Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
NICHOLAS EMILIOU
presentate l’8 febbraio 2024 (1)
Causa C‑425/22
MOL Magyar Olaj- és Gázipari Nyrt.
contro
Mercedes-Benz Group AG
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Kúria (Corte suprema, Ungheria)]
«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Regolamento (UE) n. 1215/2012 – Competenza in materia di illeciti civili dolosi o colposi – Azione di risarcimento del danno per violazione del diritto della concorrenza – Danno subito da società figlie – Luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto – Sede sociale della società madre – Unità economica»
I. Introduzione
1. Nel 2016, la Commissione europea ha adottato una decisione in cui concludeva che, concordando i prezzi di listino lordi per autocarri medi e autocarri pesanti, varie imprese, tra cui Mercedes-Benz Group AG (in prosieguo: la «resistente»), avevano violato il divieto previsto, tra l’altro, dall’articolo 101 TFUE (2). Tale decisione ha portato a una serie di azioni di risarcimento danni, alcune delle quali hanno dato luogo a domande di pronuncia pregiudiziale in cui è stato chiesto alla Corte di precisare la corretta interpretazione delle norme sulla competenza giurisdizionale del regolamento (UE) n. 1215/2012 (3) per accertare quali autorità giurisdizionali potrebbero essere adite con azioni di tal genere (4).
2. La domanda di cui trattasi è sorta in un contesto simile e mira a ottenere l’interpretazione di tale regolamento per quanto riguarda, in sostanza, la questione se una società madre possa invocare la nozione di unità economica prevista dal diritto della concorrenza per stabilire la competenza giurisdizionale dei giudici in cui essa ha la propria sede a conoscere della sua domanda di risarcimento per i danni subiti dalle società figlie della stessa.
3. Più specificamente, la MOL Magyar Olaj- és Gázipari Nyrt. (in prosieguo: la «ricorrente»), stabilita in Ungheria, ha una partecipazione di controllo sulle società appartenenti al gruppo MOL, stabilite in vari Stati membri. Tali società figlie hanno acquistato autocarri indirettamente dalla resistente, a prezzi che sarebbero asseritamente falsati in conseguenza della violazione del diritto della concorrenza constatata nella decisione della Commissione summenzionata. Nel procedimento principale, la ricorrente chiede ai giudici ungheresi di condannare la resistente, domiciliata in Germania, al risarcimento in relazione alla differenza pagata in eccesso a causa dell’infrazione alle regole della concorrenza.
4. Ai sensi del regolamento n. 1215/2012, la determinazione della competenza giurisdizionale è disciplinata dalla regola generale del domicilio del convenuto (5). Tale regola prevede varie eccezioni, tra cui quella applicabile alle azioni per fatto illecito (come quella di cui trattasi nel procedimento principale), in base a cui la competenza può essere anche attribuita ai giudici, tra l’altro, del luogo in cui l’asserito danno si è verificato (6).
5. Sia i giudici di primo grado sia quelli di secondo grado hanno ritenuto che tale norma speciale sulla competenza non potesse tuttavia essere applicata nel procedimento principale e che i giudici ungheresi non avessero pertanto la competenza internazionale a conoscere e a pronunciarsi sulla domanda della ricorrente. In sintesi, ciò era dovuto al fatto che gli autocarri in discussione non erano stati acquistati dalla ricorrente, ma dalle società figlie della stessa (che erano, di fatto, i soggetti che avevano subito il danno sotto forma di prezzo artificiosamente aumentato). In siffatte circostanze, la Kúria (Corte Suprema, Ungheria) chiede ora di precisare se detta competenza possa essere determinata sulla base del fatto che la sede della ricorrente si trova in Ungheria. La stessa chiede inoltre se il fatto che alcune delle società figlie interessate non facessero ancora parte del gruppo della ricorrente all’epoca dell’acquisto degli autocarri di cui trattasi sia rilevante ai fini di tale valutazione.
6. La domanda del giudice del rinvio sembra basarsi sull’affermazione della ricorrente secondo cui la sede sociale di quest’ultima è il luogo in cui il danno è stato in ultima analisi patito, poiché la ricorrente e le società figlie interessate appartengono alla stessa unità economica.
7. Come spiegherò più dettagliatamente nelle presenti conclusioni, la nozione in parola è stata sviluppata nel diritto della concorrenza e applicata, tra l’altro, per migliorarne l’applicazione. Essa è stata invocata, in particolare, al fine di attribuire a un convenuto la responsabilità di un’infrazione che, di fatto, è stata commessa da un’altra persona, purché entrambe le società facciano parte della stessa unità economica. In una simile prospettiva, la questione fondamentale che si pone nella presente causa è se detta nozione possa essere invocata anche per determinare la competenza giurisdizionale in relazione a una domanda di risarcimento danni, indipendentemente dal fatto che l’attore sia la persona (giuridica) che ha inizialmente subito il danno sottostante.
II. Contesto normativo
8. Il considerando 15 del regolamento n. 1215/2012 stabilisce che «[è] opportuno che le norme sulla competenza presentino un alto grado di prevedibilità e si basino sul principio generale della competenza dell’autorità giurisdizionale del domicilio del convenuto (…)».
9. Ai sensi del considerando 16 del regolamento n. 1215/2012, «[i]l criterio del foro del domicilio del convenuto dovrebbe essere completato attraverso la previsione di fori alternativi, basati sul collegamento stretto tra l’autorità giurisdizionale e la controversia, ovvero al fine di agevolare la buona amministrazione della giustizia. L’esistenza di un collegamento stretto dovrebbe garantire la certezza del diritto ed evitare la possibilità che il convenuto sia citato davanti a un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro che non sia per questi ragionevolmente prevedibile (…)».
10. Il capo II del regolamento n. 1215/2012 contiene norme sulla competenza. La sezione 1 di tale capo stabilisce disposizioni generali, compreso l’articolo 4, paragrafo 1, secondo cui «[a] norma del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro cittadinanza, davanti alle autorità giurisdizionali di tale Stato membro».
11. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, che fa parte della medesima sezione: «[l]e persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro possono essere convenute davanti alle autorità giurisdizionali di un altro Stato membro solo ai sensi delle norme di cui alle sezioni da 2 a 7 del [capo II]».
12. La sezione 2 del capo II del regolamento n. 1215/2012 riguarda le «competenze speciali». Essa contiene, tra l’altro, l’articolo 7, punto 2, ai sensi del quale una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro «in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire».
III. Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali
13. Nella decisione adottata il 19 luglio 2016, la Commissione ha stabilito che la resistente, stabilita in Germania, unitamente ad altre società, aveva partecipato, tra il 17 gennaio 1997 e il 18 gennaio 2011, a un’intesa consistente nel concordare i prezzi di listino lordi per autocarri medi e autocarri pesanti nello Spazio economico europeo (in prosieguo: il «SEE»), il che costituiva un’infrazione continua del divieto di cui all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (7). La Commissione ha concluso che l’infrazione aveva interessato il SEE nel suo complesso.
14. La ricorrente è una società stabilita in Ungheria. Essa ha una partecipazione di controllo sulle società appartenenti al gruppo MOL ed è un’azionista di maggioranza o comunque detiene in altro modo il potere direttivo esclusivo su diverse società, come MOLTRANS, stabilita in Ungheria; INA, stabilita in Croazia; Panta e Nelsa, stabilita in Italia; ROTH, stabilita in Austria, e SLOVNAFT, stabilita in Slovacchia. Nel corso del periodo di infrazione individuato dalla decisione della Commissione, tali società figlie hanno acquistato indirettamente dalla resistente, vuoi in proprietà, vuoi in leasing, 71 autocarri in svariati Stati membri.
15. La ricorrente ha chiesto, dinanzi alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria; in prosieguo: il «giudice di primo grado»), la condanna della resistente al pagamento di EUR 530 851, oltre interessi e spese, sostenendo che questo era l’importo che le sue società figlie avevano pagato in eccesso in conseguenza del comportamento anticoncorrenziale constatato nella decisione della Commissione. Invocando la nozione di unità economica, essa ha fatto valere le pretese risarcitorie delle società figlie nei confronti della resistente. A tal fine, essa chiedeva che fosse constatata la competenza dei giudici ungheresi sulla base dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, sostenendo che la propria sede, in quanto centro degli interessi economici e patrimoniali del gruppo, era il luogo in cui si era in definitiva concretizzato l’evento dannoso, ai sensi della disposizione in parola, disposizione.
16. La resistente ha sollevato un’eccezione di incompetenza dei giudici ungheresi.
17. Il giudice di primo grado ha accolto tale eccezione, osservando che la norma speciale sulla competenza di cui all’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 deve essere interpretata restrittivamente e può essere applicata solo in presenza di un collegamento particolarmente stretto tra il giudice adito e l’oggetto della controversia. Esso ha rilevato che non era stata la ricorrente, bensì le sue società figlie (che sono state pertanto danneggiate dalla distorsione della concorrenza di cui trattasi) ad aver pagato i prezzi artificiosamente aumentati. Per contro, il danno subito dalla ricorrente era meramente economico, il che non consente di considerare la sua sede come il luogo in cui si è verificato il danno, ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, e non può portare a dichiarare la competenza del giudice ungherese.
18. Tale posizione è stata confermata in appello da un’ordinanza della Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest, Ungheria; in prosieguo: il «giudice di secondo grado»). Detto giudice ha dichiarato che, secondo la giurisprudenza della Corte, la teoria dell’unità economica è applicabile solo per accertare la responsabilità per l’infrazione del diritto della concorrenza e che, in sostanza, non si applica alla parte lesa ai fini dell’attribuzione della competenza giurisdizionale. Facendo riferimento alla sentenza della Corte nella causa CDC Hydrogen Peroxide (8), esso ha aggiunto che la competenza ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 deve essere determinata in funzione della sede della società che ha subito il danno e non di quella della sua società madre.
19. La ricorrente ha proposto ricorso per cassazione dinanzi alla Kúria (Corte suprema), giudice del rinvio. Essa ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza emessa dal giudice di secondo grado e la prosecuzione del procedimento dinanzi ai giudici già aditi. La medesima ha affermato, in sostanza, che la teoria dell’unità economica sia rilevante ai fini dell’attribuzione della competenza giurisdizionale nel presente contesto e, in quanto unico ente che esercita il controllo sul gruppo, essa è direttamente interessata dalla gestione, in utile o in perdita, delle società all’interno del gruppo.
20. Nel suo controricorso, la resistente ha affermato che la ricorrente non aveva acquistato nemmeno uno degli autocarri oggetto dell’intesa e quindi non ha subito alcun danno. Inoltre, essa ha sostenuto che la teoria dell’unità economica non può essere applicata per determinare la competenza giurisdizionale e che tale approccio non è suffragato dalla giurisprudenza della Corte.
21. In tali circostanze, la Kúria (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1. Se, nel caso in cui una società madre promuova un’azione di risarcimento dei danni a causa di un comportamento anticoncorrenziale di un’altra società al fine di ottenere il risarcimento dei danni prodotti da tale comportamento esclusivamente alle sue società figlie, il foro competente sia determinato dalla sede della società madre, in quanto luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto, ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del [regolamento n. 1215/2012].
2. Se, ai fini dell’applicazione dell’articolo 7, punto 2, del [regolamento n. 1215/2012], sia rilevante il fatto che, all’epoca dei vari acquisti oggetto della controversia, non tutte le società figlie appartenevano al gruppo di società della società madre».
22. La ricorrente, la resistente, il governo ceco e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte.
IV. Analisi
23. Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede anzitutto se, nel caso in cui una società madre promuova un’azione di risarcimento dei danni subiti esclusivamente dalle sue società figlie a causa di un accordo collusivo per la fissazione e l’aumento dei prezzi (in violazione, quindi, dell’articolo 101 TFUE) (9), la competenza giurisdizionale di un giudice possa essere determinata sulla base del fatto che la sede della società madre è il luogo in cui «l’evento dannoso è avvenuto» ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012. In secondo luogo, detto giudice si chiede inoltre se sulla risposta a tale questione influisca il fatto che, all’epoca in cui le società figlie hanno acquistato i beni di cui trattasi, alcune di esse non appartenevano ancora al gruppo della ricorrente.
24. Prima di affrontare tali questioni (C), formulerò alcune osservazioni preliminari sulla norma relativa alle competenze speciali di cui trattasi e, in particolare, sulla natura del danno che può portare alla sua applicazione (A). Ricorderò altresì la precisazione effettuata dalla Corte in merito ai criteri di collegamento che determinano quale giudice debba essere adito nello specifico ambito delle azioni di risarcimento danni per violazione dell’articolo 101 TFUE (come quella pendente dinanzi al giudice del rinvio) (B).
A. Norma sulla competenza giurisdizionale in esame e natura del danno
25. Nella sfera giuridica dell’Unione, la questione relativa a quale sia il giudice competente a livello internazionale a trattare una causa che comporta un elemento transfrontaliero è risolta secondo le norme stabilite dal regolamento n. 1215/2012. Come già brevemente accennato, la regola generale stabilita da tale regolamento è quella del domicilio del convenuto (10).
26. Tale regola prevede varie eccezioni sotto forma di norme sulla competenza speciale ed esclusiva che descrivono le situazioni in cui il convenuto può o deve essere citato davanti ai giudici di un altro Stato membro.
27. La presente causa riguarda una di tali norme relative alla competenza speciale, segnatamente la norma prevista dall’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, che attribuisce la competenza (alternativa e facoltativa), in materia di illeciti civili dolosi o colposi, all’«autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire».
28. A partire dalla sua sentenza nella causa Bier e in tutta la giurisprudenza successiva, la Corte ha interpretato la nozione di «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto» nel senso che essa comprende due categorie: sotto un primo profilo, il luogo dell’evento causale rilevante (il luogo in cui è avvenuto il fatto generatore del danno verificatosi) e, sotto un secondo profilo, il luogo in cui il danno si è concretizzato (il luogo in cui si è manifestato il danno stesso) (11). Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, il convenuto può essere citato, a scelta del ricorrente, dinanzi ai giudici di entrambi i luoghi in parola (12).
29. Tale norma in materia di competenza si fonda sull’esistenza di un collegamento particolarmente stretto tra la controversia e il giudice chiamato a conoscere della stessa, «in particolare per ragioni di prossimità alla controversia e di facilità di assunzione delle prove» (13), data l’importanza, nelle azioni per illecito civile, di accertare il nesso causale tra il danno lamentato e la sua causa (14).
30. Allo stesso tempo, la norma di cui trattasi costituisce una deroga alla regola generale secondo cui la competenza si basa sul domicilio del convenuto. Di conseguenza, essa dev’essere interpretata in maniera restrittiva (15).
31. A tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, sebbene il «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto» possa comprendere anche il luogo in cui l’evento dannoso (causale) ha avuto conseguenze tangibili (v. paragrafo 28 delle presenti conclusioni), ciò non consente di determinare la competenza di un giudice unicamente sulla base del fatto che, pur rientrando nell’ambito della competenza di tale giudice, la parte lesa patisce le conseguenze lesive di un fatto che ha già causato un danno in un altro luogo (16).
32. Infatti, dato che siffatte conseguenze lesive saranno inevitabilmente avvertite, in ultima istanza, presso il domicilio dell’attore, la soluzione contraria sarebbe in contrasto con il requisito dello stretto collegamento tra il giudice adito e l’oggetto della controversia, poiché non vi è alcuna ragione intrinseca per supporre che il domicilio dell’attore sia, di per sé, il luogo più idoneo ad agevolare il procedimento giurisdizionale per il motivo che le prove circa l’esistenza e l’entità del danno sarebbero agevolmente disponibili in tale luogo. Inoltre, in molti casi, ciò consentirebbe all’attore di citare il convenuto davanti ai giudici del proprio domicilio, invertendo quindi di fatto discrezionalmente la regola generale del domicilio del convenuto (17).
33. Per le stesse ragioni (le quali richiedono in sostanza, che il giudice adito ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 sia il giudice del luogo del danno iniziale), la Corte ha dichiarato che «il luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto», conformemente a tale disposizione, non comprende il luogo in cui si è manifestato il danno al patrimonio di una vittima indiretta (18).
34. La Corte è giunta a tale conclusione in un caso in cui due società francesi, stabilite a Parigi, avevano istituito società figlie in Germania per portare avanti un progetto di sviluppo immobiliare. Tuttavia, le banche tedesche avevano revocato i loro finanziamenti, il che aveva portato al fallimento di tali società figlie. Le società madri francesi avevano tentato di citare in giudizio le banche tedesche a Parigi, sostenendo che si trattava del luogo in cui esse avevano subito il pregiudizio finanziario che ne era derivato.
35. La risposta fornita dalla Corte in tale sentenza è, a mio avviso, direttamente pertinente nel caso di specie. Al pari dei fatti di cui trattasi nella sentenza Dumez, dal fascicolo risulta che il danno lamentato dalla ricorrente non un danno che l’ha interessata direttamente, ma piuttosto un danno che era stato subito inizialmente dalle sue società figlie e che potrebbe interessarla solo «par ricochet» [«in modo indiretto »] (19). Infatti, è pacifico che la ricorrente non ha acquistato (direttamente o indirettamente) autocarri dalla resistente, né è subentrata nei diritti delle società figlie interessate sulla base di una cessione dei crediti in discussione né in altro modo (20).
36. È vero, come rileva la ricorrente, che nella sentenza Tibor‑Trans (che riguardava lo stesso comportamento collusivo accertato nella decisione della Commissione di cui trattasi nella presente causa) la Corte ha distinto tale caso dalla fattispecie in discussione nella sentenza Dumez. La particolarità dei fatti di cui alla sentenza Tibor‑Trans consisteva nella circostanza che la ricorrente in detta causa, utente finale degli autocarri, non aveva acquistato autocarri direttamente dalla convenuta, bensì tramite un concessionario. Tuttavia, ciò non ha impedito alla Corte di dichiarare che la domanda della ricorrente nella causa in parola riguardava un danno diretto, poiché tale danno è stato ritenuto la conseguenza immediata di una violazione dell’articolo 101 TFUE, dato che il sovrapprezzo derivante dall’accordo collusivo era stato trasferito dai concessionari sulla ricorrente (21).
37. Tale trasferimento può verificarsi nell’ambito di una catena di approvvigionamento in cui l’asserita vittima acquista i beni (o i servizi) che sono stati oggetto di un’intesa (22). Tuttavia, non è ciò che si sostiene sia avvenuto nell’ambito del procedimento principale. Invece, la ricorrente sembra presentare il danno iniziale subito dalle sue società figlie come se fosse suo.
38. Dette considerazioni indicano che, come è già stato rilevato, la ricorrente agisce come vittima indiretta. Essa chiede il risarcimento di un pregiudizio che ha già, e in primo luogo, interessato una persona giuridica diversa. Sotto tale profilo, interpreto la prima questione sollevata dal giudice del rinvio nel senso che essa chiede se sia possibile, nonostante siffatta circostanza, determinare la competenza giurisdizionale sulla base del criterio di collegamento della sede sociale dell’attore, dato che la ricorrente e le società figlie interessate formano un’unità economica.
39. Prima di affrontare la questione in parola, è necessario spiegare perché ci si basa sulla sede dell’attore come criterio di collegamento applicabile in primo luogo. Ciò richiede, a sua volta, una spiegazione riguardo a quali criteri di collegamento siano stati individuati dalla Corte come rilevanti ai fini dell’applicazione della norma sulla competenza giurisdizionale in esame, nello specifico contesto delle azioni di risarcimento danni per violazione dell’articolo 101 TFUE.
B. Criteri di collegamento nell’ambito delle domande di risarcimento danni per violazione dell’articolo 101 TFUE
40. Nella presente sezione, tratterò anzitutto la giurisprudenza pertinente della Corte (1), prima di esaminare la richiesta dalla Commissione volta a che la Corte chiarisca un aspetto specifico di tale giurisprudenza (2).
1. Giurisprudenza pertinente
41. Tornando alle due categorie di luoghi che possono costituire il «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto» ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, come già descritto al paragrafo 28 delle presenti conclusioni, la Corte ha dichiarato che il giudice competente in forza della prima categoria (evento causale del danno) è, in sostanza, quello del luogo in cui l’intesa è stata definitivamente conclusa (23).
42. Per quanto riguarda la seconda categoria, ossia il luogo in cui il danno è avvenuto (si è concretizzato), la regola in materia è più complessa.
43. La Corte ha in primo luogo dichiarato, nella sentenza CDC Hydrogen Peroxide, che un siffatto luogo è la sede sociale della vittima. Essa ha giustificato tale approccio sottolineando che il relativo esame dipende da elementi propri della situazione dell’attore (l’asserita vittima) (24).
44. Tale soluzione ha incontrato alcune critiche. Anzitutto, è stato evidenziato che la Corte sembra aver accettato il luogo del danno patrimoniale come valido criterio di collegamento (25). In secondo luogo, è stato osservato che il fatto che la sede sociale della vittima sia il criterio di collegamento può non essere conciliabile con il requisito della prossimità tra il giudice adito e l’oggetto della controversia. È stato rilevato, in particolare, che, sebbene non si possa escludere che alcuni elementi di prova possano essere disponibili presso la sede sociale della vittima, il danno subito in un determinato contesto sarà tipicamente accertato confrontando i prezzi di cartello con gli ipotetici prezzi di mercato, che possono generalmente essere stabiliti sulla base di dati economici relativi al mercato interessato (26).
45. Ad ogni modo, la giurisprudenza della Corte si è evoluta. Sviluppando la propria giurisprudenza, la Corte ha sottolineato il nesso tra il mercato interessato dal comportamento anticoncorrenziale e il luogo in cui gli attori sostengono di aver subito un danno. Tale evoluzione è stata dettagliatamente analizzata, in particolare, dall’avvocato generale Richard de la Tour nelle sue conclusioni nella causa Volvo (27). Ai fini della presente causa, è sufficiente rilevare che, da un lato, si può sostenere che la sentenza Tibor‑Trans abbia lasciato intendere che il luogo in cui si è concretizzato il danno è il mercato interessato dalla condotta anticoncorrenziale di cui trattasi (senza ulteriori precisazioni) (28). Dall’altro lato, nella sentenza Volvo (che rappresenta lo sviluppo pertinente più recente) la Corte ha chiarito che, nell’ambito di un’azione per il risarcimento del danno causato da un accordo sulla fissazione e sull’aumento dei prezzi, il «luogo in cui il danno è avvenuto» è quello, all’interno del mercato interessato, in cui sono stati acquistati i beni oggetto dell’intesa (29). Un siffatto criterio di collegamento sembra pertanto identificare il luogo che l’attore asserisce essere quello in cui gli è stato inflitto il danno specifico nell’ambito del più vasto territorio interessato dalla distorsione della concorrenza in discussione (30).
46. La Corte ha contemporaneamente ribadito, nella stessa sentenza, la perdurante rilevanza della sede sociale dell’asserita vittima, nell’ipotesi di più acquisti effettuati in luoghi diversi (31). Ne consegue, a mio avviso, che il criterio di collegamento della sede sociale della vittima deve essere applicato in via subordinata, laddove la molteplicità degli acquisti effettuati in luoghi diversi non consenta di determinare il giudice competente in base al criterio di collegamento principale dell’(unico) luogo dell’acquisto o degli acquisti (32).
47. La Commissione ritiene che, benché il luogo della sede sociale possa trovarsi all’interno del mercato interessato (come nella situazione della causa Volvo), la giurisprudenza esistente lascia spazio a dubbi sul fatto che tale criterio di collegamento possa essere applicato anche quando la sede della vittima si trova al di fuori del mercato interessato. A suo avviso, ciò sarebbe in contrasto con i principi di prossimità, di prevedibilità del foro e di coerenza tra il foro e la legge applicabile. Di conseguenza, essa chiede che la Corte colga l’occasione per escludere una siffatta ipotesi e confermare che il principale criterio di collegamento è, secondo la mia interpretazione di tale argomento, quello del mercato interessato.
48. Affronterò tale aspetto di seguito.
2. Sede sociale dell’asserita vittima e mercato interessato
49. Anzitutto, come è già stato osservato, la Corte ha chiarito, nella sentenza Volvo, che il mercato interessato non è necessariamente un criterio di collegamento sufficientemente specifico per determinare la competenza giurisdizionale. Infatti, qualora l’accordo collusivo abbia avuto effetti in tutto il territorio dell’Unione europea, l’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 non consente di proporre un’azione di risarcimento danni in un qualsiasi luogo all’interno dell’Unione (33). Il giudice competente deve essere di fatto stabilito sulla base di un collegamento più specifico (principalmente il luogo dell’acquisto).
50. In secondo luogo, i fatti di cui alla sentenza Volvo erano tali che tanto il luogo degli acquisti quanto la sede sociale della vittima si trovavano non soltanto in un solo Stato membro, ma anche nello stesso luogo all’interno dello Stato membro in questione. Infatti, la sede sociale della vittima si trovava a Cordova (Spagna), che era altresì il luogo in cui essa aveva acquistato gli autocarri che costituivano l’oggetto dell’intesa. Inoltre, la Spagna, come ha osservato la Corte, faceva (necessariamente) parte del (più ampio) mercato interessato (che comprende l’intero SEE), come definito nella relativa decisione della Commissione (34).
51. In altri termini, entrambe le tipologie di criteri di collegamento specifici (luogo dell’acquisto e sede sociale della vittima) si riferivano, in ogni caso, allo stesso mercato interessato (e agli stessi segmenti locali e nazionali di quest’ultimo). In siffatta prospettiva, la conclusione della Corte risulta essere (o almeno può ritenersi) circoscritta dalla premessa che entrambe le categorie di criteri di collegamento sono state considerate in tale contesto di fatto (35).
52. Ciò lascia aperta la questione se una soluzione contraria possa essere raggiunta in un contesto fattuale diverso, in cui la sede sociale dell’attore si trova al di fuori del mercato interessato (36) (e in cui tale mercato non comprende l’intero territorio dell’Unione europea).
53. A prima vista, concordo con la Commissione riguardo al fatto che, se la competenza di un giudice esterno al mercato interessato da un determinato comportamento anticoncorrenziale dovesse essere stabilita per una domanda di risarcimento di danni asseritamente cagionati da un siffatto comportamento, ciò non si concilierebbe con gli sviluppi in precedenza esaminati, in cui la Corte ha iniziato a sottolineare il collegamento tra il mercato interessato e l’asserito luogo del danno. Nello stesso ordine di idee, nelle conclusioni flyLAL, l’avvocato generale Bobek ha ritenuto «impossibile immaginare che sia riconosciuta la competenza giurisdizionale, sulla base [della norma sulla competenza di cui trattasi] e del “luogo in cui si è verificato il danno”, a giudici esterni ai mercati interessati dalla violazione» (37).
54. Ciò premesso, e in risposta alla richiesta della Commissione, ritengo che l’esclusione, in termini assoluti, della rilevanza di un particolare elemento, in assenza di un insieme concreto di circostanze di fatto, sia un esercizio delicato che dovrebbe essere intrapreso con prudenza, a maggior ragione alla luce della giurisprudenza più recente.
55. La fattispecie che la Commissione cerca di escludere potrebbe, a mio avviso e dopo la sentenza Volvo, verificarsi nel caso di più acquisti effettuati in luoghi diversi nello Stato membro A, da parte di un attore stabilito nello Stato membro B, laddove lo Stato membro B sia al di fuori del mercato interessato dalla condotta anticoncorrenziale in questione. Per evitare tale risultato, l’applicazione della soluzione elaborata nella sentenza Volvo a un siffatto contesto transfrontaliero dovrebbe essere esclusa (38).
56. Un altro esempio che si può immaginare è la situazione in cui acquirenti indiretti asseriscano che un sovrapprezzo derivante da un accordo collusivo è stato trasferito su di loro. Come già rilevato, nella sentenza Tibor‑Trans la Corte ha affermato che tale danno è considerato essere diretto, ai fini dell’applicazione dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 (39). In siffatta prospettiva, non si può escludere che il criterio di collegamento pertinente possa, nelle circostanze specifiche di una catena di approvvigionamento complessa, rinviare a un territorio esterno al mercato interessato dal comportamento anticoncorrenziale che è asseritamente all’origine del danno (40).
57. Ad ogni modo, la questione in parola non è, di per sé, in discussione dinanzi al giudice del rinvio, come riconosce la Commissione. Sebbene tali sviluppi spieghino, in una certa misura, perché la ricorrente invoca la propria sede sociale per determinare la competenza giurisdizionale dei giudici ungheresi, la ricorrente la invoca in un contesto che si distingue in modo significativo da quelli di cui trattasi nelle cause summenzionate. La ricorrente mira ad estendere l’applicazione di detto criterio di collegamento per determinare la competenza giurisdizionale in relazione all’azione con cui essa chiede il risarcimento del danno subito esclusivamente da altri membri della sua unità economica.
58. In tale prospettiva, si ricorda, la prima questione sollevata dal giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di unità economica possa essere applicata per un fine diverso da quello di attribuire la responsabilità di una violazione del diritto della concorrenza a un determinato convenuto (il che costituisce la modalità tradizionale della sua applicazione, come spiegherò nel prosieguo), segnatamente al fine di determinare la competenza giurisdizionale, indipendentemente dalla persona (giuridica) che ha inizialmente subito il danno lamentato.
59. Esaminerò ora tale aspetto.
C. Danno subito da una società figlia: la sede della società madre può costituire il «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto»?
60. Per affrontare la questione posta dal giudice del rinvio, analizzerò anzitutto la nozione di unità economica (1) e spiegherò perché alla prima questione pregiudiziale si deve rispondere in senso negativo. Sebbene la risposta suggerita renda superfluo rispondere alla seconda questione, per completezza la affronterò brevemente (3).
1. Nozione di unità economica
61. La nozione di unità economica (o unità economica unica) è stata sviluppata nella giurisprudenza della Corte per descrivere, in sostanza, il termine «impresa» che figura negli articoli 101 e 102 TFUE. Tale termine è ritenuto «cruciale» (41) per il settore del diritto della concorrenza poiché detto diritto disciplina non le persone giuridiche e fisiche ma le «imprese» (42). In siffatto contesto, un’impresa può, in alcuni casi, corrispondere a una persona fisica o giuridica, ma può, in altri, comprendere una pluralità di persone del genere (43).
62. Per quanto rileva ai fini della presente causa, si ritiene generalmente che una società madre e la sua società figlia formino un’unità economica quando, in sostanza, la seconda è soggetta all’influenza determinante esercitata dalla prima e non agisce in modo autonomo (44). In una situazione del genere, il gruppo nel suo complesso sarà considerato come un’«impresa» a cui sono rivolte le norme del diritto della concorrenza che esse, nel loro insieme, devono rispettare, dando origine a una responsabilità solidale (45).
63. Ciò ha importanti conseguenze sull’applicazione di talune norme sostanziali del diritto della concorrenza e incide sull’attribuzione della responsabilità per infrazioni al diritto della concorrenza.
64. Per quanto riguarda, in primo luogo, l’aspetto di diritto sostanziale, e per fornire un esempio, gli accordi conclusi tra soggetti che costituiscono un’unità economica non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE (46), poiché, in sostanza, il coordinamento nel gruppo non può incidere sulla concorrenza, anzitutto perché non vi è alcuna concorrenza all’interno dell’unità.
65. In secondo luogo, per quanto riguarda l’applicazione, la nozione di unità economica incide fondamentalmente sulla logica che regola l’attribuzione della responsabilità per violazione del diritto della concorrenza. Soprattutto, essa offre alla Commissione (o a un’autorità nazionale garante della concorrenza) la possibilità di ritenere, in linea di principio, una società madre responsabile di una siffatta infrazione, anche se essa è stata effettivamente commessa dalla società figlia (47). Inoltre, la Corte ha chiarito che, nel caso in cui una società madre e la sua società figlia costituiscano un’unità economica, e nel caso in cui solo la società madre sia stata menzionata nella decisione della Commissione e sanzionata per una pratica anticoncorrenziale, a determinate condizioni un’azione di risarcimento danni può essere intentata nei confronti dell’una o dell’altra (48). La Corte ha spiegato, in sostanza, che la nozione di «impresa» ai sensi dell’articolo 101 TFUE non può avere una portata diversa a seconda che sia invocata nel contesto dell’applicazione a livello pubblico o a livello privato del diritto della concorrenza (49).
66. In tale prospettiva, la ricorrente sostiene che, poiché l’infrazione al diritto della concorrenza fa sorgere la responsabilità solidale di tutta l’unità economica, il che significa che un membro può essere ritenuto responsabile per gli atti di un altro membro, un’immagine speculare (o invertita) dello stesso principio deve applicarsi, secondo la mia interpretazione dell’argomento, alla proposizione di azioni volte all’accertamento di infrazioni al diritto della concorrenza che abbiano interessato un membro dell’unità economica. Per usare le parole della ricorrente (che sembrano ispirarsi alle conclusioni della Corte, parafrasate nel paragrafo precedente), la nozione di unità economica non può avere un significato diverso a seconda che l’impresa agisca a titolo di attrice o di convenuta. Nell’ambito della presente causa, tale affermazione significherebbe che la domanda di risarcimento pendente nel procedimento principale può essere avanzata da una società madre, indipendentemente dal fatto che il danno sia stato subito dalle sue società figlie. Di conseguenza, per continuare a seguire l’argomento della ricorrente, la sede sociale della società madre deve essere considerata come il «luogo in cui il danno è avvenuto» ai fini dell’applicazione dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012.
67. Ritengo che, su un piano più generale (non collegato a questioni di competenza giurisdizionale), la Corte abbia respinto l’idea di una «applicazione invertita» della nozione di unità economica, quando ha affermato che tale nozione non si applica nel contesto (ovviamente diverso) di un’azione di risarcimento danni invocando la responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea, ai sensi dell’articolo 340, paragrafo 2, TFUE, che. A fini di chiarezza, nella sentenza Guardian Europe/Unione europea, la Corte, in sostanza, ha respinto la pretesa di una società madre secondo cui la stessa aveva subito un lucro cessante a causa del pagamento di un’ammenda, inflitta dalla Commissione e successivamente parzialmente annullata, in cui l’onere collegato al pagamento della stessa era stato, in realtà, sostenuto dalle società figlie. In sede di impugnazione, la Corte ha condiviso il rifiuto di un’interpretazione «invertita» della nozione di unità economica da parte del Tribunale e ha spiegato che un’azione con cui viene invocata la responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea è «disciplinata da norme procedurali generali, (…) indipendenti dalla logica della responsabilità con riferimento al diritto in materia di intese» (50).
68. Indipendentemente dalla circostanza che una diversa soluzione nel merito possa essere raggiunta nell’ambito di un’azione privata di risarcimento danni (51), osservo che l’avvocato generale Szpunar ha recentemente respinto un argomento simile e ha spiegato in modo convincente che la nozione di unità economica non può incidere sull’interpretazione delle norme a disciplina della notificazione o comunicazione degli atti all’interno dell’Unione(52) e non consente che un’azione di risarcimento dei danni che è diretta ad una società madre possa essere validamente notificata o comunicata alla sua società figlia(53).
69. Nel contesto di tali sviluppi più generali, resta da esaminare se la nozione di unità economica possa essere utilizzata nell’applicazione dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 in modo tale da attribuire, in sostanza, un forum actoris a un’asserita vittima indiretta di un comportamento contrario all’articolo 101 TFUE.
2. La nozione di unità economica può incidere sulla portata della nozione di luogo in cui si è verificato il danno?
70. D’accordo con le posizioni espresse dalla ricorrente, dal governo ceco e dalla Commissione, ritengo che a tale questione si debba rispondere in senso negativo.
71. Anzitutto, dalle precedenti sezioni delle presenti conclusioni risulta che la posizione contraria della ricorrente non trova semplicemente alcun sostegno nella giurisprudenza della Corte.
72. In secondo luogo, accogliere tale posizione sarebbe in contrasto con i principi che sono alla base della norma sulla competenza di cui trattasi. Ciò ostacolerebbe la sua ratio della prossimità e il connesso requisito della valutazione individuale dei criteri di collegamento (a). Nelle circostanze del caso di specie, ciò non soddisferebbe nemmeno il requisito della prevedibilità del foro e l’obiettivo della coerenza tra il foro e il diritto applicabile (b).
73. Infine, per affrontare le preoccupazioni della ricorrente, spiegherò che tale conclusione non costituisce un ostacolo all’efficienza nell’attuazione dei diritti derivanti dalla violazione del diritto della concorrenza (c).
a) Requisito della prossimità e valutazione individuale
74. Come ho spiegato in precedenza, si ritiene che le autorità giurisdizionali la cui competenza può essere determinata sulla base dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 si trovino nella posizione migliore «in particolare per ragioni di prossimità alla controversia e di facilità di assunzione delle prove» (54).
75. Da tale punto di vista, riconosco senza dubbio che è complesso raccogliere elementi di prova in azioni di risarcimento danni di natura transfrontaliera (55), anche nell’ambito di domande (o di difese) che adducono argomenti secondo cui si è verificato il trasferimento del sovrapprezzo derivante da un accordo collusivo (56).
76. Ciò posto, il luogo in cui si trova la sede della società madre non fornisce immediatamente un nesso significativo che indichi il motivo per il quale esso sarebbe in una posizione migliore a tal fine rispetto (in particolare) al luogo dell’acquisto (57).
77. A tale riguardo, la soluzione sostenuta dalla ricorrente sarebbe incompatibile con il requisito secondo cui i criteri di collegamento devono essere valutati individualmente per ciascuna vittima. Ciò è stato chiaramente affermato nella sentenza CDC Hydrogen Peroxide, che riguardava un’azione relativa a una pluralità di crediti ceduti a un’unica società (58).
78. È vero, come osserva la ricorrente, che nella sentenza Volvo la Corte utilizza il termine «impresa» per descrivere le ricorrenti di cui a detta causa, che erano le asserite vittime delle pratiche anticoncorrenziali in discussione. Tuttavia, non credo che l’utilizzato di tale termine fosse volto ad integrare gli sviluppi già esaminati, in cui la Corte ha sfumato la definizione di «luogo in cui il danno è avvenuto» per tener conto della specificità del contenzioso in materia di concorrenza (in aggiunta alla definizione di «attore» nel contesto in parola).
79. In primo luogo, l’uso che la Corte fa del termine «impresa» come sopra descritto compare già nella sentenza CDC Hydrogen Peroxide, che è antecedente a tali sviluppi. Ancor più importante, come osservano la Commissione e la Repubblica ceca, da una lettura più attenta delle sentenze tanto nella causa CDC Hydrogen Peroxide quanto nella causa Volvo risulta in modo chiaro che il termine di cui trattasi non è utilizzato nel senso specifico del diritto della concorrenza, ma nel suo senso comune e come sinonimo di «società o «persona giuridica» (59). Inoltre, giungere a una conclusione diversa sarebbe in diretto contrasto con la necessità di una valutazione individuale, che era una delle principali constatazioni della sentenza CDC Hydrogen Peroxide e che è stata successivamente richiamata nella sentenza Volvo (60).
80. Si aggiunga, come rilevato dalla resistente, dal governo ceco e dalla Commissione, che il medesimo «approccio individuale» per quanto riguarda la definizione dell’asserita vittima di un comportamento anticoncorrenziale è stato adottato dal legislatore dell’Unione nella direttiva 2014/104 (61). L’adozione di siffatto strumento è stata percepita, in sostanza, come un’importante pietra miliare per contribuire all’efficienza nell’attuazione, a livello privatistico, dei diritti derivanti da infrazioni al diritto della concorrenza (62). A tal fine, la stessa direttiva stabilisce norme per il coordinamento, tra l’altro, dell’applicazione delle regole di concorrenza nelle azioni per il risarcimento del danno, per garantire che chiunque abbia subito un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza possa esercitare in maniera efficace il diritto di chiedere all’impresa responsabile il pieno risarcimento (63).
81. In tale prospettiva, è significativo che il legislatore dell’Unione non abbia ritenuto opportuno definire la nozione di «soggetto danneggiato» (64) più ampiamente al fine di includervi non solo le vittime dirette, ma anche le vittime indirette (65). Se ciò non è stato ritenuto necessario nell’ambito di uno strumento specificamente concepito per migliorare l’applicazione del diritto della concorrenza a livello privatistico, non vedo alcun motivo per adottare un siffatto approccio nell’ambito del regolamento n. 1215/2012 che, come rileva in sostanza la stessa ricorrente, è un atto di applicazione generale che disciplina qualsiasi tipo di controversia rientrante nel suo ambito di applicazione (specialmente quando un approccio del genere ostacolerebbe gli aspetti del funzionamento della norma sulla competenza in discussione cui ho appena fatto riferimento, nonché quelli che tratterò di seguito).
b) Obiettivo della coerenza tra il foro e la legge applicabile e il requisito dell’elevata prevedibilità del foro
82. Nella giurisprudenza summenzionata, la Corte ha sottolineato la rilevanza della coerenza tra il giudice competente e la legge applicabile, da un lato, e il requisito della prevedibilità del foro, dall’altro.
83. Per quanto riguarda il primo aspetto, la Corte ha osservato che la determinazione del luogo in cui si è verificato il danno nel senso che esso si trova nell’ambito del mercato interessato era conforme all’obiettivo di coerenza tra il diritto applicabile e il giudice competente, come espresso nel considerando 7 del «regolamento Roma II», dato che, ai sensi di tale regolamento, la legge applicabile in caso di azioni per il risarcimento del danno derivanti da una violazione del diritto della concorrenza è quella del paese sul cui mercato essa ha o potrebbe avere effetto (66).
84. Per quanto riguarda il secondo aspetto, nella sentenza Volvo la Corte ha giustificato il criterio di collegamento (sussidiario) della sede sociale della vittima facendo riferimento al fatto che «le parti convenute, partecipanti all’intesa, non possono ignorare la circostanza che gli acquirenti dei beni in questione sono stabiliti all’interno del mercato interessato dalle pratiche collusive» (67).
85. Oltre ai temi sollevati nella precedente sottosezione relativamente alla prossimità e alla valutazione individuale, invocare la sede sociale della società madre nelle circostanze della presente causa risulta insufficiente sotto entrambi i profili.
86. È vero che la sede della ricorrente si trova all’interno del mercato interessato come definito dalla decisione della Commissione (il che è la naturale conseguenza della portata paneuropea dell’intesa di cui trattasi). Tuttavia, ho già spiegato che, conformemente alla sentenza Volvo, occorre applicare un criterio più specifico, come il luogo dell’acquisto o la sede sociale della vittima diretta.
87. Dal fascicolo emerge che i rispettivi acquisti da parte delle diverse società figlie sono stati effettuati in vari Stati membri (inclusa, ma non solo, l’Ungheria) (68) la cui legge diventa dunque applicabile in forza dell’articolo 6, paragrafo 3, lettera a), del regolamento Roma II. In tali circostanze, l’obiettivo di garantire la coerenza con la legge applicabile non può essere raggiunto (laddove sulle domande vertenti su danni avvenuti al di fuori dell’Ungheria devono pronunciarsi i giudici ungheresi).
88. Per quanto riguarda la prevedibilità del foro, se la competenza dovesse essere determinata sulla base del luogo della sede sociale della società madre, ciò sarebbe accompagnato dal rischio di trasformare il foro risultante in un bersaglio mobile. Difatti, ogni volta che vi è un’operazione la quale cambia la persona che controlla una data società figlia, il giudice competente nella presente situazione cambierebbe in funzione della sede della nuova società madre(69). La seconda questione pregiudiziale illustra piuttosto bene tale rischio, in quanto rivela che alcune delle società figlie in discussione non appartenevano, all’epoca in cui gli acquisti sono stati effettuati, al gruppo della ricorrente. Al riguardo, sebbene si possa prospettare che, quando si tratta determinare il luogo specifico «in cui il danno è avvenuto», perseguire la prevedibilità del foro divenga, in una certa misura, un obiettivo illusorio (nell’ambito di un’intesa paneuropea), ciò non è un motivo sufficiente per abbandonare del tutto tale obiettivo e aggiungervi un ulteriore grado di incertezza.
89. Ciò precisato, occorre ancora affrontare l’argomento della ricorrente secondo cui escludere l’applicazione della nozione di unità economica nelle circostanze del caso di specie pregiudica seriamente la possibilità per le vittime di comportamenti anticoncorrenziali di far valere i propri diritti.
c) Efficienza nell’attuazione dei diritti
90. La ricorrente spiega in dettaglio le difficoltà che sorgono, a suo avviso, in capo alla vittima di un comportamento anticoncorrenziale per quanto riguarda l’attuazione a livello transfrontaliero dei diritti connessi. Essa rileva, tra l’altro, che gli autori dell’infrazione ostacolano sistematicamente tale attuazione opponendosi, in particolare, alla competenza internazionale dei giudici aditi. Essa ritiene, in sostanza, che dette difficoltà possano essere evitate (nel caso specifico dell’intesa sugli autocarri in esame) se la competenza viene centralizzata per la totalità dei danni subiti in diversi luoghi da diversi membri di un’unità economica e se siffatta competenza centralizzata si basa sulla sede sociale della società madre. La situazione attuale incide, a suo avviso, sull’efficienza nell’attuazione dei diritti sottesi, giacché una vittima che gestisce attività in diversi Stati membri (come la stessa ricorrente, se seguo correttamente l’argomento) deve promuovere un’azione in cinque Stati membri diversi per il solo motivo che gli autocarri sono stati acquistati dalle sue società figlie. Inoltre, la medesima fa riferimento ai maggiori costi che una simile frammentazione del contenzioso comporta e osserva che, poiché la maggior parte degli autori dell’infrazione è stabilita negli Stati membri fondatori (o in quelli che hanno aderito «per primi»), le norme attuali indicano che le vittime devono avviare il contenzioso in detti Stati, sebbene le medesime possano avere la propria sede negli altri Stati membri.
91. Per esaminare, in primo luogo, quest’ultima osservazione, mi sembra che la ricorrente critichi, in sostanza, se seguo correttamente l’argomento, la regola principale del domicilio del convenuto che disciplina il regolamento n. 1215/2012. Infatti, tale regola svantaggia gli attori (qualsiasi attore, peraltro) poiché è l’attore che deve «spostarsi» presso il domicilio del convenuto e rispettare le norme procedurali applicabili (e non viceversa). Tuttavia, questo è il modo in cui è stato redatto il regolamento n. 1215/2012 (conformemente a una norma consolidata da tempo in tutti gli ordinamenti giuridici nazionali (70)).
92. Si deve osservare, in secondo luogo, che quest’ultimo regolamento capovolge detta regola generale in relazione a talune categorie di attori, considerati alla stregua di parti più deboli, offrendo loro una protezione rafforzata sotto forma di possibilità di agire in giudizio nel luogo del loro domicilio (o lavoro) (71). Le asserite vittime di un comportamento anticoncorrenziale non rientrano, in quanto tali, nelle categorie di cui trattasi (a meno che non agiscano, in un determinato caso, come consumatori). Siffatto status quo prescinde dal fatto che esiste un interesse pubblico a garantire l’osservanza del diritto della concorrenza e che, per promuovere l’interesse in parola, il legislatore dell’Unione ha deciso di adottare talune norme comuni nel settore dell’applicazione del summenzionato diritto a livello privatistico (72). Ciò che rileva nel caso di specie è che tale scelta non ha alcun equivalente nelle norme «cautelari» sulla competenza come attualmente previste nel regolamento n. 1215/2012.
93. In terzo luogo, a differenza di tali norme cautelari, la norma sulla competenza in discussione si basa su una ratio fondamentalmente diversa, come già spiegato. Ne consegue che i rispettivi interessi degli attori e dei convenuti devono essere considerati equivalenti. Inoltre, trattandosi di un’eccezione alla regola generale, la norma sulla competenza in parola deve essere interpretata restrittivamente.
94. In quarto luogo, nella sentenza CDC Hydrogen Peroxide, la Corte, nondimeno, si è spinta fino a creare un forum actoris per la vittima (diretta) di un’intesa sui prezzi e tale forum actoris è stato confermato, in via subordinata, nella sentenza Volvo. Come rileva la Commissione, la Corte ha altresì affermato, nella sentenza CDC Hydrogen Peroxide, che il giudice del luogo in cui si trova la sede sociale della vittima può pronunciarsi per l’insieme del danno lamentato (73) (il che sembra essere la logica conseguenza della scelta della sede della vittima come criterio di collegamento).
95. In quinto luogo, come è già stato spiegato e come ricorda la Commissione, la vittima può proporre l’azione non solo nei confronti della società madre destinataria della relativa decisione della Commissione con cui viene accertata l’infrazione, ma anche nei confronti di una società figlia nell’ambito dell’unità economica di tale società madre, a determinate condizioni (74). Ciò crea la possibilità di un foro aggiuntivo (a seconda dell’ubicazione della società figlia) e può quindi facilitare ulteriormente l’applicazione.
96. Infine, se un determinato attore ritiene che la centralizzazione della competenza sia la sua prima priorità, viene sempre offerto un ricorso universale dinanzi alle autorità giurisdizionali della sede sociale del convenuto. Tale scelta comporta certamente il disagio dello «spostamento», ma non può essere criticata per aver cagionato un contenzioso frammentato.
97. In tali circostanze, non vedo come le attuali norme sulla competenza impediscano fondamentalmente alle asserite vittime di un comportamento anticoncorrenziale di far valere i loro diritti o il vizio nell’attuale regime del regolamento n. 1215/2012 che renda necessaria l’applicazione della nozione «invertita» di unità economica per estendere la portata della nozione di «luogo in cui il danno è avvenuto» ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 (e, più specificamente, quella del luogo in cui il danno è avvenuto ai sensi della giurisprudenza della Corte come illustrato supra).
98. Alla luce delle considerazioni che precedono, concludo che la locuzione «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto», ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, non comprende la sede sociale della società madre che promuove un’azione di risarcimento dei danni per i danni causati unicamente alle società figlie della società madre in parola dal comportamento anticoncorrenziale di un terzo, e laddove si affermi che tale società madre e tali società figlie facciano parte della stessa unità economica.
3. Seconda questione pregiudiziale: rilevanza del momento dell’acquisto (e del momento dell’acquisizione delle società figlie)
99. Tenuto conto della conclusione che ho formulato, non è necessario affrontare la seconda questione pregiudiziale, con la quale il giudice del rinvio chiede se sulla possibilità per una società madre di basarsi sulla sua sede sociale - e sulla nozione di unità economica) - per determinare la competenza giurisdizionale incida il fatto che alcune delle società figlie interessate siano state acquisite dalla ricorrente solo dopo aver pagato i prezzi artificiosamente aumentati e aver subito il relativo danno.
100. Ciò premesso, la fondatezza della questione in parola può, a mio avviso, essere esaminata piuttosto rapidamente. A tale proposito, concordo con la ricorrente sul fatto che detta questione riguarda il merito della domanda ed è quindi irrilevante ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale (75).
101. Infatti, se si dovesse ammettere che la nozione di unità economica trasforma la sede sociale della ricorrente nel criterio di collegamento applicabile ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012, occorrerebbe rilevare che il tema sollevato dalla seconda questione riguarda l’entità dei danni di cui la ricorrente può chiedere il risarcimento (vale a dire se essa possa ottenere il risarcimento di un siffatto danno anche per la perdita subita dalle società figlie prima della loro acquisizione da parte della ricorrente). Tale aspetto, quindi, attiene al merito della causa e non alla questione della determinazione della competenza.
V. Conclusione
102. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Kúria (Corte suprema, Ungheria) come segue:
L’articolo 7, punto 2, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale
deve essere interpretato nel senso che
la locuzione «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto» non comprende la sede sociale della società madre che promuove un’azione di risarcimento dei danni per i danni causati unicamente alle società figlie di tale società dal comportamento anticoncorrenziale di un terzo, e laddove si affermi che tale società madre e tali società figlie facciano parte della stessa unità economica.