Language of document : ECLI:EU:T:2024:113

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

21 febbraio 2024 (*)

«Dumping – Importazioni di determinati alcoli polivinilici originari della Cina – Dazio antidumping definitivo – Regolamento di esecuzione (UE) 2020/1336 – Calcolo del valore normale – Distorsioni significative nel paese esportatore – Articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento (UE) 2016/1036 – Diritto dell’OMC – Principio di interpretazione conforme – Adeguamenti – IVA non rimborsabile – Funzioni assimilabili a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni – Equa comparazione del prezzo all’esportazione e del valore normale – Onere della prova – Articolo 2, paragrafo 10, lettere b) ed i), del regolamento 2016/1036 – Omessa collaborazione – Dati disponibili – Articolo 18 del regolamento 2016/1036 – Doppia applicazione – Applicazione penalizzante – Processi di produzione differenti – Undercutting dei prezzi – Segmenti di mercato – Metodo dei numeri di controllo del prodotto – Articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2016/1036 – Diritti della difesa – Trattamento riservato – Articoli 19 e 20 del regolamento 2016/1036»

Nella causa T‑762/20,

Sinopec Chongqing SVW Chemical Co. Ltd, con sede in Chongqing (Cina),

Sinopec Great Wall Energy & Chemical (Ningxia) Co. Ltd, con sede in Lingwu (Cina),

Central-China Company, Sinopec Chemical Commercial Holding Co. Ltd, con sede in Wuhan (Cina),

rappresentate da J. Cornelis, F. Graafsma e E. Vermulst, avvocati,

ricorrenti,

sostenute da

Wegochem Europe BV, con sede in Amsterdam (Paesi Bassi), rappresentata da R. Antonini, E. Monard e B. Maniatis, avvocati,

interveniente,

contro

Commissione europea, rappresentata da G. Luengo, in qualità di agente,

convenuta,

sostenuta da

Parlamento europeo, rappresentato da A. Neergaard, D. Moore e A. Pospíšilová Padowska, in qualità di agenti,

da

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da H. Marcos Fraile e B. Driessen, in qualità di agenti, assistiti da N. Tuominen, avvocata,

da

Kuraray Europe GmbH, con sede in Hattersheim am Main (Germania), rappresentata da R. MacLean e D. Sevilla Pascual, avvocati,

e da

Sekisui Specialty Chemicals Europe SL, con sede in La Canonja (Spagna), rappresentata da A. Borsos e J. Jousma, avvocati,

intervenienti,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da L. Truchot (relatore), presidente, H. Kanninen, L. Madise, R. Frendo e T. Perišin, giudici,

cancelliere: I. Kurme, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 14 e del 15 dicembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il loro ricorso presentato ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Sinopec Chongqing SVW Chemical Co. Ltd (in prosieguo: la «Sinopec Chongqing»), la Sinopec Great Wall Energy & Chemical (Ningxia) Co. Ltd (in prosieguo: la «Sinopec Ningxia») e la Central-China Company, Sinopec Chemical Commercial Holding Co. Ltd (in prosieguo: la «Sinopec Central-China»), ricorrenti, chiedono l’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) 2020/1336 della Commissione, del 25 settembre 2020, che istituisce dazi antidumping definitivi sulle importazioni di determinati alcoli polivinilici originari della Repubblica popolare cinese (GU 2020, L 315, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), nella parte in cui esso li riguarda.

 Fatti all’origine della controversia

2        La Sinopec Chongqing e la Sinopec Ningxia sono imprese cinesi produttrici di alcoli polivinilici (in prosieguo: i «PVA»), mentre la Sinopec Central-China è un’impresa cinese collegata alle precedenti, la quale esporta in particolare verso l’Unione europea i prodotti fabbricati da queste ultime.

3        Il 18 giugno 2019, la Kuraray Europe GmbH (in prosieguo: la «Kuraray»), un produttore di PVA che rappresenta oltre il 60% della produzione totale dell’Unione, ha presentato alla Commissione europea una denuncia ai sensi dell’articolo 5 del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21; in prosieguo: il «regolamento di base»). Di conseguenza, la Commissione ha pubblicato un avviso di apertura di un procedimento antidumping relativo alle importazioni di taluni PVA originari della Repubblica popolare cinese (GU 2019, C 256, pag. 4).

4        L’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio da esso derivante ha riguardato il periodo compreso tra il 1º luglio 2018 e il 30 giugno 2019 (in prosieguo: il «periodo dell’inchiesta»). L’analisi delle tendenze utili per valutare il pregiudizio, relative agli elementi di cui alle tabelle da 1 a 11 del regolamento impugnato, ha riguardato il periodo compreso tra il 1º gennaio 2016 e la fine del periodo dell’inchiesta (in prosieguo: il «periodo in esame») (considerando 39 del regolamento impugnato).

5        Dopo vari scambi scritti con le ricorrenti e con altre imprese interessate dalla sua inchiesta, il 3 luglio 2020 la Commissione ha trasmesso alle ricorrenti le informazioni finali di cui all’articolo 20 del regolamento di base (in prosieguo: le «informazioni finali»), nelle quali prevedeva di trattenere, nei confronti di queste ultime, un dazio antidumping del 26,3%, corrispondente al loro margine di dumping. Dopo altri scambi scritti e lo svolgimento, il 17 luglio 2020, di un’audizione con la Commissione, il 20 luglio 2020 le ricorrenti hanno depositato le loro osservazioni sulle informazioni finali. Il 24 luglio 2020 la Commissione ha trasmesso alle ricorrenti informazioni finali supplementari (in prosieguo: le «informazioni finali supplementari»), nelle quali, dopo aver accolto taluni argomenti da queste ultime presentati, ha considerato che il margine di dumping poteva essere ridotto al 17,3%. Il 29 luglio 2020 le ricorrenti hanno presentato osservazioni in merito a tali informazioni supplementari.

6        Con il regolamento impugnato, la Commissione ha istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di alcuni PVA originari della Cina e ha stabilito che l’aliquota del dazio antidumping definitivo applicabile al prezzo netto franco frontiera dell’Unione, dazio non corrisposto, ammontava, per le ricorrenti, al 17,3%.

7        Per calcolare il valore normale dei prodotti fabbricati dalle ricorrenti, la Commissione non si è basata sulla regola generale di cui all’articolo 2, paragrafo 1, primo comma, del regolamento di base, secondo la quale il «valore normale è di norma basato sui prezzi pagati o pagabili, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti nel paese esportatore». Essa ha applicato l’articolo 2, paragrafo 6 bis, di tale regolamento, disposizione introdotta in forza del regolamento (UE) 2017/2321 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che modifica il regolamento [di base] e il regolamento (UE) 2016/1037 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell’Unione europea (GU 2017, L 338, pag. 1) (considerando 86 e 87 del regolamento impugnato):

8        L’articolo 2, paragrafo 6, del regolamento di base, prevede quanto segue:

«6 bis a)      Qualora sia accertato, all’atto dell’applicazione della presente disposizione o di qualsiasi altra disposizione pertinente del presente regolamento, che non è opportuno utilizzare i prezzi e i costi sul mercato interno del paese esportatore a causa dell’esistenza nel suddetto paese di distorsioni significative ai sensi della lettera b), il valore normale è calcolato esclusivamente in base a costi di produzione e di vendita che rispecchino prezzi o valori di riferimento esenti da distorsioni, nel rispetto delle seguenti norme.

Tra le fonti che la Commissione può utilizzare figurano:

–        i corrispondenti costi di produzione e di vendita in un paese rappresentativo appropriato, con un livello di sviluppo economico analogo a quello del paese esportatore, a condizione che siano prontamente disponibili i dati pertinenti; qualora vi sia più di un paese rappresentativo appropriato, la preferenza è accordata, se del caso, ai paesi con un livello adeguato di protezione sociale e ambientale;

–        se lo ritiene opportuno, i prezzi, i costi o i valori di riferimento internazionali esenti da distorsioni; oppure

–        i costi sul mercato interno, ma solo nella misura in cui sia stato positivamente accertato che sono esenti da distorsioni, sulla base di prove precise e adeguate, anche nel quadro delle disposizioni relative alle parti interessate di cui alla lettera c).

Fatto salvo l’articolo 17, tale valutazione deve essere eseguita separatamente per ciascun esportatore e produttore.

Il valore normale costruito comprende un congruo importo esente da distorsioni per le spese generali, amministrative e di vendita e per i profitti.

b)      Per distorsioni significative si intendono le distorsioni che si verificano quando i prezzi o i costi dichiarati, ivi compresi i costi delle materie prime e dell’energia, non sono il risultato delle forze del libero mercato in quanto influenzati da un intervento pubblico sostanziale. Nel valutare la sussistenza di distorsioni significative occorre fare riferimento, tra l’altro, alla possibile incidenza di uno o più dei seguenti fattori:

–        il mercato in questione è in ampia misura servito da imprese che sono di proprietà od operano sotto il controllo, la supervisione strategica o l’orientamento delle autorità del paese di esportazione;

–        la presenza statale nelle imprese consente allo Stato di interferire nella determinazione dei prezzi o dei costi;

–        l’esistenza di politiche o misure pubbliche che favoriscono in modo discriminatorio i fornitori nazionali o influenzano in altro modo le forze del libero mercato,

–        l’assenza, un’applicazione discriminatoria o inadeguata del diritto fallimentare, societario o patrimoniale;

–        la distorsione dei costi salariali;

–        l’accesso ai finanziamenti è concesso da istituzioni che attuano obiettivi di politica pubblica o altrimenti non operano in maniera indipendente dallo Stato.

c)      Se la Commissione ha indicazioni fondate dell’eventuale sussistenza di distorsioni significative di cui alla lettera b) in un determinato paese o un determinato settore di tale paese, e ove opportuno per l’applicazione efficace del presente regolamento, la Commissione elabora, rende pubblica e aggiorna periodicamente una relazione che descrive le condizioni di mercato di cui alla lettera b) in tale paese o settore. Tali relazioni e gli elementi di prova su cui esse si basano sono inseriti nel fascicolo di qualsiasi inchiesta relativa a quel paese o settore. Le parti interessate hanno ampie possibilità di confutare, integrare o presentare osservazioni sulla relazione e gli elementi di prova su cui essa si basa in ciascuna inchiesta nella quale siano utilizzati tale relazione o tali elementi di prova. Nel valutare l’esistenza di distorsioni significative, la Commissione tiene conto di tutti i pertinenti elementi di prova presenti nel fascicolo dell’inchiesta».

9        Nel regolamento impugnato, la Commissione, avendo constatato, segnatamente sulla base della relazione riguardante la situazione in Cina del 20 dicembre 2017, che essa aveva reso pubblica in forza dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera c), del regolamento di base, che in tale paese esistevano «distorsioni significative» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), di detto regolamento (considerando 91 e 171 del regolamento impugnato), ha costruito il valore normale secondo il metodo previsto all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), secondo comma, primo trattino, del medesimo regolamento. A tal fine, essa ha considerato la Turchia come paese rappresentativo appropriato (considerando 172 e 222 del regolamento impugnato). Inoltre, conformemente all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), ultimo comma, del regolamento di base, la Commissione ha incluso nel valore normale un importo da essa ritenuto congruo ed esente da distorsioni per le spese generali, amministrative e di vendita (in prosieguo: le «SGAV») nonché per i profitti (considerando 87 del regolamento impugnato).

10      Inoltre, per quanto riguarda la Sinopec Ningxia, la Commissione ha constatato l’esistenza di carenze sostanziali e gravi nei dati comunicati riguardo ai costi di produzione. Pertanto, al momento del calcolo, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, del valore normale dei prodotti fabbricati dalla Sinopec Ningxia, la Commissione ha applicato l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, a termini del quale, laddove una parte interessata «rifiuti l’accesso alle informazioni necessarie (...) oppure ostacoli gravemente l’inchiesta», la Commissione può basarsi sui «dati disponibili» (in prosieguo: i «dati disponibili ai sensi dell’articolo 18»). Il valore normale dei prodotti fabbricati dalla Sinopec Ningxia è stato quindi calcolato sulla base delle informazioni fornite da altri produttori esportatori e, per ciascun tipo di PVA interessato, la Commissione ha utilizzato il valore normale costruito più elevato tra quelli di questi altri produttori esportatori (considerando da 327 a 333 del regolamento impugnato).

11      Nel confrontare il valore normale dei prodotti fabbricati dalle ricorrenti e il loro prezzo all’esportazione, la Commissione ha operato due adeguamenti ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettere b) e i), del regolamento di base. Da un lato, essa ha aumentato il valore normale «per tenere conto della differenza nelle imposte indirette tra le vendite all’esportazione dalla [Cina] verso l’Unione e il valore normale nel caso in cui [fossero] state escluse imposte indirette quali l’[imposta sul valore aggiunto]» (considerando 388 del regolamento impugnato). Dall’altro, essa ha ridotto il prezzo all’esportazione, in ragione del fatto che le vendite nell’Unione dei PVA prodotti dalla Sinopec Chongqing e dalla Sinopec Ningxia erano effettuate tramite la Sinopec Central-China, la quale doveva essere considerata non già come un ufficio vendite interno, bensì piuttosto come un operatore commerciale (considerando 358 e 373 del regolamento impugnato). Inoltre, la Commissione ha contestualmente operato adeguamenti al ribasso del prezzo all’esportazione per sottrarre da quest’ultimo le spese di assicurazione, di trasporto, di movimentazione e di carico, i costi del credito e gli oneri bancari (in prosieguo: le «spese controverse»), al fine di ottenerne il livello corrispondente a un’operazione «franco fabbrica» (considerando 313, 314 e 357 del regolamento impugnato).

12      Nell’esame del pregiudizio che sarebbe stato subito dall’industria dell’Unione, effettuato conformemente all’articolo 3, paragrafi 2, 3 e 6, del regolamento di base, la Commissione ha analizzato l’undercutting dei prezzi. A tal fine, da un lato, essa si è basata sulle sue constatazioni secondo cui il mercato dei PVA non si componeva di due segmenti distinti (considerando da 61 a 64 del regolamento impugnato). Dall’altro, essa ha in particolare utilizzato un metodo consistente nel comparare i prezzi delle importazioni e i prezzi delle vendite dell’industria dell’Unione per tipi di prodotto, precisando di non aver trovato corrispondenza per alcuni di essi (considerando 432 e 433 del regolamento impugnato).

 Conclusioni delle parti

13      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte in cui esso le riguarda;

–        condannare la Commissione e le società intervenute a sostegno di quest’ultima alle spese.

14      La Wegochem Europe BV (in prosieguo: la «Wegochem»), interveniente a sostegno delle ricorrenti, chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte in cui esso riguarda le ricorrenti;

–        condannare la Commissione alle spese, incluse quelle che essa ha sostenuto.

15      La Commissione, sostenuta dal Parlamento europeo, dal Consiglio dell’Unione europea, dalla Kuraray e dalla Sekisui Specialty Chemicals Europe SL (in prosieguo: la «Sekisui»), chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

16      A sostegno del ricorso, le ricorrenti deducono cinque motivi, vertenti, il primo, sull’incompatibilità dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base con gli obblighi derivanti dal diritto dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), il secondo, sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base e su un errore manifesto di valutazione, il terzo, sulla violazione dell’articolo 18, paragrafi 1 e 5, del regolamento di base nonché dell’articolo 6.8 dell’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GATT) (GU 1994, L 336, pag. 103; in prosieguo: l’ «accordo antidumping»), contenuto nell’allegato 1 A dell’accordo che istituisce l’OMC (GU 1994, L 336, pag. 3), e dell’allegato II dell’accordo antidumping (GU 1994, L 336, pag. 118; in prosieguo: l’«allegato II»), il quarto, sulla violazione dell’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base in sede di determinazione dell’undercutting (sottoquotazione) dei prezzi nonché sulla violazione dell’articolo 3, paragrafo 6, del medesimo regolamento e, il quinto, sulla violazione dei diritti della difesa.

 Sul primo motivo, vertente sullincompatibilità dellapplicazione dellarticolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base con gli obblighi derivanti dal diritto dellOMC

17      Le ricorrenti sostengono che, nel regolamento impugnato, la Commissione ha applicato l’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base in modo incompatibile con l’accordo antidumping, così come interpretato dalle decisioni dell’organo di conciliazione dell’OMC (DSB). Le ricorrenti ammettono che l’accordo antidumping non ha effetto diretto, ma sostengono che, tenuto conto dei punti in comune fra detto accordo e il regolamento di base, tale circostanza non incide sull’obbligo, che la Commissione avrebbe violato nel caso di specie, di interpretare la summenzionata disposizione del regolamento di base in modo conforme al diritto dell’OMC, ed altresì alle decisioni del DSB.

18      Le ricorrenti precisano che il presente motivo non può essere considerato come un’eccezione di illegittimità riguardante l’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base. Infatti, esse non contesterebbero tale disposizione in quanto tale, bensì l’applicazione che la Commissione ne avrebbe fatto nel regolamento impugnato. Le ricorrenti sottolineano che è possibile interpretare l’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base in modo conforme al diritto dell’OMC, senza che una siffatta interpretazione sia contra legem o equivalga a privare tale disposizione della sua sostanza.

19      La Commissione, sostenuta dal Parlamento, dal Consiglio, dalla Kuraray e dalla Sekisui, contesta gli argomenti delle ricorrenti.

20      Si deve rammentare che, a norma dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, allorché l’Unione conclude accordi internazionali, questi ultimi vincolano le sue istituzioni e, di conseguenza, prevalgono sugli atti dell’Unione. Quindi, i testi del diritto derivato devono essere interpretati, per quanto possibile, in conformità con tali accordi, in particolare laddove tali testi mirino precisamente ad attuare un accordo internazionale concluso dall’Unione (v., in tal senso, sentenze del 9 gennaio 2003, Petrotub e Republica/Consiglio, C‑76/00 P, EU:C:2003:4, punto 57 e giurisprudenza ivi citata; del 18 marzo 2014, Z., C‑363/12, EU:C:2014:159, punti 71 e 72 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

21      Conformemente al considerando 3 del regolamento di base, al fine di garantire l’applicazione adeguata e trasparente delle norme dell’accordo antidumping, è opportuno recepire nella legislazione dell’Unione, nella misura massima possibile, i termini di tale accordo. Il principio di diritto internazionale generale del rispetto degli impegni contrattuali (pacta sunt servanda), sancito dall’articolo 26 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331), implica che il giudice dell’Unione, ai fini dell’interpretazione e dell’applicazione dell’accordo antidumping, debba tenere conto delle decisioni del DSB che hanno interpretato le disposizioni di detto accordo (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punti 30, 32 e 33 nonché giurisprudenza ivi citata).

22      Tuttavia, come dimostra l’utilizzo, nella giurisprudenza menzionata al precedente punto 20, dell’espressione «per quanto possibile», una siffatta giurisprudenza non può trovare applicazione nei confronti di una disposizione il cui senso sia chiaro e privo di ambiguità e che dunque non necessiti di alcuna interpretazione. Se così fosse, il principio di interpretazione conforme delle norme di diritto dell’Unione derivato servirebbe da fondamento ad un’interpretazione contra legem di tale disposizione, il che non è ammissibile (v. sentenza del 13 luglio 2018, Confédération nationale du Crédit mutuel/BCE, T‑751/16, EU:T:2018:475, punto 34 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2017, Canadian Solar Emea e a./Consiglio, T‑162/14, non pubblicata, EU:T:2017:124, punto 151).

23      Inoltre, occorre rilevare che l’interpretazione conforme degli atti delle istituzioni dell’Unione alla luce delle disposizioni di un accordo internazionale di cui quest’ultima è parte, quale definita dalla giurisprudenza richiamata ai precedenti punti da 20 a 22, non deve essere confusa con il controllo della legittimità di questi stessi atti.

24      Infatti, secondo una giurisprudenza costante, le disposizioni di un accordo internazionale possono essere invocate a sostegno di un ricorso di annullamento di un atto di diritto derivato dell’Unione o di un’eccezione di illegittimità di un atto di questo tipo solo qualora, da un lato, la natura e l’economia generale dell’accordo in questione non vi ostino e, dall’altro, tali disposizioni appaiano, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise Pertanto, dette disposizioni potranno essere fatte valere dinanzi al giudice dell’Unione come criterio di valutazione della legittimità di un atto dell’Unione solo qualora entrambe le condizioni sopracitate siano cumulativamente soddisfatte (v. sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Rusal Armenal, C‑21/14 P, EU:C:2015:494, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

25      Nel caso di specie, dato che le ricorrenti dichiarano di non sollevare alcuna eccezione di illegittimità e che comunque non adducono, né tantomeno dimostrano che sono soddisfatte le condizioni stabilite dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 24, affinché il Tribunale possa accogliere il presente motivo esse devono provare che l’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base manca di chiarezza oppure contiene ambiguità che dovrebbero essere dissipate da un’interpretazione conforme a tali norme e che tale interpretazione non è contra legem.

26      Occorre rilevare che le ricorrenti non sostengono che il testo dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base sia ambiguo.

27      Tuttavia, in primo luogo, le ricorrenti adducono che, affinché l’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base possa essere applicato in modo conforme al diritto dell’OMC, esso deve essere interpretato nel senso che, fra le tre fonti di informazione ivi menzionate, all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), di detto regolamento, occorre prendere in considerazione solo l’ultima, consistente nell’utilizzare i costi sul mercato interno del paese esportatore.

28      Si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione una norma del diritto dell’Unione, occorre tener conto non soltanto del suo tenore letterale, bensì anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte [v. sentenza del 2 luglio 2020, Magistrat der Stadt Wien (Grand hamster), C‑477/19, EU:C:2020:517, punto 23 e giurisprudenza ivi citata].

29      Orbene, l’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base proposta dalle ricorrenti equivale ad escludere le prime due fonti di informazione previste dall’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), di detto regolamento e a conferire una portata estensiva alla terza, nel senso che essa dovrebbe essere applicata anche in assenza di prova attestante che i costi di cui trattasi non sono falsati.

30      Anzitutto, l’interpretazione auspicata dalle ricorrenti non può fondarsi sul tenore letterale della disposizione di cui trattasi, che elenca tre opzioni, la terza delle quali è soggetta ad una precisa condizione. Come si evince dall’uso dell’espressione «tra le fonti (...)», tali tre opzioni non sono esaustive, cosicché la Commissione potrebbe utilizzare fonti di informazione diverse da quelle indicate nelle tre opzioni. Tuttavia, il margine di discrezionalità che il legislatore ha lasciato alla Commissione in ordine alla scelta di ricorrere a fonti d’informazione supplementari non può consentire a quest’ultima di prendere in considerazione una quarta fonte che coincida con la terza, a meno che non sia necessario soddisfare la condizione di dover dimostrare che i costi sul mercato interno del paese esportatore sono esenti da distorsioni.

31      Inoltre, tale interpretazione non è corroborata neppure dal contesto in cui si inserisce l’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base. Infatti, tale disposizione introduce norme specifiche che si distinguono da quelle risultanti da altri paragrafi dell’articolo 2 del regolamento di base, in quanto si applicano ai casi in cui il mercato interno del paese esportatore presenti distorsioni significative. Pertanto, il riferimento contenuto nell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), primo comma, del regolamento di base all’«atto dell’applicazione della presente disposizione o di qualsiasi altra disposizione pertinente del presente regolamento» non significa che tale disposizione debba, in ogni caso, essere interpretata in modo da essere conforme alle disposizioni dell’accordo antidumping che corrispondono ad altre disposizioni dell’articolo 2 del regolamento di base.

32      Infine, quanto agli obiettivi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, occorre rilevare che l’obiettivo perseguito da tale disposizione è di evitare che, ai fini di un’inchiesta antidumping, siano utilizzati dati relativi ai prezzi e ai costi nel paese esportatore che sarebbero falsati dalle distorsioni significative esistenti nel mercato interno di tale paese. Si prevede quindi di utilizzare o i dati relativi ad un paese terzo rappresentativo appropriato, o dati internazionali, o, ancora, i costi sul mercato interno del paese esportatore, purché sia dimostrato che questi ultimi non sono falsati.

33      Di conseguenza, si deve constatare che, con il loro argomento riassunto al precedente punto 27, le ricorrenti propongono un’interpretazione contra legem dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, la quale non può essere accolta.

34      In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che l’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base deve essere interpretato in modo conforme all’articolo 2.2 e all’articolo 2.2.1.1 dell’accordo antidumping.

35      Da un lato, secondo le ricorrenti, l’articolo 2.2 dell’accordo antidumping consente di costruire il valore normale, anziché di calcolarlo sulla base dei prezzi praticati nel paese esportatore, soltanto in tre ipotesi, tra le quali figura quella relativa all’esistenza di una particolare situazione di mercato (in prosieguo: la «PSM») nel paese esportatore.

36      Le ricorrenti precisano che la nozione di «PSM», come interpretata dalle decisioni del DSB, non conferisce una libertà illimitata all’autorità incaricata di un’inchiesta antidumping (in prosieguo: l’«autorità competente»), ma copre unicamente le situazioni in cui la comparabilità tra il valore normale e il prezzo all’esportazione sia pregiudicata. Per contro, una situazione caratterizzata da distorsioni significative derivanti da interventi statali significativi sul mercato del paese esportatore non consentirebbe, di per sé sola, di ignorare, nei calcoli del valore normale, costi registrati dai produttori esportatori di tale paese e di utilizzare, in luogo di questi ultimi, i costi sostenuti dai produttori di un paese terzo. Spetterebbe alla Commissione dimostrare l’esistenza di un nesso tra tale situazione e la comparabilità dei prezzi. Orbene, nel caso di specie, tale prova non sarebbe stata fornita.

37      Dall’altro lato, secondo le ricorrenti, anche supponendo che una distorsione dei costi dei fattori produttivi dia luogo ad una PSM, il metodo adottato dalla Commissione nel caso di specie, che comporta l’obbligo di utilizzare costi dei fattori produttivi provenienti da fonti esenti da distorsioni e di escludere i dati relativi ai costi di produzione dei produttori esportatori cinesi iscritti nei loro documenti contabili, è nondimeno contrario all’articolo 2.2.1.1 dell’accordo antidumping, così come interpretato dalle decisioni del DSB.

38      Occorre ricordare che, come rilevato al precedente punto 23, l’invocazione del principio di interpretazione conforme da parte delle ricorrenti non può comportare che il Tribunale controlli la legittimità dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base alla luce delle norme dell’OMC, senza dover dimostrare che sono soddisfatte le condizioni richieste dalla giurisprudenza per l’esercizio di tale controllo.

39      Peraltro, dal precedente punto 20 risulta che, affinché il principio di interpretazione conforme sia pienamente applicabile, le disposizioni del diritto dell’Unione di cui trattasi devono mirare a dare attuazione a norme dell’OMC.

40      Occorre ricordare che, con il regolamento 2017/2321, il legislatore dell’Unione ha modificato l’articolo 2 del regolamento di base al fine di inserirvi il paragrafo 6 bis e di modificare il paragrafo 7.

41      Secondo la giurisprudenza, l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, nella sua versione precedente a quella risultante dal regolamento 2017/2321, esprimeva la volontà del legislatore dell’Unione di adottare, in tale materia, un approccio proprio dell’ordinamento giuridico dell’Unione, introducendo un regime speciale di norme dettagliate relative al calcolo del valore normale a fronte di importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato. Pertanto, è stato dichiarato che tale disposizione non poteva essere considerata come una misura diretta a garantire nell’ordinamento giuridico dell’Unione l’esecuzione di un obbligo particolare assunto nell’ambito degli accordi dell’OMC, i quali non prevedevano norme relative al calcolo del valore normale per i paesi non retti da un’economia di mercato (sentenza del 5 maggio 2022, Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals/Commissione, C‑718/20 P, EU:C:2022:362, punto 88; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Rusal Armenal, C‑21/14 P, EU:C:2015:494, punti da 47 a 50). Il Tribunale ha precisato che, poiché tale disposizione stabiliva regole relative al calcolo del valore normale che non trovavano corrispondenza negli accordi dell’OMC, la Commissione non era tenuta ad interpretarla in maniera conforme agli obblighi dell’Unione nell’ambito dell’OMC. Infatti, se così fosse stato, essa sarebbe stata privata del potere discrezionale che il legislatore intendeva conferirle (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 19 settembre 2019, Zhejiang Jndia Pipeline Industry/Commissione, T‑228/17, EU:T:2019:619, punti da 111 a 113).

42      Si deve considerare che tali principi sono applicabili, per analogia, all’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base.

43      Infatti, tale disposizione istituisce un regime speciale che fissa le norme per la determinazione del valore normale nel caso di esportazioni provenienti da paesi per i quali sia accertato che il loro mercato interno presenta distorsioni significative, quali definite dalla medesima disposizione. Orbene, la normativa dell’OMC non contiene norme specifiche destinate al calcolo del valore normale in situazioni del genere.

44      Peraltro, è vero che il considerando 2 del regolamento 2017/2321 precisa che quest’ultimo «non pregiudica la decisione in merito al fatto che un paese membro dell’OMC sia o no un’economia di mercato né i termini e le condizioni stabiliti dai protocolli e da altri strumenti in virtù dei quali i paesi hanno aderito all’accordo [che istituisce l’OMC]», fra i quali si annovera il protocollo di adesione della Repubblica popolare cinese all’OMC (in prosieguo: il «protocollo di adesione»).

45      È altresì vero che il punto 15 del protocollo di adesione contiene norme specifiche per l’applicazione dell’accordo antidumping alle importazioni provenienti dalla Cina e prevede un periodo transitorio che scade al più tardi quindici anni dopo che la Repubblica popolare cinese è divenuta membro dell’OMC, ossia l’11 dicembre 2016.

46      Tuttavia, la presenza del considerando 2 nel preambolo del regolamento 2017/2321 non consente di concludere che, mediante tale regolamento, il legislatore dell’Unione abbia voluto istituire un meccanismo di attuazione del punto 15 del protocollo di adesione.

47      In ogni caso, anche supponendo che il punto 15 del protocollo di adesione, dopo la scadenza del periodo transitorio da esso previsto, osti all’utilizzo, nell’ambito di un’inchiesta antidumping, di un metodo destinato a determinare il valore normale che non sia fondato sui prezzi o sui costi cinesi per il settore di produzione oggetto di quest’ultima, ne conseguirebbe che l’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base non sarebbe compatibile con tale punto.

48      Dato che le ricorrenti non hanno sollevato alcuna eccezione di illegittimità contro l’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base alla luce delle norme dell’OMC, tale eventuale incompatibilità non farebbe che confermare l’impossibilità di interpretare tale disposizione nel senso auspicato dalle ricorrenti.

49      Di conseguenza, si deve concludere che non sono soddisfatte le condizioni richieste affinché il principio di interpretazione conforme sia applicabile all’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base alla luce delle norme dell’OMC.

50      Pertanto, il primo motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dellarticolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base e su un manifesto errore di valutazione

51      Il secondo motivo si compone di tre parti, vertenti, la prima, sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base e su un manifesto errore di valutazione, la seconda, sulla violazione della parte introduttiva dell’articolo 2, paragrafo 10, di detto regolamento e, la terza, sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera b), del medesimo regolamento.

 Sulla prima parte

52      Le ricorrenti, sostenute dalla Wegochem, dopo aver ricordato che tutte le loro vendite di PVA all’esportazione dirette verso l’Unione sono state effettuate dalla Sinopec Central-China, sostengono che erroneamente la Commissione, ritenendo che le funzioni di quest’ultima non fossero quelle di un ufficio vendite interno, ma fossero analoghe a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni, ha applicato al prezzo all’esportazione relativo a tali vendite un adeguamento al ribasso ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base (in prosieguo: il «primo adeguamento contestato»), corrispondente alle SGAV di tale società nonché a un margine di profitto per quest’ultima, stimato sulla base delle informazioni fornite da un operatore indipendente.

53      In primo luogo, le ricorrenti sottolineano che, secondo la formulazione dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base e la giurisprudenza pertinente, per poter operare un adeguamento in forza di tale disposizione, la Commissione deve fornire quanto meno indizi concordanti atti a dimostrare che una società di vendita collegata a un produttore svolge funzioni analoghe a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni.

54      Le ricorrenti precisano che la Commissione non può invertire l’onere della prova attraverso la considerazione che, in linea generale, un siffatto adeguamento è giustificato quando un’impresa crea una società commerciale collegata per effettuare le sue vendite all’esportazione e che, pertanto, spetta al produttore che ha creato tale società dimostrare che l’adeguamento in questione non è giustificato.

55      In secondo luogo, gli elementi invocati dalla Commissione nel corso del procedimento sfociato nell’adozione del regolamento impugnato e nell’ambito di quest’ultimo non consentirebbero di ritenere che il primo adeguamento contestato sia giustificato nel caso di specie.

56      La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

57      In primo luogo, esisterebbe una regola generale secondo cui, qualora un’impresa crei una società collegata per effettuare le operazioni commerciali che essa dovrebbe altrimenti affidare a operatori terzi, un adeguamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base sarebbe giustificato. Invero, sarebbe un dato di fatto che la società collegata così creata eserciterebbe funzioni analoghe a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni. Solo a titolo di eccezione a tale regola generale, qualora il produttore e il suo distributore collegato incaricato delle esportazioni verso l’Unione formino un’entità economica unica, un siffatto adeguamento non dovrebbe essere operato. Qualsiasi eccezione a una norma generale dovrebbe essere interpretata restrittivamente.

58      In secondo luogo, la Commissione precisa di non aver mai sostenuto che l’uno o l’altro degli elementi sui quali si è basata per operare il primo adeguamento contestato permetta, di per sé solo, di escludere che la Sinopec Central-China possa essere qualificata come un ufficio vendite interno. Essa sottolinea la necessità di procedere a una valutazione globale degli elementi pertinenti e adduce che gli elementi considerati nel caso di specie, considerati nel loro insieme, consentono di concludere che la Sinopec Central-China è una società commerciale autonoma e indipendente.

–       Disposizioni applicabili

59      Si deve ricordare la formulazione delle pertinenti disposizioni dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, a termini del quale:

«Tra il valore normale e il prezzo all’esportazione deve essere effettuato un confronto equo, allo stesso stadio commerciale e prendendo in considerazione vendite realizzate in date per quanto possibile ravvicinate, tenendo debitamente conto di altre differenze incidenti sulla comparabilità dei prezzi. Se il valore normale e il prezzo all’esportazione determinati non si trovano in tale situazione comparabile, si tiene debitamente conto, in forma di adeguamenti, valutando tutti gli aspetti dei singoli casi, delle differenze tra i fattori che, secondo quanto è parzialmente affermato e dimostrato, influiscono sui prezzi e quindi sulla loro comparabilità. Nell’applicazione di adeguamenti deve essere evitata qualsiasi forma di duplicazione, in particolare per quanto riguarda sconti, riduzioni, quantitativi e stadio commerciale. Quando sono soddisfatte le condizioni specificate, possono essere applicati adeguamenti per i fattori qui di seguito elencati:

(…)

i)      Commissioni

Si applica un adeguamento per le differenze relative alle commissioni pagate per le vendite in esame.

Nel termine “commissione” si intende incluso il rialzo ricevuto da un commerciante del prodotto o del prodotto simile, se le funzioni di tale commerciante sono analoghe a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni».

60      Dalla giurisprudenza risulta che un adeguamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base non può essere operato qualora il produttore stabilito in uno Stato terzo e il suo distributore collegato incaricato delle esportazioni verso l’Unione costituiscano un’entità economica unica (v., per analogia, sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punto 39).

61      Infatti, la suddivisione delle attività di produzione e di quelle di vendita all’interno di un gruppo formato da società giuridicamente distinte non può sminuire per nulla il fatto che si tratti di un’entità economica unica che organizza in questo modo un complesso di attività svolte, in altri casi, da un’entità che è unica anche sotto il profilo giuridico (v., per analogia, sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

62      Ciò considerato, il riconoscimento dell’esistenza di un’entità economica unica consente di evitare che costi chiaramente inclusi nel prezzo di un prodotto allorché la vendita viene effettuata da un ufficio vendite inserito nell’organizzazione del produttore ne esulino quando la stessa attività di vendita viene svolta da un’impresa giuridicamente distinta, pure se economicamente controllata dal produttore (v., per analogia, sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

63      Ne consegue che un distributore che formi un’entità economica unica con un produttore stabilito in uno Stato terzo non può essere considerato come soggetto che svolge funzioni analoghe a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base (v., per analogia, sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punto 42).

64      Nel contesto dell’analisi dell’esistenza di un’entità economica unica fra un produttore e il suo distributore collegato, è determinante considerare la realtà economica effettiva dei rapporti esistenti tra detto produttore e tale distributore. Tenuto conto della necessità di una constatazione che rifletta la realtà economica dei rapporti esistenti tra detto produttore e tale distributore, le istituzioni dell’Unione devono prendere in considerazione l’insieme dei fattori pertinenti che consentono di determinare se tale distributore svolga o meno le funzioni di un ufficio vendite integrato di detto produttore (v., per analogia, sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

–       Sulla prova

65      In merito all’onere della prova relativo agli adeguamenti specifici elencati all’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, esso incombe, secondo la giurisprudenza, alla parte che intende avvalersene (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

66      Così, se le istituzioni dell’Unione ritengono che si debba applicare un adeguamento al ribasso del prezzo all’esportazione, in quanto una società di vendita collegata ad un produttore esercita funzioni assimilabili a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni, incombe loro fornire quanto meno indizi concordanti atti a dimostrare che tale condizione è soddisfatta (v., per analogia, sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

67      Ne consegue che, nell’ipotesi in cui le istituzioni dell’Unione abbiano fornito indizi concordanti atti a dimostrare che un distributore collegato a un produttore esercitava funzioni analoghe a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni, incombeva a tale distributore o a tale produttore fornire la prova che un adeguamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base non era giustificato (v., per analogia, sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punto 85).

68      Ne consegue che la Commissione, per poter operare a giusto titolo il primo adeguamento contestato, doveva fornire indizi concordanti atti a dimostrare che quest’ultimo era giustificato.

69      La Commissione non può ritenere che un adeguamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base debba essere effettuato, in linea di principio, non appena un’impresa crei una società commerciale collegata per effettuare le sue vendite all’esportazione.

70      Infatti, l’esistenza di tale regola generale, che equivarrebbe ad un’inversione dell’onere della prova, non è dimostrata, in quanto la giurisprudenza citata a tal fine dalla Commissione non è pertinente.

71      In primo luogo, la Commissione si basa sulla sentenza del 7 febbraio 2013, EuroChem MCC/Consiglio (T‑459/08, non pubblicata, EU:T:2013:66). Al punto 132 di tale sentenza, il Tribunale ha rilevato che la seconda frase dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 2009, L 343, pag. 51), risultava dall’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1972/2002 del Consiglio, del 5 novembre 2002, recante modifica del regolamento (CE) n. 384/96 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 2002, L 305, pag. 1). Al medesimo punto, esso ha constatato che, ai sensi del considerando 6 del regolamento n. 1972/2002, la ragion d’essere dell’introduzione della frase in questione era di specificare, in linea con la prassi costante delle istituzioni, che tali adeguamenti dovevano essere effettuati anche se le parti non operavano sulla base di una relazione proponente-agente, ma conseguivano lo stesso risultato economico operando come venditore e acquirente. Tuttavia, dai punti 133 e 134 della medesima sentenza risulta che un adeguamento deve essere effettuato se la società incaricata delle vendite collegata ad un produttore-esportatore svolge funzioni assimilabili a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni e che, per determinare se ciò si verifichi, occorre esaminare i rispettivi ruoli assunti dalle diverse società collegate. Ne deriva che, in detta sentenza, il Tribunale non ha riconosciuto l’esistenza della regola generale addotta dalla Commissione nel caso di specie.

72      In secondo luogo, la Commissione invoca la sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio (C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punto 39), la quale non fa tuttavia alcun riferimento a una regola generale e ad un’eccezione a quest’ultima.

73      In terzo luogo, la Commissione si basa sul punto 50 della sentenza del 28 ottobre 2004, Shanghai Teraoka Electronic/Consiglio (T‑35/01, EU:T:2004:317), e sul punto 49 della sentenza del 28 giugno 2019, Changmao Biochemical Engineering/Commissione (T‑741/16, non pubblicata, EU:T:2019:454). In queste ultime, il Tribunale ha rilevato che il metodo di determinazione del valore normale di un prodotto previsto all’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1) e del regolamento n. 1225/2009, rispettivamente in vigore alla data dei fatti di cui trattavasi, costituiva un’eccezione al metodo specifico previsto a tal fine all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), di tali regolamenti, essendo quest’ultimo applicabile, in linea di principio, nel caso di importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato. Tuttavia, nel caso di specie, la Commissione non espone né, a fortiori, dimostra che la mancata applicazione di un adeguamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base quando un produttore esportatore vende i suoi prodotti nell’Unione tramite una società collegata è un’eccezione a una regola contenuta in tale regolamento, in forza della quale tale adeguamento dovrebbe, in linea di principio, essere operato in circostanze del genere. Pertanto, tali sentenze non suffragano né l’esistenza della regola generale invocata dalla Commissione né il carattere eccezionale della mancata applicazione di un siffatto adeguamento qualora esista un’entità economica unica.

74      In quarto luogo, in udienza, la Commissione ha richiamato la sentenza del 14 dicembre 2022, Xinyi PV Products (Anhui) Holdings/Commissione, (T‑586/14 RENV II, non pubblicata, EU:T:2022:799, punto 57), che confermerebbe l’esistenza di una norma in forza della quale un adeguamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base viene generalmente operato quando un produttore esportatore vende i suoi prodotti tramite una società collegata. Occorre tuttavia rilevare che, in tale sentenza, il Tribunale si è pronunciato su una situazione caratterizzata dal fatto che era pacifico che la società collegata al produttore esportatore interessato si aggiungeva al servizio interno di esportazione di cui quest’ultimo disponeva, come risulta dai punti 52 e 57 della sentenza summenzionata. Poiché la situazione del presente caso è diversa, erroneamente la Commissione si basa su detta sentenza.

75      La Commissione non può neppure considerare che un adeguamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base debba essere operato basandosi sul fatto, invocato dalle ricorrenti dinanzi al Tribunale, che la Sinopec Central-China non è direttamente controllata dalla Sinopec Chongqing e dalla Sinopec Ningxia.

76      A tal riguardo, sebbene dal considerando 366 del regolamento impugnato risulti che la Commissione ammette l’esistenza di un controllo comune, essendo la Sinopec Central-China, la Sinopec Chongqing e la Sinopec Ningxia «[tutte] controllate dal gruppo Sinopec», tale regolamento non contiene alcun considerando che sia dedicato all’esame del carattere indiretto di tale controllo e alle conseguenze che quest’ultimo potrebbe avere sulla dimostrazione che incombeva alla Commissione in forza della giurisprudenza richiamata ai punti da 65 a 67 supra.

77      Al considerando 366 del regolamento impugnato, la Commissione ha altresì rilevato che «l’esistenza di un controllo comune [era] un prerequisito necessario per l’esistenza di un’entità economica unica e implica[va] un’analisi per accertare se la totalità dei fatti pertinenti relativi all’operatore commerciale collegato dimostr[asse] l’esistenza di un’entità economica unica» e che «[l]o scopo [era] determinare se le funzioni svolte dall’operatore commerciale collegato [fossero] simili, o meno, a quelle di un ufficio vendite interno».

78      Siffatto approccio, adottato dalla Commissione nel regolamento impugnato, deve essere approvato dato che è conforme alla giurisprudenza, la quale considera che la struttura del capitale delle società che possono costituire un’entità economica unica è un indizio pertinente dell’esistenza di detta entità (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2009, Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio, T‑249/06, EU:T:2009:62, punto 179).

79      Pertanto, partendo da tale constatazione, occorre verificare se la Commissione abbia fornito abbastanza indizi concordanti atti a dimostrare che, nonostante l’esistenza di un controllo comune, non si poteva considerare che la Sinopec Central-China agisse in qualità di ufficio vendite interno e che, di conseguenza, fosse necessario effettuare il primo adeguamento contestato.

–       Sugli indizi addotti dalla Commissione

80      La Commissione fonda la sua decisione sugli indizi di seguito elencati:

–        la Sinopec Central-China cercava clienti e allacciava contatti con loro;

–        la Sinopec Chongqing effettuava vendite dirette all’esportazione;

–        la Sinopec Chongqing e la Sinopec Ningxia effettuavano vendite dirette in Cina;

–        la Sinopec Chongqing e la Sinopec Ningxia sostenevano spese di vendita;

–        la Sinopec Central-China commercializzava anche prodotti realizzati da produttori diversi dalla Sinopec Chongqing e dalla Sinopec Ningxia.

81      Occorre stabilire se gli indizi summenzionati consentano di ritenere che la Commissione abbia fornito la prova ad essa incombente.

82      In via preliminare, occorre ricordare che il primo elemento ripreso al precedente punto 80, relativo al fatto che la Sinopec Central-China cercava clienti ed allacciava contatti con questi ultimi, appariva nelle informazioni finali. Le ricorrenti hanno contestato la pertinenza del primo elemento nelle loro osservazioni sulle informazioni finali, facendo valere che la ricerca di clienti e l’allacciamento di contatti con questi ultimi erano attività svolte tanto da un operatore commerciale indipendente quanto da un ufficio vendite interno. Al considerando 358 del regolamento impugnato, la Commissione ha menzionato tale elemento, senza tuttavia rispondere agli argomenti delle ricorrenti.

83      Dinanzi al Tribunale, la Commissione si è limitata a sostenere che il primo elemento era pertinente, benché la ricerca di clienti e l’allacciamento di contatti con questi ultimi siano attività che possono essere esercitate tanto da un ufficio vendite interno quanto da un agente di vendita.

84      In tali circostanze, le ricorrenti sono legittimate a sostenere che il fatto che un’entità si dedichi alla ricerca di clienti e all’allacciamento di contatti con questi ultimi non è pertinente al fine di determinare se essa sia un ufficio vendite interno o un agente di vendita.

85      Per quanto riguarda il secondo fattore menzionato al precedente punto 80, relativo alla circostanza che la Sinopec Chongqing ha effettuato vendite dirette all’esportazione, dalla giurisprudenza risulta che quanto più alta è la percentuale di tali vendite dirette, tanto più difficile è sostenere che il distributore vincolato svolga le funzioni di un ufficio vendite interno (v., in tal senso, sentenze del 10 marzo 1992, Matsushita Electric/Conseil, C‑175/87, EU:C:1992:109, punto 14, e del 25 giugno 2015, PT Musim Mas/Consiglio T‑26/12, non pubblicata, EU:T:2015:437, punto 69). Per contro, un’entità economica unica sussiste qualora il produttore svolga una parte delle funzioni di vendita complementari a quelle della società di distribuzione dei suoi prodotti (v. sentenza del 10 marzo 2009, Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio, T‑249/06, EU:T:2009:62, punto 179 e giurisprudenza ivi citata).

86      Nel caso di specie, le ricorrenti fanno valere che le vendite all’esportazione effettuate direttamente dalla Sinopec Chongqing, senza l’intervento della Sinopec Central-China, hanno solo un carattere complementare rispetto alle vendite all’esportazione realizzate da quest’ultima e riguardano non già le vendite di PVA a clienti stabiliti nell’Unione, bensì quelle indirizzate a clienti stabiliti negli Stati Uniti, per ragioni connesse al sistema di riscossione dei dazi antidumping degli Stati Uniti, che consentirebbe di beneficiare di un dazio nullo soltanto per le vendite dirette. Il volume di PVA relativo a tali vendite dirette all’esportazione verso gli Stati Uniti, che rappresenterebbero solo il 10,9% delle esportazioni cumulate verso l’Unione e gli Stati Uniti, non raggiungerebbe un’importanza sufficiente per considerare che l’esistenza di tali vendite dirette permetta di concludere nel senso dell’assenza di un’entità economica unica.

87      La Commissione replica che il fatto che la Sinopec Chongqing abbia effettuato vendite dirette negli Stati Uniti per un volume sostanziale, corrispondente al 12,1% del volume delle sue vendite nell’Unione, dimostra che essa dispone del proprio ufficio vendite interno. La ragione per la quale la Sinopec Chongqing ha essa stessa realizzato tali vendite non sarebbe «necessariamente determinante» al fine di valutare il suo rapporto economico con la Sinopec Central-China. Allo stesso modo, sarebbe irrilevante che tutte le vendite all’esportazione verso l’Unione siano state effettuate da quest’ultima.

88      In primo luogo, occorre ricordare che, al punto 185 della sentenza del 10 marzo 2009, Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio (T‑249/06, EU:T:2009:62), il Tribunale, per dichiarare che un adeguamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento n. 384/96 era stato operato erroneamente, ha considerato in particolare che le vendite dirette all’esportazione effettuate da una delle parti ricorrenti nella causa che ha dato luogo a detta sentenza erano marginali e complementari a quelle effettuate dal distributore collegato a tali società. A tal fine, il Tribunale ha rilevato, da un lato, che tali vendite dirette erano destinate ai nuovi Stati membri, in una fase di transizione, e, dall’altro, che esse rappresentavano l’8% delle vendite di tali società verso l’Unione.

89      In secondo luogo, ai punti 69 e 70 della sentenza del 25 giugno 2015, PT Musim Mas/Consiglio (T‑26/12, non pubblicata, EU:T:2015:437), il Tribunale ha considerato che l’esistenza di vendite dirette all’esportazione per un volume pari al 27,08% del totale delle vendite all’esportazione non consentiva di escludere che il distributore collegato ai produttori interessati esercitasse le funzioni di un ufficio vendite interno, ma nondimeno costituiva un indizio che corroborava altri fattori e contribuiva quindi a dimostrare l’assenza di un’entità economica unica.

90      Nel caso di specie, è pacifico che la Sinopec Chongqing abbia effettuato vendite dirette all’esportazione negli Stati Uniti per un volume corrispondente al 10,9% delle sue vendite cumulate nell’Unione e negli Stati Uniti, volume che corrisponde al 12,1% delle sue vendite nell’Unione, se le vendite dirette negli Stati Uniti sono espresse come percentuale delle vendite solo nell’Unione, rispetto alle vendite cumulate nell’Unione e negli Stati Uniti. Peraltro, in udienza, le ricorrenti, senza essere in ciò contraddette dalla Commissione, hanno precisato che esportavano i loro PVA anche verso altri paesi e che tali vendite all’esportazione erano effettuate dalla Sinopec Central-China. Quindi, se si fosse tenuto conto di tutte le vendite all’esportazione, il volume corrispondente alle vendite dirette realizzate dalla Sinopec Chongqing avrebbe rappresentato una percentuale ancora meno significativa dell’insieme dei PVA da essa venduti all’esportazione.

91      Pertanto, in primo luogo, occorre rilevare che erroneamente la Commissione ritiene che la percentuale del volume di PVA relativa alle vendite dirette all’esportazione effettuate dalla Sinopec Chongqing sia «manifestamente sostanziale», in quanto supererebbe il livello dell’8%, che è stato considerato marginale al punto 185 della sentenza del 10 marzo 2009, Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio (T‑249/06, EU:T:2009:62). Infatti, come risulta dal precedente punto 88, il Tribunale, in tale sentenza, ha esaminato quale fosse la percentuale del volume relativo alle vendite dirette all’esportazione verso l’Unione effettuate dai produttori esportatori interessati rispetto al volume totale delle loro vendite all’esportazione verso l’Unione. Orbene, nel caso di specie, la percentuale del volume delle vendite dirette all’esportazione verso l’Unione effettuate dalla Sinopec Chongqing è pari a zero, in quanto è la Sinopec Central China ad essere incaricata di tutte le vendite all’esportazione verso l’Unione dei PVA prodotti dalla Sinopec Chongqing.

92      In secondo luogo, occorre rilevare che, a prescindere dal totale delle vendite in relazione al quale viene calcolata la percentuale (v. precedente punto 90), il volume di PVA relativo alle vendite dirette all’esportazione effettuate dalla Sinopec Chongqing non rappresenta una percentuale di tale totale che si avvicini alla cifra del 27,08%, rispetto alla quale, ai punti 69 e 70 della sentenza del 25 giugno 2015, PT Musim Mas/Consiglio (T‑26/12, non pubblicata, EU: T:2015:437), il Tribunale ha dichiarato che si trattava, nel caso di specie, di un indizio che poteva contribuire a stabilire l’assenza di un’entità economica unica (v. precedente punto 89).

93      Inoltre, occorre ricordare che, al punto 68 della sentenza del 25 giugno 2015, PT Musim Mas/Consiglio (T‑26/12, non pubblicata, EU:T:2015:437), il Tribunale ha altresì rilevato che non era escluso che, all’interno di una simile entità, una società collegata esercitasse le funzioni di un ufficio vendite interno, organizzando e negoziando le vendite del produttore, senza tuttavia emettere direttamente tutte le fatture relative a tali vendite, in quanto diverse ragioni potevano giustificare l’intervento sulla carta del produttore. Orbene, nel caso di specie, le ricorrenti, senza essere contraddette dalla Commissione, hanno affermato che la Sinopec Chongqing beneficiava di un dazio antidumping pari a zero negli Stati Uniti. Peraltro, in udienza, la Wegochem, anch’essa non contraddetta dalla Commissione, ha precisato che il gruppo cui essa apparteneva importava PVA prodotti dalle ricorrenti sia nell’Unione sia negli Stati Uniti e che, in entrambi i casi, detto gruppo negoziava con la Sinopec Central China, benché le fatture relative alle importazioni negli Stati Uniti fossero emesse dalla Sinopec Chongqing, per la ragione sopra menzionata.

94      Alla luce di quanto precede, si deve concludere che il secondo elemento non è un indizio probante del fatto che la Sinopec Central-China non possa essere qualificata come ufficio vendite interno.

95      Per quanto riguarda il terzo elemento ripreso al precedente punto 80, relativo al fatto che la Sinopec Chongqing e la Sinopec Ningxia hanno effettuato vendite dirette sul mercato cinese, le ricorrenti sostengono che l’esistenza di tali vendite dirette non osta a che la Sinopec Central-China sia qualificata come ufficio vendite interno responsabile delle vendite all’esportazione. Infatti, le ricorrenti non avrebbero mai sostenuto che la Sinopec Central-China agisse quale ufficio vendite interno responsabile sia per le vendite sul mercato cinese sia per quelle all’esportazione. Esse si sarebbero limitate a sostenere che la Sinopec Central-China era incaricata delle vendite all’esportazione. Le modalità con cui un produttore vende i suoi prodotti sul suo mercato interno non sarebbero pertinenti per dimostrare l’esistenza di un’entità economica unica per quanto riguarda le vendite all’esportazione.

96      La Commissione replica che il fatto che Sinopec Chongqing e Sinopec Ningxia realizzassero notevoli vendite sul mercato cinese contribuisce a dimostrare che esse disponevano di uffici vendite interni, idonei a servire anche i loro mercati di esportazione, e che la Sinopec Central-China agiva in qualità di società commerciale autonoma.

97      Occorre rilevare che l’esistenza di vendite dirette di PVA effettuate dalla Sinopec Chongqing e dalla Sinopec Ningxia sul mercato cinese è idonea a dimostrare che tali società disponevano della struttura necessaria per vendere i loro prodotti senza ricorrere ai servizi della Sinopec Central-China o di altre società, eventualmente non collegate.

98      Tuttavia, come sottolineano le ricorrenti, dalla giurisprudenza risulta che le vendite all’esportazione e le vendite sul mercato interno di un produttore esportatore possono comportare l’intervento di società, collegate o meno, oppure di vari uffici vendite interni (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 1992, Minolta Camera/Consiglio, C‑178/87, EU:C:1992:112, punti 2, 9 e 13, e conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nelle cause riunite Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2011:245, punti 65 e 66).

99      Ne consegue che il terzo elemento non è un indizio probante tale da ostare al riconoscimento dello status di ufficio vendite interno della Sinopec Central-China.

100    Per quanto riguarda il quarto elemento ripreso al precedente punto 80, relativo al fatto che la Sinopec Chongqing e la Sinopec Ningxia sopportano costi di vendita, le ricorrenti adducono che i costi di vendita sostenuti da tali società sono stati sostenuti unicamente per le vendite sul mercato cinese e, per quanto riguarda la Sinopec Chongqing, per quelle realizzate verso gli Stati Uniti.

101    La Commissione replica, a proposito del quarto elemento, che il fatto che la Sinopec Chongqing e la Sinopec Ningxia sopportassero costi di vendita che erano, per la seconda di esse, più elevati di quelli della Sinopec Central-China è una prova supplementare dell’autonomia di quest’ultima.

102    Occorre rilevare che è pacifico che la Sinopec Chongqing e la Sinopec Ningxia hanno sostenuto costi solo per le vendite sul mercato interno cinese e, per quanto riguarda la prima, per le vendite dirette all’esportazione verso gli Stati Uniti. Pertanto, il quarto elemento non è tale da modificare la valutazione effettuata dal Tribunale del secondo e del terzo elemento.

103    Per quanto riguarda il quinto elemento ripreso al punto 80 supra, relativo al fatto che la Sinopec Central-China commercializza anche prodotti realizzati da produttori diversi dalla Sinopec Chongqing e dalla Sinopec Ningxia, le ricorrenti sostengono che gli acquisti da parte della Sinopec Central-China di PVA prodotti da produttori terzi rappresentano solo il 2% dei suoi acquisti di PVA presso la Sinopec Chongqing e la Sinopec Ningxia. Solo qualora un commerciante collegato realizzi un’ampia parte del suo fatturato mediante la vendita di prodotti provenienti da imprese terze le funzioni di tale commerciante non sarebbero assimilabili a quelle di un ufficio vendite interno. Inoltre, la Sinopec Central-China avrebbe venduto unicamente sul mercato cinese PVA fabbricati da produttori terzi.

104    La Wegochem soggiunge che il semplice fatto che la Sinopec Central-China abbia commercializzato anche prodotti fabbricati da altri produttori non può dimostrare che tale società abbia agito come commerciante indipendente. A tal fine, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che tali attività di vendita erano abbastanza importanti da consentire alla Sinopec Central-China di comportarsi in modo indipendente dal gruppo al quale era collegata. Pertanto, la Commissione avrebbe dovuto valutare l’ordine di grandezza delle vendite di PVA prodotti da imprese terze realizzate dalla Sinopec Central-China rispetto al fatturato di quest’ultima. Tuttavia, la Commissione non avrebbe proceduto a siffatta valutazione.

105    La Commissione replica che, sebbene non abbia valutato l’importanza, nell’ambito del fatturato globale della Sinopec Central-China, della vendita di prodotti, di qualsiasi tipo, che quest’ultima aveva acquistato presso società diverse dalla Sinopec Chongqing e dalla Sinopec Ningxia, essa ha tuttavia dimostrato che le vendite di PVA fabbricate da altri produttori da parte della Sinopec Central-China rappresentavano il 10% di tutte le vendite di PVA realizzate dalla Sinopec Central-China nell’Unione e, pertanto, non erano trascurabili. 

106    Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la parte delle vendite, effettuate dal distributore collegato a un produttore, di prodotti provenienti da produttori non collegati è un fattore importante per determinare se tale distributore formi un’entità economica unica con il produttore collegato. In tal senso, se il distributore realizza una parte rilevante del suo fatturato tramite la vendita di prodotti provenienti da imprese non collegate, tale circostanza potrebbe costituire un indizio del fatto che le funzioni di tale distributore non sono quelle di un ufficio vendite interno (v. sentenza del 14 luglio 2021, Interpipe Niko Tube e Interpipe Nizhnedneprovsky Tube Rolling Plant/Commission, T‑716/19, EU:T:2021:457, punto 159 e giurisprudenza ivi citata).

107    La giurisprudenza precisa altresì che, ai fini della determinazione dell’esistenza di un’entità economica unica, le istituzioni dell’Unione sono autorizzate a tener conto anche delle attività del distributore collegato relative a prodotti diversi da quello oggetto dell’inchiesta antidumping nonché della parte delle vendite realizzate da tale distributore riguardanti prodotti provenienti da produttori non collegati (v., in tal senso, sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punti da 44 a 46 e 49).

108    Nel caso di specie, occorre rilevare che la Commissione ammette (v. punto 105 supra) di non aver effettuato l’esame previsto dalla giurisprudenza sopra menzionata. Pertanto, essa non può avvalersi del quinto elemento come indizio pertinente dell’inesistenza di un’entità economica unica nel caso di specie.

109    In ogni caso, anche supponendo che la Commissione avesse il diritto di limitarsi ad analizzare il fatturato della Sinopec Central-China generato dalle sue vendite di PVA, si deve constatare che la Commissione non nega che, come le ricorrenti avevano già fatto valere nelle loro osservazioni sulle informazioni finali supplementari, gli acquisti da parte della Sinopec Central-China di PVA fabbricati da produttori terzi rappresentano solo il 2% dei suoi acquisti di PVA presso la Sinopec Chongqing e la Sinopec Ningxia. Pertanto, il fatturato della Sinopec Central China generato dalle sue vendite di PVA deriva dai PVA che quest’ultima aveva acquistato, nella loro quasi totalità, dalla Sinopec Chongqing e dalla Sinopec Ningxia.

110    In merito all’argomento della Commissione secondo cui il volume degli acquisti di PVA da parte della Sinopec Central China presso produttori terzi rappresenta il 10% del volume totale di PVA da quest’ultima esportati nell’Unione durante il periodo dell’inchiesta, occorre constatare che la Commissione non spiega in che modo tale dato contribuirebbe a dimostrare che la Sinopec Central China non agiva come ufficio vendite interno. La rilevanza di tale dato è rimessa in discussione dal fatto, sottolineato nelle osservazioni delle ricorrenti sull’informazioni finali supplementari e in udienza, non contestato dalla Commissione, che i PVA acquistati dalla Sinopec Central China presso produttori terzi non sono stati esportati nell’Unione, bensì sono stati venduti, in Cina, ad una società collegata.

111    Di conseguenza, si deve concludere che il quinto elemento è del tutto irrilevante al fine di dimostrare che la Sinopec Central-China svolgeva funzioni analoghe a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni.

112    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono relative agli elementi dal primo al quinto, risulta che il secondo e il terzo elemento non sono sufficienti a costituire un insieme di indizi concordanti atti a dimostrare che le funzioni della Sinopec Central-China sarebbero funzioni assimilabili a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni o ad ostare al riconoscimento del suo status di ufficio vendite interno. In tali circostanze, si deve concludere che la Commissione non ha fornito la prova ad essa incombente secondo la giurisprudenza richiamata ai precedenti punti da 65 a 67, cosicché, ritenendo che la Sinopec Central-China esercitasse funzioni assimilabili a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni, essa ha commesso un errore manifesto di valutazione.

113    Pertanto, occorre accogliere la prima parte del secondo motivo.

 Sulla seconda parte

114    Le ricorrenti sostengono che, nel regolamento impugnato, la Commissione ha violato l’obbligo, derivante specificamente dalla parte introduttiva dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, di procedere a un confronto equo, allo stesso stadio commerciale, del prezzo all’esportazione e del valore normale.

115    Per ottenere un livello di prezzo all’esportazione corrispondente ad un’operazione «franco fabbrica», la Commissione avrebbe operato adeguamenti consistenti nel detrarre dal prezzo di vendita fatturato ai clienti indipendenti le spese controverse (v. punto 11 supra).

116    Per contro, nessun adeguamento analogo sarebbe stato applicato al valore normale costruito dalla Commissione sulla base dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, il quale sarebbe stato considerato corrispondente, senza che fosse necessario procedere ad adeguamenti, ad un’operazione «franco fabbrica». Tuttavia, tale valore normale corrisponderebbe al costo di produzione, stabilito a partire dai fattori produttivi delle ricorrenti moltiplicati per i valori esenti da distorsioni relativi al paese rappresentativo adottato, ossia la Turchia, maggiorato del 17,6% a titolo di SGAV. Tale maggiorazione sarebbe stata decisa sulla base di informazioni ottenute dalla Commissione in merito ad un produttore turco, Ilkalem Ticaret Ve Sanayi A.S. (in prosieguo: la «Ilkalem»), che non preciserebbero la portata di tali SGAV. Orbene, queste ultime includerebbero normalmente le spese controverse.

117    Le ricorrenti segnalano di aver richiamato, nelle loro osservazioni sulle informazioni finali, l’attenzione della Commissione sul fatto che, poiché le spese controverse erano a priori incluse nelle SGAV facenti parte del valore normale fatto proprio da quest’ultima, vi era una forte probabilità che il confronto tra il prezzo all’esportazione e il valore normale non fosse equo.

118    Le ricorrenti precisano che la Commissione non può presumere che un valore normale costruito in forza dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base corrisponda, in ogni caso, ad un’operazione «franco fabbrica».

119    La Wegochem sostiene gli argomenti delle ricorrenti e sottolinea che, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, sebbene incomba alla parte che intende avvalersi di un adeguamento dimostrare che le condizioni a tal fine richieste sono soddisfatte, spetta alla Commissione indicarle quali informazioni siano necessarie e non già imporle un onere della prova irragionevole.

120    Secondo la Wegochem, nelle loro osservazioni sulle informazioni finali, le ricorrenti hanno chiesto l’applicazione di adeguamenti al valore normale al fine di garantire un equo confronto e hanno sufficientemente motivato tale domanda, tenuto conto del fatto che il valore normale era stato costruito conformemente all’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base e che i dati relativi alle SGAV utilizzati dalla Commissione non provenivano quindi da esse, bensì dalla banca dati Orbis (in prosieguo: la «banca dati Orbis»), che la Commissione aveva scelto di utilizzare, la quale forniva solo un valore globale per tali spese, senza la ripartizione di queste ultime. Secondo la Wegochem, la Commissione non poteva esigere dalle ricorrenti che esse producessero dati, relativi ad un terzo, più dettagliati di quelli di cui disponeva la Commissione stessa.

121    In ogni caso, la Wegochem precisa che è notorio che, in generale, le SGAV includono le spese controverse, come confermato dalla guida per l’utente della banca dati Orbis.

122    La Commissione replica che la parte che intende avvalersi di un adeguamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, al fine di garantire un confronto equo tra il prezzo all’esportazione e il valore normale, sopporta l’onere di dimostrare che tale adeguamento è giustificato. Nel corso del procedimento sfociato nell’adozione del regolamento impugnato, le ricorrenti avrebbero fatto valere che talune spese che erano state detratte dal prezzo all’esportazione non sarebbero state detratte dal valore normale, tuttavia esse non avrebbero suffragato la loro domanda di adeguamenti. Secondo la Commissione, invocando la violazione della parte introduttiva della disposizione summenzionata, le ricorrenti tentano di eludere l’onere della prova ad esse incombente.

123    La Commissione precisa altresì che le ricorrenti avrebbero dovuto suffragare maggiormente la loro domanda di adeguamenti, nonostante il fatto che, nel caso di specie, il valore normale fosse stato costruito conformemente all’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base.

124    La formulazione dell’articolo 2, paragrafo 10, frasi dalla prima alla quinta, del regolamento di base è stata ricordata al precedente punto 59.

125    Nel caso di specie, la Commissione ha deciso di operare adeguamenti al ribasso del prezzo all’esportazione, fondati sull’articolo 2, paragrafo 10, lettere e), g) e k), del regolamento di base, per ritirare da quest’ultimo le spese controverse, al fine di ottenerne il livello corrispondente a un’operazione «franco fabbrica», conformemente alla sua prassi, come risulta dai considerando 313, 314 e 357 del regolamento impugnato e dalle precisazioni fornite dalla Commissione in risposta ai quesiti scritti adottati dal Tribunale e in udienza.

126    Occorre rilevare che adeguamenti diretti a ottenere il livello «franco fabbrica» del prezzo all’esportazione sono necessari per garantire il «confronto equo» «tra il valore normale e il prezzo all’esportazione», richiesto dall’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, unicamente se il valore normale è anch’esso calcolato al livello «franco fabbrica».

127    Pertanto, in forza della giurisprudenza ricordata al precedente punto 65, incombeva alla Commissione, che aveva scelto di effettuare il confronto in questione al livello «franco fabbrica», dimostrare che tali adeguamenti erano necessari affinché il confronto tra il prezzo all’esportazione e il valore normale fosse equo.

128    In ogni caso, supponendo che l’onere della prova gravasse sulle ricorrenti, si deve rilevare che queste ultime, nelle loro osservazioni sulle informazioni finali, hanno fatto valere che il prezzo all’esportazione fatto proprio dalla Commissione non includeva le spese controverse, mentre il valore normale era stato costruito includendovi SGAV che, con ogni probabilità, comprendevano le spese controverse, cosicché il confronto poteva non essere equo. Esse hanno proposto alla Commissione o di non detrarre le spese controverse dal prezzo all’esportazione, o di applicare al valore normale costruito adeguamenti al ribasso, sulla base dei dati forniti dalla Sinopec Chongqing. Pertanto, come sottolineato dalla Wegochem, le ricorrenti hanno in sostanza chiesto alla Commissione di operare adeguamenti per garantire l’equità del confronto del prezzo all’esportazione con il valore normale e hanno debitamente motivato la loro domanda.

129    È vero che, secondo la giurisprudenza, l’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, contrariamente all’articolo 2.4 dell’accordo antidumping, non precisa che «[s]petta alle autorità indicare alle parti interessate le informazioni che devono fornire per consentire un equo confronto, senza imporre alle stesse un eccessivo onere di prova». Tuttavia, i requisiti derivanti da quest’ultimo articolo, nella misura in cui vertono sul diritto delle parti di un procedimento amministrativo di ricevere le informazioni necessarie per poter partecipare a quest’ultimo con cognizione di causa e sull’intensità dell’onere della prova ad esse incombente, fanno parte dei principi generali del diritto dell’Unione e, in particolare, del principio di buona amministrazione, sancito anche all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Spetta, dunque, alle istituzioni dell’Unione indicare alla parte che chiede l’applicazione di un adeguamento le informazioni che sono necessarie a tal fine e non imporle un onere della prova eccessivo (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, Huvis/Consiglio, T‑221/05, non pubblicata, EU:T:2008:258, punti 77 e 78; v., altresì, in tal senso e per analogia, sentenze del 10 ottobre 2012, Ningbo Yonghong Fasteners/Consiglio, T‑150/09, non pubblicata, EU:T:2012:529, punto 124, e dell’11 settembre 2014, Gold East Paper e Gold Huasheng Paper/Consiglio, T‑443/11, EU:T:2014:774, punto 166).

130    Nel caso di specie, le osservazioni delle ricorrenti riportate al precedente punto 128 sono state trattate ai considerando 313 e 314 del regolamento impugnato, che sono così formulati:

«(313) Nelle osservazioni in merito alla divulgazione finale delle informazioni, tre produttori esportatori inclusi nel campione hanno contestato il fatto che la Commissione abbia eliminato talune spese di trasporto dal prezzo all’esportazione, mentre tali spese (assieme alle spese di movimentazione, ecc., e alle spese di finanziamento quali gli oneri bancari) non sono state dedotte dalle SGAV del produttore del paese rappresentativo.

(314) La Commissione era in disaccordo con tale argomentazione. La Commissione ha osservato che nulla indica che tali spese siano state incluse nelle SGAV riportate per il produttore del paese rappresentativo. Inoltre, i produttori esportatori inclusi nel campione non hanno fornito alcun elemento di prova contrario. Tale argomentazione è stata pertanto respinta».

131    Occorre rilevare che, poiché la Commissione ha costruito il valore normale conformemente all’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, i dati da essa utilizzati a tal fine, per quanto riguarda le SGAV, non provenivano dalle ricorrenti, bensì dalla Ilkalem, che era stata scelta dalla Commissione. A tal riguardo, quest’ultima ammette che per le SGAV da essa utilizzate, tratte dalla banca dati Orbis, non era facilmente disponibile alcuna ripartizione supplementare e che, di conseguenza, essa aveva comunicato alle ricorrenti le informazioni contenute in tale banca dati relative alla Ilkalem.

132    Orbene, come sostiene la Wegochem, i dati utilizzati dalla Commissione contengono una riga dedicata alle «other operating expenses» (altre spese di funzionamento). La guida per l’utente della banca dati Orbis indica che, per «other operating expenses», si devono intendere «All costs not directly related to the production of goods sold such as commercial costs, administrative expenses, etc. + depreciation of those costs» (tutti i costi che non sono direttamente connessi alla produzione dei beni venduti, quali i costi commerciali, le spese amministrative, ecc. + l’ammortamento di tali costi). In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha ammesso di non sapere se le spese controverse rientrassero nelle «other operating expenses». Si deve pertanto constatare che la definizione summenzionata non consente di escludere che tali «other operating expenses» comprendano le spese controverse.

133    Inoltre, come ricorda anche la Wegochem, la Commissione, nel questionario inviato ai produttori esportatori nell’ambito dell’inchiesta sfociata nell’adozione del regolamento impugnato, ha incluso nelle SGAV talune spese corrispondenti alle spese controverse.

134    Ne deriva che la Commissione, che non disponeva essa stessa di una ripartizione più precisa delle SGAV dell’Ilkalem, non poteva ragionevolmente esigere dalle ricorrenti, quando esse avevano sollevato, nelle loro osservazioni sulle informazioni finali, la questione dell’equità del confronto tra il prezzo all’esportazione e il valore normale, che esse suffragassero maggiormente la loro domanda mediante la produzione di dati, relativi a un terzo, più precisi di quelli di cui disponeva la Commissione.

135    Di conseguenza, si deve constatare che, al considerando 314 del regolamento impugnato, la Commissione ha imposto alle ricorrenti di fornire una prova irragionevole.

136    Tale conclusione non è rimessa in discussione dalla recente giurisprudenza della Corte dalla quale risulta che la mera circostanza che il valore normale sia stato basato su elementi non provenienti dai produttori esportatori interessati non è tale da imporre un’attenuazione della regola di ripartizione dell’onere della prova, quale risulta dall’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base e dalla giurisprudenza pertinente (v. punti da 65 a 67 supra). Secondo tale giurisprudenza, infatti, la regola secondo la quale spetta alla parte che chiede un adeguamento a titolo di uno dei fattori contemplati da tale articolo dimostrare che tale fattore è idoneo ad incidere sui prezzi e, pertanto, sulla loro comparabilità, si impone indipendentemente dal metodo in base al quale il valore normale è stato determinato (v., in tal senso, sentenza del 28 aprile 2022, Changmao Biochemical Engineering/Commissione, C‑666/19 P, EU:C:2022:323, punto 151).

137    Infatti, prima di concludere che la Commissione non aveva imposto ai produttori esportatori interessati un onere della prova irragionevole, la Corte ha sottolineato che dal regolamento controverso risultava che la Commissione aveva comunicato a quest’ultimo i dati pertinenti (v., in tal senso, sentenza del 28 aprile 2022, Changmao Biochemical Engineering/Commissione, C‑666/19 P, EU:C:2022:323, punto 152).

138    Orbene, nel caso di specie, la Commissione non ha fornito alle ricorrenti i dati che avrebbero consentito loro di suffragare ulteriormente la loro domanda diretta ad ottenere che le spese controverse non fossero detratte dal prezzo all’esportazione oppure che fossero detratte dal valore normale.

139    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere la seconda parte del secondo motivo.

 Sulla terza parte

140    La terza parte del motivo in esame è costituita da due censure. Da un lato, le ricorrenti, sostenute dalla Wegochem, contestano la scelta della Commissione di operare un adeguamento al rialzo del valore normale sul fondamento dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera b), del regolamento di base (in prosieguo: il «secondo adeguamento contestato»), al fine di riflettere la differenza tra l’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) da pagare e l’aliquota di rimborso dell’IVA all’esportazione. Dall’altro lato, esse fanno valere che, in ogni caso, la Commissione ha fissato tale adeguamento a un livello eccessivo.

–       Sulla prima censura

141    Le ricorrenti sostengono che, sebbene le loro vendite all’esportazione abbiano beneficiato di un rimborso dell’IVA a monte, esse non erano tuttavia soggette ad alcuna IVA a valle, come dimostrano le loro fatture. Inoltre, secondo le ricorrenti, poiché il valore normale è stato costruito a partire da dati relativi a un paese terzo, esso non tiene conto, per definizione, dell’IVA cinese. La Commissione non avrebbe fornito la prova del contrario. Pertanto, sarebbe irrilevante che le norme cinesi in materia di IVA siano diverse a seconda che si tratti di vendite sul mercato interno cinese o di vendite all’esportazione. La Commissione non avrebbe spiegato per quale motivo il secondo adeguamento contestato fosse necessario nonostante il fatto che il valore normale fosse stato costruito sulla base di detti dati.

142    Le ricorrenti ne traggono la conclusione che il secondo adeguamento contestato non era necessario affinché il confronto tra il prezzo all’esportazione e il valore normale fosse fiscalmente neutro. Infatti, tali elementi si collocherebbero già allo stesso livello di imposizione indiretta, in quanto sarebbero entrambi espressi al netto dell’IVA.

143    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

144    Occorre ricordare che l’articolo 2, paragrafo 10, lettera b), del regolamento di base è così formulato:

«Oneri all’importazione e imposte indirette

Il valore normale è adeguato di un importo corrispondente agli oneri all’importazione o alle imposte indirette che gravano sul prodotto simile e sui materiali in esso incorporati destinati al consumo nel paese esportatore e che non sono riscossi oppure sono rimborsati per i prodotti esportati nell’Unione».

145    Ai considerando 387 e 388 del regolamento impugnato, la Commissione ha esposto le ragioni per le quali riteneva necessario, al fine di garantire l’equità del confronto fra il prezzo all’esportazione e il valore normale, operare il secondo adeguamento contestato, malgrado le obiezioni sollevate in particolare dalle ricorrenti, nelle loro osservazioni sulle informazioni finali.

146    In tali considerando è indicato quanto segue:

«(387) Nelle loro osservazioni sulla divulgazione finale delle informazioni, tre produttori esportatori inclusi nel campione e un produttore/utilizzatore dell’Unione hanno sostenuto che non è opportuno applicare alcun adeguamento per tenere conto dell’IVA non rimborsabile. In particolare, tali parti interessate hanno sostenuto che la Commissione non ha spiegato il motivo per cui sia necessario questo adeguamento, soprattutto per il fatto che il valore normale è costruito (parzialmente) utilizzando i dati provenienti da un paese terzo. Tali parti interessate hanno anche sostenuto che la Commissione non ha spiegato il motivo per cui, senza l’adeguamento dell’IVA, vi sarebbe una differenza tra il prezzo all’esportazione e il valore normale costruito che incide sulla comparabilità dei prezzi. Secondo tali parti, poiché il prezzo normale si basa sulla costruzione, non vi è rimborso dell’IVA pagata a monte e quindi non è opportuno operare un adeguamento per tenere conto delle differenze del rimborso dell’IVA.

(388) La Commissione era in disaccordo con tale argomentazione. La Commissione ha effettuato un adeguamento a norma dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera b), del regolamento di base per tenere conto della differenza [riguardo alle imposte indirette] tra le vendite all’esportazione dalla [Cina] verso l’Unione e il valore normale [dal quale] siano state escluse imposte indirette quali l’IVA. La Commissione non ha bisogno di dimostrare che il valore normale costruito è soggetto effettivamente a IVA che può essere interamente rimborsata all’atto delle vendite sul mercato interno, in quanto è irrilevante. Il valore normale costruito come indicato nei considerando da 335 a 347 e 295 non comprendeva l’IVA, in quanto i valori esenti da distorsioni nel paese rappresentativo sono utilizzati per il calcolo del valore normale nel paese esportatore al netto della loro IVA. L’effettiva situazione del regime IVA applicato alle vendite sul mercato interno e all’esportazione riguarda unicamente la [Cina]. L’indagine ha concluso che nel periodo dell’inchiesta [in Cina] i produttori esportatori sostengono un debito IVA del 13% o del 16% (il 13% è applicabile da aprile a giugno 2019 e il 16% da luglio 2018 a marzo 2019) all’esportazione, mentre è rimborsato il 5%, il 9% o il 10% (il 5% è applicabile da luglio a agosto 2018, il 9% da settembre a ottobre 2018 e il 10% da novembre 2018 a giugno 2019). Pertanto, in linea con l’articolo 2, paragrafo 10, lettera b), del regolamento di base, per tenere conto della differenza nelle imposte indirette – in questo caso l’IVA che viene parzialmente rimborsata in relazione alle vendite all’esportazione – la Commissione ha debitamente adeguato il valore normale (...)».

147    Poiché è stata la Commissione a prendere l’iniziativa di operare il secondo adeguamento contestato, essa doveva, conformemente alla giurisprudenza richiamata ai precedenti punti da 65 a 67, dimostrare che tale adeguamento era necessario.

148    Di conseguenza, occorre stabilire se la Commissione abbia sufficientemente dimostrato la necessità di operare il secondo adeguamento contestato.

149    Si deve constatare che la formulazione del considerando 388 del regolamento impugnato non è di agevole comprensione.

150    Occorre tuttavia ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’obbligo di motivazione degli atti dell’Unione, ai sensi dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo colpite direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento del fatto che la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui al suddetto articolo va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 88 e giurisprudenza ivi citata).

151    Del pari, ove si tratti di un regolamento, la motivazione può limitarsi ad indicare, da un lato, la situazione complessiva che ha condotto alla sua adozione e, dall’altro, gli obiettivi generali che esso si prefigge. Pertanto, non si può richiedere alle istituzioni dell’Unione di specificare i vari fatti, talora molto numerosi e complessi, alla luce dei quali il regolamento è stato adottato né, a maggior ragione, di fornirne una valutazione più o meno completa (v. sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

152    Ne consegue che un regolamento che fissa dazi antidumping deve contenere la parte essenziale del ragionamento seguito dalla Commissione, ma non deve contenere una motivazione specifica per ciascuno dei numerosi argomenti di fatto invocati dalle parti interessate. Il Tribunale può quindi chiedere alla Commissione spiegazioni supplementari e tenere conto di queste ultime nell’esercizio del suo sindacato, purché esse si basino su elementi rientranti nel fascicolo amministrativo della Commissione (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punti 92, 93, 95 e 96 e giurisprudenza ivi citata).

153    Nel caso di specie, la Commissione ha prodotto, quali allegati F.6 e F.7 della memoria contenente le sue risposte a quesiti scritti del Tribunale, due documenti intitolati ciascuno «Relazione di verifica», che essa aveva inviato alle ricorrenti dopo due visite effettuate nei locali della Sinopec Chongqing e della Sinopec Ningxia. Dalla pagina 12 dell’allegato F.6 e dalla pagina 8 dell’allegato F.7 risulta che, quando una società cinese incaricata delle esportazioni acquista da un’altra società cinese i prodotti che intende successivamente esportare, essa paga l’IVA, ad un’aliquota che, durante il periodo dell’inchiesta, era del 16% e poi del 13%. Al momento dell’esportazione, una parte di tale IVA già pagata può essere oggetto di una domanda di rimborso parziale, ad un’aliquota che era inizialmente del 5%, poi del 9% e infine del 10% durante suddetto periodo. La differenza tra l’IVA pagata a monte dell’esportazione e tale rimborso costituisce l’IVA non rimborsabile.

154    Inoltre, in udienza, le ricorrenti hanno precisato che esse contestavano il considerando 388 del regolamento impugnato nella parte in cui la Commissione vi affermava che, durante il periodo dell’inchiesta, esisteva in Cina un’IVA all’esportazione ad un’aliquota del 13% o del 16%, mentre, a loro avviso, tale IVA era applicabile alle vendite nazionali, mentre non lo era alle vendite all’esportazione. Le ricorrenti hanno altresì riconosciuto che l’unico quesito pertinente era quello dell’IVA non rimborsabile.

155    Alla luce delle precisazioni così fornite dalla Commissione, di cui le ricorrenti disponevano, il considerando 388 del regolamento impugnato deve essere inteso nel senso che la Commissione, come da essa confermato in udienza, ha ritenuto, da un lato, che il prezzo all’esportazione dei prodotti delle ricorrenti includesse un importo corrispondente all’IVA non rimborsabile, mentre il valore normale era stato costruito al netto dell’IVA, e, dall’altro, che tali circostanze giustificassero l’adeguamento al rialzo del valore normale, per garantire un equo confronto.

156    Di conseguenza, si deve constatare che la Commissione ha dimostrato la necessità di operare il secondo adeguamento contestato.

157    Tuttavia, occorre rilevare che l’articolo 2, paragrafo 10, lettera b), del regolamento di base non prevede l’adeguamento del valore normale del paese rappresentativo costruito ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, di tale regolamento per tener conto dell’IVA non rimborsabile che incide sul prezzo all’esportazione nel paese da cui provengono le importazioni oggetto di dumping. Pertanto, la Commissione è incorsa in un errore di diritto in ordine alla base giuridica del secondo adeguamento contestato. Tuttavia, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento di un atto dell’Unione a causa di una base giuridica errata non è giustificato qualora un siffatto errore non abbia avuto alcuna influenza determinante sulla valutazione compiuta dall’autore di quest’ultimo (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 18 dicembre 1997, Costantini/Commissione, T‑57/96, EU:T:1997:214, punto 23 e giurisprudenza ivi citata, e del 9 giugno 2015, Navarro/Commissione, T‑556/14 P, EU:T:2015:368, punto 26 e giurisprudenza ivi citata). Nel caso di specie, occorre applicare tale principio. Infatti, occorre rilevare che l’articolo 2, paragrafo 10, lettera k), del regolamento di base, a termini del quale «[u]n adeguamento può essere ugualmente effettuato per differenze relative ad altri fattori non indicati [all’articolo 2, paragrafo 10,] lettere da a) a j), [del medesimo regolamento] se è dimostrato, come prescritto a norma del presente paragrafo, che tali differenze incidono sulla comparabilità dei prezzi, e, in particolare, se gli acquirenti pagano sistematicamente prezzi diversi sul mercato interno a causa della differenza fra tali fattori», consentiva alla Commissione di procedere al secondo adeguamento contestato allo scopo di ristabilire la simmetria tra il valore normale e il prezzo all’esportazione del prodotto in esame e di garantire un confronto equo tra questi due valori (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 19 maggio 2021, China Chamber of Commerce for Import and Export of Machinery and Electronic Products e a./Commissione, T‑254/18, con impugnazione pendente, EU:T:2021:278, punto 597).

158    A tal riguardo, occorre precisare, in risposta all’argomento sollevato dalle ricorrenti in udienza e dalla Wegochem nella sua memoria di intervento, che la seconda condizione prevista all’articolo 2, paragrafo 10, lettera k), del regolamento di base è soddisfatta nel caso di specie. Infatti, mentre l’IVA non rimborsabile incide al rialzo sul prezzo all’esportazione, è pacifico che nessuna IVA è inclusa nel valore normale che è stato costruito a partire dai dati di un paese terzo e che, in forza dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, sostituisce il prezzo del prodotto di cui trattasi sul mercato nazionale del paese esportatore.

159    Alla luce di tutto quanto precede, occorre respingere la prima censura dedotta dalle ricorrenti a sostegno della terza parte del secondo motivo.

–       Sulla seconda censura

160    Le ricorrenti sostengono che, anche supponendo che fosse stato necessario operare un adeguamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera b), del regolamento di base, quello effettuato nel regolamento impugnato è eccessivo, dato che non tiene conto del fatto che l’IVA a monte è calcolata sul valore delle materie prime, mentre il rimborso all’esportazione è calcolato sul valore della vendita. Esse illustrano tale censura con un esempio numerico, nel quale calcolano l’importo dell’IVA non rimborsabile come la differenza tra, da un lato, l’importo risultante dall’applicazione dell’aliquota IVA a monte ai costi di taluni fattori produttivi utilizzati per costruire il valore normale e, dall’altro, l’importo risultante dall’applicazione dell’aliquota di rimborso dell’IVA al prezzo all’esportazione.

161    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

162    Occorre ricordare che il secondo adeguamento contestato consiste nell’aumentare il valore normale costruito, al netto dell’IVA, a partire dai dati turchi, di una percentuale idonea a garantire un confronto equo con il prezzo all’esportazione, alla luce del fatto che quest’ultimo include, dal canto suo, un importo corrispondente all’IVA non rimborsabile. Pertanto, contrariamente a quanto sembrano sostenere le ricorrenti, la Commissione non ha applicato l’aliquota IVA a monte ai costi di fattori produttivi utilizzati per costruire il valore normale, né ha sottratto all’importo che avrebbe così ottenuto un importo corrispondente all’applicazione dell’aliquota del rimborso dell’IVA al prezzo all’esportazione. Ne consegue che l’argomentazione delle ricorrenti che dovrebbe suffragare la presente censura non corrisponde ai fatti del caso di specie, cosicché essi non consentono di dimostrare che il secondo adeguamento contestato sia eccessivo.

163    Pertanto, occorre respingere la seconda censura dedotta dalle ricorrenti a sostegno della terza parte del secondo motivo e, di conseguenza, tale parte nel suo complesso.

164    Alla luce di tutto quanto precede, si deve concludere che il secondo motivo è fondato nelle sue prime due parti, mentre non lo è nella sua terza parte.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dellarticolo 18, paragrafi 1 e 5, del regolamento di base nonché dellarticolo 6.8 dellaccordo antidumping e dellallegato II

165    Con il presente motivo, le ricorrenti, dopo aver precisato di non negare che la Commissione fosse legittimata a calcolare il valore normale della Sinopec Ningxia sulla base dei dati disponibili ai sensi dell’articolo 18 (v. punto 10 supra), fanno valere due censure. Da un lato, esse fanno valere che la Commissione non può utilizzare, quali dati disponibili ai sensi dell’articolo 18, dati da essa ottenuti mediante una prima applicazione di tale articolo. Dall’altro lato, esse contestano alla Commissione di aver riservato loro un trattamento penalizzante e di non essersi basate sulle «migliori informazioni disponibili» di cui all’allegato II (in prosieguo: le «migliori informazioni disponibili»), relativo all’articolo 6.8 dell’accordo antidumping, di cui l’articolo 18 del regolamento di base costituirebbe la trasposizione nel diritto dell’Unione.

 Sulla prima censura

166    Le ricorrenti, sostenute dalla Wegochem, ricordano che i dati disponibili ai sensi dell’articolo 18 utilizzati dalla Commissione per calcolare il valore normale della Sinopec Ningxia sono quelli relativi ad altri due gruppi di produttori esportatori cinesi facenti parte, come esse, del campione selezionato dalla Commissione in forza dell’articolo 17 del regolamento di base (in prosieguo: gli «altri produttori esportatori»), nei confronti dei quali la Commissione ha parimenti applicato l’articolo 18 di tale regolamento. Orbene, secondo le ricorrenti, una volta che la Commissione ha utilizzato tale disposizione per calcolare il valore normale di un produttore esportatore, i dati così ottenuti non possono costituire dati disponibili ai sensi dell’articolo 18 che consentano alla Commissione di calcolare il valore normale di un produttore esportatore diverso, incluso in tale campione. A sostegno della loro tesi, le ricorrenti invocano, per analogia, l’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento di base, il quale, pur non essendo applicabile nel caso di specie, consentirebbe di desumere l’esistenza di un principio generale.

167    La Commissione, sostenuta dalla Kuraray e dalla Sekisui, contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

168    Occorre ricordare i termini delle pertinenti disposizioni dell’articolo 18 del regolamento di base, dedicato all’«[o]messa collaborazione», formulate come segue:

«1.      Qualora una parte interessata rifiuti l’accesso alle informazioni necessarie oppure non le comunichi entro i termini fissati dal presente regolamento oppure ostacoli gravemente l’inchiesta, possono essere elaborate conclusioni provvisorie o definitive, affermative o negative, in base ai dati disponibili.

(...)

5.      Se le conclusioni, comprese quelle relative al valore normale, sono elaborate a norma del paragrafo 1 e, in particolare, in base alle informazioni contenute nella denuncia, per quanto possibile, e tenendo debitamente conto dei termini per l’inchiesta, tali informazioni sono verificate in relazione ai dati disponibili provenienti da altre fonti obiettive, quali listini prezzi pubblicati, statistiche ufficiali sulle importazioni e dichiarazioni doganali oppure in relazione alle informazioni ottenute da altre parti interessate nel corso dell’inchiesta.

(...)

6.      L’esito dell’inchiesta per una parte interessata che non collabora oppure collabora solo in parte, impedendo in tal modo l’accesso ad informazioni pertinenti, può essere meno favorevole rispetto alle conclusioni che eventualmente sarebbero state raggiunte se la parte avesse collaborato».

169    Nel regolamento impugnato, la Commissione ha ritenuto che la Sinopec Ningxia non avesse fornito tutte le informazioni necessarie per il calcolo del valore normale dei suoi prodotti. Essa ha quindi applicato l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base per determinare tale valore normale. A tal fine, la Commissione ha utilizzato i valori normali degli altri produttori esportatori, che essa aveva determinato, in parte, in applicazione della medesima disposizione.

170    Poiché le ricorrenti invocano, per analogia, l’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento di base, occorre ricordare che tale disposizione prevede quanto segue:

«6.      Se la Commissione ha svolto un’inchiesta limitata a norma dell’articolo 17, il dazio antidumping applicato a importazioni provenienti da esportatori o da produttori che si sono manifestati conformemente all’articolo 17, ma che non sono stati inseriti nell’inchiesta, non supera la media ponderata del margine di dumping stabilito per le parti inserite nel campione, indipendentemente dal fatto che il valore normale per tali parti sia determinato sulla base dell’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, o dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a).

Ai fini del presente paragrafo la Commissione non tiene conto di margini nulli o minimi, né di margini determinati nelle circostanze di cui all’articolo 18».

171    Occorre rilevare che le disposizioni dell’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento di base fissano le norme applicabili ai produttori esportatori che avrebbero voluto far parte del campione selezionato dalla Commissione in forza dell’articolo 17 di tale regolamento, ma che alla fine non sono stati inclusi in quest’ultimo. Pertanto, tali disposizioni mirano a tutelare tali produttori esportatori, che non hanno potuto collaborare con la Commissione, in particolare contro la mancanza di collaborazione da parte dei produttori esportatori che compongono tale campione. Tuttavia, la situazione dei produttori esportatori inclusi nel campione è talmente diversa da quella dei produttori esportatori esclusi dal campione che non è ipotizzabile alcuna analogia. Pertanto, tali disposizioni non consentono di dimostrare l’esistenza di un principio generale che osti a che la Commissione possa utilizzare, quali dati disponibili ai sensi dell’articolo 18, dati da essa ottenuti mediante una prima applicazione di tale articolo.

172    Inoltre, ingiustamente la Wegochem fa valere che la tesi delle ricorrenti è sostenuta dalla relazione dell’organo d’appello relativa alla controversia «Stati Uniti – Misure antidumping applicate a taluni prodotti in acciaio laminati a caldo provenienti dal Giappone», adottata dal DSB il 23 agosto 2001 (WT/DS 184/AB/R). Infatti, secondo il punto 123 di tale relazione, l’articolo 9.4 dell’accordo antidumping, che, al pari dell’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento di base, riguarda la fissazione dei dazi antidumping applicabili ai produttori esportatori non inclusi nel campione selezionato dall’autorità competente, «mira ad impedire che gli esportatori, ai quali non è stato chiesto di collaborare durante l’inchiesta, subiscano un pregiudizio a causa delle lacune o delle carenze nelle informazioni comunicate dagli esportatori soggetti all’inchiesta». Lungi dall’avvalorare la tesi delle ricorrenti, tale relazione conferma che lo scopo di tali disposizioni è quello indicato al precedente punto 171.

173    Poiché le ricorrenti facevano parte del campione selezionato dalla Commissione nel caso di specie, esse avevano la possibilità di collaborare con la Commissione per impedirle di calcolare il valore normale della Sinopec Ningxia sulla base dei dati disponibili ai sensi dell’articolo 18. A prescindere dai motivi per i quali esse non sono state in grado di fornire alla Commissione tutte le informazioni richieste, la loro situazione non è paragonabile a quella dei produttori esportatori esclusi dal campione.

174    Di conseguenza, si deve respingere la prima censura dedotta dalla ricorrente nell’ambito del terzo motivo.

 Sulla seconda censura

175    Le ricorrenti, sostenute dalla Wegochem, ricordano che, nel regolamento impugnato, la Commissione, per quanto riguarda la Sinopec Ningxia, ha stabilito il valore normale per ciascun tipo di prodotto venduto da quest’ultima basandosi sul valore normale più elevato, per lo stesso tipo di prodotto, che essa aveva calcolato per gli altri produttori esportatori, anziché utilizzare le informazioni verificate relative alla Sinopec Chingqing. Le differenze tra i processi di produzione seguiti da quest’ultima e dalla Sinopec Ningxia non sarebbero pertinenti, come confermerebbe il fatto che il processo produttivo della Kuraray diverge da quello dei produttori esportatori cinesi. La Commissione avrebbe quindi utilizzato dati non affidabili, che non costituirebbero le migliori informazioni disponibili e non risulterebbero da una valutazione comparativa. Essa avrebbe così riservato alle ricorrenti un trattamento penalizzante, contrario al diritto dell’OMC, tenuto conto anche del fatto che i margini di dumping degli altri produttori esportatori sarebbero ben più significativi rispetto a quello della Sinopec Chongqing.

176    Inoltre, le ricorrenti contestano la tesi della Commissione, contenuta nel considerando 333 del regolamento impugnato, secondo cui nessun elemento consente di ritenere che il valore normale per tipo di prodotto per Sinopec Ningxia sia al di sotto del valore normale più elevato per tipo di prodotto per gli altri produttori esportatori. Infatti, i dati contenuti nel fascicolo della Commissione dimostrerebbero che il valore normale da essa stabilito per la Sinopec Ningxia è superiore del 50% rispetto a quello della Sinopec Chongqing, mentre quest’ultima praticherebbe un prezzo all’esportazione più elevato di quello della Sinopec Ningxia.

177    La Wegochem sottolinea che l’assenza di elementi di prova affermata dalla Commissione al considerando 333 del regolamento impugnato è priva di senso, dal momento che gli elementi che, secondo la Commissione, erano necessari affinché essa non utilizzasse, per quanto riguarda la Sinopec Ningxia, il valore normale più elevato tra quelli degli altri produttori esportatori sarebbero proprio gli elementi che la Sinopec Ningxia non è stata in grado di produrre e la cui assenza ha indotto la Commissione ad avvalersi dei dati disponibili ai sensi dell’articolo 18.

178    La Commissione, sostenuta dalla Kuraray e dalla Sekisui, risponde di non aver violato l’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento di base quando ha utilizzato, quali dati disponibili ai sensi dell’articolo 18 per stabilire il valore normale di ciascun tipo di prodotto venduto dalla Sinopec Ningxia, il valore normale più elevato tra quelli degli altri produttori esportatori. Così facendo, essa non avrebbe penalizzato le ricorrenti. La Commissione precisa, da un lato, di aver proceduto in tal modo perché nessun elemento di prova indicava che il valore normale della Sinopec Ningxia per tipo di prodotto fosse inferiore a quello da essa fatto proprio e, dall’altro, che essa non poteva utilizzare la media dei valori normali degli altri produttori esportatori, dato che, in tal modo, avrebbe creato un incentivo, per i produttori esportatori, a rifiutarsi di collaborare, in modo selettivo, in tutti i settori in cui questi ultimi sapevano di sostenere costi superiori alla media.

179    Inoltre, la Commissione sostiene di aver effettuato una valutazione comparativa dei dati relativi agli altri produttori esportatori, che utilizzavano un processo produttivo simile a quello della Sinopec Ningxia, in quanto tutti questi processi prevedevano l’utilizzo di carbone. I dati relativi alla Sinopec Chongqing non sarebbero stati adeguati, in quanto il processo produttivo di quest’ultima prevedeva l’utilizzo di petrolio. La Commissione avrebbe quindi confrontato tutti i dati di cui disponeva e avrebbe preso in considerazione i valori normali più elevati tra quelli dei produttori esportatori i cui processi di produzione prevedevano l’utilizzo di carbone. Tali valori normali costituirebbero le migliori informazioni disponibili.

180    La Kuraray precisa che il fatto che il suo processo produttivo sia diverso da quelli delle ricorrenti è irrilevante. Peraltro, le ricorrenti non avrebbero sufficientemente sviluppato i loro argomenti al riguardo, che sarebbe quindi irricevibile in quanto non rispetterebbe l’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale.

181    Per comprendere la ratio dell’articolo 18 del regolamento di base, occorre ricordare che spetta alla Commissione, in quanto autorità investigatrice, determinare l’esistenza di un dumping, di un pregiudizio e di un nesso di causalità tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio. Poiché nessuna disposizione del regolamento di base conferisce alla Commissione il potere di costringere le parti interessate a partecipare all’inchiesta oppure a produrre informazioni, tale istituzione dipende dalla collaborazione volontaria di tali parti per fornirle le informazioni necessarie. In tale contesto, emerge dal considerando 27 del regolamento di base che il legislatore dell’Unione ha ritenuto «necessario stabilire che nei confronti delle parti che non collaborano in misura sufficiente possono essere usate ai fini delle risultanze altre informazioni che possano essere meno favorevoli per dette parti». Quindi, l’obiettivo dell’articolo 18 del regolamento di base consiste nel consentire alla Commissione di proseguire nell’inchiesta anche qualora le parti interessate si rifiutassero di collaborare oppure collaborassero in modo insufficiente. Pertanto, atteso che le parti interessate sono tenute a collaborare con la migliore diligenza, tali parti devono fornire tutte le informazioni di cui dispongono e che le istituzioni ritengano necessarie per adottare le loro conclusioni [v., per analogia, sentenza del 14 dicembre 2017, EBMA/Giant (China), C‑61/16 P, EU:C:2017:968, punti da 54 a 56].

182    Inoltre, secondo la giurisprudenza, l’articolo 18 del regolamento di base costituisce la trasposizione nel diritto dell’Unione dell’articolo 6.8 dell’accordo antidumping e dell’allegato II, alla luce dei quali deve essere interpretato, per quanto possibile (v., per analogia, sentenza del 22 maggio 2014, Guangdong Kito Ceramics e a./Consiglio, T‑633/11, non pubblicata, EU:T:2014:271, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

183    L’articolo 6.8 dell’accordo antidumping dispone quanto segue:

«Se una parte interessata rifiuta l’accesso alle necessarie informazioni o comunque non le fornisce entro un termine ragionevole, oppure impedisce le indagini, le decisioni, in via preliminare e definitiva, di natura positiva o negativa, possono essere prese sulla base dei fatti disponibili. L’applicazione del presente paragrafo avviene conformemente alle disposizioni dell’allegato II».

184    L’allegato II è rubricato «Le migliori informazioni disponibili ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 8», ma non contiene alcuna definizione di tali informazioni.

185    L’articolo 7 dell’allegato II, che enuncia, in sostanza, le stesse norme di cui all’articolo 18, paragrafi 5 e 6, del regolamento di base, come ricordate al precedente punto 168, dispone quanto segue:

«Qualora le autorità debbano basarsi, per le risultanze della loro inchiesta anche riguardanti il valore normale, su informazioni provenienti da fonti indirette, ad esempio su quelle contenute nella domanda per l’apertura dell’inchiesta, devono usare una particolare cautela. In simili casi, le autorità devono, nei limiti del possibile, verificare le informazioni ricorrendo ad altre fonti autonome alle quali possano accedere, ad esempio listini prezzi pubblicati, statistiche ufficiali sulle importazioni e dichiarazioni doganali, basandosi anche sulle informazioni fornite da altre parti interessate nel corso dell’inchiesta. È evidente, comunque, che se la parte interessata non collabora e in tal modo le autorità non giungono in possesso di informazioni pertinenti, ciò può risolversi per la parte in questione in un esito meno favorevole che se avesse collaborato».

186    Si deve osservare che l’allegato II è «incorporato mediante richiamo nell’articolo 6.8» dell’accordo antidumping [relazione dell’organo d’appello relativa alla controversia «Stati Uniti – Misure antidumping applicate a taluni prodotti in acciaio laminati a caldo provenienti dal Giappone», adottata dal DSB il 23 agosto 2001 (WT/DS 184/AB/R, punto 75)] e che le disposizioni di tale allegato sono imperative, nonostante siano spesso formulate in senso condizionale [relazione del gruppo di esperti «Stati Uniti – Misure antidumping e compensative applicate a lamiere in acciaio provenienti dall’India», adottata dal DSB il 29 luglio 2002 (WT/DS 206/R, punto 7.56)].

187    Secondo la relazione del gruppo di esperti (panel) relativa alla controversia «Messico – Misure antidumping definitive sulle carni bovine e sul riso», adottata dal DSB il 20 dicembre 2005 (WT/DS/295/R, punto 7.238), l’utilizzo dei fatti disponibili ai sensi dell’articolo 6.8 dell’accordo antidumping non mira a penalizzare le parti che non forniscono le informazioni richieste dalle autorità competenti. Considerazioni analoghe figurano nella relazione del gruppo di esperti relativa alla controversia «Cina – Dazi compensativi e antidumping sui laminati a freddo d’acciaio elettrico a grani orientati, originari degli Stati Uniti», adottata dal DSB il 16 novembre 2012 (WT/DS/414, punto 7.391), la quale sottolinea che i fatti disponibili ai sensi di detto articolo non dovrebbero essere applicati in modo da punire la mancata collaborazione. Tale relazione conferma inoltre che, come precisato all’articolo 7 dell’allegato II, la mancata collaborazione potrebbe tuttavia comportare un esito meno favorevole rispetto al caso in cui vi fosse stata collaborazione.

188    Tuttavia, si deve altresì ricordare che il giudice dell’Unione ha già dichiarato che la Commissione, quando fonda le sue conclusioni sui dati disponibili, nelle situazioni in cui i dati presentati siano carenti, non è tenuta a spiegare sotto quale profilo i dati disponibili utilizzati fossero i migliori possibili, giacché un siffatto obbligo non risulta né dall’articolo 18 del regolamento di base né dalla giurisprudenza (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 19 marzo 2015, City Cycle Industries/Consiglio, T‑413/13, non pubblicata, EU:T:2015:164, punto 132).

189    Ne consegue, in primo luogo, che la Commissione, quando utilizza i dati disponibili ai sensi dell’articolo 18, non è legittimata a sanzionare un produttore esportatore per il motivo che esso non ha collaborato, o non ha collaborato in modo sufficiente. In secondo luogo, anche qualora la Commissione si sia conformata a tale principio, è possibile che la parte interessata si trovi in una situazione meno favorevole rispetto a quella in cui si sarebbe trovata in caso di piena collaborazione. Quest’ultima constatazione è, del resto, conforme alla chiara formulazione dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento di base. In terzo luogo, ed in ogni caso, la Commissione non è tenuta a spiegare perché i dati disponibili utilizzati fossero migliori.

190    Peraltro, occorre rilevare che, sebbene la Commissione non disponga di un potere discrezionale illimitato, da una giurisprudenza costante risulta che, nel settore della politica commerciale comune e specialmente in materia di misure di difesa commerciale, le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche e politiche che devono esaminare, cosicché il controllo giurisdizionale di tale ampio potere discrezionale deve essere limitato alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati, dell’assenza di errore manifesto di valutazione di tali fatti o dell’assenza di sviamento di potere (v. sentenza del 12 maggio 2022, Commissione/Hansol Paper, C‑260/20 P, EU:C:2022:370, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

191    Inoltre, il controllo da parte del Tribunale degli elementi di prova sui quali le istituzioni dell’Unione fondano le proprie constatazioni non costituisce una nuova valutazione dei fatti che sostituisce quella di tali istituzioni. Detto controllo non incide sull’ampio potere discrezionale di tali istituzioni nell’ambito della politica commerciale, ma si limita a rilevare se i suddetti elementi siano idonei a suffragare le conclusioni cui sono giunte le istituzioni. Il Tribunale è quindi tenuto non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (v. sentenza del 12 maggio 2022, Commissione/Hansol Paper, C‑260/20 P, EU:C:2022:370, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

192    Nel caso di specie, è pacifico che, come risulta dai considerando da 327 a 333 del regolamento impugnato, non avendo le ricorrenti potuto fornire alla Commissione i dati che essa reputava necessari, quest’ultima ha determinato il valore normale della Sinopec Ningxia sulla base dei dati disponibili ai sensi dell’articolo 18. A tal fine, essa ha utilizzato, per ciascun tipo di prodotto, il valore normale più elevato tra quelli degli altri produttori esportatori, da essa determinati applicando l’articolo 18 del regolamento di base relativamente ai fattori produttivi autoprodotti, come il vapore e l’elettricità generati direttamente nel sito di produzione del produttore esportatore, come risulta dai dettagli forniti dalla Commissione in risposta a un quesito del Tribunale. La Commissione non ha utilizzato, come dati disponibili ai sensi dell’articolo 18, quelli relativi alla Sinopec Chongqing, per il motivo che il processo produttivo di quest’ultima, basato sul petrolio, era diverso da quello della Sinopec Ningxia, basato sul carbone, come quelli degli altri produttori esportatori.

193    Alla luce di tali elementi, si deve constatare che la Commissione, una volta preso atto del fatto, non contestato (v. punto 165 supra), che le ricorrenti non erano in grado di fornirle i dati necessari relativi alla Sinope Ningxia, ha confrontato i dati che si trovavano in suo possesso. Pertanto, ingiustamente le ricorrenti addebitano alla Commissione di non aver effettuato un esame comparativo dei dati a sua disposizione, e ciò sebbene dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 188 risulti che essa non era tenuta a spiegare perché i dati disponibili utilizzati fossero migliori.

194    In ordine alla fondatezza della scelta effettuata dalla Commissione, occorre rilevare che, nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale, quest’ultima poteva ritenere, senza incorrere in un manifesto errore di valutazione, che i dati relativi alla Sinopec Chongqing non fossero i più pertinenti, in quanto il processo produttivo della Sinopec Ningxia presentava più somiglianze con quelli degli altri produttori esportatori che non con quello della Sinopec Chongqing, essendo quest’ultima la sola ad utilizzare il petrolio come materia prima, e non il carbone. Infatti, come sottolineato dalla Commissione al considerando 332 del regolamento impugnato, la costruzione del valore normale si basa sui fattori produttivi, incluse le materie prime e la loro percentuale di utilizzo.

195    Tale conclusione non è rimessa in discussione dagli altri argomenti delle ricorrenti.

196    In primo luogo, esse adducono il fatto che la Sinopec Chongqing e la Sinopec Ningxia fanno parte dello stesso gruppo, che tali due società effettuano le loro vendite nell’Unione per il tramite della stessa società collegata Sinopec Central-China e che tutte queste società applicano un tariffario simile, sia sul mercato cinese che su quello dell’Unione. Le ricorrenti rinviano altresì alle loro osservazioni sulle informazioni finali, nelle quali avevano fatto valere che tali elementi non erano rimessi in discussione dal fatto che il processo produttivo della Sinopec Chongqing fosse diverso da quello della Sinopec Ningxia.

197    Tuttavia, occorre rilevare, anzitutto, che, in caso di costruzione del valore normale, come nel caso di specie, i prezzi che tali società praticano in Cina non sono pertinenti. Inoltre, la costruzione del valore normale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base è indipendente dal prezzo all’esportazione. Infine, non è manifestamente errato ritenere che il processo produttivo abbia un’incidenza sulla costruzione del valore normale secondo tale disposizione.

198    In secondo luogo, le ricorrenti, sostenute dalla Wegochem, fanno valere che i valori normali degli altri produttori esportatori non possono essere le migliori informazioni disponibili, dato che tali valori normali sono stati determinati sulla base, in parte, di dati disponibili ai sensi dell’articolo 18.

199    Tuttavia, occorre rilevare che la Commissione, a fronte del fatto che le ricorrenti non erano state in grado di fornirle i dati necessari per poter costruire il valore normale della Sinopec Ningxia sulla base di dati relativi a quest’ultima, era obbligata ad utilizzare i dati disponibili ai sensi dell’articolo 18. A tal fine, essa ha dovuto decidere quali dati fossero i più pertinenti tra quelli relativi alla Sinopec Chongqing e quelli relativi agli altri produttori esportatori. Se questi ultimi dati erano stati a loro volta determinati, in parte, attraverso l’applicazione dell’articolo 18 del regolamento di base, i dati relativi alla Sinopec Chongqing riguardavano una società il cui processo produttivo si differenziava da quello della Sinopec Ningxia in misura maggiore rispetto ai processi produttivi degli altri produttori esportatori.

200    Nel caso di specie, occorre constatare che la Commissione, nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale, poteva basarsi sul grado di somiglianza tra i processi produttivi utilizzati dai produttori esportatori al fine di selezionare i dati disponibili pertinenti. A tal riguardo, occorre rilevare che, con sentenza in data odierna, Inner Mongolia Shuangxin Environment-Friendly Material/Commissione (T‑763/20), avente ad oggetto un ricorso diretto contro il regolamento impugnato proposto da un produttore esportatore i cui dati sono stati utilizzati come dati disponibili ai sensi dell’articolo 18 nei confronti della Sinopec Ningxia, il Tribunale ha respinto il motivo di tale produttore esportatore vertente sulla violazione dell’articolo 18 del regolamento di base. Infine, come constatato ai precedenti punti da 170 a 174, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, non esiste un principio generale che osti ad una doppia applicazione del detto articolo.

201    Di conseguenza, la Commissione non è incorsa in un manifesto errore di valutazione quando ha scelto di utilizzare i dati degli altri produttori esportatori invece di quelli della Sinopec Chongqing.

202    In terzo luogo, le ricorrenti invocano il punto 27 della sentenza del 30 aprile 2013, Alumina/Consiglio (T‑304/11, EU:T:2013:224). Secondo detta sentenza, qualora non si possa stabilire il valore normale in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base, la sua costruzione ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 3 e 6, di detto regolamento mira a stabilire un valore normale che sia il più vicino possibile al prezzo di vendita di un prodotto, quale sarebbe se il prodotto in questione fosse venduto nel paese d’origine o di esportazione nel corso di normali operazioni commerciali.

203    Tuttavia, la Commissione non eccede il suo ampio potere discrezionale qualora consideri che il fatto di basarsi su dati relativi ad una società che utilizza un processo produttivo diverso da quello impiegato dalla società il cui valore normale deve essere costruito non sia il modo migliore per perseguire l’obiettivo indicato dalla giurisprudenza citata al precedente punto 202.

204    In quarto luogo, le ricorrenti si basano sui punti 121 e 137 della sentenza del 3 maggio 2018, Distillerie Bonollo e a./Consiglio (T‑431/12, EU:T:2018:251), per sostenere che le differenze relative ai processi di produzione non sono pertinenti.

205    Orbene, nella sentenza del 3 maggio 2018, Distillerie Bonollo e a./Consiglio (T‑431/12, EU:T:2018:251), il Tribunale ha rilevato che il prodotto in esame aveva le stesse caratteristiche ed era destinato alle stesse applicazioni di base, indipendentemente dal processo produttivo impiegato, tra le due che erano pertinenti. Esso ne ha tratto la conclusione che non era contrario all’articolo 2 del regolamento di base confrontare il valore normale calcolato a partire da dati relativi a uno dei processi produttivi con il prezzo all’esportazione calcolato a partire dai dati relativi all’altro processo produttivo.

206    Nel caso di specie, il presente motivo non verte sul confronto tra il valore normale e il prezzo all’esportazione, bensì sul confronto tra diversi dati che la Commissione poteva utilizzare, quali dati disponibili ai sensi dell’articolo 18, per stabilire il valore normale della Sinopec Ningxia, confronto al termine del quale la Commissione era tenuta a scegliere i dati più pertinenti.

207    Ne consegue che la giurisprudenza invocata dalle ricorrenti non consente di affermare che la Commissione sia incorsa in un manifesto errore di valutazione quando ha escluso di affidarsi ai dati relativi alla Sinopec Chingqing, a causa delle differenze tra il processo produttivo di quest’ultima e quello della Sinopec Ningxia.

208    In quinto luogo, le ricorrenti sostengono che, nel diritto dell’OMC, esiste un principio generale secondo cui occorre utilizzare informazioni il più possibile vicine al produttore esportatore in questione.

209    Le ricorrenti fondano l’esistenza di tale asserito principio generale sul punto 6.34 della relazione dell’organo di appello relativa alla controversia «Unione Europea – Misure antidumping riguardanti il biodiesel proveniente dall’Argentina», adottata dal DSB il 26 ottobre 2016 (WT/DS 473/AB/R), punto nel quale si trova un’interpretazione dell’articolo 2.2.2 dell’accordo antidumping, vertente sulle SGAV e sul vantaggio dei produttori esportatori. Orbene, le ricorrenti non sono in grado di giustificare in che modo sarebbe possibile procedere ad un’interpretazione analogica con tale disposizione dell’articolo 6.8 dell’accordo antidumping, che corrisponde all’articolo 18 del regolamento di base, disposizione la cui violazione è fatta valere nell’ambito del presente motivo.

210    In sesto luogo, le ricorrenti fanno valere che, non avendo la Commissione, nell’ambito dell’analisi dell’undercutting dei prezzi, attribuito rilevanza alle differenze tra il processo produttivo della Kuraray e i loro, essa non era legittimata a ritenere che i dati relativi al valore normale della Sinopec Chongqing non fossero le migliori informazioni disponibili, in quanto il processo di produzione di quest’ultima era diverso da quello della Sinopec Ningxia. Tuttavia, occorre rilevare che l’analisi dell’undercutting dei prezzi non è pertinente ai fini della valutazione del valore normale. Pertanto, tale argomento deve essere respinto in quanto infondato, senza che sia necessario pronunciarsi sulla sua ricevibilità, contestata dalla Kuraray (v. punto 180 supra).

211    Poiché è stato constatato che la Commissione era legittimata ad escludere dai dati rilevanti quelli relativi alla Sinopec Chongqing e che poteva utilizzare quelli relativi agli altri produttori esportatori, occorre esaminare la scelta della Commissione consistente nel prendere in considerazione, per ciascun tipo di prodotto venduto dalla Sinopec Ningxia, il valore normale più elevato tra quelli degli altri produttori esportatori.

212    Sebbene la Commissione, scegliendo il valore normale più elevato, abbia necessariamente proceduto ad un confronto tra i valori normali degli altri produttori esportatori, occorre verificare se, in tal modo, come sostengono le ricorrenti, essa le abbia sanzionate a causa della loro mancanza di collaborazione, in violazione dei principi ricordati al precedente punto 187.

213    A tal riguardo, da un lato, dalla giurisprudenza risulta che una presunzione, anche se difficile da superare, resta entro limiti accettabili fintanto che sia proporzionata al legittimo scopo perseguito, che esista la possibilità di apportare la prova contraria e che i diritti della difesa siano garantiti (v. sentenza del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 107 e giurisprudenza ivi citata).

214    Dall’altro lato, dall’articolo 18 del regolamento di base risulta che il legislatore dell’Unione non ha inteso stabilire una presunzione legale che consenta di desumere direttamente dalla mancata collaborazione delle parti interessate che il valore normale, per tipo di prodotto, non è inferiore al più elevato, per tipo di prodotto, dei valori normali degli altri produttori esportatori che hanno collaborato e che, pertanto, dispensa le istituzioni dell’Unione da qualsiasi requisito probatorio. Tuttavia, tenuto conto della possibilità, riconosciuta dalla giurisprudenza, in materia di misure di difesa commerciale, di trarre conclusioni, anche definitive, sulla base dei dati disponibili e di trattare la parte che non collabora o che collabora solo parzialmente in modo meno favorevole che se avesse collaborato, è altrettanto evidente che le istituzioni dell’Unione sono autorizzate a basarsi su un insieme di indizi concordanti che consentano di scegliere, fra i dati disponibili, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base, quelli che sono i più pertinenti. Qualsiasi altra soluzione rischierebbe di compromettere l’efficacia delle misure di difesa commerciale dell’Unione tutte le volte che le istituzioni dell’Unione devono confrontarsi con il rifiuto di collaborazione nell’ambito di determinazione del valore normale (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 4 settembre 2014, Simon, Evers & Co., C‑21/13, EU:C:2014:2154, punti 36 e 37).

215    Nel caso di specie, al considerando 329 del regolamento impugnato, la Commissione ha affermato, in sostanza, che, a causa delle carenze sostanziali e gravi nella comunicazione dei costi di produzione, il valore normale per la Sinopec Ningxia era stato calcolato utilizzando le informazioni fornite dagli altri produttori esportatori che avevano collaborato. Essa ha aggiunto di aver utilizzato il valore normale costruito più elevato degli altri produttori esportatori che avevano collaborato.

216    Al considerando 333 del regolamento impugnato, dopo aver risposto alle affermazioni formulate da un produttore esportatore incluso nel campione e da un produttore utilizzatore dell’Unione contro il metodo applicato nei confronti della Sinopec Ningxia, la Commissione ha rilevato che, «non [essendo] stata in grado di verificare e pertanto utilizzare i dati forniti da Sinopec Ningxia per la costruzione del suo valore normale, non vi [erano] elementi di prova che indic[assero] che il valore normale per tipo di prodotto per Sinopec Ningxia [fosse] al di sotto del valore normale più elevato per tipo di prodotto per gli altri produttori che [avevano] collaborato che utilizza[va]no le stesse materie prime».

217    A tal riguardo, la Commissione ha peraltro riconosciuto, nel corso dell’udienza, che, al considerando 333 del regolamento impugnato, essa aveva applicato una presunzione secondo cui il valore normale, per tipi di prodotto, della Sinopec Ningxia non era inferiore al più elevato, per tipo di prodotto, dei valori normali degli altri produttori esportatori.

218    Occorre quindi osservare che, ai considerando 329 e 333 del regolamento impugnato, la Commissione, in seguito alla constatazione dell’assenza di collaborazione da parte delle ricorrenti, ha applicato una presunzione secondo cui il valore normale, per tipi di prodotto, della Sinopec Ningxia non è inferiore al più elevato, per tipo di prodotto, dei valori normali degli altri produttori esportatori.

219    Inoltre, la Commissione, interrogata in udienza specificamente sulla questione se il fascicolo contenesse elementi pertinenti che consentissero di giustificare in modo positivo l’uso sistematico, per la Sinopec Ningxia, del valore normale più elevato tra quelli degli altri produttori esportatori, ha risposto che l’elemento del fascicolo sul quale essa si era basata era l’assenza di collaborazione da parte delle ricorrenti.

220    Pertanto, si deve constatare che la Commissione, applicando la suddetta presunzione, è incorsa in un errore di diritto. Infatti, secondo il ragionamento seguito dalla Commissione, per poter confutare la presunzione menzionata al precedente punto 218, le ricorrenti avrebbero dovuto fornire alla Commissione le informazioni la cui mancata produzione costituisce proprio il fattore che ha determinato l’utilizzo da parte della Commissione dei dati disponibili ai sensi dell’articolo 18.

221    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre accogliere il presente motivo nella parte in cui la Commissione ha calcolato il valore normale della Sinopec Ningxia prendendo in considerazione, per ciascun tipo di prodotto, il valore normale più elevato tra quelli degli altri produttori esportatori, e respingere tale motivo quanto al resto.

 Sul secondo motivo, vertente su una violazione dellarticolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base in sede di determinazione dellundercutting dei prezzi e sulla violazione dellarticolo 3, paragrafo 6, del medesimo regolamento

222    Il quarto motivo si compone di tre parti, tutte relative alla violazione dell’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base. Più in particolare, tali parti vertono, la prima, sull’assenza di analisi dell’undercutting dei prezzi per segmento di mercato, la seconda, sull’assenza di adeguamenti che consentano di tener conto della differenza di qualità tra, da un lato, i PVA importati e, dall’altro, i PVA prodotti nell’Unione e, la terza, sulla mancata determinazione dell’undercutting dei prezzi per il prodotto in esame nel suo insieme. Le ricorrenti deducono altresì la correlativa violazione dell’articolo 3, paragrafo 6, di tale regolamento.

223    Poiché la Commissione, oltre a contestare la fondatezza di tale motivo, fa valere che quest’ultimo non è operante, occorre esaminare preliminarmente tale questione.

 Sul carattere operante del quarto motivo

224    Secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito di un ricorso di annullamento è considerato inoperante un motivo che, anche nell’ipotesi in cui fosse fondato, sarebbe inidoneo a comportare l’annullamento perseguito dalla parte ricorrente (ordinanza del 26 febbraio 2013, Castiglioni/Commissione, T‑591/10, non pubblicata, EU:T:2013:94, punto 45, e sentenza del 15 gennaio 2015, Francia/Commissione, T‑1/12, EU:T:2015:17, punto 73; v. altresì, in tal senso, sentenza del 21 settembre 2000, EFMA/Consiglio, C‑46/98 P, EU:C:2000:474, punto 38).

225    La Commissione fa valere che, nel regolamento impugnato, oltre ad aver esaminato l’undercutting dei prezzi delle importazioni, essa ha constatato l’esistenza di una contrazione dei prezzi dei PVA venduti dall’industria dell’Unione, come risulta dai considerando da 460 a 462, 473 e 490 di tale regolamento. Le ricorrenti non avrebbero spiegato in che modo le sue constatazioni relative a tale contrazione sarebbero insufficienti a sostenere la sua conclusione secondo cui le importazioni oggetto di dumping causavano un pregiudizio all’industria dell’Unione. Pertanto, il quarto motivo, con il quale le ricorrenti contestano l’esame dell’undercutting dei prezzi delle importazioni, sarebbe inoperante.

226    Le ricorrenti rispondono che semplici dichiarazioni sulla contrazione dei prezzi, non suffragate da prove, non consentono di porre rimedio alle violazioni dell’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base da esse invocate con il presente motivo.

227    Occorre ricordare i termini delle pertinenti disposizioni dell’articolo 3 del regolamento di base, che è così formulato:

«1.      Ai fini del presente regolamento si intende per pregiudizio, salvo altrimenti disposto, un pregiudizio notevole, la minaccia di un pregiudizio materiale a danno dell’industria dell’Unione, oppure un grave ritardo nella creazione di tale industria. Il termine è interpretato a norma del presente articolo.

2.      L’accertamento di un pregiudizio si basa su prove positive e implica un esame obiettivo:

a)      del volume delle importazioni oggetto di dumping e dei loro effetti sui prezzi dei prodotti simili sul mercato dell’Unione; e

b)      dell’incidenza di tali importazioni sull’industria dell’Unione.

3.      Per quanto riguarda il volume delle importazioni oggetto di dumping, occorre esaminare se queste ultime sono aumentate in misura significativa, tanto in termini assoluti quanto in rapporto alla produzione o al consumo nell’Unione. Riguardo agli effetti sui prezzi si esamina se le importazioni oggetto di dumping sono state effettuate a prezzi sensibilmente inferiori a quelli dei prodotti simili dell’industria dell’Unione oppure se tali importazioni hanno comunque l’effetto di deprimere notevolmente i prezzi o di impedire in misura notevole aumenti che altrimenti sarebbero intervenuti. Tali fattori, singolarmente o combinati, non costituiscono necessariamente una base di giudizio determinante.

(...)

5. L’esame dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sull’industria dell’Unione interessata comprende una valutazione di tutti i fattori e indicatori economici pertinenti in rapporto con la situazione dell’industria (...)

6. Deve essere dimostrato, in base a tutti gli elementi di prova, presentati a norma del paragrafo 2, che le importazioni oggetto di dumping causano pregiudizio ai sensi del presente regolamento. In particolare, occorre dimostrare che il volume e/o i prezzi individuati a norma del paragrafo 3 hanno sull’industria dell’Unione gli effetti contemplati nel paragrafo 5 e che tale incidenza si manifesta in maniera che può essere considerata materiale».

228    Le disposizioni dell’articolo 3, paragrafi 2, 3, 5 e 6, del regolamento di base presentano una notevole somiglianza, se non addirittura un’identità, con quelle dell’articolo 3.1, dell’articolo 3.2 e dell’articolo 3.5 dell’accordo antidumping. Pertanto, si applicano i principi ricordati ai punti da 20 a 22.

229    Secondo la relazione dell’organo di appello relativa alla controversia relativa alla controversia «Cina – Dazi compensativi e antidumping sui laminati a freddo d’acciaio elettrico a grani orientati, originari degli Stati Uniti», adottata dal DSB il 16 novembre 2012 (WT/DS/414, punto 137), gli elementi pertinenti per l’esame del notevole undercutting dei prezzi possono essere diversi da quelli pertinenti per l’esame della notevole depressione dei prezzi o del significativo impedimento di aumenti di prezzo. Di conseguenza, anche se i prezzi delle importazioni in questione non sono oggetto di undercutting in misura significativa rispetto a quelli dei prodotti nazionali simili, tali importazioni potrebbero comunque avere un effetto di depressione dei prezzi o di impedimento all’aumento dei prezzi sui prezzi interni.

230    Analogamente, dalla relazione del gruppo di esperti riguardante la controversia «Corea – Dazi antidumping sulle valvole pneumatiche provenienti dal Giappone», adottata dal DSB il 30 settembre 2019 (WT/DS 504/R, punto 7.299), risulta che, sebbene l’esistenza di un undercutting dei prezzi delle importazioni venga spesso invocata come elemento che induce a ritenere che le importazioni oggetto di dumping abbiano l’effetto di deprimere i prezzi o di impedire aumenti dei prezzi praticati dall’industria del paese importatore, l’autorità competente può legittimamente ritenere che le importazioni oggetto di dumping abbiano l’effetto di deprimere i prezzi o di impedire aumenti di prezzo anche in assenza di undercutting.

231    Nel caso di specie, le parti concordano sul fatto che, in linea di principio, una contrazione dei prezzi praticati dall’industria dell’Unione può verificarsi anche in assenza di undercutting dei prezzi delle importazioni.

232    Tuttavia, mentre, secondo la Commissione, le constatazioni contenute nel regolamento impugnato in merito all’esistenza di una contrazione dei prezzi praticati dall’industria dell’Unione sono indipendenti da quelle riguardanti l’undercutting dei prezzi delle importazioni, le ricorrenti sostengono che tale contrazione è una conseguenza di tale undercutting.

233    Occorre ricordare che l’articolo 24, paragrafo 490, del regolamento 2015/1589 è così formulato:

«L’analisi degli indicatori di pregiudizio di cui ai considerando da 398 a 478 mostra che la situazione economica dell’industria dell’Unione è peggiorata nel periodo in esame e ciò ha coinciso con un aumento significativo delle importazioni oggetto di dumping dal paese interessato, a prezzi che sono risultati inferiori ai prezzi dell’industria dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta e che hanno provocato una significativa contrazione dei prezzi, in quanto l’industria dell’Unione non è stata in grado di aumentare i prezzi in linea con l’aumento dei costi di produzione».

234    Stante la sola congiunzione «e» che compare, in talune versioni linguistiche del regolamento impugnato, fra le espressioni «prezzi che sono risultati inferiori ai prezzi dell’industria dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta» e «una significativa contrazione dei prezzi», il considerando 490 di tale regolamento potrebbe essere interpretato nel senso che il forte aumento delle importazioni cinesi ha comportato, da un lato, un undercutting dei prezzi e, dall’altro, una contrazione dei prezzi che sarebbe autonoma rispetto all’undercutting dei prezzi.

235    Occorre tuttavia stabilire se il regolamento impugnato contenga un’analisi del nesso tra tale contrazione dei prezzi e l’aumento delle importazioni che sarebbe fondato su elementi diversi da quelli relativi all’undercutting dei prezzi.

236    A tal riguardo, la Commissione invoca i considerando da 460 a 462 e 473 del regolamento impugnato.

237    Dai considerando da 460 a 462 e 473 del regolamento impugnato risulta che la Commissione ha studiato l’evoluzione dei prezzi di vendita praticati dall’industria dell’Unione e ha constatato che tali prezzi erano aumentati del 14% durante il periodo considerato, mentre il costo di produzione unitario era aumentato del 24%, a causa dell’aumento del prezzo della principale materia prima utilizzata. Essa ha rilevato che la pressione sui prezzi esercitata dalle importazioni cinesi ha impedito all’industria dell’Unione di aumentare ulteriormente i suoi prezzi e di compensare tale aumento.

238    Ne consegue che i considerando da 460 a 462 e 473 del regolamento impugnato non possono essere interpretati nel senso che la contrazione dei prezzi dell’industria dell’Unione deriva da fattori diversi dall’undercutting dei prezzi delle importazioni. In effetti, la ragione per la quale detta industria, nonostante il significativo aumento del costo unitario di produzione, non ha aumentato i suoi prezzi in misura corrispondente risiede nella pressione esercitata dalle importazioni oggetto di dumping. Tale pressione è dovuta al fatto che i prezzi praticati dai produttori esportatori cinesi sono inferiori a quelli dell’industria dell’Unione, il che corrisponde all’esistenza di un undercutting dei prezzi delle importazioni.

239    Inoltre, erroneamente la Commissione invoca i punti da 95 a 99 della sentenza del 14 settembre 2022, Methanol Holdings (Trinidad)/Commissione (T‑744/19, con impugnazione pendente, EU:T:2022:558), e i punti da 257 a 261 della sentenza del 14 settembre 2022, Nevinnomysskiy Azot e NAK “Azot”/Commissione (T‑865/19, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2022:559). Infatti, anzitutto, per quanto riguarda la prima di tali sentenze, la questione trattata nei punti sui quali la Commissione si basa verteva sulla ricevibilità di una censura sollevata nella replica, mentre, nel caso di specie, il quarto motivo è stato sollevato nell’atto di ricorso. Del resto, in queste due sentenze, ai punti immediatamente successivi a quelli sui quali si basa la Commissione, il Tribunale ha sottolineato che esisteva un nesso tra, da un lato, l’undercutting dei prezzi e, dall’altro, la depressione e la contrazione dei prezzi. Pertanto, il Tribunale non ha attribuito valore autonomo alla depressione o alla contrazione dei prezzi quando ha constatato l’esistenza di un pregiudizio causato all’industria dell’Unione.

240    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, il quarto motivo è operante, cosicché occorre esaminare se esso sia fondato.

 Sulla fondatezza del quarto motivo

–       Sulla prima parte

241    Le ricorrenti sostengono che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione nel regolamento impugnato, il mercato dei PVA è suddiviso in due segmenti. Il primo segmento riguarderebbe i PVA aventi un livello di alta qualità, caratterizzati da intervalli di viscosità e di idrolisi stretti, da un basso tenore di metanolo, da un basso tenore di ceneri e da particelle di dimensioni più piccole. Queste tipologie di PVA sarebbero vendute a prezzi più elevati. Il secondo segmento riguarderebbe i livelli di qualità inferiore, caratterizzati da intervalli di viscosità e di idrolisi larghi, da un elevato tenore di metanolo, da un elevato contenuto di ceneri e da particelle di dimensioni maggiori. Queste tipologie di PVA sarebbero vendute a prezzi più bassi.

242    Le ricorrenti sottolineano che, sebbene teoricamente talune industrie che utilizzano PVA aventi un livello di qualità inferiore possano orientarsi verso PVA aventi un livello di qualità superiore, un siffatto cambiamento sarebbe privo di senso da un punto di vista economico. Le industrie che utilizzano PVA di livello di qualità superiore, dal canto loro, non potrebbero sostituirli con livelli di qualità inferiore.

243    A causa delle differenze significative in termini di prezzo e di qualità tra i livelli di PVA rientranti nel primo o nel secondo segmento di mercato summenzionati, tali livelli non sarebbero direttamente intercambiabili sul versante della domanda.

244    Secondo le ricorrenti, poiché il mercato dei PVA è suddiviso nei due segmenti summenzionati, la Commissione era tenuta a prendere in considerazione l’esistenza di questi ultimi nella sua analisi dell’undercutting dei prezzi, in particolare alla luce del fatto che numerosi produttori cinesi producevano principalmente PVA appartenenti al segmento inferiore, mentre i PVA prodotti nell’Unione appartenevano generalmente al segmento superiore.

245    A sostegno dei loro argomenti, le ricorrenti richiamano, in particolare, la relazione dell’organo d’appello relativa alla controversia «Cina – Misure di imposizione di dazi antidumping sui tubi senza saldatura in acciaio inossidabile ad alte prestazioni in provenienza dal Giappone», adottata dal DSB il 28 ottobre 2015 (WT/DS 454/AB/R punto 5.181) (in prosieguo: la «relazione HP-SSST»).

246    A seguito della pronuncia della sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube (C‑891/19 P, EU:C:2022:38), le ricorrenti, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, hanno precisato la loro argomentazione alla luce degli insegnamenti derivanti da tale sentenza, con cui la Corte ha annullato la sentenza del 24 settembre 2019, Hubei Xinyegang Special Tube/Commissione (T‑500/17, non pubblicata, EU:T:2019:691), da esse invocata nei loro scritti difensivi. A loro avviso, la presente fattispecie corrisponde alle tre circostanze eccezionali, risultanti da detta sentenza della Corte, al ricorrere delle quali la Commissione non può limitarsi ad esaminare l’undercutting dei prezzi sulla base dei numeri di controllo del prodotto (in prosieguo: gli «NCP»), ma è tenuta a procedere ad un’analisi per segmento di mercato. Infatti, in primo luogo, il mercato dei PVA sarebbe composto da due segmenti distinti, in secondo luogo, i prezzi dei PVA sarebbero sensibilmente diversi a seconda del segmento e, in terzo luogo, le vendite dei PVA prodotti dall’industria dell’Unione sarebbero concentrate sul segmento dei PVA di alta qualità, mentre le importazioni provenienti dalla Cina sarebbero concentrate sul segmento di PVA di qualità inferiore.

247    La Commissione, sostenuta dalla Kuraray e dalla Sekisui, contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

248    Le disposizioni pertinenti dell’articolo 3 del regolamento di base sono state ricordate al precedente punto 227.

249    Il calcolo dell’undercutting del prezzo delle importazioni di cui trattasi viene effettuato, conformemente all’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base, ai fini della determinazione dell’esistenza di un pregiudizio subito dall’industria dell’Unione a causa di tali importazioni e, più in generale, viene utilizzato per valutare tale pregiudizio e per determinare il margine di pregiudizio, ossia il livello di eliminazione di detto pregiudizio (v., per analogia, sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione, T‑301/16, EU:T:2019:234, punto 176). A tal fine, la Commissione beneficia di un ampio potere discrezionale (v. sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

250    Il regolamento di base non contiene una definizione della nozione di «undercutting dei prezzi» e non prevede alcun metodo per calcolarla (sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 73; v. altresì, per analogia, sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione, T‑301/16, EU:T:2019:234, punto 175).

251    Tuttavia, dalla formulazione stessa dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento di base risulta che il metodo seguito per determinare un eventuale undercutting dei prezzi deve, in linea di principio, essere applicato a livello del «prodotto simile», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, di detto regolamento, anche se quest’ultimo, come avviene nel caso di specie, può essere composto da diversi tipi di prodotti rientranti in più segmenti di mercato (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).

252    Pertanto, il regolamento di base non impone, in linea di principio, alcun obbligo alla Commissione di effettuare un’analisi dell’esistenza dell’undercutting dei prezzi a un livello diverso da quello del prodotto simile (sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 75).

253    Siffatta interpretazione è confermata dal punto 5.180 della relazione HP-SSST richiamata dalle ricorrenti, secondo cui l’autorità competente non è obbligata, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3.2, dell’accordo antidumping, ad accertare l’esistenza di un undercutting dei prezzi per ciascuna tipologia dei prodotti oggetto dell’inchiesta o riguardo all’intera gamma di prodotti di cui il prodotto nazionale simile è costituito (sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 76).

254    Tuttavia, come confermato dal medesimo punto 5.180 della relazione HP-SSST, poiché, in forza dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base, la Commissione è tenuta a procedere a un «esame obiettivo» degli effetti delle importazioni oggetto di dumping sui prezzi dei prodotti simili dell’industria dell’Unione, tale istituzione è obbligata a tenere conto, nella sua analisi dell’undercutting dei prezzi, di tutti gli elementi di prova positivi pertinenti, ivi inclusi, se del caso, quelli relativi ai diversi segmenti di mercato del prodotto considerato (sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 77).

255    Inoltre, dalla giurisprudenza risulta che l’esame dell’undercutting dei prezzi sulla base di un metodo consistente nell’effettuare una comparazione NCP per NCP (in prosieguo: il «metodo degli NCP») consente, in una certa misura, di tenere conto dell’eventuale segmentazione del mercato del prodotto considerato (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punti 106, 113 e 114).

256    Ciò non toglie che, al fine di garantire l’obiettività dell’analisi dell’undercutting dei prezzi, la Commissione può, in determinate circostanze, essere tenuta a procedere a una siffatta analisi a livello dei segmenti di mercato del prodotto di cui trattasi, anche se l’ampio potere discrezionale di cui dispone tale istituzione, in particolare per la determinazione dell’esistenza di un pregiudizio (v. punto 249 supra), si estende, quantomeno, alle decisioni relative alla scelta del metodo di analisi, ai dati e alle prove da raccogliere, al metodo di calcolo da usare per determinare il margine di undercutting, nonché all’interpretazione e alla valutazione dei dati raccolti (sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 78).

257    Così, un’analisi complementare dell’undercutting dei prezzi, consistente, oltre all’applicazione del metodo dei NPC, nel comparare i prezzi in ciascun segmento, può essere obbligatoria per la Commissione in talune circostanze eccezionali (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 111).

258    Tali circostanze eccezionali vertono sull’esistenza tanto di una segmentazione caratterizzata del mercato del prodotto di cui trattasi, che implica variazioni di prezzo rilevanti tra i segmenti di mercato (in prosieguo: la «prima condizione»), che di una situazione caratterizzata da una forte concentrazione delle vendite interne e delle importazioni oggetto di dumping in segmenti distinti (in prosieguo: la «seconda condizione») (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punti da 79 a 81, 110 e 111).

259    È alla luce di tali considerazioni e di quelle sulla portata del controllo giurisdizionale esposte ai precedenti punti 190 e 191 che occorre esaminare gli argomenti delle ricorrenti invocati a sostegno della presente parte del quarto motivo.

260    Nel regolamento impugnato, la Commissione ha rilevato quanto segue:

«(60)      Le informazioni raccolte durante l’inchiesta hanno altresì dimostrato che alcune di queste qualità (vendute sia dall’industria dell’Unione che dai produttori esportatori) hanno una vasta gamma di applicazioni e, in generale, hanno un prezzo inferiore. Altre qualità più specifiche, destinate ad applicazioni più limitate (...), sono in media più costose. Tali qualità sono anche vendute dall’Unione e dai produttori esportatori.

(61)      Tuttavia, nonostante l’esistenza di un gran numero di qualità, la Commissione ha constatato che non vi è alcun segmento definito sul mercato dei PVA. I vari utilizzatori possono reperire una serie di qualità di PVA, a seconda delle specifiche tecniche richieste. Per alcuni utilizzatori il contenuto di ceneri è l’elemento più importante, per altri la viscosità, mentre alcuni di essi sono in grado di sfruttare qualsiasi specifica nella maggior parte dei casi. Ogni industria utilizzatrice può usare serie diverse di qualità di PVA in maniera intercambiabile. Anche se alcuni utilizzatori (...) sono più limitati in termini di numero di qualità che possono utilizzare, la loro gamma di qualità si interseca comunque con quella di altri tipi di utilizzatori capaci di reperire una gamma più ampia di qualità.

(62)      Per i motivi di cui sopra, la Commissione ha concluso che tutte le qualità del prodotto in esame sono in concorrenza tra loro, almeno in una certa misura, e che pertanto un’analisi per segmento non era giustificata né adeguata nel caso di specie.

(64)      L’analisi svolta dalla Commissione ha confermato che le diverse qualità, come spiegato al considerando 61, sono tra loro intercambiabili almeno in una certa misura. Anche se è vero che alcuni utilizzatori possono acquistare solo una serie limitata di qualità per la loro applicazione, tali qualità non sono esclusivamente limitate al settore a valle di un utilizzatore, ma si sovrappongono a quelle acquistate per altre applicazioni a valle. Dall’inchiesta è inoltre emerso che i produttori esportatori cinesi forniscono qualità per tutte e quattro le principali applicazioni di PVA e competono integralmente con le qualità vendute dall’industria dell’Unione.

(...)

(78)      [L]e diverse qualità di PVA condividono le caratteristiche di base e i loro impieghi sono in larga misura identici e intercambiabili. I meri livelli di tenore di ceneri o metanolo non determinano, da soli, le applicazioni o il prezzo del prodotto in esame, in quanto è la combinazione con le altre caratteristiche pertinenti, quali la viscosità e l’idrolisi, a definire le caratteristiche della qualità, il suo eventuale utilizzo finale e il prezzo di vendita.

(79)       Le prove raccolte nell’inchiesta hanno rivelato che, mentre la differenza media di prezzo tra le qualità di PVA con “scarso tenore di ceneri” e quelle con un “tenore di ceneri standard” risulta pari a circa il 10%, i prezzi del PVA nelle qualità aventi lo stesso tenore di ceneri possono variare fino al 40%. Inoltre, alcune qualità asseritamente meno care con un tenore “standard” di ceneri possono essere più care del 27% rispetto a quelle con uno “scarso tenore di ceneri”. Non si può pertanto concludere, come sostenuto dalle parti interessate, che il mercato dell’Unione sia diviso in PVA di alta qualità (prodotti dall’industria dell’Unione) e PVA di bassa qualità (importati dalla [Cina]), in base al tenore di ceneri e di metanolo, né che tale presunta divisione si rifletta nei prezzi e nei costi di produzione. Al contrario, (...) anche varie qualità con presunte specifiche “standard” sono in concorrenza con le presunte qualità “di alto livello” del prodotto simile».

261    Ne consegue che la Commissione ha escluso sia l’esistenza di una segmentazione caratterizzata del mercato dei PVA sia la forte concentrazione delle vendite dell’industria dell’Unione e delle importazioni oggetto di dumping in due segmenti distinti.

262    Poiché la Commissione era tenuta ad effettuare un esame obiettivo dell’undercutting dei prezzi (v. punti 254 e 256 supra), occorre verificare se le sue constatazioni siano sufficientemente suffragate dagli elementi del fascicolo del procedimento sfociato nell’adozione del regolamento impugnato, ivi inclusi quelli che non sono esplicitamente menzionati nel regolamento impugnato (v. punto 152 supra).

263    Nel caso di specie, il Tribunale ha chiesto alla Commissione di precisare gli elementi del fascicolo che le hanno consentito di escludere sia l’esistenza di un mercato segmentato sia la concentrazione delle importazioni e delle vendite dell’industria dell’Unione in segmenti distinti.

264    A tal riguardo, la Commissione ha fatto riferimento alle risposte degli utilizzatori di PVA alla sua richiesta di informazioni relative ai loro acquisti di PVA per NCP e ai dati che le ha fornito la Kuraray.

265    Quanto all’assenza di segmentazione caratterizzata, la Commissione ha prodotto un esempio della sua richiesta di informazioni, mentre non ha prodotto le risposte ricevute, qualificate come riservate. Essa ha altresì depositato un estratto del sito Internet della Kuraray. In udienza, senza essere contraddetta dalle ricorrenti, la Commissione ha precisato che una versione precedente di tale estratto figurava nel fascicolo del procedimento sfociato nell’adozione del regolamento impugnato.

266    Si deve constatare che l’estratto del sito Internet di Kuraray dimostra che diverse qualità di PVA trovano le loro utilizzazioni principali sia nelle industrie che si presume utilizzino PVA di alta qualità sia in industrie che si presume utilizzino PVA di qualità meno elevata. Come osserva la Commissione, diverse qualità di PVA utilizzate dall’industria della carta e degli adesivi sono utilizzate anche dall’industria della polimerizzazione in emulsione e della produzione di polivinilbutirrale. Di conseguenza, tale estratto consente di confermare che il mercato dei PVA non presenta alcuna segmentazione caratterizzata.

267    Peraltro, occorre rilevare che, poiché la prima condizione verte sull’esistenza di una segmentazione caratterizzata del prodotto di cui trattasi, per escludere che quest’ultima sia soddisfatta non è necessario, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, che tutti gli utenti possano acquistare indifferentemente tutti i gradi di PVA e che esista pertanto un’intercambiabilità totale fra tali gradi.

268    Di conseguenza, si deve constatare che, nel caso di specie, la prima condizione non è soddisfatta.

269    Pertanto, senza che sia necessario pronunciarsi sulla seconda condizione, si può già ritenere che la Commissione non fosse tenuta ad effettuare un’analisi dell’undercutting dei prezzi complementare a quella fondata sul metodo degli NCP.

270    In ogni caso, per quanto riguarda la seconda condizione, occorre rilevare quanto segue.

271    Il fascicolo della presente causa contiene tre tabelle, che figuravano nel fascicolo del procedimento amministrativo sfociato nell’adozione del regolamento impugnato, ciascuna delle quali relativa a uno dei tre principali produttori esportatori cinesi che hanno collaborato, tra cui le ricorrenti. Tali tabelle indicano le quantità di PVA, per NCP, importate nell’Unione. Per contro, per motivi di riservatezza, tali tabelle non mostrano quale sia, per NCP, l’entità delle vendite effettuate dalla Kuraray. L’esame delle cifre contenute in tali tabelle consente di stabilire che le importazioni, considerate nel loro insieme, coprono otto NCP diversi, nelle loro versioni riviste, non contestate dalle ricorrenti, e che i quantitativi riguardanti due di tali NCP equivalgono, per ciascuno di essi, a circa il 29% del totale delle importazioni da tali produttori esportatori, mentre i quantitativi relativi agli altri sei NCP raggiungono percentuali comprese tra il 3,24% e il 9,54%.

272    Di conseguenza, non si può ritenere che le importazioni presentino una forte concentrazione, cosicché, anche senza disporre dei dati relativi alle vendite della Kuraray, si deve constatare che la seconda condizione non è soddisfatta.

273    Poiché le condizioni previste dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 258 non sono soddisfatte, si deve concludere che la Commissione non era tenuta ad effettuare un’analisi dell’undercutting dei prezzi complementare a quella fondata sul metodo degli NCP.

274    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve respingere la prima parte del quarto motivo.

–       Sulla seconda parte

275    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione non ha correttamente accertato l’undercutting dei prezzi, dato che essa avrebbe operato un adeguamento del 10% per tener conto della qualità inferiore dei PVA importati dalla Cina in termini di tenore di ceneri rispetto a quelli prodotti nell’Unione, ma avrebbe rifiutato di effettuare altri adeguamenti che riflettessero le altre differenze qualitative tra tali PVA.

276    La Commissione, sostenuta dalla Sekisui, contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

277    Occorre ricordare che i considerando pertinenti del regolamento impugnato sono così formulati:

«(423) L’undercutting dei prezzi all’importazione è stato stabilito in base ai dati dei produttori esportatori del paese interessato che hanno collaborato e ai dati relativi alle vendite sul mercato interno forniti dall’industria dell’Unione per il periodo dell’inchiesta (...)

(424) Il confronto tra i prezzi è stato effettuato in base ai singoli tipi di prodotti per transazioni allo stesso stadio commerciale e dopo aver detratto gli sconti differiti. Se necessario, il prezzo all’importazione del prodotto in esame importato dalla [Cina] è stato debitamente adeguato rispetto al tipo di prodotto comparabile venduto dall’industria dell’Unione.

(425) Per quanto riguarda le differenze relative ad alcune caratteristiche tra il prodotto in esame e il prodotto simile (...), i tipi di prodotto importati dalla [Cina] sono in concorrenza con i tipi di prodotto fabbricati e venduti dall’industria dell’Unione. Tuttavia, dato che il tenore di ceneri del PVA prodotto e venduto dai produttori esportatori che hanno collaborato è complessivamente superiore al tenore di ceneri del PVA prodotto e venduto dall’industria dell’Unione, la Commissione ha ritenuto giustificato un adeguamento per garantire un confronto equo tra i tipi di prodotto cinesi e dell’UE sulla base dei numeri di controllo del prodotto (NCP). La Commissione ha stabilito l’adeguamento sulla base della differenza constatata per le importazioni di PVA ad alto e basso tenore di ceneri provenienti da paesi terzi, basandosi sulle informazioni fornite dagli utilizzatori. La differenza di prezzo è stata fissata al 10%.

(426) Su tale base, è stato aggiunto un adeguamento del 10% al prezzo CIF del PVA con un alto tenore di ceneri venduto dai produttori esportatori che hanno collaborato.

(...)

(429) Inoltre, poiché il tenore di metanolo e l’imballaggio hanno un’incidenza trascurabile sui prezzi (...), la Commissione ha concluso che, ai fini dell’undercutting, era opportuno non tenere conto di tali caratteristiche».

278    Dinanzi al Tribunale, la Commissione ha precisato che, come risulta da un questionario da essa inviato ai produttori esportatori cinesi, gli NCP erano stati individuati sulla base di cinque caratteristiche dei PVA, vale a dire la loro viscosità, il loro grado di idrolisi, il loro tenore di ceneri, il loro tenore di metanolo e il loro imballaggio.

279    Ne consegue che la Commissione ha ritenuto necessario operare un adeguamento al rialzo del 10% ai prezzi di taluni tipi di prodotto importati dalla Cina, che corrispondevano, in termini di viscosità e di grado di idrolisi, a tipi di prodotto venduti dall’industria dell’Unione, a causa delle differenze relative al tenore di ceneri, che era più elevato nei primi che nei secondi. Per contro, essa ha escluso che le differenze in termini di tenore di metanolo e di imballaggio giustificassero ulteriori adeguamenti.

280    Le ricorrenti non contestano la fondatezza dell’adeguamento del 10% operato dalla Commissione a causa delle differenze relative al tenore di ceneri, ma fanno valere che erano necessari altri adeguamenti.

281    Tuttavia, esse non hanno fornito elementi di prova idonei a dimostrare che la Commissione avesse commesso un manifesto errore di valutazione nel considerare che le differenze, in termini di tenore di metanolo e di imballaggio, tra tipi di prodotto comparabili alla luce della loro viscosità e del loro grado di idrolisi, non incidevano significativamente sui loro prezzi.

282    Di conseguenza, occorre respingere il secondo capo del quarto motivo.

–       Sulla terza parte

283    Le ricorrenti sostengono che tanto dai considerando 432 e 433 del regolamento impugnato, quanto dalle informazioni che esse hanno potuto ottenere dalla Commissione e da quelle che fornite loro da altri produttori esportatori risulta che la Commissione, nella sua analisi dell’undercutting dei prezzi, ha confrontato il 100% delle importazioni di PVA provenienti dalla Cina con l’82% delle vendite di PVA dell’industria dell’Unione. Infatti, la Commissione avrebbe constatato che esisteva una sovrapposizione dell’82% tra gli NCP venduti dall’industria dell’Unione e quelli venduti dai produttori esportatori cinesi. Essa avrebbe quindi escluso dalla sua analisi il 18% delle vendite effettuate dall’industria dell’Unione. Così facendo, la Commissione avrebbe violato l’obbligo, che risulterebbe dall’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base, di accertare l’undercutting dei prezzi per il prodotto in esame nel suo insieme.

284    Le ricorrenti contestano che il regolamento impugnato possa essere interpretato nel senso che la Commissione avrebbe confrontato il 100% delle vendite effettuate dall’industria dell’Unione con l’82% delle vendite effettuate dai produttori esportatori cinesi e, a tal fine, esse si fondano sui calcoli dell’undercutting dei prezzi relativi alle stesse nonché agli altri produttori esportatori, che consentono di concludere che il 100% delle importazioni è stato confrontato all’82% delle vendite dell’industria dell’Unione. In ogni caso, a loro avviso, quand’anche tale interpretazione fosse accolta, la Commissione ha nondimeno violato l’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base, dato che era tenuta a prendere in considerazione il 100% delle importazioni.

285    La Commissione, sostenuta dalla Sekisui, contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

286    Occorre ricordare che i considerando 432 e 433 del regolamento impugnato sono così formulati:

«(432) [Wacker] e i produttori esportatori cinesi hanno sostenuto che il 18% delle esportazioni dalla [Cina] non è stato venduto dall’industria dell’Unione, dato che per tale quantità non sono stati riscontrati NCP comparabili. Le parti hanno fatto riferimento alla [sentenza del 24 settembre 2019, Hubei Xinyegang Special Tube/Commissione (T‑500/17, non pubblicata, EU:T:2019:691)] a sostegno della loro affermazione secondo cui l’analisi del pregiudizio della Commissione si basava soltanto su un volume limitato delle vendite dell’industria dell’Unione e non su tutto il prodotto simile.

(433) In primo luogo, la Commissione ha osservato che la sentenza è oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia e non può pertanto essere considerata un riferimento fondamentale. In secondo luogo, il regolamento di base non impone alla Commissione di effettuare l’analisi dei prezzi separatamente per ciascun tipo di prodotto. Il requisito giuridico consiste invece in un’analisi a livello del prodotto simile. Sebbene come punto di partenza per tale valutazione siano utilizzati gli NCP, ciò non significa che i diversi NCP non siano in concorrenza. Il fatto che alcuni NCP dell’industria dell’Unione non siano stati confrontati con le importazioni non significa quindi che non subiscano pressioni sui prezzi da parte delle importazioni oggetto di dumping. Di fatto, la determinazione dei margini di undercutting e di underselling effettuata calcolando in un primo tempo i margini a livello di NCP è solo un passaggio intermedio e preparatorio per la comparazione dei prezzi prescritta. Tale passaggio non è giuridicamente obbligatorio, ma costituisce la prassi abituale della Commissione. In terzo luogo, quando si applica il campionamento non è sorprendente che non vi sia una corrispondenza perfetta tra le importazioni dei produttori esportatori inclusi nel campione e le vendite dell’industria dell’Unione inclusa nel campione. Ciò non significa necessariamente che non vi siano importazioni di determinati tipi, ma solo che questi tipi non sono stati esportati nell’Unione dai produttori esportatori inclusi nel campione durante il periodo dell’inchiesta. Infine, (...) la Commissione ha concluso che tutte le qualità di PVA erano in concorrenza tra loro, almeno in una certa misura. Pertanto, il 18% delle esportazioni dei produttori esportatori inclusi nel campione non venduto dall’industria dell’Unione non costituisce una categoria separata del prodotto in esame, ma è pienamente in concorrenza con le restanti qualità per le quali è stata riscontrata una corrispondenza. Inoltre, gli NCP non venduti dall’industria dell’Unione erano tipi di prodotto utilizzabili per applicazioni nei settori degli adesivi, della polimerizzazione e della carta, e quindi equivalenti e in concorrenza diretta con altri tipi di prodotto fabbricati e venduti dall’industria dell’Unione per le stesse applicazioni, anche se non utilizzati per quantificare l’undercutting dei prezzi».

287    Occorre rilevare che, ai considerando 432 e 433 del regolamento impugnato, la Commissione ha riassunto un argomento che le ricorrenti avevano tratto dalla sentenza del 24 settembre 2019, Hubei Xinyegang Special Tube/Commissione (T‑500/17, non pubblicata, EU:T:2019:691), prima di respingerlo.

288    Occorre ricordare che, ai punti da 68 a 75 della sentenza del 24 settembre 2019, Hubei Xinyegang Special Tube/Commissione (T‑500/17, non pubblicata, EU:T:2019:691), il Tribunale ha dichiarato, in sostanza, che la Commissione, non avendo preso in considerazione, nell’ambito dell’analisi dell’undercutting dei prezzi, un certo volume di prodotto considerato fabbricato dai produttori dell’Unione inclusi nel campione, ossia 17 dei 66 tipi di prodotti identificati, che rappresentano l’8% del volume delle vendite di detti produttori, non esportati dai produttori esportatori cinesi inclusi nel campione, non aveva tenuto conto di tutti i dati pertinenti del caso di specie, in violazione dell’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 22).

289    Per respingere l’argomento delle ricorrenti relativo alla sentenza del 24 settembre 2019, Hubei Xinyegang Special Tube/Commissione (T‑500/17, non pubblicata, EU:T:2019:691), anzitutto, alla prima frase del considerando 433 del regolamento impugnato, la Commissione ha sottolineato che tale sentenza era oggetto di impugnazione.

290    Inoltre, nelle frasi dalla seconda alla nona del considerando 433 del regolamento impugnato, la Commissione ha difeso la fondatezza del modo in cui aveva proceduto nel regolamento impugnato nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 24 settembre 2019, Hubei Xinyegang Special Tube/Commissione (T‑500/17, non pubblicata, EU:T:2019:691), pur formulando anche considerazioni generali sull’analisi dell’undercutting dei prezzi mediante il metodo degli NCP. È in tale contesto che essa ha rilevato che «alcuni NCP dell’industria dell’Unione non [erano] stati confrontati con le importazioni». Pertanto, tale parte di frase non può essere interpretata nel senso che la Commissione avrebbe ammesso che, nel caso di specie, essa non ha tenuto conto di taluni NCP prodotti dall’industria dell’Unione.

291    Infine, nelle frasi dalla decima alla dodicesima del considerando 433 del regolamento impugnato, la Commissione ha esaminato le circostanze del caso di specie. Da tali frasi risulta, da un lato, che, per il 18% dei PVA esportati nell’Unione dai produttori esportatori cinesi inclusi nel campione, non era stato possibile trovare alcun tipo di prodotto corrispondente venduto dall’industria dell’Unione e, dall’altro, che, a causa del fatto che tutti i PVA erano in concorrenza tra loro in una certa misura, i PVA venduti dall’industria dell’Unione erano in concorrenza anche con tale 18% di PVA importati dalla Cina.

292    Ne consegue, da un lato, che la Commissione ha associato a ciascun tipo di prodotto venduto dall’industria dell’Unione un tipo di prodotto importato e, dall’altro, che, per quanto riguarda i tipi di prodotti importati che non corrispondevano a tipi di prodotto venduti da tale industria, essa ha ritenuto che esistesse nondimeno un rapporto di concorrenza. Così facendo, la Commissione ha effettuato l’analisi imposta dall’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base, consistente nell’esaminare l’effetto sui prezzi dell’industria dell’Unione delle «importazioni oggetto di dumping» (sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 161) e ha analizzato l’undercutting dei prezzi per il prodotto considerato nel suo insieme.

293    Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, questa interpretazione del considerando 433 del regolamento impugnato è compatibile con le spiegazioni fornite loro dalla Commissione durante il procedimento sfociato nell’adozione del regolamento impugnato, secondo cui «la percentuale di corrispondenza tra l’industria dell’Unione e le società esportatrici cinesi nel campione è dell’82%». Infatti, sebbene da tali spiegazioni risulti che non è stato possibile trovare una corrispondenza totale, la formulazione utilizzata dalla Commissione non precisa se fosse l’industria dell’Unione o i produttori esportatori cinesi a vendere un numero maggiore di tipologie di prodotto.

294    Inoltre, tale interpretazione del considerando 433 del regolamento impugnato non è rimessa in discussione dalle tabelle prodotte dalle ricorrenti in allegato alla replica. Infatti, in tali tabelle figurano, per ciascuno dei produttori esportatori inclusi nel campione, tra cui le ricorrenti, gli NCP per i quali esiste una corrispondenza tra i tipi di prodotti importati e quelli venduti dall’industria dell’Unione. Sebbene, per ragioni di riservatezza, tali tabelle non mostrino i quantitativi che l’industria dell’Unione ha venduto, per NCP, ciò non consente di ritenere che solo l’82% delle vendite di tale industria sia stato preso in considerazione, come sostenuto dalle ricorrenti.

295    Pertanto, si deve constatare che l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione ha analizzato l’undercutting dei prezzi senza tener conto di tutte le vendite di PVA effettuate dall’industria dell’Unione è infondato in fatto.

296    In ogni caso, anche supponendo che la Commissione abbia escluso dall’analisi dell’undercutting dei prezzi taluni tipi di prodotto venduti dall’industria dell’Unione, occorre ricordare che la sentenza del 24 settembre 2019, Hubei Xinyegang Special Tube/Commissione (T‑500/17, non pubblicata, EU:T:2019:691), è stata annullata dalla Corte. Quest’ultima ha concluso che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto in tale sentenza, quando aveva dichiarato che, nell’ambito dell’analisi degli effetti delle importazioni oggetto di dumping sui prezzi dell’industria dell’Unione prevista all’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base, e, in particolare, nell’ambito dell’analisi dell’undercutting dei prezzi, la Commissione era tenuta, in ogni caso, a tenere conto di tutti i prodotti venduti da tale industria, ivi inclusi i tipi del prodotto in questione non esportati dai produttori esportatori inclusi nel campione (sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 159).

297    Come sottolineato dalle ricorrenti, dai punti da 138 a 140 della sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube (C‑891/19 P, EU:C:2022:38) risulta che, affinché tale obbligo incomba alla Commissione, la prima e la seconda condizione (v. punto 258 supra) devono essere soddisfatte. Ebbene, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, ciò non si verifica nel caso di specie (v. punti da 264 a 271 supra).

298    Di conseguenza, si deve respingere anche la terza parte del quarto motivo.

299    Poiché tutte le parti del quarto motivo relative alla violazione dell’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base sono state respinte, le ricorrenti non possono neppure sostenere che, a causa di tali violazioni, la Commissione abbia violato anche l’articolo 3, paragrafo 6, di tale regolamento (v. punto 222 supra).

300    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve quindi respingere il quarto motivo nella sua interezza.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa

301    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato i loro diritti della difesa, in quanto, nonostante le loro richieste, essa non ha fornito loro informazioni sui quantitativi venduti e sui prezzi di vendita dell’industria dell’Unione per NCP, nonché sui margini di undercutting e di underselling dei prezzi per NCP (in prosieguo: gli «elementi controversi»). Esse contestano alla Commissione di non aver comunicato loro almeno delle forcelle di valori relative a tali elementi. A loro avviso, sebbene l’articolo 19 del regolamento di base preveda il trattamento riservato di talune informazioni, la sua applicazione non può condurre a svuotare i diritti della difesa del loro contenuto essenziale. Esse ricordano che l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento di base impone alle parti interessate che invocano la riservatezza delle informazioni fornite di presentare un riassunto non riservato di queste ultime o, quanto meno, di esporre le ragioni per le quali una siffatta sintesi non può essere redatta. Peraltro, secondo le ricorrenti, poco importa che i dati asseritamente riservati riguardino un solo produttore dell’Unione.

302    Le ricorrenti precisano che, affinché il presente motivo sia fondato, esse non sono tenute a dimostrare che l’esito dell’inchiesta sarebbe stato diverso, ma unicamente che tale ipotesi non è del tutto esclusa. Orbene, non disponendo degli elementi controversi, esse non avrebbero potuto determinare se, per taluni NCP, non fosse stato constatato alcun undercutting o alcun underselling dei prezzi, né quali fossero gli NCP con i quali l’industria dell’Unione aveva realizzato la maggior parte delle sue vendite. Tali elementi sarebbero quindi essenziali per poter controllare l’esattezza sia della determinazione dell’undercutting o dell’underselling, la cui analisi potrebbe richiedere l’esame delle quote di mercato dei diversi NCP, sia dell’esistenza di un pregiudizio che le importazioni avrebbero causato a tale industria.

303    La Commissione, sostenuta dalla Kuraray e dalla Sekisui, contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

304    Occorre ricordare i termini delle disposizioni pertinenti ai fini dell’esame del presente motivo.

305    L’articolo 19 del regolamento di base prevede quanto segue:

«1. Le informazioni di natura riservata (ad esempio perché la loro divulgazione implicherebbe un significativo vantaggio concorrenziale per un concorrente oppure danneggerebbe gravemente la persona che ha fornito l’informazione o la persona dalla quale ha ottenuto l’informazione la persona che l’ha fornita) oppure che sono comunicate a titolo riservato dalle parti interessate dall’inchiesta, per motivi debitamente giustificati, devono essere trattate come tali dalle autorità.

2. Alle parti interessate che comunicano informazioni riservate viene chiesto di presentare un riassunto non riservato, sufficientemente particolareggiato affinché la sostanza delle informazioni presentate a titolo riservato possa essere adeguatamente compresa. In circostanze eccezionali le parti possono precisare che tali informazioni non si prestano ad essere riassunte. In tali circostanze eccezionali, devono essere comunicati i motivi di tale impossibilità.

(...)

4. Il presente articolo non osta alla rivelazione da parte delle autorità dell’Unione, di informazioni generali, e in particolare dei motivi che hanno giustificato le decisioni prese in forza del presente regolamento, né alla rivelazione di elementi di prova su cui le autorità dell’Unione si sono basate, qualora essa sia necessaria per illustrare detti motivi nel corso di procedimenti giudiziari. Tale divulgazione deve tener conto del legittimo interesse delle parti a che i loro segreti d’impresa non siano rivelati.

5. La Commissione e gli Stati membri, inclusi i loro agenti, sono tenuti a non rivelare, salvo esplicita autorizzazione della parte che le ha fornite, le informazioni ricevute in applicazione del presente regolamento per le quali è stato chiesto il trattamento riservato.

(…)».

306    Ai sensi dell’articolo 20, del regolamento di base:

«1. I denuncianti, gli importatori, gli esportatori e le loro associazioni rappresentative e i rappresentanti del paese esportatore possono chiedere di essere informati degli elementi specifici dei principali fatti e considerazioni in base ai quali sono state istituite le misure provvisorie. (...)

2. Le parti di cui al paragrafo 1 possono chiedere di essere informate dei principali fatti e considerazioni in base ai quali si intende raccomandare l’istituzione di misure definitive oppure la chiusura di un’inchiesta o di un procedimento senza l’istituzione di misure definitive, in particolare per quanto riguarda eventuali fatti e considerazioni diversi da quelli utilizzati per le misure provvisorie

(…)».

307    L’articolo 6, paragrafo 7, del regolamento di base prevede quanto segue:

«7. I denuncianti, gli importatori, gli esportatori (...) che ne facciano richiesta per iscritto possono prendere conoscenza di tutte le informazioni fornite dalle parti interessate all’inchiesta, tranne i documenti interni preparati dalle autorità dell’Unione o degli Stati membri, purché tali informazioni siano pertinenti per la tutela dei loro interessi, non siano riservate ai sensi dell’articolo 19 e siano utilizzate nell’inchiesta.

(…)».

308    Con tali disposizioni, il regolamento di base persegue due obiettivi, vale a dire, da un lato, consentire alle parti interessate di difendere utilmente i loro interessi e, dall’altro, preservare la riservatezza delle informazioni raccolte nel corso dell’inchiesta (sentenza del 30 giugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio, T‑424/13, EU:T:2016:378, punto 96; v. altresì, in tal senso, sentenza del 1º giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 142 e giurisprudenza ivi citata).

309    Per quanto riguarda il primo obiettivo di cui al paragrafo 308, occorre ricordare che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione che dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante il procedimento di cui trattasi. Tale principio riveste un’importanza capitale nei procedimenti di indagini antidumping (v. sentenza del 1º giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 139 e giurisprudenza ivi citata).

310    In forza di detto principio, le imprese interessate devono essere state messe in condizione, nel corso del procedimento amministrativo, di far conoscere efficacemente il loro punto di vista sulla sussistenza e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze addotti nonché sugli elementi di prova accolti dalla Commissione a sostegno delle proprie affermazioni relative all’esistenza di una pratica di dumping e del pregiudizio che ne conseguirebbe (v. sentenza del 1º giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 140 e giurisprudenza ivi citata).

311    Per quanto riguarda il secondo obiettivo menzionato al precedente punto 308, occorre ricordare che la tutela del segreto commerciale costituisce un principio generale del diritto dell’Unione. Il mantenimento di una concorrenza leale costituisce un interesse pubblico importante la cui salvaguardia può giustificare il diniego di divulgare informazioni che rientrano nel segreto commerciale (v., in tal senso, sentenza 30 giugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio, T‑424/13, EU:T:2016:378, punto 165 e giurisprudenza ivi citata).

312    Per conciliare i due obiettivi di cui trattasi, nell’adempimento del loro dovere d’informazione, le istituzioni dell’Unione devono agire con tutta la dovuta diligenza cercando di dare alle imprese interessate, entro i limiti di ciò che è compatibile con l’osservanza del segreto commerciale, indicazioni utili per la tutela dei loro interessi, scegliendo, eventualmente d’ufficio, i modi appropriati di una siffatta comunicazione (v., in tal senso, sentenza del 1º giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 141).

313    La necessità di conciliare tali obiettivi risulta altresì dal fatto che, secondo la giurisprudenza, l’articolo 19 del regolamento di base mira a tutelare non solo i segreti commerciali, ma anche i diritti della difesa delle altre parti del procedimento antidumping (v. sentenza del 15 ottobre 2020, Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals/Commissione, T‑307/18, non pubblicata, EU:T:2020:487, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

314    La tutela delle informazioni che rientrano nel segreto commerciale non impone di escludere a priori qualsiasi divulgazione a talune parti interessate delle informazioni utilizzate nel corso di un’inchiesta antidumping, indipendentemente dalle circostanze. Occorre segnatamente valutare la peculiare situazione della parte interessata in relazione a tali informazioni e, in particolare, la posizione occupata da tale parte interessata sul mercato di cui trattasi rispetto a quella della persona che ha fornito tali informazioni (sentenza del 30 giugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio, T‑424/13, EU:T:2016:378, punto 199; v. altresì, in tal senso, sentenza del 1º giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 159).

315    La giurisprudenza chiarisce che l’obbligo del rispetto delle informazioni riservate non può privare i diritti della difesa del loro contenuto essenziale (v. sentenza del 1º giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 142 e giurisprudenza ivi citata).

316    Nel caso di specie, come risulta dal considerando 435 del regolamento impugnato e da una lettera che le ricorrenti hanno inviato alla Commissione l’8 luglio 2020, queste ultime, dopo aver ricevuto l’informazione finale, hanno chiesto l’accesso agli elementi controversi.

317    Con messaggio di posta elettronica del 13 luglio 2020, la Kuraray ha informato la Commissione della sua opposizione alla comunicazione alle ricorrenti degli elementi controversi, anche sotto forma di forcelle di valori messe al posto dei dati esatti. Come precisato dalla Commissione in udienza, tale messaggio costituiva la risposta della Kuraray a un messaggio di posta elettronica che la Commissione le aveva inviato dopo aver ricevuto la lettera delle ricorrenti dell’8 luglio 2020, menzionata al precedente punto 316. La Kuraray ha fatto valere che gli elementi controversi avevano carattere riservato per loro natura ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base e ha precisato che, poiché essa era l’unico produttore dell’Unione inserito nel campione selezionato dalla Commissione che vendeva il prodotto in esame a terzi, la divulgazione di elementi supplementari riguardanti il calcolo dell’undercutting e dell’underselling dei prezzi avrebbe avvantaggiato i suoi concorrenti e avrebbe prodotto un effetto molto negativo su di essa. Tale divulgazione, che rivelerebbe informazioni relative alle quantità di PVA vendute durante il periodo dell’inchiesta nonché i prezzi medi per NCP, causerebbe un pregiudizio irreparabile alle sue operazioni commerciali nell’Unione.

318    Peraltro, la Kuraray ha sostenuto che le informazioni relative all’undercutting e all’underselling dei prezzi già comunicate alle ricorrenti consentivano a queste ultime di comprendere quale fosse il pregiudizio che le importazioni causavano all’industria dell’Unione e di esercitare i loro diritti della difesa. Essa ha sottolineato che a ciascun produttore esportatore sarebbe stato applicato un dazio antidumping dello stesso livello per tutte le sue esportazioni nell’Unione del prodotto in esame, senza distinzione a seconda degli NCP.

319    Con messaggio di posta elettronica del 14 luglio 2020, la Commissione ha informato le ricorrenti che, dopo aver valutato la loro domanda di accesso agli elementi controversi, essa aveva deciso di respingerla, in quanto tali elementi erano riservati ai sensi dell’articolo 19 del regolamento di base. I motivi indicati dalla Commissione per giustificare la sua decisione coincidono con quelli invocati dalla Kuraray, riportati al precedente punto 318.

320    Al considerando 436 del regolamento impugnato, la Commissione ha rilevato che, conformemente all’articolo 19 del regolamento di base, essa non aveva potuto rivelare gli elementi controversi, poiché la divulgazione ad un tale livello di dettaglio avrebbe consentito, direttamente o con l’aggiunta di informazioni sui mercati, di calcolare i dati riservati sulle vendite e sulla produzione di taluni produttori dell’Unione.

321    Si deve dichiarare che, alla luce dell’articolo 19, paragrafi 1 e 5, del regolamento di base, la Commissione, a motivo dell’opposizione della Kuraray, non era autorizzata a comunicare alle ricorrenti gli elementi controversi (v., per analogia, sentenze del 30 giugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio, T‑424/13, EU:T:2016:378, punto 178, e del 19 maggio 2021, China Chamber of Commerce for Import and Export of Machinery and Electronic Products e a./Commissione, T‑254/18, con impugnazione pendente, EU:T:2021:278, punto 477).

322    Tuttavia, qualora talune informazioni non possano essere comunicate a causa del loro carattere riservato, l’articolo 19, paragrafi da 2 a 4, del regolamento di base obbliga le parti interessate a fornire di esse un riassunto non riservato ogni volta che sia possibile (v., in tal senso, sentenza del 19 maggio 2021, China Chamber of Commerce for Import and Export of Machinery and Electronic Products e a./Commissione, T‑254/18, con impugnazione pendente, EU:T:2021:278, punto 483).

323    Pertanto, occorre verificare se la Commissione, non avendo adottato le misure che consentono alle ricorrenti di vedersi comunicare gli elementi controversi sotto forma di riassunti non riservati, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento di base, abbia violato i loro diritti della difesa.

324    A tal fine, occorre fare riferimento, conformemente ai principi enunciati ai precedenti punti da 20 a 22, alle decisioni del DSB relative agli articoli 6.5 e 6.5.1 dell’accordo antidumping, i quali corrispondono, in sostanza, all’articolo 19, paragrafi 1, 2 e 5, prima frase, del regolamento di base (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 30 giugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio, T‑424/13, EU:T:2016:378, punti 103, 188 e 190).

325    Secondo la relazione dell’organo di appello relativa alla controversia «Comunità europee – Misure antidumping definitive su determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Cina», adottata dal DSB il 28 luglio 2011 (WT/DS 397/AB/R, punti da 542 a 544), per quanto riguarda le informazioni trattate come riservate in applicazione dell’articolo 6.5 dell’accordo antidumping, l’articolo 6.5.1 di quest’ultimo obbliga l’autorità competente ad esigere che venga fornito un compendio non riservato di tali informazioni. Il carattere sufficiente del compendio fornito dipenderà dalle informazioni riservate di cui trattasi, ma esso dovrà consentire una ragionevole comprensione della sostanza delle informazioni non comunicate affinché alle altre parti dell’inchiesta sia data la possibilità di rispondere e di difendere i loro interessi. L’articolo 6.5.1 dell’accordo antidumping prevede la possibilità che, in circostanze eccezionali, le informazioni riservate non si prestino ad essere sintetizzate. In tali circostanze eccezionali, una parte potrà indicare di non essere in grado di fornire un compendio non riservato delle informazioni fornite in via riservata, tuttavia sarà tenuta ad esporre i motivi per i quali esso non può essere fornito. Da parte sua, l’autorità competente deve esaminare minuziosamente tale esposizione al fine di determinare se essa dimostri l’esistenza di circostanze eccezionali e se le ragioni fornite spieghino adeguatamente perché, in tali circostanze, non possa essere fornito alcun compendio che consenta una ragionevole comprensione della sostanza di dette informazioni. Un compendio delle informazioni riservate non può essere fornito nei casi in cui non sia possibile elaborare altri metodi di presentazione delle informazioni che non rivelino informazioni sensibili o non garantiscano un livello di dettaglio sufficiente per consentire una ragionevole comprensione della sostanza delle informazioni presentate a titolo riservato.

326    Nel caso di specie, si deve considerare, da un lato, che la Kuraray, quando si è opposta alla divulgazione degli elementi controversi anche sotto forma di forcelle di valori, ha rifiutato di assoggettarsi all’obbligo di fornire riassunti non riservati di tali elementi e che essa ha invocato a tal fine la circostanza eccezionale rappresentata dal fatto che essa era l’unico produttore dell’Unione le cui vendite erano state prese in considerazione dalla Commissione nell’analisi dell’undercutting e dell’underselling dei prezzi. Dall’altro lato, la Commissione ha esaminato gli argomenti della Kuraray e ha deciso che la posizione di quest’ultima era fondata, anche alla luce del fatto, rilevato in sostanza al considerando 436 del regolamento impugnato, che i produttori esportatori cinesi avrebbero potuto leggere gli elementi richiesti alla luce delle informazioni sui mercati di cui essi già disponevano.

327    Di conseguenza, si deve constatare che la Commissione ha correttamente seguito le fasi previste dalle pertinenti disposizioni per effettuare la ponderazione dei due obiettivi menzionati al punto 308 supra.

328    Quanto alla fondatezza della valutazione effettuata dalla Commissione, occorre rilevare che, alla luce della sensibilità degli elementi controversi e delle circostanze eccezionali del caso di specie, tale istituzione non ha commesso errori nel rifiutare la divulgazione di questi ultimi.

329    L’assenza di errori da parte della Commissione è corroborata dal fatto che le ricorrenti, quando hanno ricevuto il messaggio di posta elettronica della Commissione che respinge la loro domanda di accesso agli elementi controversi (v. punto 319 supra), non hanno adito investito di tale questione il consigliere-auditore, come avrebbero potuto fare, ai sensi dell’articolo 15 della decisione (UE) 2019/339 del presidente della Commissione europea, del 21 febbraio 2019, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore in taluni procedimenti in materia commerciale (GU 2019, L 60, pag. 20).

330    Si deve considerare che, avendo rinunciato ad adire il consigliere-auditore, le ricorrenti hanno prestato acquiescenza alla ponderazione degli obiettivi in questione effettuata dalla Commissione.

331    In ogni caso, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, sebbene la ricorrente non possa essere obbligata a dimostrare che la decisione della Commissione sarebbe stata diversa in mancanza dell’irregolarità procedurale di cui trattasi, ma unicamente che tale possibilità non è del tutto esclusa poiché tale parte avrebbe potuto difendersi meglio in mancanza di siffatta irregolarità, resta nondimeno il fatto che l’esistenza di un’irregolarità relativa ai diritti della difesa può comportare l’annullamento dell’atto in questione solo nella misura in cui sussiste la possibilità che, a causa di tale irregolarità, il procedimento amministrativo avrebbe potuto portare a un risultato diverso, violando così concretamente i diritti della difesa (v, sentenza del 5 maggio 2022, Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals/Commissione C‑718/20 P, EU:C:2022:362, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

332    A tal riguardo le ricorrenti sostengono, in primo luogo, che, se avessero ricevuto gli elementi controversi, non si sarebbe generata la confusione che si è creata in merito alle percentuali di prodotti importati e venduti dall’industria dell’Unione che sono stati esaminati in sede di analisi dell’undercutting dei prezzi (v. la terza parte del quarto motivo). Tuttavia, si deve constatare che tale confusione non incide sull’esistenza della possibilità che il procedimento condotto dalla Commissione giunga ad un risultato diverso. In ogni caso, le ricorrenti, qualora avessero ritenuto ambigue le spiegazioni fornite dalla Commissione (v. punto 293 supra), avrebbero dovuto chiederle ulteriori precisazioni.

333    In secondo luogo, le ricorrenti fanno valere che, in talune circostanze, al fine di garantire che l’esame dell’esistenza di un undercutting dei prezzi notevole a livello del prodotto simile sia obiettivo, può essere opportuno esaminare le quote di mercato dei diversi tipi di prodotto in questione. Affinché una parte interessata possa utilmente far valere che tali circostanze prevalgono, sarebbe necessario che essa disponga di informazioni su tali quote di mercato.

334    Poiché, come risulta dai punti da 256 a 258, in talune circostanze è possibile che l’analisi dell’undercutting dei prezzi debba essere effettuata per segmento di mercato, non è a priori completamente escluso che le ricorrenti, se avessero disposto di riassunti non riservati vertenti sugli elementi controversi, avrebbero potuto invocare argomenti idonei a dimostrare che le circostanze del caso di specie richiedevano che una siffatta analisi fosse realizzata.

335    Tuttavia, come risulta dall’esame del quarto motivo, in particolare dai punti da 265 a 272 supra, il caso di specie non presenta circostanze che obblighino la Commissione ad effettuare un’analisi dell’undercutting dei prezzi per segmento di mercato. Pertanto, si deve escludere che, se le ricorrenti avessero avuto a disposizione i riassunti sopra menzionati, il procedimento avrebbe potuto sfociare in un risultato diverso.

336    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere il quinto motivo.

 Conclusioni sullesito del ricorso

337    L’esame dei motivi e delle parti dedotti dalle ricorrenti ha rivelato che il regolamento impugnato deve essere annullato nella parte in cui esso riguarda queste ultime nei limiti in cui, per calcolare l’aliquota del dazio antidumping sulle importazioni nell’Unione dei PVA prodotti e venduti dalle ricorrenti, la Commissione ha effettuato taluni adeguamenti al ribasso del prezzo all’esportazione, in forza dell’articolo 2, paragrafo 10, lettere e), g), i) e k), del regolamento di base.

338    Il ricorso dev’essere respinto per il resto.

 Sulle spese

339    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta sostanzialmente soccombente, dev’essere condannata a farsi carico delle proprie spese, nonché di quelle sostenute dalle ricorrenti, conformemente alla domanda di queste ultime.

340    Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Di conseguenza, il Parlamento ed il Consiglio si faranno carico delle proprie spese.

341    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può ordinare che una parte interveniente diversa da quelle indicate nei paragrafi 1 e 2 di tale articolo si faccia carico delle proprie spese. Nel caso di specie, occorre condannare la Wegochem, la Kuraray e la Sekisui a farsi carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il regolamento di esecuzione (UE) 2020/1336 della Commissione, del 25 settembre 2020, che istituisce dazi antidumping definitivi sulle importazioni di determinati alcoli polivinilici originari della Repubblica popolare cinese, è annullato nella parte in cui esso riguarda la Sinopec Chongqing SVW Chemical Co. Ltd, la Sinopec Great Wall Energy & Chemical (Ningxia) Co. Ltd e la Central-China Company, Sinopec Chemical Commercial Holding Co. Ltd nei limiti in cui, per calcolare l’aliquota del dazio antidumping sulle importazioni nell’Unione europea degli alcoli polivinilici prodotti e venduti da queste ultime, la Commissione europea ha effettuato taluni adeguamenti al ribasso del prezzo all’esportazione, in forza dell’articolo 2, paragrafo 10, lettere e), g), i) e k), del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Commissione si farà carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Sinopec Chongqing SVW Chemical Co., dalla Sinopec Great Wall Energy & Chemical (Ningxia) Co. e dalla Central-China Company, Sinopec Chemical Commercial Holding Co.

4)      Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea si faranno carico delle proprie spese.

5)      La Wegochem Europe BV, la Kuraray Europe GmbH e la Sekisui Specialty Chemicals Europe SL si faranno carico delle proprie spese.

Truchot

Kanninen

Madise

Frendo

 

      Perišin

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 febbraio 2024.

Firme


Indice


Fatti all ’origine della controversia

Conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo, vertente sull ’incompatibilità dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base con gli obblighi derivanti dal diritto dell’OMC

Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell ’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base e su un manifesto errore di valutazione

Sulla prima parte

– Disposizioni applicabili

– Sulla prova

– Sugli indizi addotti dalla Commissione

Sulla seconda parte

Sulla terza parte

– Sulla prima censura

– Sulla seconda censura

Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell ’articolo 18, paragrafi 1 e 5, del regolamento di base nonché dell’articolo 6.8 dell’accordo antidumping e dell’allegato II

Sulla prima censura

Sulla seconda censura

Sul secondo motivo, vertente su una violazione dell ’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base in sede di determinazione dell’undercutting dei prezzi e sulla violazione dell’articolo 3, paragrafo 6, del medesimo regolamento

Sul carattere operante del quarto motivo

Sulla fondatezza del quarto motivo

– Sulla prima parte

– Sulla seconda parte

– Sulla terza parte

Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa

Conclusioni sull ’esito del ricorso

Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.