Language of document : ECLI:EU:C:2016:485

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 29 giugno 2016 (1)

Causa C‑429/15

Evelyn Danqua

contro

The Minister for Justice and Equality,

Ireland,

Attorney General

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of appeal (Corte d’appello, Irlanda)]

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Direttiva 2004/83/CE – Norme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria – Direttiva 2005/85/CE – Norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato – Norma procedurale nazionale che limita a quindici giorni lavorativi il termine per proporre una domanda di protezione sussidiaria a seguito del rigetto della domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato – Ammissibilità – Autonomia procedurale degli Stati membri – Principi di equivalenza e di effettività»





1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame si inserisce nell’ambito di una controversia che contrappone la sig.ra Evelyn Danqua, cittadina ghanese, al Minister for Justice and Equality (Ministro della Giustizia e delle Pari opportunità) (2), all’Irlanda e all’Attorney General riguardo alla legittimità della procedura seguita dalle autorità irlandesi per istruire la sua domanda di protezione sussidiaria.

2.        La protezione sussidiaria è una protezione internazionale che, a norma dell’articolo 2, lettera e), della direttiva 2004/83/CE (3), si rivolge ai cittadini di paesi terzi che non possiedono i requisiti per essere riconosciuti come rifugiati, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, una volta ritornati nel loro paese di origine, correrebbero un rischio effettivo di subire un grave danno. Nel quadro del sistema europeo comune di asilo, la protezione sussidiaria integra le norme relative allo status di rifugiato previste dalla Convenzione sullo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 (4).

3.        La presente causa offre alla Corte l’occasione di pronunciarsi nuovamente sulle modalità procedurali applicabili alle domande di protezione sussidiaria presentate in Irlanda sulla base della direttiva 2004/83. Nelle sue sentenze del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744) (5), del 31 gennaio 2013, D. e A. (C‑175/11, EU:C:2013:45) (6), e dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302) (7), la Corte ha avuto modo di pronunciarsi sulle molteplici sfaccettature di detta procedura rispetto ai principi fondamentali del diritto dell’Unione, quali il diritto di essere ascoltato, il diritto a un mezzo di impugnazione efficace e ancora il diritto a una buona amministrazione. La molteplicità di questi rinvii pregiudiziali è dovuta alle particolarità che ancora oggi caratterizzano la procedura per il riconoscimento di una protezione internazionale in Irlanda (8). Infatti, mentre la maggior parte degli Stati membri ha adottato una procedura unica in cui essi esaminano la domanda di asilo presentata dall’interessato alla luce delle due forme di protezione internazionale, l’Irlanda ha istituito in origine due procedure distinte per l’esame, rispettivamente, della domanda di asilo e della domanda di protezione sussidiaria, potendo quest’ultima essere presentata solo in seguito al rigetto della prima.

4.        Così, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, delle European Communities (Eligibility for Protection) Regulations 2006 [regolamento del 2006 relativo alle Comunità europee (requisiti di ammissione alla protezione)] (9), la lettera con cui il Ministro, in seguito al rigetto della domanda di asilo dell’interessato, notifica la propria intenzione di adottare un decreto di accompagnamento alla frontiera (10) deve essere corredata di un parere che informa quest’ultimo della possibilità di richiedere, entro quindici giorni lavorativi a partire da detta notifica, lo status di beneficiario della protezione sussidiaria, nonché un’autorizzazione temporanea a rimanere nel territorio («application for leave to remain»).

5.        La domanda di protezione sussidiaria della sig.ra Danqua è stata respinta sulla base di tale disposizione e, pertanto, l’oggetto della controversia fra le parti nel caso in esame riguarda la compatibilità di tale norma procedurale nazionale, che impone di presentare la domanda volta al riconoscimento dello status di beneficiario della protezione sussidiaria entro il termine di quindici giorni lavorativi dalla notifica del rigetto della domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato, rispetto sia al principio di equivalenza che a quello di effettività sanciti dalla giurisprudenza della Corte.

6.        Nelle presenti conclusioni, esporrò innanzitutto le ragioni per cui il principio di equivalenza non è, a mio avviso, rilevante in una situazione come quella in esame nel procedimento principale, che riguarda due tipi di domande, entrambe basate sul diritto dell’Unione e aventi oggetto e criteri costitutivi distinti.

7.        In seguito, esaminerò la norma procedurale nazionale in discussione nel procedimento principale essenzialmente sotto il profilo del principio di effettività. Anche se la Court of appeal (Corte d’appello, Irlanda) non ha espressamente interpellato la Corte sulla compatibilità della disposizione nazionale in esame con tale principio, illustrerò la ragione per cui tale esame è necessario a titolo della collaborazione che deve prevalere nell’ambito del procedimento di rinvio pregiudiziale tra il giudice nazionale e la Corte. Spiegherò inoltre perché una siffatta regola procedurale non può, a mio parere, garantire un accesso effettivo delle persone che richiedono una protezione sussidiaria ai diritti loro riconosciuti dalla direttiva 2004/83.

8.        Inviterò, di conseguenza, il giudice nazionale competente a valutare se il termine entro il quale è stata presentata la domanda volta a beneficiare dello status di protezione sussidiaria sia ragionevole, tenuto conto dell’insieme delle circostanze umane e materiali in presenza delle quali ha luogo l’esame della domanda di protezione internazionale. A tal fine, indicherò che detto giudice dovrebbe esaminare, a mio parere, se l’interessato sia stato posto in una situazione che gli consente di esercitare i suoi diritti in modo effettivo e prendendo, in particolare, in considerazione le circostanze in cui quest’ultimo è stato assistito nell’adempimento delle sue pratiche nonché le circostanze in cui il rigetto della domanda volta a beneficiare dello status di rifugiato gli è stato notificato.

I –    Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

9.        Il 13 aprile 2010 la sig.ra Danqua ha presentato una domanda di asilo presso l’Office of the Refugee Applications Commissionner (servizio del commissario incaricato delle domande d’asilo), sostenendo che, in caso di ritorno al suo paese di origine, rischiava di essere sottoposta alla pratica denominata «trokosi», una forma di schiavitù rituale che colpisce le donne.

10.      Nella sua relazione del 16 giugno 2010, detto servizio ha formulato una raccomandazione negativa rispetto alla domanda dell’interessata a motivo dei dubbi sulla veridicità delle sue affermazioni. Tale raccomandazione è stata confermata in appello dal Refugee Appeals Tribunal (giudice competente sui ricorsi in materia di status di rifugiato) con decisione del 13 gennaio 2011.

11.      Il 9 febbraio 2011 il Ministro ha notificato alla sig.ra Danqua, da un lato, il rigetto della sua domanda di asilo, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento del 2006, e, dall’altro, l’intenzione di disporre il suo accompagnamento alla frontiera, ai sensi dell’articolo 3 della legge del 1999 sull’immigrazione. Tale notifica era corredata di un parere che informava l’interessata sulla possibilità di presentare, entro il termine di quindici giorni lavorativi dalla suddetta notifica, una domanda di protezione sussidiaria.

12.      In seguito al rigetto della domanda di asilo dell’interessata, il Refugee Legal Service (in prosieguo: il «RLS») l’ha informata che non l’avrebbe assistita nelle pratiche per ottenere la protezione sussidiaria. Tale servizio ha però presentato a suo nome una domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari.

13.      Emerge dalla decisione di rinvio che detta domanda è stata respinta il 23 settembre 2013 e il Ministro ha adottato nei confronti della sig.ra Danqua una decisione di accompagnamento coattivo alla frontiera.

14.      La sig.ra Danqua ha fatto quindi ricorso ad un avvocato a titolo privato e ha depositato una domanda volta a beneficiare dello status di protezione sussidiaria in data 8 ottobre 2013. Con lettera del 5 novembre 2013, il Ministro ha dunque informato l’interessata che la sua domanda non poteva essere accolta poiché non era stata presentata nel termine di quindici giorni lavorativi, come specificato nella notifica del 9 febbraio 2011.

15.      L’interessata ha allora impugnato tale decisione dinanzi all’High Court (Alta Corte, Irlanda), adducendo, in particolare, una violazione del principio di equivalenza, non essendo previsto un simile termine nell’ambito della presentazione di una domanda di asilo.

16.      Con sentenza del 16 ottobre 2014, l’High Court (Alta Corte) ha respinto il ricorso dell’interessata ritenendo che il principio di equivalenza non fosse applicabile alla fattispecie in quanto essa era diretta a comparare due norme procedurali fondate sul diritto dell’Unione. La sig.ra Danqua ha quindi interposto appello avverso detta sentenza dinanzi alla Court of appeal (Corte d’appello).

17.      La Court of appeal (Corte d’appello), pur interrogandosi sulla pertinenza del principio di equivalenza nella presente causa, è del parere che una domanda di asilo possa costituire un termine di paragone adeguato ai fini di garantire il rispetto di tale principio.

18.      A tal proposito, il giudice del rinvio adduce che, sebbene la maggioranza delle domande di asilo sia trattata secondo il regime istituito dalla direttiva 2004/83, gli Stati membri possono sempre, almeno in teoria, concedere l’asilo in base al loro diritto nazionale. Sotto questo profilo, le domande di asilo potrebbero rientrare in parte nell’ambito del diritto dell’Unione e in parte in quello del diritto nazionale.

19.      Riguardo all’imposizione di un termine come quello oggetto del procedimento principale per la presentazione di una domanda di protezione sussidiaria, il giudice del rinvio ritiene che tale termine sia giustificato da considerazioni obiettive, tenuto conto delle particolarità del regime irlandese, caratterizzato, all’epoca dei fatti della controversia principale, da due procedure distinte e successive. Una siffatta imposizione consentirebbe, in particolare, di garantire che le domande di protezione internazionale siano trattate entro un lasso di tempo ragionevole.

20.      È in tale contesto che la Court of appeal (Corte d’appello) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se una domanda di asilo disciplinata da una normativa nazionale che riflette gli obblighi di uno Stato membro ai sensi della direttiva 2004/83 (...) possa essere considerata un termine di paragone adeguato per una domanda di protezione sussidiaria ai fini del principio di equivalenza.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se sia rilevante a tale proposito il fatto che il termine imposto per la presentazione delle domande di protezione sussidiaria persegue l’importante obiettivo di garantire che le domande di protezione internazionale siano trattate entro un termine ragionevole».

II – Osservazioni preliminari relative alla ricevibilità del rinvio pregiudiziale

21.      La decisione di rinvio non contiene un’esposizione del contesto normativo nazionale applicabile alla presente causa e ciò può sollevare una questione relativa alla ricevibilità della presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

22.      Secondo costante giurisprudenza, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di stretta e diretta cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (11).

23.      In tale dialogo tra giudici e nel reciproco rispetto delle diverse competenze, ciascuno si assume le proprie responsabilità. Se è vero che la Corte deve fare il possibile per aiutare il giudice del rinvio a interpretare e ad applicare correttamente il diritto dell’Unione, conferendogli, in particolare la più ampia facoltà di interpellarla (12), dall’altro, il giudice del rinvio deve a sua volta tener conto della funzione specifica assolta dalla Corte in materia e sforzarsi così di fornirle tutte le informazioni e tutti gli elementi di prova necessari a consentirle di esercitare tale funzione conformemente all’obiettivo di cui all’articolo 267 TFUE.

24.      A tal fine, l’esposizione del contesto di fatto e normativo della causa principale è un elemento costitutivo, addirittura essenziale, della domanda di pronuncia pregiudiziale e la sua mancanza può costituire un motivo d’irricevibilità manifesta della domanda di pronuncia pregiudiziale (13).

25.      Per quanto riguarda il contesto di fatto e normativo della causa, la Corte impone che il giudice del rinvio esponga almeno sommariamente i fatti pertinenti e menzioni il contenuto delle disposizioni nazionali che si possono applicare e, se del caso, la giurisprudenza nazionale pertinente (14).

26.      È giocoforza constatare che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene un’esposizione del contesto normativo nazionale dal momento che la Court of appeal (Corte d’appello) si astiene espressamente dal menzionare i riferimenti della disposizione nazionale di cui trattasi.

27.      Ciò detto, non penso che, tenuto conto del contesto nel quale siè inserito il presente rinvio pregiudiziale e l’oggetto dello stesso, tale lacuna possa giustificare una dichiarazione d’irricevibilità della domanda.

28.      In primo luogo, la motivazione della decisione di rinvio consente di comprendere il contenuto della disposizione nazionale in esame.

29.      In secondo luogo, la Corte ha deciso che «gli obblighi [riguardanti il contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale] poss[o]no essere più agevolmente soddisfatti quando [tale] domanda (…) si inserisce in un contesto già ampiamente noto a causa di un precedente rinvio pregiudiziale» (15).

30.      Orbene, come già menzionato, la Corte si è già pronunciata sulle molteplici sfaccettature della procedura di riconoscimento della protezione sussidiaria in Irlanda nelle sue sentenze del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), del 31 gennaio 2013, D. e A. (C‑175/11, EU:C:2013:45), nonché dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302), e si pronuncerà prossimamente nell’ambito della causa M (C‑560/14), attualmente pendente dinanzi ad essa. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale costituisce quindi il quinto rinvio operato da un giudice irlandese riguardo le modalità procedurali applicabili alle domande di protezione sussidiaria presentate prima delle riforme attuate nel 2013 e nel 2015 (16).

31.      Come emerge dalle precedenti sentenze della Corte, il contesto normativo applicabile, in Irlanda, ad una domanda di protezione sussidiaria è quindi noto, e la disposizione nazionale è peraltro espressamente menzionata al punto 15 della sentenza dell’8 maggio 2014, N. (C 604/12, EU:C:2014:302).

32.      In terzo luogo, sono consapevole che la Corte è più esigente quando la domanda di pronuncia pregiudiziale si situa nell’ambito di contenziosi caratterizzati da situazioni di fatto e di diritto complesse, quali i contenziosi in materia di concorrenza e di appalti pubblici (17).

33.      Orbene, nella presente causa, anche se la procedura di riconoscimento di una protezione internazionale è caratterizzata, nel presente caso, da molteplici tappe procedurali, la questione di diritto sottoposta alla Corte resta semplice, poiché si presenta sotto un’angolatura molto precisa, dal momento che l’interpretazione richiesta riguarda una disposizione il cui scopo è di stabilire un termine.

34.      In quarto luogo, constato che le informazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale hanno consentito alle parti in via principale e alla Commissione europea di presentare le proprie osservazioni.

35.      Alla luce di tali elementi, sono del parere cje la Corte dispone di tutte le informazioni per poter esercitare la sua funzione conformemente all’obiettivo previsto nell’articolo 267 TFUE, e ciò nonostante le lacune della decisione di rinvio.

III – Analisi

36.      Il diritto dell’Unione non stabilisce regole precise riguardo alle modalità della domanda di protezione sussidiaria e, in particolare, al termine entro cui tale domanda debba essere presentata all’autorità nazionale competente.

37.      Infatti, la direttiva 2004/83 non ha il contenuto o la finalità di prescrivere le norme procedurali applicabili all’esame di una domanda di protezione internazionale né, pertanto, di determinare quali garanzie procedurali debbano essere concesse al richiedente asilo a tale titolo (18). Detta direttiva ha come unico obiettivo quello di fissare, da un lato, criteri comuni a tutti gli Stati membri quanto alle condizioni che devono essere soddisfatte dai cittadini di paesi terzi per poter beneficiare di una protezione internazionale (19) e, dall’altro, il contenuto materiale di tale protezione (20). È in questo contesto che la direttiva 2004/83 individua al suo articolo 2, lettere c) ed e), le persone ammissibili al riconoscimento dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria e, al suo capo VII, i diritti connessi a ciascuno di tali status.

38.      Le norme procedurali relative all’esame di una domanda di protezione internazionale sono fissate, a loro volta, dalla direttiva 2005/85/CE (21). A norma del suo articolo 1, essa ha l’obiettivo di stabilire norme minime comuni a tutti gli Stati membri per le procedure di riconoscimento e di revoca dello status di rifugiato e definisce, ai suoi capi II e III, i diritti e gli obblighi procedurali gravanti sul richiedente e sullo Stato membro riguardo all’esame di una domanda di protezione internazionale.

39.      Orbene, a norma del suo articolo 3, la direttiva in parola si applica unicamente qualora lo Stato membro esamini una domanda volta all’ottenimento dello status di rifugiato oppure ove tale Stato abbia istituito una procedura unica in cui esso esamina una domanda alla luce delle due forme di protezione internazionale, vale a dire quella relativa allo status di rifugiato e quella attinente alla protezione sussidiaria.

40.      La direttiva 2005/85 accorda agli Stati membri un’ampia discrezionalità nel disciplinare le condizioni e le modalità procedurali relative all’esame di una domanda di protezione sussidiaria ove abbiano operato la scelta di esaminare detta domanda nell’ambito di una procedura distinta da quella volta ad ottenere lo status di rifugiato, come nel caso dell’Irlanda all’epoca dei fatti della controversia principale.

41.      Tuttavia, detto rinvio all’autonomia procedurale degli Stati membri è tradizionalmente temperato dall’obbligo di rispettare, da un lato, i diritti fondamentali e, dall’altro, i principi di equivalenza e di effettività (22).

42.      Secondo una giurisprudenza costante, il rispetto del principio di equivalenza richiede che la norma nazionale si applichi indistintamente ai ricorsi fondati su una violazione del diritto dell’Unione e a quelli fondati su una violazione del diritto nazionale. In altri termini, le norme procedurali adottate dagli Stati membri per un ricorso fondato sul diritto dell’Unione non devono essere meno favorevoli di quelle previste per un analogo ricorso fondato sul diritto interno (23).

43.      Quanto al rispetto del principio di effettività, esso richiede che tali modalità procedurali non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione all’interessato.

44.      Nelle presenti conclusioni, e poiché si tratta dell’oggetto stesso delle questioni poste dal giudice del rinvio, analizzerò innanzitutto in quale misura la norma procedurale in questione possa essere esaminata sotto il profilo del principio di equivalenza.

45.      Esaminerò, in seguito, in quale misura tale norma procedurale possa garantire la piena efficacia delle disposizioni del diritto dell’Unione relative alla protezione sussidiaria.

46.      Sebbene la Court of appeal (Corte d’appello) non abbia espressamente chiesto alla Corte di esaminare la norma procedurale di cui trattasi rispetto al principio di effettività, ritengo tuttavia, al pari della Commissione, che tale esame sia necessario per fornire al giudice del rinvio una risposta utile per dirimere la controversia su cui è chiamato a pronunciarsi. In udienza, il Ministro ha considerato detto esame inopportuno in quanto, da un lato, tale principio non è stato invocato nell’ambito del procedimento principale e, dall’altro, un siffatto esame sarebbe in contrasto con l’approccio della Corte.

47.      Come suindicato, il procedimento di rinvio pregiudiziale previsto dall’articolo 267 TFUE persegue lo scopo di introdurre una procedura di stretta e diretta cooperazione tra la Corte e il giudice nazionale, per mezzo della quale la prima fornisce al secondo una risposta utile che consente a quest’ultimo di risolvere la controversia dinanzi ad esso pendente (24). Inoltre, conformemente ad una giurisprudenza consolidata, spetta alla Corte interpretare tutte le disposizioni del diritto dell’Unione utili per il giudice del rinvio a tal fine, anche se tali disposizioni non sono menzionate nelle questioni sottoposte da tale giudice, nei limiti in cui quest’ultimo abbia fornito gli elementi di fatto e di diritto che consentono di effettuare tale interpretazione (25), come si verifica, a mio parere, nel caso di specie.

48.      Sostengo, quindi, che si debba fornire al giudice del rinvio ogni elemento utile attinente non solo alla portata del principio di equivalenza, ma anche a quella del principio di effettività ai fini della soluzione della controversia principale.

A –    Sul principio di equivalenza

49.      Ponendo dette questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se il principio di equivalenza debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una norma procedurale nazionale che imponga che la domanda volta a beneficiare dello status di protezione sussidiaria sia presentata entro un termine di quindici giorni lavorativi a partire dalla notifica del rigetto della domanda volta beneficiare dello status di rifugiato.

50.      Il giudice del rinvio sottolinea che, in effetti, un tale termine non è previsto nell’ambito della presentazione di una domanda volta a beneficiare dello status di rifugiato, nonostante detta domanda costituisca un termine di paragone adeguato a garantire il rispetto del principio di equivalenza.

51.      Contrariamente al parere espresso dal giudice del rinvio, ritengo che l’applicazione del principio di equivalenza non abbia rilevanza in una situazione come quella oggetto del procedimento principale.

52.      In effetti, l’applicazione del principio di equivalenza presuppone che si possano confrontare, da un lato, le modalità procedurali applicabili ad un’azione fondata sul diritto dell’Unione e, dall’altro, le modalità procedurali applicabili ad un’azione analoga fondata sul diritto interno.

53.      Orbene, tali condizioni non sono soddisfatte.

54.      In primo luogo, la situazione oggetto del procedimento principale riguarda due azioni fondate sul diritto dell’Unione, vale a dire la domanda volta a beneficiare dello status di rifugiato e la domanda volta a beneficiare dello status di protezione sussidiaria.

55.      Le direttive 2004/83 e 2005/85 (26) contribuiscono all’istituzione di un sistema europeo comune di asilo che, a norma dell’articolo 78, paragrafo 1, TFUE, deve consentire all’Unione di sviluppare una politica comune in materia di asilo e di protezione sussidiaria conforme alla Convenzione sullo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951. In particolare, ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 2, lettere a), b), d) e f), TFUE, le misure adottate in tale contesto comprendono non solo uno status uniforme in materia di asilo e di protezione sussidiaria a favore di cittadini di paesi terzi, ma anche procedure comuni per l’ottenimento e la perdita di tale status, nonché norme concernenti le condizioni di accoglienza di tali cittadini.

56.      Come risulta dal loro considerando 1, le direttive 2004/83 e 2005/85 procedono così ad un’armonizzazione non solo delle norme relative al riconoscimento e al contenuto dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria (27), ma anche delle norme procedurali applicabili a tale scopo.

57.      Sebbene gli Stati membri restino liberi di adottare o di mantenere norme più favorevoli ai fini dell’individuazione delle persone aventi i requisiti per il riconoscimento di una protezione internazionale e le norme procedurali applicabili a tale scopo, tuttavia tali norme devono restare compatibili con le direttive in parola.

58.      Pertanto, nell’ambito del sistema comune europeo di asilo, le condizioni per il riconoscimento della protezione internazionale da parte di uno Stato membro sono oggi disciplinate dalle disposizioni del diritto dell’Unione, che si tratti dello status di rifugiato o dello status conferito dalla protezione sussidiaria.

59.      Di conseguenza, il principio di equivalenza, quale definito nella giurisprudenza della Corte, non può trovare applicazione, poiché condurrebbe a confrontare le modalità procedurali applicabili ad una domanda di asilo fondata sul diritto dell’Unione con le modalità procedurali applicabili a una domanda di protezione sussidiaria parimenti fondata sul diritto dell’Unione.

60.      In secondo luogo, una domanda volta a beneficiare dello status di rifugiato e una domanda volta a beneficiare dello status di protezione sussidiaria non costituiscono «azioni analoghe» nel senso richiesto dalla giurisprudenza della Corte.

61.      Anzitutto, il legislatore dell’Unione ha auspicato l’introduzione, a norma dell’articolo 78, paragrafo 2, lettera b), TFUE, di un’altra forma di protezione internazionale, qualificata come «sussidiaria» e conforme alle condizioni richieste per il riconoscimento contemplate dall’articolo 2, lettera e), della direttiva 2004/83 (28), a complemento dello status di rifugiato.

62.      L’uso del termine «sussidiaria» e il dettato dell’articolo 2, lettera e), della citata direttiva indicano così, senza ambiguità, che lo status conferito dalla protezione sussidiaria si rivolge ai cittadini dei paesi terzi che non soddisfano le condizioni specifiche richieste per la concessione dello status di rifugiato (29). Con l’introduzione di una forma sussidiaria di tutela nel regime di asilo europeo comune, il legislatore dell’Unione non ha dunque inteso offrire due forme simili di protezione internazionale. Il legislatore irlandese ha, d’altronde, istituito due procedure distinte ai fini dell’esame, rispettivamente, della domanda di asilo e della domanda di protezione sussidiaria, la quale poteva essere presentata solo a seguito del rigetto della prima. Quanto agli Stati membri che hanno scelto una procedura unica, essi procedono all’esame di una domanda di protezione internazionale facendo riferimento innanzitutto alle condizioni previste per il riconoscimento dello status di rifugiato (30).

63.      Inoltre, lo status di rifugiato offre diritti e vantaggi economici e sociali più estesi rispetto a quelli conferiti dal riconoscimento di una protezione sussidiaria (31).

64.      Come osservato dalla Corte nella sua sentenza del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), la natura dei diritti connessi allo status di rifugiato e quella dei diritti inerenti allo status di beneficiario di protezione sussidiaria sono infatti diverse (32). Nel suo capo VII, recante il titolo «Contenuto della protezione internazionale», la direttiva 2004/83 distingue a seconda che la persona interessata sia un rifugiato o benefici della protezione sussidiaria (33). Per quanto attiene ai beneficiari della protezione sussidiaria, essa autorizza gli Stati membri ad adottare condizioni più restrittive circa il rilascio dei permessi di soggiorno o dei documenti di viaggio (34). Così, anche se gli Stati membri sono tenuti a riconoscere ai rifugiati un permesso di soggiorno della durata minima di tre anni, essi possono limitare la durata minima di tale permesso a un anno quando è rilasciato a favore di un individuo che beneficia della protezione sussidiaria. La direttiva in parola autorizza inoltre gli Stati membri a limitare l’accesso a taluni diritti economici e sociali, quali l’accesso al mercato del lavoro o all’assistenza sociale (35). Perciò, mentre i beneficiari dello status di rifugiato devono poter fruire di opportunità di formazione occupazionale secondo modalità equivalenti a quelle previste per i cittadini nazionali, per i titolari dello status di beneficiario di protezione sussidiaria, invece, le condizioni di accesso a dette attività sono stabilite dagli Stati membri. Inoltre, benché gli Stati membri siano tenuti a riconoscere ai beneficiari della protezione internazionale un’adeguata assistenza sociale, alla stregua dei cittadini nazionali, quando si tratta di beneficiari della protezione sussidiaria essi possono tuttavia limitare l’assistenza sociale alle prestazioni essenziali.

65.      Considerati gli elementi che precedono, il principio di equivalenza, quale è stato evidenziato dalla giurisprudenza della Corte, è dunque privo di rilevanza in una situazione che riguarda due tipi di domande, fondate entrambe sul diritto dell’Unione e aventi un oggetto e criteri costitutivi distinti (36).

B –    Sul principio di effettività

66.      Allo scopo di offrire una risposta utile al giudice del rinvio, propongo di esaminare la norma procedurale nazionale oggetto del procedimento principale sotto il profilo del principio di effettività.

67.      Si pone, pertanto, la questione se una norma procedurale nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che prevede che la domanda volta a beneficiare dello status di protezione sussidiaria sia presentata nel termine di quindici giorni lavorativi a partire dalla notifica del rigetto della domanda volta beneficiare dello status di rifugiato, sia idonea a garantire un accesso effettivo delle persone richiedenti una protezione internazionale ai diritti loro conferiti dalla direttiva 2004/83.

68.      Ricordo che, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento del 2006, la lettera con cui il Ministro notifica, in seguito al rigetto della domanda di asilo dell’interessato, la sua intenzione di adottare un decreto di accompagnamento alla frontiera, dev’essere corredata di un parere che informa quest’ultimo della possibilità di richiedere, entro quindici giorni lavorativi a partire da detta notifica, di beneficiare dello status di protezione sussidiaria nonché un permesso temporaneo di rimanere nel territorio. A tal fine, vengono allegati alla suddetta lettera una nota informativa sulla protezione sussidiaria e il modulo di presentazione della domanda. Oltre ai dati personali, il richiedente è invitato a trasmettere tutta la documentazione supplementare e a esporre in dettaglio i motivi riguardanti specificamente le circostanze invocate a sostegno della domanda di protezione sussidiaria indicando, in particolare, il grave danno che il richiedente potrebbe subire una volta rientrato nel proprio paese d’origine.

69.      Nelle sue osservazioni, la Commissione ritiene che il termine stabilito dall’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento del 2006 garantisce l’effettività del diritto del ricorrente «fintantoché la domanda non sia respinta per il solo motivo che è stata presentata fuori termine, quando l’autorità nazionale competente (…) non può ignorare il rischio effettivo di minacce in caso di accompagnamento alla frontiera e vi siano motivi seri e comprovati di credere che il richiedente corra un rischio reale di subire un grave danno, come definito dall’articolo 15 della direttiva [2004/83]».

70.      Anche se condivido il punto di vista secondo il quale, in un contenzioso come quello di cui trattasi, la priorità debba essere data alla tutela dei diritti fondamentali del richiedente una protezione internazionale, non ritengo che debba situarsi in tale fase del procedimento la valutazione alla quale deve procedere l’autorità nazionale competente in merito all’esistenza, ai sensi dell’articolo 2, lettera e), e dell’articolo 15 della direttiva 2004/83, di un rischio di grave danno qualora il richiedente ritornasse nel suo paese d’origine. L’interpretazione proposta dalla Commissione mira ad imporre all’autorità nazionale competente di esaminare il merito della domanda prima di valutarne la ricevibilità, rendendo in tal modo il rispetto di un termine stabilito dalla legge meramente accessorio. Orbene, se è stato stabilito un termine e quest’ultimo costituisce una condizione di ricevibilità della domanda, esso dev’essere applicato in modo oggettivo, al fine di garantire la certezza del diritto e un equo trattamento dei singoli.

71.      Per tale ragione non condivido la valutazione della Commissione.

72.      Ritengo, invece, che tale termine di quindici giorni lavorativi sia insufficiente a garantire l’effettività dei diritti conferiti dalla direttiva 2004/83 ai richiedenti una protezione sussidiaria.

73.      Certo, nella sua sentenza dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302), la Corte ha ritenuto che, nel contesto di un regime come quello in esame, caratterizzato da due tappe procedurali distinte, l’effettività dell’accesso allo status conferito dalla protezione sussidiaria necessita che «l’esame della domanda di protezione sussidiaria avvenga entro un termine ragionevole» (37).

74.      Se è vero che l’imposizione di un termine come quello oggetto del procedimento principale contribuisce manifestamente all’obiettivo di portare a conclusione la procedura di esame della domanda di protezione internazionale, ciò non toglie che tale termine è estremamente breve.

75.      Si deve innanzitutto ricordare che la decisione attesa riveste un’importanza vitale per chi legittimamente cerca una protezione internazionale. Tale individuo versa in condizioni umane e materiali estremamente difficili, pertanto non bisogna perdere di vista che la procedura da questi avviata presso le autorità nazionali competenti deve garantirgli il mantenimento dei suoi diritti essenziali attraverso il riconoscimento di una protezione internazionale.

76.      Inoltre, occorre tenere conto delle difficoltà che il richiedente può incontrare, a causa della sua lingua per esempio, in ordine non solo alla comprensione delle norme procedurali, ma anche alla conoscenza dei suoi diritti e dei suoi obblighi. Benché sia prevista una tutela legale, occorre costatare che, nella presente causa, il RLS ha rifiutato di assistere la sig.ra Danqua durante l’iter per il riconoscimento della protezione sussidiaria, preferendo presentare a suo nome una domanda di premesso di soggiorno per motivi umanitari.

77.      Infine, occorre altresì tenere conto delle difficoltà materiali che possono ritardare la corretta ricezione della notifica. Infatti, la situazione in cui versa il richiedente la protezione internazionale, che è sostanzialmente un individuo in cerca di rifugio, non è paragonabile a quella di qualsivoglia cittadino domiciliato nel territorio dello Stato membro ospitante. Il richiedente la protezione internazionale non disporrà di un indirizzo fisso in detto territorio e potrà anche spostarsi mentre la sua domanda volta a beneficiare del diritto d’asilo verrà esaminata. Nella fattispecie, l’esame della domanda presentata dalla sig.ra Danqua intesa ad ottenere lo status di rifugiato è durato dieci mesi. Emerge dalle informazioni comunicate in udienza che essa vive, attualmente, in un ostello. Non si può quindi escludere che in questo lasso di tempo l’interessata abbia cambiato indirizzo senza informarne le autorità nazionali competenti.

78.      Se a ciò si aggiunge lo stato di deprivazione psicologica in cui il richiedente può versare, ne consegue che non si può correre il rischio che tale individuo alla ricerca di protezione internazionale incontri ostacoli alla presentazione di una domanda volta beneficiare dello status di protezione sussidiaria a motivo di un termine troppo breve, nonostante ne abbia diritto.

79.      Pertanto, alla luce degli elementi succitati, attinenti, da un lato, al carattere fondamentale della protezione che deve essere riconosciuta alle persone esposte a gravi pericoli nei loro paesi di origine e, dall’altro, alle difficoltà umane e materiali che tali persone si trovano a incontrare nello Stato membro ospitante, un termine come quello previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento del 2006 non consente a mio avviso di garantire l’effettività dell’accesso allo status conferito dalla protezione sussidiaria.

80.      Si deve perciò stabilire un termine al posto del legislatore nazionale?

81.      Ritengo di no.

82.      Da un lato, come abbiamo visto ai paragrafi da 39 a 41 delle presenti conclusioni, la statuizione della norma procedurale nazionale oggetto del procedimento principale rientra nell’autonomia procedurale dell’Irlanda.

83.      Dall’altro lato, ciò non avrebbe alcun senso poiché una siffatta norma procedurale, contemplata dall’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento del 2006, al momento non è più in vigore. In effetti, ricordo che, a seguito della riforma avviata nel 2015, l’Irlanda ha abolito il duplice sistema che caratterizzava fino a ieri la procedura per il riconoscimento di una protezione internazionale a vantaggio di una procedura unica nell’ambito della quale le autorità competenti esaminano la domanda di asilo presentata dall’interessato alla luce delle due forme di protezione internazionale. Di conseguenza, una norma procedurale nazionale come quella oggetto del procedimento principale, che fissa il termine entro cui deve essere presentata la domanda volta al riconoscimento dello status conferito dalla protezione sussidiaria a seguito del rigetto della domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato, non ha più ragion d’essere.

84.      Pertanto, per quanto attiene alle domande di riconoscimento di protezione internazionale presentate in virtù della vecchia normativa, ritengo che spetti al giudice nazionale competente verificare se il termine entro cui la domanda di protezione sussidiaria è stata presentata sia ragionevole.

85.      A tale proposito, ritengo che egli debba tenere conto dell’insieme delle circostanze umane e materiali in presenza delle quali ha luogo l’esame della domanda di protezione internazionale.

86.      Detto giudice deve, in particolare, esaminare se l’interessato sia stato posto in una situazione che gli consente di esercitare i suoi diritti in modo effettivo e prendendo, in particolare, in considerazione l’assistenza di cui ha potuto beneficiare nell’adempimento delle sue pratiche e, segnatamente, l’assistenza legale di cui si è servito o della quale è stato privato.

87.      Il giudice nazionale competente deve anche tenere conto della data in cui l’interessato ha preso conoscenza della notifica che lo informava del rigetto della sua domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato e del decreto di accompagnamento alla frontiera adottato dal Ministro.

88.      Nella presente causa, ritengo che la sig.ra Danqua manifestamente non sia stata posta in una situazione atta a consentirle di presentare la sua domanda per ottenere il beneficio dello status conferito dalla protezione sussidiaria entro il termine stabilito dalla normativa nazionale di cui trattasi e quindi di esercitare i diritti riconosciutigli dalla direttiva 2004/83 in modo effettivo.

89.      In primo luogo, il rappresentante della sig.ra Danqua ha indicato, in udienza, che quest’ultima è analfabeta e che non è mai stata informata delle modalità della procedura, e segnatamente delle norme sulla proroga del termine relativo alla presentazione di una domanda per ottenere il beneficio dello status conferito dalla protezione sussidiaria.

90.      In secondo luogo, come emerge dalla decisione di rinvio, il RLS si è rifiutato di assistere la sig.ra Danqua nell’ambito di tale domanda, preferendo presentare a nome di quest’ultima una domanda di premesso di soggiorno per motivi umanitari. Solo a seguito del rigetto di tale domanda e dell’adozione, nei confronti della sig.ra Danqua, di un decreto di accompagnamento alla frontiera, ella ha fatto ricorso ad un avvocato a titolo privato, il quale ha presentato la domanda volta a beneficiare dello status di protezione sussidiaria.

91.      In terzo luogo, si deve ammettere che la procedura alla quale è stata assoggettata la sig.ra Danqua, caratterizzata da molteplici tappe e status distinti, può indurre in errore chiunque non conosca bene l’iter. Infatti, quando la domanda di quest’ultima volta ad ottenere lo «status di rifugiato» è stata respinta, il RLS, rifiutandosi di assisterla nell’ambito di una domanda volta ad ottenere il beneficio dello status conferito dalla protezione sussidiaria, ha presentato a suo nome una «domanda di premesso di soggiorno per motivi umanitari». Solo a seguito del rigetto di tale domanda e del «decreto di accompagnamento alla frontiera» il nuovo rappresentante legale dell’interessata ha quindi presentato una «domanda volta a beneficiare dello status di protezione sussidiaria». Tanti status diversi corrispondenti ad altrettante norme procedurali applicabili.

92.      In quarto luogo, se è assodato che la sig.ra Danqua ha effettivamente depositato la sua domanda volta al riconoscimento dello status conferito dalla protezione sussidiaria l’8 ottobre 2013, ossia due anni e otto mesi dopo la notifica del rigetto della sua domanda di asilo, si deve tuttavia tenere conto del fatto che l’interessata ha presentato tale domanda dieci giorni lavorativi dopo il rigetto, il 23 settembre 2013, della sua domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari.

93.      Alla luce di tali considerazioni, ritengo che la domanda presentata dall’interessata dovrebbe essere debitamente esaminata.

94.      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, propongo dunque alla Corte di dichiarare che il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che osta a una norma procedurale nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che impone che la domanda volta a beneficiare dello status di protezione sussidiaria sia presentata entro un termine di quindici giorni lavorativi a partire dalla notifica del rigetto della domanda volta a beneficiare dello status di rifugiato.

95.      Spetta al giudice nazionale competente, valutare se il termine entro il quale è stata presentata la domanda volta a beneficiare dello status conferito dalla protezione sussidiaria sia ragionevole, tenuto conto dell’insieme delle circostanze umane e materiali in presenza delle quali ha luogo l’esame della domanda di protezione internazionale. A tal fine, detto giudice deve esaminare se l’interessato sia stato posto in una situazione che gli consente di esercitare i suoi diritti in modo effettivo prendendo, in particolare, in considerazione le circostanze in cui quest’ultimo è stato assistito nell’adempimento delle sue pratiche nonché le circostanze in cui il rigetto della domanda volta a beneficiare dello status di rifugiato gli è stato notificato.

IV – Conclusione

96.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione sottopostale dalla Court of appeal (Corte d’appello, Irlanda):

Il principio di effettività dev’essere interpretato nel senso che osta a una norma procedurale nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che impone che la domanda volta a beneficiare dello status conferito dalla protezione sussidiaria sia presentata entro un termine di quindici giorni lavorativi a partire dalla notifica del rigetto della domanda volta a beneficiare dello status di rifugiato.

Spetta al giudice nazionale competente valutare se il termine entro il quale è stata presentata la domanda volta a beneficiare dello status conferito dalla protezione sussidiaria sia ragionevole, tenuto conto dell’insieme delle circostanze umane e materiali in presenza delle quali ha luogo l’esame della domanda di protezione internazionale. A tal fine, detto giudice deve esaminare se l’interessato sia stato posto in una situazione che gli consente di esercitare i suoi diritti in modo effettivo prendendo, in particolare, in considerazione le circostanze in cui quest’ultimo è stato assistito nell’adempimento delle sue pratiche nonché le circostanze in cui il rigetto della domanda volta a beneficiare dello status di rifugiato gli è stato notificato.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – In prosieguo: il «Ministro».


3 – Direttiva del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12).


4 –      Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954), convenzione entrata in vigore il 22 aprile 1954.


5 – Sentenza in cui la Corte si è pronunciata sulla portata del diritto di essere sentito nell’ambito dell’esame di una domanda di protezione sussidiaria. Facendo seguito a tale sentenza, la Supreme Court (Corte suprema, Irlanda) ha presentato una nuova domanda di pronuncia pregiudiziale con cui chiede alla Corte di precisare che cosa implichi concretamente il rispetto del diritto di essere ascoltato nell’ambito di una siffatta procedura. Le conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi in detta causa M (C‑560/14, EU:C:2016:320), ancora pendente dinanzi alla Corte, sono state presentate il 3 maggio 2016.


6 – Sentenza in cui la Corte si è pronunciata sulla portata del diritto a un mezzo di impugnazione efficace nell’ambito di una procedura come quella istituita in Irlanda e sulle modalità applicabili alle procedure accelerate o prioritarie.


7 – Sentenza in cui la Corte si è pronunciata sulla compatibilità con il rispetto del principio di effettività e con il diritto a una buona amministrazione della norma procedurale istituita in Irlanda che subordina l’esame della domanda di protezione sussidiaria al previo rigetto della domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato.


8 – Al paragrafo 11 delle sue conclusioni nella causa M (C‑560/14, EU:C:2016:320), l’avvocato generale Mengozzi ha rilevato che la procedura d’esame di una domanda di protezione internazionale ha fatto oggetto di due riforme in Irlanda. Mentre la prima riforma, adottata nel 2013, ha mantenuto il sistema biforcato, la seconda riforma, adottata nel 2015, ha sostituito detto sistema con una procedura unica per l’esame delle due forme di protezione internazionale, conformandosi così alle esigenze sancite dalla direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).


9 – Adottato dal Minister for Justice, Equality and Law Reform (Ministro della giustizia, delle pari opportunità e delle riforme legislative) il 9 ottobre 2006 e avente ad oggetto, in particolare, la trasposizione della direttiva 2004/83 (in prosieguo: il «regolamento del 2006»).


10 – Articolo 3, paragrafo 3, dell’Immigration Act 1999 (legge del 1999 sull’immigrazione).


11 – Ordinanza dell’8 settembre 2011, Abdallah (C‑144/11, EU:C:2011:565, punto 9 e giurisprudenza ivi citata), nonché sentenza del 13 marzo 2014, FIRIN (C‑107/13, EU:C:2014:151, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).


12 – Sentenza del 5 ottobre 2010, Elchinov (C‑173/09, EU:C:2010:581, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).


13 – V., in particolare, ordinanza del 15 aprile 2011, Debiasi (C‑613/10, EU:C:2011:266), nonché sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C 62/14, EU:C:2015:400, punto 25).


14 – Ordinanza del 13 dicembre 2012, Debiasi (C‑560/11, EU:C:2012:802, punto 24 e giurisprudenza ivi citata), nonché sentenza del 9 ottobre 2014, Petru (C‑268/13, EU:C:2014:2271, punto 22). V., anche, ordinanza dell’8 settembre 2011, Abdallah (C‑144/11, EU:C:2011:565, punto 10 e giurisprudenza ivi citata). V. articolo 94, lettera b), del regolamento di procedura della Corte nonché il punto 22 delle raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2012, C 338, pag. 1).


15 – Ordinanza del 17 luglio 2014, 3D I (C‑107/14, EU:C:2014:2117, punto 12).


16 – V. nota 8 delle presenti conclusioni.


17 – V., in materia di diritto della concorrenza, ordinanza del 21 novembre 2012, Fontaine (C‑603/11, EU:C:2012:731, punto 15), nonché, in materia di appalti pubblici, sentenza dell’11 dicembre 2014, Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a. (C‑113/13, EU:C:2014:2440, punti 47 e 48).


18 – V. sentenza del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 73), oltre alle mie conclusioni nella causa M. (C‑277/11, EU:C:2012:253, paragrafo 19), e sentenza dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punto 38), oltre che le mie conclusioni nella causa N. (C‑604/12, EU:C:2013:714, paragrafo 27).


19 – V. articolo 1 della citata direttiva.


20 – V. sentenza del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 72), e paragrafo 19 delle mie conclusioni nella causa M. (C‑277/11, EU:C:2012:253).


21 – Direttiva del Consiglio del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU 2005, L 326, pag. 13).


22 – V., in particolare, sentenze del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2013:8, punto 85 e giurisprudenza cit.), e del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 35 e giurisprudenza citata). V. anche sentenza dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punto 41 e giurisprudenza citata).


23 – Sentenze del 28 gennaio 2015, ÖBB Personenverkehr (C‑417/13, EU:C:2015:38, punto 74), e del 6 ottobre 2015, Târșia (C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 32).


24 – Ordinanza dell’8 settembre 2011, Abdallah (C‑144/11, EU:C:2011:565, punto 9 e giurisprudenza ivi citata), nonché sentenza del 13 marzo 2014, FIRIN (C‑107/13, EU:C:2014:151, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).


25 – Sentenza del 21 febbraio 2006, Ritter-Coulais (C‑152/03, EU:C:2006:123, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).


26 – Ricordo che tali direttive sono state adottate sulla base dell’articolo 63, primo comma, punto 1, CE (divenuto articolo 78 TFUE).


27 – V., in particolare, considerando 6 e 7 della direttiva 2004/83; considerando da 3 a 6 della direttiva 2005/85; considerando da 8 a 10, nonché i considerando 12 e 13 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9), nonché il considerando 13 della direttiva 2013/32.


28 – V., a tal proposito, sentenza dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punti 32 e 33).


29 – V. considerando 5 e 24 della citata direttiva.


30 – Ricordo che, se è vero che l’istituzione di una procedura unica era una facoltà offerta in virtù della direttiva 2005/85, essa costituisce ormai un obbligo ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2013/32. Tale disposizione prevede, oggi, senza ambiguità, che «[n]ell’esaminare una domanda di protezione internazionale, l’autorità accertante determina anzitutto se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato e, in caso contrario, se l’interessato sia ammissibile alla protezione sussidiaria».


31 – La direttiva 2013/32 elimina le differenze esistenti tra i diritti conferiti ai rifugiati e ai beneficiari di una protezione sussidiaria che non possono più ritenersi giustificate. Gli emendamenti riguardano la durata dei permessi di soggiorno, l’accesso all’assistenza sociale, all’assistenza sanitaria e al mercato del lavoro.


32 – V. punto 92 di tale sentenza.


33 – Tale capitolo illustra, in particolare, le condizioni alle quali i beneficiari di una protezione internazionale possono ottenere un permesso di soggiorno e i documenti di viaggio e possono avere accesso all’occupazione, all’istruzione, all’assistenza sociale, all’assistenza sanitaria e all’alloggio.


34 – V., rispettivamente, articoli 24 e 25 di tale direttiva.


35 – V., rispettivamente, articoli 26 e 28 della direttiva 2004/83.


36 – V., per analogia, sentenza del 28 gennaio 2015, ÖBB Personenverkehr (C‑417/13, EU:C:2015:38, punti 73 e 74), relativa ad una disposizione procedurale nazionale disciplinante i ricorsi diretti a far valere crediti retributivi.


37 – Punti 44 e 45 di tale sentenza.