Language of document : ECLI:EU:C:2024:105

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ATHANASIOS RANTOS

presentate il 1° febbraio 2024 (1)

Causa C70/23 P

Westfälische Drahtindustrie GmbH,

Westfälische Drahtindustrie Verwaltungsgesellschaft mbH & Co. KG,

Pampus Industriebeteiligungen GmbH & Co. KG

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato dell’acciaio per precompresso – Caso COMP/38.344 – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE – Sentenza che annulla parzialmente la decisione e fissa un’ammenda di importo identico a quello dell’ammenda inizialmente inflitta – Decisione della Commissione relativa al saldo restante dovuto dell’ammenda – Data di esigibilità di un’ammenda il cui importo è stato fissato dal giudice dell’Unione nell’esercizio della sua competenza estesa al merito»






I.      Introduzione

1.        Con la loro impugnazione, la Westfälische Drahtindustrie GmbH (in prosieguo: la «WDI»), la Westfälische Drahtindustrie Verwaltungsgesellschaft mbH & Co. KG (in prosieguo: la «WDV») e la Pampus Industriebeteiligungen GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Pampus») e, congiuntamente, le «ricorrenti» chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 23 novembre 2022, Westfälische Drahtindustrie e a./Commissione (T‑275/20; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2022:723), con la quale quest’ultimo ha respinto il loro ricorso diretto, in via principale, in primo luogo, all’annullamento, sulla base dell’articolo 263 TFUE, della lettera della Commissione europea del 2 marzo 2020, con la quale quest’ultima ha intimato loro di pagarle la somma di EUR 12 236 931,69, corrispondente, secondo la Commissione, al saldo restante dovuto dell’ammenda inflitta loro il 30 settembre 2010, in secondo luogo, alla dichiarazione che l’ammenda è stata interamente pagata il 17 ottobre 2019 con il versamento della somma di EUR 18 149 636,24 e, in terzo luogo, alla condanna della Commissione a versare alla WDI la somma di EUR 1 633 085,17, maggiorata degli interessi a partire da quest’ultima data, a titolo di arricchimento senza causa, nonché, in subordine, alla condanna della Commissione, sulla base dell’articolo 268 TFUE, a versare loro la somma di EUR 12 236 931,69, reclamata dalla Commissione alla WDI, e una somma equivalente all’importo dell’eccedenza percepita da tale istituzione, a concorrenza di EUR 1 633 085,17, maggiorata degli interessi dal 17 ottobre 2019 fino al completo rimborso della somma dovuta.

2.        Tale controversia trae origine dalla sentenza del 15 luglio 2015, Westfälische Drahtindustrie e a./Commissione (T‑393/10; in prosieguo: la «sentenza del 15 luglio 2015», EU:T:2015:515), con la quale il Tribunale, da un lato, ha annullato parzialmente, in particolare, una decisione della Commissione che constatava l’esistenza di una violazione dell’articolo 101 TFUE nella parte in cui ha inflitto un’ammenda alle ricorrenti, per il motivo che la Commissione era incorsa in errori nel valutare la loro capacità contributiva e, dall’altro, esercitando la propria competenza estesa al merito, ha condannato le ricorrenti al pagamento di un’ammenda di importo identico a quello dell’ammenda loro inflitta in detta decisione. A seguito della pronuncia di tale sentenza, sono emerse divergenze di opinione riguardo alla data a partire dalla quale dovevano decorrere gli interessi dovuti su detta ammenda. Infatti, le ricorrenti ritenevano che gli interessi dovessero iniziare a decorrere dalla pronuncia della sentenza del 15 luglio 2015, con la quale il Tribunale avrebbe annullato ex tunc l’ammenda inflitta dalla Commissione e avrebbe fissato una nuova ammenda distinta, mentre, secondo la Commissione, tali interessi erano dovuti a partire dalla data indicata in detta decisione della Commissione, vale a dire quasi cinque anni prima della pronuncia di tale sentenza.

3.        Conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni saranno incentrate sull’analisi del primo motivo dell’impugnazione, che verte, in sostanza, sulla questione se, in un caso come quello in esame – vale a dire, quando il Tribunale, in un primo momento, ha annullato una decisione della Commissione nella parte in cui fissava l’importo dell’ammenda inflitta e, in un secondo momento, nell’esercizio della propria competenza estesa al merito, ha fissato l’importo di tale ammenda allo stesso livello – l’esercizio, da parte del Tribunale, di tale competenza dia luogo ad un’ammenda che dev’essere qualificata come nuova e giuridicamente distinta rispetto all’ammenda inflitta dalla decisione della Commissione, cosicché essa diviene esigibile alla data di pronuncia della sentenza del Tribunale che fissa l’importo dell’ammenda.

4.        La presente causa offre quindi alla Corte l’opportunità, da un lato, di chiarire la natura giuridica dell’esercizio della competenza estesa al merito del giudice dell’Unione ai sensi dell’articolo 31 del regolamento (CE) n. 1/2003 (2) e, dall’altro, di precisare le conseguenze giuridiche che derivano dall’annullamento o dalla riforma di un’ammenda inflitta dalla Commissione ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, di tale regolamento, quando il giudice dell’Unione esercita una siffatta competenza, in particolare, per quanto riguarda la determinazione del dies a quo dell’esigibilità di tale ammenda e, in via accessoria, degli interessi di mora dovuti.

II.    Contesto normativo

5.        L’articolo 23 del regolamento n. 1/2003, intitolato «Ammende», ai paragrafi 2 e 3 così recita:

«2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [101] o dell’articolo [102 TFUE] (...)

(...)

3.      Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

6.        L’articolo 31 di tale regolamento, intitolato «Controllo della Corte di giustizia», prevede quanto segue:

«La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

7.        Il punto 35 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (3), intitolato «Capacità contributiva», così dispone:

«In circostanze eccezionali la Commissione può, a richiesta, tener conto della mancanza di capacità contributiva di un’impresa in un contesto sociale ed economico particolare. La Commissione non concederà alcuna riduzione di ammenda basata unicamente sulla constatazione di una situazione finanziaria sfavorevole o deficitaria. Una riduzione potrebbe essere concessa soltanto su presentazione di prove oggettive dalle quali risulti che l’imposizione di un’ammenda, alle condizioni fissate dai presenti orientamenti, pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica dell’impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore».

III. Fatti

8.        I fatti all’origine della controversia nonché il contenuto della decisione controversa sono esposti ai punti da 2 a 26 della sentenza impugnata. Ai fini della presente impugnazione, essi possono essere riassunti come segue.

A.      Procedimento amministrativo

9.        Con la decisione C(2010) 4387 definitivo, del 30 giugno 2010, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/38.344 – Acciaio per precompresso) (in prosieguo: la «decisione APC»), la Commissione ha sanzionato diverse imprese, tra cui le ricorrenti – fornitrici di acciaio per precompresso –, per la loro partecipazione a un’intesa nel mercato dell’acciaio per precompresso. La Commissione ha inflitto un’ammenda per un importo pari a EUR 56 050 000 alla WDI. La WDV e la Pampus sono state ritenute responsabili in solido per la somma, rispettivamente, di EUR 45 600 000 e di EUR 15 485 000. Tale sanzione è stata inflitta all’articolo 2, primo comma, punto 8, della decisione APC.

10.      Nel corso dell procedimento amministrativo, le ricorrenti avevano chiesto di beneficiare di una riduzione eccezionale dell’ammenda per mancanza di capacità contributiva, sulla base del punto 35 degli orientamenti del 2006.

11.      Nella decisione APC, la Commissione non ha accolto tale domanda.

12.      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 14 settembre 2010, le ricorrenti hanno proposto un ricorso diretto all’annullamento e alla riforma della decisione APC. La causa è stata iscritta a ruolo con il numero T‑393/10.

13.      Con la decisione C(2010) 6676 definitivo, del 30 settembre 2010 (in prosieguo: la «decisione del 30 settembre 2010»), la Commissione ha corretto alcuni errori nel calcolo delle ammende (4) e ha modificato la decisione APC, in particolare il suo articolo 2, primo comma, punto 8, riducendo in tal modo l’importo delle ammende inflitte a talune imprese (in prosieguo, considerate congiuntamente: la «decisione controversa») (5). L’ammenda inflitta alla WDI è stata così fissata in EUR 46 550 000. La WDV e la Pampus sono state ritenute responsabili in solido per la somma, rispettivamente, di EUR 38 855 000 e di EUR 15 485 000.

14.      La decisione del 30 settembre 2010 ha stabilito che il pagamento delle ammende considerate all’articolo 2, primo comma, punto 8, della decisione controversa doveva essere effettuato entro tre mesi dalla data di notifica della decisione del 30 settembre 2010 e che, alla scadenza di tale termine, gli interessi sarebbero stati automaticamente dovuti al tasso applicato dalla Banca centrale europea (BCE) alle sue principali operazioni di rifinanziamento il primo giorno del mese in cui era stata adottata la decisione del 30 settembre 2010, maggiorato di 3,5 punti percentuali. Era altresì previsto che, in caso di proposizione di un ricorso da parte di un’impresa sanzionata, quest’ultima potesse assolvere l’ammenda alla scadenza, o ancora fornendo una garanzia bancaria o procedendo al pagamento provvisorio dell’ammenda, conformemente all’articolo 85 bis, paragrafo 1, del regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 (6).

15.      Il 3 dicembre 2010 le ricorrenti hanno depositato presso la cancelleria del Tribunale una domanda di provvedimenti provvisori nell’ambito della causa T‑393/10 diretta, in sostanza, ad ottenere la sospensione dell’esecuzione della decisione controversa fino alla pronuncia della sentenza che avrebbe statuito sul ricorso principale.

16.      Con lettera del 14 febbraio 2011, il direttore generale della direzione generale (DG) «Concorrenza» della Commissione ha respinto una nuova domanda presentata dalle ricorrenti diretta alla riduzione dell’ammenda in ragione della loro capacità contributiva (in prosieguo: la «lettera del 14 febbraio 2011»).

17.      Con l’ordinanza del 13 aprile 2011, Westfälische Drahtindustrie e a./Commissione (T‑393/10 R; in prosieguo: l’«ordinanza emessa in sede di procedimento sommario», EU:T:2011:178), il presidente del Tribunale ha accolto in parte la domanda di provvedimenti provvisori presentata dalle ricorrenti, disponendo la sospensione dell’obbligo ad esse imposto di costituire una garanzia bancaria a favore della Commissione per evitare la riscossione immediata delle ammende, a condizione che esse versassero a tale istituzione, a titolo provvisorio, da un lato, la somma di EUR 2 000 000 prima del 30 giugno 2011 e, dall’altro, rate mensili di EUR 300 000 il quindicesimo giorno di ogni mese a partire dal 15 luglio 2011 e fino a nuovo ordine, ma al più tardi fino alla pronuncia della sentenza nel procedimento principale.

18.      Con sentenza del 15 luglio 2015, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione non era incorsa in errore quando aveva constatato, nella decisione controversa, nei confronti delle ricorrenti, l’esistenza di una violazione dell’articolo 101 TFUE. Tuttavia, il Tribunale ha annullato la decisione controversa nella parte in cui infliggeva un’ammenda alle ricorrenti nonché la lettera del 14 febbraio 2011, in quanto la Commissione era incorsa in errori nel valutare la loro capacità contributiva. Nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, il Tribunale ha condannato le ricorrenti al pagamento di un’ammenda di importo identico a quello dell’ammenda che era stata loro inflitta nella decisione controversa, come risulta dal dispositivo della sentenza del 15 luglio 2015 (7).

19.      Ottemperando all’ordinanza emessa in sede di procedimento sommario, la WDI aveva pagato provvisoriamente alla Commissione una somma totale di EUR 16 400 000 nel periodo dal 29 giugno 2011 al 16 giugno 2015.

20.      Dopo la pronuncia della sentenza del 15 luglio 2015, i legali delle ricorrenti hanno preso contatto con la DG «Bilancio» della Commissione al fine di concordare in via amichevole uno scadenzario per il pagamento delle ammende fissate ai punti da 4 a 6 del dispositivo di tale sentenza. Sono allora emerse divergenze di opinione per quanto riguardava la data a partire dalla quale dovevano decorrere gli interessi dovuti su tali ammende. Infatti, le ricorrenti consideravano che gli interessi dovevano iniziare a decorrere dalla pronuncia della sentenza del 15 luglio 2015, mentre, secondo la DG «Bilancio», gli interessi erano dovuti sin dalla data risultante dall’articolo 2, secondo e terzo comma, della decisione controversa, vale a dire, per quanto riguardava le ricorrenti, entro un termine di tre mesi a decorrere dalla notifica della decisione del 30 settembre 2010. Tale presa di posizione è stata riprodotta in un messaggio di posta elettronica della DG «Bilancio» del 12 agosto 2015, in risposta ad un messaggio di posta elettronica del rappresentante delle ricorrenti del 5 agosto 2015, ed è stata ribadita nel corso di una riunione svoltasi il 4 settembre 2015 tra la Commissione e la WDI.

21.      La sentenza del 15 luglio 2015 è stata oggetto di un’impugnazione proposta dalle ricorrenti, che avevano in particolare contestato la presa in considerazione da parte del Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, della loro capacità contributiva nel 2015, e non nel 2010. Tale impugnazione è stata respinta con ordinanza del 7 luglio 2016, Westfälische Drahtindustrie e Pampus Industriebeteiligungen/Commissione (C‑523/15 P; in prosieguo: l’«ordinanza della Corte», EU:C:2016:541).

22.      Dopo il rigetto della loro impugnazione, le ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di interpretare la sentenza del 15 luglio 2015 nel senso che gli interessi applicati all’importo dell’ammenda inflitta in tale sentenza fossero dovuti a decorrere dalla pronuncia di quest’ultima. In subordine, le ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di rettificare o integrare tale sentenza precisando a partire da quale data cominciavano a decorrere gli interessi.

23.      Con l’ordinanza del 17 maggio 2018, Westfälische Drahtindustrie e a./Commissione (T‑393/10 INTP, EU:T:2018:293), il Tribunale ha dichiarato tali domande irricevibili. Per quanto riguarda la domanda di interpretazione, il Tribunale ha ricordato che, per essere ricevibile, essa doveva vertere su un punto deciso nella sentenza da interpretare. Orbene, la questione del punto di partenza degli interessi di mora dovuti in caso di pagamento differito dell’importo delle ammende inflitte alle ricorrenti non era stata affrontata nella sentenza del 15 luglio 2015. Secondo il Tribunale, la domanda delle ricorrenti mirava ad ottenere un parere sulle conseguenze della sentenza del 15 luglio 2015, il che non rientrava in una domanda di interpretazione proposta sulla base dell’articolo 168, paragrafo 1, del suo regolamento di procedura. Per quanto riguarda le altre due domande, il Tribunale le ha considerate tardive.

24.      Il 16 ottobre 2019 la WDI ha informato la Commissione, da un lato, di aver già pagato la somma di EUR 31 700 000 e, dall’altro, che intendeva pagare già il saldo dell’ammenda dovuta, in conto capitale e interessi, che stimava in EUR 18 149 636,24. Ai fini di tale calcolo, la WDI ha preso in considerazione gli interessi maturati a partire dal 15 ottobre 2015, ossia tre mesi dopo la pronuncia della sentenza del 15 luglio 2015, e ha applicato un tasso di interesse del 3,48%.

25.      Il 17 ottobre 2019 la WDI ha versato tale somma di EUR 18 149 636,24 sul conto bancario della Commissione, portando così l’importo totale dei pagamenti effettuati a partire dal 29 giugno 2011, a saldo dell’ammenda, ad EUR 49 849 636,24.

26.      Con lettera del 2 marzo 2020 (in prosieguo: l’«atto impugnato»), la Commissione ha espresso il proprio disaccordo sulla posizione espressa dalla WDI nella sua lettera del 16 ottobre 2019. La Commissione ha indicato che, conformemente ai criteri stabiliti nella sentenza del 14 luglio 1995, CB/Commissione (T‑275/94; in prosieguo: la «sentenza CB», EU:T:1995:141), gli interessi avevano iniziato a decorrere non già a partire dalla sentenza del 15 luglio 2015, ma a partire dalla data prevista dalla decisione controversa, ossia dal 4 gennaio 2011, e al tasso del 4,5%. Di conseguenza, la Commissione ha intimato alla WDI di versarle la somma di EUR 12 236 931,69 corrispondente al saldo restante dovuto, tenendo conto della data di valuta del 31 marzo 2020.

B.      Procedimento dinanzi al Tribunale

27.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 maggio 2020, le ricorrenti hanno chiesto al Tribunale, in via principale, in primo luogo, l’annullamento dell’atto impugnato, in secondo luogo, la constatazione che la Commissione doveva imputare i pagamenti effettuati dalla WDI nel periodo compreso tra il 29 giugno 2011 e il 16 giugno 2015, maggiorati degli interessi relativi a tale importo durante detto periodo, vale a dire un importo totale di EUR 17 820 610, all’ammenda inflitta dal Tribunale nell’ambito della sua competenza estesa al merito nella sentenza del 15 luglio 2015, con effetto a partire da tale data, e che detta ammenda è stata, di conseguenza, integralmente pagata con il pagamento effettuato dalla WDI il 17 ottobre 2019 per un importo di EUR 18 149 636,24 e, in terzo luogo, la condanna della Commissione a versare alla WDI la somma di EUR 1 633 085,17, maggiorata degli interessi a decorrere dal 17 ottobre 2019 fino al completo rimborso della somma dovuta, a titolo di arricchimento senza causa. In subordine, le ricorrenti hanno chiesto la condanna dell’Unione europea, rappresentata dalla Commissione, da un lato, a versare loro un risarcimento pari all’importo richiesto nell’atto impugnato, ossia EUR 12 236 931,69, e, dall’altro, a versare alla WDI la somma equivalente all’importo dell’eccedenza percepita da tale istituzione il 17 ottobre 2019, a concorrenza di EUR 1 633 085,17, maggiorata degli interessi a decorrere da tale data fino al completo rimborso della somma dovuta;

28.      Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha anzitutto esaminato il quarto capo delle conclusioni, riguardante una domanda di risarcimento fondata sull’illegittimità del comportamento della Commissione, per il fatto che quest’ultima non avrebbe correttamente dato esecuzione alla sentenza del 15 luglio 2015, violando così gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 266, primo comma, TFUE (8). A sostegno di tale domanda di risarcimento, le ricorrenti hanno dedotto, in sostanza, quattro motivi. A questo proposito, il Tribunale ha considerato che tutte le violazioni denunciate muovevano dalla premessa secondo cui l’ammenda inflitta nella decisione controversa non era stata «mantenuta» o «confermata» dalla sentenza del 15 luglio 2015, ma era stata annullata ex tunc e sostituita da una nuova ammenda, che le ricorrenti denominano «ammenda giurisdizionale», esigibile unicamente a partire dal giorno della pronuncia di tale sentenza (9).

29.      Dopo aver dichiarato ricevibile la domanda risarcitoria (10), il Tribunale ha anzitutto constatato che, poiché la questione del punto di partenza degli interessi di mora dovuti sull’importo dell’ammenda non era stata oggetto di alcuno scambio tra le parti durante il procedimento giurisdizionale e non era stata esplicitamente affrontata nella sentenza del 15 luglio 2015, né nella motivazione né nel dispositivo di tale sentenza (11), occorreva stabilire se da tale sentenza si potesse dedurre che l’ammenda fissata dal Tribunale fosse giuridicamente distinta da quella inflitta dalla Commissione nella decisione controversa (12). A tale riguardo, conformemente alla giurisprudenza derivante dalla sua sentenza CB, il Tribunale ha rilevato che dalla formulazione dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 risultava che la competenza estesa al merito conferita al giudice dell’Unione in materia di concorrenza si riferisce e si limita all’ammenda inizialmente inflitta dalla Commissione e che, pertanto, l’ammenda stabilita dal giudice dell’Unione non costituisce una nuova ammenda, giuridicamente distinta da quella inflitta dalla Commissione (13). Di conseguenza, secondo il Tribunale, quando il giudice dell’Unione sostituisce la propria valutazione a quella della Commissione e riduce l’importo dell’ammenda nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, esso sostituisce, nella decisione della Commissione, l’importo inizialmente fissato in tale decisione con quello che risulta dalla sua valutazione, cosicché si ritiene che la decisione della Commissione, in virtù dell’effetto sostitutivo della sentenza del giudice dell’Unione, sia sempre stata quella risultante dalla valutazione di quest’ultimo (14).

30.      Il Tribunale ha poi ricordato, facendo riferimento all’ordinanza della Corte, che, nel caso di specie, la Corte ha dichiarato, da un lato, che, sebbene l’esercizio da parte del Tribunale del suo controllo di legittimità della decisione controversa avesse comportato l’annullamento di tale decisione nella parte in cui la Commissione aveva inflitto un’ammenda alle ricorrenti, tale circostanza non implicava affatto che il Tribunale fosse, per tale ragione, privo del potere di esercitare la sua competenza estesa al merito e, dall’altro, che la circostanza secondo cui il Tribunale aveva da ultimo considerato opportuno mantenere, nel caso di specie, un importo dell’ammenda pari a quello fissato nella decisione controversa non incideva sulla regolarità dell’esercizio della sua competenza estesa al merito (15). Il Tribunale ne ha dedotto che la Commissione era legittimata a considerare che, poiché l’ammenda fissata dal Tribunale non era una nuova ammenda, quest’ultima era esigibile dalla data prevista dalla decisione controversa (16).

31.      Secondo il Tribunale, tale valutazione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti delle ricorrenti relativi, in particolare, al fatto che il Tribunale aveva annullato l’ammenda inizialmente inflitta, prima di fissare un nuovo importo sulla base di elementi posteriori alla decisione controversa (17), e che il presidente del Tribunale aveva disposto, con la sua ordinanza emessa in sede di procedimento sommario, la sospensione dell’obbligo di costituire una garanzia bancaria. A quest’ultimo proposito, il Tribunale ha osservato che l’adozione dell’ordinanza emessa in sede di procedimento sommario non ha comportato la sospensione dell’esigibilità del credito, che ha continuato a produrre interessi di mora durante il procedimento giurisdizionale (18).

32.      Il Tribunale ha sottolineato inoltre che, quando il giudice dell’Unione mantiene parzialmente o integralmente l’importo dell’ammenda nell’ambito dell’esercizio della sua competenza estesa al merito, l’obbligo di pagare interessi di mora ab initio non costituisce una sanzione che si aggiunge all’ammenda inizialmente inflitta dalla Commissione. Infatti, sia l’assenza di differenza di natura giuridica dell’ammenda quale riveduta dal giudice dell’Unione sia il principio dell’assenza di effetto sospensivo dei ricorsi osterebbero a che la Commissione esoneri l’impresa, che non abbia pagato immediatamente tale ammenda e il cui ricorso sia stato accolto in parte, dall’obbligo ad essa incombente di pagare, a partire dall’esigibilità dell’ammenda inflitta dalla Commissione, interessi sull’importo dell’ammenda fissato dal giudice dell’Unione (19).

33.      Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale ha concluso per l’assenza di una violazione sufficientemente qualificata degli obblighi della Commissione ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE e ha respinto la domanda risarcitoria delle ricorrenti. Tenuto conto del fatto che gli altri capi delle conclusioni formulati dalle ricorrenti erano, in sostanza, anch’essi fondati sulla premessa di una violazione di tale disposizione da parte della Commissione, il Tribunale ha respinto integralmente il ricorso (20).

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

34.      Con la loro impugnazione, le ricorrenti chiedono alla Corte di annullare la sentenza impugnata e ribadiscono, in sostanza, le loro conclusioni presentate in primo grado (21). Dal canto suo, la Commissione chiede alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare le ricorrenti alle spese.

V.      Analisi

35.      A sostegno della loro impugnazione, le ricorrenti deducono tre motivi, vertenti, il primo, su un errore di diritto per inosservanza della sentenza del 15 luglio 2015 nonché su una motivazione erronea e contraddittoria della sentenza impugnata, il secondo, sulla violazione dell’articolo 266 TFUE a causa dell’inosservanza della norma giuridica risultante dalla combinazione dell’effetto di annullamento e della natura giuridica sostitutiva e, il terzo, sulla violazione del diritto a un equo processo. Conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni saranno incentrate sull’analisi del primo motivo.

36.      Dalla descrizione dei fatti all’origine della controversia risulta che, al pari del ricorso in primo grado dinanzi al Tribunale, la presente impugnazione dinanzi alla Corte, e in particolare il primo motivo, si concentra, in sostanza, sulla questione se l’esercizio, da parte del Tribunale, della sua competenza estesa al merito, nell’ambito della sentenza del 15 luglio 2015, abbia dato luogo ad un’ammenda che deve essere qualificata come nuova e giuridicamente distinta rispetto all’ammenda inflitta dalla Commissione con la decisione controversa.

37.      Più precisamente, nell’ambito di tale primo motivo, la tesi delle ricorrenti è essenzialmente che, con la sentenza del 15 luglio 2015, il Tribunale avrebbe, da un lato, annullato ex tunc l’ammenda inflitta dalla Commissione – annullamento che avrebbe generato un credito a loro favore, corrispondente alla somma pagata dalle ricorrenti, a titolo provvisorio, in esecuzione dell’ordinanza emessa in sede di procedimento sommario, maggiorata degli interessi – e, dall’altro, fissato una nuova ammenda distinta, con effetto dalla data di pronuncia della sentenza del 15 luglio 2015, che esse definiscono «ammenda giurisdizionale», in contrapposizione all’«ammenda annullata» inflitta dalla Commissione nel 2010.

38.      Poiché le diverse censure dedotte dalle ricorrenti nell’ambito del primo motivo muovono tutte dalla premessa secondo cui, in sostanza, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto nel dichiarare che l’ammenda inflitta dal Tribunale nella sentenza del 15 luglio 2015 non costituisce una nuova ammenda, giuridicamente distinta da quella inflitta dalla Commissione con la decisione controversa, ritengo utile, in primo luogo, formulare osservazioni preliminari sulla natura della competenza estesa al merito e, in particolare, sulle conseguenze della sua applicazione (A) e poi, in secondo luogo, analizzare il ragionamento del Tribunale nella sentenza impugnata esaminando al contempo le diverse censure dedotte dalle ricorrenti nell’ambito del primo motivo della loro impugnazione (B).

A.      Sulla competenza estesa al merito attribuita al giudice dell’Unione in materia di applicazione delle norme in materia di concorrenza

39.      In primo luogo, occorre ricordare che il sistema di controllo giurisdizionale delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti ai sensi degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE consiste in un controllo di legittimità degli atti delle istituzioni stabilito all’articolo 263 TFUE, che può essere integrato, in applicazione dell’articolo 261 TFUE e dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 (22), e su richiesta della parte ricorrente, dall’esercizio da parte del Tribunale di una competenza estesa al merito per quanto riguarda le sanzioni inflitte in tale settore dalla Commissione (23). La competenza estesa al merito può quindi essere esercitata solo a titolo complementare nell’ambito del controllo di legittimità previsto all’articolo 263 TFUE e non costituisce un ricorso autonomo ai sensi dei ricorsi di cui all’articolo 256 TFUE (24).

40.      A questo proposito, rilevo che la portata del controllo di legittimità si estende a tutti gli elementi delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti in applicazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE di cui il Tribunale garantisce un controllo approfondito, in diritto e in fatto, alla luce dei motivi dedotti dai ricorrenti e in considerazione di tutti gli elementi sottoposti da questi ultimi. Tuttavia, nell’ambito di tale controllo, i giudici dell’Unione non possono, in ogni caso, sostituire la loro propria motivazione a quella dell’autore dell’atto di cui trattasi (25).

41.      Per contro, nell’esercizio della propria competenza estesa al merito, il giudice dell’Unione è abilitato, al di là del controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la propria valutazione per la determinazione dell’importo di tale sanzione a quella della Commissione, autrice dell’atto in cui detto importo è stato inizialmente fissato. Di conseguenza, il giudice dell’Unione può riformare l’atto impugnato, anche in assenza di annullamento, al fine di eliminare, ridurre o aumentare l’ammenda, e tale competenza è esercitata tenendo conto di tutte le circostanze (controllo de novo) (26).

42.      Ne consegue che, sebbene la portata di tale competenza estesa al merito sia strettamente limitata, a differenza del controllo di legittimità, alla determinazione dell’importo dell’ammenda (27), il giudice dell’Unione è legittimato a esercitare la sua competenza estesa al merito quando il problema dell’importo dell’ammenda è sottoposto alla sua valutazione (28), e l’esercizio di tale competenza comporta il trasferimento definitivo a tale giudice del potere di infliggere sanzioni (29).

43.      Da un punto metodologico, è quindi solo dopo che il giudice dell’Unione ha terminato di controllare la legittimità della decisione sottoposta al suo esame, alla luce dei motivi dinanzi ad esso dedotti, che spetta al medesimo, in assenza di annullamento totale di tale decisione, esercitare la sua competenza estesa al merito al fine, da un lato, di trarre le conseguenze dalla sua sentenza relativa alla legittimità di detta decisione e, dall’altro, in funzione degli elementi che sono stati sottoposti al suo esame, di stabilire, tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie, se occorra sostituire la propria valutazione a quella della Commissione, affinché l’importo dell’ammenda sia adeguato (30).

44.      In secondo luogo, ricordo che il giudice dell’Unione, per soddisfare i requisiti di un controllo esteso al merito ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea per quanto riguarda l’ammenda, è tenuto, nell’esercizio delle competenze previste agli articoli 261 TFUE e 263 TFUE, ad esaminare e a riformare ogni censura, di fatto o di diritto, diretta a dimostrare che l’importo dell’ammenda non è adeguato alla gravità e alla durata dell’infrazione (31). Infatti, è grazie a tale competenza estesa al merito che il controllo giurisdizionale previsto dai Trattati è conforme ai dettami del principio della tutela giurisdizionale effettiva enunciato all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali (32). Tale esercizio presuppone quindi, in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, che siano prese in considerazione, per ciascuna impresa sanzionata, la gravità dell’infrazione di cui trattasi nonché la sua durata, nel rispetto dei principi, segnatamente, di motivazione, di proporzionalità, di individualizzazione delle sanzioni e di parità di trattamento, e senza che il giudice dell’Unione sia vincolato dalle regole indicative definite dalla Commissione nei suoi orientamenti, anche se questi ultimi possono guidare i giudici dell’Unione quando esercitano la loro competenza estesa al merito (33).

45.      In terzo luogo, occorre sottolineare che l’esercizio di tale competenza estesa al merito non equivale a un controllo d’ufficio e che il procedimento rimane di tipo contraddittorio. Ad eccezione dei motivi di ordine pubblico, che devono essere sollevati d’ufficio dal giudice, come il difetto di motivazione della decisione controversa (34), spetta alla parte ricorrente sollevare motivi contro tale decisione e addurre elementi probatori per corroborare tali motivi (35). Orbene, la Corte ha dichiarato che la mancanza di un controllo d’ufficio di tutta la decisione controversa non viola il principio della tutela giurisdizionale effettiva. Non è infatti indispensabile al rispetto di tale principio che il Tribunale, che è senza dubbio tenuto a rispondere ai motivi sollevati e ad esercitare un controllo tanto in diritto quanto in fatto, sia tenuto a procedere d’ufficio ad una nuova istruzione completa del fascicolo (36). Pertanto, nell’ambito dell’esercizio della sua competenza estesa al merito, il giudice dell’Unione può anche constatare che nessuno degli argomenti addotti dalle parti giustifica il fatto che egli eserciti tale competenza per ridurre l’importo delle ammende (37).

46.      È alla luce di tali constatazioni generali che occorre esaminare il primo motivo dedotto dalle ricorrenti.

B.      Sul primo motivo

47.      Con il loro primo motivo – articolato in una serie di censure che si sovrappongono in gran parte e che riguardano i punti 98, 99, 102, 105, 107, 111, 113, 115, 117, 118, 125 e 127 della sentenza impugnata – le ricorrenti contestano al Tribunale, in sostanza, di essere incorso in un errore di diritto per non aver rispettato la propria sentenza del 15 luglio 2015 e per aver formulato una motivazione erronea e contraddittoria rispetto a tale sentenza, violando in tal modo l’autorità del giudicato.

48.      Poiché l’intera argomentazione delle ricorrenti muove dalla premessa secondo cui, con la sentenza del 15 luglio 2015, il Tribunale avrebbe inflitto una nuova ammenda, giuridicamente distinta da quella inflitta dalla Commissione nella decisione controversa, ritengo che, a fini di chiarezza e di buona amministrazione della giustizia, occorra esaminare se tale premessa sia corretta. Qualora non lo fosse, tutte le censure sollevate dalle ricorrenti nell’ambito del primo motivo sarebbero allora infondate e respinte, in quanto non esisterebbe alcuna contraddizione tra la sentenza del 15 luglio 2015 e la sentenza impugnata.

1.      Sulla fondatezza della premessa del primo motivo

49.      Anzitutto, ritengo necessario constatare che giustamente il Tribunale, ai punti 96 e 97 della sentenza impugnata, ha rilevato che, poiché la questione del punto di partenza degli interessi di mora dovuti sull’importo dell’ammenda non era stata esplicitamente affrontata nella sentenza del 15 luglio 2015, occorreva stabilire se dalla motivazione di tale sentenza si potesse dedurre che l’ammenda fissata dal Tribunale fosse giuridicamente distinta da quella inflitta dalla Commissione nella decisione controversa (38).

50.      A tale riguardo, osservo che il punto di partenza dell’analisi di un’eventuale contraddizione tra la sentenza impugnata e la sentenza del 15 luglio 2015 deve necessariamente essere il contenuto e, più concretamente, la motivazione e il dispositivo della sentenza del 15 luglio 2015, letta anche alla luce dell’ordinanza della Corte. A questo proposito, la sintesi del contenuto della sentenza del 15 luglio 2015, che il Tribunale ha esposto ai punti 95 e 100 della sentenza impugnata e su cui si fonda la sua analisi, è precisa nonché coerente con l’interpretazione della Corte, quale risulta dalla sua ordinanza (39).

51.      Infatti, si ricorda che, a sostegno del loro ricorso avverso la decisione controversa, che ha dato luogo alla sentenza del 15 luglio 2015, le ricorrenti avevano dedotto nove motivi, di cui solamente il sesto e il nono sono rilevanti ai fini della presente impugnazione. Da un lato, il sesto motivo verteva, in particolare, sulla violazione del principio di proporzionalità in quanto la Commissione non aveva tenuto conto della loro mancanza di capacità contributiva nella decisione controversa. Dall’altro lato, il nono motivo verteva sull’erronea valutazione della loro capacità contributiva nella lettera del 14 febbraio 2011, di cui le ricorrenti hanno parimenti chiesto l’annullamento.

52.      Con la sentenza del 15 luglio 2015, il Tribunale, accogliendo tali due motivi, ha annullato la decisione controversa, nella parte in cui infliggeva un’ammenda alle ricorrenti, nonché la lettera del 14 febbraio 2011, per il motivo che la Commissione era incorsa in errori nel valutare la loro capacità contributiva, ai sensi del punto 35 degli orientamenti del 2006. Più precisamente, nell’ambito del suo controllo di legittimità della decisione controversa, il Tribunale ha considerato, ai punti da 285 a 332 della sentenza del 15 luglio 2015, che la Commissione era incorsa in errori nella valutazione della capacità contributiva delle ricorrenti e che detti errori erano tali, da un lato, da comportare l’annullamento della decisione controversa nella parte in cui veniva inflitta un’ammenda alle ricorrenti nonché della lettera del 14 febbraio 2011 e, dall’altro, da giustificare che il Tribunale esercitasse la sua competenza estesa al merito (40).

53.      Nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, il Tribunale ha tuttavia considerato che le ricorrenti non erano legittimate a pretendere che venisse concessa loro una riduzione dell’ammenda per mancanza di capacità contributiva e, pertanto, ha fissato l’ammenda a un importo identico a quello ad esse inflitto nella decisione controversa. Più precisamente, ai punti da 333 a 358 della sentenza del 15 aprile 2015, il Tribunale, applicando esso stesso gli orientamenti del 2006, ha considerato, in base agli elementi forniti dalle ricorrenti in merito alla loro situazione finanziaria, quale si era evoluta dopo l’adozione della decisione controversa, che queste ultime non avevano fondati motivi per sostenere che si doveva conceder loro una riduzione di ammenda a causa della mancanza di capacità contributiva, per motivi analoghi a quelli previsti al punto 35 di detti orientamenti del 2006, e che, pertanto, le ricorrenti dovevano essere condannate al pagamento di un’ammenda di importo identico a quello inflitto nella decisione controversa (41).

54.      A tale riguardo, mi sembra importante sottolineare che, sebbene il Tribunale si sia limitato ad accogliere i motivi di annullamento relativi alla valutazione della capacità contributiva delle ricorrenti, per contro, tutti i motivi relativi alla legittimità della violazione e all’importo dell’ammenda inflitta di conseguenza sono stati respinti. In altri termini, il Tribunale non aveva individuato alcuna ragione per considerare inadeguato l’importo delle ammende inflitte alle ricorrenti, quale risultava dall’articolo 2, primo comma, punto 8, della decisione controversa (42), sulla base dei primi quattro motivi del ricorso, il cui esame non aveva rivelato alcun errore tale da viziare di illegittimità la decisione impugnata. È anche per questa ragione che il Tribunale ha fissato un’ammenda di importo identico a quello dell’ammenda che la Commissione aveva precedentemente inflitto alle ricorrenti nella decisione controversa. Inoltre, si ricorda che l’applicazione del punto 35 degli orientamenti del 2006 costituisce l’ultimo elemento preso in considerazione nella determinazione dell’importo delle ammende inflitte per violazione delle norme in materia di concorrenza (43).

55.      Quanto al dispositivo della sentenza del 15 luglio 2015, è vero che, al punto 2 di quest’ultimo, il Tribunale, da un lato, ha annullato l’articolo 2, primo comma, punto 8, della decisione controversa, che infliggeva un’ammenda alle ricorrenti e, dall’altro, ha fissato gli importi dell’ammenda, che corrispondevano a quelli della decisione controversa, ai punti da 4 a 6 di detto dispositivo. Tuttavia, ritenere che tale scelta riveli la volontà del Tribunale di stabilire una nuova ammenda giuridicamente distinta da quella fissata dalla Commissione peccherebbe di eccesso di formalismo e contravverrebbe, a mio avviso, alla regola fondamentale, derivante da una giurisprudenza costante, secondo la quale il dispositivo di una sentenza deve essere interpretato alla luce della motivazione da cui esso discende e che ne costituisce il sostegno necessario (44). Inoltre, sono numerosi i casi in cui il Tribunale ha annullato il dispositivo di una decisione della Commissione relativo all’ammenda, fissando poi il nuovo importo nell’esercizio della sua competenza estesa al merito (45). Infatti, come osserva la Commissione, in alcuni casi, come nella sentenza del 15 luglio 2015, il Tribunale prima annulla l’articolo della decisione della Commissione che fissa l’ammenda e poi determina nuovamente l’ammenda nel dispositivo di tale sentenza (46). In altri casi, il Tribunale si limita a riformare l’ammenda senza annullare il relativo articolo della decisione della Commissione (47). Sebbene tale mancanza di coerenza nella prassi del Tribunale sia inopportuna e possa costituire, sul piano puramente formale, una fonte di confusione, in realtà, poiché la competenza estesa al merito, ai sensi della giurisprudenza derivante dalla sentenza CB, «si riferisc[e] e si limit[a] all’ammenda inizialmente inflitta dalla Commissione» (48), essa sarebbe irrilevante, in linea di principio, sul piano delle conseguenze giuridiche (49).

56.      Alla luce di quanto precede, ritengo che la premessa della tesi delle ricorrenti sviluppata nell’ambito del primo motivo, secondo la quale, con la sentenza del 15 luglio 2015, il Tribunale avrebbe inflitto una nuova ammenda giuridicamente distinta da quella inflitta dalla Commissione nella decisione controversa, non risulti dalla motivazione di tale sentenza e sia fondamentalmente errata.

57.      Tale conclusione è sufficiente, a mio avviso, per respingere l’intera tesi delle ricorrenti in quanto infondata, senza che occorra procedere ad un esame più approfondito delle diverse censure del primo motivo.

58.      Tuttavia, qualora la Corte ritenga necessario esaminare i diversi argomenti addotti dalle ricorrenti, in subordine, e per completezza, propongo di respingerli sulla base della seguente analisi.

2.      Sulle diverse censure del primo motivo

59.      In primo luogo, le ricorrenti affermano che, al punto 98 della sentenza impugnata, il Tribunale ha formulato l’erronea constatazione secondo cui «l’ammenda stabilita dal giudice dell’Unione non costituisce una nuova ammenda, giuridicamente distinta da quella inflitta dalla Commissione (v., in tal senso, [sentenza CB], punti 58 e 60)». Tale constatazione sarebbe erronea in quanto non fornirebbe alcuna risposta alla questione di stabilire in cosa consista l’effetto riformatore e sostitutivo della sentenza del 15 luglio 2015 nei confronti dell’ammenda annullata dalla decisione controversa.

60.      A sostegno del loro argomento, le ricorrenti affermano che il Tribunale ha erroneamente fatto riferimento ai punti 58 e 60 della sentenza CB, poiché quest’ultima si distingue dalla sentenza del 15 luglio 2015. Infatti, contrariamente alla sentenza CB, nella sentenza del 15 luglio 2015 il Tribunale, da un lato, avrebbe proceduto alla condanna al pagamento dell’«ammenda giurisdizionale» sulla base di «fatti nuovi» e, dall’altro, avrebbe prima abolito l’ammenda inflitta nella sua interezza e fin dall’inizio (riduzione ex tunc) per poi stabilire l’«ammenda giurisdizionale» e non avrebbe quindi scelto di confermare o soltanto di ridurre (retroattivamente) la decisione iniziale della Commissione e l’ammenda inflitta ai sensi della decisione iniziale della Commissione.

61.      Tali argomenti, a mio avviso, non possono essere accolti.

62.      Infatti, anzitutto, come si è constatato ai paragrafi da 52 a 56 delle presenti conclusioni, nella sentenza del 15 luglio 2015, il giudice dell’Unione non ha inflitto ammende in sostituzione di quella inflitta dalla Commissione – cosa che d’altronde non era in grado di fare – ma ha semplicemente «riformato» l’ammenda inizialmente fissata nella decisione controversa. In altri termini, sussiste un’identità di fatto e di diritto tra l’ammenda inflitta dalla Commissione nella decisione controversa e quella fissata nella sentenza del 15 luglio 2015 a seguito del controllo esercitato dal Tribunale.

63.      Poi, ricordo che, ai punti da 58 a 60 della sentenza CB, il Tribunale ha dichiarato che la competenza estesa al merito attribuita al giudice dell’Unione in materia di applicazione delle norme in materia di concorrenza «si riferisc[e] e si limit[a] all’ammenda inizialmente inflitta dalla Commissione» (punto 58), che tale giudice «non ha il potere di infliggere un’ammenda», ma può «unicamente (...) pronunciarsi sulle ammende fissate mediante una decisione della Commissione» (punto 59) e che, pertanto, esso non è competente a «sostituire all’ammenda inflitta dalla Commissione un’ammenda nuova, giuridicamente distinta da quest’ultima» (punto 60). Orbene, tali affermazioni di ordine generale, che sono state formulate nel 1995 dal Tribunale, benché mai confermate dalla Corte, mi sembrano tuttora valide (50).

64.      Infine, quanto all’argomento secondo cui, nella sentenza CB, il Tribunale avrebbe confermato la parte dell’ammenda in questione dopo aver rivalutato gli stessi fatti all’origine della decisione controversa, mentre, nella sentenza del 15 luglio 2015, il Tribunale avrebbe deciso di confermare la stessa ammenda basandosi anche sull’esame di fatti nuovi, la differenziazione operata dalle ricorrenti è irrilevante sul piano giuridico. Infatti, come risulta da una giurisprudenza costante, il giudice dotato di competenza estesa al merito deve tener conto, in via di principio e senza pregiudizio dell’esame degli elementi sottopostigli dalle parti, della situazione di diritto e di fatto esistente alla data in cui egli statuisce qualora ritenga giustificato esercitare il proprio potere di riforma (51). A fortiori, ciò significa che il giudice dotato di competenza estesa al merito può prendere in considerazione non solo elementi anteriori che non figurano nell’atto impugnato (52), ma, se del caso e a titolo eccezionale, anche elementi posteriori all’adozione della decisione. Come la Corte ha dichiarato al punto 43 dell’ordinanza della Corte, il giudice dell’Unione, al fine di integrare l’esercizio del suo controllo di legittimità, è abilitato a tenere conto di tutte le circostanze di fatto che ritiene pertinenti, indipendentemente dal fatto che siano precedenti o successive alla decisione adottata (53). Ciò vale a fortiori anche quando, come nella causa in esame, l’esercizio della competenza estesa al merito verte sull’esame della capacità contributiva dell’impresa interessata. Infatti, come rilevato dalla Corte, se il giudice dell’Unione non potesse valutare tale capacità tenendo conto della situazione di fatto esistente nel momento in cui si pronuncia, potrebbe essere tenuto a negare o a concedere una riduzione o un’estinzione dell’ammenda dovuta o non dovuta, tale da causare o da procurare a tale impresa uno svantaggio o un vantaggio concorrenziale ingiustificato (54). Peraltro, ricordo che il controllo della mancanza di capacità contributiva, ai sensi del punto 35 degli orientamenti del 2006, implica l’analisi del «contesto sociale ed economico particolare» al momento dell’imposizione di un’ammenda, al fine di valutare se quest’ultima «pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica» dell’impresa di cui trattasi. Un siffatto controllo è quindi, per sua natura e per il suo oggetto, prospettico e può richiedere, eccezionalmente, la presa in considerazione di elementi successivi alla decisione che infligge l’ammenda.

65.      In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la motivazione della sentenza impugnata è contraddittoria per quanto riguarda l’effetto sostitutivo della sentenza del 15 luglio 2015. Più precisamente, al punto 99 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che «[q]uando il giudice dell’Unione sostituisce la propria valutazione a quella della Commissione e riduce l’importo dell’ammenda nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, esso sostituisce, nella decisione della Commissione, l’importo inizialmente fissato in tale decisione con quello che risulta dalla sua valutazione». Secondo le ricorrenti, sebbene tale considerazione potesse sembrare un punto di partenza corretto, il Tribunale avrebbe tuttavia dovuto trarne le seguenti conclusioni: i) nella sentenza del 15 luglio 2015, il Tribunale ha interamente sostituito la propria valutazione a quella della Commissione; ii) sulla base di tale valutazione, esso ha ridotto l’importo dell’ammenda annullata nell’ambito della sua competenza estesa al merito mediante annullamento e compensazione esplicita dei pagamenti già effettuati; e iii) il Tribunale ha sostituito l’ammenda annullata con l’ammenda giurisdizionale così modificata. Orbene, anziché trarre tali conclusioni, il Tribunale ha considerato, a detto punto 99 della sentenza impugnata, che «[s]i ritiene pertanto che la decisione della Commissione, in virtù dell’effetto sostitutivo della sentenza del giudice dell’Unione, sia sempre stata quella risultante dalla valutazione di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza [CB], punti da 60 a 69 e da 85 a 87)».

66.      A tale riguardo, va constatato che, sebbene il Tribunale, con la sentenza del 15 luglio 2015, in un primo momento, abbia annullato la decisione controversa sull’intesa nella parte in cui fissava l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti e, in un secondo momento, abbia fissato l’importo dell’ammenda allo stesso livello, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, per le ragioni indicate ai paragrafi 53 e 54 delle presenti conclusioni, e come statuito dalla Corte ai punti 38 e 40 della sua ordinanza, ai quali rinvia il punto 101 della sentenza impugnata, in tale occasione non vi è stata né una riforma radicale né una «novazione» dell’ammenda.

67.      In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che la modifica dell’ammenda ne impedisce l’esigibilità retroattiva dal 4 gennaio 2011. Esse contestano quindi l’affermazione del Tribunale, di cui al punto 102 della sentenza impugnata, secondo la quale «[n]el caso di specie, la Commissione era legittimata a considerare che, poiché l’ammenda fissata dal Tribunale non era una nuova ammenda, quest’ultima era esigibile dal 4 gennaio 2011». A loro avviso, l’abolizione completa e l’estinzione dell’ammenda avrebbero impedito l’esigibilità retroattiva della stessa, e il rinvio dell’esigibilità dell’ammenda giurisdizionale risulterebbe inequivocabilmente dai punti 302 e 356 della sentenza del 15 luglio 2015. Infatti, nel periodo compreso tra la decisione della Commissione e la pronuncia della sentenza del 15 luglio 2015, la Commissione non avrebbe avuto un corrispondente diritto di credito.

68.      Con tale argomento, le ricorrenti si limitano ad escogitare un’argomentazione, che si rivela tuttavia parimenti inconferente in quanto fondata su un’interpretazione erronea della sentenza del 15 luglio 2015. Invero, le ricorrenti affermano erroneamente che, nel caso di specie, l’effetto sostitutivo dell’ammenda fissata dal Tribunale con la sentenza impugnata avrebbe un’efficacia ex nunc e che il Tribunale avrebbe quindi ecceduto i limiti della sua competenza estesa al merito in materia di sanzioni. A tale riguardo, è sufficiente ricordare che, nella sua ordinanza, la Corte ha constatato che l’ammenda inflitta dal Tribunale non era una nuova ammenda (55). Inoltre, come si è evidenziato ai paragrafi 53 e 54 delle presenti conclusioni, il Tribunale non ha ritenuto inadeguato l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti quale risultava dall’articolo 2, primo comma, punto 8, della decisione controversa sulla base dei primi quattro motivi di ricorso, il cui esame non aveva rivelato alcun errore tale da viziare di illegittimità la decisione controversa, il che ha giustificato l’imposizione di un’ammenda di importo identico a quello dell’ammenda che la Commissione aveva precedentemente inflitto alle ricorrenti nella decisione controversa.

69.      In quarto luogo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di interpretazione della sentenza Trioplast (punti 15 e da 56 a 62) allorché fa riferimento a quest’ultima, al punto 105 della sentenza impugnata, a sostegno della conclusione secondo cui «[u]n effetto sostitutivo analogo a quello considerato al precedente punto 99 è stato già riconosciuto in presenza di un dispositivo nel quale il Tribunale aveva, in un primo momento, annullato l’importo per il quale una società madre era tenuta in solido responsabile del pagamento di un’ammenda inflitta dalla Commissione, per poi fissare di nuovo tale importo nell’esercizio della sua competenza estesa al merito».  A loro avviso, tale giurisprudenza non sarebbe rilevante e dimostrerebbe che non vi è stata alcuna sentenza avente valore di precedente riconosciuto dai giudici dell’Unione dalla quale il punto di partenza retroattivo del decorso degli interessi sia già stato definitivamente precisato in caso di combinazione di un annullamento e di un dispositivo di condanna.

70.      Tuttavia, al pari della Commissione, e alla luce della giurisprudenza citata al paragrafo 55 delle presenti conclusioni, ritengo che la sentenza Trioplast sia rilevante per quanto riguarda l’inizio del decorso degli interessi. Infatti, in tale sentenza, il Tribunale ha anzitutto, in modo analogo a quello in cui ha proceduto nel caso di specie, annullato nel dispositivo della sentenza l’importo dell’ammenda per il quale una società madre era tenuta responsabile in solido, per poi fissarlo nuovamente nell’esercizio della sua competenza estesa al merito. L’ammenda inizialmente inflitta dalla Commissione era quindi chiaramente sostituita ex tunc. Poiché le circostanze della causa Trioplast sono dunque del tutto analoghe a quelle della presente causa, anche tale quarta censura può essere respinta.

71.      In quinto luogo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha effettuato una valutazione erronea della loro nuova capacità contributiva delle ricorrenti stabilita nel 2015 e delle conseguenze di quest’ultima sull’importo dell’«ammenda giurisdizionale». Più precisamente, al punto 107 della sentenza impugnata, il Tribunale afferma che «[n]ell’ambito del suo controllo di legittimità, il Tribunale si è limitato a constatare che la Commissione aveva commesso errori nel valutare la capacità contributiva delle ricorrenti, ma senza indicare che nessuna ammenda poteva essere loro inflitta nel 2010 e nel 2011», aggiungendo poi, al punto 109 della sentenza impugnata, che «[l]’esistenza di una certa capacità contributiva delle ricorrenti nel 2010 e nel 2011 è stata constatata dal Tribunale nella sentenza del 15 luglio 2015, contrariamente a quanto esse sostengono». Secondo le ricorrenti, nulla indica che, nella sentenza del 15 luglio 2015, il Tribunale abbia deciso, in considerazione di una «certa capacità contributiva», di mantenere la sua decisione iniziale sull’ammenda e di confermare quindi l’importo inadeguato dell’ammenda annullata.

72.      Tuttavia, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, rilevo che, ai punti 108 e 109 della sentenza impugnata, il Tribunale si è limitato semplicemente a spiegare, in risposta ad uno degli argomenti addotti dalle ricorrenti e rinviando al punto 346 della sentenza del 15 luglio 2015, che, in tale sentenza, esso aveva constatato che, sulla base del piano di pagamento provvisorio fissato nell’ordinanza emessa in sede di procedimento sommario, le ricorrenti erano già state in grado di pagare una somma superiore a EUR 15 000 000 a partire dal 2011, il che ha consentito di constatare la sussistenza di una «certa capacità contributiva» delle ricorrenti nel 2010 e nel 2011.

73.      In sesto luogo, le ricorrenti criticano la spiegazione fornita da Tribunale al punto 125 della sentenza impugnata, secondo la quale «la condanna della Commissione al pagamento della metà delle spese sostenute dalle ricorrenti [...] si spiega con l’annullamento dell’articolo 2, primo comma, punto 8, della decisione controversa». Secondo le ricorrenti, il dispositivo sulle spese adottato «sottolinea la decisione materialmente favorevole del Tribunale per quanto riguarda l’ammenda sostanzialmente modificata in [loro favore] dalla sentenza del 15 luglio 2015».

74.      Orbene, si deve constatare che tale argomento si basa sull’erronea premessa di un nesso tra un’asserita riforma ottenuta dell’ammenda annullata inizialmente inflitta e la liquidazione delle spese e, pertanto, deve essere respinto in quanto inconferente.

75.      In settimo e ultimo luogo, le ricorrenti contestano la conclusione di cui al punto 127 della sentenza impugnata, secondo la quale «l’obbligo di pagare interessi di mora ab initio non costituisce una sanzione che si aggiunge all’ammenda inizialmente inflitta dalla Commissione, tale da costituire un ostacolo al diritto di ricorso».

76.      A tale riguardo, occorre ricordare, da un lato, che l’obbligo di pagare interessi di mora in caso di mancato pagamento di un’ammenda entro i termini è una conseguenza diretta dell’esecutività degli atti della Commissione che comportano un obbligo pecuniario, quale definita all’articolo 299 TFUE. L’esecuzione forzata di tali atti può essere sospesa soltanto in virtù di una decisione della Corte. L’obbligo di pagare interessi di mora mira quindi a garantire l’efficacia delle ammende inflitte dalla Commissione nel settore del diritto della concorrenza e ad indurre i loro destinatari a pagarle entro i termini impartiti. Pertanto, l’obbligo di pagare interessi di mora ab initio non costituisce una sanzione che si aggiunge all’ammenda inizialmente inflitta dalla Commissione.

77.      Dall’altro lato, con la sua sentenza del 15 luglio 2015, il Tribunale non ha né annullato le disposizioni relative agli interessi di mora contenute nella decisione sull’intesa, né fissato un nuovo termine di pagamento o un nuovo tasso d’interesse di mora. Al contrario, nell’ordinanza del 17 maggio 2018, Westfälische Drahtindustrie e.a./Commission (56), il Tribunale ha espressamente confermato che la sentenza del 15 luglio 2015 non aveva alcuna incidenza sulla questione degli interessi di mora. Le ricorrenti non possono dunque sostenere fondatamente che nessun interesse di mora era dovuto a partire dall’adozione della decisione della Commissione.

C.      Conclusione

78.      Alla luce delle considerazioni che precedono, e dal momento che le presenti conclusioni riguardano soltanto il primo motivo, propongo alla Corte di respingere tale motivo in quanto infondato.


1      Lingua originale: il francese.


2      Regolamento del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1).


3      GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006».


4      V. punto 7 della sintesi della decisione APC, consultabile al seguente indirizzo: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52011XC1119(01)


5      La versione consolidata della decisione della Commissione [C(2010) 4387 definitivo] (disponibile soltanto in lingua inglese) è consultabile al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/competition/antitrust/cases/dec_docs/38344/38344_5856_3.pdf


6      Regolamento della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 357, pag. 1).


7      Il dispositivo della sentenza del 15 luglio 2015 è così formulato:


      «1) Non vi è più luogo a provvedere sul presente ricorso nei limiti in cui l’ammenda inflitta alla [WDI] e alla [WDV] è stata ridotta con decisione (...) del 30 settembre 2010.


      2)       L’articolo 2, [primo comma], punto 8, della decisione [controversa] è annullato.


      3)       La lettera (...) del 14 febbraio 2011 è annullata.


      4)       La [WDI], la [WDV] e la Pampus (...) sono condannate in solido al pagamento di un’ammenda di EUR 15 485 000.


      5)       La [WDI] e la [WDV] sono condannate in solido al pagamento di un’ammenda di EUR 23 370 000.


      6)       La [WDI] è condannata al pagamento di un’ammenda di EUR 7 695 000.


      7)       Il ricorso è respinto per il resto.


      8)       La [WDI], la [WDV] e la Pampus (...) sosterranno la metà delle proprie spese, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario. La Commissione sosterrà le proprie spese e la metà delle spese della [WDI], della [WDV] e della Pampus (...), ivi comprese quelle relative al procedimento sommario».


8      Sentenza impugnata, punti da 67 a 131.


9      Sentenza impugnata, punto 75.


10      Sentenza impugnata, punto 64.


11      Sentenza impugnata, punto 96.


12      Sentenza impugnata, punti 96 e 97.


13      Sentenza impugnata, punto 98, che rinvia, «in tal senso», alla sentenza CB, punti 58 e 60.


14      Sentenza impugnata, punto 99, che rinvia, «in tal senso», alla sentenza CB, punti da 60 a 65 e da 85 a 87.


15      Sentenza impugnata, punto 101, che rinvia all’ordinanza della Corte, punti 38 e 40.


16      Sentenza impugnata, punto 102.


17      Sentenza impugnata, punto 116.


18      Sentenza impugnata, punto 124.


19      Sentenza impugnata, punto 127, che rinvia, «in tal senso», alla sentenza CB, punti 86 e 87.


20      Sentenza impugnata, punti 135 e 141.


21      V. paragrafo 27 delle presenti conclusioni. Più precisamente, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia: – annullare l’atto impugnato; – di conseguenza, dichiarare che la Commissione deve imputare i pagamenti effettuati dalla WDI a favore della Commissione nel periodo dal 29 giugno 2011 al 16 giugno 2015, per un importo pari a EUR 16 400 000 oltre a interessi compensativi complessivamente maturati per una somma di EUR 1 420 610 – quindi per un importo totale di EUR 17 820 610 –, all’ammenda inflitta in maniera autonoma dal Tribunale nella sentenza del 15 luglio 2015, con effetto a decorrere dal 15 luglio 2015, e che, pertanto, con il versamento in data 17 ottobre 2019 della somma di EUR 18 149 636,24, detta ammenda è stata già interamente saldata; – condannare la Commissione a versare alla WDI la somma di EUR 1 633 085,17, oltre interessi compensativi a partire dal 17 ottobre 2019 fino al completo rimborso dell’importo rispettivamente dovuto; – in subordine, annullare la sentenza impugnata e condannare la Commissione al risarcimento dei danni a favore delle (tre) ricorrenti per un importo pari a EUR 12 236 931,69, disponendone la compensazione con l’importo il cui pagamento è stato intimato alla WDI con lettera della Commissione del 2 marzo 2020, nonché al pagamento a favore della WDI dell’importo versato in eccesso, pari a EUR 1 633 085,17, oltre interessi compensativi a decorrere dal 17 ottobre 2019 fino al completo rimborso dell’importo rispettivamente dovuto; – in ulteriore subordine rispetto alle richieste di cui ai primi cinque trattini, rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca, e, in ogni caso, – condannare la Commissione alle spese relative sia al procedimento di primo grado sia al procedimento di impugnazione.


22      La competenza estesa al merito in materia di diritto della concorrenza era inizialmente riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 17 del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato (GU 1962, 13, pag. 204). Per un elenco completo dei regolamenti che attribuiscono una competenza estesa al merito alla Corte, v. Lenaerts, K., Gutman, K., Nowak, J.T., EU Procedural Law, 2a edizione, Oxford, 2023, pag. 633, più precisamente, nota a piè di pagina 2.


23      V. sentenza del 25 luglio 2018, Orange Polska/Commissione (C‑123/16 P; in prosieguo: la «sentenza Orange Polska», EU:C:2018:590, punto 104 e giurisprudenza ivi citata) e le mie conclusioni nella causa Lietuvos geležinkeliai/Commissione (C‑42/21 P, EU:C:2022:537, paragrafi da 148 a 162).


24      V., tuttavia, articolo 36 del Trattato CECA. Per un excursus storico dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, v. Muguet-Poullennec, G., Berghe, P., Article 31 Review by the Court of Justice – Commentary, in Regulation 1/2003 and EU Antitrust Enforcement – A Systematic Guide, Wolters Kluwer, 2023, pag. 679.


25      V. sentenza Orange Polska (punto 105 e giurisprudenza ivi citata).


26      V. sentenza Orange Polska (punto 106 e giurisprudenza ivi citata).


27      V. sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione (C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punti da 75 a 77 e giurisprudenza ivi citata).


28      V. ordinanza della Corte, punto 34.


29      V. ordinanza della Corte, punto 34.


30      V., in tal senso, sentenze del 17 dicembre 2015, Orange Polska/Commissione (T‑486/11, EU:T:2015:1002, punti 65 e 67 nonché giurisprudenza ivi citata) e del 25 gennaio 2023, GEA Group/Commissione (T‑640/16 RENV, EU:T:2023:18, punto 263).


31      V. sentenze del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione (C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 195 e giurisprudenza ivi citata), e del 16 luglio 2020, Nexans France e Nexans/Commissione (C‑606/18 P, EU:C:2020:571, punti 96 e 97 nonché giurisprudenza ivi citata).


32      V., in tal senso, sentenze dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione (C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punti 66 e 67), e del 6 novembre 2012, Otis e a. (C‑199/11, EU:C:2012:684, punto 63).


33      V., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione (C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 90).


34      Sentenza del 18 marzo 2021, Pometon/Commissione (C‑440/19 P, EU:C:2021:214, punto 138).


35      Sentenza del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione (C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


36      Sentenza del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione (C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punti 33 e 36 nonché giurisprudenza ivi citata).


37      V., ad esempio, sentenza del 29 settembre 2021, Tokin/Commissione (T‑343/18, EU:T:2021:636, punto 181).


38      Sentenza impugnata, punti 96 e 97.


39      Ordinanza della Corte, punti 17, 35 e 36.


40      Sentenza del 15 luglio 2015, punto 332.


41      Sentenza del 15 luglio 2015, punto 358.


42      Sentenza del 15 luglio 2015, punto 334.


43      Sentenza del 15 luglio 2015, punto 297.


44      V. sentenza CB (punto 62 e giurisprudenza ivi citata).


45      V., in particolare, sentenza del 12 maggio 2016, Trioplast Industrier/Commissione (T‑669/14, in prosieguo la «sentenza Trioplast», EU:T:2016:285, punti 15 e da 56 a 62).


46      V., ad esempio, sentenze del 15 settembre 2005, DaimlerChrysler/Commissione (T‑325/01, EU:T:2005:322), e del 13 dicembre 2018, Slovak Telekom/Commissione (T‑851/14, EU:T:2018:929).


47      V., ad esempio, sentenze del 10 marzo 1992, ICI/Commissione (T‑13/89, EU:T:1992:35), del 15 luglio 2015, Akzo Nobel e a./Commissione (T‑47/10, EU:T:2015:506), del 9 settembre 2015, Panasonic e MT Picture Display/Commissione (T‑82/13, EU:T:2015:612), e del 18 novembre 2020, Lietuvos geležinkeliai/Commissione (T‑814/17, EU:T:2020:545).


48      V. sentenza CB, punto 58.


49      V., ad esempio, dispositivo della sentenza del 14 marzo 2013, Fresh Del Monte Produce/Commissione (T‑587/08, EU:T:2013:129).


50      V. paragrafi 40 e 41 delle presenti conclusioni.


51      Sentenza del 15 luglio 2015 (punto 302 e giurisprudenza della Corte ivi citata).


52      Sentenze del 29 aprile 2004, Tokai Carbon e a./Commissione (T‑236/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, EU:T:2004:118, punto 165), e del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione (T‑11/06, EU:T:2011:560, punti da 280 a 284).


53      V., in tal senso, sentenze del 6 marzo 1974, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione (6/73 e 7/73, EU:C:1974:18, punti 51 e 52), del 22 gennaio 2013, Commissione/Tomkins (C‑286/11 P, EU:C:2013:29, punto 49), del 26 settembre 2013, Alliance One International/Commissione (C‑679/11 P, EU:C:2013:606, punto 107), e del 17 settembre 2015, Total/Commissione (C‑597/13 P, EU:C:2015:613, punto 41).


54      Ordinanza della Corte, punti 44 e 45. D’altronde, come il Tribunale ha ricordato nella sua sentenza del 15 luglio 2015, per garantire l’effetto utile della valutazione della capacità contributiva di un’impresa relativamente all’importo dell’ammenda che le deve essere inflitta, occorre che il Tribunale, qualora intenda esercitare la sua competenza estesa al merito, valuti la situazione esistente alla data in cui adotta la propria decisione, alla luce dei documenti che le parti possono presentargli, fatte salve le condizioni di ricevibilità stabilite dall’articolo 84 del regolamento di procedura del Tribunale del 4 marzo 2015 (GU  2015, L 105 pag. 1).


55      Ordinanza della Corte, punti 39 e 40.


56      T‑393/10 INTP, EU:T:2018:293.