Language of document : ECLI:EU:T:2013:90

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

21 febbraio 2013 (*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Funzionari – Previdenza sociale – Malattia grave – Rimborso di spese mediche – Decisione della Commissione recante diniego del rimborso al 100% delle spese mediche sostenute dal ricorrente – Obbligo di motivazione – Articolo 72 dello Statuto – Criteri fissati dal consiglio medico – Produzione del parere del consulente medico nel corso del giudizio – Competenza del direttore dell’Ufficio di liquidazione – Impugnazione manifestamente infondata»

Nella causa T‑85/11 P,

avente ad oggetto l’impugnazione diretta all’annullamento della sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) del 23 novembre 2010, Marcuccio/Commissione (F‑65/09),

Luigi Marcuccio, residente in Tricase (Italia), rappresentato da G. Cipressa, avvocato,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è

Commissione europea, rappresentata da J. Currall e C. Berardis-Kayser, in qualità di agenti, assistiti da A. Dal Ferro, avvocato,

convenuta in primo grado

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni),

composto dai sigg. M. Jaeger, presidente, N. J. Forwood (relatore) e A. Dittrich, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con impugnazione proposta ai sensi dell’articolo 9 dell’allegato I allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il ricorrente, sig. Luigi Marcuccio, chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) del 23 novembre 2010, Marcuccio/Commissione (F‑65/09, in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso in quanto in parte irricevibile e in parte infondato. Il ricorrente chiede parimenti al Tribunale di accogliere in toto le sue conclusioni respinte nella sentenza impugnata e di condannare la Commissione europea alle spese sostenute sia in primo grado sia nell’ambito dell’impugnazione.

 Fatti

2        I fatti essenziali all’origine della controversia sono esposti ai punti 9‑22 della sentenza impugnata, nei termini seguenti:

«       La domanda di rimborso al 100% e le domande successive

9      A decorrere dal 4 gennaio 2002, il sig. Marcuccio, funzionario della Commissione presso la direzione generale (DG) “Sviluppo”, è in congedo di malattia presso il suo domicilio in Tricase. Con decisione 30 maggio 2005, adottata sulla base dell’art. 78 dello Statuto, è stato collocato a riposo per invalidità. Tale decisione è stata annullata per insufficienza di motivazione, con sentenza del Tribunale [della funzione pubblica] 4 novembre 2008, [Marcuccio/Commissione (F‑41/06, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑339 e II‑A‑1‑1851)].

10      Con lettera 25 novembre 2002, alla quale era unita una relazione medica redatta in pari data dal dott. U., medico curante, contenente una descrizione della malattia del ricorrente (una sindrome ansioso-depressiva di natura reattiva), quest’ultimo chiedeva “[che] gli [venisse] concesso il rimborso nella misura del 100% delle spese mediche da lui sostenute al fine di curare le affezioni a causa delle quali [era] in congedo a far tempo dal 4 gennaio 2002”.

11      Poiché tale domanda è rimasta senza risposta, al pari del reclamo proposto dal ricorrente contro il rigetto implicito di detta domanda, il ricorrente ha adito il Tribunale di primo grado, che ha annullato tale rigetto implicito, per assenza totale di motivazione [(sentenza del 10 giugno 2008, Marcuccio/Commissione, T‑18/04, non pubblicata nella Raccolta)].

12      Il ricorrente ha poi presentato altre domande di accollo di spese mediche al 100%, riferendosi ogni volta alla propria lettera del 25 novembre 2002, senza altre precisazioni né nuovi documenti giustificativi relativi alla sua affezione. Le domande presentate in tal senso dal ricorrente il 19 maggio e l’11 ottobre 2004 sono state oggetto di rigetto implicito della Commissione, cui hanno fatto seguito rigetti espliciti dei reclami proposti.

13      I ricorsi introdotti avverso tali decisioni sono stati dichiarati irricevibili dal Tribunale di primo grado in base al rilievo che, in assenza di qualsivoglia elemento nuovo a sostegno delle domande del ricorrente, gli atti controversi non avevano minimamente modificato la sua situazione e non erano pertanto atti lesivi [(sentenza del Tribunale del 9 luglio 2008, Marcuccio/Commissione, T‑296/05 e T‑408/05, non pubblicata nella Raccolta)].

14      Il ricorrente, riferendosi sempre alla lettera del 25 novembre 2002, ha poi introdotto, da una parte, le domande del 20 giugno e del 18 luglio 2005, rigettate implicitamente dalla Commissione, e, dall’altra, la domanda del 31 marzo 2006, respinta, questa volta esplicitamente, dalla Commissione.

15      Tali decisioni di rigetto sono state contestate dal ricorrente dinanzi al Tribunale con due ricorsi, iscritti a ruolo con i numeri, rispettivamente, F‑84/06 e F‑20/07. Il Tribunale ha ritenuto che tali due cause dovessero essere considerate relative allo stesso oggetto della causa T‑18/04 nonché delle cause riunite T‑296/05 e T‑408/05, all’epoca pendenti dinanzi al Tribunale di primo grado, ai sensi dell’art. 8, n. 3, secondo comma, dell’allegato allo Statuto della Corte di giustizia e di dover declinare la propria competenza a favore del Tribunale di primo grado [(ordinanze del Tribunale della funzione pubblica del 19 dicembre 2007, Marcuccio/Commissione, F‑20/07, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑469 e II‑A‑1‑2641, e Marcuccio/Commissione, F‑84/06, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑467 e II‑A‑1‑2633)]. I ricorsi nelle cause F‑84/06 e F‑20/07, così rinviati dinanzi al Tribunale di primo grado e iscritti a ruolo, rispettivamente, con i numeri T‑144/08 e T‑143/08, sono stati dichiarati irricevibili per le stesse ragioni accolte nella sentenza 9 luglio 2008, Marcuccio/Commissione, citata supra [(ordinanze del Tribunale del 9 settembre 2008, Marcuccio/Commissione, T‑143/08, Racc. FP pagg. I‑A‑2‑47 e II‑A‑2‑321, e Marcuccio/Commissione, T‑144/08, Racc. FP pagg. I‑A‑2‑51 e II‑A‑2‑341)].

16      Peraltro, con nota dell’11 ottobre 2005, il ricorrente ha fatto valere di essere affetto da una patologia diversa da quella menzionata nella domanda del 25 novembre 2002, vale a dire da obesità, e ha parimenti chiesto il riconoscimento di tale patologia quale malattia grave che giustifichi il rimborso al 100% delle spese sostenute. La Commissione ha successivamente respinto tale domanda e, quindi, il reclamo proposto dal ricorrente avverso tale decisione di rigetto. Il ricorso proposto dal ricorrente dinanzi al Tribunale avverso tali due decisioni di rigetto è stato dichiarato manifestamente irricevibile [(ordinanza del Tribunale della funzione pubblica del 4 novembre 2008, Marcuccio/Commissione, F‑18/07, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑347 e II‑A‑1‑1901)].

Gli eventi successivi alla sentenza 10 giugno 2008, Marcuccio/Commissione, citata supra

17      In esecuzione di detta sentenza, che ha annullato il rigetto implicito della domanda del 25 novembre 2002, l’Ufficio di liquidazione di Ispra, competente all’epoca in ordine al caso del ricorrente, ha esaminato tale domanda.

18      La domanda del 25 novembre 2002 è stata respinta dal responsabile dell’Ufficio di liquidazione, con nota del 1° agosto 2008, redatta sulla base del parere del consulente medico di fiducia, in base al rilievo che “la patologia invocata non risponde[va] ai [quattro] criteri affinché una malattia possa considerarsi grave (non vi era un rischio di vita, né la necessità di trattamenti terapeutici pesanti)”. Il ricorrente afferma, nel ricorso, che tale nota non gli è stata notificata e che ne ignora completamente i riferimenti e il contenuto, ad eccezione delle informazioni che gli sono state successivamente rese note nella risposta al suo reclamo.

19      Con lettera raccomandata con avviso di ricevimento del 5 agosto 2008 (in prosieguo: la “lettera del 5 agosto 2008”), di cui il ricorrente ha accusato ricezione il 3 settembre 2008, recante la menzione: “Oggetto: sentenza del Tribunale di primo grado 10 giugno 2008 (causa T‑18/04)”, il responsabile dell’Ufficio di liquidazione ha informato il ricorrente della propria decisione di non dare esito favorevole alla domanda del 25 novembre 2002, specificando che tale decisione di rigetto era stata adottata in esecuzione della sentenza nella causa T‑18/04 nonché sulla base del parere negativo del consulente medico di fiducia (in prosieguo: il “parere del consulente medico”).

20      Con lettera del 1° novembre 2008, il ricorrente ha proposto reclamo avverso la nota del 5 agosto 2008 e avverso la “decisione ivi contenuta”.

21      Prima di decidere in merito a tale reclamo, l’[autorità che ha il potere di nomina], a norma dell’art. 16, n. 2, della regolamentazione di copertura, ha chiesto il parere del comitato di gestione del [regime comune di assicurazione malattia]. Quest’ultimo, riunitosi il 21 e 22 gennaio 2009, non avendo raggiunto la maggioranza richiesta dal proprio regolamento interno per adottare un parere, non si è pronunciato.

22      Conseguentemente, l’APN ha deciso autonomamente sul reclamo rigettandolo con decisione del 4 marzo 2009 (in prosieguo: la “nota del 4 marzo 2009”), inviata al ricorrente e da quest’ultimo ricevuta il 23 marzo 2009 in lingua francese e il 24 aprile 2009 in lingua italiana».

3        Con ordinanza del 28 ottobre 2010, il Tribunale ha respinto in quanto manifestamente infondata l’impugnazione proposta dal ricorrente avverso l’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica del 4 novembre 2008, Marcuccio/Commissione (F‑18/07, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑347 e II‑A‑1‑1901), con la quale detto giudice aveva respinto il suo ricorso inteso a far riconoscere, in sostanza, che l’obesità di cui era affetto costituiva una malattia grave idonea a conferire il diritto al rimborso del 100% delle spese sostenute (ordinanza del Tribunale del 28 ottobre 2010, Marcuccio/Commissione, T‑32/09 P).

4        Con sentenza dell’8 giugno 2011, Commissione/Marcuccio (T‑20/09 P, punti 67‑69), il Tribunale ha annullato la sentenza del Tribunale della funzione pubblica del 4 novembre 2008, Marcuccio/Commissione (F‑41/06, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑339 e II‑A‑1‑1851), con la quale detto giudice aveva, in sostanza, annullato il collocamento a riposo del ricorrente per invalidità. La causa è stata rinviata dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, il quale, con sentenza del 6 novembre 2012, Marcuccio/Commissione (F‑41/06 RENV), ha respinto il ricorso.

 Procedimento in primo grado e sentenza impugnata

5        Come risulta dai punti 1 e 23 della sentenza impugnata (cit. supra al punto 1), con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale della funzione pubblica il 2 luglio 2009 e iscritto a ruolo con il numero F‑65/09, il ricorrente ha chiesto, segnatamente, che detto Tribunale volesse:

–        annullare la decisione, qualunque ne fosse la forma, con cui la Commissione ha respinto la domanda da esso presentata il 25 novembre 2002 (in prosieguo: la «decisione controversa»), e, nei limiti del necessario, dichiarare inapplicabile alla controversia l’articolo 72 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), la regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di malattia dei funzionari delle Comunità europee, nella sua versione applicabile alla presente controversia (in prosieguo: la «regolamentazione di copertura»), adottata in esecuzione dell’articolo 72 dello Statuto, nonché il parere del consulente medico;

–        annullare il parere del consulente medico menzionato al paragrafo 4, pag. 4, della decisione dell’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») del 4 marzo 2009 (in prosieguo: la «nota del 4 marzo 2009»);

–        annullare la decisione contenuta nella nota del direttore dell’Ufficio di liquidazione del regime comune di assicurazione malattia delle Comunità europee (in prosieguo: il «RCAM») di Ispra (Italia) del 5 agosto 2008 (in prosieguo: la «nota del 5 agosto 2008»);

–        in quanto necessario, annullare la decisione, qualunque ne fosse la forma, di rigetto del reclamo proposto avverso la nota del 5 agosto 2008, nonché la nota del 4 marzo 2009;

–        condannare la Commissione a versargli la somma di EUR 25 000, a risarcimento dei danni derivanti dagli atti di cui si chiedeva l’annullamento, ovvero qualsiasi somma maggiore o minore che il Tribunale considerasse giusta ed equa a tal titolo;

–        disporre l’esecuzione di una perizia d’ufficio e procedere all’escussione della madre, del fratello e del dott. U. in qualità di testimoni;

–        condannare la Commissione a rimborsargli integralmente le spese del procedimento, incluse quelle relative alla redazione di una perizia eventualmente svolta a spese del ricorrente e di una perizia disposta d’ufficio dal Tribunale.

6        Dal canto suo, la Commissione ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto privo di fondamento e ha invitato il Tribunale della funzione pubblica a condannare il ricorrente alle spese ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del regolamento di procedura di detto Tribunale (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punto 24).

7        Nella sua relazione preparatoria d’udienza, il giudice relatore del Tribunale della funzione pubblica ha invitato la Commissione a produrre diversi documenti entro il 26 marzo 2010, segnatamente il parere del consulente medico che ha costituito la base per l’adozione della decisione del 1º e del 5 agosto 2008, recante rigetto della domanda proposta dal ricorrente il 25 novembre 2002. La Commissione ha ottemperato a tale richiesta producendo i documenti sollecitati entro il termine impartito, fatta eccezione per il parere del consulente medico.

8        Prima dell’inizio dell’udienza, che si è svolta il 14 aprile 2010, la Commissione ha depositato un documento che, a suo avviso, avrebbe costituito materialmente il parere emesso dal consulente medico in data 30 luglio 2008. Tale documento consiste in una schermata estratta dal software utilizzato dai consulenti medici del RCAM per rendere i loro pareri. Da tale documento risultano l’identità del consulente medico, il dott. S., la data del parere controverso e i motivi del parere negativo emesso da detto medico, secondo il quale «la patologia invocata non risponde[va] ai [quattro] criteri affinché una malattia possa considerarsi grave (non vi era un rischio di vita, né la necessità di trattamenti terapeutici pesanti)». All’udienza, il ricorrente, che ha ricevuto copia di tale documento, ha sostenuto che esso non poteva essere preso in considerazione dal Tribunale della funzione pubblica, dato che sarebbe stato una mera riproduzione, che non sarebbe stato sottoscritto e che, inoltre, non avrebbe consentito di stabilire in che data il parere del consulente medico era stato emesso (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punto 26).

9        Poiché il ricorrente ha successivamente contestato la ricevibilità del documento di cui trattasi, il Tribunale della funzione pubblica ha riaperto la fase orale del procedimento con ordinanza del 23 settembre 2010. Con lettera dell’8 novembre 2010, ha informato le parti del versamento al fascicolo del documento e del rigetto della domanda di stralcio dagli atti del documento medesimo proposta dal ricorrente, in considerazione della circostanza che quest’ultimo era stato messo in condizione di presentare osservazioni precise sul suo contenuto (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punti 27‑31).

10      Nella sentenza impugnata, citata supra al punto 1, il Tribunale della funzione pubblica ha in primo luogo confermato la ricevibilità del documento prodotto dalla Commissione il giorno dell’udienza (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punti 32‑35).

11      Il Tribunale della funzione pubblica ha quindi affermato che il ricorso di annullamento riguardava, da una parte, il parere del consulente medico e, dall’altra, la presa di posizione esplicita, contenuta nelle note del 1º e del 5 agosto 2008, con la quale la Commissione ha respinto la domanda del ricorrente del 25 novembre 2002. Per contro, ha ritenuto che la domanda di annullamento della nota del 4 marzo 2009, con la quale la Commissione ha respinto il reclamo proposto dal ricorrente avverso tale decisione di diniego, fosse priva di un contenuto autonomo rispetto a quella diretta avverso la decisione medesima (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punti 36‑40).

12      Quanto al parere del consulente medico, il Tribunale della funzione pubblica ha considerato che si trattava di un atto preparatorio che, in quanto tale, non arrecava danno al ricorrente. Richiamandosi alla giurisprudenza, ha pertanto respinto in quanto irricevibile la domanda di annullamento di tale parere (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punti 41‑45).

13      Quanto al rigetto, da parte della Commissione, della domanda proposta dal ricorrente il 25 novembre 2002, il Tribunale della funzione pubblica ha in primo luogo respinto l’eccezione di illegittimità sollevata dal ricorrente avverso i criteri generali fissati dal consiglio medico del RCAM per determinare se possa riconoscersi il carattere di malattia grave ad una patologia, come previsto dall’allegato I, punto IV, paragrafo 1, della regolamentazione di copertura. Tali criteri cumulativi, fissati dal consiglio medico del RCAM, sono i seguenti: una prognosi sfavorevole, un’evoluzione cronica, la necessità di misure diagnostiche e/o terapeutiche pesanti e la presenza o il rischio di handicap grave. Precisando che il suo sindacato giurisdizionale era limitato, nella specie, alla censura di eventuali errori manifesti che viziassero tali misure di portata generale di applicazione dell’articolo 72 dello Statuto, il Tribunale della funzione pubblica ha affermato che la scelta dei criteri operata dal consiglio medico del RCAM non risultava manifestamente inadeguata o erronea alla luce dell’obiettivo perseguito, vale a dire l’identificazione delle malattie di «gravità comparabile» a quelle espressamente previste dall’articolo 72 dello Statuto, dichiarando, in particolare, che tali criteri soddisfacevano le caratteristiche principali o comuni di queste ultime malattie. Inoltre, ha respinto l’argomento del ricorrente secondo il quale il riconoscimento di una patologia come malattia grave, in applicazione dei summenzionati criteri, si compirebbe in astratto, indipendentemente dallo stato di salute della persona interessata e dalle condizioni di trattamento della patologia di cui soffre (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punti 48‑58).

14      Il Tribunale della funzione pubblica ha quindi respinto la censura relativa al difetto di motivazione della decisione di rigetto della domanda proposta dal ricorrente il 25 novembre 2002. Infatti, da detta decisione risulterebbero, sia pure in termini concisi, le ragioni essenziali di fatto e di diritto per cui l’affezione di cui soffre il ricorrente non è stata riconosciuta quale malattia grave. Secondo la sentenza impugnata, citata supra al punto 1, ciò è tanto più vero dal momento che tale decisione è intervenuta in un contesto normativo ben noto al ricorrente e che i motivi ad essa sottesi sono stati precisati nella decisione recante rigetto del suo reclamo (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punti 61 e 62).

15      Il Tribunale della funzione pubblica ha peraltro respinto l’argomento del ricorrente secondo il quale la «sindrome ansioso-depressiva di natura reattiva», da cui è affetto, costituisce una «malattia mentale» ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto. Secondo la sentenza impugnata, citata supra al punto 1, risulta dallo stesso tenore letterale di tale disposizione che essa riguarda solo le malattie che presentino obiettivamente una certa gravità e non qualsiasi problema psicologico o psichiatrico. Orbene, nella specie, il ricorrente non avrebbe indicato sotto qual profilo l’applicazione dei criteri fissati dal consiglio medico del RCAM sarebbe erronea. In particolare, non avrebbe prodotto alcun elemento medico successivo alla relazione del dott. U. del 25 novembre 2002, tale da avvalorare le sue affermazioni relative alla gravità delle sue affezioni o da dimostrare la loro evoluzione infausta (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punti 70‑77).

16      Il Tribunale della funzione pubblica ha poi respinto le censure del ricorrente relative alla violazione del dovere di sollecitudine e del principio di buona amministrazione (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punti 79‑81) nonché alla violazione dell’autorità di cosa giudicata della sentenza del Tribunale del 10 giugno 2008, Marcuccio/Commissione (T‑18/04, non pubblicata nella Raccolta) (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punti 82‑86). Inoltre, ha rifiutato di disporre le misure istruttorie sollecitate dal ricorrente, ritenendole inutili nella specie (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punti 87‑90).

17      Infine, il Tribunale della funzione pubblica ha condannato il ricorrente a tutte le spese (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punti 91 e 92).

 Sull’impugnazione

 Procedimento e conclusioni delle parti

18      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale l’11 febbraio 2011, il ricorrente ha proposto la presente impugnazione.

19      Il ricorrente conclude, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        espungere in quanto irricevibile il documento prodotto dalla Commissione il giorno dell’udienza dinanzi al Tribunale della funzione pubblica;

–        accogliere il ricorso nel merito o, in subordine, rinviare la causa al Tribunale della funzione pubblica affinché quest’ultimo si pronunci nel merito;

–        condannare la Commissione alle spese di entrambi i gradi del giudizio.

20      La Commissione chiede che il Tribunale voglia respingere l’impugnazione in quanto irricevibile e infondata e condannare il ricorrente alle spese.

21      Con lettera registrata presso la cancelleria del Tribunale il 18 luglio 2011 il ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’articolo 146 del regolamento di procedura del Tribunale, di aprire la fase orale del procedimento.

 In diritto

22      Ai sensi dell’articolo 145 del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è manifestamente irricevibile o manifestamente infondata, il Tribunale può respingerla in qualsiasi momento con ordinanza motivata, anche se una delle parti ha chiesto al Tribunale lo svolgimento di un’udienza (ordinanze del Tribunale del 24 settembre 2008, Van Neyghem/Commissione, T‑105/08 P, Racc. FP pagg. I‑B‑1‑49 e II‑B‑1‑355, punto 21, e del 15 luglio 2011, Marcuccio/Commissione, T‑366/10 P, punto 14). Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa e decide, ai sensi di tale disposizione, di statuire senza proseguire il procedimento.

23      A sostegno della sua impugnazione, il ricorrente solleva, in sostanza, sette motivi, attinenti, il primo, alla violazione dei suoi diritti della difesa e del principio del contraddittorio, dei termini perentori fissati dal giudice per la produzione di documenti e delle norme relative alla prova documentale nonché al difetto di motivazione; il secondo, alla violazione delle regole che disciplinano la ricevibilità dei ricorsi di annullamento avverso gli atti delle istituzioni dell’Unione europea nonché a un difetto di motivazione; il terzo, all’errore in cui sarebbe incorso il primo giudice per non aver escluso l’applicazione alla controversia dei criteri generali fissati dal consiglio medico del RCAM al fine di determinare se possa riconoscersi ad una patologia il carattere di malattia grave nonché a errori di interpretazione e di applicazione dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto; il quarto, alla violazione delle norme che disciplinano la motivazione degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione nonché alla violazione dell’articolo 233 CE; il quinto, al difetto di motivazione della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, quanto al rifiuto di disporre diverse misure istruttorie; il sesto, all’incompetenza dell’autore della decisione controversa e, infine, il settimo, all’errore asseritamente commesso dal Tribunale della funzione pubblica condannando il ricorrente alla totalità delle spese.

24      Occorre esaminare previamente la ricevibilità della censura sollevata dal ricorrente nella sua lettera pervenuta presso la cancelleria il 6 agosto 2012.

 Sulla ricevibilità della censura sollevata dal ricorrente nella sua lettera pervenuta presso la cancelleria il 6 agosto 2012

25      A seguito della chiusura della fase scritta del procedimento, il ricorrente ha inviato al Tribunale una lettera, pervenuta presso la cancelleria il 6 agosto 2012, nella quale afferma, in sostanza, che la Commissione ha trascurato l’interdipendenza sussistente tra i quattro criteri fissati dal consiglio medico del RCAM adottando la decisione controversa sull’unico fondamento della circostanza che due di tali criteri, vale a dire la prognosi sfavorevole e la necessità di misure diagnostiche e/o terapeutiche pesanti, non erano soddisfatti nella specie. La decisione controversa violerebbe su tale punto il principio, confermato dal Tribunale della funzione pubblica nella sua sentenza del 28 settembre 2011, Allen/Commissione (F‑23/10), secondo il quale il consulente medico dovrebbe procedere a un esame concreto e circostanziato dello stato di salute del paziente alla luce dei quattro criteri in questione, valutati globalmente tenendo conto del loro legame di interdipendenza. La Commissione si oppone alla ricevibilità di tale censura argomentando che essa è stata presentata per la prima volta in detta lettera.

26      Occorre ricordare al riguardo che, secondo la giurisprudenza, in sede d’impugnazione la competenza del Tribunale è limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi di ricorso discussi dinanzi al Tribunale della funzione pubblica (v. sentenza del Tribunale del 19 gennaio 2010, De Fays/Commissione, T‑355/08 P, punto 28, e la giurisprudenza ivi richiamata). Pertanto il Tribunale, nell’ambito di siffatto procedimento, è competente unicamente ad esaminare se l’argomentazione contenuta nell’impugnazione individui un errore di diritto che vizi la sentenza impugnata, citata supra al punto 1 (v. sentenza De Fays/Commissione, cit., punto 28, e la giurisprudenza ivi richiamata). Tali principi sono intesi ad evitare, conformemente a quanto previsto dall’articolo 139, paragrafo 2, del regolamento di procedura, che si addivenga in sede di impugnazione ad una modifica dell’oggetto della controversia rispetto a quello sottoposto al Tribunale della funzione pubblica (v., per analogia, sentenza della Corte del 20 maggio 2010, Gogos/Commissione, C‑583/08 P, Racc. pag. I‑4469, punti 23 e 24, e la giurisprudenza ivi richiamata). Tuttavia, argomenti che costituiscano la mera estensione di un motivo dedotto dinanzi al giudice di primo grado vanno considerati ricevibili ove non producano l’effetto di modificare l’oggetto della controversia (v. sentenza della Corte del 26 aprile 2007, Alcon/UAMI, C‑412/05 P, Racc. pag. I‑3569, punto 40, e la giurisprudenza ivi richiamata).

27      Nella specie, è pur vero che occorre rilevare che gli argomenti dedotti dal ricorrente nella sua lettera pervenuta presso la cancelleria il 6 agosto 2012, quanto all’assenza di un esame globale vertente sui quattro criteri generali che consentono di definire una malattia grave ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto, si aggiungono all’argomentazione svolta dinanzi al Tribunale della funzione pubblica. Tali argomenti, tuttavia, non costituiscono un motivo nuovo che esula dalla competenza del Tribunale in sede di impugnazione. Con detti argomenti, il ricorrente intende, infatti, suffragare i motivi, dedotti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, attinenti alla violazione, da parte della Commissione, dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto, là dove l’Istituzione non ha riconosciuto che la «sindrome ansioso-depressiva di natura reattiva» da cui è affetto costituisce una «malattia mentale» ai sensi di tale disposizione, nonché al difetto di motivazione della decisione controversa.

28      Atteso che tali motivi presentano peraltro un nesso sufficientemente stretto con l’impugnazione proposta dal ricorrente avverso la sentenza impugnata, citata supra al punto 1, in particolare con il terzo e il quarto motivo invocati a suo sostegno, occorre esaminarli nel merito.

 Sul primo motivo, attinente alla violazione dei diritti della difesa e del principio del contraddittorio, alla violazione dei termini imperativi fissati dal giudice per la produzione dei documenti e delle norme relative alla prova documentale nonché al difetto di motivazione

29      Tale motivo consta di due capi.

–       Sul primo capo, relativo alla violazione dei diritti della difesa e del principio del contraddittorio

30      Il ricorrente sostiene, nel primo capo del presente motivo, che, respingendo la domanda che egli aveva formulato nella sua lettera del 13 ottobre 2010, con cui si chiedeva l’autorizzazione a presentare osservazioni in ordine al documento depositato dalla Commissione il giorno dell’udienza, che avrebbe costituito materialmente il parere del consulente medico del 30 luglio 2008, il Tribunale della funzione pubblica ha violato i suoi diritti della difesa e il principio del contraddittorio. La sentenza impugnata violerebbe, su questo punto, l’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica, in quanto il ricorrente deduce, a tal riguardo, di non aver beneficiato del tempo sufficiente per far valere utilmente le proprie osservazioni su tale documento, ricevuto qualche minuto prima dell’udienza. Il ricorrente censura parimenti il Tribunale della funzione pubblica per essere incorso in un errore logico al punto 31 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1. In quest’ultimo punto, infatti, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe giustificato il rigetto della domanda formulata dal ricorrente nella sua lettera del 13 ottobre 2010 con la circostanza che il ricorrente non era stato in grado, all’udienza, di presentare osservazioni precise in ordine al contenuto del documento in questione.

31      La Commissione si oppone a tale censura.

32      Occorre rilevare, in limine, che, sebbene il ricorrente faccia segnatamente riferimento, nella specie, alla violazione, da parte del Tribunale della funzione pubblica, dell’articolo 44, paragrafo 1, del suo regolamento di procedura, tale critica si ricollega, in sostanza, alla censura relativa alla violazione dei diritti della difesa. Infatti, è per organizzare un procedimento giurisdizionale conforme a tali diritti che detta disposizione prevede che il Tribunale medesimo «prende in considerazione solo documenti e atti dei quali i rappresentanti delle parti hanno potuto avere conoscenza e sui quali essi hanno potuto pronunciarsi».

33      Il Tribunale rileva poi che, se è pur vero che al punto 31 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, si legge che il ricorrente non era stato in grado di presentare osservazioni precise quanto al contenuto del documento in oggetto, si tratta di un mero errore redazionale da cui è viziata tale sentenza nella lingua che fa fede (l’italiano), errore che non si riscontra peraltro nella versione francese di tale sentenza. In quanto tale, detto errore redazionale è irrilevante nella misura in cui il contesto e gli altri punti della sentenza impugnata, segnatamente i punti 26 e 33‑35, conducono a un’interpretazione di tale punto che si discosta manifestamente dal suo tenore letterale, vale a dire nel senso che il Tribunale della funzione pubblica ha ben considerato che il ricorrente era stato in grado di presentare osservazioni precise quanto al contenuto di tale documento (v., per analogia, sentenza della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punto 284).

34      Deve peraltro rilevarsi che, secondo consolidata giurisprudenza, il principio del contraddittorio – del quale il giudice dell’Unione controlla il rispetto e che anch’esso osserva –, fa parte dei diritti della difesa e si applica ad ogni procedura che possa sfociare in una decisione di un’istituzione o di un’agenzia che pregiudichi sensibilmente gli interessi di una persona. Tale principio implica, di norma, il diritto per le parti di un processo di poter prendere posizione sui fatti e sui documenti su cui si baserà una decisione giudiziaria nonché di discutere le prove e le osservazioni dedotte dinanzi al giudice e i motivi di diritto rilevati d’ufficio dal giudice, sui quali quest’ultimo intende basare la propria decisione. Infatti, perché siano soddisfatte le prescrizioni connesse al diritto a un processo equo, occorre che le parti possano discutere in contraddittorio tanto sugli elementi di fatto quanto sugli elementi di diritto che sono decisivi per l’esito del procedimento (v. sentenza della Corte del 17 dicembre 2009, Riesame M/EMEA, C‑197/09 RX‑II, Racc. pag. 12033, punti 39–41, e la giurisprudenza ivi richiamata).

35      Nella specie, è senza violare tali esigenze che il Tribunale della funzione pubblica ha accettato di versare agli atti il documento prodotto dalla Commissione il giorno dell’udienza e di tenerne conto ai fini della valutazione della fondatezza del ricorso di annullamento. In primo luogo, infatti, occorre sottolineare che il documento in questione consta di tre foglietti, ciascuno dei quali costituito da non più di un terzo di pagina dattiloscritta. In secondo luogo, quantunque detto documento sia redatto in lingua francese, il ricorrente non ha mai affermato di non essere stato in grado di comprenderne il senso, neanche nel contesto della presente impugnazione. In terzo luogo, è pacifico, come risulta dal verbale dell’udienza svoltasi dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, che tale documento è stato presentato al legale del ricorrente il giorno dell’udienza e che quest’ultimo è stato invitato a rendere note le proprie osservazioni al riguardo. Il medesimo verbale indica che il legale del ricorrente, all’udienza, si è opposto all’uso del documento da parte del Tribunale della funzione pubblica ai fini della valutazione della fondatezza del ricorso, sostenendo che il documento in questione fosse la mera riproduzione di un documento non datato il cui autore non era identificabile. In quarto luogo, il Tribunale della funzione pubblica, con ordinanza del 23 settembre 2010, ha riaperto la fase orale del procedimento al fine, da una parte, di versare agli atti la lettera del 22 luglio 2010 con la quale il ricorrente ha contestato la ricevibilità di detto documento, in base al rilievo che esso sarebbe stato depositato tardivamente e, dall’altra, di invitare la Commissione a esprimersi in proposito.

36      Dalle suesposte considerazioni risulta che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, quest’ultimo, nel contesto del procedimento dinanzi al giudice di primo grado, è ben stato in grado di prendere posizione utilmente in ordine al documento prodotto dalla Commissione il giorno dell’udienza. Pertanto, la censura relativa alla violazione dei diritti della difesa nonché alla violazione del principio del contraddittorio è manifestamente infondata e il primo capo del motivo deve essere respinto.

–       Sul secondo capo, attinente alla violazione dei termini perentori fissati dal giudice per la produzione di documenti, delle norme relative alla prova documentale nonché al difetto di motivazione

37      Nel secondo capo del presente motivo, il ricorrente sostiene che erroneamente il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato ricevibile il documento prodotto dalla Commissione il giorno dell’udienza, dopo la scadenza del termine che esso aveva fissato a tale fine, in assenza di una giustificazione da parte della Commissione riguardo a tale ritardo. Dato che tale termine era imperativo, il Tribunale della funzione pubblica sarebbe incorso in uno sviamento di potere e in un abuso di procedura versando il documento controverso agli atti. Al riguardo, il ricorrente contesta di essere stato acquiescente, in udienza, quanto alla ricevibilità di tale documento nonostante la sua presentazione tardiva da parte della Commissione. Indipendentemente da questa censura di carattere processuale, il ricorrente sostiene che il documento depositato dalla Commissione il 14 aprile 2010 non costituisce una prova ricevibile dato che non contiene una data certa, non è sottoscritto, non consente di identificare il consulente medico autore del parere del 30 luglio 2008 e non contiene, inoltre, alcuna indicazione quanto al luogo in cui è stato redatto. Tale parte della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, sarebbe inoltre viziata da un difetto di motivazione.

38      La Commissione conclude per il rigetto del secondo capo del motivo.

39      Per quanto riguarda, anzitutto, la censura relativa alla violazione della perentorietà dei termini fissati dal giudice perché le parti producano documenti, occorre ricordare che, come risulta dal disposto stesso dell’articolo 54, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica, la decisione di porre quesiti scritti alle parti rientra nel libero apprezzamento di tale Tribunale, il quale può in ogni fase del procedimento decidere su qualunque misura di organizzazione del procedimento o istruttoria di cui agli articoli 55 e 57 del regolamento medesimo, letti alla luce degli articoli 24 e 25 dello Statuto della Corte (v., per analogia, sentenza del Tribunale del 5 ottobre 2009, de Brito Sequeira Carvalho/Commissione, T‑40/07 P e T‑62/07 P, Racc. FP pagg. I‑B‑1‑89 e II‑B‑1‑551, punto 105). I termini per la produzione di un documento fissati dal Tribunale della funzione pubblica nel contesto di una misura di organizzazione del procedimento non possono costituire termini di decadenza poiché, in caso di inottemperanza da parte dell’interessato, detto Tribunale avrebbe il diritto di imporre la produzione del documento richiesto (v., per analogia, sentenza del Tribunale del 9 novembre 2004, Vega Rodríguez/Commissione, T‑285/02 e T‑395/02, Racc. PI pagg. I‑A‑333 e II‑1527, punto 24). Ne consegue che, senza che nemmeno occorra pronunciarsi in ordine agli altri profili della motivazione esposti dal Tribunale della funzione pubblica al punto 34 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, il ritardo della Commissione nel deposito del documento sollecitato dal giudice relatore nella relazione preparatoria di udienza non doveva avere come conseguenza automatica l’irricevibilità del documento medesimo.

40      Quanto poi alla censura attinente alla violazione delle norme relative alla prova documentale, occorre ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza, il valore probante o meno degli atti del processo rientra nella valutazione insindacabile dei fatti da parte del giudice di primo grado, che esula dal controllo del giudice dell’impugnazione, salvo in caso di snaturamento degli elementi di prova presentati al giudice di primo grado o quando l’inesattezza materiale degli accertamenti effettuati da quest’ultimo risulti dai documenti versati agli atti [v. sentenza della Corte del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione, C‑47/07 P, Racc. pag. I‑9761, punto 99, e la giurisprudenza ivi richiamata; ordinanza del Tribunale del 18 ottobre 2010, Marcuccio/Commissione, T‑516/09 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 90].

41      Orbene, nella specie non è stato dimostrato alcuno snaturamento degli elementi di prova né alcuna inesattezza materiale. Ne consegue che non spetta al Tribunale, nell’ambito del presente procedimento, rimettere in questione la valutazione del Tribunale della funzione pubblica secondo la quale il documento prodotto dalla Commissione il 14 aprile 2010 costituiva un elemento di prova ricevibile nell’ambito della sua valutazione della legittimità della decisione recante rigetto della domanda del 25 novembre 2002.

42      Quanto alla censura relativa al difetto o alla carenza di motivazione, essa è manifestamente infondata. Il Tribunale della funzione pubblica, infatti, ha sufficientemente esposto, ai punti 31‑34 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, le ragioni per le quali ha concluso nel senso della ricevibilità del documento prodotto dalla Commissione il 14 aprile 2010.

43      Alla luce di questi vari elementi, si deve parimenti considerare che le censure relative allo sviamento di potere e all’abuso di procedura sono manifestamente infondate.

44      Dato che nessuno dei capi del presente motivo è stato accolto, occorre respingere il motivo in quanto manifestamente infondato.

 Sul secondo motivo, attinente alla violazione delle regole che disciplinano la ricevibilità dei ricorsi di annullamento avverso gli atti delle istituzioni dell’Unione nonché a un difetto di motivazione

45      Secondo il ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica, respingendo in quanto irricevibile la sua domanda di annullamento del parere del consulente medico, ha violato le regole che disciplinano la ricevibilità dei ricorsi diretti avverso gli atti delle istituzioni dell’Unione. La ricevibilità di tale domanda sarebbe giustificata, nella specie, dal fatto che essa presenta un carattere incidentale rispetto alla domanda principale, diretta contro la decisione con la quale la Commissione ha respinto la sua domanda del 25 novembre 2002, pur essendo strettamente connessa a quest’ultima. La sentenza impugnata, citata supra al punto 1, sarebbe parimenti priva di qualsivoglia motivazione pertinente al riguardo.

46      Secondo la Commissione, correttamente il Tribunale della funzione pubblica ha respinto in quanto irricevibile la domanda di annullamento del parere del consulente medico.

47      Il ricorrente critica il Tribunale della funzione pubblica per non aver tenuto sufficientemente in considerazione, nella specie, l’interdipendenza tra la domanda di annullamento del parere del consulente medico e quella diretta avverso la decisione con la quale la Commissione ha respinto la sua domanda del 25 novembre 2002. È sufficiente rilevare, al riguardo, da una parte, che è pacifico che il ricorrente abbia diretto la propria domanda di annullamento, in particolare, contro il parere del consulente medico menzionato «al punto 4, pag. 4, della nota del 4 marzo 2009», e, dall’altra, che, come lo stesso ricorrente riconosce nelle sue memorie, tale parere costituisce un atto meramente preparatorio alla decisione con la quale la Commissione ha statuito in ordine alla domanda di accollo al 100% delle sue spese mediche, introdotta il 25 novembre 2002. Ne consegue che il Tribunale della funzione pubblica, respingendo in quanto irricevibile la domanda diretta dal ricorrente contro il parere del consulente medico, ha correttamente applicato la nozione di atto che arreca pregiudizio, alla quale è subordinata la ricevibilità di un ricorso di annullamento di un atto dell’Unione. Occorre osservare, ad abundantiam, che tale aspetto della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, non ha impedito al Tribunale della funzione pubblica di valutare la fondatezza delle censure formulate dal ricorrente quanto al parere del consulente medico, nel contesto del suo esame della domanda diretta contro la decisione controversa.

48      Infine, dai punti 41‑45 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, risulta che detta sentenza contiene una motivazione sufficiente al riguardo.

49      Il secondo motivo, di conseguenza, deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul terzo motivo, attinente all’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale della funzione pubblica per non aver escluso l’applicazione alla controversia dei criteri generali fissati dal consiglio medico del RCAM nonché a errori di interpretazione e di applicazione dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto

50      Tale motivo consta di tre capi.

–       Sul primo capo, relativo a un errore nell’interpretazione dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto

51      Nel primo capo del presente motivo il ricorrente afferma, in sostanza, che il Tribunale della funzione pubblica ha violato l’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto applicando, nella specie, i criteri generali fissati dal consiglio medico del RCAM, al fine di determinare se la «sindrome ansioso-depressiva di natura reattiva» da cui è affetto presentasse una particolare gravità. Secondo il ricorrente, tale affezione costituisce, infatti, una «malattia mentale» ai sensi di detta disposizione. Ne consegue che tale circostanza, di per sé, sarebbe sufficiente per far sorgere il diritto all’accollo al 100% delle spese mediche del ricorrente, senza che occorra esaminare in concreto la gravità dell’affezione. Inoltre, il diritto al rimborso delle spese al 100% non discenderebbe dalla particolare gravità delle malattie espressamente menzionate all’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto, dato che tale disposizione si limita a prevedere che tutte le affezioni che presentano una gravità comparabile a quella di ciascuna di tali malattie fanno sorgere il diritto a siffatto rimborso.

52      La Commissione conclude per l’irricevibilità di tale capo, dato che a suo avviso il ricorrente si limiterebbe a ripetere argomenti già presentati dinanzi al Tribunale della funzione pubblica e che per giunta tale capo non sarebbe giuridicamente fondato. In ogni caso, senza incorrere in errore il Tribunale della funzione pubblica avrebbe affermato che, anche in presenza di una delle malattie espressamente menzionate dall’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto, quale la malattia mentale, il riconoscimento del diritto all’accollo al 100% delle spese mediche presuppone che sia riconosciuta la gravità dell’affezione di cui soffre l’interessato.

53      Al riguardo, quanto all’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione, occorre rilevare che, se è senza dubbio esatto che il ricorrente riprende qui, essenzialmente, un argomento già dedotto in primo grado, tale capo è inteso tuttavia a contestare l’errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale della funzione pubblica interpretando l’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto, e l’impugnazione precisa, a tal riguardo, gli elementi censurati della sentenza di cui si chiede l’annullamento. Orbene, se un ricorrente non potesse basare così la propria impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati in primo grado, il procedimento di impugnazione sarebbe privato di parte del proprio significato (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 22 maggio 2008, Ott e a./Commissione, T‑250/06 P, Racc. FP pagg. I‑B‑1‑11 e II‑B‑1‑109, punto 82, e la giurisprudenza ivi richiamata, e del 17 marzo 2010, Parlamento/Collée, T‑78/09 P, punto 22).

54      Quanto al merito, il ricorrente censura il Tribunale della funzione pubblica, in sostanza, per aver considerato che la «sindrome ansioso-depressiva di natura reattiva» da cui è affetto avrebbe potuto essere riconosciuta quale malattia grave ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto solo se la sua particolare gravità avesse potuto essere stabilita sul fondamento dei criteri di definizione di una malattia grave accolti dal consiglio medico del RCAM. La circostanza che una tale sindrome costituisca una malattia mentale ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto, sarebbe sufficiente per giustificare il rimborso al 100% delle spese mediche.

55      Al riguardo, occorre ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza, l’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto lascia agli autori della regolamentazione di copertura l’onere di precisare la sfera di applicazione della copertura stessa, nel rispetto delle disposizioni dello Statuto e degli scopi che questo persegue (sentenza della Corte dell’8 marzo 1988, Brunotti/Commissione, 339/85, Racc. pag. 1379, punto 10, e sentenza del Tribunale del 12 maggio 2004, Hecq/Commissione, T‑191/01, Racc. PI pagg. I‑A‑147 e II‑659, punto 45).

56      Il consiglio medico del RCAM, nel corso della riunione del 17 giugno 1999, ha fissato i criteri generali di definizione della nozione di malattia grave che dà luogo al rimborso al 100%, in applicazione di tale disposizione nonché dell’allegato I, punto IV, paragrafo 1, della regolamentazione di copertura. In tal modo, il consiglio medico del RCAM, tuttavia, non ha operato alcuna distinzione tra le malattie espressamente previste dall’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto e le altre malattie gravi, dato che tutte queste malattie devono presentare «simultaneamente ancorché con intensità variabile» i criteri di cui al precedente punto 13.

57      In tal senso, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, è proprio in ragione della loro particolare gravità che le malattie espressamente menzionate dall’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto fanno sorgere il diritto al rimborso integrale delle spese mediche, in deroga al principio del rimborso parziale esposto nella medesima disposizione. Tale conclusione è suffragata dal disposto dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto, che si riferisce a malattie «di analoga gravità» rispetto a quelle espressamente previste da tale disposizione.

58      Di conseguenza, correttamente il Tribunale della funzione pubblica ha statuito, al punto 70 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, che la nozione di «malattia mentale» menzionata da detto articolo, che fa sorgere il diritto al rimborso al 100% delle spese mediche, riguarda solo le malattie che presentino obiettivamente una certa gravità, e non qualsiasi problema psicologico o psichiatrico, indipendentemente dalla sua gravità. Ne discende parimenti che, fatta salva l’analisi del secondo capo del motivo, il Tribunale della funzione pubblica non è incorso in alcun errore nel concludere che il diritto al rimborso al 100% delle sue spese mediche presupponeva che la Commissione esaminasse se la «sindrome ansioso-depressiva di natura reattiva» da cui era affetto costituiva una malattia grave ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto, alla luce dei criteri fissati dal consiglio medico del RCAM e richiamati al precedente punto 13.

59      Ne consegue che il primo capo del motivo dev’essere respinto in quanto manifestamente infondato.

–       Sul secondo capo, relativo agli errori in cui sarebbe incorso il Tribunale della funzione pubblica avendo omesso di dichiarare l’illegittimità dei criteri generali fissati dal consiglio medico del RCAM ai fini della definizione della nozione di «malattia grave»

60      Nel secondo capo del presente motivo, il ricorrente sostiene che erroneamente il Tribunale della funzione pubblica abbia respinto in quanto infondata l’eccezione di illegittimità sollevata avverso i quattro criteri fissati dal consiglio medico del RCAM per determinare se una patologia possa essere riconosciuta quale «malattia grave» ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto. Pur insistendo sull’insieme delle censure formulate dinanzi al Tribunale della funzione pubblica quanto al carattere irragionevole e inadeguato di detti criteri, il ricorrente sostiene che il giudice di primo grado, da una parte, ha deformato l’argomentazione che gli era stata esposta al riguardo e, dall’altra, è incorso in un errore di logica nel concludere che le malattie gravi previste dall’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto «esigono trattamenti terapeutici pesanti che presuppongono che la previa diagnosi sia chiaramente formulata, il che presuppone analisi o indagini particolari» (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punto 52). Secondo il ricorrente, qualsiasi trattamento terapeutico, anche nell’ipotesi di una forma benigna, presuppone una previa diagnosi formulata sulla base di analisi e di indagini particolari, vale a dire attagliate al caso di specie.

61      La Commissione afferma che tale capo del motivo è irricevibile, dato che, a suo avviso, il ricorrente si limita, al riguardo, a ripetere argomenti già presentati dinanzi al Tribunale della funzione pubblica e respinti da tale giudice. Le censure intese a far valere lo snaturamento, da parte del Tribunale della funzione pubblica, dei fatti o degli argomenti ad esso presentati dal ricorrente nonché l’errore di logica sarebbero inoltre imprecisi e non sarebbero corroborati da alcuna argomentazione in diritto. Ad ogni modo, tale capo del motivo sarebbe infondato.

62      Si deve a questo proposito ricordare, in limine, che dall’articolo 256, paragrafo 2, TFUE, dall’articolo 11, paragrafo 1, dell’allegato I dello Statuto della Corte e dall’articolo 138, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi censurati della sentenza di cui viene chiesto l’annullamento, nonché gli argomenti di diritto che specificamente sostengono tale domanda. Non risponde a tale requisito l’impugnazione che si limiti a ripetere o a riprodurre testualmente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale della funzione pubblica. Infatti, un’impugnazione di tal genere costituisce in realtà una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame del ricorso proposto dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, il che esula dalla competenza del Tribunale (sentenza del Tribunale del 19 settembre 2008, Chassagne/Commissione, T‑253/06 P, Racc. FP pagg. I‑B‑1‑43 e II‑B‑1‑295, punto 54, e ordinanza del Tribunale del 4 aprile 2011, Marcuccio/Commissione, T‑239/09 P, punto 62).

63      Orbene, non risponde a tali esigenze la parte dell’impugnazione nella quale il ricorrente si limita a rinviare alla totalità delle censure formulate dinanzi al primo giudice a sostegno dell’eccezione di illegittimità dei quattro criteri generali fissati dal consiglio medico del RCAM ai fini della definizione del concetto di «malattia grave» ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto.

64      Quanto poi alla censura attinente all’asserito travisamento, da parte del Tribunale della funzione pubblica, degli argomenti presentati a sostegno di tale eccezione, in quanto detto giudice avrebbe omesso di tener conto del fatto che il ricorrente non ha sostenuto solo che i criteri in questione erano «manifestamente inidonei», ma anche che erano «assolutamente irragionevol[i]», tale censura non soddisfa i requisiti minimi fissati dall’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura. L’impugnazione, infatti, non indica sotto qual profilo tale circostanza, ammesso che sussista, implicherebbe che il giudice di primo grado sia incorso in un errore di diritto nel suo esame dell’eccezione di illegittimità di cui trattasi.

65      Quanto alla censura relativa all’errore di logica in cui sarebbe incorso il Tribunale della funzione pubblica statuendo, al punto 52 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, che le malattie gravi di cui all’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto «esigono trattamenti terapeutici pesanti che presuppongono che la previa diagnosi sia chiaramente formulata, il che presuppone analisi o indagini particolari», anche a volerla ritenere ricevibile, è infondata.

66      Con tale censura, infatti, il ricorrente critica il Tribunale della funzione pubblica per aver affermato che le malattie gravi di cui all’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto, vale a dire la tubercolosi, la poliomielite, il cancro e la malattia mentale, non sono caratterizzate solo dai trattamenti terapeutici pesanti che esse esigono, ma anche dalla circostanza che il loro trattamento presuppone che la previa diagnosi sia «chiaramente formulata», il che implicherebbe «analisi o indagini particolari». Tale critica si fonda, in sostanza, su un’interpretazione dell’aggettivo «particolari» nel senso che esso indichi che siffatte analisi e indagini devono essere proprie ad ogni fattispecie. Secondo il ricorrente, ciò varrebbe per qualsiasi malattia e non solo per le malattie gravi, sicché questo elemento non sarebbe tale da caratterizzare queste ultime malattie rispetto a qualsivoglia altra affezione.

67      Tale censura si fonda, tuttavia, su una lettura erronea della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, in quanto l’aggettivo «particolari» va inteso alla luce del complesso del passo della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, nel quale si colloca. In tal senso, dal disposto del punto 52 di tale sentenza risulta, da una parte, che è al fine di redigere una diagnosi chiara di una delle malattie di cui all’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto che sono necessarie le «analisi o indagini particolari» e, dall’altra parte, che siffatta diagnosi è necessaria in ragione della pesantezza delle misure terapeutiche prescritte per trattare dette affezioni. Il Tribunale della funzione pubblica, così facendo, ha stabilito un legame tra il carattere particolare delle analisi o indagini che la diagnosi delle malattie gravi di cui all’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto presuppone e l’importanza delle misure terapeutiche intese a far fronte a tali malattie, misure che possono comportare, in particolare, rilevanti effetti secondari. Occorre peraltro ricordare, al riguardo, che nel prevedere il rimborso al 100% delle spese per diagnosi precoce di malattie gravi, l’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto è inteso a far sì che ne sia garantito, a uno stadio precoce, il trattamento efficace, contribuendo così a prevenire, da un lato, lo sviluppo di malattie gravi nell’interesse del paziente e, dall’altro, l’insorgere di costi di trattamento più elevati a carico del RCAM (v., in tal senso, sentenza Hecq/Commissione, cit. supra al punto 55, punto 54). Ne consegue che l’uso dell’aggettivo «particolari» da parte del Tribunale della funzione pubblica, al punto 52 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, va interpretato nel senso che è inteso a sottolineare l’importanza dei mezzi medici generalmente messi in atto per diagnosticare siffatte malattie gravi e non semplicemente a indicare che la diagnosi di tali malattie in specifici casi presuppone un esame medico del paziente interessato.

68      Di conseguenza, il secondo capo del motivo va respinto in parte in quanto manifestamente irricevibile e in parte in quanto manifestamente infondato.

–       Sul terzo capo, secondo il quale il Tribunale della funzione pubblica avrebbe erroneamente concluso che l’APN non è incorsa né in errore di diritto né in errore manifesto rifiutando di riconoscere che l’affezione di cui soffre il ricorrente costituisce una malattia grave

69      Nell’ultimo capo del motivo, il ricorrente sostiene che, anche se si dovesse riconoscere l’interpretazione dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto accolta nella sentenza impugnata, citata supra al punto 1, e applicare nella specie i quattro criteri fissati dal consiglio medico del RCAM, erroneamente il primo giudice non ha concluso che l’affezione di cui soffre il ricorrente presenti una gravità comparabile alla «malattia mentale» cui si fa riferimento in tale disposizione. Nella sua lettera pervenuta presso la cancelleria il 6 agosto 2012, il ricorrente sostiene, su quest’ultimo punto, che il Tribunale della funzione pubblica avrebbe dovuto rilevare che la decisione controversa era viziata da un errore dal momento che l’APN non aveva svolto un esame concreto e circostanziato del suo stato di salute alla luce dei quattro criteri fissati dal consiglio medico del RCAM, globalmente valutati prendendo in considerazione il legame di interdipendenza che essi presentano.

70      Secondo la Commissione, gli argomenti sollevati dal ricorrente nella lettera pervenuta presso la cancelleria il 6 agosto 2012, anche a voler ritenere che siano ricevibili, non sono pertinenti nella specie, dato che le circostanze della presente controversia differiscono da quelle che hanno dato luogo alla sentenza del Tribunale della funzione pubblica, Allen/Commissione, citata supra al punto 25.

71      In limine, il Tribunale ricorda che, per le ragioni esposte ai precedenti punti 27 e 28, il presente capo del motivo è ricevibile.

72      Quanto al merito, occorre rilevare che il ricorrente, con la presente censura, contesta l’approccio accolto dal Tribunale della funzione pubblica in ordine alla natura della verifica alla quale l’amministrazione deve procedere per valutare se un’affezione sia di gravità comparabile a quella delle affezioni menzionate dall’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto. Fondandosi sulla sentenza del Tribunale della funzione pubblica Allen/Commissione, citata supra al punto 25, il ricorrente sostiene che erroneamente il primo giudice non ha rilevato che la decisione controversa era viziata da errore dal momento che detta decisione rifletteva la presa in considerazione, da parte dell’APN, solo di due dei quattro criteri fissati dal consiglio medico del RCAM e che ne risultava che l’APN non aveva esaminato in modo concreto e circostanziato il suo stato di salute, tenendo conto dei quattro criteri in questione globalmente intesi.

73      Al riguardo, si deve anzitutto ricordare che non spetta al giudice dell’Unione rimettere in questione le valutazioni mediche poste a sostegno di un rifiuto dell’APN di riconoscere un’affezione quale malattia grave ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto. Per contro, spetta a tale giudice esaminare se, adottando una siffatta decisione di rifiuto, l’APN abbia correttamente valutato i fatti e applicato le disposizioni pertinenti (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 7 novembre 2002, G/Commissione, T‑199/01, Racc. PI pagg. I‑A‑217 e II‑1085, punto 59, e Hecq/Commissione, cit. supra al punto 55, punto 63).

74      Si deve poi osservare che l’annullamento deciso nella sentenza Allen/Commissione, citata supra al punto 25, è intervenuto in un contesto caratterizzato dal fatto che l’APN aveva a disposizione molti elementi relativi allo stato di salute della ricorrente in tale controversia, alle affezioni di cui soffriva, alle diagnosi dei medici che l’avevano visitata e ai trattamenti che riceveva, e il dossier comprendeva, in particolare, diversi referti medici circostanziati. Fondandosi su tale rilievo, in quella causa, il Tribunale della funzione pubblica ha affermato che la possibilità di un’evoluzione cronica e di un rischio di handicap grave non potessero essere esclusi senza un previo esame, che tale esame doveva pertanto risultare esplicitamente dal parere del consiglio medico e che, pertanto, detto consiglio non aveva svolto un esame concreto e circostanziato dello stato di salute della ricorrente in tale controversia (sentenza Allen/Commissione, cit. supra al punto 25, punto 84‑87).

75      Per contro, nella specie il ricorrente si è limitato a produrre una sola relazione medica a sostegno della sua domanda di accollo al 100%, in ragione di una malattia grave, delle spese mediche relative alla sindrome ansioso-depressiva di cui soffre. Peraltro, nella sua lettera pervenuta presso la cancelleria il 6 agosto 2012, il ricorrente ha presentato un’argomentazione astratta quanto all’assenza di un esame circostanziato del suo stato di salute da parte dell’APN, che tenesse conto globalmente dei quattro criteri fissati dal consiglio medico del RCAM. In tal senso, non ha indicato sotto qual profilo i criteri che non sono espressamente menzionati nel parere del consulente medico nonché nella decisione controversa, vale a dire la possibilità di un’evoluzione cronica e la presenza o il rischio di handicap grave, potrebbero risultare pertinenti nel suo caso, né in qual modo, in caso di risposta affermativa a tale questione, tale circostanza potrebbe incidere sulla valutazione globale del suo stato di salute da parte dell’APN.

76      Quanto ai due criteri menzionati nel parere del consulente medico, occorre inoltre rilevare che il Tribunale della funzione pubblica ha sottolineato, al punto 75 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, che il ricorrente non aveva sostenuto, nelle proprie memorie, che la sindrome menzionata nella relazione del dott. U. del 25 novembre 2002 avrebbe potuto avere conseguenze di particolare gravità né che avrebbe richiesto misure terapeutiche pesanti. Dal punto 76 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, risulta parimenti, da una parte, che, se è pur vero che il ricorrente ha affermato, all’udienza svoltasi dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, che una sindrome come quella di cui soffriva poteva essere all’origine di tentazioni suicide, non ha per contro sostenuto di essere, egli stesso, preda di siffatte tentazioni e, dall’altra parte, che un tale rischio non è chiaramente evocato dal dott. U. nella sua relazione. Infine, al medesimo punto della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, il Tribunale della funzione pubblica ha statuito che il ricorrente non aveva prodotto alcun elemento medico successivo a detta relazione che permettesse di avvalorare le sue affermazioni relative alla gravità delle sue affezioni o di dimostrare la loro evoluzione sfavorevole. Nell’ambito dell’impugnazione non è stata rimessa in questione alcuna di tali affermazioni, il ricorrente non avendo sollevato, in particolare, una censura di snaturamento al riguardo.

77      Alla luce di tali diverse considerazioni, il Tribunale ritiene che non possa condividersi quanto sostenuto dal ricorrente allorché censura il giudice di primo grado per aver concluso, al punto 77 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, che la valutazione espressa nel caso di specie dalla Commissione quanto al riconoscimento quale malattia grave della sindrome ansioso-depressiva di natura reattiva di cui soffriva non era viziata né da errore di diritto né da errore manifesto.

78      Dato che il terzo capo del motivo non è fondato, si deve respingere il terzo motivo, in parte in quanto manifestamente irricevibile e in parte in quanto manifestamente infondato.

 Sul quarto motivo, attinente alla violazione delle norme che disciplinano la motivazione degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione nonché alla violazione dell’articolo 233 CE

79      Il ricorrente sostiene, con una prima censura, che il Tribunale della funzione pubblica ha violato le norme relative alla motivazione degli atti delle istituzioni dell’Unione nonché i principi di sollecitudine e di buona amministrazione accettando che il documento comunicato dalla Commissione il 14 aprile 2010 potesse contribuire alla motivazione della decisione controversa. Tale documento costituirebbe, come rilevato dal primo giudice, un elemento essenziale della motivazione di quest’ultima decisione, il che escluderebbe la possibilità di applicare nella specie la giurisprudenza che ammette, eccezionalmente, l’aggiunta successiva di una motivazione che al momento dell’adozione della decisione esisteva solo ad uno stadio embrionale. Il difetto di motivazione della decisione controversa risulterebbe parimenti dal fatto che non emerge da quest’ultima che l’APN abbia compiuto, nella specie, un esame concreto e circostanziato dello stato di salute del ricorrente alla luce dei quattro criteri fissati dal consiglio medico del RCAM, tenendo conto della loro interdipendenza.

80      Con una seconda censura, il ricorrente considera che, proprio in ragione di tale carenza di motivazione, la Commissione ha violato l’autorità della sentenza del 10 giugno 2008, Marcuccio/Commissione, citata supra al punto 16. In quest’ultima sentenza, infatti, la decisione implicita di rigetto della domanda del ricorrente del 25 novembre 2002 è stata annullata per difetto di motivazione. Ne consegue, secondo il ricorrente, che, per dare corretta esecuzione a tale sentenza, la Commissione avrebbe dovuto riprendere ab initio la procedura di esame di detta domanda. Poiché questo non è accaduto, erroneamente il Tribunale della funzione pubblica avrebbe omesso di dichiarare che la Commissione non ha adottato, nella specie, tutte le misure che l’esecuzione della citata sentenza Marcuccio/Commissione comporta e, pertanto, ha violato l’articolo 233 CE.

81      Secondo la Commissione, correttamente il Tribunale della funzione pubblica ha affermato che la decisione controversa era sufficientemente motivata. L’istituzione, inoltre, fa valere che la seconda censura, relativa alla violazione dell’articolo 233 CE, è irricevibile atteso che altro non è che la ripetizione di un argomento presentato dinanzi al primo giudice. In ogni caso, tale censura sarebbe del tutto infondata dal momento che, come si legge nella sentenza impugnata, citata supra al punto 1, la Commissione avrebbe ripreso ab initio la procedura di esame della domanda del 25 novembre 2002 in esito alla sentenza Marcuccio/Commissione, citata supra al punto 16.

82      A tal riguardo, occorre anzitutto osservare che, come correttamente sottolineato dalla Commissione, la censura dedotta dal ricorrente, vertente sull’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale della funzione pubblica avendo omesso di dichiarare che la Commissione ha violato, nella specie, i doveri di sollecitudine e di buona amministrazione, costituisce la mera ripetizione di un argomento sollevato in primo grado. Ne consegue che, sulla scorta della giurisprudenza citata al precedente punto 62, tale censura è manifestamente irricevibile.

83      Deve poi essere respinto l’argomento del ricorrente secondo il quale il Tribunale della funzione pubblica avrebbe snaturato gli elementi di prova presentati dinanzi ad esso affermando che il documento prodotto dalla Commissione il 14 aprile 2010 dimostrava l’esistenza del parere del consulente medico del 30 luglio 2008, in base al quale è stata adottata la decisione controversa (v. supra, punto 41). Tale argomento si fonda, infatti, su una semplice affermazione, contraddetta dal testo di tale documento, dal quale risultano, nel formato abitualmente utilizzato dai consulenti medici del RCAM, il nome del ricorrente, la natura della sua domanda, l’identità del consulente medico che ha redatto il parere, la data del parere, il suo senso negativo nonché i motivi essenziali che, secondo il consulente medico, giustificavano il rigetto della domanda di accollo delle spese al 100%.

84      Quanto alla censura relativa alla violazione, da parte del Tribunale della funzione pubblica, delle norme che disciplinano la motivazione degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione, occorre ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza, l’obbligo di motivazione è volto, da una parte, a fornire all’interessato le indicazioni necessarie a conoscere se la decisione sia fondata o inficiata da un vizio tale da consentire di contestarne la legittimità e, dall’altra, a permettere al giudice di esercitare il suo controllo sulla legittimità della decisione (sentenza della Corte del 26 novembre 1981, Michel/Parlamento, 195/80, Racc. pag. 2861, punto 22, e sentenza del Tribunale del 12 maggio 2010, Commissione/Meierhofer, T‑560/08 P, Racc. pag. II‑1739, punto 16).

85      Peraltro, se una domanda di annullamento della decisione di rigetto di un reclamo comporta che il giudice sia chiamato a conoscere dell’atto lesivo che è stato oggetto di detto reclamo, la motivazione rilevante ai fini della valutazione della legittimità della decisione controversa è parimenti quella che figura nella decisione recante rigetto del reclamo (v. sentenza del Tribunale del 9 dicembre 2009, Commissione/Birkhoff, T‑377/08 P, Racc. FP pagg. I‑B‑1‑133 e II‑B‑1‑807, punto 64, e ordinanza del Tribunale del 21 giugno 2010, Meister/UAMI, T‑284/09 P, punto 21, e la giurisprudenza ivi richiamata).

86      Infine, secondo consolidata giurisprudenza, non è richiesto che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto l’accertamento del fatto che la motivazione di un atto soddisfi o meno le condizioni dell’articolo 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenze della Corte del 29 febbraio 1996, Belgio/Commissione, C‑56/93, Racc. pag. I‑723, punto 86, e del 15 maggio 1997, Siemens/Commissione, C‑278/95 P, Racc. pag. I‑2507, punto 17; sentenza del Tribunale del 6 ottobre 2009, Sundholm/Commissione, T‑102/08 P, Racc. FP pagg. I‑B‑1‑109 e II‑B‑1‑675, punto 40, e la giurisprudenza ivi richiamata).

87      Nella specie, come correttamente sottolineato dal Tribunale della funzione pubblica ai punti 61 e 62 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, il ricorrente è stato informato, quando ha ricevuto la decisione controversa e la nota del 4 marzo 2009, delle ragioni di fatto e di diritto che giustificavano l’esito dato dal direttore dell’Ufficio di liquidazione del RCAM di Ispra alla domanda presentata il 25 novembre 2002. Certo, il ricorrente è entrato in possesso del documento che costituiva materialmente il parere emesso dal consulente medico in data 30 luglio 2008 solo all’atto della produzione di quest’ultimo da parte della Commissione il giorno dell’udienza dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, ove tale atto ha consentito a quest’ultimo, in particolare, di verificare l’esistenza del parere stesso. Occorre tuttavia rilevare che, complessivamente considerate, la nota del 5 agosto 2008 e quella del 4 marzo 2009 non solo fanno espresso riferimento a tale parere, ma richiamano, inoltre, i motivi ivi esposti dal consulente medico per sostenere che la «sindrome ansioso-depressiva di natura reattiva» di cui soffre il ricorrente non costituisce una malattia grave. Inoltre, come sottolinea il Tribunale della funzione pubblica al punto 61 della sentenza impugnata, citata supra al punto 1, la decisione controversa è stata adottata in un contesto noto al ricorrente, che gli ha consentito di comprendere la portata della misura adottata nei suoi confronti (sentenza della Corte del 29 ottobre 1981, Arning/Commissione, 125/80, Racc. pag. 2539, punto 13; sentenza del Tribunale del 14 luglio 1997, B/Parlamento, T‑123/95, Racc. PI pagg. I‑A‑245 e II‑697, punto 51).

88      Quanto all’argomento del ricorrente secondo il quale l’APN non avrebbe fatto risultare nella decisione controversa che aveva operato un esame concreto e circostanziato del suo stato di salute alla luce dei quattro criteri fissati dal consiglio medico del RCAM, occorre richiamare la constatazione esposta al precedente punto 75, secondo cui il ricorrente si è limitato a produrre una sola relazione medica a sostegno della sua domanda di accollo al 100%, in ragione di una malattia grave, delle spese mediche relative alla sindrome ansioso-depressiva di cui soffre. Orbene, come correttamente suggerito dalla Commissione, non risulta da alcun passo di detta relazione che i criteri relativi al rischio di un’evoluzione cronica o alla presenza o al rischio di handicap grave avrebbero dovuto essere oggetto di un esame specifico nella specie, tale da influire sulla valutazione globale della gravità di tale affezione.

89      Dato che il ricorrente ha potuto valutare l’opportunità di intraprendere un’azione contro la Commissione e che il Tribunale della funzione pubblica ha potuto esercitare il suo controllo, correttamente il giudice di primo grado ha concluso che la Commissione non aveva violato l’obbligo di motivazione nella specie. Ne consegue parimenti che la censura relativa alla violazione dell’articolo 233 CE, anche a volerla ritenere ricevibile, manifestamente non è fondata.

90      Il quarto motivo deve pertanto essere respinto, in parte, in quanto manifestamente irricevibile e, in parte, in quanto manifestamente infondato.

 Sul quinto motivo, attinente al difetto di motivazione della sentenza impugnata quanto al rifiuto di disporre diverse misure istruttorie

91      Il ricorrente censura il Tribunale della funzione pubblica per non aver fornito alcuna giustificazione al suo rifiuto di disporre le misure istruttorie dallo stesso suggerite, vale a dire una perizia nonché l’escussione di testimoni.

92      La Commissione conclude per il rigetto di tale motivo.

93      Occorre ricordare, al riguardo, che solo il giudice di primo grado è, in linea di principio, competente a constatare i fatti e ad esaminare le prove. A maggior ragione, ai fini di tale valutazione dei fatti e delle prove, spetta al solo giudice di primo grado decidere se e in qual misura sia necessario adottare misure di organizzazione del procedimento o misure istruttorie. In tal senso, il Tribunale della funzione pubblica è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito e di scegliere le misure di organizzazione del procedimento o le misure istruttorie adeguate a tal fine (v. sentenza del Tribunale del 27 aprile 2012, De Nicola/BEI, T‑37/10 P, punto 99, e la giurisprudenza ivi richiamata).

94      Nella specie, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto le domande di misure istruttorie del ricorrente in esito al rilievo che esse non presentavano utilità ai fini della soluzione della controversia (sentenza impugnata, cit. supra al punto 1, punto 88).

95      Orbene, in considerazione sia dei principi richiamati ai punti 86 e 93 della presente ordinanza sia di quanto constatato ai suoi punti 87‑89, occorre dichiarare che la sentenza impugnata, citata supra al punto 1, non è viziata da alcuna insufficienza di motivazione al riguardo.

96      Ne consegue che il motivo in oggetto deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul sesto motivo, attinente all’incompetenza dell’autore della decisione controversa

97      Il ricorrente solleva un nuovo motivo di annullamento della decisione controversa nel contesto dell’impugnazione. Con tale motivo deduce, in sostanza, che, dato che la decisione con la quale la Commissione lo ha collocato a riposo per invalidità è stata annullata con la sentenza del 4 novembre 2008, Marcuccio/Commissione, citata supra al punto 4, illegittimamente egli è stato distolto dall’Ufficio di liquidazione del RCAM del luogo della sua ultima destinazione, vale a dire quello di Bruxelles. Ne consegue, a suo avviso, che l’Ufficio di liquidazione del RCAM di Ispra non era competente ratione loci all’adozione della decisione controversa. Inoltre, conformemente all’articolo 90 dello Statuto, il ricorrente ha indirizzato detta domanda all’APN, sicché spettava a questa stessa autorità statuire in proposito e non, come è accaduto, al direttore dell’Ufficio di liquidazione del RCAM di Ispra. L’incompetenza dell’autore dell’atto costituendo un motivo di ordine pubblico, quest’ultimo avrebbe dovuto, secondo il ricorrente, essere sollevato d’ufficio dal primo giudice.

98      La Commissione si oppone a tali censure.

99      In limine, occorre ricordare che spetta effettivamente al Tribunale esaminare d’ufficio il motivo, che è di ordine pubblico, attinente all’incompetenza dell’autore della decisione controversa (v. sentenza del Tribunale del 13 luglio 2006, Vounakis/Commissione, T‑165/04, Racc. FP pagg. I‑A‑2‑155 e II‑A‑2‑735, punto 30, e la giurisprudenza ivi menzionata).

100    Quanto al merito, occorre sottolineare che, se è pur vero che il Tribunale della funzione pubblica, nella sua sentenza del 4 novembre 2008, Marcuccio/Commissione, citata supra al punto 4, ha annullato la decisione del 30 maggio 2005 con la quale la Commissione ha collocato il ricorrente a riposo per invalidità e gli ha concesso il beneficio di una indennità di invalidità, questa stessa sentenza è stata annullata dal Tribunale con la sua sentenza dell’8 giugno 2011, Commissione/Marcuccio (cit. supra al punto 4). In tale sentenza (punti 69 e 70), il Tribunale ha statuito, in particolare, che erroneamente il Tribunale della funzione pubblica aveva affermato che il contesto nel quale era intervenuto il collocamento in invalidità del ricorrente non era noto a quest’ultimo. Statuendo in sede di rinvio, il Tribunale della funzione pubblica, con sentenza del 6 novembre 2012, Marcuccio/Commissione, citata supra al punto 4, ha respinto il ricorso in toto.

101    Ne consegue che non può condividersi l’affermazione del ricorrente secondo la quale egli sarebbe stato illegittimamente sottratto alla competenza dell’Ufficio di liquidazione del RCAM del luogo della sua ultima destinazione, vale a dire quello di Bruxelles, e l’Ufficio di liquidazione del RCAM di Ispra non sarebbe stato pertanto competente ratione loci all’adozione della decisione controversa. In ogni caso, il Tribunale sottolinea che la ripartizione delle domande di rimborso tra i vari uffici di liquidazione è basata esclusivamente su un criterio strettamente geografico e non implica una ripartizione di diversi poteri o di diversi compiti (sentenza del Tribunale del 16 marzo 1993, Blackman/Parlamento, T‑33/89 e T‑74/89, Racc. pag. II‑249, punto 55).

102    Occorre ancora esaminare se, come sostiene il ricorrente, configuri una violazione degli articoli 72 e 90 dello Statuto il fatto che la decisione controversa sia stata adottata dal direttore dell’Ufficio di liquidazione del RCAM di Ispra e non dall’APN stessa. Al riguardo, occorre osservare che l’articolo 2 dello Statuto prevede la possibilità che una o più istituzioni affidino ad un organismo interistituzionale l’esercizio di una parte o dell’insieme dei poteri devoluti all’APN, ad eccezione delle decisioni relative alle nomine, alle promozioni o ai trasferimenti di funzionari. È, in particolare, in applicazione di tale disposizione che l’allegato I alla regolamentazione di copertura, al suo punto IV, rubricato «Casi speciali», prevede che la decisione definitiva in ordine alla domanda di riconoscimento di un’affezione quale malattia grave, ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 1, dello Statuto, sia adottata dall’APN o dall’Ufficio di liquidazione competente se è stato designato a tal fine da detta autorità, sentito il parere del medico di fiducia dell’Ufficio medesimo.

103    Orbene, anche supponendo che il direttore dell’Ufficio di liquidazione del RCAM di Ispra non fosse competente all’adozione della decisione controversa, l’argomento dedotto dal ricorrente al riguardo è inoperante. Una subdelega o una deroga ai criteri di ripartizione dei poteri conferiti dallo Statuto all’APN, infatti, potrebbe comportare la nullità di un atto dell’amministrazione soltanto se una siffatta subdelega o deroga rischiasse di pregiudicare una delle garanzie offerte ai funzionari dallo Statuto o le regole di buona amministrazione in materia di gestione del personale. Una decisione della Commissione adottata ai sensi dell’articolo 2 dello Statuto, infatti, implica una ripartizione del lavoro all’interno dei servizi della Commissione, piuttosto che una rigida ripartizione il cui mancato rispetto sia sanzionato con la nullità degli atti svolti al di fuori del contesto prestabilito (sentenza della Corte del 30 maggio 1973, De Greef/Commissione, 46/72, Racc. pag. 543, punti 18‑21; sentenze del Tribunale del 15 settembre 1998, De Persio/Commissione, T‑23/96, Racc. PI pagg. I‑A‑483 e II‑1413, punto 111 e de Brito Sequeira Carvalho/Commissione, cit. supra al punto 39, punto 155).

104    Nella specie, il ricorrente non dimostra che l’adozione della decisione di rigetto della sua domanda del 25 novembre 2002 da parte del direttore dell’Ufficio di liquidazione del RCAM di Ispra e non da parte dell’APN comportasse tali rischi. È infatti pacifico che il ricorrente è stato in grado di contestare la decisione controversa proponendo reclamo avverso la decisione stessa, che ha dato luogo all’adozione, da parte dell’APN, della nota del 4 marzo 2009.

105    Il sesto motivo dev’essere perciò respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul settimo motivo, attinente all’errore asseritamente commesso dal Tribunale della funzione pubblica condannando il ricorrente alla totalità delle spese

106    Nel contesto dell’ultimo motivo, il ricorrente fa valere che solo dopo l’introduzione del suo ricorso di annullamento avverso la decisione controversa la Commissione, il 14 aprile 2010, ha comunicato un documento che avrebbe costituito materialmente il parere del consulente medico del 30 luglio 2008. Dato che egli non era a conoscenza dei motivi sui quali si fondava detta decisione precedentemente a tale data, erroneamente il Tribunale della funzione pubblica avrebbe posto a suo carico le spese del giudizio.

107    La Commissione ritiene tale motivo infondato.

108    In proposito, occorre ricordare che dall’articolo 11, paragrafo 2, dell’allegato I dello Statuto della Corte risulta che l’impugnazione non può avere ad oggetto unicamente l’onere e l’importo delle spese. Ne consegue che, nell’ipotesi in cui tutti gli altri motivi di un’impugnazione siano stati respinti, le conclusioni o i motivi riguardanti l’asserita irregolarità della decisione del Tribunale della funzione pubblica sulle spese devono essere respinti in quanto irricevibili (v. ordinanza del Tribunale del 9 settembre 2009, Nijs/Corte dei conti, T‑375/08 P, Racc. FP pagg. I‑B‑1‑65 e II‑B‑1‑413, punto 71, e la giurisprudenza ivi richiamata).

109    In considerazione del rigetto della totalità degli altri motivi presentati dal ricorrente a sostegno della presente impugnazione, si deve pertanto respingere il presente motivo in quanto manifestamente irricevibile.

110    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, l’impugnazione deve essere integralmente respinta.

 Sulle spese

111    Conformemente all’articolo 148, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, il Tribunale statuisce sulle spese.

112    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, primo comma, di detto regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 144 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

113    Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle proprie spese nonché a quelle sostenute dalla Commissione nel presente grado del giudizio.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

così provvede:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Luigi Marcuccio sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea nel presente grado del giudizio.

Lussemburgo, 21 febbraio 2013

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.