Language of document : ECLI:EU:T:2010:438

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

18 ottobre 2010 (*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Funzionari – Rigetto di una domanda di indagine – Rifiuto di un’istituzione di tradurre una decisione – Impugnazione in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondata»

Nel procedimento T‑516/09 P,

avente ad oggetto l’impugnazione diretta all’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 7 ottobre 2009, causa F‑122/07, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta),

Luigi Marcuccio, residente in Tricase (Italia), rappresentato dall’avv. G. Cipressa,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis-Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta in primo grado,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni),

composto dai sigg. M. Jaeger (relatore), presidente, J. Azizi e dalla sig.ra I. Wiszniewska-Białecka, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con la sua impugnazione, proposta ai sensi dell’art. 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia, il ricorrente, sig. Luigi Marcuccio, chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 7 ottobre 2009, causa F‑122/07, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), mediante la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso inteso all’annullamento, in particolare, della decisione con la quale la Commissione delle Comunità europee ha respinto la sua domanda volta ad ottenere lo svolgimento di un’indagine relativa a taluni fatti occorsigli durante gli anni 2001 e 2003, nonché il risarcimento del danno.

 Fatti

2        I fatti all’origine della controversia, riferiti ai punti 2-22 dell’ordinanza impugnata, possono essere riassunti come segue.

3        Il ricorrente, funzionario di grado A 7 presso la direzione generale (DG) «Sviluppo» della Commissione, dal 16 giugno 2000 è stato assegnato alla delegazione della Commissione di Luanda, in Angola.

4        Il 6 settembre 2001, il ricorrente si è rivolto all’assistenza del servizio di sicurezza della delegazione per una riparazione a seguito della foratura di uno pneumatico del suo veicolo. In tale occasione, per procedere alla riparazione, il personale del servizio di sicurezza ha utilizzato un cric che si trovava nel veicolo dell’interessato (in prosieguo: il «fatto del 6 settembre 2001»).

5        Con nota datata 12 settembre 2001, redatta in lingua inglese ed indirizzata al capo della delegazione, il ricorrente ha informato quest’ultimo di essersi accorto, in quello stesso giorno, della mancanza del cric nel proprio veicolo. Il ricorrente ha aggiunto di non ricordare che il personale del servizio di sicurezza avesse riposto il cric nel veicolo dopo aver proceduto alla sostituzione dello pneumatico.

6        Con nota del 18 settembre 2001, l’assistente amministrativo incaricato della sicurezza della delegazione ha risposto alla nota del 12 settembre 2001, informando il ricorrente che era in corso un’indagine sul fatto del 6 settembre 2001 (in prosieguo: l’«indagine iniziale») e chiedendogli di fornire talune delucidazioni al fine di verificare se la presunta sparizione del cric potesse essere ascritta al personale del servizio di sicurezza.

7        Con nota del 19 settembre 2001, redatta in lingua inglese ed indirizzata all’assistente amministrativo incaricato della sicurezza (in prosieguo: la «nota del 19 settembre 2001»), il ricorrente ha ribadito che non ricordava di aver visto il cric nel proprio veicolo dopo la sostituzione dello pneumatico e ha precisato, in sostanza, di non poter escludere che il cric, a seguito della riparazione, fosse stato dimenticato lungo la strada dal personale del servizio di sicurezza della delegazione.

8        Secondo la Commissione, l’indagine iniziale sarebbe stata chiusa a seguito del ricevimento, da parte della delegazione, della nota del 19 settembre 2001, nella quale il ricorrente prospettava la possibilità che il cric fosse stato dimenticato lungo la strada.

9        Dal 4 gennaio 2002 il ricorrente è in congedo malattia presso il suo domicilio a Tricase e non ha più ripreso le sue funzioni.

10      Tra il 30 aprile e il 5 maggio 2003, la Commissione ha fatto eseguire il trasloco dei beni del ricorrente, ivi compreso il suo veicolo personale, da parte di una società specializzata.

11      Il 6 maggio 2003, il capo dell’amministrazione della delegazione ha redatto una relazione nella quale indicava di «[avere] personalmente condotto [il] veicolo [del ricorrente] dall’ex alloggio [di quest’ultimo] fino al deposito (…) in cui si trov[ava a partire da allora]».

12      Il ricorrente afferma di aver preso conoscenza della relazione del 6 maggio 2003 nell’ottobre 2003.

13      Con nota datata 1° settembre 2006, redatta in lingua italiana e pervenuta all’Istituzione il successivo 8 settembre, il ricorrente, sul fondamento dell’art. 90, n. 1, dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto dei funzionari»), adiva l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») chiedendo che fosse aperta un’indagine diretta a determinare, da un lato, le modalità di sparizione del cric in occasione del fatto del 6 settembre 2001 e, dall’altro, le circostanze in cui, dopo la sua partenza dall’Angola, la sua vettura era stata spostata il 5 maggio 2003 (in prosieguo: la «domanda di indagine approfondita»). Con riguardo a quest’ultimo punto, il ricorrente faceva osservare in sostanza di non avere affidato le chiavi del veicolo né al capo dell’amministrazione della delegazione né ad alcun altro funzionario. Infine, in questa stessa nota, il ricorrente chiedeva di essere risarcito per i danni derivanti dai fatti summenzionati, per un importo di EUR 50 000 (in prosieguo: la «domanda risarcitoria»).

14      Con decisione datata 30 novembre 2006 e redatta in lingua inglese, l’APN ha espressamente respinto la domanda di indagine approfondita e la domanda risarcitoria (in prosieguo: la «decisione del 30 novembre 2006»). Detta decisione, che il ricorrente indica, senza essere contraddetto, di aver ricevuto il 12 gennaio 2007, è formulata nei termini seguenti:

«A seguito della Sua lettera del 1° settembre 2006, ho domandato alla delegazione in Angola informazioni relative alle Sue richieste.

(…) Nella Sua nota del 19 settembre 2001 indirizzata alla delegazione, Lei ha affermato di non poter escludere che il cric fosse stato semplicemente dimenticato lungo la strada dopo la riparazione del Suo veicolo. In seguito, il fascicolo è stato archiviato dalla delegazione.

Alla luce di tali elementi e a distanza di oltre cinque anni dai fatti, non vedo alcuna necessità di svolgere un’indagine supplementare su tale questione (…)

Con riguardo allo spostamento della Sua vettura nel deposito, la delegazione mi ha informato che il Suo veicolo occupava uno spazio di parcheggio sulla porzione di una casa affittata dalla delegazione. Quest’ultima Le ha domandato a più riprese di rimuovere la vettura. Poiché Lei non lo ha fatto, il Suo veicolo è stato condotto senza alcun incidente verso un deposito da un funzionario della delegazione.

In sintesi, non vedo motivi per indagare su tali fatti». 

15      Con nota datata 12 gennaio 2007 e redatta in lingua italiana, il ricorrente ha accusato ricezione della decisione del 30 novembre 2006 e ha chiesto che gliene venisse inviata una traduzione in lingua italiana.

16      Con decisione del 15 febbraio 2007 redatta in lingua inglese, la Commissione ha respinto tale domanda (in prosieguo: la «decisione del 15 febbraio 2007»).

17      Con nota datata 26 marzo 2007 e pervenuta all’Istituzione il successivo 2 aprile, il ricorrente, sul fondamento dell’art. 90, n. 2, dello Statuto dei funzionari, ha proposto reclamo avverso le decisioni del 30 novembre 2006 e del 15 febbraio 2007.

18      Con decisione datata 16 luglio 2007, l’APN ha esplicitamente respinto il reclamo proposto dal ricorrente.

 Procedimento e conclusioni delle parti nel giudizio di primo grado

19      Il 25 ottobre 2007, il ricorrente ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, chiedendo a quest’ultimo di disporre:

« –      l’annullamento della [decisione] datata 30 novembre 2006;

–         l’annullamento della [decisione] datata 15 febbraio 2007;

–        l’annullamento della decisione di chiusura dell’indagine [iniziale];

–        l’annullamento della decisione di rigetto [delle domande contenute nella nota] datata 1° settembre 2006;

–        l’annullamento, per quanto necessario, della [decisione] datata 16 luglio 2007;

–        l’annullamento, per quanto necessario, della decisione, comunque formatasi, con la quale fu rigettato il reclamo datato 26 marzo 2007;

–        la condanna della [Commissione]:

–        A) ad effettuare l’inchiesta; nonché, se all’effettuazione dell’inchiesta la [Commissione] sarà condannata,

–        B) a comunicare senza indugio al ricorrente i risultati dell’inchiesta;

–        C) ad esporre gli avvisi;

–        D) a garantire (...) l’accesso alle conclusioni dell’inchiesta; ovvero, in subordine rispetto a quanto immediatamente chiesto sub A), B), C) e D) di questo capo di questo petitum di quest’atto introduttivo, la condanna della [Commissione] a versare al ricorrente, (...) a titolo di risarcimento dei danni ex rigetto della domanda datata 1° settembre 2006:

–        I) per quanto concerne i danni ex rigetto della domanda datata 1° settembre 2006 già irreversibilmente prodottisi, la somma di EUR 100 000 [(…) euro centomila (…)], ovvero quella somma maggiore ovvero minore che codesto Ecc.mo Tribunale riterrà giusta ed equa;

–        II) riguardo [ai] danni ex rigetto della domanda datata 1° settembre 2006 che si produrranno successivamente alla data [di presentazione del ricorso], la somma di EUR 20 [(…) euro venti (…)], ovvero quella somma maggiore o minore che codesto Ecc.mo Tribunale riterrà giusta ed equa, per ogni giorno intercorrente tra [il giorno successivo a quello di deposito del ricorso] ed il giorno della prima esecuzione;

–        la condanna della [Commissione] a versare al ricorrente, con le modalità summenzionate ovvero a quest’ultime equivalenti ed a titolo di risarcimento dei danni ex diniego di invio della traduzione in italiano della nota datata 30 novembre 2006:

–        I) per quanto concerne i danni ex diniego di invio della traduzione in italiano della nota datata 30 novembre 2006 già irreversibilmente prodottisi, la somma di EUR 20 000 [(…) euro ventimila (…)], ovvero quella somma maggiore ovvero minore che codesto Ecc.mo Tribunale riterrà giusta ed equa; nonché

–        II) riguardo [ai] danni ex diniego di invio della traduzione in italiano della nota datata 30 novembre 2006 che si produrranno successivamente alla data [di presentazione del ricorso], la somma di EUR 2 [(…) euro due (…)], ovvero quella somma maggiore o minore che codesto Ecc.mo Tribunale riterrà giusta ed equa, per ogni giorno intercorrente tra [il giorno successivo a quello di deposito del ricorso] ed il giorno della seconda esecuzione;

–        la condanna della [Commissione] a versare al ricorrente, con le modalità summenzionate ovvero a quest’ultime equivalenti ed a titolo di risarcimento dei danni, già prodottisi nonché suscettibili di prodursi nel futuro, derivanti dalla decisione di chiusura dell’indagine (...), le seguenti somme:

–        I) per quanto concerne i danni ex chiusura dell’indagine già irreversibilmente prodottisi, la somma di EUR 20 000 [(…) euro ventimila (…)], ovvero quella somma maggiore ovvero minore che codesto Ecc.mo Tribunale riterrà giusta ed equa;

–        II) riguardo i danni ex chiusura dell’indagine che si produrranno successivamente alla data [di presentazione del ricorso], la somma di EUR 25 [(…) euro venticinque (…)], ovvero quella somma maggiore o minore che codesto Ecc.mo Tribunale riterrà giusta ed equa, per ogni giorno intercorrente tra [il giorno successivo a quello di deposito del ricorso] e quello in cui (qui di seguito, “giorno della terza esecuzione”) la convenuta adotterà tutte le misure di esecuzione dell’emanando annullamento della decisione di chiusura dell’indagine;

–        l’accertamento dell’illiceità dell’omessa comunicazione di chiusura dell’indagine [iniziale];

–        la dichiarazione di illiceità dell’omessa comunicazione di chiusura dell’indagine [iniziale];

–        la condanna della [Commissione], a titolo di risarcimento del danno derivante dall’omessa comunicazione di chiusura dell’indagine [iniziale], a versare al ricorrente la somma di EUR 50 000 [(…) euro cinquantamila (…)], ovvero quella somma maggiore ovvero minore che codesto Ecc.mo Tribunale riterrà giusta ed equa, da corrispondersi immediatamente dopo l’emananda Sentenza nella causa de qua;

–        la condanna della CE alla rifusione, in favore del ricorrente, di tutte le spese, diritti ed onorari di procedura, ivi inclusi quelli relativi alla redazione della perizia di parte».

20      Il ricorrente ha altresì concluso nel senso che il Tribunale della funzione pubblica adotti talune misure di organizzazione del procedimento.

21      La Commissione, nel controricorso, depositato presso la cancelleria del Tribunale della funzione pubblica il 10 gennaio 2010, ha concluso per il rigetto del ricorso in quanto irricevibile o infondato nonché per la condanna del ricorrente alle spese.

 Sull’ordinanza impugnata

22      Con l’ordinanza impugnata, adottata ai sensi dell’art. 76 del suo regolamento di procedura, il Tribunale della funzione pubblica, in parte, ha dichiarato il ricorso manifestamente irricevibile e, in parte, lo ha respinto in quanto manifestamente infondato in diritto, rilevando che non era necessario adottare le misure istruttorie richieste dal ricorrente. Esso ha parimenti condannato il ricorrente a tutte le spese, ai sensi dell’art. 87, n. 3, secondo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, applicabile mutatis mutandis al Tribunale della funzione pubblica ai sensi dell’art. 3, n. 4, della decisione del Consiglio 2 novembre 2004, 2004/752/CE, Euratom, che istituisce il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (GU L 333, pag. 7), fino all’entrata in vigore del regolamento di procedura di quest’ultimo, ove tale disposizione consente di condannare una parte, anche se non soccombente, a rimborsare all’altra le spese che le ha causato e che siano riconosciute superflue o defatigatorie.

 Sulle domande di annullamento

23      Il Tribunale della funzione pubblica, in primo luogo, ha proceduto, al punto 33 dell’ordinanza impugnata, ad una riqualificazione delle domande di annullamento presentate dal ricorrente come riferite:

–        alla decisione di chiusura dell’indagine iniziale;

–        alla decisione implicita di rigetto della domanda di indagine approfondita;

–        alla decisione del 30 novembre 2006, nella parte in cui questa ha respinto esplicitamente la domanda di indagine approfondita;

–        alla decisione del 15 febbraio 2007.

24      Quanto alla decisione di chiusura dell’indagine iniziale, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato la domanda di annullamento manifestamente irricevibile in quanto, anche supponendo che tale decisione costituisse un atto che arreca pregiudizio ai sensi dello Statuto dei funzionari, essa non era stata oggetto di previo reclamo (punti 34 e 35 dell’ordinanza impugnata).

25      Quanto alla decisione implicita di rigetto della domanda di indagine approfondita e alla decisione del 30 novembre 2006, nella parte in cui questa ha respinto esplicitamente detta domanda, il Tribunale della funzione pubblica, senza pronunciarsi in ordine alla sua ricevibilità, ha, in primo luogo, respinto il motivo del ricorrente relativo alla «carenza assoluta» di motivazione. A tal fine, da un canto, ha sottolineato che la decisione del 30 novembre 2006 conteneva effettivamente una motivazione, redatta, certamente, in lingua inglese, mentre il ricorrente si era rivolto alla Commissione in italiano, ma che poteva essere agevolmente compresa da quest’ultimo, che possedeva una sufficiente padronanza dell’inglese. D’altro canto, ha affermato che la decisione implicita di rigetto, pur essendo, per definizione, priva di motivazione, aveva ricevuto espressa conferma con la decisione del 30 novembre 2006, la quale era sufficientemente motivata e aveva pertanto consentito al ricorrente di avere un’indicazione sufficiente per valutare se il rigetto della propria domanda di indagine approfondita fosse fondato, o se fosse inficiato da un vizio che permettesse di contestarne la legittimità (punti 43-47 dell’ordinanza impugnata).

26      In secondo luogo, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto il motivo del ricorrente relativo alla «violazione di legge, avente carattere grave, palese e manifesto».

27      A tal fine ha ricordato che, in forza dell’obbligo di assistenza, l’amministrazione, di fronte ad un incidente incompatibile con l’ordine e la serenità del servizio, è tenuta ad intervenire per accertare i fatti e potere, quindi, trarne con cognizione di causa le opportune conclusioni, ove il funzionario che chiede tutela alla propria istituzione fornisca un principio di prova del carattere reale delle aggressioni asseritamente subite (punto 48 dell’ordinanza impugnata).

28      Tuttavia, nel caso di specie, secondo il Tribunale della funzione pubblica, dagli atti di causa emergeva che, nella propria domanda di indagine approfondita, il ricorrente non ha fornito alcuna prova di aver subìto aggressioni. Al contrario, con riguardo al fatto del 6 settembre 2001, dagli atti non risultava alcun elemento che consentisse di sostenere seriamente che la sparizione del cric fosse riconducibile a una qualche forma di molestia da parte del personale del servizio di sicurezza della Commissione, tanto più che lo stesso ricorrente, nella nota del 19 settembre 2001, aveva prospettato la possibilità che il cric fosse stato dimenticato lungo la strada. Peraltro, per quanto concerne lo spostamento del veicolo dell’interessato, il Tribunale della funzione pubblica ha osservato che, sebbene gli atti di causa non permettessero di sapere per quali motivi la Commissione disponeva delle chiavi di detto veicolo allorquando ha proceduto, il 5 maggio 2003, al suo spostamento, il trasloco da parte dell’amministrazione dei beni del ricorrente – e in particolare lo spostamento del veicolo – era giustificato dal fatto che l’interessato, che era stato riassegnato alla sede della DG «Sviluppo» a Bruxelles, e che doveva dunque liberare l’alloggio messogli a disposizione e l’annesso spazio di parcheggio, si trovava nell’impossibilità di provvedere personalmente al trasloco per motivi connessi al suo stato di salute. A tale riguardo, il Tribunale della funzione pubblica ha evidenziato che, nell’ordinanza 17 maggio 2006, causa T-241/03, Marcuccio/Commissione (Racc. FP pagg. I-A-2-111 e II-A-2-517, punto 39), il Tribunale ha rilevato che il trasloco degli effetti personali e del veicolo dell’interessato «[doveva] essere considerato un atto di carattere pratico con cui la Commissione [aveva] cercato di ovviare, coi propri mezzi, alle difficoltà in cui era incorso il ricorrente nell’esecuzione del suo obbligo di liberare l’alloggio» (punto 49 dell’ordinanza impugnata).

29      In terzo e ultimo luogo, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto il motivo secondo cui la Commissione avrebbe omesso di tenere in debito conto i diritti e gli interessi del ricorrente e avrebbe così violato il dovere di sollecitudine e quello di buona amministrazione, rilevando che tale motivo si fondava su addebiti già respinti nell’ambito del secondo motivo (punto 51 dell’ordinanza impugnata).

30      Quanto alla domanda di annullamento della decisione del 15 febbraio 2007, il Tribunale della funzione pubblica, senza pronunciarsi in ordine alla sua ricevibilità, ha affermato che era infondata in diritto, dal momento che il ricorrente, conoscendo la lingua inglese, non poteva censurare la Commissione né per aver redatto in lingua inglese la decisione del 30 novembre 2006 né, conseguentemente, per aver respinto, con decisione del 15 febbraio 2007, la sua richiesta di comunicargli una traduzione in lingua italiana della prima decisione (punti 58-60 dell’ordinanza impugnata).

 Sulle domande risarcitorie

31      Il Tribunale della funzione pubblica ha affermato, al punto 68 dell’ordinanza impugnata, che il ricorrente chiedeva, in sostanza, che la Commissione fosse condannata a risarcirlo dei danni derivanti dall’asserita illegittimità delle decisioni implicita ed esplicita di rigetto della domanda di indagine approfondita nonché della decisione del 15 febbraio 2007 (primo danno) e dalla circostanza che la decisione di chiusura dell’indagine iniziale sarebbe stata adottata illegittimamente e non sarebbe stata portata a sua conoscenza (secondo danno).

32      La domanda relativa al primo danno è stata respinta, al punto 69 dell’ordinanza impugnata, rilevando che presentava uno stretto collegamento con domande di annullamento che, dal canto loro, erano state respinte perché infondate.

33      Per quanto attiene al secondo danno, la domanda relativa al fatto che la decisione di chiusura dell’indagine iniziale sarebbe stata adottata contra ius è stata dichiarata manifestamente irricevibile, dal momento che presentava uno stretto collegamento con la domanda di annullamento della decisione di chiusura dell’indagine iniziale, che era stata dichiarata manifestamente irricevibile. Quanto alla domanda diretta alla condanna della Commissione a risarcire il danno derivante dalla notifica tardiva al ricorrente della decisione di chiusura dell’indagine iniziale, essa è stata respinta in quanto manifestamente infondata in diritto. Infatti, atteso che tale decisione era stata adottata in seguito all’indicazione dell’interessato secondo la quale era possibile che il cric fosse stato dimenticato lungo la strada, quest’ultimo non poteva, secondo il Tribunale della funzione pubblica, seriamente sostenere di avere subìto il danno lamentato (punto 70 dell’ordinanza impugnata).

 Sulle ulteriori domande contenute nel ricorso

34      Il Tribunale della funzione pubblica ha ritenuto, anzitutto, che le ulteriori domande del ricorso fossero intese, da una parte, a far riconoscere la fondatezza di alcuni dei motivi invocati a sostegno delle domande di annullamento e di quelle risarcitorie e, dall’altra, a chiedere al Tribunale l’emanazione di ingiunzioni nei confronti dell’amministrazione. Detto giudice ha poi rilevato che domande siffatte vanno dichiarate manifestamente irricevibili, atteso che non spetta al giudice dell’Unione, nel contesto del controllo di legittimità fondato sull’art. 91 dello Statuto, né fare dichiarazioni di diritto né emettere ingiunzioni nei confronti delle istituzioni (punto 71 dell’ordinanza impugnata).

 Sull’impugnazione

 Procedimento e conclusioni delle parti

35      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2009, il ricorrente ha proposto la presente impugnazione.

36      In seguito al deposito del controricorso da parte della Commissione, l’8 marzo 2010, il ricorrente ha chiesto con lettera del 26 marzo 2010 di poter presentare una replica, in conformità all’art. 143, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Il presidente della Sezione delle impugnazioni del Tribunale ha respinto tale domanda con decisione dell’8 aprile 2010.

37      Con lettera pervenuta alla cancelleria del Tribunale il 18 maggio 2010, il ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’art. 146 del regolamento di procedura, di avviare la fase orale del procedimento.

38      Il ricorrente conclude, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        annullare l’ordinanza impugnata;

–        dichiarare che il ricorso dinanzi al Tribunale della funzione pubblica che ha dato luogo all’ordinanza impugnata era ricevibile;

–        accogliere le domande presentate al Tribunale della funzione pubblica;

–        condannare la Commissione alle spese dei due gradi di giudizio;

–        in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale della funzione pubblica.

39      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile e/o respingerlo in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese del presente giudizio nonché alle spese del procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica.

 In diritto

40      Ai sensi dell’art. 145 del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è manifestamente irricevibile o manifestamente infondata, il Tribunale può respingerla in qualsiasi momento con ordinanza motivata anche se una delle parti ha chiesto al Tribunale lo svolgimento di un’udienza (ordinanze del Tribunale 24 settembre 2008, causa T‑105/08 P, Van Neyghem/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 21, e 26 giugno 2009, causa T‑114/08 P, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 10).

41      Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa e decide, ai sensi di tale disposizione, di statuire senza proseguire il procedimento.

42      Gli argomenti invocati dal ricorrente nella sua impugnazione possono essere raggruppati, in sostanza, in sette motivi, attinenti, il primo, alla ricevibilità della domanda di annullamento della decisione di chiusura dell’indagine iniziale, il secondo, alla violazione dell’obbligo di motivazione e allo snaturamento dei fatti, il terzo, alla violazione del diritto di ogni individuo di rivolgersi ad un’istituzione facendo uso di qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione europea e di ricevere una risposta nella stessa lingua, il quarto, ad un errore di diritto nell’interpretazione dell’obbligo di assistenza a carico dell’amministrazione e al difetto di istruttoria della causa, il quinto, all’omissione, da parte del Tribunale della funzione pubblica, consistente nel non aver tratto le conseguenze del difetto di motivazione della decisione implicita di rigetto della domanda di indagine approfondita, il sesto, ad un errore di diritto nella valutazione della domanda di risarcimento del danno risultante dalla circostanza che la decisione di chiusura dell’indagine iniziale sarebbe stata notificata tardivamente al ricorrente e, il settimo, ad un errore di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dell’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura.

 Sul primo motivo, attinente alla ricevibilità della domanda di annullamento della decisione di chiusura dell’indagine iniziale

–       Argomenti delle parti

43      Il ricorrente fa valere che il Tribunale della funzione pubblica erroneamente ha concluso, al punto 35 dell’ordinanza impugnata, che la domanda di annullamento della decisione di chiusura dell’indagine iniziale era irricevibile atteso che detta decisione non sarebbe stata oggetto di alcun previo reclamo.

44      Egli sostiene che la decisione di chiusura dell’indagine iniziale si confonda con la decisione del 30 novembre 2006, dal momento che tali due decisioni avrebbero un oggetto ed un contenuto decisorio identico, in quanto esprimerebbero l’intento della Commissione di respingere la domanda che egli aveva presentato al fine di far luce sul fatto del 6 settembre 2001. Pertanto, secondo il ricorrente, il reclamo dallo stesso introdotto avverso la decisione del 30 novembre 2006 sarebbe rivolto anche contro la decisione di chiusura dell’indagine iniziale.

45      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

46      Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il termine previsto dall’art. 90 dello Statuto dei funzionari per il reclamo è di ordine pubblico ed è sottratto alla disponibilità delle parti e del giudice al quale spetta verificare, anche d’ufficio, se sia stato rispettato. Tale termine, al pari del termine di presentazione del ricorso, risponde all’esigenza di certezza del diritto e alla necessità di evitare ogni discriminazione o trattamento arbitrario nell’amministrazione della giustizia (v. sentenza del Tribunale 8 settembre 2008, causa T‑222/07 P, Kerstens/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata).

47      Dal momento che il ricorrente non ha introdotto entro il termine statutario di tre mesi un reclamo avverso la decisione di chiusura dell’indagine iniziale – decisione intervenuta quattro mesi dopo la ricezione, da parte della Commissione, della nota del 12 settembre 2001 –, correttamente il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato irricevibile il capo della domanda relativo all’annullamento della decisione sulla chiusura dell’indagine iniziale.

48      Tale conclusione non può essere rimessa in questione dall’argomento del ricorrente secondo il quale il suo reclamo avverso la decisione del 30 novembre 2006 era rivolto anche contro la decisione di chiusura dell’indagine iniziale. Infatti, come correttamente sottolineato dalla Commissione, le due decisioni sono state adottate in due periodi differenti e sulla base di circostanze di fatto differenti.

49      Ne consegue che il presente motivo deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul secondo motivo, attinente alla violazione dell’obbligo di motivazione e allo snaturamento dei fatti

–       Argomenti delle parti

50      Con il suo secondo motivo, il ricorrente fa valere il carattere arbitrario e illogico della motivazione sulla quale si è fondato il Tribunale della funzione pubblica per concludere che egli era in grado di comprendere il contenuto della decisione del 30 novembre 2006 e della decisione del 15 febbraio 2007, ancorché fossero state redatte in inglese.

51      Il Tribunale della funzione pubblica, infatti, non avrebbe chiarito le ragioni per cui la mera circostanza che il ricorrente abbia utilizzato l’inglese come lingua di lavoro sino al 2001 permettesse di concludere che, nel 2007, egli sarebbe stato ancora in grado di comprendere documenti redatti in tale lingua. Al riguardo, il ricorrente sostiene che il grado di conoscenza di una lingua straniera acquisito da un individuo non sia immutabile, ma possa peggiorare, se non addirittura perdersi del tutto.

52      La Commissione ritiene che il presente motivo debba essere respinto in quanto infondato.

–       Giudizio del Tribunale

53      In limine, occorre rilevare che la questione del rispetto dell’obbligo di motivazione, previsto dall’art. 76 del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica riguardo ad un’ordinanza di rigetto del ricorso in quanto manifestamente irricevibile o del tutto infondato in diritto, va distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, ove tale questione ricade in quella della legalità sostanziale dell’ordinanza de qua (v., per analogia, sentenze della Corte 22 marzo 2001, causa C‑17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I-2481, punto 35, e 7 marzo 2002, causa C‑310/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑2289, punto 48).

54      Da una parte, infatti, la motivazione di una decisione consiste nell’espressione formale delle ragioni su cui si fonda la decisione medesima. Qualora tali ragioni siano viziate da errori, questi ultimi viziano la legalità sostanziale della decisione, ma non la motivazione di quest’ultima, che può essere sufficiente pur illustrando ragioni errate (v. sentenza della Corte 10 luglio 2008, causa C‑413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, Racc. pag. I‑4951, punto 181 e la giurisprudenza ivi citata). Dall’altra, la circostanza che il giudice di primo grado sia giunto, nel merito, ad una conclusione diversa da quella del ricorrente non può, di per sé, rendere l’ordinanza impugnata viziata da un difetto di motivazione (v. sentenza della Corte 20 maggio 2010, causa C‑583/08 P, Gogos/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).

55      Orbene, al punto 45 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha chiarito le ragioni per cui ha ritenuto che il ricorrente conoscesse la lingua inglese, riferendosi alla sua esperienza professionale.

56      Ne consegue che l’ordinanza impugnata non è viziata da un difetto di motivazione.

57      Quanto al fatto che il ricorrente contesta la valutazione degli elementi di fatto che ha indotto il Tribunale della funzione pubblica a concludere che egli conosceva l’inglese, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’impugnazione dinanzi al Tribunale è limitata ai motivi di diritto ai sensi dell’art. 11 dell’allegato I allo Statuto della Corte e che, pertanto, il Tribunale della funzione pubblica è il solo competente ad accertare i fatti, salvo nei casi in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti di causa sottoposti al suo giudizio, ed a valutare tali fatti. La valutazione dei fatti, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, non costituisce, pertanto, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato del giudice dell’impugnazione (v., per analogia, sentenza della Corte 2 ottobre 2001, causa C‑449/99 P, BEI/Hautem, Racc. pag. I‑6733, punto 44, e ordinanza della Corte 27 aprile 2006, causa C‑230/05 P, L/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 45).

58      Inoltre, la valutazione da parte del giudice di primo grado dell’efficacia probatoria di un documento non può, in linea di principio, essere soggetta al controllo del Tribunale nell’ambito di un’impugnazione. Il Tribunale della funzione pubblica è, quindi, l’unico competente a stimare il valore da attribuire agli elementi sottoposti al suo esame. Tale valutazione non costituisce pertanto, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, una questione di diritto soggetta al giudice dell’impugnazione (v. sentenza del Tribunale 8 settembre 2009, causa T‑404/06 P, ETF/Landgren, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 198 e la giurisprudenza ivi citata).

59      Un tale snaturamento deve risultare in modo evidente dagli atti di causa, senza che occorra procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (v. sentenze del Tribunale 12 marzo 2008, causa T‑107/07 P, Rossi Ferreras/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30, e 26 novembre 2008, causa T‑284/07 P, UAMI/López Teruel, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47).

60      Il potere di controllo del Tribunale sugli accertamenti di fatto compiuti dal Tribunale della funzione pubblica si estende quindi, in particolare, all’inesattezza materiale di tali accertamenti risultante dagli atti di causa, allo snaturamento degli elementi di prova, alla qualificazione giuridica di questi ultimi e alla questione se siano state rispettate le disposizioni in materia di onere e di produzione della prova (v., per analogia, sentenza della Corte 25 gennaio 2007, cause riunite C‑403/04 P e C‑405/04 P, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, Racc. pag. I‑729, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

61      Orbene, le affermazioni del ricorrente nel contesto della presente impugnazione quanto all’asserita perdita da parte sua della conoscenza della lingua inglese non consentono di ritenere che il Tribunale della funzione pubblica abbia snaturato i fatti o sia incorso in inesattezze materiali nel valutare, al punto 45 dell’ordinanza impugnata, gli elementi di fatto dedotti dalla Commissione nel suo controricorso. Del pari, in quanto è stata la Commissione a invocare gli elementi di prova che hanno consentito al Tribunale della funzione pubblica di concludere che il ricorrente padroneggiava la lingua inglese, le disposizioni in materia di onere e di produzione della prova sono state rispettate. Quanto alla qualificazione dei fatti operata dal Tribunale della funzione pubblica al fine di trarne la conclusione che, sulla base delle disposizioni applicabili e della giurisprudenza pertinente, non sussisteva l’obbligo, per la Commissione, di inviare al ricorrente una traduzione della decisione del 30 novembre 2006, occorre rilevare che la questione relativa all’esistenza di tale obbligo è anche oggetto del terzo motivo.

62      Con riserva dell’esame di tale questione, che si svolgerà nel prosieguo, dalle suesposte considerazioni emerge che il secondo motivo deve essere, in parte, respinto in quanto manifestamente infondato e, in parte, dichiarato manifestamente irricevibile.

 Sul terzo motivo, attinente alla violazione del diritto di ogni individuo di rivolgersi ad un’istituzione facendo uso di qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione europea e di ricevere una risposta nella stessa lingua

–       Argomenti delle parti

63      Il ricorrente invoca l’art. 21, terzo comma, CE, dal quale emergerebbe chiaramente che il diritto di scrivere alle istituzioni in una delle lingue ufficiali dell’Unione e di ricevere una risposta nella stessa lingua spetta a tutti i cittadini dell’Unione, ivi compresi i suoi funzionari, a differenza di quanto affermato dal Tribunale della funzione pubblica nell’ordinanza impugnata. Dal momento che le disposizioni del Trattato possiedono valore costituzionale, le decisioni giurisdizionali non potrebbero derogarvi o apportarvi limitazioni non espressamente previste.

64      Inoltre, il ricorrente contesta il riferimento, operato dal Tribunale della funzione pubblica al punto 63 dell’ordinanza impugnata, alle difficoltà insormontabili che si presenterebbero alle istituzioni se fossero sempre tenute a rispondere alla domanda di un funzionario nella medesima lingua utilizzata nella domanda stessa e fa valere, segnatamente, che una norma giuridica non può essere interpretata in modo tale da escludere la sua applicazione solo perché quest’ultima solleva difficoltà pratiche di organizzazione e che, anche a voler ritenere dette difficoltà realmente esistenti, esse potrebbero in ogni caso essere eliminate con l’adozione di misure di organizzazione interna da parte dell’istituzione interessata.

65      Il ricorrente si fonda anche sull’art. 41, n. 4, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1), disposizione ai sensi della quale ogni individuo – e anche, secondo il ricorrente, i funzionari – può rivolgersi alle istituzioni dell’Unione in una delle lingue dei Trattati e deve ricevere una risposta nella stessa lingua. Al riguardo, egli sottolinea che detta Carta possiede ormai la medesima efficacia giuridica dei Trattati.

66      Infine, il ricorrente sostiene che, in ogni caso, un’istituzione comunitaria alla quale si rivolga una persona cui sia applicabile lo Statuto dei funzionari con una domanda redatta in una lingua ufficiale dell’Unione e che non risponda nella stessa lingua non possa legittimamente negare all’interessato che ne faccia domanda di produrre una traduzione della risposta nella medesima lingua.

67      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

68      Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, i numerosi riferimenti nei Trattati all’uso delle lingue nell’Unione non possono essere considerati come la manifestazione di un principio generale di diritto dell’Unione che garantisce ad ogni cittadino il diritto a che tutto ciò che potrebbe incidere sui suoi interessi sia redatto nella sua lingua in ogni circostanza. Un principio del genere non può nemmeno dedursi dal regolamento (CEE) del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385). Detto regolamento, infatti, non è applicabile ai rapporti tra le istituzioni e i loro funzionari e agenti, in quanto fissa unicamente il regime linguistico applicabile tra le istituzioni dell’Unione ed uno Stato membro o una persona che ricade nella giurisdizione di uno degli Stati membri. I funzionari dell’Unione, riguardo all’applicazione delle disposizioni dello Statuto dei funzionari, sono soggetti unicamente alla giurisdizione dell’Unione stessa. Inoltre, l’art. 6 del regolamento n. 1 consente espressamente alle istituzioni di stabilire le modalità di applicazione del regime linguistico nei propri regolamenti interni (v. sentenza del Tribunale 20 novembre 2008, causa T‑185/05, Italia/Commissione, Racc. pag. II‑3207, punti 117-119 e la giurisprudenza ivi citata).

69      Peraltro, risulta parimenti dalla giurisprudenza che la circostanza che documenti indirizzati dall’amministrazione ad uno dei suoi funzionari siano redatti in una lingua diversa dalla lingua madre di tale funzionario o dalla lingua straniera scelta dallo stesso non costituisce alcuna violazione dei diritti di tale funzionario, se egli possiede una padronanza della lingua utilizzata dall’amministrazione tale da consentirgli di prendere effettivamente e facilmente conoscenza del contenuto dei documenti in questione (v., in tal senso, sentenza Italia/Commissione, cit. supra al punto 68, punto 132 e la giurisprudenza ivi citata).

70      Infatti, se è pur vero che un’istituzione non può limitarsi a inviare a un funzionario una decisione individuale redatta in una delle sue lingue di lavoro, essa deve procuragli una traduzione solo se detto funzionario non abbia una sufficiente padronanza della lingua utilizzata (v., in tal senso, sentenza Italia/Commissione, cit. supra al punto 68, punto 144 e la giurisprudenza ivi citata).

71      Ne consegue che, dal momento che il Tribunale della funzione pubblica ha accertato, nella valutazione dei fatti per la quale è l’unico competente e che non è viziata da snaturamento (v. supra, punto 61), che il ricorrente conosceva l’inglese in modo sufficiente per comprendere agevolmente il contenuto della decisione del 30 novembre 2006, non è incorso in un errore di diritto nell’affermare che il ricorrente non aveva diritto a ricevere una traduzione di detta decisione, e ciò a maggior ragione dal momento che quest’ultima era costituita solo da qualche riga redatta in un linguaggio semplice e non tecnico.

72      Si deve pertanto respingere l’argomento del ricorrente relativo alla violazione dell’art. 21, terzo comma, CE.

73      Quanto alla circostanza che il ricorrente ha invocato l’art. 41, n. 4, della Carta dei diritti fondamentali, si applicano le considerazioni formulate a proposito dell’art. 21, terzo comma, CE, a prescindere dal valore giuridico di tale Carta.

74      Infine, riguardo agli argomenti con cui il ricorrente censura il riferimento operato dal Tribunale della funzione pubblica, al punto 63, ultimo periodo, dell’ordinanza impugnata, alle difficoltà insormontabili che si presenterebbero alle istituzioni dell’Unione se dovessero rispondere a ogni domanda introdotta da un funzionario nella lingua scelta da quest’ultimo all’atto della proposizione della domanda, occorre rilevare che si tratta di considerazioni formulate ad abundantiam.

75      Infatti, come risulta confermato dalla circostanza che tale periodo inizia con l’espressione «del resto», tali considerazioni sono state inserite dopo che il Tribunale della funzione pubblica aveva respinto il motivo del ricorrente relativo alla violazione dell’art. 21, terzo comma, CE fondandosi sul fatto che le relazioni tra i funzionari e le istituzioni da cui dipendono ricadono in una lex specialis, lo Statuto dei funzionari.

76      Poiché tale ragionamento è stato confermato dal Tribunale, detti argomenti sono inoperanti e devono essere respinti (v. sentenza del Tribunale 12 maggio 2010, causa T‑491/08 P, Bui Van/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).

77      Risulta dalle suesposte considerazioni che il presente motivo deve essere respinto in toto in quanto manifestamente infondato.

 Sul quarto motivo, attinente ad un errore di diritto nell’interpretazione dell’obbligo di assistenza a carico dell’amministrazione e al difetto di istruttoria della causa

–       Argomenti delle parti

78      Il ricorrente sostiene che il Tribunale della funzione pubblica abbia, nella specie, appesantito in modo irragionevole l’onere della prova che spetta al funzionario quando, in presenza di un incidente incompatibile con l’ordine e la serenità del servizio, chiede l’assistenza dell’istituzione da cui dipende. Secondo il ricorrente, pur prendendo le mosse, al punto 48 dell’ordinanza impugnata, da una posizione di principio corretta, secondo la quale, ai fini del riconoscimento, nei confronti dell’amministrazione, dell’obbligo di intervenire per accertare eventuali aggressioni di cui siano vittima i suoi funzionari, è sufficiente che l’interessato fornisca un principio di prova del carattere reale delle aggressioni subite, erroneamente il Tribunale della funzione pubblica, al punto 49, avrebbe poi ritenuto necessario che il ricorrente fornisse una vera e propria prova di tali aggressioni.

79      Secondo il ricorrente, il fatto di aver riconosciuto, nella nota del 19 settembre 2001, che il cric poteva essere stato dimenticato lungo la strada nel corso della vicenda del 6 settembre 2001 non avrebbe dovuto essere preso in considerazione dal Tribunale della funzione pubblica nella sua valutazione dell’esistenza di un principio di prova di un’aggressione nei suoi confronti. Tale tesi risulterebbe rafforzata dal fatto che il ricorrente, quando ha redatto la nota del 19 settembre 2001, non sapeva ancora che la Commissione disponeva delle chiavi della sua autovettura.

80      In ogni caso, il ricorrente aggiunge di aver redatto la nota del 19 settembre 2001 prima di sapere, nel 2003, che la Commissione disponeva delle chiavi della sua autovettura, senza che egli le avesse mai consegnate ad alcun funzionario ovvero agente della medesima.

81      Il ricorrente censura peraltro il Tribunale della funzione pubblica per non aver adottato le misure istruttorie necessarie per acclarare le circostanze di tempo, di luogo e di azione nonché i motivi per i quali la Commissione disponeva delle chiavi della sua autovettura.

82      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

83      Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza citata dal Tribunale della funzione pubblica al punto 48 dell’ordinanza impugnata, in forza dell’obbligo di assistenza, l’amministrazione, di fronte ad un incidente incompatibile con l’ordine e la serenità del servizio, è tenuta ad intervenire con tutta la necessaria energia, reagendo con la rapidità e la sollecitudine richieste dalle circostanze del caso di specie per accertare i fatti e potere, quindi, trarne con cognizione di causa le opportune conclusioni. A tal fine, è sufficiente che il funzionario che chiede tutela alla propria istituzione fornisca un principio di prova del carattere reale delle aggressioni asseritamente subite. In presenza di tali elementi, l’istituzione in causa è tenuta ad adottare gli opportuni provvedimenti, in particolare procedendo ad un’indagine al fine di accertare i fatti all’origine delle doglianze, in collaborazione con l’autore di queste ultime (sentenza della Corte 26 gennaio 1989, causa 224/87, Koutchoumoff/Commissione, Racc. pag. 99, punti 15 e 16; sentenze del Tribunale di primo grado 21 aprile 1993, causa T-5/92, Tallarico/Parlamento, Racc. pag. II‑477, punto 31, e 5 dicembre 2000, causa T‑136/98, Campogrande/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-267 e II-1225, punto 42).

84      Conformemente alla giurisprudenza ricordata ai precedenti punti 58 e 59, nell’ambito di un’impugnazione, la competenza del Tribunale quanto agli elementi di prova sottoposti al Tribunale della funzione pubblica è limitata alla questione se tali elementi siano stati snaturati.

85      Il presente motivo, pertanto, è ricevibile solo in quanto sia inteso ad accertare che il Tribunale della funzione pubblica abbia snaturato gli elementi di prova.

86      A tal riguardo occorre rilevare che il ricorrente, nella sua impugnazione, si limita a censurare il tenore letterale del punto 49 dell’ordinanza impugnata, nel quale il Tribunale della funzione pubblica ha utilizzato l’espressione «prova» in luogo di «principio di prova».

87      Il ricorrente non chiarisce le ragioni per cui il Tribunale della funzione pubblica, sulla base degli atti di causa, non sarebbe potuto pervenire alla conclusione secondo la quale nessun elemento indicava che egli potesse essere stato vittima di incidenti incompatibili con l’ordine e la serenità del servizio.

88      In particolare, il ricorrente omette di chiarire sotto quale profilo il Tribunale della funzione pubblica avrebbe snaturato gli elementi di prova nel ritenere, da una parte, che dagli atti non risultava alcun elemento che consentisse di sostenere che la sparizione del cric fosse riconducibile ad una qualche forma di molestia da parte del personale del servizio di sicurezza della delegazione, tanto più che lo stesso ricorrente, nella nota del 19 settembre 2001, aveva prospettato la possibilità che il cric fosse stato dimenticato lungo la strada, e, dall’altra, che lo spostamento della sua autovettura doveva essere considerato un atto di carattere pratico con cui la Commissione aveva cercato di ovviare, coi propri mezzi, alle difficoltà in cui era incorso il ricorrente nell’esecuzione del suo obbligo di liberare l’alloggio, indipendentemente dalla questione attinente alle ragioni per cui la Commissione disponeva delle chiavi di tale autovettura.

89      Quanto alla circostanza che il ricorrente abbia ammesso, prima di sapere che la Commissione aveva spostato la sua autovettura diversi mesi dopo la scomparsa del cric, che questo poteva essere stato dimenticato lungo la strada, nemmeno essa dimostra l’esistenza di uno snaturamento.

90      Infine, quanto al fatto che il Tribunale della funzione pubblica non ha adottato misure istruttorie, è sufficiente ricordare che, secondo giurisprudenza costante, il giudice di primo grado è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito. Il valore probante o meno degli atti del processo rientra nella sua valutazione insindacabile dei fatti che esula dal controllo del giudice dell’impugnazione, salvo in caso di snaturamento degli elementi di prova presentati al giudice di primo grado o quando l’inesattezza materiale degli accertamenti effettuati da quest’ultimo risulti dai documenti inseriti negli atti di causa [v. sentenza della Corte 16 dicembre 2008, causa C‑47/07 P, Masdar (UK)/Commissione, Racc. pag. I‑9761, punto 99 e la giurisprudenza ivi citata].

91      Conseguentemente, atteso che nel caso di specie non sono stati dimostrati alcuno snaturamento o inesattezza materiale, il Tribunale della funzione pubblica ha potuto considerare che gli elementi risultanti dagli atti di causa fossero sufficienti per consentirgli di decidere la controversia.

92      Alla luce delle suesposte considerazioni, il presente motivo deve essere, in parte, dichiarato manifestamente irricevibile e, in parte, respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul quinto motivo, attinente all’omissione, da parte del Tribunale della funzione pubblica, consistente nel fatto di non aver tratto le conseguenze del difetto di motivazione della decisione implicita di rigetto della domanda di indagine approfondita

–       Argomenti delle parti

93      Il ricorrente contesta l’affermazione del Tribunale della funzione pubblica di cui al punto 46 dell’ordinanza impugnata secondo la quale, in sostanza, il motivo che ha invocato in primo grado relativamente al difetto di motivazione della decisione implicita di rigetto della domanda di indagine approfondita era infondato in quanto, da una parte, tale decisione era, appunto, implicita e, dall’altra, la decisione del 30 novembre 2006, che era sufficientemente motivata, gli aveva consentito di disporre, prima della presentazione del proprio reclamo, di un’indicazione sufficiente per valutare se il rigetto della propria domanda di indagine approfondita fosse fondato.

94      Secondo il ricorrente, non è ammissibile che un’istituzione sani a posteriori il difetto di motivazione da cui è viziato uno dei suoi atti.

95      La Commissione replica che, poiché una decisione implicita non è per sua natura motivata, il presente motivo è infondato.

–       Giudizio del Tribunale

96      Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la motivazione di una decisione implicita di rigetto, nelle circostanze di cui all’art. 90, n. 2, quarto comma, dello Statuto dei funzionari, deve necessariamente presumersi coincidere con la motivazione o col difetto di motivazione della decisione contro la quale il reclamo rimasto senza risposta era diretto, di guisa che l’esame della motivazione dell’una si confonde con quello dell’altra (sentenze della Corte 27 ottobre 1977, causa 121/76, Moli/Commissione, Racc. pag. 1971, punto 12, e 13 aprile 1978, causa 75/77, Mollet/Commissione, Racc. pag. 897, punto 12). Solo l’introduzione del ricorso pone fine alla possibilità dell’APN di regolarizzare la sua decisione con una risposta motivata (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 8 giugno 1995, causa T‑583/93, P/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑137 e II‑433, punto 32, e 11 luglio 2002, causa T‑263/01, Mavromichalis/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑135 e II‑731, punto 27).

97      Ne consegue che il Tribunale della funzione pubblica correttamente ha affermato che il ricorrente, dal momento che disponeva di una motivazione già prima di introdurre il suo reclamo, non poteva legittimamente invocare il difetto di motivazione della decisione implicita di rigetto della domanda di indagine approfondita.

98      Il presente motivo, pertanto, deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul sesto motivo, attinente ad un errore di diritto nella valutazione della domanda di risarcimento del danno risultante dalla circostanza che la decisione di chiusura dell’indagine iniziale sarebbe stata notificata tardivamente al ricorrente

–       Argomenti delle parti

99      Il ricorrente contesta la motivazione in base alla quale il Tribunale della funzione pubblica, al punto 70 dell’ordinanza impugnata, ha respinto in quanto manifestamente infondata in diritto la sua domanda di risarcimento del danno derivante dalla notifica tardiva della decisione di chiusura dell’indagine iniziale.

100    Secondo il ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe erroneamente confuso le questioni relative alla fondatezza della decisione di chiusura dell’indagine iniziale e alla regolarità della sua notifica.

101    La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

102    Al punto 70 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto in quanto manifestamente infondata la domanda risarcitoria del ricorrente rilevando che, «atteso che [la decisione di chiusura dell’indagine iniziale] è stata adottata in seguito all’indicazione dell’interessato secondo la quale era possibile che il cric fosse stato dimenticato lungo la strada, il ricorrente non può seriamente sostenere di avere subìto il danno lamentato».

103    Al riguardo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito di una domanda di risarcimento danni formulata da un funzionario, il riconoscimento della responsabilità dell’Unione presuppone la sussistenza di tre condizioni cumulative riguardanti l’illiceità del comportamento addebitato alle istituzioni, la presenza effettiva del danno lamentato e l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento e il danno denunciato; l’onere di provare la presenza di queste condizioni incombe al ricorrente (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 ottobre 2004, causa T‑256/02, I/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I‑A‑289 e II‑1307, punti 49 e 50 nonché la giurisprudenza ivi citata).

104    Quanto alla presenza effettiva del danno, nel suo ricorso in primo grado, il ricorrente sosteneva che l’assenza di notifica della decisione di chiusura dell’indagine iniziale avesse provocato in lui uno stato di ansia e avesse sconvolto la sua vita quotidiana.

105    Il ragionamento svolto dal Tribunale della funzione pubblica al punto 70 dell’ordinanza impugnata dev’essere dunque inteso nel senso che esso ha considerato, implicitamente ma necessariamente, che, siccome il ricorrente stesso non poteva escludere che la scomparsa del cric fosse dipesa da una semplice dimenticanza, egli non aveva dimostrato l’effettività del danno asseritamente provocato dal ritardo della notifica della decisione di chiusura dell’indagine iniziale.

106    In tal modo, il Tribunale della funzione pubblica non ha confuso le questioni relative alla fondatezza della decisione di chiusura dell’indagine iniziale e della regolarità della sua notifica, contrariamente a quanto asserisce il ricorrente. Ne consegue che il presente motivo deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul settimo motivo, attinente ad un errore di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dell’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura

–       Argomenti delle parti

107    Il ricorrente fa valere che il Tribunale della funzione pubblica avrebbe erroneamente tenuto conto di eventi estranei al caso di specie nel chiarire le ragioni per cui non lo ha semplicemente condannato alle proprie spese, come avrebbe potuto ai sensi dell’art. 88 del regolamento di procedura, ma anche a sopportare le spese sostenute dalla Commissione, dopo averle qualificate come superflue o defatigatorie ai sensi dell’art. 87, n. 3, del regolamento medesimo.

108    La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

109    Ai sensi dell’art. 11, n. 2, dell’allegato I dello Statuto della Corte, l’impugnazione non può avere ad oggetto unicamente l’onere e l’importo delle spese. Ne consegue che, nell’ipotesi in cui tutti gli altri motivi di impugnazione siano stati respinti, le conclusioni riguardanti l’asserita irregolarità della decisione del Tribunale della funzione pubblica sulle spese devono essere dichiarate irricevibili (ordinanza del Tribunale 28 settembre 2009, causa T‑46/08 P, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 84 ; v. anche, per analogia, sentenza della Corte 15 aprile 2010, causa C‑485/08 P, Gualtieri/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 111).

110    Conseguentemente, il settimo motivo deve essere dichiarato manifestamente irricevibile.

111    Alla luce delle suesposte considerazioni, la presente impugnazione deve essere, in parte, dichiarata manifestamente irricevibile e, in parte, respinta in quanto manifestamente infondata.

 Sulle spese

112    Conformemente all’art. 148, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, il Tribunale statuisce sulle spese.

113    A termini dell’art. 87, n. 2, primo comma, dello stesso regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del suo art. 144, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

114    Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle proprie spese nonché a quelle sostenute dalla Commissione nel contesto del presente giudizio.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

così provvede:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Luigi Marcuccio sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea nell’ambito del presente giudizio.

Lussemburgo, 18 ottobre 2010

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Jaeger


* Lingua processuale: l’italiano.