Language of document : ECLI:EU:C:2021:1034

Cause riunite C357/19, C379/19, C547/19, C811/19 e C840/19

Procedimenti penali

a carico di

PM e a.

(domande di pronuncia pregiudiziale
presentate dalla Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie e dal Tribunalul Bihor)

 Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 21 dicembre 2021

«Rinvio pregiudiziale – Decisione 2006/928/CE – Meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione – Natura ed effetti giuridici – Obbligatorietà per la Romania – Stato di diritto – Indipendenza dei giudici – Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Lotta contro la corruzione – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione – Articolo 325, paragrafo 1, TFUE – Convenzione “TIF” – Procedimenti penali – Sentenze della Curtea Constituțională (Corte costituzionale, Romania) relative alla legalità dell’assunzione di determinate prove e alla composizione dei collegi giudicanti in materia di corruzione grave – Obbligo per i giudici nazionali di conferire piena efficacia alle decisioni della Curtea Constituțională (Corte costituzionale) – Responsabilità disciplinare dei giudici in caso di inosservanza di tali decisioni – Potere di disapplicare le decisioni della Curtea Constituțională (Corte costituzionale) non conformi al diritto dell’Unione – Principio del primato del diritto dell’Unione»

1.        Diritto dell’Unione europea – Valori e obiettivi dell’Unione – Valori – Rispetto dello Stato di diritto – Portata – Adesione all’Unione – Trattato di adesione della Romania all’Unione europea – Meccanismo di cooperazione e verifica – Decisione 2006/928 – Natura cogente – Portata – Considerazione delle relazioni redatte dalla Commissione sulla base di detta decisione

(Artt. 2, 4, § 3, 19 e 49 TUE; art. 288, comma 4, TFUE; Trattato di adesione del 2005, artt. 2, 37 e 38 e allegato IX; decisione della Commissione 2006/928, considerando da 2 a 6 e 9 e artt. 1, 2 e 4 e allegato)

(v. punti 156, 158-165, 167-175, dispositivo 1)

2.        Risorse proprie dell’Unione europea – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione – Lotta contro la frode e altre attività illegali – Obbligo degli Stati membri di istituire sanzioni effettive e dissuasive – Nozioni di frode e di altre attività illegali – Corruzione – Tentata corruzione – Inclusione

(Art. 325, § 1, TFUE; Trattato di adesione del 2005, allegato IX; Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, artt. 1, § 1, e 2, § 1; decisione della Commissione 2006/928)

(v. punti 181-189)

3.        Risorse proprie dell’Unione europea – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione – Lotta contro la frode e altre attività illegali – Obbligo degli Stati membri di istituire sanzioni effettive e dissuasive – Portata – Normativa o prassi nazionale che impone il riesame di sentenze di condanna in materia di frode e corruzione – Rischio sistemico d’impunità – Inammissibilità

(Art. 325, § 1, TFUE; Trattato di adesione del 2005, allegato IX; Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, art. 1, § 1, e art. 2; decisione della Commissione 2006/928)

(v. punti 190-194, 197, 200-203, 213, dispositivo 2)

4.        Risorse proprie dell’Unione europea – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione – Lotta contro la frode e altre attività illegali – Obbligo degli Stati membri di istituire sanzioni effettive e dissuasive – Portata – Obbligo del giudice nazionale – Rispetto dei diritti fondamentali – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Diritto a un giudice indipendente e imparziale precostituito per legge – Portata – Estrazione a sorte dei giudici in materia di corruzione – Specializzazione dei giudici in materia di corruzione – Applicazione di uno standard nazionale di tutela che comporta un rischio di impunità sistemica – Inammissibilità

(Art. 325, § 1, TFUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 47, comma 2, 51, § 1, e 53; Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, art. 1, § 1, e art. 2; decisione della Commissione 2006/928)

(v. punti 204-206, 211-213, dispositivo 2)

5.        Diritto dell’Unione europea – Principi – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Principio dell’indipendenza dei giudici – Portata

(Artt. 2 e 19, § 1, comma 2, TUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 47, comma 2; decisione 2006/928, considerando 3 e allegato)

(v. punti 217-226)

6.        Stati membri – Obblighi – Predisposizione dei mezzi di ricorso necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva – Rispetto del principio dell’indipendenza dei giudici – Giurisprudenza di rango costituzionale che vincola i giudici ordinari – Ammissibilità – Presupposti – Rispetto del principio della separazione dei poteri – Indipendenza dell’organo giurisdizionale di rango costituzionale

(Artt. 2 e 19, § 1, comma 2, TUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 47; decisione 2006/928, considerando 3 e allegato)

(v. punti 227-230, 232, 234, 236, 242, 263, dispositivo 3)

7.        Stati membri – Obblighi – Predisposizione dei mezzi di ricorso necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva – Rispetto del principio dell’indipendenza dei giudici – Responsabilità disciplinare dei giudici – Portata – Normativa nazionale che prevede il sorgere di tale responsabilità in caso di violazione della giurisprudenza di rango costituzionale – Inammissibilità

(Artt. 2 e 19, § 1, comma 2, TUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 47; decisione 2006/928, considerando 3 e allegato)

(v. punti 238-242, 263, dispositivo 3)

8.        Diritto dell’Unione europea – Primato – Portata – Interpretazione – Competenza esclusiva del giudice dell’Unione

(Artt. 4, § 2, e 19, § 1, TUE)

(v. punti 245-254)

9.        Stati membri – Obblighi – Predisposizione dei mezzi di ricorso necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva – Rispetto del principio dell’indipendenza dei giudici – Primato – Effetto diretto – Obblighi dei giudici nazionali – Normativa nazionale che vieta a un giudice ordinario, a pena di sanzioni disciplinari, di disapplicare la giurisprudenza di rango costituzionale contraria al diritto dell’Unione – Inammissibilità

(Artt. 4 e 19, § 1, comma 2, TUE; artt. 267 e 325, § 1, TFUE; decisione della Commissione 2006/928, allegato)

(v. punti 256-260, 262, 263, dispositivo 4)

Sintesi

Il diritto dell’Unione osta all’applicazione di una giurisprudenza della Corte costituzionale nei limiti in cui essa, in combinato disposto con le disposizioni nazionali in materia di prescrizione, crea un rischio sistemico di impunità

Il primato del diritto dellUnione esige che i giudici nazionali abbiano la facoltà di disapplicare una decisione di una Corte costituzionale contraria a tale diritto senza incorrere nel rischio che sorga la loro responsabilità disciplinare

Le cause in esame s’inseriscono nel solco della riforma della giustizia in materia di lotta contro la corruzione in Romania, che è già stata oggetto di una precedente sentenza della Corte (1). Tale riforma è oggetto di monitoraggio a livello dell’Unione europea a partire dal 2007, in forza del meccanismo di cooperazione e verifica istituito dalla decisione 2006/928 (2) in occasione dell’adesione della Romania all’Unione (in prosieguo: il «MCV»).

Nell’ambito di tali cause si pone la questione se l’applicazione della giurisprudenza derivante da varie decisioni della Curtea Constituțională a României (Corte costituzionale, Romania), relative alle norme di procedura penale applicabili in materia di frode e di corruzione, possa violare il diritto dell’Unione, e in particolare le disposizioni di tale diritto intese a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, la garanzia di indipendenza dei giudici e il valore dello Stato di diritto, nonché il principio del primato del diritto dell’Unione.

Nelle cause C‑357/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, l’Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania; in prosieguo: l’«ACCG») aveva condannato diverse persone, fra cui ex parlamentari e ministri, per reati di frode all’IVA, nonché di corruzione e traffico di influenze, in particolare in relazione alla gestione di fondi europei. La Corte costituzionale ha annullato tali decisioni per illegittima composizione dei collegi giudicanti, in quanto, da un lato, le cause sulle quali l’ACCG aveva statuito in primo grado avrebbero dovuto essere giudicate da un collegio specializzato in materia di corruzione (3) e, dall’altro, nelle cause sulle quali l’ACCG aveva statuito in appello, tutti i giudici del collegio giudicante avrebbero dovuto essere designati mediante estrazione a sorte (4).

Nella causa C‑379/19, sono stati avviati procedimenti penali dinanzi al Tribunalul Bihor (Tribunale superiore di Bihor, Romania) nei confronti di varie persone accusate di reati di corruzione e traffico di influenze. Nel contesto di una domanda di esclusione di elementi di prova, tale tribunale dovrebbe applicare una giurisprudenza della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale l’assunzione di prove in materia penale effettuata con la partecipazione del servizio rumeno di informazione e sicurezza, il che comporta l’esclusione retroattiva delle prove di cui trattasi dal procedimento penale (5).

In tali contesti, l’ACCG e il Tribunale superiore di Bihor hanno interrogato la Corte sulla conformità di tali decisioni della Corte costituzionale con il diritto dell’Unione (6). In primo luogo, il Tribunale superiore di Bihor si interroga sul carattere vincolante del MCV e delle relazioni redatte dalla Commissione nell’ambito di tale meccanismo (7). In secondo luogo, l’ACCG solleva la questione di un possibile rischio sistemico di impunità nella lotta contro la frode e la corruzione. Infine, tali giudici chiedono altresì se i principi del primato del diritto dell’Unione e dell’indipendenza dei giudici consentano loro di disapplicare una decisione della Corte costituzionale, laddove, in forza del diritto rumeno, il mancato rispetto da parte dei magistrati di una decisione della Corte costituzionale costituisce un illecito disciplinare.

Giudizio della Corte

Carattere vincolante del MCV

La Corte, riunita in Grande Sezione, ha confermato la propria giurisprudenza derivante da una precedente sentenza, secondo la quale il MCV è vincolante per la Romania in tutti i suoi elementi (8). Pertanto, gli atti adottati, prima dell’adesione, dalle istituzioni dell’Unione sono vincolanti per la Romania dalla data della sua adesione. È il caso della decisione 2006/928, che è vincolante in tutti i suoi elementi per la Romania fintanto che non sia stata abrogata. Anche i parametri di riferimento che mirano a garantire il rispetto dello Stato di diritto hanno carattere vincolante. La Romania è quindi tenuta ad adottare le misure appropriate ai fini della realizzazione di tali parametri, tenendo conto delle raccomandazioni formulate nelle relazioni redatte dalla Commissione (9).

Obbligo di prevedere sanzioni effettive e dissuasive per reati di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione o per reati di corruzione

Il diritto dell’Unione osta all’applicazione di una giurisprudenza della Corte costituzionale che comporta l’annullamento delle sentenze rese da collegi giudicanti composti in modo irregolare, laddove tale giurisprudenza, in combinato disposto con le disposizioni nazionali in materia di prescrizione, crea un rischio sistemico di impunità dei fatti costitutivi di reati gravi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione o di reati di corruzione.

Anzitutto, sebbene le norme che disciplinano l’organizzazione della giustizia negli Stati membri, in particolare quelle relative alla composizione dei collegi giudicanti in materia di frode e di corruzione, rientrino in linea di principio nella competenza di tali Stati, la Corte ricorda che questi ultimi sono tuttavia tenuti a rispettare gli obblighi loro incombenti in forza del diritto dell’Unione.

Tra questi obblighi vi è la lotta contro qualsiasi attività illegale, che ricomprende i reati di corruzione, che leda gli interessi finanziari dell’Unione, lotta da perseguire attraverso misure effettive e dissuasive (10). Per quanto riguarda la Romania, tale obbligo è integrato dall’obbligo posto in capo a questo Stato membro, derivante dalla decisione 2006/928, di contrastare in maniera effettiva la corruzione e, specialmente, la corruzione ad alto livello.

Il requisito di effettività che ne deriva ricomprende necessariamente sia il perseguimento e la repressione di tali reati, sia l’applicazione delle sanzioni irrogate, nella misura in cui, in mancanza di un’effettiva esecuzione delle sanzioni contro i reati di frode che ledono tali interessi e i reati di corruzione in generale, queste non possono essere efficaci e dissuasive. La Corte rileva poi che spetta, in primo luogo, al legislatore nazionale adottare le misure necessarie al fine di garantire che il regime procedurale applicabile a detti reati non comporti un rischio sistemico di impunità. Quanto ai giudici nazionali, essi devono disapplicare le disposizioni nazionali che ostano all’applicazione di sanzioni effettive e dissuasive.

Nel caso di specie, l’applicazione della giurisprudenza della Corte costituzionale in questione ha come conseguenza che le cause per frode e corruzione di cui trattasi devono essere riesaminate, se del caso più volte, in primo grado e/o in appello. Tenuto conto della sua complessità e durata, un siffatto riesame produce necessariamente l’effetto di prolungare la durata dei corrispondenti procedimenti penali. Orbene, oltre al fatto che la Romania si era impegnata a ridurre la durata del procedimento nelle cause di corruzione, la Corte ricorda che, in considerazione degli obblighi specifici incombenti alla Romania in forza della decisione 2006/928, le norme e le prassi nazionali in tale settore non possono avere la conseguenza di prolungare la durata delle indagini relative ai reati di corruzione o di indebolire in qualsiasi altro modo la lotta contro la corruzione (11). Inoltre, tenuto conto delle disposizioni nazionali sui termini di prescrizione, il riesame delle cause in oggetto potrebbe comportare la prescrizione dei reati e avere l’effetto di impedire che siano sanzionati in modo effettivo e dissuasivo coloro che occupano le massime cariche dello Stato rumeno e che sono stati condannati per aver commesso, nell’esercizio delle loro funzioni, gravi atti di frode e/o corruzione. Pertanto, il rischio di impunità diverrebbe sistemico per tale categoria di persone e rimetterebbe in discussione l’obiettivo della lotta contro la corruzione di alto livello.

Infine, la Corte ricorda che l’obbligo di garantire che reati del genere siano oggetto di sanzioni penali aventi carattere effettivo e dissuasivo non esonera il giudice del rinvio dal verificare il necessario rispetto dei diritti fondamentali garantiti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non potendo tale giudice applicare uno standard nazionale di tutela dei diritti fondamentali che comporti un siffatto rischio sistemico di impunità. Orbene, i requisiti derivanti da tale articolo non ostano a un’eventuale disapplicazione della giurisprudenza della Corte costituzionale relativa alla specializzazione e alla composizione dei collegi giudicanti in materia di corruzione.

Garanzia di indipendenza dei giudici

Il diritto dell’Unione non osta a che le decisioni della Corte costituzionale vincolino gli organi giurisdizionali ordinari, a condizione che sia garantita l’indipendenza di tale Corte nei confronti, in particolare, dei poteri legislativo ed esecutivo. Per contro, tale diritto osta a che la responsabilità disciplinare dei giudici nazionali sorga in seguito a qualsiasi inosservanza di tali decisioni.

In primo luogo, dal momento che l’esistenza di un controllo giurisdizionale effettivo destinato ad assicurare il rispetto del diritto dell’Unione è intrinseca a uno Stato di diritto, ogni organo giurisdizionale chiamato ad applicare o a interpretare il diritto dell’Unione deve soddisfare i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva. A tal fine, l’indipendenza degli organi giurisdizionali è essenziale. A tale riguardo, i giudici devono essere al riparo da interventi o pressioni esterni che possano mettere a repentaglio la loro indipendenza. Inoltre, conformemente al principio della separazione dei poteri che caratterizza il funzionamento di uno Stato di diritto, l’indipendenza dei giudici in particolare dai poteri legislativo ed esecutivo deve essere garantita.

In secondo luogo, sebbene il diritto dell’Unione non imponga agli Stati membri un determinato modello costituzionale che disciplini le relazioni tra i diversi poteri statali, la Corte rileva che gli Stati membri devono nondimeno rispettare, in particolare, i requisiti di indipendenza dei giudici che derivano da tale diritto. In tali circostanze, le decisioni della Corte costituzionale possono vincolare i giudici ordinari, purché il diritto nazionale garantisca l’indipendenza di tale organo giurisdizionale nei confronti, in particolare, dei poteri legislativo ed esecutivo. Per contro, se il diritto nazionale non garantisce tale indipendenza, il diritto dell’Unione osta a una siffatta normativa o prassi nazionale, in quanto una siffatta corte costituzionale non è in grado di garantire la tutela giurisdizionale effettiva richiesta da tale diritto.

In terzo luogo, al fine di preservare l’indipendenza degli organi giurisdizionali, il regime disciplinare deve presentare le garanzie necessarie per evitare qualsiasi rischio di utilizzo di un siffatto regime quale sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie. A tale riguardo, il fatto che una decisione giudiziaria contenga un eventuale errore nell’interpretazione e applicazione delle norme del diritto nazionale e dell’Unione, o nell’apprezzamento dei fatti e nella valutazione delle prove, non può, di per sé solo, essere sufficiente a far sorgere la responsabilità disciplinare del giudice interessato. Infatti, il sorgere della responsabilità disciplinare di un giudice a causa di una decisione giudiziaria deve essere limitato a casi del tutto eccezionali e inquadrato da garanzie dirette a evitare qualsiasi rischio di pressioni esterne sul contenuto delle decisioni giudiziarie. Una normativa nazionale secondo la quale qualsiasi inosservanza delle decisioni della Corte costituzionale da parte dei giudici ordinari nazionali è idonea a far sorgere la loro responsabilità disciplinare non rispetta tali condizioni.

Primato del diritto dell’Unione

Il principio del primato del diritto dell’Unione osta a che i giudici nazionali non possano, a pena di sanzioni disciplinari, disapplicare le decisioni della Corte costituzionale contrarie al diritto dell’Unione.

La Corte ricorda di aver enunciato, nella sua giurisprudenza relativa al Trattato CEE, il principio del primato del diritto comunitario, inteso nel senso che esso sancisce la preminenza di tale diritto sul diritto degli Stati membri. A questo proposito, la Corte ha dichiarato che l’istituzione da parte del Trattato CEE di un ordinamento giuridico peculiare, accettato dagli Stati membri a condizione di reciprocità, ha per corollario che essi non possono far prevalere su tale ordinamento giuridico un provvedimento unilaterale successivo, né opporre al diritto promanante dal Trattato CEE norme di diritto nazionale di qualsiasi genere, senza che tale diritto perda il proprio carattere comunitario e senza che ne risulti scosso il fondamento giuridico della stessa Comunità. Inoltre, l’efficacia del diritto comunitario non può variare da uno Stato membro all’altro in funzione delle leggi interne successive, senza mettere in pericolo l’attuazione degli scopi del Trattato CEE e causare una discriminazione in base alla nazionalità vietata da tale Trattato. La Corte ha infatti considerato che, benché sia stato concluso in forma di accordo internazionale, il Trattato CEE costituisce la carta costituzionale di una comunità di diritto e che le caratteristiche fondamentali dell’ordinamento giuridico comunitario così istituito sono, in particolare, la sua preminenza sui diritti degli Stati membri e l’efficacia diretta di tutta una serie di norme che si applicano ai cittadini di tali Stati nonché agli Stati stessi.

Orbene, la Corte rileva che tali caratteristiche fondamentali dell’ordinamento giuridico dell’Unione e l’importanza dell’osservanza che è ad esso dovuta sono state confermate dalla ratifica, senza riserve, dei trattati che modificano il Trattato CEE e, in particolare, del Trattato di Lisbona. Infatti, in occasione dell’adozione di tale Trattato, la conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri ha tenuto a ricordare espressamente, nella sua dichiarazione n. 17 relativa al primato, allegata all’atto finale della conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona, che, per giurisprudenza costante della Corte, i trattati e il diritto adottato dall’Unione sulla base dei trattati prevalgono sul diritto degli Stati membri alle condizioni stabilite dalla summenzionata giurisprudenza.

La Corte aggiunge che, poiché l’articolo 4, paragrafo 2, TUE prevede che l’Unione rispetta l’uguaglianza degli Stati membri dinanzi ai Trattati, essa può rispettare tale uguaglianza solo se per gli Stati membri, in forza del principio del primato del diritto dell’Unione, è impossibile far prevalere nei confronti dell’ordinamento giuridico dell’Unione un provvedimento unilaterale di qualsiasi genere. In tale contesto, la Corte rileva inoltre che, nell’esercizio della sua competenza esclusiva a fornire l’interpretazione definitiva del diritto dell’Unione, spetta alla Corte stessa precisare la portata del principio del primato del diritto dell’Unione alla luce delle disposizioni pertinenti di tale diritto, poiché tale portata non può dipendere dall’interpretazione di disposizioni del diritto nazionale né dall’interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione adottata da un giudice nazionale che non corrisponda a quella della Corte.

Secondo la Corte, gli effetti derivanti dal principio del primato del diritto dell’Unione vincolano tutti gli organi di uno Stato membro, senza che le disposizioni interne, ivi comprese quelle di rango costituzionale, possano opporvisi. I giudici nazionali sono tenuti a disapplicare, di propria iniziativa, qualsiasi normativa o prassi nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto, senza dovere chiedere o attendere la previa rimozione di tale normativa o prassi nazionale in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale.

Peraltro, il fatto che i giudici nazionali non siano esposti a procedimenti o a sanzioni disciplinari per aver esercitato la facoltà, di loro esclusiva competenza, di adire la Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE costituisce una garanzia inerente all’indipendenza di tali giudici. Pertanto, nell’ipotesi in cui, in considerazione di una sentenza della Corte, un giudice ordinario nazionale dovesse ritenere che la giurisprudenza della Corte costituzionale nazionale sia contraria al diritto dell’Unione, il fatto che tale giudice nazionale disapplichi detta giurisprudenza non può in alcun modo essere idoneo a far sorgere la sua responsabilità disciplinare.


1      Sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a. (C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393).


2      Decisione 2006/928/CE della Commissione, del 13 dicembre 2006, che istituisce un meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione (GU 2006, L 354, pag. 56).


3      Sentenza del 3 luglio 2019, n. 417/2019.


4      Sentenza del 7 novembre 2018, n. 685/2018.


5      Sentenze del 16 febbraio 2016, n. 51/2016, del 4 maggio 2017, n. 302/2017 e del 16 gennaio 2019, n. 26/2019.


6      Articolo 2 e articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, articolo 325, paragrafo 1, TFUE, articolo 2 della Convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995 (GU 1995, C 316, pag. 48), nonché decisione 2006/928.


7      Secondo la sentenza della Corte costituzionale del 6 marzo 2018, n. 104/2018, la decisione 2006/928 non può costituire una norma di riferimento nel quadro di un controllo di costituzionalità.


8      Sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a. (C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393).


9      A norma del principio di leale collaborazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE.


10      Conformemente all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE.


11      Punto I., 5) dell’allegato IX dell’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2005, L 157, pag. 203).