Language of document : ECLI:EU:T:2013:186

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

12 aprile 2013 (*)

«Concorrenza – Intese – Diritti d’autore relativi all’esecuzione in pubblico delle opere musicali via Internet, satellite e ritrasmissione via cavo – Decisione che accerta una violazione dell’articolo 81 CE – Ripartizione del mercato geografico – Accordi bilaterali tra le società di gestione collettiva nazionali – Pratica concordata che esclude la possibilità di concedere licenze multiterritoriali e multirepertorio – Prova – Presunzione d’innocenza»

Nella causa T‑433/08,

Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE), con sede in Roma, rappresentata da M. Siragusa, L. Vullo e S. Valentino, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da V. Di Bucci e F. Castillo de la Torre, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento parziale della decisione C (2008) 3435 def. della Commissione, del 16 luglio 2008, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/C2/38.698 – CISAC),

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto dai sigg. H. Kanninen (relatore), presidente, S. Soldevila Fragoso e M. van der Woude, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento ed a seguito delle udienze del 30 settembre 2011 e dell’11 giugno 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti e decisione impugnata

1        La decisione C (2008) 3435 def. della Commissione, del 16 luglio 2008, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/C2/38.698 – CISAC) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), ha ad oggetto le condizioni di gestione dei diritti di esecuzione in pubblico delle opere musicali nonché di concessione delle licenze corrispondenti, unicamente per quanto riguarda le modalità di sfruttamento via Internet, satellite e ritrasmissione via cavo. Destinatarie della decisione sono 24 società di gestione collettiva stabilite nello Spazio economico europeo (SEE), che sono membri della Confederazione Internazionale delle Società di Autori e Compositori (CISAC) (in prosieguo: le «SGC»), tra le quali figura la ricorrente, la Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE).

2        Le SGC amministrano i diritti detenuti dagli autori (parolieri e compositori) sulle opere musicali di loro creazione. Tali diritti comportano, di regola, il diritto esclusivo di autorizzare o proibire lo sfruttamento delle opere protette. Ciò avviene, in particolare, per quanto attiene ai diritti di esecuzione in pubblico. Una SGC acquisisce tali diritti per cessione diretta da parte dei titolari originali o per trasmissione da parte di un’altra SGC che gestisce le stesse categorie di diritti in un altro paese, e concede, a nome dei propri membri, licenze agli utilizzatori commerciali, quali le imprese di radiodiffusione o gli organizzatori di spettacoli (in prosieguo: gli «utilizzatori»).

3        La gestione dei diritti d’autore implica, per ogni singola SGC, di garantire che ogni titolare riceva la remunerazione dovutagli per lo sfruttamento delle sue opere, indipendentemente dal territorio sul quale tale sfruttamento abbia avuto luogo, vigilando affinché non si verifichi alcuno sfruttamento non autorizzato di opere protette.

4        In tale contesto, la CISAC ha elaborato un contratto tipo non vincolante, la cui versione iniziale risale al 1936, che è stato più volte modificato e che deve essere completato dalle SGC contraenti, segnatamente per quanto attiene alla definizione del territorio di esercizio (in prosieguo: il «contratto tipo»). Sulla base del contratto tipo, le SGC hanno costituito accordi di rappresentanza reciproca (in prosieguo: gli «ARR») mediante i quali si attribuiscono mutuamente il diritto di concessione delle licenze. Gli ARR riguardano non solo l’esercizio dei diritti per le applicazioni tradizionali dette «off line» (concerti, radio, discoteche, ecc.), ma anche lo sfruttamento via Internet, satellite o ritrasmissione via cavo.

1.     Procedimento amministrativo

5        Nel 2000 la RTL Group SA, gruppo di radio e telediffusione, presentava alla Commissione delle Comunità europee una denuncia contro una SGC aderente alla CISAC per denunciare il diniego, da parte della stessa, di concederle, per le proprie attività di radiodiffusione musicale, una licenza su scala comunitaria. Nel 2003 la Music Choice Europe Ltd, che fornisce servizi di radiodiffusione e di televisione via Internet, presentava una seconda denuncia nei confronti della CISAC avente ad oggetto il contratto tipo. Tali denunce inducevano la Commissione ad avviare un procedimento di applicazione della normativa in materia di concorrenza.

6        Il 31 gennaio 2006, la Commissione inviava una comunicazione degli addebiti alla CISAC e alle SGC (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti»), concedendo loro un termine di risposta di due mesi, che la ricorrente ha rispettato.

7        La CISAC e la maggior parte delle SGC, tra cui la ricorrente, sono state sentite dalla Commissione in occasione dell’audizione tenutasi il 14, 15 e 16 giugno 2006.

8        Nel mese di marzo 2007, la ricorrente e altre 17 SGC nonché la CISAC proponevano alla Commissione degli impegni, ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), i quali sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea conformemente all’articolo 27, paragrafo 4, di questo stesso regolamento (GU 2007, C 128, pag. 12).

9        Al punto 72 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che, in considerazione delle osservazioni pervenute, gli impegni indicati supra al punto 8 non avrebbero fornito risposte adeguate ai problemi di concorrenza evocati nella comunicazione degli addebiti.

2.     Clausole pertinenti del contratto tipo

10      La decisione impugnata ha ad oggetto, in particolare, le clausole previste, almeno per un determinato periodo, dal contratto tipo, relative, da un lato, all’affiliazione dei titolari dei diritti alle SGC (in prosieguo: la «clausola di affiliazione») e, dall’altro, al carattere esclusivo dei mandati che le SGC si conferiscono reciprocamente negli ARR nonché alla loro portata territoriale.

11      Per quanto attiene alla clausola di affiliazione, l’articolo 11, paragrafo 2, del contratto tipo prevedeva, fino al 3 giugno 2004, che le SGC potessero accettare come membro un autore già membro di un’altra SGC, o avente la nazionalità di uno dei paesi in cui un’altra SGC esercitava la propria attività, solo in presenza di talune condizioni (punti 18-21 e 27 della decisione impugnata). Non si può escludere che alcuni ARR contengano tuttora una clausola di questo tipo (punti 35, 125 e 260 della decisione impugnata).

12      Per quanto riguarda il carattere esclusivo dei mandati e la loro portata territoriale, in primo luogo, l’articolo 1, paragrafi 1 e 2, del contratto tipo prevedeva, fino al maggio 1996, che una SGC conferisse ad un’altra, su base reciproca, il diritto esclusivo, sul territorio in cui quest’ultima operava, di concedere le autorizzazioni necessarie per qualsiasi esecuzione in pubblico (in prosieguo: la «clausola di esclusiva»). In secondo luogo, l’articolo 6, paragrafo 1, del contratto tipo invita le SGC a definire i rispettivi territori in cui le stesse operano, senza fornire precisazioni in proposito. Il paragrafo 2 del medesimo articolo dispone che ogni SGC si deve astenere da qualsiasi intervento all’interno del territorio dell’altra società nell’esecuzione, da parte di quest’ultima, del mandato conferitole (in prosieguo: la «clausola di non ingerenza») (punti 22-25 della decisione impugnata).

13      Le SGC applicherebbero l’articolo 6, paragrafo 1, del contratto tipo in maniera da introdurre limitazioni territoriali tali per cui la copertura geografica delle licenze concesse da una data società si trova, con qualche minima eccezione, limitata al territorio del paese del SEE nel quale essa è stabilita (in prosieguo: le «limitazioni territoriali nazionali») (punto 38 della decisione impugnata).

14      Gli elementi forniti dalle SGC nel corso del procedimento amministrativo non avrebbero consentito alla Commissione di concludere con certezza, da un lato, che 17 di esse abbiano effettivamente e completamente eliminato la clausola di esclusiva dai loro ARR e, dall’altro, che tutte le SGC abbiano effettivamente e totalmente soppresso la clausola di non ingerenza da detti accordi (punti 37 e 40 della decisione impugnata).

3.     Mercati rilevanti

15      La gestione collettiva dei diritti d’autore oggetto del contratto tipo comprendeva i tre seguenti mercati di prodotti: in primo luogo, la prestazione di servizi di gestione dei diritti d’autore ai titolari dei medesimi; in secondo luogo, la prestazione di servizi di gestione dei diritti d’autore ad altre SGC; e, in terzo luogo, la concessione di licenze di diritti di esecuzione in pubblico agli utilizzatori per la trasmissione via Internet, satellite e la ritrasmissione via cavo (punto 49 della decisione impugnata).

16      Dal punto di vista geografico, l’ambito del primo mercato sarebbe nazionale ma, in assenza di restrizioni relative all’affiliazione, potrebbe essere più esteso (punti 58 e 59 della decisione impugnata).

17      Quanto al secondo mercato, esso presenterebbe sia una dimensione nazionale, sia elementi transfrontalieri. Poiché le attività di trasmissione via Internet non sono limitate ad un unico paese del SEE, le imprese operanti in tali settori richiederebbero licenze multiterritoriali che le SGC potrebbero concedere in assenza delle restrizioni contenute negli ARR. Del pari, per la trasmissione via satellite e la ritrasmissione via cavo, qualsiasi SGC stabilita all’interno dell’impronta satellitare sarebbe in grado di concedere licenze estese alla totalità di tale impronta (punti 60-62 della decisione impugnata).

18      Da ultimo, per quanto concerne il terzo mercato, pur essendo stato storicamente definito come nazionale in ragione della necessità di un controllo locale, lo stesso non si potrebbe necessariamente dire per lo sfruttamento via Internet, via satellite e per la ritrasmissione via cavo, in quanto in tali settori sarebbe possibile il controllo a distanza (punti 63 e 64 della decisione impugnata).

4.     Applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE e dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE

 Clausole di affiliazione, di esclusiva e di non ingerenza

19      In primo luogo, ai fini della presente causa, la clausola di affiliazione costituirebbe violazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE e dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE (punti 123-137 della decisione impugnata).

20      In secondo luogo, in seguito all’esame della clausola di esclusiva e della clausola di non ingerenza, sarebbe emerso che la clausola di esclusiva produceva l’effetto di chiudere il mercato nazionale delle SGC che godono dell’esclusiva, considerato che nessuna SGC avrebbe potuto concedere licenze sul territorio nazionale di un’altra SGC. Secondo la Commissione, sarebbe esclusa anche la possibilità che una SGC conceda direttamente a un utilizzatore una licenza avente ad oggetto soltanto il proprio repertorio per esecuzioni che si svolgano sul territorio nazionale di un’altra SGC (in prosieguo: la «licenza diretta»).

21      Per quanto attiene alla clausola di non ingerenza, la Commissione rammenta di avere sostanzialmente ritenuto, nella comunicazione degli addebiti, che essa rafforzasse la clausola di esclusiva. In seguito alle osservazioni di alcune SGC, secondo le quali la clausola di non ingerenza non impedirebbe la concessione di licenze dirette, e tenuto conto del fatto che alcuni ARR sono stati modificati per eliminare detta clausola, la Commissione ha deciso di non intervenire su tale disposizione del contratto tipo (punti 138-152 della decisione impugnata).

 Pratica concordata relativa alle limitazioni territoriali nazionali

22      Secondo la Commissione, le limitazioni territoriali nazionali costituiscono il risultato di una pratica concordata restrittiva della concorrenza (punti 154 e 155 della decisione impugnata).

23      Invero, le limitazioni territoriali nazionali non potrebbero spiegarsi semplicemente mediante un comportamento autonomo che tragga origine dalle forze di mercato. Pertanto, le SGC avrebbero sostituito una cooperazione tra di loro ai rischi della concorrenza, al fine di assicurarsi, in una certa misura, che dette limitazioni siano non solo accettate su base reciproca dalle altre SGC, ma anche attuate in tutti gli ARR (punti 156 e 157 della decisione impugnata).

24      La ragione di tale certezza risiederebbe nell’interdipendenza esistente tra le SGC, in particolare nel settore delle applicazioni «off line», che richiedono reti di monitoraggio locale. Per la concessione di licenze e la riscossione di royalties all’estero, ogni SGC dipenderebbe quindi dalle altre e si troverebbe pertanto esposta a misure di ritorsione nel caso in cui, nel settore dei diritti «on line», essa non intendesse mantenere la storica segmentazione del mercato (punto 157 della decisione impugnata).

25      Secondo la Commissione, l’esistenza di una pratica concordata emerge da vari elementi.

26      In primo luogo, la Commissione sottolinea che le SGC hanno discusso la standardizzazione dei loro contratti tipo nel quadro della CISAC (punto 158 della decisione impugnata).

27      In secondo luogo, l’accordo di Santiago (Cile), notificato da varie SGC alla Commissione al fine di ottenere un’esenzione in forza dell’articolo 81, paragrafo 3, CE, dimostrerebbe che la questione della portata territoriale dei mandati contemplati dagli ARR, in particolare quelli concernenti le nuove forme di sfruttamento, era stata al centro di discussioni multilaterali tra le SGC. Tale accordo, con il quale le SGC si sarebbero impegnate a concedere licenze mondiali, ma soltanto agli utilizzatori stabiliti sul loro territorio nazionale, non sarebbe stato rinnovato alla sua scadenza alla fine del 2004, in seguito alla comunicazione degli addebiti che la Commissione ha inviato alle SGC nell’ambito del procedimento diretto a ottenere la menzionata esenzione (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti Santiago»), il che avrebbe comportato un ritorno alle limitazioni territoriali nazionali. Nella decisione impugnata, la Commissione ritiene che il fatto che l’accordo di Santiago sia stato abbandonato dimostri che le SGC ben coordinavano i loro comportamenti per quanto riguarda la portata delle licenze per lo sfruttamento via Internet (punti 158 e 169 della decisione impugnata).

28      In terzo luogo, il parallelismo di comportamenti relativo alle limitazioni territoriali nazionali dovrebbe essere valutato alla luce della situazione precedente, quando gli ARR contenevano la clausola di esclusiva. Orbene, il fatto che successivamente all’eliminazione della clausola di esclusiva non sia intervenuto alcun cambiamento di comportamento riguardo a tali limitazioni sarebbe indicativo di una pratica concordata. A tale proposito, tuttavia, la decisione impugnata riconosce che siffatta ipotesi non ricorre in presenza di altre ragioni atte a dimostrare che la segmentazione del mercato costituisca il risultato di un comportamento individuale (punto 170 della decisione impugnata).

29      Per quanto concerne la sussistenza, nella specie, di tali ragioni, la Commissione osserva, in primo luogo, pur ammettendo che il diritto d’autore e la portata della sua protezione sono definiti dalle legislazioni nazionali, che questa circostanza non implica la conseguenza che le licenze relative a un dato paese debbano essere concesse dalla SGC nazionale. A tal riguardo, essa fonda la propria tesi sull’accordo di Santiago (punti 159 e 160 della decisione impugnata).

30      In secondo luogo, la Commissione nega che il contesto normativo in materia, in particolare la direttiva 93/83/CEE del Consiglio, del 27 settembre 1993, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (GU L 248, pag. 15), giustifichi il comportamento delle SGC per quanto concerne la trasmissione via satellite. Invero, detta direttiva si limiterebbe a determinare la legislazione applicabile allo sfruttamento via satellite di opere protette, ossia quella del paese del SEE in cui i segnali portatori di programmi sono inseriti in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e che fa poi ritorno verso la Terra.

31      Tuttavia, la direttiva 93/83 non disporrebbe che soltanto la SGC stabilita in questo paese del SEE possa concedere le licenze necessarie per questa forma di sfruttamento dei diritti d’autore. Peraltro, poiché tale direttiva prevede che l’atto di comunicazione debba essere considerato come verificatosi esclusivamente in tale paese, gli utilizzatori necessiterebbero di una licenza soltanto per quest’ultimo. Pertanto, la direttiva 93/83 avrebbe reso obsoleto l’accordo di Sydney (Australia), con il quale, nel 1987, le SGC avevano inserito nel contratto tipo una disposizione secondo cui la SGC stabilita nel paese dal quale i segnali portatori di programmi salivano verso il satellite era autorizzata a concedere licenze relative all’intera impronta satellitare, se del caso dopo aver consultato le altre SGC interessate o dopo avere ottenuto il loro consenso (punti 163-165 della decisione impugnata).

32      In terzo luogo, la Commissione osserva che le SGC presentano differenze notevoli dal punto di vista dell’efficienza, dei costi di gestione e dei repertori. Potrebbe pertanto rivelarsi interessante per una di esse conferire un mandato ad un’altra SGC con risultati particolarmente positivi per concedere licenze che coprano un territorio più vasto di quello in cui quest’ultima è stabilita, o conferire un mandato a più di una SGC in alcune regioni, al fine di aumentare la diffusione del suo repertorio e, in questo modo, la remunerazione dei suoi autori (punti 167 e 168 della decisione impugnata).

33      In quarto luogo, la Commissione fa osservare che, poiché la decisione impugnata riguarda solo lo sfruttamento legale di opere protette da diritto d’autore (punto 11 della decisione impugnata), la necessità di un controllo locale non spiega le limitazioni territoriali nazionali. Infatti, per lo sfruttamento via Internet, via satellite e la ritrasmissione via cavo, esisterebbero soluzioni tecniche che consentirebbero di controllare il licenziatario anche qualora la licenza sia utilizzata al di fuori del territorio nazionale della SGC o qualora il licenziatario sia stabilito al di fuori di tale territorio. Le SGC avrebbero già istituito procedure di concessione di licenze, come dimostrerebbe, in particolare, la concessione di licenze dirette, che testimonierebbero la loro capacità di monitorare gli utilizzi e gli utilizzatori al di fuori del loro territorio nazionale. Peraltro, il sistema attuale non sarebbe basato sul principio della vicinanza al licenziatario, considerato che la limitazione territoriale del mandato sta a significare che ogni SGC concede licenze per lo sfruttamento di diritti sul territorio in cui opera, indipendentemente dalla residenza del licenziatario (punti 171-174 della decisione impugnata).

34      Ai punti 186-199 la Commissione fornisce ulteriori precisazioni sulle singole forme di sfruttamento oggetto della decisione impugnata. In particolare, per quanto riguarda Internet, essa si riferisce all’accordo Simulcast, che ha beneficiato di un’esenzione in forza della decisione 2003/300/CE della Commissione, dell’8 ottobre 2002, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/C2/38.014 – IFPI «Trasmissioni in simulcast») (GU 2003, L 107, pag. 58). Tale accordo consentirebbe alle emittenti il cui segnale abbia origine nel SEE di rivolgersi a qualsiasi SGC partecipante a tale accordo al fine di ottenere una licenza multiterritoriale e multirepertorio che autorizzi la trasmissione in simulcast (ridiffusione simultanea via Internet da parte di emittenti televisive e radiofoniche di riproduzioni fonografiche incluse nelle loro trasmissioni di segnali radiofonici e/o televisivi). Lo stesso varrebbe per un altro accordo, l’accordo Webcasting (punto 191 della decisione impugnata).

35      La Commissione fa inoltre riferimento al modello di cooperazione «nordico e baltico» (in prosieguo: il «modello CNB»), che consentirebbe ad un utilizzatore di ottenere una sola licenza multiterritoriale per le utilizzazioni «on line», relativa ai diritti di riproduzione meccanica e a quelli di esecuzione in pubblico, valida per la Danimarca, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Finlandia, la Svezia, l’Islanda e la Norvegia (punto 179 della decisione impugnata).

36      La Commissione menziona peraltro la circostanza che, nel gennaio 2006, le SGC tedesca e del Regno Unito, la Gesellschaft für musikalische Aufführungs- und mechanische Vervielfältigungsrechte (GEMA) e la Performing Right Society Ltd hanno creato la joint venture Celas, funzionante come sportello unico su scala paneuropea per la concessione di licenze relative ai diritti «on line» e mobili per quanto riguarda il repertorio angloamericano di un dato editore (punto 193 della decisione impugnata).

37      L’esistenza di tali accordi dimostrerebbe che la presenza in loco non è necessaria (punto 190 della decisione impugnata). A tal proposito la Commissione rileva che, se il controllo effettuato senza la presenza in loco individuasse violazioni che rendano necessaria un’azione in giudizio o se occorresse effettuare verifiche contabili sul posto, la SGC che ha rilasciato una licenza per un territorio diverso da quello dello Stato membro in cui è stabilita potrebbe affidare tali compiti a un altro soggetto, quale la SGC locale, presente sul posto e dotata delle necessarie conoscenze relative all’ordinamento giuridico del paese interessato (punti 177 e 178 della decisione impugnata).

38      Dopo aver fornito tali elementi allo scopo di dimostrare che le limitazioni territoriali nazionali contenute negli ARR potevano spiegarsi soltanto con la presenza di una pratica concordata, la Commissione riconosce che, in circostanze particolari, la decisione di non concedere il diritto di rilasciare licenze al di fuori del territorio sul quale una SGC è stabilita può discendere dal fatto che l’altra SGC non disponga delle capacità tecniche che le consentano di garantire un monitoraggio e un controllo efficaci o dal fatto che l’ordinamento giuridico di un paese del SEE presenti caratteristiche tali da indurre a preferire la società nazionale al momento della scelta del mandatario, a causa, per esempio, del suo eventuale status particolare in caso di controversie dinanzi ai giudici nazionali. Una limitazione territoriale derivante dalla valutazione di tali fattori non costituirebbe, di norma, una pratica concordata restrittiva della concorrenza. Per contro, la pratica sistematica delle limitazioni territoriali nazionali in tutti gli ARR non potrebbe essere spiegata da tali fattori (punti 182 e 183 della decisione impugnata).

39      Avendo quindi concluso che il comportamento delle SGC costituiva una pratica concordata, la Commissione ha esaminato la questione se tale pratica fosse restrittiva della concorrenza, dandovi risposta affermativa, in base al rilievo che detta pratica garantiva ad ogni SGC di essere la sola in grado di concedere agli utilizzatori licenze multirepertorio relative al paese del SEE in cui era stabilita (punti 207‑209 della decisione impugnata).

40      Ne conseguirebbe che ogni SGC può fatturare costi amministrativi per la gestione dei diritti e la concessione delle licenze senza dover subire la pressione della concorrenza da parte di altre società relativamente a tali costi. Tale mancanza di concorrenza potrebbe avere ripercussioni negative anche a livello degli autori, i cui profitti possono variare a seconda della società che gestisce i loro diritti (punti 134 e 210 della decisione impugnata).

41      In risposta all’argomento dedotto da alcune SGC nelle rispettive risposte alla comunicazione degli addebiti, secondo il quale la concorrenza tra SGC comporterebbe un livellamento al ribasso dei proventi percepiti dai titolari dei diritti, la Commissione ha affermato, richiamandosi alla decisione 2003/300, che l’articolo 81, paragrafo 3, CE consentirebbe di sviluppare un meccanismo tariffario atto a limitare ai costi amministrativi la concorrenza sui prezzi delle licenze, senza incidere sulla remunerazione dei titolari dei diritti. In ogni caso, la SGC mandante potrebbe semplicemente definire un livello di rendita per il suo repertorio rispetto alle altre SGC che concedono licenze all’estero. Essa riceverebbe così un prezzo all’ingrosso garantito per il suo repertorio, mentre le SGC che concedono licenze su tale repertorio avrebbero la possibilità di farsi concorrenza sul margine da esse applicato a tale prezzo all’ingrosso (punti 217‑219 della decisione impugnata).

42      A tale proposito, la Commissione evidenzia che talune modifiche del sistema di determinazione dei prezzi incoraggerebbero le SGC a farsi concorrenza. Infatti, una tendenza recente del mercato confermerebbe che, per i titolari dei diritti e, di conseguenza, anche per le SGC, potrebbe rivelarsi strategicamente efficace cedere i loro diritti a diverse SGC concorrenti. Un gruppo di editori avrebbe quindi annunciato l’intenzione di designare varie SGC che avrebbero la facoltà di concedere agli utilizzatori licenze paneuropee per lo sfruttamento dei diritti anglo‑americani di riproduzione meccanica «on line» (punto 220 della decisione impugnata).

43      Peraltro, la decisione impugnata richiama parimenti la decisione C(2006) 4350 della Commissione, del 4 ottobre 2006, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/C2/38.681 – Accordo di proroga di Cannes) (GU 2007, L 296, pag. 27), concernente le licenze relative ai diritti di riproduzione meccanica, che ha imposto impegni vincolanti che prevedono un meccanismo che consente di concedere licenze multiterritoriali garantendo che gli introiti dei titolari dei diritti non vengano erosi, grazie alla fissazione di un tasso uniforme concordato da tutte le SGC, permettendo al contempo una certa concorrenza con l’introduzione della possibilità, per le SGC, di proporre uno sconto massimo alle case discografiche, limitato ai costi amministrativi (punto 82 della decisione impugnata).

5.     Dispositivo

44      Alla luce, segnatamente, di tali considerazioni, e dopo aver rilevato che il commercio tra gli Stati membri era influenzato dagli accordi bilaterali di cui trattasi e che le condizioni per l’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, CE e dell’articolo 53, paragrafo 3, dell’accordo SEE non ricorrevano, la Commissione, senza infliggere alcuna ammenda, ha deciso quanto segue:

«Articolo 1

Le seguenti [24] imprese hanno violato l’articolo 81 [CE] e l’articolo 53 dell’accordo SEE attuando, negli accordi di rappresentanza reciproca, le restrizioni relative all’affiliazione previste dall’articolo 11 [,paragrafo II,] del contratto-tipo (...) o applicando di fatto tali restrizioni:

(…)

SIAE

(…)

Articolo 2

Le seguenti [17] imprese hanno violato l’articolo 81 [CE] e l’articolo 53 dell’accordo SEE conferendo, nei contratti di rappresentanza reciproca, i diritti esclusivi previsti dall’articolo 1 [,paragrafi I e II,] del contratto-tipo (…):

(…)

[la SIAE non è menzionata]

(…)

Articolo 3

Le [24] seguenti imprese hanno violato l’articolo 81 [CE] e l’articolo 53 dell’accordo SEE coordinandosi in materia di definizione dei territori in modo tale da delimitare la validità delle licenze al territorio nazionale di ciascuna [SGC]:

(…)

SIAE

(…)

Articolo 4

1.      Le imprese elencate negli articoli 1 e 2 pongono immediatamente fine, se non vi hanno già provveduto, alle infrazioni indicate negli stessi articoli e comunicano alla Commissione tutte le misure adottate a tal fine.

2.      Le imprese elencate all’articolo 3 pongono fine, entro 120 giorni dalla notifica della presente decisione, all’infrazione indicata nello stesso articolo e comunicano alla Commissione, entro il medesimo termine, tutte le misure adottate a tal fine.

In particolare, ogni impresa di cui all’articolo 3 rivede bilateralmente con ciascuna delle altre imprese elencate nell’articolo 3 la delimitazione territoriale dei loro mandati per la trasmissione via satellite, la ritrasmissione via cavo e l’uso via Internet in ciascuno dei loro accordi di rappresentanza reciproca e fornisce alla Commissione copie della revisione di tali accordi.

3.      I destinatari della presente decisione si astengono dal ripetere qualsiasi atto o comportamento descritto negli articoli 1, 2 e 3 e da qualsiasi atto o comportamento che abbia oggetto o effetto identico o analogo.

(…)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

45      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 settembre 2008, la ricorrente ha proposto un ricorso diretto ad ottenere il parziale annullamento della decisione impugnata.

46      Con separato atto, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 ottobre 2008, la ricorrente ha presentato domanda di provvedimenti provvisori ai fini dell’ottenimento della sospensione dell’esecuzione dell’articolo 4, paragrafo 2, della decisione impugnata. Con ordinanza del 20 novembre 2008, SIAE/Commissione (T‑433/08 R, non pubblicata nella Raccolta), il presidente del Tribunale ha respinto tale domanda riservando la decisione sulle spese.

47      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Sesta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha invitato le parti a rispondere ad alcuni quesiti. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta.

48      Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 30 settembre 2011.

49      All’udienza è risultato che uno dei quattro avvocati rappresentanti della ricorrente era membro dell’ufficio legale della medesima. In tali circostanze, la Commissione ha eccepito che detto avvocato non rispondeva ai requisiti previsti dall’articolo 19, terzo e quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia. Il presidente della Sesta Sezione ha preso atto di tale incidente e ha riservato la decisione del Tribunale sul punto.

50      A causa di un impedimento del giudice relatore, il presidente del Tribunale ha riassegnato la causa a un nuovo giudice relatore e ha designato, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento di procedura, un altro giudice per integrare la Sesta Sezione.

51      Con ordinanza dell’11 gennaio 2012, il Tribunale (Sesta Sezione), nella sua nuova composizione, ha riaperto la fase orale del procedimento e alle parti è stato comunicato che sarebbero state sentite in una nuova udienza.

52      Le difese e le risposte delle parti ai quesiti del Tribunale sono state nuovamente sentite all’udienza dell’11 giugno 2012, in cui la ricorrente non è stata rappresentata dall’avvocato oggetto dell’eccezione della Commissione, di cui al punto 49 supra.

53      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 3 e l’articolo 4, paragrafo 2, della decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese;

–        ordinare qualunque altra misura, anche istruttoria, che esso ritenga appropriata.

54      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

55      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce i cinque motivi seguenti:

–        violazione dell’articolo 81 CE e difetto di istruttoria, in quanto la Commissione non avrebbe dimostrato l’esistenza di una pratica concordata;

–        violazione dell’articolo 81 CE e illogicità della motivazione della decisione impugnata, in quanto la Commissione, per dimostrare la praticabilità della gestione di licenze multiterritoriali, avrebbe fornito la prova dell’inesistenza di un comportamento parallelo delle SGC;

–        violazione dell’articolo 81 CE, in quanto la pratica concordata, anche a volerne ammettere l’esistenza, non limiterebbe la concorrenza, ma costituirebbe il necessario corollario del carattere esclusivo dei diritti d’autore;

–        violazione del principio del contraddittorio e dell’obbligo di motivazione per quanto concerne la mancata accettazione degli impegni proposti;

–        violazione dell’obbligo di motivazione, del principio di proporzionalità e del principio di certezza del diritto, a causa dell’indeterminatezza delle misure prescritte dall’articolo 4, paragrafo 2, della decisione impugnata.

1.     Sull’eccezione sollevata dalla Commissione in merito alla rappresentanza della ricorrente

56      La Commissione deduce che uno dei quattro avvocati rappresentanti della ricorrente non risponde ai requisiti previsti dall’articolo 19, terzo e quarto comma, dello Statuto della Corte, in considerazione del suo status di membro dell’ufficio legale della ricorrente medesima, anche qualora questi fosse abilitato a rappresentare la ricorrente dinanzi ai giudici italiani.

57      A tal riguardo, si deve ricordare che l’avvocato, nella concezione accolta dall’ordinamento giuridico dell’Unione, che risponde alle tradizioni giuridiche comuni degli Stati membri e su cui si fonda l’articolo 19 dello Statuto della Corte, è colui che è chiamato a collaborare con la giustizia e a fornire, in tutta indipendenza e nell’interesse superiore della stessa, l’assistenza legale di cui il cliente ha bisogno (v., in tal senso, sentenze della Corte del 18 maggio 1982, AM & S Europe/Commissione, 155/79, Racc. pag. 1575, punto 24; del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione, C‑550/07 P, Racc. pag. I‑8301, punto 42, e ordinanza del Tribunale del 23 maggio 2011, Prezes Urzędu Komunikacji Elektronicznej/Commissione, T‑226/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 17).

58      Orbene, il requisito di indipendenza dell’avvocato implica l’assenza di qualsiasi rapporto di impiego tra quest’ultimo ed il proprio cliente. Infatti, il concetto di indipendenza dell’avvocato è determinato non solo in positivo, vale a dire mediante un riferimento alla disciplina professionale, bensì anche in negativo, vale a dire con la mancanza di un rapporto di impiego (sentenza Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione, cit., punto 45, e ordinanza Prezes Urzędu Komunikacji Elektronicznej/Commissione, cit., punto 18).

59      L’avvocato cui fa riferimento l’eccezione della Commissione, trovandosi, in quanto membro dell’ufficio legale della ricorrente, in rapporto di impiego con la medesima, non risponde ai requisiti previsti dall’articolo 19, terzo e quarto comma, dello Statuto della Corte, come interpretato dalla giurisprudenza.

60      Tale constatazione risulta tuttavia irrilevante sulla presente controversia, atteso che la ricorrente è stata rappresentata, in tutto il procedimento, da altri tre avvocati che rispondono ai menzionati requisiti.

2.     Osservazioni preliminari

61      In limine, occorre ricordare taluni aspetti del contesto della specie. Anzitutto, la decisione impugnata riguarda unicamente lo sfruttamento dei diritti d’autore via Internet, via satellite e tramite ritrasmissione via cavo e non lo sfruttamento tradizionale, detto «off line», laddove il contratto tipo e gli ARR coprono tutte le forme di sfruttamento.

62      Per le forme di sfruttamento dei diritti d’autore oggetto della decisione impugnata, le SGC e la CISAC non hanno sviluppato ex nihilo un nuovo sistema di gestione, distinto da quello previsto per le forme di sfruttamento tradizionale. Tuttavia, è pacifico che, con l’evoluzione tecnologica, sono stati via via apportati adeguamenti a tale contratto tipo, creato nel 1936 per le forme di sfruttamento tradizionali, segnatamente con gli accordi di Sydney e di Santiago.

63      La Commissione non censura l’esistenza stessa del contratto tipo né rimette in discussione la necessità di cooperazione tra le SGC, a condizione che questa non violi le regole in materia di concorrenza.

64      Per quanto attiene alle limitazioni territoriali nazionali contenute negli ARR, esse non sono state oggetto di contestazione da parte della Commissione prima che si sviluppassero le nuove tecnologie e costituivano, pertanto, il contesto della gestione collettiva in cui le SGC si trovavano quando si sono progressivamente sviluppate le nuove tecnologie. La decisione impugnata non precisa il momento in cui tali limitazioni si sarebbero poste in contrasto con la normativa in materia di concorrenza.

65      Inoltre, anche riguardo alle forme di sfruttamento che utilizzano le nuove tecnologie, la Commissione non contesta le limitazioni territoriali nazionali in quanto tali, bensì solamente il fatto che esse compaiano in tutti gli ARR, il che sarebbe inevitabilmente frutto di concertazione.

66      È alla luce, segnatamente, di tali elementi che il presente ricorso dev’essere esaminato.

3.     Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 81 CE e al difetto d’istruttoria, in quanto la Commissione non avrebbe dimostrato l’esistenza di una pratica concordata

67      La ricorrente ritiene che la Commissione non abbia dimostrato l’esistenza di una pratica concordata tra le SGC riguardante le limitazioni territoriali nazionali.

68      Con il primo capo del presente motivo la ricorrente contesta il valore probatorio degli elementi sui quali la Commissione sostiene di essersi basata per dimostrare che il parallelismo dei comportamenti tenuti dalle SGC sarebbe il risultato di una pratica concordata. La Commissione avrebbe addotto soltanto semplici indizi tratti dal contesto, di cui essa avrebbe erroneamente valutato la pertinenza, e non avrebbe prodotto nessun documento atto a dimostrare che le discussioni tra le SGC fossero dirette a limitare la portata delle licenze concesse da ciascuna di loro al territorio di rispettivo stabilimento.

69      Con il secondo capo del presente motivo la ricorrente sostiene che il parallelismo di comportamenti rilevato dalla Commissione non ha quale unica spiegazione plausibile l’esistenza di una pratica concordata, atteso che altri motivi razionali giustificherebbero la condotta delle SGC.

70      La Commissione replica che, ai fini dell’accertamento dell’esistenza della pratica concordata di cui trattasi, essa non si è fondata solamente sul parallelismo dei comportamenti delle SGC, ma anche su altri elementi, vale a dire:

–        le discussioni sulla portata dei mandati contenuti negli ARR condotte dalle SGC nel contesto delle attività gestite dalla CISAC;

–        l’accordo di Santiago;

–        l’accordo di Sydney;

–        il legame storico tra la clausola di esclusiva e le limitazioni territoriali nazionali.

71      Gli elementi indicati al punto precedente, primo, secondo e quarto trattino, sono menzionati espressamente nel punto 158 della decisione impugnata quali considerazioni che avvalorerebbero l’esistenza di una pratica concordata. Dinanzi al Tribunale, la Commissione si è parimenti richiamata all’accordo di Sydney per dimostrare che vi erano state discussioni multilaterali tra le SGC in merito alla portata territoriale dei mandati.

72      A parere della Commissione, gli elementi indicati supra al punto 70 costituirebbero «documenti» ai sensi della sentenza del Tribunale del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, detta «PVC II» (da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Racc. pag. II‑931, punto 727), che le consentirebbero di soprassedere all’esame della questione se il parallelismo dei comportamenti delle SGC possa trovare spiegazione in ragioni diverse dall’esistenza di una concertazione.

73      Dall’articolo 2 del regolamento n. 1/2003 e da costante giurisprudenza risulta che nel settore del diritto della concorrenza, in caso di controversia sull’esistenza di un’infrazione, spetta alla Commissione produrre la prova delle infrazioni da essa accertate e raccogliere elementi di prova sufficienti a dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi di un’infrazione (sentenze della Corte del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417, punto 58, e dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punto 86; sentenza del Tribunale del 25 ottobre 2011, Aragonesas Industrias y Energía/Commissione, T‑348/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 90).

74      Ciò premesso, il fatto che il giudice nutra un dubbio deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione con cui viene accertata l’infrazione. Pertanto, il giudice non può concludere che la Commissione ha dimostrato, in modo giuridicamente valido, l’esistenza dell’infrazione di cui è causa se nutre ancora dubbi al riguardo, soprattutto nell’ambito di un ricorso volto all’annullamento di una decisione che infligge un’ammenda (sentenze del Tribunale del 27 settembre 2006, Dresdner Bank e a./Commissione, T‑44/02 OP, T‑54/02 OP, T‑56/02 OP, T‑60/02 OP e T‑61/02 OP, Racc. pag. II‑3567, punto 60, e del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione, T‑11/06, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 129).

75      Infatti, è necessario tener conto della presunzione di innocenza, quale risulta in particolare dall’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, la quale fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la giurisprudenza della Corte, costituiscono principi generali del diritto dell’Unione. Alla luce della natura delle infrazioni di cui trattasi nonché della natura e del grado di severità delle sanzioni che possono discenderne, la presunzione di innocenza si applica, in particolare, alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nell’irrogazione di ammende o penalità di mora (sentenza Romana Tabacchi/Commissione, cit., punto 129; v. parimenti, in tal senso, sentenze della Corte dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punti 149 e 150, e Montecatini/Commissione, C‑235/92 P, Racc. pag. I‑4539, punti 175 e 176).

76      Tale giurisprudenza, sviluppata nell’ambito di controversie in cui la Commissione aveva inflitto ammende, è parimenti applicabile nel caso, come quello di specie, in cui la decisione che accerta l’infrazione non è poi accompagnata dall’irrogazione di un’ammenda. Nella specie, la comunicazione degli addebiti prevedeva d’altronde, unitamente all’accertamento dell’infrazione, l’irrogazione di un’ammenda.

77      Inoltre, si deve tener conto del pregiudizio non trascurabile alla reputazione derivante, per una persona fisica o giuridica, dal fatto che sia accertata la sua implicazione in un’infrazione alle norme in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenza della Corte EFTA del 18 aprile 2012, Posten Norge/ESA, E‑15/10, non ancora pubblicata in EFTA Court Report, punto 90).

78      Si deve peraltro ricordare che, sebbene, nella decisione impugnata, la Commissione non abbia inflitto ammende, resta il fatto che l’accertamento dell’esistenza di una pratica concordata e l’ingiunzione di porvi termine, di cui alla decisione impugnata, espongono la ricorrente a pesanti conseguenze, quali la possibilità dell’irrogazione di una penalità di mora ex articolo 24, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1/2003.

79      Pertanto, la Commissione è tenuta a raccogliere elementi di prova sufficientemente precisi e concordanti per dimostrare l’esistenza dell’infrazione (sentenza Dresdner Bank e a./Commissione, cit., punto 62) e per corroborare la ferma convinzione che le infrazioni dedotte costituiscano restrizioni della concorrenza rilevanti ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE (sentenze del Tribunale del 21 gennaio 1999, T‑185/96, T‑189/96 e T‑190/96, Riviera Auto Service e a./Commissione, Racc. pag. II‑93, punto 47, e Romana Tabacchi/Commissione, cit. supra, punto 129).

80      Tuttavia, occorre sottolineare che non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che la serie di indizi invocati dall’istituzione, complessivamente considerati, risponda a tale requisito (v. sentenze Dresdner Bank e a./Commissione, cit., punto 63, e Romana Tabacchi/Commissione, cit. supra, punto 130).

81      Infatti, essendo notori tanto il divieto di partecipare a pratiche e accordi anticoncorrenziali quanto le sanzioni che possono essere irrogate ai contravventori, di norma le attività derivanti da tali pratiche ed accordi si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Anche se la Commissione scoprisse documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di una riunione, questi ultimi sarebbero di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostituire taluni dettagli per via di deduzioni. Nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza (v. sentenza della Corte del 1° luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, Racc. pag. I‑6375, punti 48 e 49, nonché la giurisprudenza ivi citata).

82      Orbene, nella sentenza PVC II, cit. supra, richiamata dalla Commissione, il Tribunale è giunto ad una soluzione che opera una ponderazione di tali principi. Infatti, in tale contesto il Tribunale ha affermato che, secondo la giurisprudenza, quando il ragionamento della Commissione è fondato sulla supposizione che i fatti dimostrati nella sua decisione non possano essere spiegati altrimenti se non in funzione di una concertazione tra le imprese, alle ricorrenti basta dimostrare circostanze che pongano sotto una luce diversa i fatti accertati dalla Commissione e che consentano, così, di dare una diversa spiegazione dei fatti rispetto a quella accolta dalla Commissione. Tuttavia, il Tribunale ha precisato che tale giurisprudenza non può trovare applicazione quando la prova della concertazione tra le imprese non risulti dalla semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti sul mercato, ma da documenti dai quali emerge che le pratiche erano il frutto di una concertazione. In siffatte condizioni, incombe alle ricorrenti non solo presentare una pretesa spiegazione alternativa dei fatti accertati dalla Commissione, bensì anche confutare l’esistenza di tali fatti accertati in base ai documenti prodotti dalla Commissione (sentenze PVC II, cit., punti 725‑728; v. parimenti, in tal senso, sentenze della Corte del 28 marzo 1984, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, 29/83 e 30/83, Racc. pag. 1679, punto 16, e del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, Racc. pag. I‑1307, punti 71 e 126).

83      Prima di valutare l’esistenza di spiegazioni per il parallelismo di comportamento diverse dalla concertazione, occorre esaminare la questione se la Commissione, com’essa sostiene, abbia dimostrato l’esistenza dell’infrazione relativa alle limitazioni territoriali nazionali sulla base di prove che vadano al di là del semplice accertamento di un comportamento parallelo, cosa che la ricorrente contesta. Infatti, l’esame di tale questione precede quello della fondatezza delle spiegazioni diverse dalla concertazione, dal momento che, se il Tribunale pervenisse alla conclusione che tali prove sono state fornite nella decisione impugnata, dette spiegazioni, ancorché plausibili, non inficerebbero l’accertamento dell’infrazione stessa. Si deve inoltre rilevare che la decisione impugnata non presenta la stessa struttura, articolata su due fasi, di quella dedotta dalla Commissione dinanzi al Tribunale, secondo cui, da un lato, la prova della pratica concordata sarebbe stata fornita sulla base di documenti, ai sensi della sentenza PVC II, cit. supra, e, dall’altro, le altre spiegazioni del comportamento parallelo non sarebbero state determinanti ai fini della prova di tale pratica, alla luce di detti documenti e del loro preteso valore probatorio.

84      Occorre quindi, in una prima fase, accertare se la Commissione abbia provato l’esistenza della pratica concordata per mezzo di elementi diversi dal parallelismo dei comportamenti delle SGC ed assimilabili ai «documenti», ai sensi della giurisprudenza risultante dalla menzionata sentenza PVC II, richiamata dalla Commissione. A tal riguardo, si deve rammentare che, al fine di determinare l’origine dell’intesa di cui si trattava in detta sentenza, la Commissione si era fondata sul testo dei documenti di pianificazione, sulle informazioni date da una delle ricorrenti in merito ai documenti medesimi, in risposta ad una richiesta di informazioni rivoltale, e sulla stretta correlazione esistente tra le pratiche previste descritte nei documenti stessi, da un lato, e le pratiche accertate sul mercato, dall’altro (v. sentenza PVC II, cit. supra, punto 582).

85      Nella specie, si deve ricordare che gli elementi atti a provare la concertazione tra le SGC sono quelli menzionati al punto 70 supra, vale a dire le discussioni sulla portata dei mandati contenuti negli ARR che le SGC avrebbero condotto nel contesto delle attività gestite dalla CISAC, l’accordo di Santiago, l’accordo di Sydney e il legame storico tra la clausola di esclusiva e le limitazioni territoriali nazionali.

86      A tal riguardo, si deve rilevare che l’assenza di prove documentali relative, specificamente, alle limitazioni territoriali nazionali è tanto più sorprendente in quanto la Commissione riconosce che talune SGC intendevano abbandonare le limitazioni territoriali nazionali stesse. Orbene, tali SGC avrebbero avuto interesse a cooperare con la Commissione, fornendole prove documentali relative all’esistenza di una concertazione. Infatti, alla luce della circostanza che la Commissione, nella comunicazione degli addebiti, aveva manifestato la propria intenzione di irrogare un’ammenda a tutti i destinatari della medesima, le SGC interessate avrebbero potuto cooperare con l’istituzione al fine di ridurre il rischio di incorrere in un’ammenda o, quantomeno, al fine di limitarne l’importo. Peraltro, le stesse SGC avrebbero potuto presentare alla Commissione elementi idonei a dimostrare che le altre SGC esercitavano pressioni per obbligarle a mantenere le limitazioni territoriali nazionali concordate, cosa che esse non hanno fatto.

87      In tali circostanze, occorre esaminare il valore probatorio degli elementi di prova dedotti dalla Commissione.

 Sul valore probatorio degli elementi dedotti dalla Commissione per fornire la prova della pratica concordata senza fondarsi sul parallelismo dei comportamenti delle SGC

 Sulle discussioni in merito alla portata dei mandati contenuti negli ARR condotte dalle SGC nell’ambito delle attività gestite dalla CISAC

88      Per quanto attiene alle discussioni che le SGC hanno condotto nell’ambito delle attività gestite dalla CISAC (punto 70 supra, primo trattino), si deve ricordare che la Commissione stessa ha sottolineato che la decisione impugnata non vietava il sistema di rappresentanza reciproca tra le SGC né qualsivoglia forma di limitazione territoriale dei mandati che esse si conferivano (punti 95 e 259 della decisione impugnata). Parimenti, la Commissione non contesta alle SGC di aver proceduto ad una certa cooperazione nell’ambito delle attività gestite dalla CISAC. Ciò che la Commissione censura è il carattere coordinato dell’atteggiamento tenuto da tutte le SGC riguardo alle limitazioni territoriali.

89      Pertanto, il semplice fatto che le SGC si siano incontrate nell’ambito delle attività gestite dalla CISAC e che esistano forme di cooperazione tra di esse non costituisce, di per sé, un indizio di una concertazione vietata. Infatti, quando il contesto in cui si svolgono riunioni tra le imprese accusate di aver violato il diritto della concorrenza evidenzia come queste riunioni fossero necessarie per esaminare collegialmente questioni non attinenti a violazioni del diritto medesimo, la Commissione non può presumere che tali riunioni avessero ad oggetto concertazioni relative a pratiche anticoncorrenziali (v., in tal senso, sentenza Dresdner Bank e a./Commissione, cit. supra, punti 105 e 145). A tal riguardo, si deve rilevare che la Commissione non ha fornito alcuna prova del fatto che le riunioni organizzate dalla CISAC e alle quali la ricorrente avrebbe partecipato vertessero sulla restrizione della concorrenza relativa alle limitazioni territoriali nazionali.

90      Infine, per quanto attiene, più specificamente, alle discussioni relative al contratto tipo, si deve rilevare che questo non prevede espressamente limitazioni territoriali nazionali, limitandosi ad invitare le SGC a definire la portata territoriale dei mandati che esse si conferiscono negli ARR.

 Sull’accordo di Santiago

91      Per quanto riguarda l’accordo di Santiago (punto 70 supra, secondo trattino), si deve ricordare che detto accordo prevedeva che, per quanto attiene allo sfruttamento dei diritti d’autore via Internet, ogni SGC aderente potesse concedere licenze su tutti i territori e su tutti i repertori (prima parte), ma unicamente agli utilizzatori economicamente residenti nel paese del SEE in cui la SGC concedente la licenza era stabilita (seconda parte). Nella vigenza del sistema previsto dal regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento di applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), tale accordo è stato notificato alla Commissione da talune SGC al fine di ottenere un’esenzione sulla base dell’articolo 81, paragrafo 3, CE. La Commissione ha contestato la clausola che impediva ad ogni SGC di concedere licenze ad utilizzatori non stabiliti nel medesimo paese in cui era essa stessa stabilita e ha inviato la comunicazione degli addebiti Santiago. In tali circostanze, nessuna delle SGC ha rinnovato l’accordo di Santiago per il periodo successivo alla sua scadenza, stipulata ab initio per la fine del 2004. In tal modo, una volta scaduto tale accordo, le limitazioni territoriali nazionali contenute negli ARR, che erano rimaste in vigore per le utilizzazioni diverse da quelle effettuate via Internet, anche durante il periodo coperto dall’accordo medesimo, sono nuovamente divenute applicabili tra tutte le SGC, anche per lo sfruttamento dei diritti d’autore via Internet, atteso che la clausola derogatoria, aggiunta agli ARR in conseguenza dell’accordo di Santiago riguardo allo sfruttamento via Internet, era scaduta.

92      La tesi della Commissione secondo cui tale ritorno alle limitazioni territoriali nazionali da parte di tutte le SGC costituirebbe, appunto, la prova di una concertazione non può trovare accoglimento. Infatti, in mancanza di prova che le SGC si siano concertate a tal fine, detto ritorno alle limitazioni territoriali nazionali non dimostra l’esistenza di una concertazione sulle limitazioni territoriali nazionali stesse, ma può essere considerato quale semplice risultato automatico del mancato rinnovo dell’accordo di Santiago, il quale aveva perduto di interesse, in quanto la sua seconda parte non era stata accettata dalla Commissione. Il fatto che le SGC siano ritornate allo status quo ante non prova, di per sé, una loro concertazione a tal fine.

93      Si deve rilevare che il ritorno allo status quo ante può trovare spiegazione nel semplice fatto che le SGC non potevano sospendere qualsiasi forma di cooperazione tra di esse in merito alle forme di sfruttamento dei diritti d’autore relative alle nuove tecnologie, nell’attesa di trovare, bilateralmente o anche multilateralmente, ma in modo conforme al diritto della concorrenza, soluzioni differenti da quelle contenute nell’accordo di Santiago.

94      Si deve peraltro osservare che, nella decisione impugnata, la Commissione non ha sostenuto che l’infrazione indicata nell’articolo 3 della medesima fosse iniziata successivamente alla scadenza dell’accordo di Santiago, bensì sembra ritenere, senza precisarne la data d’inizio, che essa fosse precedente all’accordo stesso.

95      A tal riguardo, o l’accordo di Santiago è successivo al momento, non precisato nella decisione impugnata, in cui si ritiene che l’infrazione relativa alle limitazioni territoriali nazionali abbia avuto inizio, il che impedisce di utilizzarlo quale prova della concertazione iniziale, rispetto alla quale costituirebbe piuttosto un’interruzione, o tale accordo è precedente all’inizio dell’infrazione relativa alle limitazioni territoriali nazionali, ma, in tal caso, non può costituire prova dell’infrazione, in quanto non verte sulla stessa restrizione della concorrenza. Infatti, la clausola di residenza contenuta nell’accordo di Santiago determinava una situazione differente da quella derivante dalle limitazioni territoriali nazionali. Nel primo caso, una SGC può concedere licenze multirepertorio senza limitazioni territoriali, ma solamente agli utilizzatori stabiliti sullo stesso territorio in cui essa è stabilita, laddove, nell’altro caso, tale SGC può concedere licenze a qualunque utilizzatore, sempreché lo sfruttamento dei diritti d’autore di cui trattasi abbia luogo sullo stesso territorio in cui essa è stabilita.

96      Dalle suesposte considerazioni emerge che né l’esistenza dell’accordo di Santiago né le circostanze in cui detto accordo è cessato possono fornire elementi di prova di una concertazione relativa alle limitazioni territoriali nazionali.

 Sull’accordo di Sydney

97      Con l’accordo di Sydney (punto 70 supra, terzo trattino), nel 1987 le SGC hanno introdotto nel contratto tipo una disposizione secondo cui la SGC stabilita nel paese dal quale i segnali portatori dei programmi salgono verso il satellite è autorizzata a concedere licenze multirepertorio relative all’intera impronta satellitare, se del caso dopo aver consultato le altre SGC interessate o dopo averne ottenuto il consenso.

98      A tal riguardo, si deve rilevare, anzitutto, che, nella decisione impugnata, la Commissione ha menzionato l’accordo di Sydney al fine di dimostrare che esso non costituiva una risposta adeguata alle censure da essa sollevate in ordine alla pratica concordata attinente alle limitazioni territoriali nazionali [punto 165 e sezione 7.6.1.2, lettera b), della decisione impugnata]. Al punto 158 della decisione impugnata, riguardante specificamente gli elementi che dimostrerebbero l’esistenza della pratica concordata, la Commissione non ha espressamente menzionato tale accordo. La Commissione ha inoltre osservato che, siccome dall’applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 93/83 discende che l’atto di comunicazione di opere musicali via satellite ha luogo unicamente nel paese in cui il primo segnale viene inserito in una catena di comunicazione ininterrotta che sale al satellite e ridiscende sulla Terra, gli utilizzatori di tali opere necessitano, al fine di poter operare nell’intero ambito dell’impronta del satellite, di una sola licenza, relativa al paese medesimo. Conseguentemente, per ammissione della Commissione stessa, l’accordo di Sydney è divenuto obsoleto per quanto attiene alla portata multiterritoriale delle licenze relative agli sfruttamenti via satellite (punti 162, 163 e 165 della decisione impugnata). Infine, la Commissione ha fatto presente che l’accordo di Sydney non costituiva oggetto di valutazione nell’ambito della decisione impugnata e che essa si riservava il diritto di esaminarlo nell’ambito delle regole in materia di concorrenza (nota a piè di pagina n. 131 della decisione impugnata).

99      Da un lato, si deve rilevare che, considerato che l’accordo di Sydney consentiva di concedere licenze multirepertorio relative a tutti i territori coperti dallo stesso satellite, detto accordo non ha prodotto effetti analoghi a quelli delle limitazioni territoriali nazionali le quali, appunto, fanno sì che ogni singola SGC possa concedere licenze multirepertorio unicamente su un solo territorio.

100    Dall’altro, il fatto che l’accordo di Sydney sia divenuto obsoleto successivamente alla data limite prevista ai fini della trasposizione della direttiva 93/83, vale a dire il 1° gennaio 1995 (v. articolo 14, paragrafo 1, primo comma, della direttiva medesima), significa che l’eventuale infrazione alle regole di concorrenza ivi contenute non veniva più applicata già all’inizio del procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione della decisione impugnata. Pertanto, il nesso tra l’infrazione di cui all’articolo 3 della decisione medesima e quella eventualmente risultante dall’accordo di Sydney non è evidente, anche solo per ragioni cronologiche.

101    Da tutte le suesposte considerazioni emerge che, quand’anche l’accordo di Sydney derivasse da una concertazione vietata, esso non costituirebbe un documento, ai sensi della menzionata sentenza PVC II, che consenta di dimostrare l’esistenza di una concertazione relativa alle limitazioni territoriali nazionali.

 Sul preteso legame storico tra la clausola di esclusiva e le limitazioni territoriali nazionali

102    Per quanto attiene al preteso legame storico tra la clausola di esclusiva e le limitazioni territoriali nazionali (punto 70 supra, quarto trattino), la Commissione ha sottolineato, nella risposta scritta ad uno dei quesiti posti dal Tribunale nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, che, considerato che la portata del mandato incideva in misura determinante sulla questione se un territorio sarebbe stato attribuito ad una sola SGC mandataria, la clausola di esclusiva e le limitazioni territoriali nazionali risultavano intrinsecamente connesse. A parere della Commissione, atteso che il contratto tipo raccomandava mandati esclusivi, il territorio attribuito ad una SGC non poteva coprire il territorio per la cui copertura un’altra SGC era mandataria. Così, l’inclusione sistematica delle limitazioni territoriali nazionali in tutti gli ARR costituirebbe la contropartita necessaria dell’attuazione dell’esclusiva auspicata dal contratto tipo. Ne conseguirebbe che le limitazioni territoriali nazionali avevano per origine e punto di partenza le discussioni condotte in seno alla CISAC.

103    A tal riguardo, si deve rilevare che la Commissione non ha constatato, nella decisione impugnata, che le limitazioni territoriali nazionali costituivano parte della stessa infrazione relativa all’inclusione della clausola di esclusiva negli ARR. A parere della Commissione, l’esclusiva risulta dal fatto di attribuire, negli ARR, diritti esclusivi, come previsto all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, del contratto tipo, laddove le limitazioni territoriali nazionali sono state coordinate sulla base di una pratica concordata. Ciò che la Commissione osserva al punto 158 della decisione impugnata è che l’eliminazione dell’esclusiva espressa non ha comportato cambiamenti di rilievo nel comportamento delle SGC. Come la Commissione stessa afferma in tale punto, la questione che si pone è se, successivamente alla soppressione della clausola di esclusiva, vi fossero altre ragioni, diverse dalla concertazione, per spiegare le limitazioni territoriali nazionali.

104    Conseguentemente, anche se esiste un legame tra la clausola di esclusiva e le limitazioni territoriali nazionali, nella specie occorre esaminare il comportamento delle SGC successivamente all’eliminazione della clausola stessa, il che conduce a procedere alla valutazione delle spiegazioni plausibili, diverse dalla concertazione, del mantenimento delle limitazioni territoriali nazionali (v. infra, punti 116‑163).

105    Infine, laddove la Commissione deduce, dinanzi al Tribunale, che le limitazioni territoriali nazionali altro non sono che una prosecuzione dell’esclusiva, dopo che quest’ultima è stata eliminata dagli ARR, si deve rilevare che, infatti, secondo la giurisprudenza, l’articolo 81 CE è applicabile se un comportamento parallelo si protrae successivamente alla cessazione di un precedente accordo senza che ne sia stato stipulato uno nuovo, in quanto, nel caso di intese che non sono più in vigore, è sufficiente, ai fini dell’applicabilità dell’articolo 81 CE, che esse continuino a produrre effetti oltre la data dell’estinzione ufficiale (sentenza della Corte del 3 luglio 1985, Binon, 243/83, Racc. pag. 2015, punto 17; v. parimenti, in tal senso, sentenza del Tribunale dell’11 dicembre 2003, Ventouris/Commissione, T‑59/99, Racc. pag. II‑5257, punto 182).

106    Tuttavia, nella specie, si deve ricordare che l’articolo 2 della decisione impugnata condanna la semplice presenza, ex se, della clausola di esclusiva negli ARR, e non il fatto che varie SGC si siano coordinate affinché tale clausola figurasse in tutti i loro ARR. Per contro, per quanto attiene alle limitazioni territoriali nazionali, la Commissione ha riconosciuto, nella decisione impugnata, che esse non sono di per sé restrittive della concorrenza, ritenendo tuttavia che si configuri un’infrazione, in quanto le SGC si sarebbero concertate al fine di far figurare le stesse limitazioni in tutti i loro ARR. La rispettiva natura di tali due infrazioni, quali esposte nella decisione impugnata, è quindi differente.

107    L’abbandono della clausola di esclusiva ha peraltro consentito talune evoluzioni del mercato, vale a dire la concessione delle prime licenze dirette, necessarie per poter prospettare il superamento delle limitazioni territoriali nazionali.

108    Infatti, una SGC che sia interessata alla possibilità che, su un territorio diverso da quello in cui essa è stabilita, licenze attinenti al proprio repertorio vengano concesse da SGC diverse dalla SGC locale si chiederà, anzitutto, se essa sia in grado di concedere licenze dirette sul territorio medesimo. Parimenti, una SGC che intenda ricevere da altre SGC mandati che vadano al di là del territorio in cui essa è stabilita dovrebbe disporre di una struttura che le consenta di concedere licenze dirette in altri paesi. Fintantoché la clausola di esclusiva era in vigore, tali licenze avrebbero violato il mandato esclusivo conferito alla SGC locale. Ciò non avviene più una volta che la clausola di esclusiva sia venuta meno, e ciò pur se le limitazioni territoriali nazionali vengono mantenute. Pertanto, non può ritenersi che si tratti della prosecuzione, con altri mezzi, della stessa restrizione.

109    Certamente, come la Commissione ha riconosciuto nella sua risposta scritta ad uno dei quesiti del Tribunale, al momento dell’adozione della decisione impugnata il mercato delle licenze dirette si trovava ancora in una fase embrionale. La diffusione delle licenze dirette necessitava, segnatamente, dello sviluppo di una relativa domanda, da parte dei grandi utilizzatori, i quali, invece di rivolgersi alle SGC di tutti paesi in cui essi operano, preferiscono acquisire licenze dirette, valide nel mondo intero, sui repertori di loro interesse.

110    Pertanto, il fatto che tali evoluzioni non si siano subito prodotte e che esse non abbiano immediatamente inciso sulle limitazioni territoriali nazionali non consente di concludere che queste ultime costituivano il mantenimento, per effetto di una pratica concordata, dell’intesa relativa alla clausola di esclusiva.

111    Inoltre, si deve tener conto della circostanza che le strutture per la gestione collettiva dei diritti d’autore per le forme di sfruttamento oggetto della decisione impugnata trovano origine in quelle utilizzate per le forme di sfruttamento tradizionali, rispetto alle quali le limitazioni territoriali nazionali non sono ritenute dalla Commissione costitutive di un’infrazione alle regole di concorrenza.

112    Orbene, l’avvento di nuove tecnologie dell’informazione che consentono uno sfruttamento delle opere «on line» non significa che tali strutture siano improvvisamente divenute obsolete o che gli operatori economici interessati debbano manifestare una volontà concorrenziale immediata. In tal senso, il fatto stesso che, successivamente all’eliminazione della clausola di esclusiva, le SGC non abbiano apportato rapidamente cambiamenti alle limitazioni territoriali nazionali potrebbe dimostrare che queste ultime si spiegano con ragioni diverse dalla prosecuzione, sotto altra forma, dell’esclusiva.

113    Alla luce di ciò, il fatto che la Commissione abbia provato l’esistenza di un’intesa per quanto attiene alla clausola di esclusiva non implica la conseguenza che tale prova sia stata parimenti fornita per quanto riguarda le limitazioni territoriali nazionali.

 Conclusioni relative agli elementi di prova dedotti dalla Commissione

114    Dall’esame svolto supra emerge che gli elementi dedotti dalla Commissione non costituiscono valida prova dell’esistenza di una pratica concordata tra le SGC volta a fissare le limitazioni territoriali nazionali.

115    Conseguentemente, occorre poi esaminare se la Commissione abbia fornito elementi sufficienti a privare di plausibilità le spiegazioni del parallelismo dei comportamenti delle SGC, fornite dalla ricorrente, diverse dall’esistenza di una concertazione.

 Sulla plausibilità delle spiegazioni del comportamento parallelo delle SGC diverse dall’esistenza di una concertazione

 Osservazioni preliminari

116    La ricorrente deduce che la Commissione ha ignorato il fatto che esistevano ragioni, diverse dalla concertazione, che consentivano di spiegare il parallelismo dei comportamenti delle SGC relativamente alle limitazioni territoriali nazionali. Per dimostrare che il parallelismo di comportamenti non discende da una pratica concordata, sarebbe sufficiente che la condotta contestata sia soggettivamente preferibile, senza dover essere per questo oggettivamente indispensabile. La ricorrente dovrebbe quindi soltanto spiegare le ragioni per le quali numerose SGC non trovano conveniente delimitare i territori reciproci in maniera diversa dalle limitazioni territoriali nazionali.

117    I principali argomenti della ricorrente relativi a tali ragioni attengono, in primo luogo, alla necessità di una presenza locale per garantire l’efficacia della lotta contro le utilizzazioni non autorizzate di opere musicali, in secondo luogo, alla struttura dei contratti di cessione e di subedizione relativi alle opere musicali e, in terzo luogo, al desiderio di evitare il livellamento verso il basso delle royalties.

118    Si deve ricordare, anzitutto, che, con le sentenze del 13 luglio 1989, Tournier (395/87, Racc. pag. 2521) e Lucazeau e a. (110/88, 241/88 e 242/88, Racc. pag. 2811), la Corte si è pronunciata su questioni pregiudiziali poste da giudici francesi relative alla compatibilità con le regole di concorrenza nella fattispecie in cui, riguardo alle forme tradizionali («off line») di sfruttamento dei diritti d’autore, la SGC B aveva negato la concessione in licenza del repertorio B sul territorio A, obbligando in tal modo gli utilizzatori stabiliti nel paese A a rivolgersi alla SGC A, che proponeva tariffe più elevate.

119    La Corte ha dichiarato che gli ARR possono essere considerati un’intesa restrittiva della concorrenza qualora istituiscano un’esclusiva, nel senso che le SGC si siano impegnate a non dare licenze dirette a utilizzatori stabiliti all’estero. Tuttavia, la Corte ha osservato che clausole aventi tale scopo, una volta contenute negli ARR, erano state eliminate su richiesta della Commissione. Inoltre, la Corte ha esaminato se il fatto che l’eliminazione di tali clausole non avesse prodotto l’effetto di modificare il comportamento delle SGC consentisse di ritenere che queste ultime avessero conservato la loro esclusiva attraverso una pratica concordata. A tal riguardo, la Corte ha rilevato che un semplice parallelismo di comportamenti può, in talune circostanze, costituire un serio indizio di una pratica concordata, qualora determini condizioni di concorrenza che non corrispondono a condizioni normali. Tuttavia, essa ha sottolineato che una concertazione di tal genere non può essere presunta, qualora il parallelismo di comportamenti possa spiegarsi con motivi diversi dall’esistenza di una concertazione e che ciò può avvenire se le SGC, per concedere licenze dirette, sono obbligate a organizzare il loro proprio sistema di gestione e di controllo su un altro territorio. La questione se una concertazione vietata dalle regole in materia di concorrenza avesse effettivamente avuto luogo è stata lasciata al giudizio dei giudici nazionali autori delle domande di pronuncia pregiudiziale (sentenze Tournier, citata supra, punti 20-25, e Lucazeau e a., citata supra, punti 14-19).

120    Si tratta, nella specie, di esaminare se la Commissione potesse legittimamente ritenere che la presenza, in tutti gli ARR, di limitazioni territoriali nazionali non corrispondesse alle normali condizioni di mercato. A tal riguardo, si deve rammentare che, secondo la giurisprudenza, incombe alla parte o all’autorità che allega un’infrazione delle regole di concorrenza l’onere di provare l’esistenza di tale infrazione e spetta all’impresa o all’associazione di imprese che invocano un mezzo difensivo contro l’accertamento di un’infrazione l’onere di provare che le condizioni per l’applicazione di tale mezzo difensivo siano soddisfatte, di modo che detta autorità dovrà quindi ricorrere ad altri elementi di prova. Così, per quanto, secondo tali principi, l’onere legale della prova gravi vuoi sulla Commissione vuoi sull’impresa o sull’associazione interessata, gli elementi di fatto che una parte fa valere possono essere tali da obbligare l’altra parte a fornire una spiegazione o una giustificazione, in mancanza della quale è lecito ritenere che l’onere della prova sia stato soddisfatto (v. sentenza Knauf Gips/Commissione, citata supra, punto 80, e la giurisprudenza ivi richiamata).

121    Si deve inoltre rammentare che la Commissione non sostiene che il fatto di limitare, negli ARR, la portata geografica dei mandati reciproci ai territori nazionali non possa rientrare nelle normali condizioni di mercato. È solamente la constatazione che tutti gli ARR contenevano tale limitazione che, a parere della Commissione, può trovare spiegazione solamente in una pratica concordata. A tal riguardo, va, d’altronde, osservato che la decisione impugnata non contiene né analisi né dati economici in ordine agli incentivi finanziari che avrebbero potuto indurre le SGC ad abbandonare le limitazioni territoriali nazionali, per le forme di sfruttamento dei diritti d’autore oggetto di tale decisione, laddove non è contestato che tali limitazioni erano razionali per le forme di sfruttamento tradizionali.

 Sulla necessità di una presenza locale per garantire l’efficacia della lotta contro le utilizzazioni non autorizzate di opere musicali

122    La ricorrente deduce che è razionale per una SGC applicare le limitazioni territoriali nazionali, considerato che la presenza sul territorio di cui trattasi consente alla SGC mandataria di svolgere i suoi compiti più agevolmente. Il vantaggio dovuto alla presenza sul territorio sarebbe particolarmente importante per le azioni in giudizio, che presuppongono la conoscenza del diritto del paese interessato e della sua lingua, per le attività di controllo e di riscossione delle royalties nonché per l’attività di monitoraggio ai fini della lotta contro la pirateria. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, la ricorrente sostiene che la precisazione, contenuta nella decisione impugnata, secondo la quale quest’ultima riguarderebbe solo lo sfruttamento legale delle opere protette dal diritto d’autore, è artificiosa. Infatti, molti utilizzatori sarebbero tentati di non richiedere la licenza, se non esistesse il rischio di essere costretti dalle SGC ad ottenerne una.

123    La ricorrente sottolinea che, in assenza di limitazioni territoriali nazionali, la presenza su un determinato territorio di varie SGC che dispongono di un mandato per uno stesso repertorio scoraggerebbe, dal punto di vista economico, le attività di monitoraggio e di lotta contro la pirateria. Il motivo risiederebbe nel fatto che la SGC non avrebbe più alcuna garanzia di poter recuperare l’importo delle spese sostenute per il controllo del territorio de quo per mezzo delle risorse corrispondenti al rilascio di licenze agli utilizzatori non autorizzati.

124    Occorre verificare se gli elementi sui quali la Commissione si è fondata nella decisione impugnata consentano di ritenere che tale spiegazione non sia plausibile.

125    A tal riguardo, si deve rilevare che, al punto 11 della decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato che il suo esame verteva unicamente sullo sfruttamento legale di opere protette da diritto d’autore. Parimenti, al successivo punto 47, la Commissione ha affermato che la decisione verteva unicamente sulle utilizzazioni autorizzate delle opere e che gli atti di pirateria o l’utilizzazione in assenza di licenza di sfruttamento non rientravano, quindi, nella sua sfera di applicazione. A termini di quest’ultimo punto, le considerazioni e gli elementi di valutazione formulati nella decisione impugnata sono quindi validi unicamente nei limiti dei consueti e normali rapporti tra le SGC e gli utilizzatori.

126    Tuttavia, al punto 46 della decisione impugnata, la Commissione ha riconosciuto che le SGC sorvegliavano l’utilizzazione dei diritti d’autore, verificavano i conti degli utilizzatori e facevano rispettare tali diritti in caso di loro violazione. Peraltro, al punto 11 della decisione medesima, la Commissione ha sostenuto che, come spiegato segnatamente alla sezione 7.6.1.4 della decisione stessa, quest’ultima non impediva alle SGC di monitorare il mercato per individuare eventuali utilizzazioni non autorizzate delle opere protette o per adottare misure repressive contro tali comportamenti.

127    Alla luce di tali affermazioni ambigue della Commissione, si deve rilevare che, se, con queste affermazioni, l’istituzione si è limitata a prendere in considerazione le sole utilizzazioni autorizzate, la decisione dovrebbe essere annullata per tale motivo, considerato che essa non spiega le ragioni per le quali sarebbe possibile separare l’attività di controllo delle utilizzazioni autorizzate e l’attività di accertamento e perseguimento delle utilizzazioni non autorizzate. È ben vero che, nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale, la Commissione ha fatto valere che la lotta contro la pirateria costituisce un compito che appartiene sostanzialmente all’International Federation of the Phonographic Industry (IFPI), l’organizzazione internazionale che rappresenta le case discografiche, che opera dal proprio ufficio di Londra (Regno Unito). Tuttavia, se, con tale affermazione, peraltro non comprovata, la Commissione intende sostenere che le SGC non sono minimamente implicate nei controlli che consentono di scoprire le utilizzazioni non autorizzate, si deve rilevare che tale tesi non emerge dalla decisione impugnata. Orbene, il Tribunale non può prendere in considerazione una circostanza invocata per la prima volta dalla Commissione in corso di causa, atteso che la carenza di motivazione della decisione impugnata al riguardo non può essere sanata nel corso del procedimento dinanzi al giudice dell’Unione (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 149, e la giurisprudenza ivi citata).

128    Tuttavia, malgrado le affermazioni della Commissione indicate supra, dalla decisione impugnata emerge che essa ha affrontato, in ogni caso, la questione se il parallelismo di comportamenti delle SGC quanto alle limitazioni territoriali nazionali costituisse la conseguenza della volontà delle SGC di lottare efficacemente contro le utilizzazioni non autorizzate. Pertanto, la Commissione stessa sembra riconoscere che tale spiegazione non può essere respinta in base al semplice rilievo che la decisione impugnata verterebbe unicamente sullo sfruttamento legale dei diritti d’autore. Occorre quindi esaminare se i passi della decisione impugnata relativi a tale questione siano sufficienti per togliere plausibilità alla tesi della ricorrente, riassunta supra ai punti 122 e 123.

129    In primo luogo, la Commissione sottolinea che il sistema da essa condannato nella decisione impugnata non è fondato sul principio di prossimità tra la SGC che concede una licenza e l’utilizzatore licenziatario, bensì sul principio secondo cui la licenza viene concessa dalla SGC stabilita nel paese in cui lo sfruttamento ha luogo, a prescindere dal paese di residenza del licenziatario (punti 171‑173 della decisione impugnata).

130    A tal riguardo, è vero che, nell’ambito del sistema condannato dalla Commissione, è possibile che la SGC B, che abbia concesso una licenza a un utilizzatore stabilito nel paese A per esecuzioni che abbiano luogo nel paese B, debba intraprendere iniziative amministrative o giudiziarie contro tale utilizzatore nel paese A, vale a dire a distanza.

131    Resta il fatto però che, in tale sistema, qualora la SGC B conceda una licenza ad un utilizzatore stabilito nel paese A, ma operante nel paese B, in caso di scoperta di una violazione della licenza concessa potrà appoggiarsi, all’occorrenza, sulla SGC A. Infatti, quest’ultima non vedrebbe la SGC B come una concorrente, atteso che la SGC A non potrebbe concedere essa stessa licenze relative agli sfruttamenti che abbiano luogo nel paese B. Inoltre, atteso che la SGC A ha attribuito, per gli sfruttamenti che abbiano luogo nel paese B, il proprio repertorio alla SGC B, essa ha interesse a che le violazioni delle licenze concesse dalla SGC B vengano efficacemente perseguite.

132    Nella decisione impugnata la Commissione ha sostenuto che, ai fini dell’esercizio delle attività di monitoraggio e di tutela dei diritti d’autore per i quali la presenza locale è necessaria, la SGC che ha concesso una licenza ad un utilizzatore stabilito in un altro paese poteva rivolgersi a prestatori locali, in particolare alla SGC locale. Tuttavia, la Commissione non ha spiegato come una cooperazione di tal genere potrebbe funzionare una volta che si avverta della concorrenza tra le SGC. In particolare, nella decisione impugnata, l’istituzione non ha esaminato quali sarebbero gli interessi economici e commerciali che incentiverebbero la SGC locale a cooperare con un’altra SGC che le farebbe concorrenza sul suo territorio.

133    Peraltro, da un lato, si deve rilevare che la Commissione non ha spiegato chi si occuperebbe della sorveglianza generale del mercato, al fine di obbligare gli utilizzatori a chiedere licenze, e non solamente del monitoraggio sulle licenze già concesse, qualora le SGC non fossero implicate nell’esecuzione di tale compito. La ricorrente sostiene, senza essere contraddetta ex adverso, che la funzione delle SGC include il compito di obbligare gli utilizzatori che sfruttano le opere musicali senza autorizzazione a chiedere la necessaria licenza. La SGC che si ritrova nella posizione più favorevole per svolgere tale compito sarebbe, per ogni singolo territorio, la SGC locale, che disporrebbe delle conoscenze più approfondite del mercato del proprio paese di stabilimento. Orbene, se a tale SGC non fosse garantito il recupero, mediante il compenso corrispondente all’emissione di una licenza, dell’importo dei costi relativi al monitoraggio da essa esercitato, tale attività semplicemente non sarebbe economicamente sostenibile. Tale garanzia verrebbe compromessa qualora più SGC potessero concedere, per lo stesso territorio, licenze attinenti agli stessi repertori. Si deve necessariamente rilevare che la Commissione non ha fornito alcun dato in grado di togliere credibilità a tale ragionamento della ricorrente.

134    Dall’altro lato, la Commissione non è stata in grado di spiegare in quale modo SGC che si trovino in concorrenza per la concessione di licenze, relative a repertori che si sovrappongono e che hanno ad oggetto gli stessi territori, possano cooperare. Se è vero che l’idea sottesa alle disposizioni del Trattato in materia di concorrenza è che ogni operatore economico deve determinare in modo autonomo la politica che intende seguire sul mercato interno, è altrettanto vero che la Commissione riconosce, nella decisione impugnata, che una cooperazione tra le SGC è necessaria affinché ognuna di esse sia in grado di proporre licenze multirepertorio (v., ad esempio, il punto 166 della decisione impugnata). In particolare, per poter concedere una licenza relativa al repertorio mondiale, una SGC deve cooperare con tutte le altre SGC. Orbene, la decisione impugnata non fornisce alcun elemento che consenta di comprendere come potrebbe svolgersi, tra SGC divenute concorrenti, come auspicato dalla Commissione, la cooperazione che essa ritiene necessaria, segnatamente, per talune attività di monitoraggio e per il perseguimento in giudizio delle violazioni (punti 177 e 178 della decisione impugnata).

135    Dinanzi al Tribunale, la Commissione ha sostenuto che la SGC locale non può venir meno al proprio ruolo di sorveglianza, considerato che su di essa grava un obbligo fiduciario nei confronti dei titolari dei diritti, quand’anche essa si trovasse in concorrenza con altre SGC. A tal riguardo, si deve rilevare che l’obbligo fiduciario di cui trattasi vale unicamente per quanto riguarda i rapporti tra una SGC e i titolari dei diritti ad essa affiliati. Pertanto, non è certo che tale obbligo imponga alla SGC locale di perseguire le proprie attività a favore dei titolari appartenenti alle sue omologhe, una volta che essa non sia più la sola SGC a poter concedere licenze sul territorio in cui è stabilita. Peraltro, è pacifico che la SGC A non avrebbe alcun obbligo nei confronti della SGC B, qualora la SGC B avesse conferito la gestione del repertorio B sul territorio A alla SGC C, non stabilita sul territorio A.

136    Quanto all’argomento, parimenti invocato dalla Commissione dinanzi al Tribunale, secondo cui la SGC locale avrebbe un interesse a mantenere la propria reputazione di efficacia nei controlli agli occhi dei propri affiliati, affinché questi non scelgano di rivolgersi ad altre SGC, esso non può trovare accoglimento. Infatti, qualora gli utilizzatori che la SGC locale abbia scoperto sfruttare in modo non autorizzato opere musicali potessero ottenere da altre SGC le licenze necessarie per sfruttare legalmente dette opere, la SGC locale non potrebbe ripercuotere sugli utilizzatori, con la riscossione del prezzo di tali licenze, i costi di gestione derivanti dalla propria attività di monitoraggio del mercato. Tale circostanza comprometterebbe la reputazione di tale SGC presso i suoi affiliati, in quanto questi ultimi vedrebbero le loro royalties ridotte in conseguenza dei costi di gestione, connessi al monitoraggio del mercato, non recuperati tramite la concessione di licenze da parte della stessa SGC. Una SGC non ha alcun interesse ad esercitare attività di monitoraggio generatrici di costi di gestione che riducano le royalties che essa può distribuire ai propri affiliati, qualora non le sia garantito il recupero dell’importo dei costi medesimi mediante la concessione di licenze, una volta che essa abbia scoperto utilizzazioni non autorizzate, tanto più che gli autori sono ormai liberi di affiliarsi alla SGC di propria preferenza.

137    Infine, si deve tener conto del fatto che, anche ammesso che la cooperazione tra la SGC locale e quella che concede la licenza ad un utilizzatore sia possibile, tale cooperazione implica che vengano prese in considerazione tre SGC, vale a dire la SGC locale C, la SGC mandante A, titolare del repertorio A, e la SGC mandataria B, la quale, in virtù del mandato attribuitole dalla SGC A, può concedere licenze relative al repertorio A sul territorio C. Orbene, benché l’intervento della SGC C possa far sorgere costi, la Commissione non ha spiegato quale sarebbe il beneficio che la SGC A trarrebbe dal fatto di attribuire la gestione del repertorio A sul territorio C non alla SGC C, bensì alla SGC B, laddove sussisterebbero costi supplementari.

138    In secondo luogo, la Commissione deduce che, per le forme di sfruttamento dei diritti d’autore oggetto della decisione impugnata, esistono soluzioni tecniche che consentono di monitorare i licenziatari a distanza. A tal riguardo, essa afferma che le SGC hanno già istituito pratiche di concessione di licenze che evidenziano come esse siano in grado di monitorare le utilizzazioni e gli utilizzatori al di fuori del territorio in cui sono rispettivamente stabilite (punto 174 della decisione impugnata).

139    Orbene, la Commissione non può confutare la spiegazione del parallelismo dei comportamenti delle SGC dedotta dalla ricorrente, relativa alla necessità di lottare contro le utilizzazioni illecite, fondandosi sulla semplice affermazione che esistono soluzioni tecniche che consentono il monitoraggio a distanza riguardo alle forme di sfruttamento oggetto della decisione impugnata.

140    È ben vero che, al punto 189 della decisione medesima, la Commissione ha aggiunto che era stata dimostrata, all’audizione, segnatamente dalla European Digital Media Association (Associazione europea dei media digitali – EDIMA), associazione che rappresenta le società operanti nella fornitura di contenuti sonori ed audiovisivi «on line», la possibilità, in pratica, di monitorare a distanza la fornitura di musica «on line». Infatti, ogni opera musicale possiede un’identità elettronica ed ogni personal computer è identificato da un indirizzo IP. Sulla base di tali dati, la SGC può, quando concede una licenza, fare attenzione a che l’utilizzatore sia in grado di sapere precisamente quale opera musicale viene utilizzata, da quale computer e per quale tipo di utilizzazione. L’utilizzatore beneficiario della licenza può allora inviare tali informazioni alle SGC, che le utilizzeranno per ripartire precisamente le royalties tra i titolari dei diritti.

141    Tuttavia, tale spiegazione si limita al monitoraggio delle licenze concesse, ma non chiarisce come, e tramite chi, vengano individuate e perseguite le utilizzazioni non autorizzate. Tale spiegazione consente ancor meno di comprendere quali sarebbero gli incentivi economici delle SGC a controllare a distanza un mercato determinato, laddove gli utilizzatori operanti in tale mercato senza disporre della necessaria licenza potrebbero chiederne una ad una SGC diversa da quella che esercita il monitoraggio.

142    In assenza di precisazioni quanto alla questione se le soluzioni tecniche, indicate al punto 189 della decisione impugnata, consentano di lottare efficacemente contro le utilizzazioni non autorizzate, occorre esaminare se gli esempi dedotti dalla Commissione nella decisione impugnata, per replicare agli argomenti della ricorrente, privino di plausibilità la spiegazione, da quest’ultima fornita, secondo cui le limitazioni territoriali nazionali servono a garantire l’efficacia della lotta contro le utilizzazioni non autorizzate delle opere musicali.

143    A tal riguardo, occorre tener conto del fatto che la Commissione, quando richiama taluni esempi per privare di plausibilità la tesi della ricorrente, ha l’onere di provare i motivi per i quali tali esempi sono pertinenti. Inoltre, la Commissione non può contestare alla ricorrente di non aver fornito ulteriori precisazioni in ordine alla sua altra spiegazione, considerato che è sulla Commissione che grava l’onere di fornire la prova dell’infrazione. Conseguentemente, se la Commissione, nel corso della fase amministrativa, ritiene che la ricorrente non abbia sufficientemente suffragato la spiegazione fornita, deve proseguire l’istruttoria della pratica ovvero dichiarare che gli interessati non sono stati in grado di fornire i dati necessari. Orbene, nella specie, dalla decisione impugnata non emerge che l’insufficiente analisi effettuata dalla Commissione sia la conseguenza del fatto che essa non ha potuto ottenere da parte della CISAC e delle SGC gli elementi di cui necessitava per verificare se sussistessero spiegazioni plausibili al comportamento parallelo delle SGC.

–       Sul modello CNB

144    La Commissione ha citato, in primo luogo, il modello CNB (v. punto 35 supra), riguardo al quale ha affermato, al punto 179 della decisione impugnata, che esso consentiva di concedere una sola licenza che coprisse tanto i diritti di riproduzione meccanica quanto i diritti di esecuzione, e ciò per tutti i paesi in cui sono stabilite le SGC aderenti a tale modello. La Commissione ha parimenti affermato che le SGC «nordiche e baltiche» hanno sostenuto che il modello CNB aveva dimostrato, in particolare, che, in tutti i regimi di concessione di licenze multiterritoriali, l’esistenza di una rete di società nazionali cooperanti al fine di far rispettare i diritti e gli interessi dei titolari dei diritti era essenziale, la presenza locale essendo necessaria ai fini dell’individuazione degli abusi e del monitoraggio sull’utilizzazione dei diritti.

145    Dinanzi al Tribunale, la Commissione ha sostenuto, per contro, nella propria risposta scritta ad un quesito rivoltole nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, che il modello CNB non riguardava, quantomeno al momento dell’adozione della decisione impugnata, i diritti di esecuzione, bensì solamente quelli di riproduzione meccanica. L’istituzione ha aggiunto che ciò non impediva di fondarsi su tale modello per sostenere che la concessione di licenze, per i diritti di esecuzione, relative a più territori non poneva difficoltà, in quanto i problemi connessi al controllo sull’utilizzazione dei diritti di riproduzione meccanica su Internet erano gli stessi che per i diritti di esecuzione. Nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale la Commissione ha dedotto che il modello CNB non aveva comportato modifiche degli ARR tra le SGC interessate e che la concessione delle licenze multiterritoriali, nell’ambito di tale modello, costituiva, per quanto attiene ai diritti di esecuzione, una sorta di «fascio» di licenze monoterritoriali, concesse in realtà da ogni singola SGC per il rispettivo territorio di stabilimento e «assemblate» dalla SGC cui l’utilizzatore si rivolgeva.

146    A tal riguardo, si deve rilevare che le esitazioni, se non le contraddizioni, della Commissione quanto alla definizione del modello CNB dimostrano che questo non ha costituito oggetto di un’analisi approfondita nella decisione impugnata.

147    In ogni caso, da un lato, se il modello CNB verte solamente sui diritti di riproduzione meccanica, la Commissione non ha spiegato i motivi per i quali si doveva ritenere che le difficoltà poste dal monitoraggio delle utilizzazioni dei diritti di esecuzione fossero sostanzialmente le stesse inerenti al monitoraggio dei diritti di riproduzione meccanica. Dall’altro, se il modello CNB verte anche sui diritti di esecuzione, limitandosi però a permettere la concessione di un fascio di licenze monoterritoriali, la Commissione non ha spiegato sotto qual profilo i problemi di monitoraggio specifici di tali modalità di concessione di licenze sarebbero stati analoghi a quelli delle licenze multiterritoriali.

148    In considerazione dell’insufficiente analisi di tale modello effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata, il Tribunale non può trarne alcuna conseguenza quanto alla fondatezza dell’affermazione della Commissione secondo cui la necessità di lottare contro le utilizzazioni illecite delle opere protette dai diritti d’autore non giustificava la scelta della ricorrente di mantenere negli ARR le limitazioni territoriali nazionali.

–       Sugli accordi Simulcast e Webcasting

149    Al punto 191 della decisione impugnata la Commissione ha fatto riferimento agli accordi Simulcast e Webcasting (v. punto 34 supra), i quali dimostrerebbero che non è tecnicamente necessario che le SGC siano fisicamente presenti su un determinato territorio per poter concedere licenze multirepertorio e multiterritoriali relative allo sfruttamento su Internet e sorvegliarne correttamente l’utilizzazione.

150    È pacifico che gli accordi Simulcast e Webcasting non vertono sui diritti di esecuzione, bensì su altre forme di diritti di proprietà intellettuale, quali i diritti cosiddetti «connessi». Orbene, la decisione impugnata non contiene spiegazioni in merito alle ragioni per le quali le soluzioni individuate per questi ultimi diritti sarebbero trasponibili ai diritti oggetto della decisione impugnata, nella quale non si rinviene alcun raffronto sulle caratteristiche o sul valore economico delle varie forme di diritti di proprietà intellettuale di cui trattasi, né tantomeno dati riguardanti l’applicazione pratica degli accordi Simulcast e Webcasting.

151    Alla luce di quanto sopra non si può ritenere che il rinvio operato dalla Commissione a tali accordi consenta di confutare la spiegazione secondo cui il mantenimento delle limitazioni territoriali nazionali negli ARR è dovuto alla volontà di garantire la lotta contro le utilizzazioni non autorizzate.

–       Sull’accordo di Santiago

152    Al punto 192 della decisione impugnata la Commissione si è fondata sull’accordo di Santiago (v. punti 27, 29 e 91‑96 supra), che dimostrerebbe la possibilità di concedere licenze multiterritoriali.

153    Tuttavia, tale riferimento a detto accordo non è pertinente, visto che la Commissione si è limitata a prendere in considerazione solamente la prima parte del medesimo, vale a dire la possibilità di concedere licenze non limitate territorialmente, senza tener conto della seconda parte dell’accordo stesso, vale a dire la limitazione della possibilità di concedere licenze di tal genere agli utilizzatori stabiliti sullo stesso territorio in cui lo è la SGC che concede la licenza. Nella decisione impugnata la Commissione non spiega le ragioni per le quali il sistema previsto dall’accordo di Santiago garantirebbe, anche in mancanza della seconda parte dell’accordo stesso, l’efficacia della lotta contro le utilizzazioni illecite.

154    Benché non spetti al Tribunale, nell’ambito del presente ricorso, pronunciarsi sulla fondatezza dei motivi per i quali la Commissione, nella comunicazione degli addebiti Santiago, ha ritenuto che tale accordo fosse contrario all’articolo 81 CE, proprio in quanto garantiva ad una sola SGC la possibilità di concedere licenze agli utilizzatori stabiliti su un territorio determinato, non si può ignorare che il sistema previsto dall’accordo di Santiago, istituendo un sistema diverso da quello che discende dalle limitazioni territoriali nazionali, ma fondato su una forma di esclusiva garantita alla SGC locale, non consente di trarre conclusioni in merito all’efficacia della lotta contro le utilizzazioni non autorizzate in un contesto in cui le SGC si troverebbero in concorrenza.

155    Per le stesse ragioni, la Commissione non può nemmeno legittimamente fondarsi sulla risposta della SGC ceca, l’Ochranný svaz Autorský pro práva k dílům hudebním (OSA), alla comunicazione degli addebiti, richiamata ai punti 180 e 181 della decisione impugnata. Infatti, l’OSA si è limitata a spiegare di aver concesso licenze, sostanzialmente, fondate sull’accordo di Santiago, vale a dire licenze, certamente multiterritoriali, ma a favore dei soli utilizzatori stabiliti nella Repubblica ceca.

–       Sulla joint venture Celas, la concessione di licenze dirette e l’iniziativa di un editore

156    Al punto 193 della decisione impugnata (v. punto 36 supra), la Commissione si è richiamata al fatto che, nel gennaio del 2006, le SGC tedesca e del Regno Unito hanno creato una joint venture, la Celas, funzionante come sportello unico su scala paneuropea per la concessione di licenze relative ai diritti di trasmissione «on line» e mobili per quanto riguarda il repertorio angloamericano di una casa editrice. Secondo la decisione impugnata, la Celas concede licenze paneuropee agli utilizzatori commerciali stabiliti in tutti i paesi del SEE. Conseguentemente, tale nuovo modello ben dimostrerebbe che le SGC hanno la possibilità tecnica di proporre una licenza multiterritoriale e che gli argomenti connessi alle attività di tali società in materia di verifica dei conti, di monitoraggio e di controllo del rispetto dei diritti nonché alla necessaria prossimità geografica tra chi concede e chi ottiene una licenza non giustificano il parallelismo di comportamento attualmente constatato riguardo alle limitazioni territoriali.

157    Si deve rilevare che, come riconosciuto dalla Commissione stessa, la Celas concede licenze relative ai diritti di riproduzione meccanica e non ai diritti di esecuzione. Considerato che la Commissione non ha spiegato sotto qual profilo il monitoraggio dell’utilizzazione della prima categoria di diritti implicherebbe difficoltà analoghe a quelle connesse al monitoraggio dell’utilizzazione della seconda categoria, l’esempio della Celas non consente di confutare gli argomenti della ricorrente. È vero che, come emerge dalla risposta scritta della Commissione ad uno dei quesiti posti dal Tribunale, le licenze della Celas sono integrate da licenze relative ai corrispondenti diritti di esecuzione, emesse dalla Performing Right Society e dalla GEMA. Tuttavia, queste ultime licenze altro non sono che una forma di licenze dirette, considerato che queste due SGC si limitano a concedere licenze, valide, certamente, per più territori, ma limitate al repertorio loro attribuito direttamente dagli aventi diritto, e non per effetto degli ARR.

158    In tali circostanze, sorge la questione se il fenomeno delle licenze dirette consenta di trarre conclusioni in ordine alla prova della pratica concordata di cui all’articolo 3 della decisione impugnata. Orbene, si deve rilevare che l’esistenza di tali licenze non rimette in discussione il parallelismo dei comportamenti delle SGC, considerato che sulle limitazioni territoriali nazionali contenute negli ARR non incide il fatto che la SGC mandante conceda essa stessa licenze relative al proprio repertorio, valide anche sul territorio della SGC mandataria. Tuttavia, la concessione di licenze dirette non pone in concorrenza due SGC per concedere licenze agli stessi utilizzatori. Infatti, come emerge dalla risposta scritta della Commissione ad uno dei quesiti posti dal Tribunale, le SGC, quantomeno quelle che dispongono della struttura necessaria, concedono licenze dirette soltanto ai grandi utilizzatori, in quanto solamente riguardo a questi ultimi i costi connessi al monitoraggio dell’utilizzazione delle licenze risultano compensati dal gran numero di sfruttamenti effettuati da detti utilizzatori. Pertanto, se la SGC A concede licenze dirette ai grandi utilizzatori operanti nel paese B, la SGC B resta nondimeno l’unica in grado di concedere licenze, relative, segnatamente, al repertorio A, agli altri utilizzatori operanti nel paese B.

159    Ne consegue che il fenomeno delle licenze dirette, cui sono riconducibili l’attività della Celas e quelle delle SGC che l’hanno creata e che concedono licenze complementari a quelle della Celas, non implica difficoltà di monitoraggio comparabili a quelle dedotte dalla ricorrente. Pertanto, tali elementi invocati dalla Commissione non consentono, in assenza di spiegazioni supplementari, di confutare la tesi della ricorrente.

160    Lo stesso ragionamento vale per quanto attiene all’iniziativa di un editore (v. punto 42 supra), aala quale la Commissione si è richiamata al punto 220 della decisione impugnata. Sebbene ciò non emerga dalla decisione stessa, la Commissione ha riconosciuto nelle proprie memorie dinanzi al Tribunale che tale iniziativa riguarda unicamente i diritti di riproduzione meccanica. Inoltre, la Commissione non ha mai spiegato, tantomeno nella decisione impugnata, sotto qual profilo il contesto in cui opera un grande editore, che disponga di un repertorio commercialmente attraente a livello internazionale, sarebbe comparabile a quello in cui operano le SGC.

–       Sul documento intitolato «Cross border collective management of online rights in Europe»

161    Al punto 194 della decisione impugnata la Commissione ha osservato che l’assenza di difficoltà tecniche ed economiche derivanti dall’abbandono delle limitazioni territoriali nazionali era dimostrata dal fatto che talune SGC avevano sottoscritto un documento intitolato «Cross border collective management of online rights in Europe» (gestione collettiva transfrontaliera dei diritti «on line» in Europa), pronunciandosi a favore di un sistema di concessione di licenze multirepertorio e multiterritoriali.

162    A tal riguardo, si deve rilevare che le SGC che hanno sottoscritto tale documento hanno però proposto ricorsi contro la decisione impugnata, il che potrebbe attenuare l’idoneità di tale documento a dimostrare l’insussistenza di difficoltà tecniche quanto alla concessione di licenze multirepertorio e multiterritoriali. In ogni caso, il valore probatorio di tale documento è estremamente ridotto, considerato che dagli atti non emerge che le SGC interessate abbiano intrapreso la benché minima iniziativa al fine di dare applicazione alla proposta ivi enunciata.

163    Da tutte le suesposte considerazioni emerge che gli elementi dedotti dalla Commissione non sono sufficienti per privare di plausibilità la spiegazione del comportamento parallelo delle SGC, fornita dalla ricorrente, diversa dall’esistenza di una concertazione, fondata sulla necessità di garantire l’efficacia della lotta contro le utilizzazioni non autorizzate di opere musicali.

4.     Conclusioni sull’esito del ricorso

164    Alla luce di tutti i suesposti rilievi, si deve concludere che la Commissione non ha sufficientemente provato l’esistenza di una pratica concordata relativa alle limitazioni territoriali nazionali, non avendo né dimostrato che la ricorrente e le altre SGC si fossero concertate al riguardo né fornito elementi atti a privare di plausibilità una delle spiegazioni del parallelismo di comportamenti delle SGC dedotte dalla ricorrente.

165    Pertanto, l’articolo 3 della decisione impugnata dev’essere annullato, nella parte riguardante la ricorrente. A tale proposito, si deve rilevare che la domanda da quest’ultima proposta volta all’annullamento di detto articolo è manifestamente irricevibile nella misura in cui riguarda le altre SGC menzionate nell’articolo medesimo. Infatti, se uno dei destinatari della decisione impugnata decide di proporre ricorso di annullamento, il giudice dell’Unione è chiamato a pronunciarsi unicamente sugli elementi della decisione stessa riguardanti detto destinatario. Per contro, gli elementi relativi ad altri destinatari non rientrano nell’oggetto della controversia di cui il giudice è chiamato a conoscere nella specie (v., in tal senso, sentenza della Corte del 14 settembre 1999, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., C‑310/97 P, Racc. pag. I‑5363, punto 53, e sentenza del Tribunale del 4 luglio 2006, Hoek Loos/Commissione, T‑304/02, Racc. pag. II‑1887, punti 59 e 60).

166    Alla luce di quanto sopra, non occorre esaminare gli altri argomenti dedotti dalla ricorrente nell’ambito del presente motivo o esaminare gli altri motivi e il terzo capo della domanda.

167    Conseguentemente, l’articolo 4, paragrafo 2, della decisione impugnata dev’essere parimenti annullato nella parte riguardante la ricorrente.

 Sulle spese

168    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, essendo rimasta sostanzialmente soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda formulata in tal senso dalla ricorrente. Per quanto riguarda le spese relative al procedimento sommario, la ricorrente e la Commissione sopporteranno ciascuna le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’articolo 3 della decisione C (2008) 3435 def. della Commissione, del 16 luglio 2008, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/C2/38.698 – CISAC), è annullato nella parte riguardante la Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE).

2)      L’articolo 4, paragrafo 2, della decisione medesima è annullato nella parte riguardante la SIAE.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      La Commissione europea è condannata alle spese relative al procedimento principale.

5)      La SIAE e la Commissione sopporteranno ciascuna le proprie spese relative al procedimento sommario.

Kanninen

Soldevila Fragoso

Van der Woude

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 aprile 2013.

Firme


Indice


Fatti e decisione impugnata

1.  Procedimento amministrativo

2.  Clausole pertinenti del contratto tipo

3.  Mercati rilevanti

4.  Applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE e dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE

Clausole di affiliazione, di esclusiva e di non ingerenza

Pratica concordata relativa alle limitazioni territoriali nazionali

5.  Dispositivo

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sull’eccezione sollevata dalla Commissione in merito alla rappresentanza della ricorrente

2.  Osservazioni preliminari

3.  Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 81 CE e al difetto d’istruttoria in quanto la Commissione non avrebbe dimostrato l’esistenza di una pratica concordata

Sul valore probatorio degli elementi dedotti dalla Commissione per fornire la prova della pratica concordata senza fondarsi sul parallelismo dei comportamenti delle SGC

Sulle discussioni in merito alla portata dei mandati contenuti negli ARR che le SGC hanno condotto nell’ambito delle attività gestite dalla CISAC

Sull’accordo di Santiago

Sull’accordo di Sydney

Sul preteso legame storico tra la clausola di esclusiva e le limitazioni territoriali nazionali

Conclusioni relative sugli elementi di prova dedotti dalla Commissione

Sulla plausibilità delle spiegazioni del comportamento parallelo delle SGC diverse dall’esistenza di una concertazione

Osservazioni preliminari

Sulla necessità di una presenza locale per garantire l’efficacia della lotta contro le utilizzazioni non autorizzate di opere musicali

–  Sul modello CNB

–  Sugli accordi Simulcast e Webcasting

–  Sull’accordo di Santiago

–  Sulla joint venture Celas, la concessione di licenze dirette e l’iniziativa di un editore

–  Sul documento intitolato «Cross border collective management of online rights in Europe»

4.  Conclusioni sull’esito del ricorso

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.