta le proprie spese.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.