Language of document : ECLI:EU:T:2004:9

ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

16 gennaio 2004 (*)

«Procedimento sommario – Direttiva 67/548/CEE – Urgenza»

Nel procedimento T‑369/03 R,

Arizona Chemical BV, con sede in Almere (Paesi Bassi),

Eastman Belgium BVBA, con sede in Kallo (Belgio),

Resinall Europe BVBA, con sede in Bruges (Belgio),

Cray Valley Iberica, SA, con sede in Madrid (Spagna),

rappresentate dagli avv.ti C. Mereu e K. Van Maldegem,

richiedenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. X. Lewis e dalla sig.ra F. Simonetti, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

resistente,

avente ad oggetto, da un lato, la domanda di sospensione dell’esecuzione di un atto della Commissione datato 20 agosto 2003 e dell’inserimento della colofonia nell’allegato I della direttiva del Consiglio 27 giugno 1967, 67/548/CEE, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose (GU 1967, n. 196, pag. 1), e, dall’altro, la domanda diretta a che venga ingiunto alla Commissione di proporre la declassificazione della colofonia in occasione della prossima riunione del comitato di regolamentazione competente a pronunciarsi sull’adeguamento della direttiva 67/548 al progresso tecnico,


IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE



ha emesso la presente

Ordinanza

 Contesto normativo

1       La direttiva del Consiglio 27 giugno 1967, 67/548/CEE, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose (GU 1967, n. 196, pag. 1), come modificata per la settima volta dalla direttiva del Consiglio 30 aprile 1992, 92/32CEE (GU L 154, pag. 1), fissa norme relative alla commercializzazione di talune «sostanze», definite come «gli elementi chimici ed i loro composti, allo stato naturale o ottenuti mediante qualsiasi procedimento di produzione, contenenti gli additivi necessari per preservare la stabilità del prodotto e le impurità derivanti dal procedimento impiegato, esclusi i solventi che possono essere separati senza incidere sulla stabilità della sostanza e senza modificare la sua composizione».

2       Successivamente alla sua emanazione la direttiva 67/548 è stata più volte modificata, da ultimo dal regolamento (CE) del Consiglio 14 aprile 2003, n. 807, recante adeguamento alla decisione 1999/468/CE delle disposizioni relative ai comitati che assistono la Commissione nell’esercizio delle sue competenze di esecuzione previste negli atti del Consiglio adottati secondo la procedura di consultazione (unanimità) (GU L 122, pag. 36).

 Contesto normativo generale

3       L’art. 4 della direttiva 67/548, nel testo modificato, dispone che le sostanze siano classificate in base alle loro proprietà intrinseche, secondo le categorie di cui al precedente art. 2, n. 2.

4       L’art. 2, n. 2, lett. k), della direttiva 67/548, nel testo modificato, definisce quali «sensibilizzanti» le sostanze o i preparati «che per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo ad una reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici».

5       La classificazione di una sostanza chimica come «pericolosa» impone l’apposizione sul relativo imballaggio di un’etichettatura adeguata contenente, segnatamente, i simboli di pericolo, frasi tipo che menzionano gli specifici rischi connessi all’utilizzazione della sostanza («frasi R»), nonché frasi tipo contenenti raccomandazioni di prudenza ai fini del loro impiego («frasi S»). Per quanto attiene, in particolare, alle frasi R, l’art. 23, n. 2, della direttiva 67/548 così dispone:

«Ogni imballaggio deve recare in caratteri leggibili e indelebili quanto segue:

(…)

d)      le frasi tipo relative ai rischi specifici derivanti dai pericoli dell’uso della sostanza (frasi R). Le frasi R vanno formulate secondo le modalità dell’allegato III. Nell’allegato I sono contenute le frasi R da usare per ciascuna sostanza. (…)».

 Adeguamento della direttiva 67/548 al progresso tecnico

6       L’art. 28 della direttiva 67/548 come modificata stabilisce:

«Le modifiche necessarie per adeguare gli allegati al progresso tecnico sono adottate conformemente alla procedura di cui all’articolo 29».

7       Nelle sue osservazioni la Commissione ha indicato che, in pratica, allorché essa elabora un primo progetto di misure di adeguamento della direttiva 67/548 al progresso tecnico, consulta il gruppo di lavoro sulla classificazione e l’etichettatura (in prosieguo: il «gruppo di lavoro»). Questo gruppo è composto di esperti in tossicologia e in classificazione, nominati dagli Stati membri, di rappresentanti dell’industria chimica nonché di rappresentanti del settore dell’industria più specificamente interessato dai prodotti di cui trattasi. Dopo consultazione del gruppo di lavoro, la Commissione sottopone il progetto di misure al comitato istituito dall’art. 29 della direttiva 67/548 (in prosieguo: il «comitato di regolamentazione»).

8       L’art. 29 della direttiva 67/548 come modificata dal regolamento n. 807/2003, così recita:

«1.      La Commissione è assistita da un comitato.

2.      Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli artt. 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all’art. 5, par. 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi».

9       L’art. 5 della decisione del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/468/CE, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23), così dispone:

«1.      La Commissione è assistita da un comitato di regolamentazione composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.

2.      Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall’art. 205, paragrafo 2, del Trattato per l’adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione definita all’articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.

3.      La Commissione adotta, fatto salvo l’art. 8, le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.

4.      Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in assenza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere e ne informa il Parlamento europeo.

5.      Se il Parlamento europeo ritiene che una proposta presentata dalla Commissione in virtù di un atto di base adottato secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato eccede le competenze di esecuzione previste da tale atto di base, esso informa il Consiglio circa la sua posizione.

6.      Il Consiglio può, se del caso alla luce di tale eventuale posizione, deliberare sulla proposta a maggioranza qualificata entro un termine che sarà fissato in ciascun atto di base ma che non può in nessun caso superare tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata presentata la proposta.

Se entro tale termine il Consiglio ha manifestato a maggioranza qualificata la sua opposizione alla proposta, la Commissione la riesamina. Essa può presentare al Consiglio una proposta modificata, ripresentare la propria proposta ovvero presentare una proposta legislativa in base al trattato.

Se allo scadere di tale termine il Consiglio non ha adottato l’atto di esecuzione proposto ovvero non ha manifestato la sua opposizione alla proposta relativa alle misure di esecuzione, la Commissione adotta l’atto di esecuzione proposto».

 Direttiva 1999/45/CE

10     La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 maggio 1999, 1999/45/CE, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi (GU L 200, pag. 1), fissa regole relative alla commercializzazione dei «preparati» pericolosi, definiti quali «miscele o soluzioni composte da due o più sostanze».

11     L’art. 1, n. 2, della direttiva 1999/45 così recita:

«La presente direttiva si applica ai preparati che:

–       contengono almeno una sostanza pericolosa ai sensi dell’articolo 2

e

–       sono considerati pericolosi a norma degli articoli 5, 6 e 7».

12     Ai termini dell’art. 2, n. 2, lett. k), della direttiva 1999/45, le «sostanze e preparati sensibilizzanti» sono definiti quali «le sostanze e i preparati che, per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo ad una reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici».

13     L’art. 10, n. 1.1, della direttiva 1999/45 così dispone:

«Gli Stati membri adottano tutte le misure opportune per garantire che:

a)      i preparati di cui all’articolo 1, paragrafo 2 possono essere immessi sul mercato soltanto se l’etichettatura dell’imballaggio risponde a tutte le condizioni del presente articolo e alle disposizioni particolari di cui alle parti A e B dell’allegato V».

14     Il punto B 9 dell’allegato V della direttiva 1999/45, comprendente talune disposizioni relative ai preparati non classificati come sensibilizzanti ma contenenti quantomeno una sostanza sensibilizzante, così recita:

«L’etichetta dell’imballaggio dei preparati contenenti almeno una sostanza classificata come sensibilizzante presente in concentrazione pari o superiore allo 0,1% o in concentrazione pari o superiore a quella specificata in una nota specifica dell’allegato I della direttiva 67/548/CEE, deve recare l’indicazione: “Contiene (nome della sostanza sensibilizzante): può provocare una reazione allergica”».

 Fatti e procedimento

15     Le società Arizona Chemical BV, Eastman Belgium BVBA, Resinall Europe BVBA e Cray Valley Iberica, SA (in prosieguo: le «richiedenti»), producono e vendono colofonia, nonché derivati di tale sostanza.

16     La colofonia è una sostanza naturale estratta dai pini e utilizzata per le sue proprietà adesive e idroreppellenti. Essa figura nella composizione di vari prodotti quali la carta, gli adesivi, le vernici e i cosmetici.

17     Ai termini della direttiva della Commissione 1° settembre 1993, 93/72/CEE, recante diciannovesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548 (GU L 258, pag. 29), la colofonia è stata classificata nell’allegato I della direttiva 67/548 quale sostanza sensibilizzante per le vie respiratorie e la pelle e associata alla frase di rischio R 42/43, che così recita: «Può provocare sensibilizzazione in seguito a inalazione e a contatto con la pelle».

18     Ai termini della direttiva della Commissione 19 dicembre 1994, 94/69/CE, recante ventunesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548 (GU L 381, pag. 1), la colofonia è stata ritirata dalla classe R 42. La colofonia è tuttavia rimasta inserita nell’allegato I quale sostanza sensibilizzante per le vie respiratorie, accompagnata dalla dicitura di rischio R 43, che così recita: «Può provocare sensibilizzazione tramite contatto con la pelle».

19     Successivamente a tale modificazione, le richiedenti hanno raccolto e sottoposto al Bureau européen des substances chimiques (Ufficio europeo delle sostanze chimiche) (in prosieguo: il «BESC») nonché al gruppo di lavoro dati ed argomenti scientifici al fine di dimostrare, da un lato, che la classificazione della colofonia accompagnata dalla dicitura R 43 era scientificamente inesatta e, dall’altro, che solamente la forma ossidata della colofonia (in prosieguo: la «colofonia ossidata»), vale a dire una sostanza distinta, poteva provocare effetti sensibilizzanti.

20     In occasione della riunione svoltasi nell’ottobre 1999, il gruppo di lavoro concludeva che la declassificazione della colofonia era «scientificamente giustificata», aggiungendo, tuttavia, che tale declassificazione si risolverebbe in una «riduzione del livello di protezione previsto dalla normativa attuale nonché degli strumenti di controllo disponibili». Il detto gruppo decideva, parimenti, di «proseguire le ricerche ai fini di una soluzione nell’ambito delle direttive sulle sostanze e sui preparati che sia scientificamente più esatta e garantisca il livello di protezione».

21     Nel settembre del 2002 il gruppo di lavoro reiterava le proprie conclusioni secondo cui, benché «scientificamente giustificata», la declassificazione della colofonia implicherebbe una «diminuzione del livello di protezione previsto dalla normativa attuale nonché degli strumenti di controllo disponibili». Conseguentemente, il gruppo di lavoro concludeva che la colofonia «non doveva essere declassificata quale sostanza con proprietà sensibilizzanti e non doveva più costituire oggetto di discussione sulla base dei dati esistenti».

22     Con lettera 23 giugno 2003 le richiedenti chiedevano alla Commissione di adottare i provvedimenti necessari ai fini della declassificazione della colofonia quale sostanza sensibilizzante per la pelle.

23     Con lettera di risposta del 20 agosto 2003 (in prosieguo: l’«atto impugnato»), la Commissione faceva presente, in particolare, alle richiedenti che l’impiego della colofonia fresca, all’atto del suo impiego, provocava una reazione ai corpi composti sensibili al contatto dell’ossigeno contenuto nell’aria ambiente e che la colofonia comprendeva, normalmente, colofonia ossidata e provocava effetti sensibilizzanti. L’atto impugnato precisava, parimenti, che la «colofonia figura tra i dieci prodotti considerati come più allergenici». La Commissione concludeva che le richiedenti non avevano prodotto «motivi che giustificassero la declassificazione della colofonia».

24     Con atto registrato alla cancelleria del Tribunale il 29 ottobre 2003, le richiedenti hanno proposto ricorso diretto a che il Tribunale:

–       annulli l’atto impugnato;

–       dichiari l’illegittimità dell’inserimento della colofonia nell’allegato I della direttiva;

–       in subordine, dichiari inapplicabile alle richiedenti, ai sensi dell’art. 241 CE l’inserimento della colofonia nell’allegato I della direttiva 67/548;

–       condanni la Commissione al risarcimento del danno subito dalle richiedenti per effetto dell’emanazione dell’atto impugnato.

25     Poco tempo dopo la proposizione di tale ricorso, le richiedenti sono state informate del fatto che in data 23 gennaio 2004 si sarebbe svolta una riunione del comitato di regolamentazione ai fini dell’approvazione del 29° adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548.

26     Con separato atto, registrato alla cancelleria del Tribunale in data 27 novembre 2003, le richiedenti hanno depositato, a norma degli artt. 242 CE e 243 CE, una domanda di provvedimenti provvisori con cui chiedono al giudice dell’urgenza:

–       di dichiarare la domanda ricevibile e fondata;

–       di disporre la sospensione, sino alla decisione della causa nel merito, dell’esecuzione dell’atto impugnato e dell’inserimento della colofonia di cui all’allegato I della direttiva 67/548;

–       di ingiungere alla Commissione di proporre, in occasione della successiva riunione del comitato di regolamentazione, la declassificazione della colofonia nell’ambito del 29° adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548;

–       di condannare la Commissione alle spese.

27     A sensi dell’art. 105, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, le richiedenti hanno chiesto al giudice dell’urgenza di accogliere la loro domanda con urgenza assoluta, inaudita altera parte.

28     Il 4 dicembre 2003 la Commissione ha presentato le sue osservazioni relative alla domanda di provvedimenti provvisori. La Commissione ha chiesto al giudice dell’urgenza:

–       di respingere la domanda di provvedimenti provvisori;

–       di condannare le richiedenti alle spese.

29     Le osservazioni orali delle richiedenti e della Commissione sono state sentite all’udienza svoltasi l’11 dicembre 2003.

30     Il 7 gennaio 2004, in risposta ad un quesito scritto del giudice dell’urgenza, la Commissione ha precisato che la procedura di consultazione dei suoi vari servizi riguardo alle misure previste ai fini del 29° adeguamento della direttiva 67/548 al progresso tecnico ha subìto ritardi e che la riunione del comitato di regolamentazione, inizialmente prevista per il 23 gennaio 2004, è stata rinviata sine die.

 In diritto

31     L’art. 104, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale prevede che le domande di provvedimenti provvisori precisino l’oggetto della causa, i motivi di urgenza e gli argomenti in fatto e in diritto che giustifichino prima facie (fumus boni iuris) l’adozione dei provvedimenti provvisori richiesti. Questi presupposti sono cumulativi, di modo che i provvedimenti provvisori devono essere negati qualora manchi uno dei suddetti presupposti [ordinanza del presidente della Corte 14 ottobre 1996, causa C‑268/96 P(R), SCK e FNK/Commissione, Racc. pag. I‑4971, punto 30]. Il giudice del procedimento sommario procede altresì, se del caso, alla ponderazione degli interessi in gioco (ordinanza del presidente della Corte 23 febbraio 2001, causa C‑445/00 R, Austria/Consiglio, Racc. pag. I‑1461, punto 73).

32     I provvedimenti richiesti devono essere, inoltre, provvisori, nel senso di non pregiudicare i punti di diritto o di fatto controversi né anticipare le conseguenze dell’emananda decisione nella causa principale [ordinanza del presidente della Corte 19 luglio 1995, causa C‑149/95 P(R), Commissione/Atlantic Container Line e a., Racc. pag. I‑2165, punt 22].

33     Inoltre, nell’ambito di tale valutazione globale, il giudice dell’urgenza dispone di un ampio potere discrezionale ed è libero di stabilire, considerate le particolarità del caso di specie, le modalità con cui vanno accertati i detti singoli presupposti, nonché l’ordine con cui condurre tale esame, posto che nessuna norma di diritto comunitario gli impone uno schema di analisi predeterminato per valutare la necessità di statuire in via provvisoria [ordinanza del presidente della Corte 19 luglio 1995, causa C‑149/95 P(R), Commissione/Atlantic Container Line e a., Racc. pag. I‑2165, punto 23].

34     La presente domanda di provvedimenti provvisori dev’essere pertanto esaminata alla luce dei suesposti principi.

 Argomenti delle parti

 Argomenti delle richiedenti

–       Sulla ricevibilità

35     Le richiedenti sostengono di essere legittimate ad agire ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, considerato che l’atto impugnato è costituito da una decisione della Commissione sottoscritta da un direttore e di cui esse sono le dirette destinatarie, ragion per cui non occorrerebbe dimostrare che esse siano direttamente ed individualmente interessate dalla decisione medesima, in quanto tale criterio si applicherebbe solamente alle decisioni rivolte a terzi.

36     Le richiedenti sostengono, parimenti, che l’atto impugnato, fissando la posizione definitiva della Commissione in merito alla classificazione della colofonia, produce effetti definitivi che incidono negativamente sulla loro situazione giuridica. A loro parere, la decisione della Commissione di non proporre la declassificazione della colofonia quale sostanza sensibilizzante per la pelle costituisce una decisione definitiva, considerato che il comitato di regolamentazione non può pronunciarsi ultra petita e discostarsi dalla posizione della Commissione.

37     Le richiedenti sostengono, infine, che, anche qualora l’atto impugnato dovesse essere considerato quale provvedimento prodromico, il ricorso resterebbe nondimeno ricevibile alla luce del ragionamento accolto dalla Corte nelle due sentenze 30 giugno 1992, causa C‑312/90, Spagna/Commissione (Racc. pag. I‑4117), e causa C‑47/91, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑4145), in cui sono stati dichiarati ricevibili ricorsi diretti contro provvedimenti preparatori, nella specie lettere di avvio del procedimento previsto dall’art. 88, n. 2, CE.

–       Sul fumus boni iuris

38     Le richiedenti sostengono che il loro ricorso principale, articolato su sei motivi, non è infondato.

39     In primo luogo, le richiedenti sostengono che l’analisi effettuata dal gruppo di lavoro in seno al BESC – e che la Commissione ha fatto propria nell’atto impugnato – è fondata su dati relativi alle proprietà della colofonia ossidata e non alle proprietà della colofonia. Tuttavia, le valutazioni relative alla prima delle dette sostanze non può giustificare una conclusione di carattere normativo sull’idonea classificazione della seconda.

40     In secondo luogo, le richiedenti sostengono che l’inserimento attuale della colofonia nell’allegato I della direttiva 67/548 e la decisione della Commissione di non procedere alla sua declassificazione sono infondati e illegittimi. Ciò emergerebbe da prove scientifiche trasmesse al gruppo di lavoro e alla Commissione, le quali dimostrerebbero che la colofonia non è una sostanza sensibilizzante per la pelle alla luce dei criteri della direttiva 67/548.

41     In terzo luogo, le richiedenti sostengono che l’atto impugnato si fonda sull’erronea premessa secondo cui la colofonia immessa sul mercato conterrebbe sempre colofonia ossidata, ragion per cui la colofonia ossidata produrrebbe, conseguentemente, effetti sensibilizzanti per la pelle. Orbene, ciò non varrebbe in condizioni normali di manipolazione e di utilizzazione. Pertanto, l’atto impugnato sarebbe fondato su un’inesattezza sostanziale fondamentale, sarebbe scientificamente inesatto e violerebbe i criteri di classificazione di cui all’allegato VI della direttiva 67/548.

42     Anche ammesso, in primo luogo, che la colofonia immessa sul mercato contenga sempre della colofonia ossidata e, in secondo luogo, che la Commissione sia autorizzata a classificare la colofonia sulla base delle proprietà della colofonia ossidata, l’atto impugnato resterebbe nondimeno viziato da inesattezza e illegittimità. Infatti, anzitutto, l’applicazione alla colofonia ossidata del metodo di prova utilizzato dalla Commissione sarebbe ingiustificata. Inoltre, un test più obiettivo dimostrerebbe che la colofonia ossidata non presenta rischi per la salute umana. Infine, la colofonia immessa sul mercato non conterrebbe colofonia ossidata in proporzioni significative dal punto di vista tossicologico o in misura idonea a provocare effetti sensibilizzanti.

43     In quarto luogo, le richiedenti ritengono che il diniego del gruppo di lavoro di raccomandare la declassificazione della colofonia è di per sé contraddittorio e costituisce un’invocazione e un’applicazione manifeste, ancorché implicite, del principio di precauzione. L’applicazione di tale principio nel contesto della presente controversia sarebbe tuttavia ingiustificata sotto il profilo sia di fatto sia giuridico e tecnico.

44     In quinto luogo, le richiedenti sostengono che la circostanza che la Commissione non abbia fondato le sue valutazioni sui dati aggiornati del progresso tecnico trasmessile costituisce violazione dell’art. 95, n. 3, CE. Inoltre, chiedendo alle richiedenti di dimostrare l’assenza totale di rischio, la Commissione ignorerebbe il principio dettato dalla direttiva 67/548 secondo cui un’analisi del genere dev’essere riferita alle condizioni normali di manipolazione e di utilizzazione.

45     In sesto luogo, la circostanza che la Commissione non abbia adottato misure idonee a declassificare la colofonia quale sostanza sensibilizzante per la pelle costituirebbe violazione di vari principi fondamentali del diritto comunitario, quali i principi di proporzionalità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.

–       Sull’urgenza

46     Le richiedenti sostengono che i provvedimenti provvisori richiesti devono essere disposti urgentemente al fine, da un lato, di impedire l’adozione del 29° adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548, prevista per il 23 gennaio 2004, e, dall’altro, di impedire il verificarsi di danni irreparabili che esse rischiano di subire da un punto di vista commerciale, finanziario e normativo.

47     Secondo le richiedenti, l’adozione e l’esecuzione della decisione della Commissione di non declassificare la colofonia provocherebbero un duplice ordine di effetti negativi ai quali non potrebbe porsi rimedio con la concessione del risarcimento del danno.

48     In primo luogo, il fatto che la Commissione non abbia declassificato la colofonia quale sostanza sensibilizzante per la pelle comporterebbe, per i suoi acquirenti, una perdita definitiva e irreparabile di fiducia in tale sostanza, così come tutti i prodotti a base di colofonia. Tale perdita di fiducia produrrebbe un effetto commerciale negativo immediato sui prodotti delle richiedenti. Esse affermano che taluni loro clienti, che fabbricano prodotti di largo consumo, starebbero attualmente sviluppando programmi di sostituzione della colofonia e dei suoi derivati. Taluni maggiori fabbricanti di prodotti di largo consumo avrebbero previsto di cessare l’impiego di adesivi a base di esteri di colofonia in Europa prima della metà del 2004. Parimenti, l’industria dei prodotti medici sarebbe in procinto di escludere le resine a base di colofonia dagli adesivi medici, quali ad esempio le fasce gessate, in considerazione degli effetti potenzialmente sensibilizzanti per la pelle che le autorità comunitarie attribuiscono a tale sostanza. Le richiedenti precisano, inoltre, che l’impiego della colofonia e la fiducia del pubblico in tale sostanza sono particolarmente sensibili alle indicazioni secondo cui un prodotto presenta un pericolo per la salute umana e che, anche nell’ipotesi in cui tali indicazioni risultino successivamente confutate, è praticamente impossibile ristabilire la fiducia nel prodotto medesimo.

49     Un altro effetto commerciale significativo risultante dall’erronea classificazione della colofonia sarebbe connesso al suo inserimento, al pari dei suoi derivati, negli elenchi di prodotti redatti da talune grandi imprese e da taluni Stati al fine di raggruppare i prodotti la cui utilizzazione è soggetta a restrizioni. Tutti i detti elenchi obbligherebbero i fornitori e gli utilizzatori a rivolgersi a prodotti sostitutivi. L’impatto dell’inserimento su elenchi siffatti sarebbe immediato e condurrebbe a inevitabili perdite di fatturato. In particolare, l’inserimento della colofonia e dei suoi derivati in elenchi del genere condurrebbe alla loro esclusione dalla formulazione di nuovi prodotti, il che produrrebbe il risultato di ridurre immediatamente la loro capacità commerciale. Conseguentemente, le perdite di fatturato lamentate potrebbero risultare ridotte in un primo tempo, ma potrebbero tuttavia aumentare rapidamente – e non mancheranno di farlo, secondo le stime delle richiedenti – nel corso degli anni a seguire.

50     Inoltre, qualora l’erronea classificazione della colofonia non dovesse essere rapidamente rettificata, ovvero qualora tale classificazione venisse applicata ai derivati della colofonia, altre materie prime verrebbero ad essi sostituite. Orbene, le caratteristiche dei prodotti di sostituzione, in termini di costi e di prestazioni, non deporrebbero a favore della colofonia. Le richiedenti ritengono che, sui mercati degli Stati Uniti e dell’Europa, circa 365 000 tonnellate di colofonia, sotto forma di derivati, costituirebbero oggetto di sostituzione. Inoltre, l’industria della colofonia si troverebbe di fronte ad una forte sovrapproduzione, il che comporterebbe una forte riduzione dei prezzi della colofonia immessa sul mercato.

51     Inoltre, le vendite perse per effetto dell’atto impugnato, anche in caso di un suo annullamento nel giudizio di merito, non potrebbero essere praticamente quantificate al fine di valutare il danno subito, né potrebbero essere recuperate dalle richiedenti.

52     In secondo luogo, le richiedenti sostengono che il fatto che la Commissione non abbia declassificato la colofonia stabilisce una norma di classificazione per tutti i derivati di tale sostanza, con la conseguenza che, logicamente, la prossima tappa del processo normativo consisterà, verosimilmente, nella classificazione di tali derivati come sostanze sensibilizzanti per la pelle. Tale classificazione produrrebbe conseguenze giuridiche e finanziarie molto gravi per le richiedenti, considerato che tutti i loro prodotti derivati della colofonia si troverebbero soggetti ad una classificazione sulle stesse basi.

53     L’atto impugnato produrrebbe quindi un più ampio effetto sui mercati dei vari prodotti contenenti colofonia, effetto la cui reversibilità sarebbe molto difficile.

–       Sulla ponderazione degli interessi

54     Le richiedenti sostengono che la ponderazione degli interessi in gioco depone a favore della sospensione degli effetti dell’atto impugnato e della sospensione dell’inserimento attuale della colofonia nell’allegato I della direttiva 67/548. Infatti, da un lato, le richiedenti subirebbero un danno grave e irreparabile, sebbene non sussista incertezza scientifica sulle proprietà della colofonia e, conseguentemente, non vi sia alcun bisogno di proteggere la salute umana. Dall’altro, sarebbe importante per le richiedenti e per tutta la Comunità chiarire, ai fini della certezza del diritto, taluni criteri essenziali di classificazione e di etichettatura delle sostanze chimiche.

 Argomenti della Commissione

55     In primo luogo, la Commissione sostiene la manifesta irricevibilità della domanda di provvedimenti provvisori, in quanto le richiedenti attaccherebbero un atto che non inciderebbe sulla loro situazione giuridica e non potrebbe costituire, quindi, oggetto di impugnazione.

56     In secondo luogo, per quanto attiene all’urgenza, la Commissione sostiene che le richiedenti non hanno dimostrato che la loro sopravvivenza commerciale risulterebbe minacciata dalla classificazione della colofonia nell’allegato I della direttiva 67/548. La Commissione aggiunge che le dimensioni e la sfera di attività di ciascuna ricorrente consentono di ritenere che la loro sopravvivenza non dipenda dalla colofonia e dai risultati commerciali conseguiti unicamente su tale mercato. L’istituzione sostiene parimenti che il fatto che le richiedenti abbiano proposto, con il ricorso principale, domanda di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 288 CE dimostra che, a loro stesso parere, il risarcimento potrebbe costituire adeguata riparazione del pregiudizio subito.

57     Infine, per quanto attiene alla ponderazione degli interessi, la Commissione sottolinea che un’ampia riforma della direttiva 67/548 è stata proposta e che, nell’attesa di tale riforma, la ponderazione degli interessi depone a favore del rigetto della domanda.

 Valutazione del giudice dell’urgenza

58     Nella specie, senza che occorra esaminare se l’atto impugnato produca effetti giuridici che incidano sugli interessi delle richiedenti, occorre accertare se le misure richieste possano essere disposte dal giudice dell’urgenza e, in particolare, se esse possano risultare di una qualsivoglia utilità pratica per le richiedenti.

59     Con loro domanda le richiedenti chiedono, anzitutto, la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, in secondo luogo, la sospensione dell’esecuzione dell’inserimento attuale della colofonia nell’allegato I della direttiva 67/548 e chiedono, infine, che venga ingiunto alla Commissione di proporre al comitato di regolamentazione, in occasione della sua prossima riunione, la declassificazione della colofonia nell’ambito del 29° adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548.

60     Ognuna delle misure richieste deve essere oggetto di separato esame.

61     Per quanto attiene, in primo luogo, alla sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, anche ammesso che quest’ultimo costituisca formalmente una decisione, è pacifico che esso costituirebbe in tal caso una decisione negativa.

62     A tale riguardo si deve rilevare che, in linea di principio, non è concepibile una domanda di sospensione dell’esecuzione di una decisione amministrativa negativa, dato che la sospensione non può avere l’effetto di modificare la situazione del richiedente [ordinanza del presidente della Seconda Sezione della Corte 31 luglio 1989, causa 206/89 R, S./Commissione, Racc. pag. 2841, punto 14; ordinanza del presidente della Corte 30 aprile 1997, causa C‑89/97 P(R), Moccia Irme/Commissione, Racc. pag. I‑2327, punto 45].

63     Nella specie, la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato non può avere utilità pratica per le richiedenti, non potendo operare come decisione positiva contenente la proposta di ritiro della colofonia dall’allegato I della direttiva 67/548.

64     Tale domanda dev’essere conseguentemente respinta.

65     Per quanto attiene alla domanda delle richiedenti diretta a che il giudice dell’urgenza, da un lato, disponga la sospensione dell’esecuzione dell’inserimento attuale della colofonia nell’allegato I della direttiva 67/548 e, dall’altro, ingiunga alla Commissione di proporre la declassificazione della colofonia, si deve rilevare, in limine, che tali due provvedimenti produrrebbero conseguenze che andrebbero ben al di là degli effetti giuridici che potrebbero derivare dall’annullamento dell’atto impugnato nell’ambito del procedimento di merito.

66     In primo luogo, la sospensione dell’esecuzione dell’inserimento attuale della colofonia nell’allegato I della direttiva 67/548 sino alla decisione della causa nel merito, malgrado il suo carattere provvisorio, produrrebbe conseguenze erga omnes. Per contro, l’eccezione di illegittimità sollevata dalle richiedenti nel ricorso principale, anche ammesso che venga dichiarata ricevibile ed accolta dal Tribunale, non potrebbe implicare l’annullamento dell’inserimento della colofonia nell’allegato I della direttiva 67/548, bensì, a tutto concedere, l’annullamento dell’atto impugnato (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 giugno 1958, causa 9/56, Meroni/Alta Autorità, Racc. pag. 11).

67     In secondo luogo, per quanto attiene alla domanda delle richiedenti diretta a che il giudice dell’urgenza ingiunga alla Commissione di proporre la declassificazione della colofonia, si deve rilevare che tale proposta non sembra dover produrre, in questa fase del procedimento, la necessaria conseguenza dell’annullamento dell’atto impugnato e che spetterà alla Commissione adottare i provvedimenti necessari, ai sensi dell’art. 233 CE, per l’esecuzione della sentenza del Tribunale nel merito. Conseguentemente, l’accoglimento della domanda da parte del giudice dell’urgenza si risolverebbe nell’ingiungere alla Commissione di trarre talune conseguenze ben precise dalla sentenza di annullamento e, conseguentemente, nell’ordinare un provvedimento che esulerebbe dai poteri del giudice di merito.

68     Inoltre, tenuto conto del fatto che, anche qualora il giudice dell’urgenza dovesse accogliere la domanda delle richiedenti, la proposta di declassificazione della colofonia non implicherebbe ipso facto la declassifcazione proposta, considerato che nessun elemento consente di ritenere con certezza che tale proposta sarà accolta senza modifiche al termine del procedimento legislativo ai sensi dell’art. 29 della direttiva 67/548. Conseguentemente, qualora tale proposta dovesse venire respinta, l’ingiunzione pronunciata non produrrebbe alcun effetto utile per le richiedenti, considerato che la colofonia resterebbe classificata nell’allegato I della direttiva 67/548.

69     Infine, le richiedenti non hanno dimostrato che il danno invocato sarebbe sufficientemente prevedibile, grave ed irreparabile. In particolare, le richiedenti non hanno fornito prova sufficientemente valida quanto all’urgenza dei provvedimenti provvisori da disporre.

70     A tale riguardo si deve rilevare, in limine, che, tenuto conto del potere della Commissione di modificare la posizione espressa nell’atto impugnato prima della prossima riunione del comitato di regolamentazione prevista ai fini dell’adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548, la premessa secondo cui il ritiro della colofonia dall’allegato I della detta direttiva non verrebbe proposto in occasione di tale riunione resta del tutto incerta.

71     Inoltre, si deve rilevare che l’urgenza di una domanda di provvedimenti provvisori deve essere valutata in relazione alla necessità di statuire provvisoriamente per evitare che il richiedente subisca un danno grave ed irreparabile [ordinanza del presidente della Corte 18 novembre 1999, causa C‑329/99 P(R), Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. I‑8343, punto 94]. In particolare, qualora il pregiudizio dipenda dal verificarsi di un complesso di fattori, basta che ciò appaia prevedibile con un grado di probabilità sufficiente [v., segnatamente, ordinanze della Corte 29 giugno 1993, causa C‑280/93 R, Germania/Consiglio, Racc. pag. I‑3667, punto 34, e del presidente della Corte 14 dicembre 1999, causa C‑335/99 P(R), HFB e a./Commissione, Racc. pag. I‑8705, punto 67].

72     Il richiedente resta tuttavia tenuto a comprovare i fatti sui quali sarebbe basata la prospettiva di un danno grave e irreparabile (ordinanze HFB e a./Commissione, cit. al punto 71, punto 67, e 12 ottobre 2000, causa C‑278/00 R, Grecia/Commissione, Racc. pag. I‑8787, punto 15).

73     Le richiedenti sostengono che, in difetto di provvedimenti provvisori, esse subirebbero un danno irreparabile di duplice ordine derivante, da un lato, da perdite commerciali e, dall’altro, dalla futura adozione di provvedimenti normativi relativi ai derivati della colofonia. Questi due rischi devono costituire oggetto di separato esame.

74     Le richiedenti sostengono anzitutto che, qualora la colofonia continuasse a restare inserita nell’allegato I della direttiva 67/548, i loro clienti potrebbero perdere fiducia in tale sostanza e cessarne l’utilizzazione per la fabbricazione dei propri prodotti. Il pregiudizio derivante da tale perdita di fiducia sarebbe, quindi, di ordine economico.

75     Orbene, secondo costante giurisprudenza, un danno di carattere puramente pecuniario non può essere considerato, salvo circostanze eccezionali, come irreparabile ovvero difficilmente riparabile, potendo costituire oggetto di successivo risarcimento (ordinanza del presidente della Corte 18 ottobre 1991, causa C‑213/91 R, Abertal e a./Commissione, Racc. pag. I‑5109, punto 24; ordinanze del presidente del Tribunale 1° ottobre 1997, causa T‑230/97 R, Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, Racc. pag. II‑1589, punto 32, e 15 giugno 2001, causa T‑339/00 R, Bactria/Commissione, Racc. pag. II‑1721, punto 94). Tale giurisprudenza si fonda sull’assunto secondo cui un danno di ordine pecuniario che non cessi con la sola esecuzione della sentenza nella causa principale costituisce una perdita economica che può essere riparata nell’ambito dei mezzi di impugnazione previsti dal Trattato, in particolare dagli artt. 235 CE e 288 CE (ordinanze del presidente del Tribunale, Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, cit. al punto 38, e 20 luglio 2000, causa T‑169/00 R, Esedra/Commissione, Racc. pag. II‑2951, punto 47).

76     In considerazione dei rischi dedotti dalle richiedenti, la concessione di provvedimenti provvisori sarebbe giustificata, nelle circostanze della specie, unicamente laddove risultasse che, in difetto di provvedimenti di tal genere, le richiedenti si verrebbero a trovare in una situazione che potrebbe compromettere la loro stessa esistenza o modificare in modo irrimediabile le loro quote di mercato (v., per analogia, ordinanze del presidente del Tribunale 30 giugno 1999, causa T‑13/99 R, Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. II‑1961, punto 138, e 11 aprile 2003, causa T‑392/02 R, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, Racc. pag. II‑1825, punto 107).

77     Occorre quindi esaminare se le richiedenti abbiano dimostrato la possibilità di subire l’uno o l’altro di tali pregiudizi.

78     Per quanto attiene, in primo luogo, al rischio relativo alla perdita irrimediabile di quote di mercato, l’unica prova documentale dedotta al riguardo nella domanda di provvedimenti provvisori consiste in un articolo proveniente, a dire delle richiedenti, da uno dei loro clienti. In tale articolo si afferma che, in considerazione delle irritazioni cutanee che la colofonia o i suoi derivati possono provocare, il cliente medesimo non può accettare le resine di origine naturale. Le richiedenti non hanno tuttavia precisato né la data di tale articolo né la rilevanza dell’impresa cui l’autore di tale articolo appartiene. Conseguentemente, il giudice dell’urgenza non è in grado di valutare la reale rilevanza di tale cliente riguardo ad ognuna delle richiedenti. Inoltre, nessun elemento in tale articolo dimostra che l’opinione espressa dal suo autore sia formalmente connessa alla classificazione della colofonia nell’allegato I della direttiva 67/548.

79     Inoltre, le richiedenti non hanno dedotto elementi probatori da cui risultino le rispettive posizioni sul mercato della colofonia e dei suoi derivati. Esse non hanno nemmeno sufficientemente sviluppato l’argomento secondo cui la classificazione della colofonia nell’allegato I della direttiva 67/548 e gli obblighi di etichettatura ivi afferenti produrrebbero conseguenze particolarmente sfavorevoli sulle impressioni e sulle abitudini dei loro clienti.

80     All’udienza, per la prima volta, le richiedenti hanno spiegato che la perdita di fiducia e il danno commerciale lamentato risulterebbero dall’applicazione combinata della direttiva 67/548 e dagli obblighi di etichettatura imposti dalla direttiva 1999/45. Le richiedenti si sono richiamate, in particolare, al punto B 9 dell’allegato V della direttiva 1999/45, riportata supra al punto 14.

81     Considerato che la colofonia è classificata quale sostanza sensibilizzante nell’allegato I della direttiva 67/548, è possibile che, in talune circostanze, le etichette dei preparati contenenti colofonia debbano menzionare che essi contengono un sensibilizzante per la pelle.

82     Le richiedenti non hanno tuttavia prodotto prove precise che consentano al giudice dell’urgenza di valutare, in primo luogo, quale parte della loro clientela sia effettivamente interessata da tali obblighi e, in secondo luogo, in qual misura le abitudini e le impressioni di tale clientela potrebbero risultarne colpite. Anche all’udienza le richiedenti hanno effettuato solamente affermazioni di ordine generale in merito a clienti di cui non hanno precisato l’identità, impedendo in tal modo al giudice dell’urgenza di valutare i reali effetti degli obblighi di etichettatura in questione.

83     Le richiedenti non hanno quindi dimostrato l’esistenza di un rischio di serie perdite di quote di mercato.

84     Inoltre, le richiedenti, anche ammesso che abbiano dimostrato il rischio di perdere una percentuale rilevante delle rispettive quote di mercato, non avrebbero peraltro minimamente provato che ostacoli di natura strutturale o giuridica impedirebbero loro di riconquistarne una parte apprezzabile a seguito della predisposizione, segnatamente, di idonee misure di pubblicità [v., per analogia, ordinanza del presidente della Corte 11 aprile 2001, causa C‑471/00 P(R), Commissione/Cambridge Healthcare, Racc. pag. I‑2865, punto 111]. Si deve quindi ritenere, in conclusione, che le richiedenti non hanno fornito prova sufficientemente valida che le rispettive quote di mercato potrebbero risultare irrimediabilmente danneggiate dall’atto impugnato e dall’applicazione della direttiva 67/548.

85     Per quanto attiene, in secondo luogo, al rischio che l’esistenza stessa delle richiedenti risulti compromessa in assenza di provvedimenti provvisori, si deve rilevare che ciò è stato dedotto per la prima volta solamente all’udienza.

86     Inoltre, da quanto esposto supra ai punti 78-83 emerge che le richiedenti non hanno fornito prova sufficientemente valida che, in difetto di provvedimenti provvisori, subirebbero gravi perdite commerciali.

87     In ogni caso, qualora un ricorrente sostenga che le conseguenze negative sulla sua situazione economica siano tali da comprometterne l’esistenza, la valutazione della sua situazione materiale deve far riferimento, in particolare, alle caratteristiche del gruppo al quale esso sia collegato a motivo del suo azionariato [ordinanze del presidente della Corte 7 marzo 1995, causa C‑12/95 P, Transacciones Marítimas e a./Commissione, Racc. pag. I‑467, punto 12, e 15 aprile 1998, causa C‑43/98 P(R), Camar/Commissione e Consiglio, Racc. pag. I‑1815, punto 36].

88     Orbene, la domanda di provvedimenti provvisori non contiene alcun elemento relativo alle dimensioni e alla situazione economica delle richiedenti laddove, nelle proprie osservazioni, la Commissione ha prodotto informazioni pubbliche dirette a dimostrare che l’Arizona Chemicals, la Eastman Belgium e la Cray Valley Iberica appartengono ognuna a grandi gruppi di imprese che producono un’ampia gamma di prodotti. Le richiedenti non hanno contestato tali elementi di prova all’udienza.

89     Per quanto attiene alla Resinall Europe, per quanto non possa ritenersi sulla base degli elementi prodotti dalla Commissione che tale impresa appartenga ad un gruppo importante, risulta che la sua società madre è fortemente presente nell’America del Nord. In assenza di indicazioni precise che dimostrino che gli obblighi di etichettatura di cui trattasi siano parimenti applicabili in tale zona geografica e considerato che la Resinall Europe non ha provato, in ogni caso, che tali obblighi inciderebbero in modo significativo sulle sue vendite, deve ritenersi, in conclusione, che la Resinall Europe non ha dimostrato che la sua esistenza risulterebbe compromessa in assenza di provvedimenti provvisori.

90     Infine, le richiedenti sostengono che dal fatto che la Commissione non abbia declassificato la colofonia deriverebbe l’istituzione di una norma di classificazione per tutti i suoi derivati, ove la fase successiva del processo normativo sarebbe costituita, da un punto di vista logico, dalla classificazione di tutti i derivati della colofonia tra le sostanze sensibilizzanti per la pelle, il che potrebbe implicare gravi conseguenze in vari settori di attività.

91     Tuttavia, la realizzazione del danno lamentato, che dipende dal verificarsi di un complesso di fattori, resta in questa fase puramente ipotetica. Un danno di tale natura non può giustificare la concessione dei provvedimenti provvisori richiesti (ordinanze del presidente del Tribunale 15 luglio 1998, causa T‑73/98 R, Prayon‑Rupel/Commissione, Racc. pag. II‑2769, punti 22, 26 e 38; 8 dicembre 2000, causa T‑237/99 R, BP Nederland e a./Commissione, Racc. pag. II‑3849, punti 57 e 66; 15 gennaio 2001, causa T‑241/00 R, Le Canne/Commissione, Racc. p. II‑37, punto 37).

92     In linea più generale, le richiedenti non sono riuscite a dimostrare che, in assenza dei provvedimenti provvisori, esse subirebbero un danno che non potrebbe essere riparato nell’ipotesi in cui l’atto impugnato dovesse essere annullato.

93     Ne consegue che le richiedenti non hanno dimostrato la sussistenza di circostanze atte a comprovare un’urgenza tale da giustificare la concessione di provvedimenti provvisori.

94     Conseguentemente, senza necessità di esaminare se il ricorso nella causa principale non sia manifestamente infondato, la domanda di provvedimenti provvisori deve essere respinta.

Per questi motivi,

IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

così provvede:

1)      La domanda di provvedimenti provvisori è respinta.

2)      Le spese sono riservate.

Lussemburgo, 16 gennaio 2004

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

      B. Vesterdorf


* Lingua processuale: l'inglese.