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Cause riunite T-236/01, T-239/01, da T-244/01 a T-246/01, T-251/01 e T‑252/01

Tokai Carbon Co. Ltd e altri

contro

Commissione delle Comunità europee

«Concorrenza — Intesa — Mercato degli elettrodi di grafite — Fissazione dei prezzi e ripartizione dei mercati — Calcolo dell’importo delle ammende — Cumulo delle sanzioni – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende — Applicabilità — Gravità e durata dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Circostanze attenuanti — Capacità contributiva — Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo — Modalità di pagamento»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Accesso al fascicolo — Obbligo di consentire la consultazione integrale del fascicolo — Limiti — Documenti contenenti segreti aziendali e documenti interni — Eccezione — Comunicazione di documenti interni in circostanze eccezionali

(Artt. 81, n. 1, CE, e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 17)

2.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Comunicazione degli addebiti — Produzione di prove supplementari dopo l’invio della comunicazione degli addebiti — Ammissibilità — Presupposti

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 19, n. 1)

3.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Audizioni — Obbligo del consigliere‑uditore di elaborare una relazione finale sul rispetto del diritto al contraddittorio — Portata

(Decisione della Commissione 2001/462/CE, artt. 15 e 16)

4.      Ricorso di annullamento — Motivi — Negazione della realtà dei fatti accertati da una decisione che punisce la violazione delle norme in materia di concorrenza — Ricevibilità — Condizione — Mancato riconoscimento della detta realtà nel corso del procedimento amministrativo

(Art. 230 CE)

5.      Concorrenza — Ammende — Importo — Riduzione quale corrispettivo di una cooperazione consistente nella mancata negazione della realtà di determinati fatti — Negazione dei detti fatti dinanzi al Tribunale — Facoltà del Tribunale, in forza della sua competenza estesa anche al merito, di aumentare l’importo dell’ammenda

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)

6.      Concorrenza — Ammende — Sanzioni comunitarie e sanzioni inflitte in uno Stato membro o in uno Stato terzo per violazione del diritto nazionale in materia di concorrenza — Violazione del principio del «ne bis in idem» — Mancanza — Cumulo — Ammissibilità — Obbligo della Commissione di tener conto, nella determinazione dell’importo dell’ammenda, della sanzione inflitta in uno Stato membro per i medesimi fatti — Obbligo non estendibile all’ipotesi di una sanzione inflitta in uno Stato terzo

(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 50; protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, art. 4; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)

7.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Facoltà di innalzare il livello delle ammende per rafforzarne l’effetto dissuasivo — Obbligo di prendere in considerazione, a tale titolo, le ammende già inflitte in uno Stato terzo — Insussistenza

(Artt. 81, n. 1, CE, e 82 CE; Accordo SEE, art. 53, n. 1; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

8.      Diritto comunitario — Principi — Tutela del legittimo affidamento — Presupposti — Assicurazioni provenienti dal direttore generale competente in materia di concorrenza in merito alla determinazione dell’importo di un’ammenda — Esclusione a causa della competenza esclusiva del collegio dei commissari

(Regolamento interno della Commissione, art. 1)

9.      Concorrenza — Ammende — Importo — Potere discrezionale della Commissione — Competenza del Tribunale estesa anche al merito — Facoltà, in tale ambito, di prendere in considerazione informazioni complementari non menzionate nella decisione che ha inflitto l’ammenda

(Art. 229 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 17)

10.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Ambito giuridico — Art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 — Introduzione, da parte della Commissione, di orientamenti che modificano la precedente prassi in materia di decisioni — Violazione dei principi di irretroattività e di certezza del diritto — Insussistenza

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

11.    Concorrenza — Norme comunitarie — Infrazioni — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Innalzamento del livello generale delle ammende — Ammissibilità — Presupposti

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, nn. 1 e 2)

12.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Fatturato da prendere in considerazione per il calcolo dell’ammenda — Potere discrezionale della Commissione nel rispetto del limite stabilito dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

13.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Presa in considerazione del fatturato mondiale realizzato con le merci oggetto dell’infrazione — Ammissibilità — Limiti

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)

14.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Valutazione della gravità di un’infrazione mediante il suo impatto — Presa in considerazione degli effetti dell’infrazione nel suo complesso e non del comportamento individuale delle imprese partecipanti all’intesa sanzionata

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

15.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Ripartizione di un importo globale tra diversi gruppi d’imprese — Ammissibilità — Presupposti

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

16.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Metodo di calcolo definito dagli orientamenti adottati dalla Commissione — Decisione della Commissione di conformarvisi in un caso di specie — Conseguenze — Obbligo di motivare qualsiasi eccezione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

17.    Concorrenza — Ammende — Decisione che infligge ammende — Obbligo di motivazione — Portata — Indicazione degli elementi di valutazione che hanno permesso alla Commissione di valutare la gravità dell’infrazione — Indicazione sufficiente

(Art. 253 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

18.    Concorrenza — Norme comunitarie — Infrazioni — Imputazione – Persona giuridica responsabile della gestione dell’impresa all’atto dell’infrazione

(Art. 81, n. 1, CE)

19.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità delle infrazioni — Ruolo rispettivo delle imprese che hanno partecipato all’infrazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)

20.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità delle infrazioni — Circostanze attenuanti — Ruolo passivo o pedissequo dell’impresa

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

21.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità delle infrazioni — Circostanze attenuanti — Obbligo della Commissione di attenersi alla sua precedente prassi in materia di decisioni — Insussistenza — Realizzazione, da parte di un’impresa, di un programma di adeguamento della propria prassi alle norme in materia di concorrenza — Precaria situazione finanziaria del settore in cui opera un’impresa

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)

22.    Concorrenza — Ammende — Importo — Limite stabilito dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 — Modalità di applicazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

23.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Situazione finanziaria dell’impresa interessata — Presa in considerazione — Obbligo della Commissione di attenersi alla sua precedente prassi in materia di decisioni — Insussistenza

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)

24.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Richiesta di informazioni – Diritti della difesa — Diritto al silenzio assoluto — Mancanza — Diritto di non fornire risposte che implichino il riconoscimento di un’infrazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 11, n. 5)

25.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda quale corrispettivo di una cooperazione dell’impresa incriminata — Cooperazione che si inserisce nell’ambito della risposta a una richiesta di informazioni — Presa in considerazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 96/C 207/04)

26.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda quale corrispettivo di una cooperazione dell’impresa incriminata — Nozione di «elementi di prova»

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 96/C 207/04)

27.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda quale corrispettivo di una cooperazione dell’impresa incriminata — Informazione sull’esistenza di un funzionario sleale della Commissione — Presa in considerazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 96/C 207/04)

28.    Concorrenza — Ammende — Potere discrezionale della Commissione — Portata — Potere di stabilire le modalità di pagamento delle ammende — Imposizione di interessi di mora

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

1.      La Commissione, per consentire alle imprese interessate di difendersi utilmente dagli addebiti formulati a loro carico nella comunicazione degli addebiti, ha l’obbligo di rendere accessibile il fascicolo dell’istruttoria nella sua integralità, eccettuati i documenti contenenti segreti aziendali di altre imprese o altre informazioni riservate e i documenti interni della Commissione.

Per quanto concerne questi ultimi, la restrizione relativa alla loro consultazione è giustificata dalla necessità di garantire il buon funzionamento della Commissione nel settore della repressione delle infrazioni alle norme del Trattato in materia di concorrenza; si può consentire la consultazione dei documenti interni solamente qualora circostanze eccezionali della fattispecie lo esigano, sulla base di indizi seri che l’interessato è tenuto a fornire, e ciò sia dinanzi al giudice comunitario, sia nel corso del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione.

(v. punti 38, 40)

2.      La comunicazione degli addebiti deve consentire agli interessati di prendere realmente atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico. Tale obbligo è rispettato quando la decisione definitiva non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prende in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di esporre le proprie ragioni.

Tuttavia, nessuna norma impedisce alla Commissione di comunicare agli interessati, dopo aver inviato la comunicazione degli addebiti, nuovi documenti che essa ritiene possano sostenere la sua tesi, a condizione di concedere alle imprese il tempo necessario per esporre le proprie ragioni al riguardo.

(v. punti 45, 47)

3.      In forza degli artt. 15 e 16, n. 1, della decisione 2001/462, relativa al mandato dei consiglieri‑auditori per taluni procedimenti in materia di concorrenza, il consigliere‑uditore prepara una relazione finale sul rispetto del diritto al contraddittorio, che valuta altresì se il progetto di decisione riguarda esclusivamente gli addebiti su cui gli interessati hanno avuto la possibilità di pronunciarsi e che è allegata al progetto di decisione trasmesso alla Commissione, in modo da garantire che, nel decidere, quest’ultima disponga di «tutte le informazioni rilevanti» sullo svolgimento del procedimento e sul rispetto del diritto al contraddittorio.

Ne consegue che il consigliere‑uditore non ha il compito di riprendere tutte le censure di carattere procedurale sollevate dagli interessati nel corso del procedimento amministrativo. Egli è tenuto a comunicare al collegio dei commissari solamente le censure rilevanti ai fini della valutazione del legale svolgimento del procedimento amministrativo.

(v. punti 52-53)

4.      In mancanza di espresso riconoscimento da parte dell’impresa incriminata nell’ambito di un’infrazione delle norme in materia di concorrenza, la Commissione deve dimostrare i fatti, mentre l’impresa resta libera, nell’ambito del procedimento contenzioso, di produrre tutti i mezzi di difesa che ritiene utili. Viceversa, ciò non può valere in presenza di un riconoscimento dei fatti espresso, chiaro e preciso da parte dell’impresa in questione: quando essa ha espressamente ammesso, nell’ambito del procedimento amministrativo, la sostanza dei fatti che le erano contestati dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti, occorre allora considerare tali fatti dimostrati, dato che l’impresa, in linea di principio, non può più contestarli nell’ambito del procedimento contenzioso dinanzi al Tribunale.

(v. punto 108)

5.      In nessun caso può farsi divieto al Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa anche al merito, di aumentare l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa la quale, dopo aver beneficiato di una riduzione dell’ammenda per non aver contestato la realtà dei fatti esaminati dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo, rimette in discussione per la prima volta dinanzi al Tribunale la rispondenza al vero dei medesimi fatti.

(v. punto 113)

6.      Il principio del ne bis in idem, sancito anche dall’art. 4 del protocollo n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, costituisce un principio generale del diritto comunitario di cui il giudice garantisce il rispetto. Nell’ambito del diritto comunitario della concorrenza, detto principio vieta che un’impresa sia condannata o perseguita di nuovo dalla Commissione per un comportamento anticoncorrenziale per il quale è già stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione della Commissione non più suscettibile di impugnazione.

È tuttavia ammessa la possibilità di un cumulo delle sanzioni, una comunitaria e l’altra nazionale, qualora vi siano due procedimenti paralleli, che perseguono fini diversi, e la cui ammissibilità deriva dal particolare sistema di ripartizione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri in materia d’intese. Tuttavia, un’esigenza generale d’equità implica che, nello stabilire l’importo dell’ammenda, la Commissione debba tener conto delle sanzioni che sono state già irrogate all’impresa per lo stesso fatto, qualora si tratti di sanzioni inflitte per violazione del diritto delle intese di uno Stato membro e, di conseguenza, per fatti avvenuti nel territorio comunitario.

Tale possibilità di cumulo delle sanzioni è giustificata dal fatto che i procedimenti, nazionale e comunitario, perseguono fini diversi. Alla luce di ciò il principio del ne bis in idem non può, a maggior ragione, trovare applicazione nell’ipotesi in cui i procedimenti svolti e le sanzioni inflitte dalla Commissione, da un lato, e dalle autorità di Stati terzi, dall’altro, non perseguano evidentemente gli stessi obiettivi. Se nel primo caso si tratta di preservare una concorrenza leale nel territorio dell’Unione europea o nello Spazio economico europeo, lo scopo di tutela riguarda, nel secondo caso, il mercato di uno Stato terzo. Infatti, l’applicazione del principio del ne bis in idem è subordinata non solo all’identità dei fatti costitutivi dell’infrazione e dei soggetti sanzionati, ma anche all’unità del bene giuridico protetto.

Tale conclusione è confermata dalla portata del principio che vieta il cumulo delle sanzioni, come sancito dall’art. 4 del protocollo n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Dalla formulazione del detto articolo risulta che tale principio ha il solo effetto di vietare ad un giudice nazionale di giudicare o di reprimere un reato per il quale la persona in questione sia già stata assolta o condannata nello stesso Stato. Per contro, il principio del ne bis in idem non vieta che una persona sia perseguita o condannata più di una volta per lo stesso fatto in due o più Stati diversi.

È vero che l’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea prevede che nessuno possa essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge. Tuttavia questo testo si applica solo nel territorio dell’Unione e limita espressamente la portata del diritto previsto nel suo art. 50 ai casi in cui la decisione di assoluzione o di condanna in questione sia stata pronunciata all’interno del detto territorio.

(v. punti 130-135, 137)

7.      Il potere della Commissione d’infliggere ammende alle imprese le quali, dolosamente o colposamente, trasgrediscono l’art. 81, n. 1, CE o l’art. 82 CE costituisce uno dei mezzi di cui dispone la Commissione per poter svolgere il compito di sorveglianza assegnatole dal diritto comunitario. Questo compito comprende il dovere di seguire una politica generale mirante ad applicare, in fatto di concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il comportamento delle imprese.

Ne consegue che la Commissione può stabilire l’entità dell’importo delle ammende allo scopo di rafforzarne l’effetto dissuasivo qualora pratiche illecite di una determinata categoria siano ancora relativamente frequenti, sebbene la loro illegalità sia stata dimostrata sin dagli inizi della politica comunitaria in materia di concorrenza, dati i vantaggi che determinate imprese possono trarne.

Lo scopo dissuasivo che la Commissione ha il diritto di perseguire fissando l’importo di un’ammenda è volto a garantire l’osservanza da parte delle imprese delle norme in materia di concorrenza stabilite dal Trattato per lo svolgimento delle loro attività all’interno della Comunità o dello Spazio economico europeo (SEE). Ne consegue che il carattere dissuasivo di un’ammenda inflitta a causa di una violazione della normativa comunitaria sulla concorrenza non può essere determinato né in funzione soltanto della situazione particolare dell’impresa condannata, né in funzione dell’osservanza da parte di quest’ultima delle norme in materia di concorrenza stabilite negli Stati terzi fuori del SEE.

La Commissione, quindi, può infliggere benissimo ad un’impresa un’ammenda di importo sufficientemente dissuasivo, entro i limiti stabiliti dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, senza dover tenere in considerazione le sanzioni inflitte a quest’ultima presso Stati terzi ai fini della determinazione dei detti limiti.

(v. punti 144-145, 147 e 148)

8.      Il principio della tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione comunitaria ha suscitato aspettative fondate, tenendo presente che nessuno può invocare una violazione del legittimo affidamento in mancanza di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate e affidabili, che gli siano state fornite dall’amministrazione.

A tale riguardo, un’impresa non può ragionevolmente pensare che una decisione adottata dal collegio dei commissari, in conformità del principio di collegialità sancito dall’art. 1 del regolamento interno della Commissione 29 novembre 2000, con la quale si infligge ad essa un’ammenda volta a sanzionare la sua partecipazione ad un’intesa, attiva a livello mondiale, possa essere delegata, in quanto provvedimento di gestione o di amministrazione ai sensi dell’art. 14 del detto regolamento, al direttore generale competente in materia di concorrenza. Di conseguenza, un direttore generale non può in alcun modo aver fornito a un’impresa «assicurazioni precise provenienti da fonti autorizzate ed affidabili» in ordine all’imputazione delle sanzioni che le sono state inflitte presso Stati terzi, in quanto la sua competenza si limita alla presentazione al collegio di proposte che quest’ultimo è libero di accettare o di respingere.

(v. punti 152-153)

9.      Se è vero che la Commissione dispone di un potere discrezionale nel fissare l’importo di ciascuna ammenda, senza essere tenuta ad applicare una formula matematica precisa, è altresì vero che il Tribunale, in forza dell’art. 17 del regolamento n. 17, si pronuncia con competenza estesa anche al merito ai sensi dell’art. 229 CE sui ricorsi presentati contro le decisioni con cui la Commissione stabilisce un’ammenda e può, di conseguenza, sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda inflitta. In tale contesto, il suo giudizio sulla proporzionalità dell’ammenda può giustificare la produzione e l’esame di ulteriori informazioni che non sono citate nella decisione della Commissione, a prescindere da eventuali errori manifesti di valutazione in cui sia incorsa quest’ultima.

(v. punto 165)

10.    Il cambiamento eventualmente provocato dagli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA rispetto alla prassi amministrativa anteriore della Commissione non costituisce un’alterazione del contesto giuridico che determina l’importo delle ammende che possono essere inflitte, contraria al principio generale d’irretroattività delle norme o a quello di certezza del diritto. Da una parte, infatti, la prassi anteriore della Commissione non funge di per sé da contesto giuridico alle ammende in materia di concorrenza, poiché quest’ultimo è definito, esclusivamente, dal regolamento n. 17. Dall’altra, quanto al margine di discrezionalità consentito alla Commissione dal regolamento n. 17, l’applicazione da parte di quest’ultima di un nuovo metodo di calcolo dell’importo delle ammende, che può comportare un aumento della loro entità generale, ma che non viola limiti della disciplina giuridica delle sanzioni quale definita dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, non può essere considerata un aumento, con effetto retroattivo, delle stesse come stabilite dalla detta disposizione.

(v. punti 190-191)

11.    Il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una determinata entità per taluni tipi di infrazioni non può privarla della possibilità di elevare tale entità, nei limiti indicati dal regolamento n. 17, se ciò è necessario per assicurare l’attuazione della politica comunitaria della concorrenza e per rafforzare l’effetto dissuasivo. L’efficace applicazione delle norme comunitarie sulla concorrenza implica al contrario che la Commissione possa sempre adeguare l’entità delle ammende alle esigenze di questa politica.

(v. punti 192, 216)

12.    In materia di determinazione dell’importo delle ammende nei procedimenti in materia di concorrenza, il solo riferimento esplicito al fatturato contenuto nell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 riguarda il limite massimo che non può essere superato dall’importo di un’ammenda; tale limite si intende riferito al fatturato complessivo. Nel rispetto di tale limite, la Commissione, in linea di principio, può fissare l’ammenda a partire dal fatturato di sua scelta, in termini di base geografica e di prodotti interessati, senza essere tenuta a considerare necessariamente il fatturato complessivo ovvero quello realizzato sul mercato geografico o sul mercato dei prodotti di cui trattasi. Infine, se è vero che gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA non prevedono il calcolo delle ammende in funzione di un determinato fatturato, è altresì vero che non ostano a che sia preso in considerazione un siffatto fatturato, purché la scelta della Commissione non sia viziata da un manifesto errore di valutazione.

(v. punto 195)

13.    Il fatto che la Commissione disponga di una competenza sanzionatoria limitata al territorio dello Spazio economico europeo (SEE) in presenza di violazioni delle norme in materia di concorrenza, non le impedisce di prendere in considerazione il fatturato mondiale derivante dalla vendita del prodotto in questione per valutare la capacità economica dei membri dell’intesa di compromettere la concorrenza in ambito SEE, fermo restando che, quale che sia il fatturato preso in considerazione, non si deve attribuire tuttavia a quest’ultimo un’importanza sproporzionata rispetto agli altri elementi di valutazione.

(v. punti 200-201)

14.    Quando la Commissione si basa sull’impatto dell’infrazione per valutarne la gravità, in conformità al punto 1 A, primo e secondo comma, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA, gli effetti da prendere in considerazione in tal senso sono quelli risultanti dal complesso dell’infrazione alla quale tutte le imprese hanno partecipato, cosicché non è rilevante, in tal senso, un esame del comportamento individuale ovvero dei dati specifici di ciascuna impresa.

(v. punto 203)

15.    In materia di fissazione dell’importo delle ammende per infrazione alle norme sulla concorrenza, la prassi della Commissione, consistente nel suddividere i membri di un’impresa in diverse categorie, con la conseguenza di determinare forfettariamente l’importo di partenza per le imprese appartenenti ad una stessa categoria, ancorché porti ad ignorare le differenze di dimensioni tra imprese di una stessa categoria, non può essere censurata in linea di principio. Infatti, la Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’ammontare dell’ammenda, ad assicurare, nel caso in cui siano inflitte ammende a diverse imprese coinvolte in una stessa infrazione, che gli importi finali delle ammende rispecchino tutte le differenze tra le imprese interessate in base al loro fatturato complessivo.

Tuttavia, una simile ripartizione per categoria deve rispettare il principio della parità di trattamento, secondo cui è vietato trattare situazioni analoghe in maniera differente e situazioni diverse in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato. Peraltro, l’importo delle ammende deve essere quanto meno proporzionato agli elementi presi in considerazione al fine di valutare la gravità dell’infrazione.

Ne discende che, qualora la Commissione suddivida le imprese interessate in categorie ai fini della determinazione dell’importo delle ammende, la determinazione delle soglie per ogni singola categoria così individuata deve essere coerente e obiettivamente giustificata.

(v. punti 217, 219-220)

16.    Quando la Commissione, per determinare l’importo delle ammende da imporre ad operatori economici che hanno violato le norme in materia di concorrenza, decide di applicare il metodo di differenziazione definito negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dall’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA, da essa emanati, detta istituzione è tenuta a conformarvisi, salvo illustrare specificamente i motivi che giustificano, caso per caso, un eventuale scostamento su un determinato punto. Quindi, se è vero che la Commissione può prendere in considerazione un gran numero di elementi per determinare l’importo finale di un’ammenda e che essa non è tenuta ad applicare, a tal fine, formule matematiche, una volta ritenuto opportuno ed equo ricorrere, in una determinata fase di tale determinazione, ad elementi di calcolo di tipo matematico, essa è tenuta ad applicare il suo stesso metodo in modo corretto, coerente e, in particolare, non discriminatorio. Una volta effettuata volontariamente la scelta di applicare un simile metodo aritmetico, essa è vincolata al rispetto delle regole ad esso inerenti, salva esplicita giustificazione, con riferimento a tutti i membri di una stessa intesa.

(v. punti 231-232, 352)

17.    La motivazione di una decisione individuale deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento del se essa soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del tenore dell’atto di cui trattasi, ma anche del contesto in cui tale atto è stato adottato.

A tale riguardo, la Commissione adempie al suo obbligo di motivazione quando, in una decisione che punisce violazioni delle norme comunitarie in materia di concorrenza, precisa gli elementi di giudizio che le hanno consentito di misurare la gravità dell’infrazione commessa, senza essere tenuta ad inserirvi una spiegazione più particolareggiata ovvero i dati relativi al metodo di calcolo dell’ammenda.

(v. punti 250, 252)

18.    La norma secondo cui spetta, in via di principio, alla persona fisica o giuridica che dirigeva l’impresa interessata al momento in cui l’infrazione è stata commessa di rispondere di quest’ultima anche se, nel giorno dell’adozione della decisione che constatava l’infrazione, l’operatività dell’impresa è stata posta sotto la responsabilità di un’altra persona, deve essere interpretata nel senso che un’impresa – ossia un’unità economica che comprende elementi personali, materiali e immateriali – è diretta dagli organi contemplati dal suo statuto e che qualsiasi decisione avente ad oggetto l’applicazione di un’ammenda può essere indirizzata alla direzione statutaria dell’impresa (consiglio d’amministrazione, comitato direttivo, presidente, gestore, ecc.), ancorché siano i proprietari a subirne, in definitiva, le conseguenze finanziarie. Tale norma non sarebbe osservata qualora si pretendesse dalla Commissione, di fronte all’infrazione di un’impresa, di verificare sempre chi sia il proprietario che esercita un’influenza determinante sull’impresa, per consentirle di sanzionare solamente detto proprietario.

(v. punti 280-281)

19.    Quando un’infrazione è stata commessa da più imprese, per determinare l’importo delle ammende è necessario dar prova dei loro rispettivi ruoli nell’ambito dell’infrazione nel periodo in cui hanno partecipato all’infrazione stessa. Ne deriva, in particolare, che il ruolo di «capofila» assunto da una o più imprese nell’ambito di un’intesa dev’essere valutato ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, in quanto sulle imprese che hanno assunto tale ruolo grava per ciò stesso una responsabilità particolare rispetto alle altre imprese.

(v. punti 300-301)

20.    Ai sensi del punto 3, primo trattino, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA, il «ruolo esclusivamente passivo» o pedissequo di un’impresa nella realizzazione dell’infrazione può rappresentare, se dimostrato, una circostanza attenuante.

A tale riguardo, tra gli elementi atti a dimostrare il ruolo passivo di un’impresa nell’ambito di un’intesa possono essere presi in considerazione il carattere chiaramente più sporadico della partecipazione alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell’intesa, come pure l’esistenza di dichiarazioni esplicite in tal senso derivanti da rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione. In ogni caso, si deve tenere conto di tutte le circostanze rilevanti del caso di specie.

(v. punti 330-331)

21.    La Commissione, quando è suo compito determinare l’importo dell’ammenda da infliggere ai membri di un’intesa contraria alle norme in materia di concorrenza, non è tenuta, in merito alla valutazione delle circostanze attenuanti, a seguire una sua precedente prassi in materia di decisioni. Pertanto non è obbligata, persino nel caso in cui lo abbia fatto in passato, a considerare rilevante la realizzazione, da parte di un’impresa, di un programma di adeguamento della sua prassi alle norme in materia di concorrenza oppure la precaria situazione finanziaria del settore in cui opera un’impresa.

(v. punti 343-345)

22.    Il limite massimo del 10%, di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, che non può essere superato dall’importo di un’ammenda inflitta ad un’impresa per violazione delle norme in materia di concorrenza, fa riferimento al fatturato complessivo dell’impresa considerata, poiché solo questo fatturato dà un’indicazione dell’importanza e dell’influenza di tale impresa sul mercato. Solo l’ammenda conclusivamente applicata deve rispettare il limite sopra indicato, in conformità al citato art. 15; tale disposizione non vieta alla Commissione di fare riferimento, nel suo calcolo, ad un importo intermedio superiore al detto limite, sempreché l’importo dell’ammenda finale inflitta all’impresa stessa non superi tale limite massimo.

(v. punto 367)

23.    In materia di concorrenza, la Commissione non è obbligata a tener conto della situazione deficitaria di un’impresa ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, considerato che ammettere un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un ingiustificato vantaggio concorrenziale alle imprese meno adeguate alle condizioni del mercato. Il fatto che la Commissione abbia ritenuto, nella propria prassi decisionale anteriore, di dover tener conto delle difficoltà economiche di una determinata impresa non implica che essa sia costretta ad effettuare la medesima valutazione in una decisione successiva.

Peraltro, il fatto che un provvedimento assunto da un’autorità comunitaria cagioni il fallimento ovvero la liquidazione di una determinata impresa non risulta vietato, in quanto tale, dal diritto comunitario.

(v. punti 370, 372, 484)

24.    Un diritto al silenzio assoluto non può essere riconosciuto in capo ad un’impresa destinataria di un provvedimento di richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 11, n. 5, del regolamento n. 17. Il riconoscimento di un tale diritto eccederebbe infatti quanto necessario per preservare i diritti della difesa delle imprese e costituirebbe un ostacolo ingiustificato allo svolgimento, da parte della Commissione, del compito di vigilanza sul rispetto delle norme in materia di concorrenza nel mercato comune. Un diritto al silenzio può essere riconosciuto all’impresa interessata soltanto nell’ipotesi in cui essa sia obbligata a fornire risposte attraverso le quali sarebbe indotta ad ammettere l’esistenza dell’infrazione che dev’essere provata dalla Commissione.

Per preservare l’efficacia pratica dell’art. 11 del regolamento n. 17, la Commissione può quindi obbligare le imprese a fornirle tutte le informazioni necessarie per quanto attiene ai fatti di cui queste ultime siano a conoscenza ed a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui siano in possesso, anche se possono servire ad accertare l’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale. Tale potere d’indagine della Commissione non contrasta né con l’art. 6, nn. 1 e 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, né con la giurisprudenza della Corte europea dei diritto dell’uomo.

Comunque, il fatto di essere obbligati a rispondere ai quesiti di mero fatto posti dalla Commissione ed a soddisfare le richieste della stessa di produrre documenti preesistenti non è idoneo a costituire una violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa né del diritto ad un processo equo, che offrono, nel settore del diritto della concorrenza, una protezione equivalente a quella garantita dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Infatti nulla impedisce al destinatario di una richiesta di informazioni di dimostrare in seguito nell’ambito del procedimento amministrativo o nel corso di un procedimento dinanzi al giudice comunitario che i fatti esposti nelle risposte o i documenti comunicati hanno un significato diverso da quello considerato dalla Commissione.

(v. punti 402-404, 406)

25.    La circostanza che una richiesta di informazioni sia stata rivolta ad un’impresa in forza dell’art. 11, n. 1, del regolamento n. 17 non può essere determinante per sminuire la cooperazione fornita da quest’ultima ai sensi del punto D, n. 2, primo trattino, della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi di intesa tra imprese.

(v. punto 410)

26.    Informazioni orali fornite da un’impresa alla Commissione nei casi di intese tra imprese possono costituire elementi probatori validi, ai sensi del punto D, n. 2, primo trattino, della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende. Infatti, questa disposizione prevede che non solo i «documenti», bensì anche le «informazioni» possono considerarsi «elementi probatori» che contribuiscono a confermare la sussistenza dell’infrazione. Ne discende che tali informazioni non devono necessariamente essere fornite in forma documentale. D’altro lato, l’utilità pratica di un’informazione puramente orale è incontestabile quando consente alla Commissione, ad esempio, di reperire prove dirette dell’infrazione ovvero quando, data la sua precisione, spinge la Commissione a proseguire un’indagine che altrimenti essa avrebbe abbandonato in mancanza di prove sufficienti e disponibili in tale momento.

(v. punti 430-431)

27.    Può essere ricompensata con una riduzione dell’ammenda qualsiasi collaborazione che abbia consentito alla Commissione di accertare l’esistenza di un’infrazione con minore difficoltà e, eventualmente, di mettervi fine. Ancorché la comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione dell’ammenda nei casi di intesa tra imprese preveda, al suo punto A, n. 3, solo una riduzione delle «ammende che altrimenti sarebbero (...) inflitte [alle imprese che cooperano con la Commissione]», tale disposizione non richiede che ogni singola informazione debba riferirsi ad un’infrazione al diritto della concorrenza idonea ad essere sanzionata separatamente. Per poter beneficiare della detta comunicazione, è sufficiente che l’impresa disposta a cooperare si esponga a sanzioni rivelando la sua implicazione in un’infrazione, mentre la valutazione dei vari elementi informativi ai fini di un’eventuale riduzione dell’ammenda dipende dalla loro utilità per la Commissione rispetto al suo compito di accertare l’esistenza dell’infrazione e di mettervi fine.

Sotto quest’ultimo profilo, dato che un funzionario della Commissione che agisca slealmente è in grado di sabotare l’azione dell’istituzione cui appartiene sostenendo i membri di un cartello illegale e può complicare significativamente l’indagine condotta da quest’ultima, ad esempio distruggendo ovvero manipolando elementi probatori, informando i membri del cartello di una imminente verifica a sorpresa, oppure rivelando la strategia istruttoria seguita dalla Commissione, l’informazione relativa all’esistenza di un funzionario del genere dev’essere considerata idonea, in linea di principio, a facilitare il compito della Commissione che consiste nell’accertare e nel porre fine ad un’infrazione. L’utilità di una simile informazione è particolarmente rilevante quando viene fornita all’inizio dell’indagine avviata dalla Commissione in ordine ad eventuali azioni anticoncorrenziali.

(v. punti 435-436)

28.    Il potere di cui la Commissione è investita ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 comprende la facoltà di determinare la data di esigibilità delle ammende e quella relativa al decorso degli interessi di mora, di fissare il tasso di questi interessi e di stabilire le modalità di esecuzione della sua decisione esigendo, all’occorrenza, la costituzione di una garanzia bancaria a copertura dell’importo del capitale e degli interessi delle ammende inflitte. In mancanza di siffatto potere, il vantaggio che le imprese potrebbero trarre dal pagamento tardivo delle ammende avrebbe l’effetto di attenuare le sanzioni inflitte dalla Commissione nell’esercizio del suo compito di vigilare sull’applicazione delle norme in materia di concorrenza. L’applicazione di interessi di mora alle ammende è giustificata quindi dall’intento di evitare che l’efficacia pratica del Trattato sia elusa mediante prassi applicate unilateralmente da imprese che tardino a pagare le ammende alle quali sono state condannate, nonché di evitare che tali imprese siano avvantaggiate rispetto a quelle che effettuano il pagamento delle ammende alla scadenza loro impartita.

(v. punti 475-476)