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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 19 novembre 2009 1(1)

Procedimenti riuniti C‑317/08, C‑318/08, C‑319/08 e C‑320/08

Rosalba Alassini e altri

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Giudice di pace di Ischia)

«Controversie tra utenti finali e fornitori in materia di comunicazione elettronica – Direttiva 2002/22/CE – Risoluzione extragiudiziale obbligatoria delle controversie quale requisito di ricevibilità di un ricorso – Principio di tutela giurisdizionale effettiva»





I –    Introduzione

1.        La questione sollevata mira a stabilire se il diritto comunitario osti a una disciplina nazionale che preveda il previo esperimento di una risoluzione extragiudiziale quale requisito di ricevibilità per taluni ricorsi in materia di servizi di telecomunicazione.

2.        Nel presente procedimento la Corte è stata investita di tale questione dal Giudice di pace di Ischia. Viene così offerta alla Corte l’occasione di pronunciarsi non solo sulla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) (2), ma anche, in particolare, sul principio di tutela giurisdizionale effettiva.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto comunitario

3.        La direttiva 2002/22 disciplina la fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica agli utenti. L’art. 1 stabilisce che essa si prefigge lo scopo di garantire la disponibilità in tutta la Comunità di servizi di buona qualità accessibili al pubblico. Nello stesso tempo stabilisce i diritti degli utenti finali e i corrispondenti obblighi degli operatori. Per garantire un servizio universale la direttiva definisce l’insieme minimo di servizi di qualità specifica cui tutti gli utenti finali hanno accesso a prezzo abbordabile tenuto conto delle specifiche circostanze nazionali, senza distorsioni di concorrenza.

4.        Il quarantasettesimo ‘considerando’ della direttiva 2002/22, relativo alla risoluzione delle controversie, è così formulato:

«(…) Devono essere definite procedure efficaci di risoluzione delle controversie insorte tra consumatori, da un lato, e, dall’altro, le imprese che forniscono servizi di comunicazione accessibili al pubblico. Gli Stati membri dovrebbero tener pienamente conto della raccomandazione 98/257/CE della Commissione, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili d[e]lla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo».

5.        A tal fine, l’art. 34 della direttiva 2002/22, rubricato «Risoluzione extragiudiziale delle controversie», dispone quanto segue:

«1. Gli Stati membri provvedono affinché esistano procedure extragiudiziali trasparenti, semplici e poco costose per l’esame delle controversie irrisolte, in cui sono coinvolti i consumatori, relative alle questioni contemplate dalla presente direttiva. Gli Stati membri provvedono affinché tali procedure consentano un’equa e tempestiva risoluzione delle controversie e, nei casi giustificati, possono adottare un sistema di rimborso e/o di indennizzo. Gli Stati membri possono estendere gli obblighi di cui al presente paragrafo alle controversie che coinvolgono altri utenti finali.

2. Gli Stati membri provvedono affinché le rispettive legislazioni nazionali non ostacolino la creazione, a un adeguato livello territoriale, di uffici e servizi on line per l’accettazione di reclami, incaricati di facilitare l’accesso dei consumatori e degli utenti finali alle strutture di composizione delle controversie.

(…)

4. Il presente articolo non pregiudica le procedure giudiziarie nazionali».

B –    Il diritto nazionale

6.        Ai sensi della legge 31 luglio 1997, n. 249, sono rimesse alla competenza dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (in prosieguo: l’«AGC») le controversie tra utenti finali ed operatori in materia di telecomunicazioni, inerenti al mancato rispetto delle disposizioni relative al servizio universale e ai diritti degli utenti finali.

7.        Con delibera n. 173/07/CONS (3) l’AGC ha stabilito la procedura relativa alla risoluzione delle controversie tra operatori di telecomunicazioni e utenti finali.

8.        Gli artt. 3 e 13 [dell’allegato A di] tale delibera prevedono quanto segue:

Art. 3

«1.      Per le controversie di cui all’articolo 2 comma 1, il ricorso in sede giurisdizionale è improcedibile fino a che non sia stato esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Co.re.com [Comitato regionale per le comunicazioni] competente per territorio munito di delega a svolgere la funzione conciliativa, ovvero dinanzi agli organi di risoluzione extragiudiziale delle controversie di cui all’articolo 13.

2.      Ove il Co.re.com territorialmente competente non sia titolare della delega di cui al comma 1, il tentativo obbligatorio di conciliazione dovrà essere esperito dinanzi agli organi di cui all’articolo 13.

3.      Il termine per la conclusione della procedura conciliativa è di trenta giorni decorrenti dalla data di proposizione dell’istanza; dopo la scadenza di tale termine le parti possono proporre ricorso giurisdizionale anche ove la procedura non sia stata conclusa».

Art. 13

«1.      In alternativa alla procedura conciliativa dinanzi al Co.re.com, gli interessati hanno la facoltà di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione, anche in via telematica, dinanzi agli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, di cui all’articolo 1, lettera o, del presente Regolamento.

2.      Allo stesso fine, l’utente ha altresì la facoltà di rivolgersi agli organismi istituiti con accordi tra gli operatori ed associazioni di consumatori rappresentative a livello nazionale, purché detti organismi operino a titolo gratuito e rispettino i principi di trasparenza, equità ed efficacia di cui alla Raccomandazione 2001/310/CE».

9.        L’art. 5 di tale delibera, rubricato «Norme transitorie e finali», stabilisce quanto segue:

«1.      Fino alla completa attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 141, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, ai fini dell’esperimento del tentativo di conciliazione le parti potranno rivolgersi, oltre che alle camere di conciliazione istituite presso le Camere di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato, agli organismi iscritti al registro di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5.

2.      Per le controversie, anche se in fase conciliativa, pervenute fino alla data di entrata in vigore della presente delibera continua ad applicarsi la disciplina precedente, di cui all’articolo 4, comma 1 (…)».

III – Fatti, questione pregiudiziale e procedimento

10.      Le ricorrenti nelle cause principali sono utenti di servizi di telecomunicazione. Con i loro ricorsi chiedono di condannare rispettivamente la Telecom Italia SpA (4) e la Wind SpA (5) al risarcimento dei danni da esse subiti per inadempimento dei loro contratti aventi ad oggetto servizi telefonici forniti da tali aziende. La ricorrente nel procedimento C‑319/08 chiede inoltre di accertare che determinate somme di cui la Telecom Italia SpA sollecita il pagamento non sono dovute.

11.      Le compagnie telefoniche convenute affermano, ciascuna per quanto la concerne, che i ricorsi sono improcedibili poiché le ricorrenti non hanno preliminarmente esperito un tentativo di composizione extragiudiziale ai sensi degli artt. 3 e 13 [dell’allegato A della] delibera n. 173/07/CONS.

12.      Il giudice del rinvio rileva che nella Regione Campania interessata non è stato attivato il Co.re.com previsto dalla normativa nazionale. Di conseguenza, dovrebbe essere esperita la procedura di risoluzione delle controversie dinanzi agli organi previsti dall’art. 13 [dell’allegato A della] delibera n. 173/07/CONS. Tuttavia, non sarebbe stata effettuata alcuna previa verifica in ordine alla conformità di tali organi di conciliazione alternativi ai criteri fissati dalla raccomandazione 2001/310/CE, come previsto dall’art. 13 [dell’allegato A della] delibera n. 173/07/CONS, in particolare relativamente ai costi della procedura.

13.      Ad ogni modo, anche se il Co.re.com fosse stato attivato nella Regione Campania, il giudice del rinvio vede nel carattere obbligatorio della conciliazione un ostacolo illegittimo alla tutela giurisdizionale.

14.      Il giudice del rinvio nutre dubbi riguardo alla compatibilità delle disposizioni italiane con il diritto comunitario. Pertanto, con ordinanza 4 aprile 2008 esso ha sospeso il procedimento nelle quattro cause e, con riferimento ad ognuna, ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le norme comunitarie sopra richiamate (art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la direttiva 2002/22/CE, la direttiva 1999/44/CE nonché le raccomandazioni della commissione 2001/310/CE e 1998/257/CE) abbiano efficacia direttamente vincolante e debbano essere interpretate nel senso che le controversie “in materia di comunicazioni elettroniche tra utenti finali ed operatori, inerenti al mancato rispetto delle disposizioni relative al servizio universale ed ai diritti degli utenti finali stabilite dalle norme legislative, dalle delibere dell’autorità, dalle condizioni contrattuali e dalle carte dei servizi” (controversie menzionate nell’art. 2 [dell’allegato A della] delibera n. 173/07/CONS) non debbano essere sottoposte al tentativo di conciliazione obbligatorio previsto a pena di improcedibilità del ricorso in sede giurisdizionale, prevalendo sulla norma derivante dall’art. 3, comma 1, [dell’allegato A della] delibera n. 173/07/CONS».

15.      Con ordinanza del presidente della Corte 16 settembre 2008 i quattro procedimenti, C‑317/08, C‑318/08, C‑319/08 e C‑320/08, sono stati riuniti ai fini delle fasi scritta e orale nonché della sentenza.

16.      Dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte e orali la convenuta nella causa principale C‑318/08, la Wind SpA, il governo tedesco nonché la Commissione. Inoltre, il governo polacco ha presentato osservazioni scritte e il governo italiano osservazioni orali.

IV – Analisi giuridica

A –    Sulla ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale

17.      Nel corso dell’udienza il governo italiano ha affermato che le domande di pronuncia pregiudiziale devono essere dichiarate irricevibili. Nel presente procedimento occorrerebbe stabilire se la composizione extragiudiziale obbligatoria costituisca un ostacolo illegittimo all’attuazione dei diritti riconosciuti dal diritto comunitario. Tuttavia, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non si evince quali siano i diritti controversi nella causa principale. Di conseguenza le questioni sollevate sarebbero ipotetiche.

18.      Occorre concordare con il governo italiano sul fatto che l’attivazione di una procedura obbligatoria per la conciliazione extragiudiziale sia da analizzare sotto il profilo del diritto comunitario soltanto qualora l’oggetto della controversia nella causa principale rientri nell’ambito di applicazione del diritto comunitario (6).

19.      Nel caso di specie il giudice a quo non ha fornito alcun elemento circostanziato in merito alle cause pendenti dinanzi ad esso. Le domande di pronuncia pregiudiziale permettono soltanto di stabilire che, nella causa principale, utenti finali hanno proposto un’azione nei confronti delle loro compagnie telefoniche per il risarcimento dei danni da esse subiti per inadempimento del contratto avente ad oggetto servizi telefonici forniti da tali aziende. Il giudice a quo non precisa su quali diritti e obblighi verte nello specifico la controversia.

20.      Non si può concludere, tuttavia, che le questioni sollevate sono irricevibili.

21.      A tale riguardo, occorre ricordare in via preliminare che, in linea di principio, spetta al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia valutare, alla luce delle particolari circostanze del caso, la necessità di una pronuncia pregiudiziale. In definitiva, il giudice del rinvio si assume la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale. Pertanto, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire sulle questioni sollevate che vertono sull’interpretazione del diritto comunitario (7).

22.      Soltanto in via eccezionale spetta alla Corte esaminare le circostanze in cui un organo giurisdizionale nazionale effettua un rinvio (8). Secondo consolidata giurisprudenza, il rigetto di una domanda è pertanto possibile quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della controversia nella causa principale, quando il problema sia di natura ipotetica ovvero quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (9).

23.      I procedimenti pendenti dinanzi al giudice del rinvio consistono in azioni esercitate da utenti finali contro compagnie telefoniche. La direttiva 2002/22 sancisce all’art. 1, n. 2, i diritti degli utenti finali e i corrispondenti obblighi delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica. Il giudice del rinvio, nella stessa questione, chiarisce che nella causa principale si tratta di controversie in materia di comunicazione elettronica tra utenti finali ed operatori, inerenti al mancato rispetto delle disposizioni relative al servizio universale e ai diritti degli utenti finali. Pertanto, nell’ambito dell’esame di ricevibilità non si può ritenere che non sia operativo l’ambito di applicazione del diritto comunitario e che l’interpretazione del diritto comunitario sia manifestamente estranea all’oggetto della controversia nella causa principale.

24.      Le domande di pronuncia pregiudiziale sono pertanto ricevibili.

B –    Valutazione nel merito delle questioni pregiudiziali

25.      Nel caso di specie si tratta in sostanza di stabilire se il diritto comunitario osti alla disciplina di uno Stato membro che prevede l’esperimento di una procedura extragiudiziale di risoluzione quale requisito di ricevibilità dei ricorsi giurisdizionali aventi ad oggetto pretese connesse con la direttiva 2002/22.

26.      La questione pregiudiziale fa riferimento a diverse disposizioni della legislazione comunitaria. In primo luogo, essa cita la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, 1999/44/CE, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (10). L’art. 1, n. 2, lett. b), di tale direttiva definisce i beni di consumo come beni mobili materiali. Tuttavia, già per il solo fatto che i procedimenti in esame non riguardano oggetti materiali, bensì prestazioni di servizi telefonici, la direttiva 1999/44 non trova applicazione.

27.      Se è vero che il giudice remittente rinvia alle raccomandazioni 98/257/CE (11) e 2001/310/CE (12), va però precisato che esse non hanno valore giuridico vincolante, ai sensi dell’art. 249, n. 5, CE. Esse pertanto non possono far sorgere obblighi autonomi per gli Stati membri. Tuttavia, esse devono essere prese in considerazione nell’ambito dell’interpretazione di altre disposizioni di diritto comunitario e delle normative degli Stati membri.

28.      Nel caso di specie rivestono dunque particolare rilevanza l’art. 34 della direttiva 2002/22 e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

1.      L’art. 34 della direttiva 2002/22

29.      L’art. 34 della direttiva 2002/22 obbliga gli Stati membri a mettere a disposizione procedure extragiudiziali per l’esame delle controversie. Tali procedure devono essere trasparenti, semplici e poco costose e gli Stati membri devono provvedere affinché esse consentano un’equa e tempestiva risoluzione delle controversie.

30.      L’art. 34 stabilisce quindi i criteri di qualità che la risoluzione extragiudiziale delle controversie deve soddisfare. Tuttavia, esso non fornisce alcuna esplicita indicazione circa la questione se la risoluzione extragiudiziale delle controversie possa essere concepita anche come obbligatoria e se il suo esperimento possa essere dichiarato quale condizione per la proposizione di un’azione giudiziaria. Piuttosto, lo stesso art. 34, n. 4, della direttiva 2002/22 chiarisce che tale articolo non pregiudica le procedure giudiziarie nazionali. Poiché il requisito di un tentativo di conciliazione quale condizione di ricevibilità di un ricorso rientra nell’ambito della regolamentazione delle procedure giurisdizionali degli Stati membri, la questione non trova quindi esaustiva regolamentazione nella direttiva 2002/22.

31.      Se la risoluzione extragiudiziale delle controversie soddisfa i criteri di cui all’art. 34 della direttiva 2002/22, vale a dire se essa è trasparente, semplice e poco costosa, allora la stessa direttiva non osta alla configurazione di una risoluzione obbligatoria delle controversie.

32.      In prosieguo mi soffermerò brevemente su due aspetti della procedura di risoluzione delle controversie descritti dalla direttiva, vale a dire la trasparenza e l’esiguità dei costi.

33.      Risulta dall’art. 13, n. 2, [dell’allegato A della] delibera n. 173/07/CONS che la conciliazione affidata ad organismi competenti per le controversie in materia di consumo è, di regola, gratuita. La convenuta nella causa principale C‑318/08 ha dichiarato che anche le procedure dinanzi al Co.re.com sono gratuite e che gli altri organismi competenti operano con costi minimi.

34.      La procedura, inoltre, deve essere trasparente. È importante quindi che gli interessati possano individuare gli organi di conciliazione competenti. Ai sensi delle disposizioni italiane, al primo posto si colloca il Co.re.com territorialmente competente. Nelle regioni in cui quest’ultimo non è stato ancora istituito la competenza è affidata a organismi di conciliazione alternativi. Dalle disposizioni legislative emerge che i ricorrenti possono agevolmente individuare gli organismi competenti alternativi.

35.      Si può dunque pensare che le disposizioni italiane rispondano ai requisiti sostanziali della direttiva 2002/22. L’accertamento di ciò compete al giudice del rinvio.

36.      Riassumendo, occorre constatare che dalla direttiva 2002/22 non si può dedurre alcuna informazione circa l’ammissibilità di una procedura obbligatoria di risoluzione delle controversie. Tale questione è pertanto da valutare soltanto sotto il profilo del principio della tutela giurisdizionale effettiva.

2.      Il principio di tutela giurisdizionale effettiva

37.      In base ad una giurisprudenza costante, il principio di tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale di diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri ed è sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (13). Esso è stato peraltro ribadito anche dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (14), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000.

38.      Si deve preliminarmente rilevare che le normative nazionali devono essere valutate secondo i principi generali del diritto comunitario solo qualora esse rientrino nell’ambito di applicazione del diritto comunitario (15).

39.      La direttiva 2002/22 stabilisce i diritti sostanziali per gli utenti finali di servizi telefonici. Nel caso di specie, dal momento che la procedura obbligatoria di conciliazione delle controversie concerne l’attuazione giurisdizionale di tali diritti fondamentali sanciti dalla direttiva, trova applicazione il diritto comunitario.

40.      In linea di principio, spetta al diritto interno dei singoli Stati membri disciplinare le procedure di attuazione del diritto comunitario e le modalità procedurali dei ricorsi. Peraltro, gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità procedurale limitato nell’adottare disposizioni di diritto processuale in relazione all’applicazione del diritto comunitario.

41.      In una consolidata giurisprudenza la Corte ha sempre sottolineato che le procedure intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza). Inoltre, esse non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (16).

42.      Per quanto riguarda l’attuazione giurisdizionale del diritto comunitario, il principio di effettività si presenta come espressione del principio generale di tutela giurisdizionale effettiva. Pertanto, analizzerò il presente caso direttamente sulla base del principio di tutela giurisdizionale effettiva. In seguito esaminerò la questione dell’equivalenza.

43.      Le disposizioni italiane prevedono il previo esperimento di una risoluzione extragiudiziale delle controversie quale condizione per la proposizione di un’azione giudiziaria. Un ricorso giurisdizionale è irricevibile nel caso di mancato esperimento di un previo tentativo di conciliazione della controversia. In questo modo viene posto un ulteriore ostacolo all’accesso alla tutela giurisdizionale. Come avviene del resto per qualsiasi requisito di ricevibilità previsto dalla legge, l’obbligo di esperire un tentativo di conciliazione rappresenta quindi una limitazione dell’accesso alla tutela giurisdizionale. Di conseguenza, sussiste una violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva.

44.      Il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva non si configura come prerogativa assoluta. Anzi, l’accesso alla tutela giurisdizionale può soggiacere a restrizioni. In definitiva, ogni procedimento giudiziario necessita di un assetto normativo e di una disciplina dei requisiti di procedibilità. A tal fine gli Stati membri godono di un particolare margine discrezionale. Tuttavia, come dichiarato dalla Corte relativamente al rispetto dei diritti della difesa, le restrizioni devono rispondere effettivamente ad obiettivi di interesse generale e non devono costituire, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato tale da ledere la sostanza stessa dei diritti (17).

45.      In udienza il governo italiano ha osservato che il tentativo obbligatorio di conciliazione è finalizzato a una risoluzione più rapida e più economica delle controversie. Una conciliazione più rapida e più economica è anzitutto nell’interesse delle rispettive parti. Essa comporta un alleggerimento del carico globale dei tribunali ed è al contempo funzionale all’efficienza dell’amministrazione della giustizia pubblica (18). Infine, una conciliazione delle parti conclusa in via extragiudiziale è spesso più idonea a conseguire una duratura stabilità del diritto rispetto a una decisione giudiziaria controversa (19). Le disposizioni italiane perseguono quindi obiettivi legittimi di interesse generale.

46.      L’attivazione di un tentativo obbligatorio di composizione extragiudiziale risulta idoneo anche al conseguimento di tali obiettivi.

47.      Tuttavia, l’attivazione di una procedura obbligatoria di conciliazione delle controversie è necessaria soltanto nel caso in cui una risoluzione delle controversie meramente facoltativa non fosse uno strumento parimenti idoneo ma meno gravoso per il conseguimento dei succitati obiettivi. Tuttavia, si deve concordare con il governo italiano che una procedura di composizione extragiudiziale meramente facoltativa non sarebbe efficace tanto quanto una procedura obbligatoria che deve precedere ogni controversia. Anche il governo tedesco osserva giustamente che, anche se una o entrambe le parti rifiutassero la procedura di conciliazione, l’esperienza dimostra che esiste ancora la possibilità che nel corso della procedura di conciliazione emergano possibilità di soluzione che all’inizio non erano evidenti alle parti.

48.      In definitiva, tra lo scopo perseguito di una soluzione della controversia più rapida, con costi più contenuti e funzionale agli interessi, e i possibili svantaggi dell’obbligo di esperire una procedura di conciliazione obbligatoria non sussiste alcuna sproporzione manifesta. Pertanto, l’ingerenza nel diritto a una tutela giurisdizionale rappresentata dall’obbligo di una composizione extragiudiziale è da ritenersi minima, sicché i vantaggi legati alla procedura predominano ampiamente.

49.      Da un lato, la preliminare procedura di conciliazione non ritarda in modo significativo la proposizione di un’azione giudiziaria. L’art. 3 [dell’allegato A della] delibera 173/07/CONS dispone, infatti, che la procedura extragiudiziale si concluda entro 30 giorni dalla richiesta di conciliazione. In caso contrario, decorso tale termine le parti possono proporre ricorso.

50.      Inoltre, l’esecuzione della composizione extragiudiziale – come già esposto sopra (20) – è poco costosa.

51.      Oltre a ciò, il tentativo di conciliazione sospende il termine di prescrizione. La sua esecuzione non pregiudica, quindi, l’attuazione dei diritti.

52.      Tuttavia, nella sua ordinanza di rinvio il giudice remittente critica una caratteristica formale della procedura di conciliazione che potrebbe essere idonea a definire l’intera procedura come un’ingerenza sproporzionata. Il giudice del rinvio sostiene che il tentativo di conciliazione deve esser necessariamente proposto attraverso moduli reperibili sul sito web del Garante. In ciò risiederebbe un ostacolo per quei ricorrenti che non hanno accesso a un computer. Se la conciliazione dovesse essere proposta effettivamente attraverso moduli specifici accessibili solo tramite Internet, allora si dovrebbe convenire con il giudice del rinvio che in questo modo l’accesso alla conciliazione – e quindi in definitiva all’azione giudiziaria – sarebbe considerevolmente più difficile per coloro che non dispongono di un accesso a Internet. A mio avviso, sussisterebbe a tal riguardo un’ingerenza sproporzionata nel diritto alla tutela giurisdizionale.

53.      Tuttavia, dall’art. 13, n. 1, [dell’allegato A della] delibera n. 173/07/CONS emerge la possibilità di presentare un’istanza anche in via telematica. Dalle disposizioni legislative sottoposte alla Corte non emerge quindi che i moduli richiesti siano accessibili solo tramite Internet. In definitiva, spetta al giudice del rinvio chiarire se per la procedura conciliativa i singoli possano ragionevolmente ottenere i formulari richiesti anche attraverso altre vie.

54.      In chiusura, restano ancora da prendere in esame le due raccomandazioni sulle quali si interroga il giudice del rinvio. Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice del rinvio e dal governo polacco, da queste ultime non emerge alcuna valutazione divergente. È vero che tanto la raccomandazione 98/257, quanto la raccomandazione 2001/310, rispettivamente al ventunesimo e quattordicesimo ‘considerando’, osservano che le procedure extragiudiziali non devono sostituire le procedure giudiziarie, per cui a coloro che ricorrono a una procedura extragiudiziale non deve essere negato il diritto di adire gli organi giurisdizionali. Tuttavia, le disposizioni italiane non si pongono in contrasto con tali affermazioni. Infatti, in esse la risoluzione extragiudiziale non prende il posto del procedimento giudiziario e l’accesso alla tutela giurisdizionale non viene affatto negato, bensì eventualmente rinviato al massimo di 30 giorni.

55.      Peraltro la conclusione raggiunta è confermata dalla direttiva 2008/52 relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (21). È vero che questa non è applicabile nel caso di specie, in essa è però espressa una valutazione che può essere trasferita alla presente fattispecie. L’art. 5, n. 2, della direttiva 2008/52 prevede che quest’ultima lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario. La normativa italiana – come già osservato – soddisfa tali requisiti, in particolare l’accesso alla tutela giurisdizionale viene soltanto differito.

56.      Infine, le disposizioni controverse non violano neppure il principio di equivalenza in base al quale le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano fattispecie analoghe di natura interna (22). In risposta a un quesito della Corte, il governo italiano ha affermato in udienza che, finora in Italia, di fatto, una conciliazione obbligatoria è prevista solo nel settore delle telecomunicazioni. Essa sarebbe stata introdotta inizialmente in tale settore e si sarebbe in procinto di applicare la conciliazione obbligatoria ad altri ambiti, quali ad esempio il settore energetico. Da tali elementi consegue però, a mio avviso, che non sussiste alcuna violazione del principio di equivalenza. Non si ravvisa pertanto alcun trattamento meno favorevole rispetto a un semplice contesto di diritto interno. Innanzitutto non risulta chiaro che per i ricorsi in altri settori, quale ad esempio quello dell’energia, si tratti di «fattispecie analoghe». D’altro canto, le disposizioni controverse valgono non soltanto per i diritti riconosciuti dal diritto comunitario nel settore dei servizi universali, bensì anche per quelli risultanti dal diritto nazionale.

57.      Riassumendo, si deve pertanto considerare che una procedura di risoluzione delle controversie obbligatoria, attivata prima di un procedimento giudiziario non rappresenta, in linea di principio, un’ingerenza sproporzionata nel diritto alla tutela giurisdizionale effettiva. Disposizioni come quelle controverse rappresentano un’ingerenza minima nel diritto all’attuazione del diritto in via giurisdizionale, che viene compensata attraverso la possibilità di definire la controversia seguendo un percorso poco costoso e veloce.

V –    Conclusione

58.      Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di risolvere come segue le quattro domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Giudice di pace di Ischia:

L’art. 34 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale), prescrive che le procedure di risoluzione extragiudiziale siano trasparenti, semplici e poco costose. Il principio della tutela giurisdizionale effettiva non osta all’espletamento obbligatorio di tali procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie, a condizione che tale espletamento persegua obiettivi legittimi di interesse generale e non costituisca, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – GU L 108, pag. 51 (in prosieguo: la «direttiva 2002/22»).


3 – Pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana n. 120 del 25 maggio 2007.


4 – Nei procedimenti C‑317/08, C‑319/08 e C‑320/08.


5 – Nel procedimento C‑318/08.


6 – V. in tal senso, inter alia, sentenze 29 maggio 1997, causa C‑299/95, Kremzow (Racc. pag. I‑2629, punto 15), e 12 giugno 2003, causa C‑112/00, Schmidberger (Racc. pag. I‑5659, punto 75).


7 – V. solo sentenze 23 novembre 2006, causa C-238/05, Asnef-Equifax e Administración del Estado (Racc. pag. I‑11125, punto 15), e 22 dicembre 2008, causa C‑48/07, Les Vergers du Vieux Tauves (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 16), nonché giurisprudenza ivi citata.


8 – Sentenze 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia (Racc. pag. 3045, punto 27), e 13 luglio 2006, cause riunite da C‑295/04 a C‑298/04, Manfredi e a. (Racc. pag. I‑6619, punto 27).


9 – V. sentenza 5 dicembre 2006, cause riunite C‑94/04 e C‑202/04, Cipolla e a. (Racc. pag. I‑11421, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).


10 – GU L 171, pag. 12 (in prosieguo: la «direttiva 1999/44»).


11 – Raccomandazione della Commissione 30 marzo 1998, 98/257/CE, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (GU L 115, pag. 31).


12 – Raccomandazione della Commissione 4 aprile 2001, 2001/310/CE, sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo (GU L 109, pag. 56).


13 – V. sentenze 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston (Racc. pag. 1651, punti 18 e 19); 13 marzo 2007, causa C‑432/05, Unibet (Racc. pag. I‑2271, punto 37), nonché 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (Racc. pag. I‑6351, punto 335).


14 – GU C 364, pag. 1.


15 – V. sentenze Kremzow, cit. alla nota 6, (punto 15), e Schmidberger, cit. alla nota 6, (punto 75).


16 – Sentenze 11 settembre 2003, causa C‑13/01, Safalero (Racc. pag. I‑8679, punto 49); 2 ottobre 2003, causa C‑147/01, Weber’s Wine World e a. (Racc. pag. I‑11365, punto 103); 7 gennaio 2004, causa C‑201/02, Wells (Racc. pag. I‑723, punto 67), e Unibet, cit. alla nota 13, (punto 43).


17 – V. sentenze 15 giugno 2006, causa C‑28/05, Dokter e a. (Racc. pag. I‑5431, punto 75), e 2 aprile 2009, causa C‑394/07, Gambazzi (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32).


18 – In merito a un efficiente svolgimento del procedimento al fine di una corretta amministrazione della giustizia, v. sentenza Gambazzi, cit. alla nota 17, (punto 32).


19 – Si fa riferimento a tale funzione anche nella direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 maggio 2008, 2008/52/CE, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (GU L 136, pag. 3).


20 – V. il paragrafo 31 delle presenti conclusioni.


21 – Cit. alla nota 19.


22 V., inter alia, sentenza Weber’s Wine World e a., cit. alla nota 16, (punto 103).