Language of document : ECLI:EU:T:2022:253

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

27 aprile 2022 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo – Congelamento dei capitali – Restrizione in materia di ammissione nei territori degli Stati membri – Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate – Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi – Permanenza delle circostanze di fatto e di diritto che hanno determinato l’adozione delle misure restrittive»

Nella causa T‑108/21,

Ferdinand Ilunga Luyoyo, residente in Kinshasa (Repubblica democratica del Congo), rappresentato da T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M.-C. Cadilhac e H. Marcos Fraile, in qualità di agenti,

convenuto,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da R. da Silva Passos (relatore), presidente, I. Reine e L. Truchot, giudici,

cancelliere: E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento,

vista la mancata presentazione ad opera delle parti, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, della domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, a norma dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, il sig. Ferdinand Ilunga Luyoyo, ricorrente, chiede l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2020/2033 del Consiglio, del 10 dicembre 2020, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2020, L 419, pag. 30), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2020/2021 del Consiglio, del 10 dicembre 2020, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2020, L 419, pag. 5) (in prosieguo, denominati congiuntamente: gli «atti impugnati»), nella parte in cui tali atti lo riguardano.

 Fatti

 Contesto delle misure restrittive

2        Il ricorrente è un cittadino della Repubblica democratica del Congo che ha ricoperto, in seno alla polizia nazionale congolese (PNC), i ruoli di comandante della Légion nationale d’intervention (legione nazionale d’intervento, LNI) e successivamente di comandante dell’unità responsabile della tutela delle istituzioni e degli alti funzionari (UPIHP).

3        La presente causa si inserisce nel contesto delle misure restrittive imposte dal Consiglio dell’Unione europea ai fini dell’instaurazione di una pace duratura nella Repubblica democratica del Congo e dell’esercizio di pressioni sulle persone e sulle entità che violano l’embargo sulle armi imposto a tale Stato.

 Misure adottate dallUnione autonomamente

4        Il 18 luglio 2005 il Consiglio ha adottato, sul fondamento degli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE, il regolamento (CE) n. 1183/2005, che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2005, L 193, pag. 1).

5        Il 20 dicembre 2010 il Consiglio ha adottato, sul fondamento dell’articolo 29 TUE, la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo e che abroga la posizione comune 2008/369/PESC (GU 2010, L 336, pag. 30).

6        Il 17 ottobre 2016 il Consiglio ha adottato conclusioni nelle quali, in primo luogo, ha espresso la profonda preoccupazione dell’Unione europea per la situazione nella Repubblica democratica del Congo, aggravata dagli «atti di estrema violenza verificatisi il 19 e il 20 settembre 2016, in particolare a Kinshasa [(Repubblica democratica del Congo)]», e ha ricordato «la responsabilità primaria delle autorità [della Repubblica democratica del Congo] nell’organizzazione delle elezioni». In secondo luogo, il Consiglio ha indicato che, al fine di creare un clima favorevole al dialogo e alle elezioni, il governo della Repubblica democratica del Congo doveva impegnarsi in modo chiaro a garantire il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto e porre fine a ogni strumentalizzazione della giustizia. Inoltre, ha rilevato che l’Unione esortava a liberare tutti i prigionieri politici e a cessare i procedimenti giudiziari per motivi politici contro l’opposizione e la società civile, nonché a riabilitare le vittime di sentenze politiche, precisando poi che il divieto di manifestazioni pacifiche, le intimidazioni e le molestie nei confronti dell’opposizione, della società civile e dei media non consentivano di porre le basi per una transizione pacifica e democratica. Infine, il Consiglio ha dichiarato che «l’[Unione] [avrebbe] utilizz[ato] tutti i mezzi a sua disposizione, compreso il ricorso a misure restrittive individuali, contro coloro che [fossero] responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e [avessero] incita[to] alla violenza o coloro che [avessero] ostacola[to] una soluzione della crisi consensuale, pacifica e rispettosa dell’aspirazione del popolo congolese a eleggere i suoi rappresentanti».

7        Il 12 dicembre 2016 il Consiglio ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisione (PESC) 2016/2231, che modifica la decisione 2010/788 (GU 2016, L 336 I, pag. 7).

8        In pari data, il Consiglio ha adottato, sul fondamento dell’articolo 215 TFUE, il regolamento (UE) 2016/2230 recante modifica del regolamento n. 1183/2005 (GU 2016, L 336 I, pag. 1).

9        I considerando da 2 a 4 della decisione 2016/2231 riprendono le conclusioni adottate dal Consiglio il 17 ottobre 2016 e citate al punto 6 supra.

10      Il 6 marzo 2017, il Consiglio ha adottato conclusioni in cui, innanzitutto, ha espresso la preoccupazione dell’Unione per la situazione politica nella Repubblica democratica del Congo, provocata in particolare dalla situazione della sicurezza in diverse regioni del paese, in cui si registrava un uso sproporzionato della forza. Dopo aver condannato le gravi violazioni dei diritti umani, il Consiglio ha precisato che la lotta contro l’impunità era una delle condizioni necessarie per una transizione pacifica e una stabilizzazione duratura del paese. Infine, il Consiglio ha dichiarato che l’Unione deplorava la comparsa di focolai di violenza nelle tre province del Kasaï e nel Kongo Central (Repubblica democratica del Congo) ed era preoccupata per le notizie di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario commesse dalle milizie locali nelle province del Kasaï, in particolare il reclutamento e l’impiego illecito di bambini soldato, nonché l’uccisione di civili da parte di membri delle forze di sicurezza della Repubblica democratica del Congo, che avrebbero potuto costituire crimini di guerra ai sensi del diritto internazionale.

11      Il 29 maggio 2017 il Consiglio ha adottato, sul fondamento in particolare dell’articolo 31, paragrafo 2, TUE e dell’articolo 6, paragrafo 2, della decisione 2010/788, la decisione di esecuzione (PESC) 2017/905, che attua la decisione 2010/788 (GU 2017, L 138 I, pag. 6). In pari data, il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2017/904, che attua l’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1183/2005 (GU 2017, L 138 I, pag. 1).

 Criteri applicati per ladozione delle misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo

12      L’articolo 3, paragrafo 2, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, prevede quanto segue:

«Le misure restrittive previste all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, sono imposte nei confronti delle persone ed entità che:

a)      ostacolano una soluzione consensuale e pacifica a favore di elezioni nella [Repubblica democratica del Congo], anche mediante atti di violenza, repressione o incitamento alla violenza, oppure compromettendo lo stato di diritto;

b)      sono implicate nel pianificare, dirigere o compiere atti nella [Repubblica Democratica del Congo] che costituiscono gravi violazioni o abusi dei diritti umani;

c)      sono associate a quelle di cui alle lettere a) e b);

elencate nell’allegato II».

13      L’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, prevede che «[g]li Stati membri adottano le misure necessarie per impedire l’ingresso o il transito nel loro territorio delle persone indicate all’articolo 3».

14      Ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 1 e 2, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231:

«1.      Sono congelati tutti i fondi, le attività finanziarie e risorse economiche di altro tipo posseduti o controllati direttamente o indirettamente dalle persone o entità di cui all’articolo 3 o detenuti da entità possedute o controllate, direttamente o indirettamente, da tali persone o entità ovvero da persone o entità che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione, quali indicate nell’allegato I e II.

2.      Non sono messi a disposizione fondi, altre attività finanziarie o risorse economiche direttamente o indirettamente o a beneficio delle persone o entità di cui al paragrafo 1».

15      Per quanto riguarda il regolamento n. 1183/2005, il suo articolo 2 ter, paragrafo 1, come modificato dal regolamento 2016/2230, prevede quanto segue:

«L’allegato I bis comprende le persone fisiche o giuridiche, le entità o gli organismi designati dal Consiglio per uno dei seguenti motivi:

a)      ostacolano la ricerca di una soluzione consensuale e pacifica per le elezioni nella [Repubblica democratica del Congo], in particolare mediante atti di violenza, repressione o incitamento alla violenza, o compromettono lo [S]tato di diritto;

b)      pianificano, dirigono o compiono atti che costituiscono gravi violazioni o abusi dei diritti umani [nella Repubblica democratica del Congo];

c)      sono associati alle persone fisiche o giuridiche, alle entità o agli organismi di cui alle lettere a) e b)».

16      Ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 1183/2005, come modificato dal regolamento 2016/2230, si prevede quanto segue:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati, direttamente o indirettamente, da una persona fisica o giuridica, da un’entità o da un organismo di cui all’elenco dell’allegato I o dell’allegato I bis, inclusi i terzi che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione.

2.      Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione direttamente o indirettamente o a beneficio delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi di cui all’allegato I o all’allegato I bis».

 Durata iniziale dellapplicazione delle misure restrittive

17      Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, «[l]e misure di cui all’articolo 3, paragrafo 2, si applicano fino al 12 dicembre 2017» e, «[s]e del caso, sono prorogate o modificate qualora il Consiglio ritenga che i loro obiettivi non siano stati raggiunti».

 Inserimento iniziale del nome del ricorrente negli elenchi di persone soggette alle misure restrittive

18      Mediante la decisione 2016/2231 e il regolamento 2016/2230, il nome del ricorrente è stato inserito negli elenchi delle persone ed entità soggette alle misure restrittive di cui all’allegato II della decisione 2010/788 e all’allegato I bis del regolamento n. 1183/2005 (in prosieguo, congiuntamente: gli «elenchi controversi»).

19      Il Consiglio ha giustificato tale iscrizione con i seguenti motivi:

«Come comandante del corpo antisommossa [LNI] della [PNC], Ferdinand Ilunga Luyoyo si è reso responsabile dell’uso sproporzionato della forza e della repressione violenta nel settembre 2016 a Kinshasa. In questa veste, Ferdinand Ilunga Luyoyo è stato quindi implicato nel pianificare, dirigere o compiere atti che costituiscono gravi violazioni dei diritti umani nella [Repubblica democratica del Congo]».

20      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 marzo 2017, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il numero di causa T‑143/17, diretto, in sostanza, all’annullamento del regolamento 2016/2230 nella parte in cui tale atto lo riguardava. La causa è stata cancellata dal ruolo del Tribunale con ordinanza del 7 dicembre 2018, Ilunga Luyoyo/Consiglio (T‑143/17, non pubblicata, EU:T:2018:987), a seguito della rinuncia agli atti del ricorrente.

 Prime tre proroghe delle misure restrittive imposte al ricorrente

21      Con decisione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell’11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788 (GU 2017, L 328, pag. 19), le misure restrittive nei confronti del ricorrente sono state prorogate, con le stesse motivazioni, fino al 12 dicembre 2018.

22      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale l’8 marzo 2018, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il numero di causa T‑166/18, contro la decisione 2017/2282, nella parte in cui tale decisione lo riguardava. Detto ricorso è stato respinto con sentenza del 12 febbraio 2020, Ilunga Luyoyo/Consiglio (T‑166/18 , non pubblicata, EU:T:2020:50).

23      Il 10 dicembre 2018 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2018/1940, che modifica la decisione 2010/788 (GU 2018, L 314, pag. 47), e il regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931, che attua l’articolo 9 del regolamento n. 1183/2005 (GU 2018, L 314, pag. 1). Mediante tali atti, l’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi è stato confermato fino al 12 dicembre 2019. La motivazione dell’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi era stata aggiornata con l’aggiunta di una menzione ai sensi della quale «[n]el luglio 2017 Ferdinand Ilunga Luyoyo [era] stato nominato comandante dell’[UPIHP] della PNC».

24      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 febbraio 2019, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il numero di causa T‑124/19, contro la decisione 2018/1940 e contro il regolamento di esecuzione 2018/1931, nella parte in cui tali atti lo riguardavano. Detto ricorso è stato respinto con sentenza del 3 febbraio 2021, Ilunga Luyoyo/Consiglio (T‑124/19, non pubblicata, EU:T:2021:63).

25      Il 9 dicembre 2019 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2019/2109, che modifica la decisione 2010/788 (GU 2019, L 318, pag. 134), e il regolamento di esecuzione (UE) 2019/2101, che attua l’articolo 9 del regolamento n. 1183/2005 (GU 2019, L 318, pag. 1). Con tali atti, l’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi è stato confermato fino al 12 dicembre 2020. Il Consiglio ha aggiornato i motivi di tale inserimento aggiungendo, dopo il riferimento al suo ruolo di comandante dell’UPIHP, la dichiarazione secondo la quale, «[d]ato il suo ruolo, [è stato] responsabile delle recenti violazioni dei diritti umani commesse dalla PNC».

26      Con lettera del 10 dicembre 2019, il Consiglio ha notificato al ricorrente la decisione 2019/2109 e ha specificato che, qualora avesse voluto presentare ulteriori osservazioni, le avrebbe dovute trasmettere prima del 1° settembre 2020.

27      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 febbraio 2020, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il numero di causa T‑101/20, contro la decisione 2019/2109 e il regolamento di esecuzione 2019/2101, nella parte in cui tali atti lo riguardavano. Detto ricorso è stato respinto con sentenza del 15 settembre 2021, Ilunga Luyoyo/Consiglio (T‑101/20, non pubblicata, EU:T:2021:575).

 Riesame

28      Con lettera del 4 giugno 2020, gli avvocati del ricorrente hanno presentato al Consiglio una richiesta di accesso al fascicolo e hanno chiesto la proroga al 1° ottobre 2020 del termine per presentare elementi a sostegno di una richiesta di riesame dell’inserimento del suo nome negli elenchi controversi.

29      Con lettera del 7 luglio 2020, il Consiglio ha informato gli avvocati del ricorrente di aver accolto la loro richiesta di proroga al 1° ottobre 2020 del termine per la presentazione di una domanda di riesame.

30      Con lettera del 23 luglio 2020, il Consiglio ha trasmesso agli avvocati del ricorrente otto documenti di lavoro.

31      Il 1° ottobre 2020, gli avvocati del ricorrente hanno presentato formalmente una richiesta di riesame al Consiglio, in cui hanno sostenuto, fra l’altro, che tale istituzione aveva commesso un errore di valutazione. A tal proposito, essi hanno sottolineato che le funzioni del ricorrente erano cambiate, in quanto dal dicembre 2019 egli non aveva più svolto alcun ruolo effettivo nella polizia congolese, pur mantenendo il grado di generale e il relativo stipendio, e che durante il 2020 non aveva rivestito alcun ruolo né era stato coinvolto in alcuna azione politica, militare o amministrativa della Repubblica democratica del Congo, esercitando a titolo privato la carica di presidente della Federazione pugilistica congolese.

32      In allegato a una lettera inviata agli avvocati del ricorrente il 30 ottobre 2020, il Consiglio ha trasmesso loro quattro documenti di lavoro relativi all’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi.

33      Nella lettera del 30 ottobre 2020, il Consiglio ha dichiarato che questi elementi lo avevano indotto a prevedere un aggiornamento della motivazione relativa al ricorrente, specificando che egli era stato comandante dell’UPIHP «fino al dicembre 2019» e aggiungendo la menzione secondo cui lo stesso «[aveva] mantenuto il suo grado di generale ed [era rimasto] attivo sulla scena pubblica nella [Repubblica democratica del Congo]».

34      Il Consiglio ha inoltre specificato che, se il ricorrente avesse voluto presentare ulteriori osservazioni, le avrebbe dovute inviare prima del 20 novembre 2020.

35      Con lettera del 20 novembre 2020 indirizzata al Consiglio, gli avvocati del ricorrente hanno presentato osservazioni sui documenti menzionati al punto 32 supra, sostenendo che nessuno di essi giustificasse la proroga delle misure in questione. In particolare, essi hanno rilevato che, se uno degli elementi prodotti dal Consiglio in allegato alla sua lettera del 30 ottobre 2020 menzionava il nuovo ruolo del ricorrente di presidente della Federazione pugilistica congolese, essi contestavano la fondatezza di tale motivo quale giustificazione della conferma dell’inserimento del suo nome negli elenchi controversi.

 Quarta proroga delle misure restrittive imposte al ricorrente

36      Il 10 dicembre 2020, il Consiglio ha adottato gli atti impugnati, mediante i quali il nome del ricorrente è stato mantenuto negli elenchi impugnati fino al 12 dicembre 2021, e la motivazione di tale inserimento è adesso del seguente tenore:

«In qualità di comandante dell’unità antisommossa, denominata [LNI], della [PNC] fino al 2017, e comandante dell’[UPIHP] in seno alla PNC fino al dicembre 2019, Ferdinand Ilunga Luyoyo è responsabile dell’uso sproporzionato della forza e della repressione violenta nel settembre 2016 a Kinshasa ed è responsabile delle successive violazioni dei diritti umani commesse dalla PNC.

Ferdinand Ilunga Luyoyo ha quindi contribuito a pianificare, dirigere o compiere atti che costituiscono gravi violazioni o abusi dei diritti umani nella [Repubblica Democratica del Congo].

Ferdinand Ilunga Luyoyo ha mantenuto il suo grado di generale e rimane attivo sulla scena pubblica nella [Repubblica Democratica del Congo]».

37      Con lettera dell’11 dicembre 2020, il Consiglio ha notificato al ricorrente la decisione 2020/2033, ricordando che le situazioni di violazione dei diritti umani continuavano a sussistere.

38      Nella stessa lettera, il Consiglio ha dichiarato che la situazione del ricorrente al momento dell’adozione degli atti impugnati giustificava il mantenimento del suo nome negli elenchi controversi, poiché, «in qualità di comandante dell’unità antisommossa della PNC fino al 2017, e comandante dell’[UPIHP] in seno alla PNC fino al dicembre 2019, [egli era] responsabile dell’uso sproporzionato della forza e della repressione violenta nel settembre 2016 a Kinshasa ed [era] responsabile delle successive violazioni dei diritti umani commesse dalla PNC» e che, «[s]ebbene non rivest[isse] più cariche in seno dalla PNC[, aveva] mantenuto il suo grado di generale ed (...) [era rimasto] attivo sulla scena pubblica nella [Repubblica Democratica del Congo], come dimostra[va]no i documenti che [gli] [era]no stati trasmessi».

39      Il Consiglio ha inoltre aggiunto che, se il ricorrente avesse voluto presentare ulteriori osservazioni, le avrebbe dovute inviare entro il 1° novembre 2021.

 Conclusioni delle parti

40      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 febbraio 2021, il ricorrente ha proposto il presente ricorso. Egli chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli atti impugnati, nella parte in cui lo riguardano;

–        condannare il Consiglio alle spese.

41      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        in subordine, in caso di annullamento degli atti impugnati, mantenere gli effetti della decisione 2020/2033 «fino all’entrata in vigore dell’annullamento parziale del regolamento di esecuzione 2020/2021»;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

42      A sostegno della sua domanda di annullamento degli atti impugnati, il ricorrente fa valere due motivi, riguardanti, il primo, la violazione del diritto di essere sentiti e, il secondo, errori di valutazione. Il Tribunale ritiene che occorra esaminare anzitutto il secondo motivo.

 Sul secondo motivo, vertente su errori di valutazione

43      In primo luogo, il ricorrente deduce un errore manifesto di valutazione in merito al contesto del riesame della situazione democratica e politica nella Repubblica democratica del Congo precedente alla proroga delle misure restrittive adottate nei suoi confronti.

44      In secondo luogo, il ricorrente contesta, in sostanza, la fondatezza degli atti impugnati nella parte in cui essi mantengono il suo nome negli elenchi controversi, sebbene, al momento dell’adozione di tali atti, non si potesse ritenere che egli fosse coinvolto in gravi violazioni dei diritti umani nella Repubblica democratica del Congo.

45      Da un lato, il ricorrente censura il Consiglio per aver mantenuto l’inserimento del suo nome negli elenchi controversi per fatti del passato e in ragione di ruoli che egli non occupava più al momento dell’adozione degli atti impugnati, in violazione del criterio d’inserimento, che è formulato al presente.

46      A questo proposito, il ricorrente fa valere che, da quando ha lasciato la LNI della PNC nel 2017, non ricopre più alcun ruolo di comando nella PNC e che, dal dicembre 2019, non è più il comandante dell’UPIHP. Egli sottolinea che, pur avendo mantenuto il suo grado di generale, non esercita più alcuna particolare funzione pubblica.

47      D’altra parte, il ricorrente contesta gli elementi su cui si è basato il Consiglio e che si riferiscono al suo ruolo di presidente della Federazione pugilistica congolese, in quanto tale ruolo, che egli esercita a titolo privato, non permette di considerarlo ancora coinvolto in atti che giustifichino il mantenimento di misure restrittive nei suoi confronti. In particolare, il ricorrente contesta la pertinenza e il valore probatorio, a causa della partigianeria dell’autore, di un articolo dell’8 ottobre 2020 pubblicato sul sito web «desc-wondo.org», dal quale risulterebbe che egli conserva un’influenza politica in virtù di tale ruolo.

48      Il Consiglio sostiene che gli obiettivi delle misure restrittive, che includono, in particolare, il sostegno allo stato di diritto e ai diritti umani, non erano stati raggiunti al momento dell’adozione degli atti impugnati, in particolare perché durante il periodo di riesame in questione i funzionari della PNC avevano continuato a commettere gravi violazioni dei diritti umani. Inoltre, esso fa valere che il regime guidato dall’ex presidente è cambiato solo parzialmente nel 2019, con la nomina del nuovo presidente della Repubblica democratica del Congo, e che tale situazione politica è continuata nel corso del 2020. Esso sottolinea altresì che il ricorrente non ha fornito alcuna prova o indizio che dimostri una presa di distanza dal precedente regime. Pertanto, il Consiglio ritiene che, poiché al momento dell’adozione delle misure contestate nella Repubblica democratica del Congo non si era verificato un cambiamento sufficientemente profondo del contesto politico e di sicurezza, era opportuno basarsi sulla posizione attuale del ricorrente, al fine di valutare il perpetuarsi delle circostanze di fatto e di diritto che avevano determinato l’adozione delle misure restrittive e la necessità di mantenerle affinché raggiungessero il loro scopo.

49      Sotto tale profilo, il Consiglio osserva che, sebbene il ricorrente abbia cessato di rivestire il suo ruolo comandante dell’UPIHP dal dicembre 2019, dopo essere stato sospeso a causa del suo coinvolgimento in atti di violenza e di aggressione contro un avvocato, egli conserva il suo grado di generale e rimane attivo sulla scena pubblica della Repubblica democratica del Congo, in particolare a causa del suo nuovo ruolo di presidente della Federazione pugilistica congolese, la quale sarebbe altamente politicizzata e gli permetterebbe di mantenere strette connessioni con gli attori politici che controllano il paese.

50      Il Consiglio associa tali conclusioni al fatto che, al momento dell’adozione degli atti impugnati, il ricorrente aveva cessato di rivestire il proprio ruolo di comandante dell’UPIHP solo dal dicembre 2019, vale a dire appena un anno prima di tale adozione, e che era stato peraltro coinvolto, nel settembre 2016, in atti costituenti gravi violazioni dei diritti umani e in quelli successivamente commessi dalla PNC, nonché, nel dicembre 2019, in fatti di violenza. Il Consiglio ritiene quindi di aver potuto legittimamente considerare che il mantenimento delle misure restrittive nei confronti del ricorrente fosse necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti da tali misure e di aver disposto di elementi di prova concordanti e attendibili che gli consentivano di trarre, nei confronti del ricorrente, le conclusioni, come aggiornate, contenute negli atti impugnati.

51      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea postula in particolare che il giudice dell’Unione si assicuri che la decisione che dispone l’adozione o il mantenimento di misure restrittive, la quale riveste una portata individuale per la persona o l’entità interessata, si fondi su una base di fatto sufficientemente solida. Ciò comporta una verifica dei fatti addotti nell’esposizione dei motivi sottesa a tale decisione, cosicché il controllo giurisdizionale non si limiti alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consista invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare la medesima decisione, siano fondati (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 119).

52      In caso di contestazione, è al Consiglio che incombe il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 121, e del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punto 66).

53      A tal fine, non è richiesto che il Consiglio produca dinanzi al giudice dell’Unione tutte le informazioni e gli elementi probatori attinenti ai motivi dedotti nell’atto di cui si chiede l’annullamento. Tuttavia, occorre che le informazioni e gli elementi prodotti suffraghino i motivi posti a carico della persona interessata (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 122, e del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punto 67)

54      La valutazione della sufficiente solidità della base di fatto adottata dal Consiglio deve essere effettuata esaminando gli elementi di prova e di informazione non in maniera isolata, bensì nel contesto nel quale essi si inseriscono. Infatti, il Consiglio adempie all’onere della prova che gli incombe qualora evochi dinanzi al giudice dell’Unione un complesso di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti che consentano di dimostrare l’esistenza di un collegamento sufficiente tra la persona sottoposta ad una misura di congelamento dei suoi fondi e il regime o, in generale, le situazioni combattute (v. sentenza del 20 luglio 2017, Badica e Kardiam/Consiglio, T‑619/15, EU:T:2017:532, punto 99 e giurisprudenza ivi citata).

55      Inoltre, occorre ricordare che le misure restrittive hanno natura cautelare e, per definizione, provvisoria e la loro validità è sempre subordinata al permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base della loro adozione nonché alla necessità del loro mantenimento al fine della realizzazione dell’obiettivo ad esse correlato. Spetta quindi al Consiglio, in sede di riesame periodico delle misure restrittive, procedere ad una valutazione aggiornata della situazione e trarre un bilancio dell’impatto di tali misure, per stabilire se esse abbiano consentito di raggiungere gli obiettivi perseguiti con l’inserimento iniziale dei nominativi delle persone ed entità interessate nell’elenco controverso o se si possa ancora giungere alla stessa conclusione riguardo a dette persone ed entità (sentenza del 12 febbraio 2020, Amisi Kumba/Consiglio, T‑163/18, EU:T:2020:57, punti 58 e 59).

56      È in tale contesto che il Tribunale ha dichiarato che il Consiglio poteva decidere di mantenere negli elenchi controversi i nomi di persone confermando i motivi relativi a fatti commessi nel passato e valutati in precedenti decisioni che li riguardavano, sebbene gli interessati non avessero commesso nuove violazioni dei diritti umani nel corso del periodo precedente il riesame, se tale mantenimento è giustificato alla luce dell’insieme delle circostanze rilevanti e, in particolare, del fatto che gli obiettivi perseguiti dalle misure restrittive non fossero stati raggiunti (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2020, Amisi Kumba/Consiglio, T‑163/18, EU:T:2020:57, punti da 82 a 84 e giurisprudenza ivi citata).

57      Nel caso di specie, dai considerando 3 e 4 della decisione 2016/2231 risulta che le misure restrittive in questione adottate nei confronti di determinate categorie di persone, in particolare quelle che contribuiscono a gravi violazioni dei diritti umani, miravano, in particolare, a stabilizzare la situazione nella Repubblica democratica del Congo incoraggiando il governo a garantire un clima favorevole al dialogo democratico, ad assicurare il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto e a porre termine a ogni strumentalizzazione della giustizia, al fine di assicurare a una giustizia indipendente gli autori di gravi violazioni dei diritti umani (v. punti da 6 a 11 supra). A tal fine, dette misure miravano ad esercitare una pressione su coloro che sono ritenuti responsabili dell’instabile situazione, in termini di sicurezza, esistente nella Repubblica democratica del Congo.

58      È per tale motivo che il nome del ricorrente è stato inserito negli elenchi controversi, mediante la decisione 2016/2231 e con il regolamento 2016/2230, con la motivazione che, in sostanza, egli rivestiva il ruolo di comandante della LNI, un’unità della PNC coinvolta nell’uso sproporzionato della forza e nella repressione violenta di manifestazioni svoltesi a Kinshasa nel settembre 2016. In merito a ciò, il Tribunale ha già dichiarato la fondatezza di tali motivi nelle sentenze del 12 febbraio 2020, causa T‑166/18, Ilunga Luyoyo/Consiglio (non pubblicata, EU:T:2020:50, punti da 87 a 136), e del 3 febbraio 2021, causa T‑124/19, Ilunga Luyoyo/Consiglio (non pubblicata, EU:T:2021:63, punti da 96 a 144), riguardanti, rispettivamente, la prima e la seconda proroga dell’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi.

59      Inoltre, con l’adozione della decisione 2019/2109 e del regolamento di esecuzione 2019/2101, recante la terza proroga dell’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi, il Consiglio ha aggiunto alla motivazione di tale inserimento l’indicazione che il ricorrente, divenuto dal luglio 2017 comandante dell’UPIHP in seno alla PNC, era responsabile delle violazioni dei diritti umani commesse dalla PNC nella Repubblica democratica del Congo. Nel ricorso avente ad oggetto tali atti, il Tribunale ha dichiarato che il Consiglio aveva sufficientemente dimostrato un nesso tra il ricorrente e siffatte violazioni (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2021, Ilunga Luyoyo/Consiglio, T‑101/20, non pubblicata, EU:T:2021:575, punti da 156 a 160).

60      Negli atti impugnati, i cui termini sono riprodotti al punto 36 supra, il Consiglio continua a fare riferimento ai fatti descritti ai punti 58 e 59 supra e relativi al coinvolgimento del ricorrente nelle violazioni dei diritti umani nella sua qualità di comandante, prima, della LNI fino al 2017 e, poi, dell’UPIHP. Tuttavia, il Consiglio ha aggiornato i motivi dedotti contro il ricorrente, da un lato, specificando che quest’ultimo era stato il comandante dell’UPIHP fino al dicembre 2019 e, dall’altro, aggiungendo che aveva mantenuto il suo grado di generale e che era rimasto attivo sulla scena pubblica nella Repubblica democratica del Congo.

61      Il ricorrente contesta la fondatezza del mantenimento delle misure restrittive in questione nei suoi confronti, deciso negli atti impugnati, considerato che, al momento dell’adozione di tali misure, egli non svolgeva più alcun ruolo in seno alla PNC e che, in sostanza, le sue nuove funzioni di presidente della Federazione pugilistica congolese non consentivano di dimostrare, in modo giuridicamente adeguato, l’esistenza di un nesso tra sé e la situazione della sicurezza nella Repubblica democratica del Congo. Occorre quindi verificare se, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 55 e 56 supra, il Consiglio potesse, all’esito della propria valutazione aggiornata della situazione, eseguita nel contesto del riesame delle misure restrittive in questione, continuare a fare riferimento a fatti commessi in passato e già menzionati nelle precedenti decisioni riguardanti il ricorrente al fine di giustificare il mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti.

62      A tal proposito, da un lato, per quanto riguarda la situazione della sicurezza nella Repubblica democratica del Congo al momento dell’adozione degli atti impugnati, si deve rilevare che il Consiglio disponeva di un complesso di informazioni provenienti da svariate fonti, secondo le quali, nonostante lo svolgimento delle elezioni presidenziali del 30 dicembre 2018, la situazione del rispetto dello stato di diritto e dei diritti umani nella Repubblica democratica del Congo destava ancora preoccupazione. Infatti, la constatazione di una tendenza all’aumento delle violazioni dei diritti umani nel corso del periodo di riesame di cui trattasi, e in particolare di quelle connesse allo spazio democratico commesse dagli agenti della PNC, è suffragata dagli elementi trasmessi dal Consiglio al ricorrente in allegato alla sua lettera del 30 ottobre 2020, in particolare da tre note dell’Ufficio congiunto delle Nazioni Unite per i diritti umani, UNJHRO) sulle principali tendenze delle violazioni dei diritti umani tra gennaio e giugno 2020, nonché in luglio e agosto 2020.

63      Pertanto, il Consiglio disponeva di elementi sufficienti per ritenere soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788 e all’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1183/2005.

64      Dall’altro lato, per quanto riguarda la situazione individuale del ricorrente al momento dell’adozione dei provvedimenti impugnati, in primo luogo, è pacifico tra le parti che dal dicembre 2019 il ricorrente non ricopriva più alcun ruolo in seno alla PNC. Inoltre, il Consiglio disponeva già di questa informazione al momento dell’effettuazione del riesame delle misure restrittive adottate contro il ricorrente. Ciò è dimostrato dalla sua lettera al ricorrente del 30 ottobre 2020, in cui informava quest’ultimo della propria intenzione di tenere conto di tali informazioni nell’aggiornamento della motivazione nei suoi confronti.

65      In tali circostanze, in secondo luogo, è necessario esaminare la motivazione degli atti impugnati, secondo cui il mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi continuava ad essere giustificato al momento dell’adozione degli atti impugnati poiché, nonostante il suo coinvolgimento in diverse violazioni dei diritti umani tra il settembre 2016 e il dicembre 2019, il ricorrente aveva mantenuto il suo grado di generale e ricopriva nuove cariche come presidente della Federazione pugilistica congolese, che gli permettevano di essere influente a livello politico.

66      A tal riguardo, occorre anzitutto constatare che il Consiglio non ha addotto alcun elemento idoneo a dimostrare un nesso tra le violazioni dei diritti umani e il ricorrente successivamente al dicembre 2019, vale a dire quasi un anno prima dell’adozione degli atti impugnati.

67      È pur vero che, da un articolo del sito Internet «actualite.cd», del 18 dicembre 2019, intitolato «[Repubblica democratica del Congo], la polizia sospende il generale Ilunga Luyoyo per aver aggredito un avvocato a Lubumbashi», prodotto dal Consiglio in allegato alla lettera del 30 ottobre 2020, risulta che il ricorrente è stato personalmente coinvolto nell’aggressione di un avvocato. Tuttavia, è stato proprio in risposta a questi fatti che il ricorrente è stato rimosso dal suo ruolo in seno alla PNC. Inoltre, tale articolo riferisce che l’aggressione di cui trattasi si è verificata a seguito di un alterco tra il ricorrente e una persona che tra l’altro esercita la professione di avvocato, per motivi privati e non specificamente a causa di tale funzione. Si aggiunga che non risulta dal fascicolo del Consiglio, né è peraltro stato addotto da quest’ultimo, che al momento dell’adozione degli atti impugnati, avvenuta quasi un anno dopo i fatti in questione, il ricorrente fosse stato reintegrato nelle sue precedenti funzioni in seno alla PNC o in qualsiasi altro ruolo connesso alla situazione della sicurezza nella Repubblica democratica del Congo, né che avrebbe potuto esserlo.

68      Inoltre, la circostanza che, dopo la cessazione dalle sue funzioni all’interno della PNC nel dicembre 2019, il ricorrente abbia conservato il suo grado di generale non consente, di per sé, di ritenere che egli fosse in grado di esercitare un qualsivoglia ruolo sulle forze di sicurezza nella Repubblica democratica del Congo. Non è, d’altronde, neppure quello che sostiene il Consiglio, il quale si limita a constatare che il ricorrente ha conservato il suo grado di generale, mentre il ricorrente sostiene espressamente nel ricorso di non avere «più alcuna carica particolare».

69      Oltre a ciò, per quanto riguarda il ruolo del ricorrente come presidente della Federazione pugilistica congolese, il Consiglio si basa su tre articoli, vale a dire un articolo sul sito web «Matininfos.net», del 9 settembre 2020, intitolato «Boxe: Ilunga Makabu difenderà la sua cintura WBC a novembre a Kinshasa», un articolo sul sito web «Scoop.rdc», datato 5 febbraio 2020, intitolato «Incoronato campione del mondo di boxe “WBC” golden: Junior Makabu Ilunga ricevuto da Fatshi!», e un articolo datato 8 ottobre 2020, pubblicato sul sito web «desc-wondo.org» e intitolato «L’Unione europea deve prorogare le sanzioni contro gli ex collaboratori di Joseph Kabila» (in prosieguo: l’«articolo dell’8 ottobre 2020»).

70      È vero che l’articolo dell’8 ottobre 2020 fa riferimento al fatto che «il ricorrente continua a ricoprire un ruolo altamente politicizzato».

71      Tuttavia, a prescindere dalla sua attendibilità, contestata dal ricorrente a motivo della presunta partigianeria del suo autore, l’articolo dell’8 ottobre 2020 non contiene alcun elemento d’informazione concreto che consenta di dimostrare l’influenza che il presidente della Federazione pugilistica nazionale della Repubblica democratica del Congo potrebbe avere sul piano della politica di sicurezza.

72      Ancora, gli altri due articoli citati al punto 69 supra affermano che, durante il periodo di riesame in questione, il ricorrente era stato in contatto con le autorità politiche della Repubblica democratica del Congo nell’ambito del suo ruolo di presidente della Federazione pugilistica congolese, in occasione dell’accoglienza onoraria da parte della Presidenza della Repubblica di un giovane pugile professionista congolese diventato campione del mondo, e in occasione di una richiesta di sostegno finanziario al Ministero dello Sport e del tempo libero da parte di questo pugile per sostenere la sua attività sportiva.

73      Orbene, da tali fatti non risulta che il ricorrente abbia ecceduto l’ambito del normale esercizio delle funzioni di un presidente di una federazione sportiva nazionale, in quanto tali funzioni possono includere, in particolare, quella di sostenere i professionisti di tale settore attraverso attività di supporto di domande di sovvenzioni presso il ministero specificamente responsabile di detto settore e di accompagnamento in occasione di eventi pubblici onorifici.

74      Di conseguenza, gli articoli descritti al punto 72 supra non sono idonei a suffragare l’informazione presentata nell’articolo dell’8 ottobre 2020 secondo cui il ricorrente svolgeva funzioni «altamente politicizzate» nella sua qualità di presidente della Federazione pugilistica congolese.

75      Da quanto precede risulta che, da un lato, il ricorrente non svolgeva più funzioni connesse alla PNC da un periodo significativamente lungo, di quasi un anno prima dell’adozione degli atti impugnati, e che, dall’altro, il Consiglio non ha dimostrato in modo giuridicamente adeguato che il ricorrente fosse in grado di esercitare un’influenza sulla politica di sicurezza della Repubblica democratica del Congo.

76      Ciò posto, le circostanze, menzionate negli atti impugnati, secondo cui il ricorrente aveva conservato il suo grado di generale ed era rimasto attivo sulla scena pubblica, non consentono di concludere che rimanesse giustificato mantenere le misure restrittive nei suoi confronti al fine di raggiungere gli obiettivi perseguiti da tali misure, vale a dire, in particolare, sostenere il miglioramento della situazione dei diritti umani in tale Stato.

77      Infine, per quanto riguarda la possibilità per il Consiglio di basarsi sul fatto che il ricorrente non avesse preso le distanze dal precedente regime al potere nella Repubblica democratica del Congo, occorre sottolineare che, in determinate circostanze peculiari a ciascuna situazione, il Consiglio può considerare la mancata presa di distanza della persona interessata dal regime al potere come un elemento da prendere in considerazione a sostegno del mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti.

78      Tuttavia, nel caso di pecie, da quanto precede risulta che il ricorrente non ricopriva più i vari ruoli che avevano giustificato l’inserimento iniziale del suo nome negli elenchi controversi, nonché le successive proroghe di un simile inserimento, da un considerevole periodo di tempo, vale a dire da quasi un anno prima dell’adozione degli atti impugnati. Risulta altresì che il Consiglio è stato informato, in tempo utile, di tale cessazione di funzioni. Orbene, malgrado tali circostanze, il Consiglio non ha fornito elementi sufficienti che consentano di ritenere che, al termine del periodo di riesame di cui trattasi, esistesse ancora un legame sufficiente tra il ricorrente e la situazione di sicurezza che ha dato luogo agli atti di violazione dei diritti umani nella Repubblica democratica del Congo. Stando così le cose, per sostenere il mantenimento delle misure restrittive nei confronti del ricorrente, il Consiglio non può validamente invocare il fatto che il primo non abbia preso le distanze dal precedente regime al potere nella Repubblica democratica del Congo. Nelle circostanze specifiche della presente causa, un tale argomento non può quindi essere idoneo a giustificare gli atti impugnati.

79      Pertanto, di fronte alle contestazioni del ricorrente, il Consiglio non è stato in grado di dimostrare la fondatezza del mantenimento nei suoi confronti delle misure restrittive di cui è causa.

80      Ne consegue che il Consiglio ha commesso un errore di valutazione quando ha concluso, negli atti impugnati, che l’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi continuava ad essere giustificato dal fatto che egli aveva contribuito a pianificare, dirigere o compiere atti che costituivano gravi violazioni dei diritti umani nella Repubblica democratica del Congo.

81      Pertanto, il secondo motivo deve essere accolto nella sua seconda parte, non essendo necessario pronunciarsi sugli altri argomenti del ricorrente e sulla prima parte di tale motivo.

82      Alla luce di quanto precede, occorre annullare gli atti impugnati nella parte in cui riguardano il ricorrente, non essendo necessario esaminare il primo motivo dedotto da quest’ultimo.

 Sugli effetti nel tempo dellannullamento parziale della decisione 2020/2033

83      Per quanto riguarda la domanda formulata dal Consiglio in via subordinata nel suo controricorso, diretta al mantenimento degli effetti della decisione 2020/2033 fino all’entrata in vigore dell’annullamento parziale del regolamento di esecuzione 2020/2021 nei confronti del ricorrente, occorre ricordare che, con tale decisione, il Consiglio ha mantenuto il nome del ricorrente nell’elenco delle persone soggette alle misure restrittive di cui all’allegato II della decisione 2010/788 dal 12 dicembre 2020 al 12 dicembre 2021.

84      Orbene, con la decisione (PESC) 2021/2181 del Consiglio, del 9 dicembre 2021, che modifica la decisione 2010/788 (GU 2021, L 443, pag. 75), il Consiglio ha aggiornato l’elenco delle persone soggette alle misure restrittive contenuto nell’allegato II della decisione 2010/788, mantenendovi, fino al 12 dicembre 2022, il nome del ricorrente.

85      Pertanto, anche se l’annullamento della decisione 2020/2033 nella parte in cui riguarda il ricorrente comporta l’annullamento dell’inserimento del suo nome nell’elenco dell’allegato II della decisione 2010/788 per il periodo dal 12 dicembre 2020 al 12 dicembre 2021, tale annullamento non può comunque inficiare la legittimità di questo stesso inserimento per il periodo successivo, dato che la decisione 2021/2181 non è interessata dal presente ricorso

86      Di conseguenza, poiché, ad oggi, il ricorrente è oggetto di nuove misure restrittive, la domanda subordinata del Consiglio relativa agli effetti temporali dell’annullamento parziale della decisione 2020/2033, ricordata al punto 83 supra, è divenuta priva di oggetto.

 Sulle spese

87      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio è risultato soccombente, occorre condannarlo alle spese, conformemente alla domanda del ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione (PESC) 2020/2033 del Consiglio, del 10 dicembre 2020, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, e il regolamento di esecuzione (UE) 2020/2021 del Consiglio, del 10 dicembre 2020, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo, sono annullati nella parte in cui tali atti riguardano il sig. Ferdinand Ilunga Luyoyo.

2)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.

da Silva Passos

Reine

Truchot

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 aprile 2022.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.